Nel buio annegava, in un perpetuo discendere. Il corpo leggero affogava in un oceano di seta fluttuante, incapace di raggiungere materialmente il fondo. Era pace e tormento, una vertigine infinita. E se davvero la Morte non fosse poi stato altro?
Un lento abbandono, l'attesa del fondo, e del sollievo che mai sembrava giungere.
Il corpo sussultò ribelle, spaventato da quella terribile visione. I polmoni cercavano ossigeno, gli occhi la luce, ma per quanto si sforzasse di inviare i giusti stimoli si sentiva bloccata in quel corpo molle e abbandonato. Le palpebre erano pesanti, e le iridi al di sotto di esse graffiavano la pelle delicata come fossero pure schegge vitree. Annegava, come negli incubi che la svegliavano di soprassalto la notte, ma non faceva altrettanto paura. Bramava ossigeno, ma non respirava comunque acqua. Stava letteralmente annegando nell'aria, poteva sentire la sua pressione tapparle le orecchie, renderle pietra ogni muscolo. Eppure era come un abbraccio familiare, un vento caldo che avvolgeva il suo intero corpo, le sfiorava il viso con rassicurazione accompagnandola verso il nulla. "
Devi andare giù" si girò, lenta e cieca, verso l'oscurità chiedendosi di chi fosse quella voce. Era il mare, o l'oblio? La conosceva, era familiare, come il vento tiepido che continuava a percepire sul proprio corpo.
"
Devi andare giù" Non che avesse poi molte alternative, persa come pulviscolo in una grande soffitta ingombra, intrappolata tra il tempo immobile e un fascio di luce ambrata. Non era facile definire cosa fosse sopra e cosa sotto, se stesse realmente scivolando verso il basso oppure risalendo verso il cielo notturno.
Andare giù era un indizio a metà.
Fortunatamente il suo corpo, fuori da quella dimensione perduta, ricevette con più prontezza il messaggio. Il braccio ancora incolume, ricercò quel poco di forza che bastava per sottrarsi alla presa del vampiro, fino a lasciarsi cadere sulla schiena. Ci vollero alcuni secondi prima che il sangue tornasse ad ossigenare il cervello, e almeno qualche minuto prima di ricominciare a percepire in parte gli arti. Insieme alla percezione tornò vivo il dolore, e ancor più netta la consapevolezza. Ma era troppo stanca per rimettere a posto ogni singolo pezzo sulla scacchiera, e decidere quale fosse la mossa corretta nel proprio turno. Rabbia, orrore, disgusto, vergogna, vorticavano le une sulle altre senza un ordine preciso. Voleva riposare, anche su quelle sudicie assi malconce, erano stabili sotto il suo peso e tanto bastava a farla sentire tranquilla. E viva.
Continuava a sentire vivido l'odore del sangue, pregno sul legno e sui tessuti dei loro abiti, scivolava denso fra le dita della sua mano, mentre in altri punti si era seccato facendo tirare la pelle. Aveva un odore inaspettato, forse perché era il suo e non quello di una preda. Ne aveva perduto troppo, sapeva che quella stanchezza innaturale poteva portarla alla morte. Non poteva fare affidamento sul proprio corpo, l'unica opzione rimastale era anche la meno gradita.
-
Riportami al castello, in infermeria. Me lo devi - disse al vampiro con un filo di voce, e uno sguardo indurito fra le ciglia socchiuse e stanche. Accettare l'aiuto del proprio carnefice, esponendolo in prima persona alle conseguenze delle sue azioni le sembrava una punizione tutto sommato giusta. Eppure, per quanto bestiale e inumano quell'atto fosse stato, la sua Natura agiva in maniera completamente opposta. Era come se comprendesse, per empatia, quel bisogno, quella bramosia. E per questo non riusciva a imporre una reale colpa alla faccenda.
Mentre il ragazzo la aiutava a risollevarsi Mya lo fermò un istante, allungando nuovamente la mano funzionante verso il pezzo di ceramica che aveva usato poco prima. Le dita rischiavano di perdere la presa da un momento all'altro, doveva fare in fretta o avrebbe perso la determinazione. Lasciandosi sostenere dalle braccia del vampiro la tassorosso portò il filo tagliente del coccio vicino al polso, all'altezza dei buchi lasciati dal morso. -
Dovrai muoverti in fretta, ma non c'è altro modo per nascondere quel che è successo - La notizia di un vampiro ad Hogsmeade avrebbe allertato le autorità, dando per certo il via ad una caccia serrata. E per quanto offuscata dalla debolezza fisica, la sua mente sapeva che non poteva venirne nulla di buono, per il castello, per Nathan, per lei.
La lama improvvisata ferì la pelle ancora intatta, aggiungendo un nuovo dolore al pungente fastidio del morso precedente. A denti stretti proseguì il taglio lacerando in diagonale entrambi i segni e camuffandone l'aspetto, con una ferita quasi banale e sbadata -
Come hai fatto a sopravvivere fino a questo giorno io non... - sogghignò con fare di sbeffo prima di lasciarsi di nuovo annegare nel silenzio del Nulla.