Shedding skin, Privata

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view post Posted on 2/6/2021, 18:24
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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YoxzSAP
Tempo e spazio erano sfumati in una tenue tinta di sfondo a pennellate leggere e appena appena percepibili. Prestando attenzione, Niahndra avrebbe potuto distinguere una parte remota della sua mente —quella che le permetteva di non perdere mai completo controllo sulla realtà— tentare di ricordarle che avrebbe dovuto trovarsi da qualche parte, ma si trattava di una protesta troppo debole. La bolla che le avvolgeva resisteva alle pressioni esterne, accalcate al confine, intruse in quell'angolo di mondo riservato solo a loro.
Trattenne il respiro, colta in fallo, quando Eloise sottolineò la sua scelta di parole. Un miracolo, aveva detto. Come aveva fatto a lasciarselo sfuggire? Perché si era trattato di un errore, quello era certo, un temporaneo scivolone da imputarsi al sollievo che aveva provato allora. E che era durato poco.
«E dopo vi ho intrappolati tutti in un ciclo continuo di sofferenza attivando la runa nel calderone.» Rammentò fermamente decisa a non mostrare a sé stessa la minima indulgenza. «Anche quello è stato merito mio.» La derisione in quella mezza risata sarebbe stata sufficiente a tradurre il merito in colpa. Un buon esempio di quel che poteva succedere quando si muoveva alla cieca giocando con abilità che non comprendeva.
Quella che Jera aveva mostrato si era rivelata nient'altro che un'illusione, ma le sue implicazioni —i sentimenti e i pensieri che aveva scoperchiato— erano quanto di più vero Niahndra avesse mai sperimentato. E la loro portata le aveva tolto il respiro.
Cosa avrebbe fatto se lo scenario fosse stato reale? Una domanda che aveva cacciato in un angolo remoto del suo animo, pregando di non doverlo mai scoprire. Finché fosse rimasto nascosto nelle pieghe più buie di lei, finché quella consapevolezza non avesse conosciuto la luce del sole, Niahndra avrebbe potuto ignorarne l'esistenza.
La mano ebbe uno spasmo. Sentiva ancora il tocco fantasma delle dita di Eloise, voleva indietro quel calore.

Penso che tu sia spaventata.
La terza verità prese forma tra le labbra di Eloise con una tale delicatezza che Niahndra poté solamente farsi da parte e ammirare il modo in cui fece breccia nella ruvidezza di cui si ammantava. Non oppose resistenza, non stavolta; si godette la contorta soddisfazione di sentire gli spigoli dentro di lei stridere e lamentarsi, taglienti com'erano quando non si sforzava di smussarli. Si era tenuta tutto stretto così a lungo da non riconoscere neppure che forma avesse la sua vulnerabilità.
Eppure, perfezionato un inganno, si attende il momento in cui esso viene svelato. È nelle crepe, in fondo, che filtra la luce.
In quella danza di spazi e distanze, Niahndra allungò di nuovo il braccio e tra le dita intrappolò un lembo della camicia di Eloise. Tirò gentilmente per attirarla a sé e quando fu soddisfatta colmò la misura posando la fronte sulla spalla di lei.
«Sono terrorizzata.» Confidò alla curva del suo collo.
Il dubbio di aver osato troppo la sfiorò per un istante prima di dissolversi. Non avrebbe potuto fare altrimenti neanche volendo. C'era un che di convalidante nel sentire la Lynch pronunciare quelle parole, come se dette da una persona esterna acquisissero maggiore validità. Erano una carezza gentile che per qualche minuto le permetteva di legittimare il proprio dolore senza doversi sforzare di tenere insieme i pezzi.
Era egoista? Probabile.

Tu accetteresti?
«Senza pensarci due volte.» La risposta uscì con facilità. Aveva riprodotto quello scenario centinaia di volte nella sua mente, una fantasia in cui indulgere prima di andare a letto —una di tante.
Si stupì di non provare vergogna a quella confessione. Se c'era una cosa che aveva sempre visto molto chiaramente erano i suoi difetti.
Espirò con calma, la testa ancora appoggiata sulla spalla di Eloise. «Ma non è un'opzione. Quindi suppongo di dovermene fare una ragione.» Non c'era alcuna "vita di prima" alla quale tornare e per quanto fosse ingiusto le cose stavano così.
Era difficile digerire il punto di vista della rossa. La costringeva a fermarsi e guardarsi dentro per il tempo necessario a capire di non poter continuare per quella strada, non così. Era la scomoda consapevolezza di chi sa che deve cambiare, che deve essere migliore di come è.
«Ugh, da quando sei così saggia? Sembra ieri che ti divertivi a infestare il terzo piano con Lovelace.» Brontolò.
Era una bastarda egoista, si disse. Ma forse non era così malmessa da non poter rimettere insieme i pezzi ancora una volta e restituire alla propria figura una parvenza umana. Per una buona ragione.
And in the spring I shed my skin
And it blows away with the changing winds.
 
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view post Posted on 8/7/2021, 17:36
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Una goccia d’acqua non fa danni, se cade solitaria e leggera. Ma quando inizia a scivolare giù costante e ripetitiva, a colpire la stessa pietra e stagnare sulla stessa superficie, compie un lavoro di paziente e corrosivo. Il logorio lento di un’unica falda può generare crepe profonde, inguaribili, e spaccare il più duro dei minerali.
Il flusso d’acqua che colpiva e logorava Niahndra non aveva valvole di sfogo, e sembrava destinato a provocare spaccature inguaribili. Andava orientato costruendo dighe, ponti e argini capaci di domare quel fiume prima di un’inondazione, andava accompagnato gentilmente verso il mare.
Automaticamente, Eloise sollevò le braccia per stringere l’amica in un abbraccio, e affondò il naso nei capelli corvini: cercava di tenere insieme i pezzi danneggiati dalle prime crepe con i pochi strumenti che aveva a disposizione. Si accorgeva, a valle di tutto, che Niahndra non era un tipo vulnerabile. Era umana, ed era ferita: le sue fragilità erano emerse a suon di calci e dolore. Chi avrebbe potuto reggere con tanta forza, nei suoi panni?
Non riusciva comunque a comprendere, Eloise, quel desiderio di vedersi sottrarre un’abilità così speciale. Sapeva benissimo che speciale non poteva significare soltanto il poter fare una cosa incredibile, che avvolgeva una sfera molto più ampia di una singola abilità, ma - se non faticava ad assegnare quell’attributo all’amica - sentiva che senza l’Aria sarebbe stata spezzata, snaturata, incompleta. Non avendo provato il dolore della mora poteva concedersi il lusso di fantasticare sui vantaggi del fenomeno e intravedere, solo da lontano, che forse era proprio l'essere dotata di quell'abilità a far sentire Niahndra spezzata, snaturata, incompleta.
Quel che poteva fare era provare a sforzarsi e mettersi nei suoi panni. Nel ripercorrere gli eventi che avevano portato alla radura del calderone, riuscì a trovare una connessione nascosta con le parole di Niah. Avevano iniziato a parlare della gita giallonera per esplicitare certe dinamiche, ma la Lynch aveva scovato un dettaglio utile anche nel flashback vivido delle malefatte di Bendigeidfrân. «Quello che senti ha qualcosa a che vedere con quello che abbiamo provato durante la visione a Cadair Idris?» Sussurrava gentile, senza neanche rendersene conto. I ricordi di quegli eventi le erano rimasti incisi all’interno delle palpebre. Sentiva ancora la disperazione bruciante, i lamenti supplicanti, la paralisi dell’impotenza, il cigolio delle catene. «Almeno, a livello di impressione.» Aveva capito che non c’erano visioni, nelle frequenze di Niah, ma forse poteva riuscire a ripescare nei fenomeni conosciuti qualche connessione con le sue sensazioni.
Raddrizzò leggermente la schiena quando il tono del discorso si alleviò, lasciando scivolare via tante domande che avrebbe voluto ancora porre. Avrebbe voluto scoprire quali erano stati gli eventi scatenanti che l’avevano condotta a scoprire quell’abilità; avrebbe voluto chiederle se aveva fatto dei tentativi per capirla meglio, per sollecitarla, per arginarla; avrebbe voluto sapere se ne aveva mai parlato con altri. Lasciò che la brezza le portasse via, certa che prima o poi ci sarebbe stata l’occasione di approfondire l’argomento. «Allora eviterò di spiegarti cosa succede se passi davanti alla statua di Gregory il Viscido alle 17.37 del giovedì.» Ghignò tra le ciocche, compiaciuta di quello che considerava uno dei suoi capolavori meglio riusciti.
«Sono certa che ci riuscirai, comunque. Un passo alla volta.» Bastarono quelle poche parole a trasformare la spiccia constatazione di Niah in un impegno concreto, e la Lynch ne era ben consapevole. Era un colpo basso, ma dovuto. Quel passo alla volta era lo stesso modo con cui voleva processare quel che Niah le aveva dimostrato poco prima con il suo bacio. Sciolse l'abbraccio gentilmente, aggrappandosi alla necessità di non forzare le cose prima di averle comprese. «Io sarò qui.» La fissò negli occhi, il verde nell’azzurro, imprimendo nello sguardo una promessa di fedeltà che prescindeva i termini di definizione del loro rapporto. Sapeva di non essere l’esperto di cui Niah aveva bisogno, ma voleva che si ficcasse bene in testa di non essere sola ad affrontare quel nemico.
Sì, la Alistine aveva ragione: era diventata sorprendentemente saggia.

I’ll dust up the days 'til I’ve gone every way

 
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view post Posted on 6/8/2021, 16:09
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Nel momento in cui le braccia di Eloise si chiusero intorno a lei, Niahndra esalò un lungo sospiro che si tirò dietro gran parte della tensione che si era annidata nei suoi muscoli fino ad allora. Si abbandonò più pesante di quanto non intendesse, frastornata dalla confortevolezza di quella vicinanza. Una parte di lei aveva temuto fino all'ultimo di essere allontanata e in quel momento si vergognò del poco credito conferito all'amica.
Permaneva una certa resistenza di fondo che le impedì di affondare completamente nell'abbraccio; un meccanismo difensivo difficile da abbandonare dopo tutti quegli anni. Era un modo come un altro di abbassare le proprie aspettative per prevenire eventuali delusioni successive.
Né, parimenti, avrebbe potuto permettersi di leggere in quel momento più del dovuto. Per quanto negli anni si fosse man mano abituata a condividere il proprio spazio personale con Eloise, quel tipo di contatto —ricercato, deliberato— continuava ad apparirle come un tabù; prendere l'iniziativa le procurava una vertigine tutta particolare che avrebbe fatto bene a tenere a bada.
*Ancora dieci secondi*, fu il tempo che si dette. Era una tecnica che adottava spesso, soprattutto quando si sentiva prossima al sovraccarico o particolarmente vulnerabile agli episodi d'ansia. Si concedeva una finestra molto limitata per dare sfogo a qualsiasi cosa le gravasse e poi fine, continuava con la giornata. Applicava la medesima regola alle debolezze.

I want to feel your wreckage, it's a firestorm
I'm falling like a loaded weapon in your arms.
Paranoid it might be reckless, no matter what I say
It's only going to steal your breath and slip away


Quella posizione offriva il vantaggio innegabile di non dover sostenere i vispi occhi indagatori di Eloise mentre le poneva quel genere di domande.
Trovatasi molto spesso a vestire i panni di confidente inaspettata, Niahndra non aveva mai avuto particolari problemi a sostenere lo sguardo delle persone nemmeno quando gli argomenti si facevano scomodi; anzi, tendeva a rimanere immobile e concentrata, dando l'impressione di oltrepassare le pupille e fissare direttamente l'anima. Quando però era lei a dover aprirsi, gli occhi iniziavano a pizzicarle e le era impossibile tenerli fermi per un confronto, rimbalzavano ogni dove pur di non posarsi sull'interlocutore.
Si prese un attimo prima di commentare il paragone tra le sue abilità e la visione scatenata dalla runa del calderone. Non perché le mancassero le parole o il coraggio, bensì per l'esatto opposto. Sarebbe stato così facile risponderle, assuefatta da quella meravigliosa sensazione di essere compresa, che si spaventò della facilità con cui le parole le salirono alle labbra.
Era qualcosa, si rese conto, alla quale avrebbe potuto abituarsi: l'intuito guizzante di Eloise, la sua visione tutta particolare del mondo, l'ingegno dinamico con cui scovava collegamenti a lei altrimenti nascosti.
Ma a quale prezzo giungeva la comprensione?
«Qualcosa del genere—, finì col dire —tra il senso di impotenza e sofferenza generalizzata. Di rado è così limpido però.»
Sarebbe stato così semplice —ora che aveva avuto un assaggio— continuare a vomitare parole, ricercare compassione, attingere dalla vibrante energia di Eloise; ma neppure Niahndra era così egoista da desiderare più di una piccola parentesi temporale prima di tornare alla realtà.
L'ultima cosa che avrebbe voluto era appesantire le persone a cui teneva con un fardello che apparteneva solamente a lei. Perciò centellinava con cura le parole e lasciava andare solo quelle che minacciavano di bruciarle la lingua.

I don't want to dive in first
You don't want to hear these words
It's only going to make it worse
You don't want to live that curse


Ricorrere al conforto dell'ilarità era stato un meccanismo istintivo, un'esigenza che era certa avrebbe incontrato il favore della Lynch.
Rise piano alla sottile allusione a fatti più o meno illeciti che ì, era certa, avevano la firma della rossa. Per quanto avesse l'impressione di conoscerla, erano altrettante le cose che ignorava. E andava bene così, viveva di chiaroscuri.
Si avvicinavano alla conclusione, o ad un inizio; indipendentemente dal punto di vista, poteva avvertire il cambiamento nello spazio circostante. Era la stessa nota malinconica che caratterizza le tre o le quattro di notte, quando suoni e pensieri si fanno ovattati ed il cuore batte più leggero; la pelle è ancora ruvida e scoperta per quel tipo di onestà che solo il buio ha il diritto di pretendere ed il cielo trattiene l'alba per il tempo necessario a raccogliere sé stessi e infilarsi nel letto, ancora vulnerabili, ancora sensibili.
Eloise la lasciò andare col medesimo garbo e Niahndra scrollò piano la testa ciondoloni prima di prendere posto davanti a lei; la distanza tra loro le regalò acuta consapevolezza della vicinanza precedente.
Si fece strada sul suo volto un sorriso rilassato, una sfumatura stranamente soddisfatta all'angolo della bocca. Le guance pizzicavano di timidezza mentre buttava fuori l'aria. «Grazie.»
Poi, come avesse preso improvvisa coscienza di sé tornò padrona dei propri lineamenti. Era stata una parentesi, nulla di più. Giusto?
Si chiedeva adesso come scivolare di nuovo nella normalità e assumere da capo i reciproci ruoli. Era possibile, persino?
Non per lei, dovette ammettere; ma era un problema di cui si sarebbe fatta carico in solitaria più avanti.
«Andiamo, O'Farrell non può resistere a lungo senza rendermi la vita un inferno.»
Sapeva che fosse sbagliato, ma per qualche strana ragione non riusciva a smettere di sorridere.
*Ancora cinque secondi,* fu il suo ultimo pensiero.

You're telling me to keep my hope
Cause you've got a heart of gold
But maybe you should let me go
I'll love you through a periscope

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view post Posted on 13/12/2021, 09:24
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Scivolò indietro come un osservatore che vuole mettere a fuoco il paesaggio dopo essersi concentrato su un dettaglio. Al centro dell’inquadratura c’era una creatura che conosceva da tempo, che si era evoluta, ma che ancora non aveva compreso del tutto.
Le situazioni in cui Niahndra si era ritrovata invischiata la trascinavano in basso e la ancoravano a terra, caricandole le spalle di un fardello di pesantezza troppo oneroso per un’adolescente. L’assenza di una famiglia amorevole, la vita all’orfanotrofio e ora questo dono infausto sembravano imporle di guardare verso il basso. Influenzavano la sua visione del mondo, le permeavano le viscere e plasmavano quello scudo analitico e severo che era il suo biglietto da visita. Niahndra sarebbe cresciuta diversamente se la vita le avesse messo davanti una quotidianità più allegra, più serena, più superficiale? Quanto è influenzato un umano dall’ambiente in cui si forma? Completamente, si rispose.
Pur sapendo che erano quelle esperienze ad aver contribuito a formare la persona con cui aveva così tanta affinità, Eloise iniziava a trovare pruriginoso quello sbilanciamento tra la quantità di giustizia ricevuta e il numero di ingiustizie subite. Le faceva venire voglia di prendere a bolidate chiunque avesse aggravato la situazione, ma capiva che non c’era un vero colpevole a cui affibbiare la colpa. Non c’era il supercattivo a manovrare i fili della sua vita, non c’era il lampo di genio per sconfiggerlo, non c’era la redenzione finale: quella era la vita reale, dove i miglioramenti avvenivano lentamente e solo dopo un grande sforzo. Ciò che poteva fare lei, che era leggerezza, era alleviare quel peso.
Osservò l’amica arretrare e arrossire, soffermandosi sul fatto che quell’atteggiamento non era da lei. Non era da loro. Ma quando mai un giorno era stato uguale al precedente? Tutto è in cambiamento continuo, se ci si prende la briga di indugiare e osservarlo. Anche il loro rapporto, che per anni aveva considerato costante nei suoi schemi e nei suoi riti, si era evoluto tra le loro dita. E così le foglie in primavera spuntano sui rami, rinvigoriscono e ingialliscono nel tempo.
L’unica costante è il cambiamento.
Pesantezza e leggerezza erano solo ruoli momentanei, dipendenti dal tema musicale, dalla chiave di lettura. Non potevano essere accezioni finite, perché questo minava la speranza di evoluzione alla base.

Stava osservando i rami, Eloise, quando la sua attenzione venne richiamata da Niahndra, che si era già incamminata. Si affrettò a seguirla a passi veloci sul manto di foglie secche e fili d’erba nuovi.
Se si fosse voltata, avrebbe visto che alle sue spalle aveva lasciato un pezzo di sé, ormai vecchio, consumato, in disuso.

And in the spring I shed my skin
And it blows away with the changing winds

 
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