P r o f a n o

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view post Posted on 17/7/2019, 11:13
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Era come una partita a scacchi.
La prima mossa all'avversario, la successiva ai gareggianti, e in quella presa di coscienza si correva talvolta ai ripari, talvolta all'assalto. Uno scacco matto, forse, era già all'ordine del gioco, ma più di un dubbio stava dando vita ad una risposta, poi una seconda, infine una terza. Il sentiero corretto di supposizione e di comprensione, una riflessione costante e versatile, che sfumava tra un pericolo e un altro in rapido avvicinarsi. Le liane, infatti, sembravano impazzite: in una voragine che non ammetteva incontri, che spezzava ogni legge magica e non solo, in un disegno - sulle pareti, ormai sulle torce sempre più spente, sull'intero corridoio raggiunto - che si piegava su se stesso, si espandeva, ad ogni costo brillava a più non posso. Perfino il gesso di cui il tribale atipico era costituito diveniva ormai concreto in un profumo asfissiante, un odore pungente, vicino a tal punto da pizzicare il naso. I primi colpi di tosse si formarono alla scia del fumo e del gesso in eccesso, ma il fuoco lambiva con la sua onda d'urto ogni altro candore lì nei paraggi. Scivolava come un demone appena liberato, primordiale tra tutti, un sortilegio tanto incauto da ferire il suo stesso incantatore. Il Serpeverde si ritrovò a tutti gli effetti vittima di se stesso, mentre la prima delle tre liane si stringeva attorno alla caviglia destra, stirandosi fin sottopelle. Era un grido incessante, dall'altezza dello stomaco fino ai denti tremanti, mentre le ultime goccioline di sudore - dalla fronte imperlata dello studente - tentavano invano, poche solitarie superstiti, di spegnere una fiamma più grande del solito, più grande di qualsiasi altra cosa. Bruciò per davvero. Prima come fuoco, poi come sangue, e l'uno e l'altro sulla scia del dolore più vivo. Per quanto tutto potesse sembrare un'illusione - e a buona ragione, Casey iniziava a coglierne il senso più intimo -, nulla lasciava tuttavia intendere che non fosse reale, almeno un poco, almeno in parte. Camillo si pose come stendardo di coraggio e fu premiato, fin nel profondo, con la sola peccaminosa realizzazione di una scottatura al polpaccio destro, là dove una liana era sfuggita alla sua protezione (-15 PS). L'Extinguo, in ogni caso, aveva posto il suo esigente controllo e già i primi filamenti si annullavano, si eclissavano, infine scomparivano in un tacito sfrigolio. Aveva spinto se stesso, il suo corpo, la sua figura, proprio davanti la Grifondoro, e in quell'atto si delineava una consapevolezza che avrebbe potuto fare la differenza, per più fronti, per più situazioni. Ad ogni modo, se Casey era stata risparmiata in ampia parte dal fuoco, stesso discorso non poteva dirsi per il Serpeverde. Il ragazzo aveva perso i sensi, spinto contro una parete dalle stesse geometrie di gesso e di fuoco, fin quando Ari - libera ad un tratto dalla morsa illusoria, cancellata dall'azione repentina del Prefetto Rosso-Oro - finalmente capitombolava al suolo. Sanguinante, il respiro leggerissimo, sbatteva gli occhi - ancora vigile, chissà per quanto. Il pericolo del gesso parve ritirarsi, sospinto a più non posso dagli assalti ricevuti, e forse sembrò non giocare più quella partita. Non ancora, non per il momento. Così come in principio, vibrarono tutte insieme - liane, diagonali, filamenti - in un'ultima intensa bolla luminosa e dalla pareti furono fagocitate, scomparendo con tutti i loro segni. Le Acromantule, poco dietro, zampettarono un'ultima volta. Così com'erano apparse, non c'erano più. Ma qualcosa di nuovo, qualcosa di altrettanto irrazionale, già diveniva atto in espansione. Il silenzio del corridoio era spezzato dai gemiti di Ari, dell'altro ragazzo c'era soltanto un guscio vuoto - gli occhi chiusi, le palpebre calate, il sangue delle ferite aperte su gambe, torace e braccia, sembrava a tutti gli effetti andato, ma respirava fiocamente: il petto si alzava e abbassava lentamente, per la coppia di Salazar non c'era tempo. Si sentì uno scoppiettio poco lontano, alla fine del corridoio, e i sensi all'erta dei ragazzi ancora svegli furono prontamente rapiti dalla nuova scena in corso. Come in soccorso, prima l'uno, poi l'altro, due Elfi Domestici si Materializzarono - vincendo le leggi umane del Castello, per natura e disciplina antica - e a passi rapidi si avvicinarono al gruppetto.
«Billy ha sentito gran fracasso, signorina Prefetto»
«Ursula anche, signorino. Correre, dice Billy, correre e vedere»
«Preside chiederà spiegazioni, signorina, signorino»
«Ma Billy non sa nulla»
«Ursula nemmeno, giuro davvero»
«Le Cucine, signorina»
«Oh le nostre Cucine»
«Il demonio, il demonio arriva e-e-»
«Le nostre Cucine!»
Occhi grandi, profondi, come pozze di petrolio scuro, Billy e Ursula si guardavano a vicenda, spostavano poi attenzione alla coppia di fronte e infine verso il basso. Erano impauriti, tremavano da capo a piedi, ma non avrebbero saputo spiegare molto. E non c'era tempo. Si affrettarono verso i due studenti morenti, li presero per la mano e attesero un richiamo qualsiasi. Avrebbero tentato di rispondere, di spiegarsi, ma la paura li fagocitava più di qualsiasi cosa. Le ultime parole sarebbero state dirette, forse troppo, e tuttavia valide. «Billy porta signorini in infermeria, ma signorina»
«Signorino, signorina, Mariù combatte demone con tutti»
«Dovete aiutare, signorini. Dovete aiutare Mariù»
«Le nostre Cucine, il demone nelle nostre-»
Bop. Scomparvero, insieme, in un batuffolo di gesso.

Di volta in volta aggiornate le vostre statistiche quando necessario. La situazione si complica, a voi la scelta circa come procedere. Prossima scadenza: 23 Giugno, 23.59

Acromantula #1
Salute • 0/30
Corpo • 0/50
Mana • 0/50
Acromantula #2
Salute • 0/60
Corpo • 0/80
Mana • 0/80
Acromantula #3
Salute • 0/60
Corpo • 0/80
Mana • 0/80

 
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view post Posted on 26/7/2019, 18:49
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Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Stava piangendo. Le lacrime le sgorgavano silenti dagli occhi, accompagnate solo dal suo respiro affannoso. Nessun gemito, nessun singhiozzo. Era inginocchiata sulle lastre di marmo del pavimento, provata dalla tensione vissuta, e osservava con le palpebre spalancate quanto aveva intorno. Erano stati attimi di puro terrore, di estrema ansia. La vista del sangue, della carne che in pochissimi istanti bruciava come semplici fogli di pergamena e della pelle lacerarsi sotto la presa salda delle liane l'aveva schiaffeggiata per tutta la durata delle sue azioni. Forse potrebbe sembrarvi stupido, ed ella stessa si stupì quando si rese conto di ciò: le erano tornate in mente le lezioni di Midnight e la paura che aveva provato in classe durante le esercitazioni nel castare gli incantesimi imparati di fronte a tutti. Se solo avesse esitato, se avesse percepito anche solo quell'infido formicolio al braccio destro precursore del panico, Ari sarebbe morta e chissà cos'altro. A questa consapevolezza non riuscì a provare sollievo nonostante il successo appena avuto, bensì ancora più paura.
Le mani di Camillo la colsero da terra a la strinsero, e non appena ne percepì il calore anche le sue scattarono in avanti per afferrarlo. Lo trascinò verso di sé, al petto, e lo abbracciarono tremanti. «Stai bene?» chiese con voce arrochita dal pianto. «Dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo chiamare qualcuno».
Per quanto il contatto fosse dolce, per quanto in quel momento necessitasse della sua presenza, Casey richiamò l'attenzione dell'altro sui feriti. Provava orrore all'idea di avvicinarsi, di toccare i loro corpi ustionati, come se solo il suo fiato potesse essergli fatale. Si passò dunque una mano sugli occhi gonfi per asciugarli e si alzò in piedi. «Non ci capisco più niente, non ha senso, non può averne» disse, ma nonostante la frustrazione si rimise diritta e si guardò attorno, atterrita dal silenzio improvviso. Sarebbe corsa verso l'infermeria o avrebbe bussato alle camere dei professori che alloggiavano nei sotterranei, mossa dall'urgenza della situazione. «Vado a cercare qualcuno, conosci qualche incanto di gua...».
Il crack sordo della materializzazione rimbombò per tutto il corridoio, spezzando il finale della sua frase. Si voltò di scatto, impaurita, ma successivamente con un tuffo al cuore si avvicinò ai due elfi proiettando verso di loro tutte le sue speranze. Facce amiche, quasi senza ombra di dubbio, essendo abitanti del castello.
«Aiutateci, per fa...». La frase si interruppe sul nascere, soppressa dal racconto delle due creature. Singhiozzando frasi all'apparenza prive di senso, Ursula e Billy costruirono un discorso che persino KC, prima degli eventi appena vissuti, avrebbe fatto fatica a credere. Dopo aver visto acromantule, liane incantate per uccidere e caleidoscopi ipnotici muoversi sopra la sua testa come un banco di anguille, considerare l'esistenza del Demonio le veniva piuttosto semplice, sotto la sua stessa incredulità. Strinse la mano di lui a quella parole, strinse i denti, si strinse persino il suo cuore, ormai imbevuto di paura, e rimase in silenzio, in attesa di capire cosa fare. Piuttosto la domanda era "cosa il suo ruolo le chiedeva di fare". Era chiamata a salvare la vita degli studenti e degli elfi perché era Prefetto, o già solo perché era una studente di quella scuola? Improvvisamente le tornò in mente la sensazione provata in Sala Comune durante l'attacco ad Hogwarts. Sigillati nella parete dietro il ritratto, lei e gli altri grifondoro della sua età avevano potuto solo ascoltare le grida provenienti dall'esterno, sentire l'odore del fuoco che bruciava la loro casa, senza combattere. Il senso di impotenza giungeva nel suo cuore, poi nei suoi arti e infine nella bacchetta ogni volta che si ricordava di quanto non aveva fatto allora. La risposta alle sue domande giunse da sé, di fronte al cumulo di corpi ammassati al piano terra impressi nella sua memoria di quel fatidico giorno: non doveva lottare perché aveva un ruolo; doveva combattere contro il dolore, contro ciò che voleva estirpare la vita a prescindere dal dove e da chi la possedeva.
Quando i due elfi scomparvero con i due studenti in fin di vita, il suo cuore si alleggerì un poco, sicura del fatto che li avrebbero portati in infermeria e che si sarebbero salvati. Le lacrime improvvisamente si trasfigurarono in decisione e strinse ancor di più le dita attorno a quelle del tassorosso. Loro, invece, sarebbero rimasti insieme.

Cucine.
Rasente muro, a passo felpato, Casey a Camillo si addentrarono nel corridoio dei sotterranei, deviando verso le cucine. Era buffo il fatto che proprio all'inizio della serata - prima che questa si fosse trasformata nell'incubo delle liane e delle acromantule - i due avessero intenzione di fare proprio una capatina da quelle parti, per elemosinare un sandwich di roastbeef e mostarda ai piccoli cuochi che la abitavano. Per la verità non sapevano nemmeno quale fosse l'entrata di quel magico mondo delle delizie. Qualcuno gli aveva suggerito che si trattasse del dipinto di una natura morta e che occorresse accarezzarlo in un punto ben preciso per fargli assumere le sue reali fattezze di porta. Ad ogni modo, una volta arrivati nel corridoio indicato dalla loro fonte segreta, Casey si appiattì contro il muro. La bacchetta già pronta, in mezzo al buio traforato dalla flebile luce delle torce, era pronta a qualsiasi azione. Gli occhi, vigili, scavavano nelle ombre in cerca di un segnale.
SYNOPSIS
Casey è distrutta emotivamente. E' spaventata e trema. Ricerca il contatto di Camillo e comincia a mobilitarsi per trovare aiuto, in particolar eper i due moribondi. Quando arrivano i due elfi domestici da una parte prova sollievo, dall'altra, ascoltando i fatti che recano loro, si spaventaancor di più. Inizia a porsi delle domande, mosse dalla paura principalmente, e si chiede per quale motivo stia facendo tutto ciò. La risposta giunge al ricordo dell'attacco ad Hogwarts di giugno, e comprende che, a prescindere dal suo ruolo di prefetto, è necessario combattere contro la morte. Si spostano verso le cucine, in attesa di comprendere cosa stia succedendo.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 65/65 ◾ PM: 88/88 ◾ PE: 4,5



Ci si sposta verso le cucine, master permettendo. La descrizione del quadro richiama quello della pera del libro, che per aprirsi deve essere solleticata, e la cui locazione gli studenti non sanno.
 
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view post Posted on 28/7/2019, 22:32
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.*Era da un po’ che non prendevo fuoco, in effetti…*.
Il dolore provocato dalla scottatura riesumò dall’oblio una memoria a lui cara. Il formicolio che tutto d’un tratto diveniva un brivido gelido, poi rovente, scuotendo energicamente il sistema nervoso, era una sensazione già nota all’olandese. Ricordava bene l’incontro con il cucciolo di Spinato, di come la bestiola avesse cercato di arrostirlo e di quanto ci avesse messo l’ustione a guarire. Quel tipo di ferite lasciavano il segno e, per amore della simmetria, Camillo già da un po’ si domandava quando avrebbe finalmente potuto bilanciare l’estetica dei suoi arti inferiori. La prospettiva di poter sedare il proprio disturbo ossessivo compulsivo quasi lo rincuorava. Ciò a prescindere, la lesione già diceva la sua. Gli diceva che distrarsi, in quelle circostanze, non era un comportamento responsabile. Se si fosse perso a fantasticare probabilmente non se la sarebbe cavata con una lieve strinatura.
Il Tassorosso, preda di un delirio passeggero, serrò i denti e ritrovò la concentrazione dell’istante antecedente al contatto con la liana rovente. Estinguere le fiamme non era semplice come sembrava, ma ci si era messo d’impegno. L’ordine naturale delle cose aveva premiato la sua risolutezza, permettendogli di risolvere la questione dell’incendio con una discreta celerità. Ora che il fuoco era stato domato, che Casey aveva dissolto la geometria di linee, altro non restava che soccorrere i feriti.
Le condizioni del serpeverde erano gravi, ben più di quelle di Ari. Se già la ragazza gli aveva dato l'impressione di trovarsi in bilico tra la vita e la morte, l'altro pareva proiettato direttamente nella fossa. Lo sguardo dello studente giallo-nero si soffermò qualche istante sulle figure dei compagni, mentre la testa prendeva i pochi secondi a disposizione per elaborare i dati raccolti. La conclusione fu disarmante: dal basso delle sue conoscenze in fatto di incantesimi curativi, non sarebbe stato in grado di guarire i due malcapitati. Poteva cercare aiuto, ma avrebbe fatto in tempo? Il dubbio sull'efficacia del suo contributo lo mortificò. In assenza di ulteriori minacce nei paraggi, era diventato completamente inutile.
Istintivamente corse da Casey, provata dalla terribile esperienza in cui si era ritrovata coinvolta. Si chinò per abbracciarla e la strinse forte a sé, grato di ritrovarla illesa. Unica nota positiva in quella vicenda. Era stata grandiosa; aveva agito senza esitare, seguendo l’intuizione che aveva condotto verso un esito positivo, al di là di ogni più rosea aspettativa del suo fidanzato. Avrebbe voluto dirle quanto aveva apprezzato la sua audacia, quanto la ammirasse per il modo in cui aveva gestito la situazione, ma non riuscì a spiccicare una parola. Si era limitato ad annuire quando lei gli aveva domandato se stesse bene, a sorridere lievemente per trasferire un minimo di quella sicurezza fittizia di cui si stava armando. In realtà, l’incertezza sul futuro prossimo dei compagni feriti incrementava la morsa dell'ansia. Fu quando stava per separarsi da lei, intenzionato a cercare l’aiuto di un individuo più qualificato, che un evento inaspettato scacciò la calma piatta, imperatrice del sotterraneo. Due elfi domestici si erano appena materializzati nei paraggi. Rimase sbalordito, quasi a bocca aperta nel constatare che la cavalleria fosse sopraggiunta così tempestivamente. Billy ed Ursula - questi erano i loro nomi - li avevano avvisati della presenza di un intruso nelle cucine e si erano offerti di soccorrere i due studenti moribondi. Inutile dire che Camillo li lasciò proseguire nei loro intenti, poiché, secondo una rapida stima, materializzarsi in infermeria con le vittime era più sicuro che trascinarle come sacchi di patate lungo la scala di pietra. «Vi affidiamo i nostri amici. Grazie.».
Breendbergh si sollevò da terra, facendo pressione quasi unicamente sulla gamba sana. La ferita pizzicava, ma non gli causava troppi problemi, per questo decise di ignorare il danno e proseguire lungo i corridoi senza porvi rimedio. Il prurito era difficile da ignorare, ma era certo di potervisi abituare.
Il tassorosso e la grifondoro si erano quindi mossi di soppiatto, in direzione delle cucine. Non aveva la più pallida idea di cosa avrebbero dovuto aspettarsi, ma avvertiva l'imposizione morale di agire. Proteggere gli abitanti del castello era il sacrosanto dovere di ogni studente, lui non faceva differenza. Inoltre, se avesse potuto prendere a ceffoni l'aracnomante, non si sarebbe certo lasciato sfuggire la ghiotta occasione.
«Casey, vado avanti io. Se vedi che le cose si mettono male corri a cercare aiuto.». Camillo fissò la sua donna con un barlume di follia omicida ad accendergli lo sguardo, in contrasto con la penombra da cui era avvolto. Sussurrava, così che solo lei potesse sentirlo. Se davvero ci fosse stata una minaccia da quelle parti, lui aveva le più alte chances di riempirla di mazzate o quantomeno di contenerla. Quel briciolo di esperienza in più in confronto alla fanciulla gli permetteva di peccare d'arroganza. La verità, tuttavia, era che si preoccupava per lei e non voleva compisse gesti avventati allo scopo di proteggerlo. Non si sarebbe mai perdonato se le fosse successo qualcosa. «Promesso?».
SYNOPSIS
Camillo incassa l’attacco delle liane, poi si concentra sull’esito dell’azione combinata con Casey; è felice di sapere che lei sta bene, ma nonostante questo prova un’angoscia profonda perché non è in grado di aiutare i due studenti in fin di vita. Gioisce nel constatare che i soccorsi siano arrivati e scarica agli elfi la responsabilità di prendersi cura dei compagni. Si avvia quindi in direzione delle cucine, pronto ad affrontare la minaccia menzionata da Billy ed Ursula.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 220/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 184/199 ◾ PE: 19



Scusa scusa scusa per il ritardo :flower:
 
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


«Mogein Dovid»
Un sussurro lontano, impercettibile ai più; il movimento della lingua simile ad un assalto serpentino, bagnando il labbro superiore fino ad inumidirlo, a concedere la giusta entità all'ultimo antico richiamo. Non avrebbe avuto alcun problema, non ancora perlomeno, e al momento opportuno avrebbe potuto risolvere l'uno e l'altro aspetto. Mentre la figura incappucciata scivolava su se stessa, in un accenno di giravolta, l'utensile affilato che stringeva nel palmo della sinistra catturò un fioco bagliore lì nei suoi dintorni. Si lasciò andare al sospiro più sincero, alla consapevolezza di essere nel giusto, e quando si placò ogni tormento, riprese il patto cui da principio, e da solo, aveva saputo apprezzare in modo pieno. Non sarebbe stato interrotto affatto: non quel giorno, non quella volta; la schiera di creature al suo servizio era pronta, al comando più silenzioso non ci sarebbero stati freni né ostacoli di sorta, e tanto sarebbe bastato per portare a termine quanto richiesto, e quanto dovuto, e quanto sperato. Un rumore basso solleticò l'ambiente circostante: quando vi volse il capo, un ringhio palesò le sue più imminenti intenzioni. Una mano cadaverica vi si stagliò contro, recuperò una candela da un tavolino prossimo e rischiarò il buio tutto intorno. Pazienza, invitava lo sguardo. Ancora pazienza, per così poco.

Il corridoio che conduceva alle Cucine di Hogwarts da lungo andare non era più vuoto, non da quando diversi studenti ne avevano individuato l'esatta collocazione. Il quadro di una natura statica, all'apparenza perlomeno, ne delineava l'ingresso segreto, ma i più avevano saputo spargere involontariamente - e forse inconsapevolmente - la voce. Il risultato vedeva più visitatori del previsto, e senza alcun dubbio più del dovuto, tra quelle mura di straordinarie prelibatezze: lì, nel regno degli Elfi Domestici, si inoltravano miracoli dalla mattina alla sera, e perfino in orari impossibili. C'erano più Docenti desiderosi di mousse al cioccolato di quanti se ne potessero contare, e la maggior parte con richieste di notte fonda. Quella sera, forse per un pasto più abbondante del solito, forse semplicemente per un fortuito caso, o perlopiù per la fine della cena in Sala Grande da un lasso di tempo relativamente breve, non un'anima - vita o morta - si aggirava da quelle parti. All'inconsapevolezza di un passaggio così vicino, tuttavia, la coppia di Creature Magiche di poco prima - i salvatori, a quanto pareva - aveva già posto una soluzione. Il dipinto parve animarsi all'occorrenza, il fascio di luce di una torcia accesa e fissata alla parete laterale attirò lo sguardo degli stessi studenti e l'attimo successivo tra i frutti, acerbi e maturi, la pera in particolare si sporse di lato impercettibilmente. Il quadro si attivò con un rumore sordo, un ticchettio di una porta socchiusa, e rivelò a quel punto un ingresso di media altezza. L'esatto passaggio per le Cucine, di per sé così favorito da lasciare qualche dubbio. Dal suo interno, stranamente, non un solo suono di pentole, piatti, tintinnare di bicchieri e altro a confermare l'ambiente culinario, e tuttavia si intravedeva già un alone scintillante. Se avessero così deciso di proseguire, fede alla promessa fatta agli Elfi Domestici, Casey e Camillo avrebbero prontamente considerato una stanza circolare, piuttosto ampia, colma di utensili da cucina e di forni e armamenti vari. Le quattro tavolate rettangolari, a richiamare le stesse in Sala Grande per le Casate di Hogwarts, non apparivano in alcun punto a dispetto del funzionamento conosciuto in lungo e in largo del cibo mandato verso l'alto agli abitanti del Castello. Uno spazio grande, il soffitto così alto da perdersi nel vuoto: appariva quindi come un luogo vissuto e apparentemente - quella volta - abbandonato; non un cuoco, non una creatura, non una persona nei dintorni, al contrario un silenzio sinistro e un'assenza che diveniva già riflessione rilevante. Circondati da forni, al centro si allineava invece una scia di acari di polvere sospesi in volo, al contrasto di una luminescenza che non aveva tuttavia origine: non una finestra, non una porta, soltanto un paio di torce riverberanti dall'una e l'altra parete.
aFPCpPz
Ancor prima che potessero analizzare tutto nel dettaglio, una volta entrati la porta alle loro spalle si sarebbe così chiusa di scatto e nel buio della sala spenta un altro richiamo avrebbe attirato attenzione. Sul pavimento, ovunque, una geometria di linee brillava di gesso bianco. Più avanzavano, più sarebbe stata evidente una giuntura di punti, l'uno verso l'altro, a formare prima una stella e poi un'altra. Forse l'avrebbero riconosciuta, forse non da subito: inoltrando lo sguardo, così avrebbero potuto osservare totalmente il pavimento macchiato. Alchimia era una materia facoltativa e di anni superiori, ma la stregoneria non era a digiuno di una simbologia primordiale, antica, storica più di ogni altra cosa. Una doppia stella, a tratti ambivalente, incastonata in tre punte verso altre tre, a rifinire un'altra figura completa. Ancora una volta, le diagonali erano in gesso ed erano tuttavia spezzate in parti vicine.

Ci siamo, ci siamo. Prossima scadenza: 26 Agosto, 23.59
 
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view post Posted on 27/8/2019, 19:04
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profano
Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
«Casey, vado avanti io. Se vedi che le cose si mettono male corri a cercare aiuto. Promesso?»

Non rispose. Percepiva un fischio, una nota acuta nell'orecchio. Si era tastata i padiglioni auricolari, spaesata, e aveva camminato rasente muro verso le cucine. Forse Camillo avrebbe potuto scambiare il suo sconvolto dondolio in avanti come un cenno di assenso, perché una volta dentro l'oscurità del corridoio dei sotterranei lei non proferì nemmeno una parola.
Avere paura era sinonimo di debolezza; avere paura voleva dire soccombere al volere altrui. Tuttavia lei ne aveva e si odiava per questo. Non si sarebbe mai perdonata un simile atto di codardia - fuggire e lasciare il suo compagno, il suo ragazzo, il suo amico, in balia del pericolo. Sarebbe stato meglio morire e lasciarsi fagocitare da una di quelle acromantule. Lui non avrebbe potuto capire probabilmente, e se la sarebbe presa con lei dopo averla scampata per l'ennesima volta quella sera - se fossero riusciti a scamparla ancora. Era forte di quest'idea, piena di orgoglio, ma traballava e aveva paura, e aveva persino paura di non riuscire a non scappare.

Una pera verdognola saltellò verso il margine del quadro che stava all'ingresso delle cucine proprio nel momento in cui i due ragazzi vi passarono davanti. Un concertino di meccanismi, scatti e cigolii accompagnò l'apertura del passaggio e l'illuminazione di una stanza tondeggiante, abitata da quattro lunghe tavolate. Casey tirò un sospiro di sollievo quando vide che al suo interno non vi era nessuno. Aveva preparato la bacchetta, la teneva in pugno avanti a sé, sforzandosi di credere che un Flipendo - l'unico schiantesimo decente che possedeva nel suo repertorio - sarebbe stato in grado di stendere un Demonio.
I suoi occhi però caddero subito sull'unico elemento estraneo dell'ambiente: i simboli sul pavimento. Un'altra impennata del cuore nel riconoscere i tanto familiari tratti di gesso, poi un sobbalzo al chiudersi improvviso della porta d'ingresso.
«Ancora linee,» disse «ma sembrano incomplete. Guarda!».
Si accovacciò per terra, cercando di non sfiorare i segni nemmeno con la suola della scarpa. Si trattava di una inconfondibile Stella di David, anzi, di tante piccole stelle formate da due triangoli regolari speculari e sovrapposti. Sarebbe stato impossibile non riuscire ad identificarle, persino per un profano dell'argomento religioso. Un simbolo ebraico, la toppa cucita sugli abiti dei deportati nei campi di concentramento da Hitler... non si trattava di un simbolo sconosciuto. La fortuna voleva che Casey fosse stata cresciuta dalle suore e che sapesse qualcosa sull'ebraismo, ma purtroppo le suore non le avevano mai insegnato i sigilli alchemici. Ad ogni modo, collegando i vari puntini, giungere alla conclusione che chi aveva tracciato quelle stelle, non solo poteva essere il fantomatico Demonio o essergli vicino, ma aveva disegnato pure le linee confuse del corridoio in cui era avvenuta la strage. Non si potevano cancellare, si animavano distaccandosi dalle pareti e tentavano di uccidere chi vi passava in mezzo. Di sicuro passare la manica sul pavimento per sfumarne i tratti non sarebbe servito a niente, ma il fatto che fossero incomplete - ovvero che rassomigliassero solo a metà alla canonica Stella di David - le faceva intuire che non fossero ancora attive. Forse si trattava di un incantesimo, qualcosa di lasciato a metà in attesa del momento più opportuno, e valeva la pena in primis non scoprire a cosa servissero, dunque evitare che chiunque le avesse disegnate non potesse completarle.
«Non possiamo cancellarle, però possiamo coprirle e renderle illeggibili.»
Aveva in mente qualcosa, ma non sapeva se sarebbe bastato per agire su tutte le stelle presenti sul pavimento. Doveva distendere la mente, eliminare i pensieri superflui e percepire l'intera stanza. Si girò su se stessa, cercò i suoi confini con lo sguardo separandoli dalle ombre della sera. Di conseguenza si concentrò solo sulla fila centrale di stelle disegnata fra le due tavolate centrali. Non sarebbe stato semplice, non almeno in un luogo che aveva appena conosciuto. Aveva praticato l'Illegibilus solo su fogli, pagine e pergamene, a volte per fare uno scherzetto a quel secchione di Caleb, altre per non far leggere i bigliettini che si passava coi compagni ai professori, ma non su un intero pavimento. Immaginò il cotto delle cucine lindo e monocromatico come poteva essere di consueto, le sue porosità libere dal gesso che in quel momento trattenevano, le impronte dei piedi scalzi degli elfi domestici che vi lavoravano mattina e sera lontani dagli sguardi degli studenti. Si rimise in piedi e avanzò verso l'estremità della sala opposta, dove cominciavano le tavolate, e puntò la bacchetta. Pensò che sarebbe stato opportuno coordinare voce e gesto, dunque avrebbe dovuto camminare piuttosto velocemente, se non correre, e dire la formula con calma, respirando profondamente. Il tutto senza rischiare di cadere in avanti o di esercitare troppa pressione e spezzare la sua bacchetta.
Si piegò in avanti e poggiò la punta del Nocciolo sul pavimento, sulla punta più alta dell'ultima stella della stanza. Così, camminando all'indietro lungo lo spazio fra le due tavolate, cominciò a "cancellare" quei segni segmentati dall'immagine del pavimento che aveva impresso nella sua mente. «Il-» declamò sorpassando la prima stella e la testa del tavolo, facendo finta di avere una spugna imbevuta d'acqua in mano e di aiutare gli elfi a pulire le cucine. «-le-» disse con crescente intensità di emissione, come se stesse caricando una molla. «-gi-». Era arrivata a metà tavolata e il sudore le scendeva lungo le tempie. «-bi-». Gli occhi erano due fessure, concentrate sul pavimento e sulla linea retta realizzata dal catalizzatore che attraversava tutti i segni della colonna. «-lùs!». Ponendo l'accento sull'ultima vocale e con uno scatto della bacchetta verso l'esterno, Casey avrebbe completato la difficile trafila dell'incanto. Era stato un po' come dare una passata di spugnetta a una lunghissima lavagna scarabocchiata di gesso. Tutto ciò che avrebbe cancellato - se vi fosse riuscita - sarebbe stato illeggibile per chiunque avesse tentato di interpretarlo, compreso il suo stesso autore. E anche se le stelle attigue alla cancellatura sarebbero rimaste, se si trattava di un altro sistema unico come quello delle linee del corridoio, avrebbero fatto una gran fatica ad attivarsi.
SYNOPSIS
Casey è sollevata di non vedere nessuno in cucina, ma le stelle sul pavimento la preoccupano. Capisce che si tratta di qualcosa di simile, come minimo, alle linee di gesso del corridoio e sa che non è possibile cancellarle tanto facilmente. Dunque si mette in accordo con Camillo per renderle illeggibili. Di certo si tratta di una porzione di spazio molto più ampia di quella della pagina di un libro, infatti tenta di diluire la formula per tutta la durata del percorso fatto dalla bacchetta per castare l'Illegibilus.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 65/65 ◾ PM: 88/88 ◾ PE: 4,5



Mastra Casey Sgrassatorah.
 
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Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.Essere immerso nella semi-oscurità dei corridoi era una condizione che non permetteva all’olandese di formulare pensieri rosei. Percepiva di essere in balia del pericolo, una preda facile di ogni macabra eventualità. Sapeva di non trovarsi al sicuro, così lui come la sua fidanzata. Era teso, nervi contratti, ma una piccola carica di adrenalina animava suoi movimenti, dandogli la spinta per proseguire, impermeabile alle sue stesse paranoie. Si era domandato quanto gli sarebbe costato l’azzardo di quella tacita promessa rivolta a Billy ed Ursula. Si era anche domandato se Casey avesse voluto dargli retta per davvero o se semplicemente avesse pensato che reggergli il gioco fosse stata una buona idea. La conosceva: faceva di testa sua. Avrebbe sicuramente preso parte all’azione se solo avesse pensato di potersi rendere utile. Forse lo sarebbe stata davvero, più di quanto avrebbe potuto esserlo lui, ma non sarebbe riuscito ad ingoiare la consapevolezza di aver esteso la sua infausta condanna anche a lei, in riferimento agli scenari peggiori che andavano via via a dipingersi dettagliatamente nei suoi pensieri.
Arrivati all’entrata delle cucine la natura morta, paradossalmente, diede un segno di vita. La pera del quadro si spostò quel poco che bastava per attivare l’ingegnoso meccanismo che permetteva all’ingresso della stanza di aprirsi. Per grande sorpresa del Tassorosso, ai due studenti non venne domandato nulla, non un gesto, non una parola d’ordine, solo e soltanto di assistere. La loro accoglienza era stata predisposta e lui pregava che si trattasse dell’opera di elfi domestici, presunti alleati in quella vicenda, non del geometra con la licenza di uccidere. Erano state le numerose esperienze passate ad insegnargli che se qualcosa si rivelava così facile, celava sicuramente un tranello. Sul lato opposto della medaglia era coniata la consapevolezza che ogni piccolo aiuto era estremamente prezioso quando in gioco c’era la vita. Si fidò.
Cauto, vigile, il Tassorosso entrò nell’ampia saletta dove i cuochi preparavano i pasti per gli studenti. Le pupille danzavano freneticamente, cogliendo d’istinto i dettagli che l’insolita tecnica di illuminazione a ravvivare la stanza permetteva di scorgere. Come obiettivi fotografici, immortalavano gli scatti nella memoria dello studente, a cui sarebbe poi toccato il compito di svilupparli criteriosamente. La porta si chiuse alle spalle della coppietta, sancendo un punto di non ritorno sul loro sentiero di caccia.
Le dita della sinistra ticchettavano furiosamente contro il fianco corrispondente, mentre la destra impugnava saldamente il salice, pronta a scattare per scagliare un incantesimo in caso ce ne fosse stata necessità. L’arto ferito era quasi del tutto alleggerito dal peso del corpo; Breendbergh se ne stava lì impalato, in piedi ad un paio di metri dall’ingresso, facendo ordine tra i propri pensieri. Come Casey gli aveva spiegato, il pavimento delle cucine era costellato - nel vero senso della parola - da simboli familiari. Si trattava dell’ennesima composizione di linee, questa volta separate, che senza congiungersi riuscivano comunque a dare l’idea di ciò che rappresentavano. Stelle di David. History Channel era accorso in aiuto del marmocchio, facendo trillare un campanello d’allarme a lui interiore. Le conosceva bene, la storia babbana, più o meno recente, si era fatta carico del peso di quel simbolo antico, sacro agli Ebrei e non solo, riportandolo in auge. Si domandava cosa c'entrassero con la magia, se potesse esistere un collegamento diretto con qualche incantesimo o rituale a lui noto, ma non ne venne a capo. Ricordava le parole di uno storico, intervistato per uno di quei documentari cui era solito fare da spettatore. Equilibrio. I due triangoli equilateri che si univano, uno con la punta rivolta verso l’alto ed il secondo, all’opposto, che mirava basso, rappresentavano la manifestazione di due forze che stabilivano un’armonia perfetta. Dio e l’uomo. Il sesso. Lo spirito e la materia. Mente e corpo. Due elementi naturali? La vita e la morte? La libera interpretazione aveva permesso a chi aveva analizzato la stella a sei punte di formulare un’infinità di ipotesi. Le più gettonate, per lui che faceva delle catastrofi un vero e proprio modello di pensiero, era che servissero ad evocare Bafometto o peggio, per rivendicare la proprietà di Israele dopo l’ennesimo - ed imminente, a quanto pareva - attentato.
Inutile indugiare, profanarle a vista era l'opzione migliore per scongiurare il ventaglio di conseguenze a cui avrebbero potuto dare origine. Casey, neanche a farlo apposta, si era espressa proprio in quel senso. Era orgoglioso di lei, quando arrivava il momento di fare della blasfemia una virtù, non esisteva squadra che potesse batterli. Avrebbe fatto volentieri una pausa per stamparle un bacio in fronte, ma si trattenne. Come insegnava il Professore, c'era tempo e luogo per ogni cosa, ma avrebbe dovuto aspettare.
«Non serve dire altro Pistoletta, adesso facciamo un pastrocchio». La voce vibrò nell’aria, trasportando attraverso di essa un cenno di divertimento. Camillo sghignazzò sommessamente, assemblando nella propria mente l’immagine di quel macello che all’indomani qualcuno avrebbe sicuramente dovuto ripulire. Il bersaglio era appunto la scia di stelle incomplete. Osservò silenziosamente la sua donna, che si era messa in posizione per scagliare l’Illegibilus, mentre lui a sua volta prendeva le misure del percorso, prendeva la mira. Come al suo solito, per pignoleria, si concesse una rapida stima delle dimensioni della fila di stelle, così come della portata dell’incantesimo di cui si sarebbe avvalso. Avrebbe supportato la Grifondoro, andando ad interagire con la magia lì dove lei non sarebbe riuscita ad arrivare. In caso l’idea che le balenava nella mente fosse stata trasportata alla perfezione nel mondo tangibile, invece, si sarebbe semplicemente limitato a darle man forte per assicurare una devastazione a due strati. L’importante, almeno per come la vedeva lui, era non colpire anche la signorina Bell nel processo e se ne sarebbe accertato. Avrebbe mantenuto la calma, anche se la configurazione si fosse attivata, dimostrandosi una trappola. Sarebbe riuscito a mantenere i nervi saldi pure se la sua fidanzata si fosse lasciata prendere dal panico, dando una svolta improvvisa al ritmo della sua avanzata. Se lo promise.
Puntò la bacchetta sulla stella di testa, con cui Casey si apprestava ad interagire. A quel punto iniziò a tracciare un’ampia onda, lentamente, che avrebbe lasciato il tempo alla ragazza di proseguire indisturbata, senza ritrovarsi con il catalizzatore del Tassorosso a minacciarla. «Lìmos». Pronuncia decisa, a riflettere con precisione assoluta la determinazione dello studente, accento tonico sulla prima i. L’obiettivo era quello di coprire il pavimento con il fango, così da rovinare quelle figure geometriche ed imprigionarle sotto una solida barriera. Se il piano si fosse rivelato corretto, dubitava sarebbero potute tornare utili all’Aracnomante e, sulla filosofia di una qualsiasi pubblicità progresso, la prevenzione aveva il suo perché. Valeva la pena di tentare.
SYNOPSIS
Camillo entra nelle cucine ed insieme a Casey rimane intrappolato al loro interno. Nota la presenza di nuove linee e formula qualche considerazione, al che accetta la proposta di Casey di combinare un macello e fa la sua parte per portare a termine il piano malvagio et burlone che hanno architettato.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 205/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 199/199 ◾ PE: 19

 
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Era stata offerta la visuale d'insieme di una battaglia, nei pressi delle Cucine di Hogwarts; le parole della coppia di Elfi Domestici di poco prima ristagnavano ancora nelle ultime riflessioni, e tuttavia una volta entrati nel regno di pasticcini e pasti abbondanti, non uno scontro si delineava all'orizzonte. Acari di polvere sospesi alla buona, panche in disuso, tavoli spogli, vuoti, per nulla colmi delle pietanze promesse: perfino dei Cuochi, i soli abitanti ufficialmente adibiti a quel ruolo tra le mura del Castello, non si scorgeva alcuna ombra. Era strano, tutto sommato, e le prime supposizioni lasciavano spazio ai dubbi, alle risposte, alle concrete possibilità. C'era un margine di errore sufficiente, tra l'assenza di rumori, di padelle in contrasto, di fiammelle già accese: era spento, tutto era spento. Riconoscere il solo apparente dettaglio distintivo, in quella stanza, divenne soluzione immediata e diretta per l'uno e l'altro studente: una schiera di diagonali e rette, verticali e orizzontali, una geometria intricata, ma non sconosciuta. Peccava alla loro attenzione di quell'agognata - forse sperata - curiosa originalità, e allo stesso modo lasciava intendere che non fosse un caso, né per caso da quelle parti. L'intervento tempestivo si legò al riconoscimento del Simbolo disegnato difficilmente lungo gli spazi liberi, altrimenti occupati dalle quattro ampie tavolate delle Casate della Scuola. Al passaggio sospetto tra le punte visibili della Stella, il primo assalto da parte di Casey fu bello pronto: un'idea interessante, non troppo fuorviante, e già la bacchetta smussava impercettibilmente un eventuale presunto effetto magico delle liane prossime alla vista. Non successe nulla, l'Incanto poteva o meno aver avuto valore, e fintantoché fosse stato tutto al sicuro, tanto sarebbe bastato: era pur sempre una riuscita, per il momento, e nulla concedeva la certezza che fosse stato per davvero un successo o un fiasco. Il contributo di Camillo non tardò a manifestarsi e bacchetta alla mano, fu apprezzato il tentativo di cicatrizzare, letteralmente, la figura in basso: qualsiasi cosa potesse essere, sigillo alchemico o sortilegio da stravaganza, il fango andò a cancellarne una parte, solidificandosi distrattamente in un ampio raggio. Le strisce di gesso lucido, per tutta risposta, attesero. Più scivolava la notte nei paraggi, più il fioco bagliore delle torce restanti e tuttora accese percuoteva le pareti così ampie, e così più sorgeva la consapevolezza di essere, forse, in una botte senza via d'uscita. La porta alle loro spalle era libera, nessun impedimento avrebbe vietato di ripercorrerla; era più un ostacolo sentito, al pari del mancato ritrovarsi della descrizione delle Creature incontrate in precedenza. Di sicuro qualcosa non andava, nessuno ad Hogwarts aveva mai parlato della Stella di Davide, né di sigilli tracciati per passione dagli stessi Elfi Domestici: eppure, eppure mancava qualcosa. Come una percezione nell'aria, come un pericolo sopito e crescente, qualcosa che entrambi i ragazzi avrebbero potuto considerare fin sottopelle; il preludio della tempesta, il tuono di una pioggia scrosciante, lo scintillio di un incendio, il tremito di una terra in dissolvenza, tutto poteva essere. Invece, di scatto, dal più lontano angolo della stanza, dal punto in cui si trovava la coppia, si sollevò leggermente - appena accentuato, sottilissimo - un suono docile, prima basso e poi ripetuto, ripetuto infine più volte di seguito.
TaXWOzM
Di primo acchito, non sarebbe stato impossibile stringere le idee fino ad un'immaginazione sincera: quel verso era riconoscibile anche ai più, prossimo in natura nella sua singolarità, e sempre più simile ad un vero e proprio belare. Se si fossero spinti in quella direzione, là dove il suono aumentava perfino d'intensità, Casey e Camillo avrebbero infine intravisto una struttura in ferro, dalle sbarre strette e lunghe, in parte incrostate di ruggine. Si palesò in quel modo una gabbia di piccole dimensioni, più alta che larga a ben vedere, e incastonata sotto due sedie, l'una poggiata sull'altra senza logica circostanza. All'interno della prigionia, senza porticine né aperture di alcun genere, si poteva ritrovare in tutto e per tutto un agnellino: il manto bianco, screziato dalle sfumature della panna, così folto da sembrare già soffice e lanuginoso senza bisogno di sfiorarlo; le lunghe orecchie pendevano sul viso, uno sguardo traboccante timore e preoccupazione, mentre gli occhi più simili a pozze scure vagliavano con circospezione ogni possibile uscita, invano. Sbatteva le zampe contro le sbarre, inutilmente, e si dimenava a più non posso. Il suo belare divenne a quel punto incessante, andando a riempire un silenzio di per sé vuoto, a tratti incauto. Il mistero di quella sera diveniva un racconto fuori dall'ordinario, e si poneva in modo autentico, così, un'ulteriore domanda: cosa ci faceva un agnello in una gabbia? Il prossimo pasto delle Cucine? Come un brivido di freddo, un impercettibile fastidio, fu proprio in quegli istanti che Camillo si sentì pizzicare la parte di pelle che custodiva, ancora in attesa, un Ciondolo singolare: piuma e sfera, non appena riconosciute, vibrarono lentamente.

Prossima scadenza: 9 Settembre, 23.59
 
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Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.Camillo non aveva mai smesso di indagare sul significato magico da attribuire alla Stella di David. Dal primo momento in cui aveva posato lo sguardo sulla geometria di linee immacolate, sino a quando versò il fango per cementificarle, la sua mente si dimostrò estremamente prolifica nel generare teorie bizzarre. Non sapeva di preciso cosa aspettarsi, né se la concezione liberamente ispirata a Fullmetal Alchemist che aveva di quel simbolo sacro potesse vantare un che di plausibilità. L'unica certezza risiedeva nella necessità di alterare la sua forma impeccabile. Così facendo, ragionò, lui e Casey sarebbero riusciti ad intaccare lo schema che le singole figure andavano a costituire. A maggior ragione se avessero compreso che erano state disegnate con lo scopo trasmutare esseri umani. Il trauma generato dal cartone giapponese, anche a distanza di anni, si manifestava vivido e pulsante.
Preferì non preoccuparsi ulteriormente di ciò che non poteva gestire e si concesse qualche istante per contemplare le cucine. L'illuminazione ambientale, già scarsa di per sé, tendeva ad affievolirsi man mano che i secondi si susseguivano. Di quel passo il buio avrebbe presto inghiottito i due studenti. Raggiunta quella conclusione, l'intenzione di accendere un Lumos si manifestò forte e chiara nella testa dell'olandese, rimanendo però bloccata tra i collegamenti sinaptici. Non arrivò alla mano dominante. Il salice restò immobile, saldo nel pugno dello studente, mentre la mancina raggiungeva il petto. Sotto la maglia, a contatto con la pelle, il Ciondolo della Fenice lanciava un messaggio di facile interpretazione al suo proprietario, in concomitanza con l’ennesimo e stravagantissimo avvenimento della giornata. L’olandese spostò un passo per ruotare il corpo verso la fonte di un rumore insolito. Un belato richiamò l’attenzione dei presenti sulla figura di un agnello. Scandagliata l’area con lo sguardo, non ci volle molto per individuare la gabbia in cui era rinchiuso. Camillo studiò l’animale per pochi attimi, mentre questo si agitava nella sua prigione, collocata al di sotto di due sedie. Fatto ordine tra le idee, gli venne spontaneo domandarsi cosa ci facesse lì quella bestiola. Il dubbio si trattasse dell’ingrediente di una ricetta, programmata dagli elfi per uno dei pasti futuri, sfiorò la testa del Tassorosso. Ciò nonostante, c’era qualcosa che non tornava. Poteva mica essere la causa scatenante di quel prurito all’altezza del torace? Se il pendaglio che portava legato al collo si era premurato di lanciargli un segnale, significava che con buone probabilità una animale con dei poteri era presente nell’ambiente circostante. Avvisò la sua donna.
«Tesoro, stai in guardia, c’è una creatura magica nelle cucine». Improntò l’avvertimento con un tono secco, serio, che non lasciava spazio a malintesi. Non scherzava e la chiarezza era fondamentale. In quei casi, un piccolo fraintendimento era in grado di dare origine a conseguenze catastrofiche e non era sua intenzione scambiare l’incolumità di Casey con il piacere effimero di una battuta. La logica lo portava a pensare che l'unico bersagio papabile lì dentro fosse lei, forte del vantaggio che il manufatto gli conferiva. Così come la minaccia che incombeva su di loro, anche lui era nascosto alla vista del nemico, gentilmente difeso dalla piuma e dalla sfera. Tuttavia non abbassò la guardia, pronto a proteggere se stesso e la Grifondoro in qualunque momento.
Staccò momentaneamente lo sguardo dal batuffolo di lana per posare gli occhi sulla sua fidanzata, accertandosi del suo stato di salute. Dopodiché scandagliò rapidamente l'area che li circondava, bramoso di dettagli che riconducessero alla posizione della creatura incriminata. Gli sarebbe bastato poco: l'ombra proiettata dal suo corpo, il movimento del suo profilo negli angoli bui della saletta o una forma indistinta appollaiata sul soffitto. Se avesse notato qualcosa di sospetto avrebbe agito di conseguenza. Ciò a prescindere, in assenza di avvisaglie, sarebbe tornato a concentrarsi sull'agnello.
Camillo, che per precauzione si era mantenuto ad una debita distanza dalla gabbia, si sarebbe chinato per scrutare l'animale da una linea di tiro più consona. Poi, senza esitare, avrebbe sostituito l'immagine mentale della bacchetta che impugnava con quella di uno spillo.
«Avanti, tira fuori le palle, so che sei qui dentro. Voglio solo parlare». Mentì, come faceva con il gatto quando scendeva la sera ed inevitabilmente arrivava l'ora di catturarlo per riportarlo a casa. Il richiamo aveva una connotazione generale e, solo perché puntava l'animale in gabbia, non significava che desse per scontato si trattasse proprio di lui.
In assenza di una risposta, non avrebbe esitato a puntare la bacchetta - con le sembianze di uno spillo di metallo, nel suo immaginario - verso il fianco dell'agnellino agitato. Poi la formula, enunciata con decisione. «Compungo».
Avrebbe dosato la forza: la puntura doveva essere abbastanza vigorosa da infastidire la creatura, ma non abbastanza da spillare una sola goccia del suo sangue. Così facendo, si era detto, se fosse stato un lupo a vestire i panni della pecora, quello stesso lupo avrebbe mostrato alla coppia la sua vera natura. In barba ai proverbi e senza il minimo senso di colpa ad appesantirgli l'animo. Per come la vedeva lui, gli animali andavano strapazzati di coccole, non torturati. D'altro canto, non gli capitava spesso di ritrovarsi a dare la caccia al "Diavolo" e, se ciò fosse servito a stanarlo, se ne sarebbe fatto una ragione.
SYNOPSIS
Camillo si fa qualche viaggio mentale e trae le sue considerazioni. Quando nota l’agnellino in gabbia ed il Ciondolo della Fenice inizia a vibrare, si convince della presenza di una creatura magica nell’ambiente di gioco. A quel punto avvisa Casey e si attiva per stanare la bestiola.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
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Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Guardò il suo lavoro dall'alto chiedendosi se l'incantesimo avesse avuto effetto, e un piccolo dolorino le attraversò la base della schiena per l'essere rimasta piegata per così tanto. C'era troppo buio per comprendere l'incomprensibilità di quei simboli, e quando arrivò il fango evocato da Camillo fu ancor più difficile seguirne i bordi. Il Limos le danzò attorno in una pioggia di goccioloni scuri senza colpirla, e cadde per terra cementificandosi. Il dolore all'altezza dello stomaco, l'ansia di quell'agire furtivo e tempestivo, finalmente ebbe modo di placarsi un po'.
Si voltò verso l'altro e gli sorrise divertita, per quanto in maniera trattenuta. La sua battutina di prima le era costata una botta di agitazione e per qualche minuto ce l'aveva avuta con lui - a parte la stizza per esser chiamata "Pistoletta" in generale e persino in una situazione del genere. Sapeva che era il suo modo di fare, che Camillo avesse di base un carattere scherzoso e strafottente; ma lei, che era composta di tragedia allo stato puro al cento per cento, sentiva le sue preoccupazioni più sminuite che tranquillizzate da quelle uscite.
L'esito dell'incantesimo però la rinfrancò. Riconobbe una certa bravura in lui, e che erano un'ottima coppia. Proprio come lo erano stati lei e Caleb.
A quel pensiero la travolse nuovamente un dolorino, però all'altezza dello sterno.
Un suono, dapprima lieve poi disperato, giunse alle sue orecchie. Sembrava un pianto, e per questo le fece rizzare tutti i peli delle braccia, in mezzo a quel buio. Lo cercò, tese le orecchie finché non si trovò a pochi passi dalla sua fonte e non abbassò lo sguardo. Due pupille squadrate la fissavano disperate da dietro delle sbarre arrugginite, iridi color nocciola, e vagliavano lo spazio in cerca di una uscita. Due sedie, incrociate sulla testa della gabbia, sigillavano ancor di più la sua prigionia. Cosa ci faceva un agnellino nelle cucine? Le veniva strano pensare agli elfi domestici delle cucine macellai delle bestie che avrebbero dovuto cucinare. Non vi era una trafila, poi? La carne veniva direttamente separate dalle ossa fresche dell'agnello e poi messe in pentola? Certi pensieri la fecero rabbrividire, ma il dubbio li richiedeva. Che la creatura fosse un'altra pedina di quella serata traboccante di orrori e misteri?
Vi erano alcuni puntini da poter unire. I simboli sul pavimento, stelle a sei punte, tracciati col gesso magico, incompleti come in attesa del momento giusto per attivarsi. La presenza del "Demonio" nelle cucine, dichiarata dagli elfi incontrati nei sotterranei. L'agnellino ingabbiato che si dimenava, che aveva tutta l'aria di una ostia sacrificale più che di prossima cena degli studenti di Hogwarts. Le fece pietà. Si abbassò leggermente e cercò di assumere un'espressione tranquillizzante.
«Shh, non fare così. Shh, ci farai scoprire. Sistemeremo tutto, ti libereremo, non ti sarà fatto del male».
Le venne il voltastomaco per le idee che le giravano per la testa. Una lacrima per l'agnellino che sarebbe stato ammazzato, un'altra per la consapevolezza di quante ingiustizie avvenissero nel mondo. Una terza per il rinnovo del terrore di quella serata.

«Tesoro, stai in guardia, c’è una creatura magica nelle cucine».
Casey si alzò e guardò Camillo con occhi venati di orrore. Il suo istinto la fece guardare attorno, prima a destra, poi a sinistra, sotto i tavoli e persino sul soffitto.
«Co-cosa?»
Altre acromantule, possibile? Se fossero state vere, per quel giro, in uno spazio ristretto come le cucine avrebbero avuto poche speranze. Poi Camillo prese a parlare con l'agnello.
Sconvolta, non capì subito cosa intendesse fare. Alzò un sopracciglio quando puntò la bacchetta verso la creaturina ingabbiata. Lo avrebbe fermato, pervasa dall'idea che sarebbe stato stupido credere che un batuffolo di lana come quello sarebbe stato in grado di fare loro del male, ma non lo fece. Le tornarono in mente in giochi trasfigurativi ed evocativi che avevano visto per tutta quella sera, e allora una nuova ondata di timore le paralizzò la schiena. Si allontanò dalla gabbia, in attesa. Con la destra prese la bacchetta, con la sinistra un detonatore.
SYNOPSIS
Casey capta il verso dell'agnellino e all'inizio cerca di tranquillizzarlo a voce. Gli sta comunque lontano. Quando Camillo le dice che nella stanza c'è una creatura magica si alza e si guarda attorno, poi diffida dell'agnellino e prepara bacchetta e un detonatore deluxe rosso-oro.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 65/65 ◾ PM: 88/88 ◾ PE: 4,5


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view post Posted on 17/10/2019, 11:14
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Come nelle storie migliori, i racconti al camino scoppiettante, la morale incerta di un finale altrettanto confusionario: da un lato il buon guerriero, Isacco sulla Terra, il sacrificato, colui che sceglie di non scegliere; dall'altro il giustiziere, il boia dai tratti disumani, Abramo tra i Cieli, colui che compie quanto necessario. Un confine labile, appena percettibile, e così spento da divenire fluido, invisibile, intangibile il più delle volte. Nelle narrazioni più avvincenti sorgeva indomita la lotta eterea tra Bene e Male, e quanto rappresentava l'uno sfumava irrimediabilmente nell'altro. Perché il senso infine risultava limpido, come il primo sorso d'acqua della gola arida di Isacco; ed era una rivelazione impavida, sorprendente e timorosa, come l'espressione del padre che quasi aveva perso un figlio. Non c'era colpa, non per l'uno né per l'altro, e la fede sfociava in benedizione e condanna insieme, di pari passo: seppur diversamente, il nocciolo della questione era lo stesso tra quelle Cucine spoglie, disabitate apparentemente dalla presenza umana. L'agnello in gabbia si dimenava nella prigionia stretta, le zampe cozzavano ripetutamente contro le sbarre, ed era un colpo secco, un martellare continuo. Gli occhi erano ampi, grandi a dismisura, e trasudavano la preoccupazione di un animale privato di libertà: quando il Compungo andò a macchiare la peluria candida, il manto si cosparse di una prima, una seconda e infine una terza e più generosa gocciolina di sangue. Bianco e rosso, l'onta scarlatta, la punizione infida. La bestiolina si ritrasse a più non posso, un belare feroce dalla bocca spalancata: aveva immaginato, nel suo piccolo, di essere pronto per essere salvato. Non era desideroso di essere carne da macello, e ancor più avrebbe preferito essere gioco di circo improvvisato. Ma c'era un dubbio, la prima insinuazione, la scettica consapevolezza di aver visto molto, e di peggio pure, nell'arco di una stessa sera. Camillo non avrebbe reagito così, in caso contrario, e prevenire sembrava sempre meglio di curare, il detto era schematico. Lo sguardo di Casey divenne monito e attesa, mentre nulla accadeva, e tutto stava.
mQ6MRxA
Seguì un silenzio breve, l'accenno di un belare soltanto da parte dell'agnello, ora rintanatosi verso il fondo della gabbia, a più non posso; mentre si affievoliva, si percepiva un fruscio indistinto, poco lontano, mentre dalle sedie di legno incastonate alla buona si delineava una figura stretta e lunga, in larghezza imponente. Apparve come Ombra tra le Ombre, il preludio dell'inchiostro sulla carta, e pian piano degli occhi accesi si intravide una scintilla: rabbia, pulsazione, tensione, l'una e l'altra sensazione come un barlume di sete atavica. Un lupo dal manto scuro, color della notte, apparve ai riverberi delle restanti torce lì nei paraggi. Individuò Casey, spalancò le fauci, e il ringhio che ne scaturì parve divenire certezza di pericolo, e di assalto di pari consapevolezza. Spostò l'attenzione alla gabbia, non parve accorgersi di nessun altro: Camillo, favorito dal Ciondolo Incantato, restava in disparte, del tutto nascosto. Lasciava così spazio ad una riflessione, tra manufatto magico indossato e creatura appena vista. Una riflessione che avrebbe fatto la differenza. Prima del previsto, il lupo scattò. Verso la gabbia, verso le sbarre. Graffiò con le zampe e con i denti, cominciò a distruggerne i contorni. Il belare dell'agnello aumentò, riempì la Cucina fin nel profondo, mentre la Caccia assumeva i tratti di una condanna.

Chiedo scusa per il ritardo.
Prossima scadenza: 24 Ottobre, 23.59
 
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.Pungere l'agnello poteva rivelarsi una delle idee più stupide macchinate dal tassorosso nell'arco della sua esistenza. Non aveva mai preso in simpatia chi elargiva gratuitamente violenze sugli animali e rientrare nella categoria di quegli aguzzini non lo faceva sentire a proprio agio con se stesso. Non ne andava fiero. Se con quella trovata non avesse cavato un ragno dal buco - tanto per restare in tema con gli ultimi avvenimenti - probabilmente i sensi di colpa lo avrebbero tormentato per i giorni a venire. Ciò nonostante, considerate le circostanze, gli era sembrato doveroso compiere un gesto concreto per sveltire il corso degli eventi e se c'era anche solo una possibilità che potesse in qualche modo tornargli utile, non vedeva buone ragioni per restarsene con le mani in mano.
La bacchetta puntò l'animale e l'incantesimo da essa scaturito ne infilzò il manto, andando più a fondo di quanto preventivato. Camillo, come al solito, aveva commesso il grave errore di fidarsi troppo delle proprie abilità. Nello specifico, un lavoro di precisione di quel tipo tradiva in tutto e per tutto l'approccio estremo che egli riservava all'arte della magia, un po' esplosivo a detta di alcuni. Il sangue dell'animale macchiò la lana, catturando lo sguardo incuriosito dell'olandese, in cui si rifletteva un profondo dispiacere, pronto per essere cancellato da un'eventuale trasformazione dell'agnello in una qualsiasi creatura del demonio. Niente.
Al contrario, fu un rumore sospetto a catturare l'attenzione di Camillo. Risollevatosi dall'usuale posa slava, si ritrovò ad ammirare l'ennesima stranezza che la serata gli aveva donato. Una sagoma scura dalle fattezze canine si aggirava indisturbata per la stanza. Neanche a farlo apposta, sul viso del marmocchio si era contratta un'espressione più disgustata che spaventata. Il cattivo gusto in fatto di scherzi, prerogativa dell'aracnomante, scatenava un sincero disagio nelle viscere del tassino. Lo stato d'allerta rimaneva comunque degno di una certa considerazione ma lo sgomento non era sufficiente a plasmare la smorfia che infestava la sua brutta faccia.
Temeva che il canide - un lupo, a guardar bene - potesse balzare addosso a Casey. Per quanto lo riguardava, la fiducia nel ciondolo della fenice gli era bastata per autoescludersi dalla lista delle eventuali prede e ciò gli aveva permesso di ragionare lucidamente. Bacchetta alla mano, si dimostrò pronto a cancellare la bestiola dalla faccia del creato. Il braccio dominante era scattato nell'esatto momento in cui il lupo aveva spalancato le fauci, ma non vi fu apparentemente bisogno di agire. La sua dolce metà era tutta pelle ed ossa, questo spiegava perché anche lei fosse stata risparmiata dalla furia dell'animale.
Camillo rimase in silenzio, si limitò a rivolgere uno sguardo esterrefatto alla propria ragazza. A quel punto la preoccupazione era diventata tangibile sul viso del tassino, ma non abbastanza da cancellare il segno impresso dal disappunto. Il sopracciglio destro alzato, le labbra appiattite ed il naso arricciato erano segnali abbastanza chiari per evidenziare le diverse sfumature di imbarazzo. Semi-impassibile al susseguirsi dei fatti, comunicava alla signorina Bell che era tutto più o meno sotto controllo. La sua spocchia era tanto inopportuna quanto irritante, poteva solo immaginare il fastidio che la Grifondoro potesse provare nell'essere testimone di un tale sprezzo. Tutto ciò non era fine a se stesso: gli esseri umani tendevano a imitare le emozioni altrui, come il riflesso in uno specchio e sperava che ciò potesse aiutarla ad esorcizzare la paura. Anche lui temeva per l'incolumità di entrambi, timore esteso agli amici che si aggiravano per i corridoi, ma vacillare, piombare nel panico, gli era sembrato ben più che sbagliato. D'istinto si dimostrava una vera e propria testa di rapa. Lo sforzo emotivo era minimo, come se la sua psiche avesse in qualche modo impostato l'autopilota. Fece spallucce, quatto quatto, volgendo l'attenzione a Fido.
Era successo tutto talmente in fretta e Camillo non era stato in grado di analizzare lucidamente la situazione. Ancor prima di imbattersi nella gabbia aveva scandagliato le cucine con lo sguardo, senza rilevare nulla che fosse degno di nota. Dopo le stelle di David, l'agnello ed il lupo si erano rivelati un po' a casaccio, senza annunciare la propria comparsa e come loro, ne era certo, qualche altra stravaganza di stagione avrebbe fatto capolino dal nulla cosmico. In più, lui che della religione aveva fatto il proprio peggior nemico, era troppo ignorante per cogliere i vari riferimenti biblici. Era abbastanza sveglio, invece, per comprendere di non aver troppo tempo a disposizione prima che le cose gli sfuggissero ulteriormente di mano.
La pelliccia vivente aggrediva con foga la gabbia, affamata della carne di Raviolo - nome d'arte affibbiato alla palla di lana terrorizzata - facendola a pezzi in fretta e furia, a pochi centimetri dagli stinchi succosi di Camillo.
Il Tassorosso, spronato dalla volontà di arrestare l'aggressione, frustò verso l'alto con la bacchetta, mantenendo una presa salda, come suggeriva il manuale. La formula andava enunciata accompagnando l'intera esecuzione, compresa la seconda parte della sequenza di movimenti. Per tale ragione cercò di esser tanto lesto quanto preciso nella pronuncia, così soffocare il tempo di reazione del suo bersaglio. «Petrìficus». Risoluto, sicuro del proprio potenziale, seguì i movimenti del braccio, dalla P della prima frustata alla S, che batteva proprio l'istante in cui la punta del salice veniva indirizzata contro il lupo. Con urgenza, una volta indicato il bersaglio, se nulla gli avesse impedito di agire, avrebbe fatto vibrare nell'aria il comando. «totàhlus».
Camillo si era imposto di non lasciarsi prendere dal panico, specialmente se il lupo si fosse voltato per azzannarlo, a costo di bloccarlo con le fauci piantate ben a fondo nella propria carne. Secondo la sua logica, preferiva mille volte il dolore causato da un morso al dolce bacio della morte, ed in effetti non aveva tutti i torti. I nervi saldi non mancavano e le sue idee erano chiare: immobilizzarlo gli avrebbe permesso di dare un po' di respiro alla ragione. Poi lui e Casey avrebbero deciso sul da farsi.
SYNOPSIS
Camillo osserva lo svolgersi degli eventi e reagisce seguendo l’istinto. Decide di fermare l’assalto del lupo e si attiva in tal senso, cercando di mandare a segno un incantesimo per immobilizzarlo.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 205/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 199/199 ◾ PE: 19

 
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profano
Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Sangue. Tre gocce di sangue furono spillate dal corpo dell'agnello. Il suo manto candido si macchiò, lana pura e innocenza profanati. In un mare di confusione, palpiti e suoni indistinti, Casey fece girare ripetutamente lo sguardo dall'animale al suo fidanzato. Un dolore la opprimeva, il senso di colpa e la frustrazione provocatele da quella scena. Infatti non si rese subito conto dell'intruso; il suo manto nero si mimetizzava con l'oscurità, e scivolava nell'aria come incorporeo senza emettere alcun suono. Ma quando i suoi occhi lo trovarono, e si incastonarono nei suoi, gialli, rabbiosi, pozzo senza fondo di odio, finalmente il mondo si fermò e percepì qualcosa.

Il male è subdolo, assume forme e spessori inconcepibili per la sua portata, ed entra dentro le menti mascherato di innocenza. Basta un pensiero a volte, tanto caloroso da apparire giusto e fatto apposta per noi, quando invece si tratta solo di un germoglio che immette le sue radici nel nostro corpo e nel nostro io. I fiori che nascono dal suo stelo puzzano. Sanno di putrido, di carogne in decomposizione, ma ormai quando essi saranno sbocciati mostrando i loro colori, noi saremo già abituati e non ne percepiremo la stranezza. Diventeremo un tutt'uno con la pianta: il nostro odio, fulcro ed emanazione del male, ne diventerà la clorofilla, e ci cospargeremo la testa di foglie e fiori, cingendola in una tiara dalla natura deviata per quanto umana. Ed ecco che crederemo di vivere nel migliore fra i mondi possibili, perché le nostre credenze saranno da noi considerate l'efficacie muro in grado di schermarci dal dolore che gli altri ci infliggono; e più lo crederemo più il nostro sangue si riempirà di veleno.

Casey provava compassione per il Lupo. In un mondo in cui la mente di ognuno sarebbe volata alla paura e alla sorte del povero agnello, la sua volgeva all'anima del Demonio. Nonostante il terrore, il cuore che le batteva a mille e l'odore di sangue che le pungeva il naso, Casey non corse a nascondersi. Rimase ferma a osservare la rabbia della bestia scaricarsi sulla gabbia e le sue fauci riempirsi di saliva. La domanda che le frullava nella testa era: perché? Per una persona così curiosa come lei sarebbe stato spontaneo chiederselo - perché un lupo nel castello?, perché delle acromantule finte per i sotterranei?, perché quei simboli? -, ma quel "perché?" che le risuonava dentro era avvoltolato nel dolore. Qualcuno avrebbe detto che si trattava solo di suggestione, e non di empatia. Qualcuno avrebbe detto che gli animali sono governati solo da istinti e che non provano né emozioni né rimorso. Specchiandosi però in quegli occhi famelici, Casey si rivestì dei panni del Lupo provando un immenso dolore, perché dietro tanto odio e tanta rabbia poteva nascondersi solo tanto dolore.
"Perché siamo diventati così?" era la domanda. Poteva essere solo la sua natura di Lupo che lo costringeva ad esser tale? Avrebbe voluto calmarlo, avrebbe voluto fargli intendere che poteva essere tutto diverso, e che tutto questo dolore sarebbe potuto sparire perché esisterà sempre qualcuno in grado di accettarci così come si è.
Le cadde una lacrima, l'ennesima di quella sera, ma per un motivo diverso. Nulla la portò a pensare che si trattasse di una semplice bestia mossa dalla fame e che rivedeva solo se stessa in lui. La trasmutazione dell'anima in qualcosa di nero e trasudante odio tramite il dolore, la profanazione dell'innocenza.
Fece un solo passo indietro, sudata e tremante. Il rumore dei denti contro il metallo, delle sedie che cadevano e i belati disperati dell'agnello le penetrarono nella testa. Il respiro agitato non le permise di dir parola, così come l'incertezza dettata dall'empatia le fece alzare solo di poco la bacchetta verso il lupo, rimanendo ferma.

[Nel Paradiso Perduto Milton raffigura Satana che si contorce di fronte ai piaceri angelici: «non sopportava per orgoglio della vista e si riteneva da essa danneggiata».]
SYNOPSIS
Casey, bloccata dalla paura, si blocca e si rivede nel lupo. Rivede in lui tutta la sua sofferenza e si chiede perché debba essere per forza così. Vorrebbe fare qualcosa per lui e tranquillizzarlo, sebbene il terrore non glielo permette, non capendo che probabilmente rischia la vita e che si tratta solo di una bestia guidata dagli istinti. Non fa azioni, al solito solo ragionamenti mirati alla caratterizzazione del pg.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 65/65 ◾ PM: 88/88 ◾ PE: 4,5


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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Forse ancora segreto all'attenzione dei presenti, si rivelava tuttavia un ordine opportuno dietro ogni scena, e l'una e l'altra andava ad incastro di un piano perfino maggiore; mentre le restanti fiammelle di torce appena accese scivolavano fiocamente sulle pareti, e mentre il gesso disegnato sul pavimento perdeva ogni apparente valore, una coppia - duplice e ambivalente allo stesso modo - sondava ogni azione imminente. Se da un lato Camillo e Casey reagivano diversamente, l'uno a favore dell'Agnello e l'altra profondamente coinvolta dalla figura del Lupo, erano proprio le Creature - dall'altro lato - ad attingere ad un filo conduttore, simbolico e mistico. Lo stesso legame che presto si sarebbe svelato e che di pari passo, istante dopo istante, poneva Mago e Strega di fronte scelte più importanti di quanto potessero credersi di primo acchito. Il candore dell'agnellino si macchiò ancor più del previsto, il rivolo di sangue realizzatosi dalla puntura del sortilegio offensivo precedente si stava espandendo a vista d'occhio: fluido, scorrevole, in crescita peccaminosa, comprometteva così il bianco della lana della bestiolina; quando il Lupo, al di fuori della gabbia, cominciò ad assalirne le sbarre a più non posso, l'esito di ogni cosa fu presto nitido ai pensieri degli studenti. Sotto il peso costante di un animale selvaggio, spinto necessariamente dalla sete di caccia e da una furia che già gli apparteneva, il Lupo non avrebbe potuto fare altrimenti: la prima tacca di ferro cedeva all'ennesima spinta, si piegava su se stessa e infine si spezzava. Allo spiraglio libero, primo tra tutti, una zanna della fiera riuscì a farsi spazio fino a colpire il corpicino dell'Agnello: un taglio netto, deciso, a squarciare una lanugine impreziosita di luce. Il verso della vittima apparve tanto atroce quando fuori da ogni controllo, si portò di scatto all'indietro, cozzando contro la stessa parete della gabbia in cui era rinchiuso; dalle Cucine solitamente piene di Elfi Domestici, tuttavia, non giungeva soccorso e soltanto la consapevolezza di essere di fronte un assalto che non aveva paragoni nell'intero Castello si delineava come considerazione disumana. Si riscontrava lo sguardo temprato dall'odio nel Lupo, lo sguardo invece fertile di timore nell'Agnello, e l'uno e l'altro sembravano ignari di ogni altra cosa, e di ogni altra presenza. Sul pavimento, le diagonali di gesso furono vinte da un bagliore appena soffuso, mentre il sortilegio di Camillo finalmente pietrificava il Lupo in una morsa involontaria; sulle quattro zampe, due attaccate tuttora alla gabbia, la Creatura si immobilizzava - gli occhi velati di rosso restarono in movimento e cercarono, sulla destra e sulla sinistra, la causa di quel blocco repentino. Accadde in un istante, il disegno si fortificava e concedeva una spiegazione iniziale: in basso, le linee bianche disegnate da qualcuno - o da qualcosa - si attivavano come nei corridoi dei sotterranei, poco prima. Si illuminarono sufficientemente per attirare attenzione, fin quando serpeggiarono in un incedere concentrico, al pari dell'intreccio sulle pareti che avevano intrappolato la Serpeverde incontrata. Questione di secondi, nessuna possibile reazione così tempestiva: le liane bianche abbandonarono il pavimento e si mostrarono concrete fino alla punta, salendo sempre più a stringere caviglie e gambe dell'uno e l'altro studente; forti, vinte da un sortilegio più potente di ogni altra cosa, incalzarono fino al busto e cominciarono a stringersi, stringersi ancora, in una morsa di dolore così vivido da far stringere i denti (-25 PS -10 PC -10 PM a testa). Forse un simbolo, forse qualcosa di ancor più sinistro, ma la Stella di Davide si risvegliava dal torpore apparente, e dal pavimento spostava scintille di gesso e stregoneria a più non posso, in ogni direzione. Quando raggiunsero le Creature, l'una ferma e l'altra tuttora imprigionata, per l'Agnello la caduta per la stretta alle zampe fu vivida, per il Lupo invece lo stato pietrificato non gli procurò più sensazioni del dovuto. Le fauci digrignarono e tentarono di spezzare la presa magica, quando ad un tratto il volto cominciò a perdere consistenza, a comprimersi, a colorarsi di nero e di rosso, di rosa e di grigio: la peluria si ritirava, le orecchie si stringevano su se stesse, il cranio si comprimeva come a rimpicciolirsi per davvero. Il corpo mutava, la figura perdeva il manto color della notte, il busto si allungò al pari delle zampe anteriori, mentre quelle anteriori si piegavano a dispetto di ogni pietrificazione. Quando del Lupo non rimase che lo scintillio degli occhi assetati, al suo posto si stagliò - tuttora stretto alle gambe e al bacino dalle liane di gesso - un essere umano, in carne ed ossa: di aspetto giovane, il viso più smunto del solito, i capelli lunghi a scivolare ai lati, l'uomo parve accorgersi per la prima volta del secondo studente, Camillo, a conferma che il poter del Ciondolo fosse appena finito. Aprì la bocca in estremo, fin quando la mascella si ritirò all'esempio comune e la voce - profonda, rauca, sinistra - sussurrò un ordine. «Uccidete l'Agnello o morirete entrambi.»

Aggiornate le vostre statistiche, considerate che siete totalmente bloccati ad eccezione delle braccia. Prossima scadenza: 7 Dicembre, 23.59
 
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view post Posted on 3/3/2020, 20:43
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profano
Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
La bacchetta di nocciolo tremava nell'aria, scossa da violenti spasmi ad ogni morso che il lupo cercava di dare all'agnello. La macchia rossa del suo manto si allargava nell'oscurità della gabbia, come se un'ombra lo stesse inghiottendo; e più si allargava più la sete della bestia di fronte a lui aumentava.
La prima barra di ferro si spezzò, e il cuore di Casey si fermò in un istante. I denti appuntiti falciarono la lana e tagliarono la carne come burro, la macchia rossa si ingigantì di nuovo. La lacrima che le era scesa per compassione verso il lupo era già caduta sul pavimento rigandole il volto, e fu come se il piccolo chicco di speranza rimastole si fosse disperso nella polvere della stanza.
Se Camillo non avesse fatto nulla probabilmente l'animale avrebbe sfondato l'intera gabbia e ucciso la vittima: sembrava che KC fosse stata pietrificata ancor prima di lui. Il Petrificus Totalus andò così a segno, immobilizzandolo a metà fra la prigione e la libertà. Non conosceva quell'incantesimo, nemmeno per sentito dire, e per un attimo pensò che si trattasse di un colpo fatale. Mandò uno sguardo preoccupato al Tassino ma poi, scorgendo le iridi purpuree muoversi nella loro direzione macchiate di strani bagliori, prese atto del fatto che il suo ragazzo non avrebbe mai ucciso nemmeno un ragno - un ragno vero.
Avrebbe voluto credere che fosse finita, almeno quell'insulso teatrino fra vittima e carnefice. Anche solo un attimo di tregua sarebbe bastato, e invece il sospiro di sollievo le si mozzò in gola con un urlo. In mezzo a tutta quella tensione non si era resa conto dei bagliori provenienti dal pavimento. Le linee di gesso avevano cominciato a muoversi come serpenti filiformi. La presa sulle sue caviglie era così forte, così tagliente, da provocarle la nausea. Sentiva quella magia penetrarle nella carne fra le goccioline di sangue bruciando se fosse fatto di fuoco.
«Millo!» gridò sgranando gli occhi sulla Stella di David che aveva preso a scagliare scintille di gesso in ogni direzione. «Dobbiamo fermarlo, aah!»

Riordinare le idee in un'occasione come quella era difficile: la bacchetta veniva tenuta in alto onde evitare che venisse presa dalle liane, i muscoli tesi, il dolore lancinante. Come avevano fatto prima nel grande corridoio dei sotterranei a distruggerle? *E' tutta un'illusione, è tutta un'illusione* si ripeteva come un mantra nel tentativo di ricordare.
Se ci fosse stato solo un attimo di calma forse ci sarebbe riuscita, ma la trasformazione che si profilò davanti ai suoi occhi tolse ogni traccia di ragionamento dal suo cervello. Il pelo del lupo cominciò a ritirarsi, il naso si schiacciava contro il viso e per finire gli artigli e l'intero corpo si deformavano. Il colorito roseo della pelle umana si palesò così come le fattezze di un uomo emaciato piegato verso la gabbia della vittima belante. Casey non aveva mai visto un Lupo Mannaro in vita sua, né aveva idea che cose del genere potessero esistere per davvero nel Mondo della Magia. Il fantasy babbano era la sua unica fonte di conoscenza, ma sul momento le connessioni mentali non erano riuscite a captare quelle informazioni. Osservò incredula la mutazione, fra le urla dell'agnello e il tremendo dolore che provava, e solo una certezza si dipinse nei suoi pensieri: menzogna.
Sotto mentite spoglie quell'uomo li aveva spaventati e rincarato la dose di panico che quella serata gli aveva già destinato; si era fiondato sull'agnello, vittima sacrificale di chissà quale rito; e probabilmente tutto quel teatrino di liane, ragni giganti e gessi era opera sua. Adesso li minacciava persino di uccidere un povero animale indifeso, pena la morte. Ecco che la piccola invertiva i suoi pensieri, ecco che la paura le faceva perdere il filo dei ragionamenti. Sollevò la punta della bacchetta, e dolorante gliela riversò contro.
«Chi sei tu? Ferma tutto questo, bugiardo, altrimenti ti uccideremo noi!»
Nell'isteria del momento solo dopo aver detto quelle parole KC pensò che forse non si trattava di una minaccia, bensì di un avvertimento. Se con la sua intuizione iniziale ci aveva visto giusto, proprio per il fatto che non erano stati attaccati per primi, forse non era l'ex-lupo il loro problema. In quel breve frangente di lucidità finalmente quanto stavano vivendo cominciava ad avere una parvenza di chiarezza.
Si voltò verso Camillo, che tramite il suo sguardo eloquentemente spaventato ma con ancora un briciolo di tenacia avrebbe capito le sue intenzioni. «Insieme!» gli disse, e gli puntò il Nocciolo alle caviglie. Il ricordo della Serpeverde avvolta nelle liane arroventate le tornò chiaro nella mente, proprio come il dolore che stava provando. *E' solo un'illusione e va cancellata. E' solo un'illusione, e come ogni illusione NON ESISTE* continuava a ripetersi. Ciò che desiderava nel suo profondo era vedere l'amato libero da quelle catene, rendergli possibile un'azione se non la fuga prima che la minaccia - o l'avvertimento - dell'uomo-lupo si realizzasse. Nella sua mente il bianco luminescente del gesso si sarebbe dissolto lasciando intravedere solo il tessuto scuro dei calzini di Camillo, con stampato sopra il piccolo tasso della sua casata. Roteò il polso con foga recitando la formula magica che li aveva salvati per più volte durante quella serata: «E-VA-NESCO!»
SYNOPSIS
La ragazzina cambia atteggiamento nei confronti del lupo non appena vede la sua trasformazione in uomo. Non essendo a conoscenza dei lupi mannari gli sembra solo un bugiardo, un mascherato che ha appunto a che fare con la trasfigurazione, dunque l'artefice di tutti quei disastri. Nel panico e nel dolore questi sono i suoi pensieri. Tuttavia arrabbiandosi intravede un'ulteriore soluzione: forse quella dell'uomo non era una minaccia, bensì un avvertimento, e si appronta a castare un Evanesco alle caviglie di Camillo per liberarlo.
Ferite alle caviglie provocate da liane magiche.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 96/121 ◾ PC: 55/65 ◾ PM: 78/88 ◾ PE: 4,5

 
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view post Posted on 12/3/2020, 20:39
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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profano
Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.La situazione delle cucine si stava rivelando alquanto bizzarra. Dal momento in cui i due studenti avevano messo piede all’interno della stanza, seguendo successivamente tutto lo svolgimento degli eventi, Camillo non aveva smesso per un istante di dubitare della propria sanità mentale. Stentava a credere che, lo stesso tizio che aveva scatento l’invasione di ragni all’interno del castello, si fosse poi messo ad architettare uno spettacolino per intrattenere quei poveri sfigati che si fossero intrufolati laddove colazione, pranzo e cena divenivano realtà. Di questo passo, si era detto, ad ogni sala, saletta e salotto della scuola sarebbe stata elargita la propria dose straordinaria di trash serale. Insomma, l’aracnomante aveva fatto le cose in grande!
Con il lupo momentaneamente fuori gioco e l’agnello più o meno in vita, Breendbergh non aveva perso tempo per spostare la propria attenzione sull’ambiente circostante. Non ragionava sul significato simbolico degli elementi con cui era entrato a contatto; le due creature in netta contrapposizione nell’ambito dei loro ruoli, le stelle di David e tutto il resto raccontavano una storia che sapeva di non poter comprendere appieno. Il rischio di essere fuorviato dalle proprie teorie strampalate era talmente concreto da rendere necessario il pisolino della ragione. Al contrario, il babbeo aveva preferito di affidarsi al proprio istinto. Ragionava di pancia, lasciando che le emozioni carburassero, acuendo i sensi; la rabbia viscerale che nutriva, nello specifico, gli imponeva di sbrigare ogni questione presente e futura in tutta fretta, al solo fine di incontrare l’unica valvola di sfogo che gli avrebbe permesso di distendere i nervi. Già pregustava il momento in cui le nocche della destra si sarebbero finalmente congiunte con le arcate dentali di quel trifolco in vena di rogne. Ormai erano in cima alla lista delle cose da detonare.
Lo sguardo catturò il primo bagliore. Nonostante gli sforzi per cancellare le linee di gesso e seppellire ciò che ne restava sotto al fango, queste si erano attivate. Cattive notizie. La scena vissuta nei corridoi si stava ripetendo, questa volta - per grazia divina - senza l’incendio a prender parte alla recita. Non che ciò rendesse la minaccia trascurabile, ma poteva considerarlo come una sorta di progresso, almeno per quanto riguardava il proprio benessere e quello della sua amata. Le liane non avevano perso occasione di staccarsi dal suolo.
Camillo venne avvolto dalle stesse, che come serpenti costrittori salirono dalle caviglie fino a raggiungere il busto, perpetrando una morsa che non lasciava via di scampo, in virtù della loro crudele natura. Quel sortilegio irritava l’olandese non solo a livello fisico, il dolore era infatti vivido ed accompagnato da piccoli spasmi che coinvolgevano il corpo intero, ma anche a livello mentale. L’immagine della ragazza stritolata ed in fin di vita venne immediatamente ripescata dalla memoria, alimentando l’ennesimo impulso omicida della serata. Lo studente non sarebbe riuscito a sopportare di vedere Casey, così come qualunque altro abitante del castello, in quelle condizioni. D’istinto sollevò le braccia per potersi garantire il lancio di un incantesimo nell’immediato futuro. Prima le cordicciole, poi il lupo, al che avrebbe fatto saltare la porta e si sarebbe finalmente diretto alla ricerca delle gengive del mentecatto per eseguire una chirurgia d’urgenza. Il piano si delineava nella sua semplicità, in un susseguirsi di obiettivi ordinati.
Serrò le mascelle, cercando di ignorare la sofferenza, cosicché la concentrazione non venisse a mancare nel momento del bisogno. Ancora sotto assedio, distratto dalle liane, Camillo finalmente si accorse della trasformazione di Fido da animale ad uomo. Per forza di cose, Breendbergh era a conoscenza dell’esistenza di maghi in grado di mutare in animali, anche se non aveva mai indagato seriamente sulla questione; immaginava che per mezzo di qualche incantesimo o pozione fosse possibile cambiare aspetto, del resto nel corso della sua permanenza ad Hogwarts ne aveva viste di cotte e di crude. Non si soffermò a ragionare sulle cause di quanto appena accaduto, ma si limitò a constatarlo silenziosamente, mentre dentro di sé malediceva silenziosamente l’aspirante Teen Wolf.
Pessima scelta, quella di minacciarli. Dubitava si fosse limitato ad avvisarli, dal momento in cui egli stesso aveva preso le distanze dall’ipotetico destino descritto.
«Senti vaf#@*!%&o, ok?» Non perse tempo ad insultarlo. Il lupacchiotto, per inciso, aveva diversi motivi per andarci. Il primo era che, se tanto ci teneva ad uccidere l’agnello, poteva farcela benissimo da solo. Il secondo era che il cibo non andava sprecato, era irrispettoso. Ultimo, ma non per ordine di importanza, a Millo - così come a Casey, a giudicare dalla ramanzina - stava sulle gobbiglie per una serie infinita di ragioni e se ci teneva alla propria incolumità, era bene che si desse alla latitanza in quella meta esotica suggerita dall’olandese. Le linee di gesso non lo avrebbero salvato in eterno, prima o poi i due farlocchi se ne sarebbero sbarazzati e nemmeno i meteorologi avrebbero potuto prevedere l’intensità della tempesta di cazzotti che gli sarebbe piovuta sul cranio. «Oppure dacci una zampa» *che volevamo solo farci un panino con la mortazza e la situazione ci è sfuggita di mano.*
Insieme. Breendbergh si era poi voltato verso Casey, evitando lo spreco di altri istanti preziosi. Il richiamo all’ordine era stato accettato e la forte intesa che condividevano gli aveva permesso di cogliere al volo le sue intenzioni. Il Prefetto, come già successo nei corridoi, voleva far scomparire le liane. Considerato l’ingombro, si trattava di un lavoro per due persone. Annuì con decisione.
Il braccio destro impugnava saldamente la bacchetta, sollevato rispetto al resto del corpo per rendere difficile alle liane di raggiungerlo. Le gambe, così come i fianchi, erano bloccati, stretti a tal punto da non poter essere mossi. Si trattava di una posizione scomoda, ma cercò di mantenere una postura più o meno salda e si mosse rapido, cercando di non pensare al male che quelle stringhe dannate gli causavano. Puntò il salice contro le linee che stritolavano Casey, creando l’immagine mentale della sua fidanzata libera da ogni sorta di impedimento. Aveva visualizzato la geometria immacolata come un unico insieme, che partiva dalla base e si estendeva fino alle sue estremità; un blocco unico che comprendeva le stelle tracciate sulle superfici, e si propagava fino alla punta delle liane. Era su quest’ultima parte che si era focalizzato, nello specifico, ma l’ambizione di estirpare il sortilegio sin dalle sue radici gli aveva permesso di delinearlo nel suo insieme, come un elemento di disturbo unico, tangibile, che andava estirpato dalla realtà. Prima la geometria era concreta nel mondo sensibile e tutto d’un tratto cessava di esistere - questo almeno dentro i confini del proprio cranio.
«E-VA-NESCO» L’olandese pronunciò con decisione la formula, mentre il polso compiva dei movimenti circolari a ripetizione e permetteva al Salice di seguire a ritroso la forma allungata delle fibre di gesso. Priorità assoluta a Casey, doveva svincolarla, poi avrebbe potuto pensare al resto. Sapeva esattamente cosa fare, ogni passaggio era ormai stabilito.
SYNOPSIS
Camillo osserva ciò che sta accadendo e decide di affidarsi all’istinto. Fa dei progetti a breve termine, poi, come Casey viene attaccato dalle liane. In quel momento si rende conto che il lupo si è trasformato, gli offre la possibilità di aiutarli e intanto tenta di lanciare un Evanesco per liberare la sua fidanzata. Accade tutto in fretta, anche se i tempi della narrazione traggono in inganno.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 180/220 ◾ PC: 151/161 ◾ PM: 189/199 ◾ PE: 19



Scusami infinitamente Masterello bello, ho avuto un periodo devastante. Ora che sono a casa - e anche quando riprenderò il lavoro - non sarò più nella stessa situazione, quindi potrò concentrarmi sulla quest. Scusa scusissima ancora, mi rendo conto dell’immenso ritardo e del disagio causato.
 
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33 replies since 6/4/2019, 08:27   1022 views
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