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Ekaterina ObraztsovaRussia▴87 anni▴Purosangue▴Neutrale Malvagia▴Ministeriale V LivelloGli occhi si alzarono dal foglio che stava graffiando con la penna e si fissarono, calmi, quasi pacificatori, sul volto della giovane che le stava davanti. L'aveva ascoltata mentre, già immaginandosi, abboccava all'amo. Non si cullava, sapeva che era un piccolo passo, che i giovani son volubili e avrebbe dovuto legarla a sé, imbrigliarla nella propria tela. Al vederla cercare di divincolarsi si sarebbe avvicinata, l'avrebbe stretta a sé per passarle il veleno e immobilizzarla. Ma non era ancora il tempo, la giovane svolazzava ancora spensierata.
"On n'attrape pas les mouches avec du vinaigre" * pensò tendendo le labbra in un sorriso d'incoraggiamento.
« Non penso proprio sia al di sopra delle sue capacità » ribadì « Anzi, potrebbe trovarlo fin noioso » e sorrise, come schernendosi. Notò il guizzo di interesse balenare sul volto della giovane « Beh, certamente gli appunti di mio marito farebbero gola a molti, ho pensato a lungo di donarli a Durmstrang » gettò nuovamente lo sguardo sul piccolo foglio, coperto dalla sua criniera candida e dalla copertina rigida simile a quella di un astuccio per il libretto degli assegni. L'aveva pensato, certo, ma non l'aveva mai fatto: preferiva tenere per sé le cose di un certo valore. Accumulatrice compulsiva di conoscenze e di informazioni, di persone di valore o di utilità, Ekaterina non aveva mai pensato seriamente di lasciar sfuggire dalle proprie mani il fulcro della sua influenza: usando come arma di ricatto la propria ricchezza, in documenti e fondi, faceva cadere, nelle conversazioni, qui e là un "in futuro potrei lasciare" così da far gola a chiunque volesse avere ciò che lei deteneva. Così la coccolavano, la vezzeggiavano pensando di lisciare il pelo, di tenersela buona; su questo contava e proprio su queste vuote promesse e, altrettanto vuote, speranze si reggeva l'esile figura della donna.
« Ci penserà mio figlio a tempo debito, per ora rimettiamoli in sesto » tagliò corto, come di consueto.
L'anziana scribacchiò per qualche istante e poi poggiò la penna dopo aver avvitato nuovamente il tappo a coprire il pennino. La stilografica dall'aria pesante si poggiò con un tonfo sul tavolino. Ekaterina strappò con gesto risoluto la carta dal taccuino e la piegò a metà.
« Sarà la benvenuta » le disse « e sono anche disposta a mandare una lettera per giustificare la sua assenza, così nessuno starà in pensiero. » poi, poggiato il foglietto alla propria destra, cominciò a riempire nuovamente la borsa con criterio e garbo. Iniziò infilando il pacchetto di sigarette, seguì l'astuccio di pelle nera contenente il suo fidatissimo binocolino da teatro poi gli occhiali ed infine il programma della pomeridiana.
« Faremo quando sarà disponibile… » disse laconica, facendo eco alla progettualità della ragazza « Io conterei di partire per fine luglio per la stagione di riposo, per quanto breve, che mi vedrà tornare per fine settembre, salvo imprevisti. » trasse un respiro prima di continuare « Conterei dunque di concludere per allora il nostro lavoro, visto che la casa verrà chiusa dopo la mia partenza » Pensò con una certa trepidazione ai dolci colli romani, al caldo torrido rinfrescato da aperitivi ghiacciati. « Considerando tutto possiamo anche concepire finisca il lavoro nei giorni durante i quali si procede alla chiusura della casa, normalmente dura una settimana. Ma mi spiacerebbe pensarla assediata dalla servitù che spolvera e copre i mobili. » L'anziana donna si alzò traballante, lisciandosi il tailleur. « Voglio sperare che la benevolenza che la mia famiglia ha sempre usato con il Signor Sinister venga da lui, in quest'occasione, ricambiata nel non negarmi un favore così piccolo. Lo facesse, se fossimo inclini, potremmo risentircene. » pronunciò con una calma incombente, con una nonchalance signorilmente intimidatoria. Quel "risentircene" covava una minaccia serpeggiante, segretamente vuota ma nondimeno volutamente temibile, che voleva parer di abbattersi sull'uomo che avesse osato mettersi di mezzo.
« Mia cara » fece facendo scorrere l'orologio d'oro con cinturino in pelle da sotto la manica per fissarlo di sfuggita « Il suo tempo e prezioso ed io sono attesa altrove: non è il caso che trascuri i suoi impegni per star troppo dietro a me, ha già fatto molto ed io le sono obbligata ancor più di quanto sappia e possa dire » tese le labbra in un sorriso cerimonioso mentre indossava il soprabito e attorcigliava un foulard di seta a coprirle il collo secco. « Credo che da ora, per quelle poche informazioni che servono, ci si possa consultare per lettera » spinse il foglietto che aveva scritto verso la giovane « Questo è il mio indirizzo personale, mi scriva senza titubanza alcuna. » poi cercò lo sguardo della giovane, cercando di essere più chiara possibile « Non abbia timore, sarà sempre ospite gradita e attesa »
Detto ciò si incamminò sorridendo verso l'uscita mentre osservava, ondeggiando la testa nell'aria come fanno taluni serpenti, l'intero locale. Svanì nella pioggia serale.
Era soddisfatta, Ekaterina, si sentiva trionfante. Un tempo, per festeggiare una situazione come questa, sarebbe andata a trovare il padre costretto nella sua cella buia. Gli avrebbe raccontato tutto spegnendo, una ad una, le sigarette sulla sua pelle bianca e sporca. Nel deserto artico delle sue incertezze, questa svettava come una piccola bandiera rossa: una vittoria. Non si sarebbe cullata tra gli allori, non avrebbe abbassato la guardia, certamente, ma era da contarsi. Il padre di Ekaterina, però, non era più avvicinabile, forse non era nemmeno più vivo, non sapeva e non aveva voluto sapere degli ultimi capitoli della storia di Hans Ehrbert, al secolo Sergeij Obraztsov. La donna se ne andò canticchiando, tra sé, alcune parole del lieder di Shubert:
"Ich bin nicht wild, Sollst sanft in meinen Armen schlafen!"**
E ancora non sapeva se fosse lei Morte o Fanciulla.
Code & image by Keyser Söze. * Non si catturano le mosche con l'aceto **Non sono cattiva, dolcemente dormirai fra le mie braccia!
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