Lividi e sudore, Quest lavorativa

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view post Posted on 4/5/2020, 09:56
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Il Fato

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Era incredibile pensare che tutto avesse avuto inizio con una lettera, meno di un'ora prima. Era trascorso poco tempo, non poteva essere altrimenti, e tutto sommato era accaduto anche più di quanto si potesse immaginare: una Passaporta all'occorrenza, l'arrivo alla Città di Edimburgo, la prima di una lunga serie di scalini, e poi uno stagno colmo di creaturine per nulla amichevoli, e infine altre scale, e altre ancora, e così via. Una cantilena che avrebbe fatto invidia alla peggior litania del Vampiro Baritono, non c'erano dubbi. In quel percorso più che articolato, si inseriva una consapevolezza non più acerba, ormai: Elizabeth era in ritardo, lo era davvero. Certo, non si poteva dire che fosse stata esclusivamente colpa sua, né era chiaro se quel curioso appuntamento fosse stato in programma per davvero o meno. Il dubbio più asfissiante poteva insinuarne un altro, e via con un terzo, un quarto, un quinto - una linea in successione infinita, per nulla incoraggiante. Se davvero il Centro Sportivo Magico McFly fosse stato chiuso per sempre, da più anni per giunta, a quel punto tutto sarebbe stato inutile. Perfino il pacchetto che la Negoziante aveva con sé non avrebbe avuto valore e tutte le accortezze della strega nei riguardi del dono che aveva portato forse sarebbero state inutile. Quella, in generale, era un'eventualità che poteva presentarsi. Non era detto, infatti, che esistesse ancora quel luogo, né era detto che Mr Morgan avesse capito tutto alla lettera - c'era da chiedersi se qualcuno avesse mai avuto l'ardire di invitare il Capo ad una pensione ravvicinata. Forse lo era già, non era chiaro. In ogni caso, l'ennesimo ostacolo: il tronco lì spiaggiato al pari di un dugongo, con tutte le radici e le ramificazioni del caso - in alto, queste ultime, così in alto da non poter essere scavalcate così facilmente. La magia, con la giusta riflessione, giungeva in soccorso di Elizabeth ancora una volta; non impiegò troppo per evocare la corda, al momento opportuno, e quando la bacchetta magica si rese aggancio e sostegno, la Strega fu tranquillamente in grado di portarsi oltre tutto l'arbusto spezzato. I piedi batterono al suolo con un suono scattante, e più di un brivido lungo le terminazioni nervose delle gambe, la donna non subì alcun assalto. La strada che si presentava ai suoi occhi, a quel punto, apparve finalmente come un miraggio vero e proprio: c'erano pochi gradini ancora, in salita, e poi uno spiazzale ampio. Non appena raggiunto, il profilo dell'edificio così simile ad un castello - lo stesso già visto e rivisto in precedenza - svettava dall'alto in modo estremamente ravvicinato. Ovunque fosse stato l'ingresso, non poteva essere così distante. C'era una stradina laterale, fra una panchina in ferro battuto e un salice piangente, ma ancor prima di fare un passo verso quell'unica, libera direzione, qualcosa avrebbe potuto attirare l'attenzione della Strega. Al suo fianco, infatti, si trovava una fontana piuttosto imponente - tutta dorata, forse in finto o vero oro, riverberava di una e più raggi solari; si apriva in un cerchio in basso, cresceva poi in ovali sempre più stretti, fino ad esprimersi in una guglia sottilissima. Di per sé, la fontana non era chissà quale opera artistica, mostrava però tre figure attaccate ai lati - come amorini volanti, l'uno accanto all'altro, tutti a cercare qualcosa nel cerchio più ampio della struttura. Ad un tratto, uno di loro parve animarsi: il corpicino esile, un Cupido in miniatura, infine un battito di ali. Volse il capo verso Elizabeth, meccanicamente, e così seguirono l'esempio gli altri due amorini. Con un sorrisetto malandrino, il più piccolo tra i tre aprì le mani a coppa e lasciò scivolare via una pallina, tutta d'oro come il resto della statua, così minuta e perfettamente sferica. La pallina precipitò in basso e soltanto alla fine, ad un battito dal cemento, aprì un paio di ali e spiccò il volo. Impercettibile, veloce, rapidissima. Un Boccino d'Oro, lì sotto gli occhi di Elizabeth. Poteva essere un segno, oppure un gioco.
La sua meta faceva da collegamento.

Gli Scozzesi ci perdoneranno per aver un po' re-interpretato il loro Castello.
 
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view post Posted on 14/8/2020, 20:03
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Lividi e sudore
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goldensnitch

Se c'era qualcosa che in Elizabeth decisamente scarseggiava, era senza dubbio la pacatezza: era stata dapprima una bambina vivace, poi un'adolescente turbolenta e infine una donna bellicosa. La sua aggressività le aveva sagomato intorno un'esistenza molto poco serena e per lo più solitaria, ma l'aveva anche costretta a diventare sempre più perspicace e reattiva.
Percepire un movimento in una direzione in cui sapeva non esserci altro che una fontana di dubbio gusto e reagire di conseguenza fu quindi questione di un solo attimo: l'inaspettatamente vitale Cupido aveva appena cominciato a voltare la testa che Elizabeth già lo fronteggiava con la bacchetta in pugno. Quando anche gli altri due amorini si voltarono, la strega per buona misura indietreggiò di un paio di passi. Osservò guardinga ogni movimento della statua, pronta a castare un Protego al minimo accenno di minaccia. A essere scoccato nella sua direzione, invece, fu solo il sorrisetto malizioso di uno dei putti, che subito dopo libero un boccino d'oro.
Elizabeth aggrottò le sopracciglia perplessa, mentre il boccino svolazzava imperturbabile, senza allontanarsi troppo. Poteva essere un indizio o un'altra passaporta, comunque qualcosa che l'avrebbe in un modo o nell'altro condotta alla sua destinazione. O poteva non essere nulla e tentare di acchiapparlo poteva essere una pessima idea che le avrebbe solo fatto perdere altro tempo.
Dopo un momento di riflessione, la donna decise che intanto valeva almeno la pena di vedere se il boccino fosse acciuffabile con la magia. Senza muoversi dalla sua postazione a debita distanza, seguì con la punta della bacchetta i movimenti della sfera dorata, in attesa che si fermasse per i tre secondi necessari a lanciare l'incantesimo. Escluse un classico incantesimo d'appello, ritenendo opportuno dare un'occhiata da vicino all'oggetto prima di toccarlo. Quindi, quando finalmente il boccino si arrestò, svolazzando a mezz'aria come un colibrì, Elizabeth mirò con cura e irrigidì il braccio, teso e parallelo al terreno, per meglio concentrarsi sul concetto di immobilità e durezza, quindi pronunciò l'incantesimo: «Immòbilius».
Se, come sperava, il boccino si fosse immobilizzato, si sarebbe cautamente avvicinata e solo dopo averlo osservato a sufficienza da tutte le angolazioni, verificando l'assenza di incisioni, brillii o altri elementi sospetti, si sarebbe azzardata a sollevare la mano sinistra e sfiorare in punta di dita la superficie dorata.

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Anello difensivo - Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza.
Cappa della resistenza - Realizzata con scaglie di testuggine e cuoio di Trinoceronte e Drago, resiste a moltissimi colpi e folate di calore/gelo.
XUn fuoco d'artificio - Dalla scatola di Detonazioni Deluxe.
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view post Posted on 15/8/2020, 11:10
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Il Fato

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Una coincidenza in quello che a conti fatti appariva sempre più come un paese di mezzo. Le parole di Mr Morgan nella lettera lasciata in principio non avevano saputo fornire le giuste indicazioni per il Centro Sportivo Magico McFly. Un orario concordato, ormai trascorso di sicuro da un pezzo, e tutta una serie di ostacoli che chiunque - tanto quanto Elizabeth - avrebbe di gran lunga preferito evitare. Per giunta, i maghi incontrati sulla cima della collina scozzese non avevano fatto altro che confermare un cruccio ancor più grande: il luogo ricercato sembrava essere stato chiuso anni prima, molti anni prima. Poteva non esserci nessuno, allora. Poteva benissimo essere tutta colpa della memoria farlocca del vecchio Morgan. Il dubbio aveva via libera per insinuarsi al meglio, in modo fertile: le erbacce, i rovi, i tronchi spezzati, lo stagno, l'assenza di un sentiero che potesse dirsi pedonale, quegli elementi non lasciavano intendere di essere in un punto battuto quotidianamente dai visitatori. In lontananza, diroccato come un tesoro irraggiungibile, il Castello tuttavia attirava lo sguardo di Elizabeth Ashton. Quando gli Amorini si sospesero in volo, l'uno a cercare l'espressione furbetta dell'altro più vicino, anche il Boccino d'Oro seguì lo stesso moto ondulatorio. Si portò in alto, molto in alto, e poi discese come una libellula, girando su di sé privo di un equilibrio vero e proprio. Come risvegliato, di lì a breve volteggiò sempre più celermente, e di volta in volta quasi sembrava celarsi agli sguardi tanto della ragazza quanto delle statuine confuse. Un colpo di bacchetta, l'Incantesimo più favorevole, e il Boccino d'Oro venne colpito in pieno. Uno degli Amorini si portò entrambe le mani alla bocca, in un cenno teatralmente sorpreso. Forse non era così che attendeva quella sfida, ma la furbizia giocava sul tempismo per Elizabeth. L'istante successivo al contatto leggero delle dita sulla sfera dorata si confuse in un caleidoscopio di colori, dal verde spento del salice piangente lì vicino al candore della pietra marmorea degli Amorini, infine al lampo di un raggio di sole - fontana e Boccino, l'oro per eccellenza.
Il viaggio non durò troppo. Un pizzicore all'altezza dell'ombelico, un battito di ciglia e Elizabeth Ashton tornò con i piedi per terra. Non poté impiegare troppo per ripristinare un'idea che già aveva avuto: la pallina era una Passaporta, e d'altronde per quello che all'effettivo doveva essere un Centro Sportivo Magico, l'idea calzava a pennello. Accanto a sé, il Boccino d'Oro alla fine si liberò da ogni stretta più sottile e volò via, disperdendosi nei cieli azzurrini di quel giorno primaverile. Di fronte, Elizabeth poteva incontrare il profilo imponente del Castello che aveva intravisto dal principio: molto più simile ad una roccaforte, costruito in roccia da cima a fondo, si estendeva in forma rettangolare con tutta una schiera di torrette, guglie e merlature in bella vista. Le mura erano alte, di stile medievale, e di tanto in tanto si scorgevano degli archi in pietra che davano l'idea di accogliere uno spazio vuoto all'interno: probabilmente, quelli che avrebbero potuto essere torrette di vedetta, di impianto difensivo. In alto, a molti metri, la roccia era scavata per accogliere una finestra in vetro e ferro, con uno stemma araldico che scivolava dolcemente - sospeso dall'aria più fresca che soffiava intorno, non era ancora chiaro quale simbolo rivelasse, ma di certo era evidente che fosse in gran parte di un giallo acceso. Elizabeth si trovava infatti su un vero e proprio ponte, sempre in pietra: se si fosse affacciata ai lati, avrebbe scorto una fitta distesa di alberelli, il prosieguo di una collina rigogliosa, e alcune stradine che conducevano ai centri abitati. In avanti, invece, finalmente si apriva un portone. C'era una figura, tra l'altro, in piedi su quella che appariva essere una panchina. Ad un'occhiata più attenta, e di certo ad una visuale più ravvicinata, si rivelò essere un uomo che, imperterrito, muoveva le braccia in alto ad attirare l'attenzione. Man mano che la Strega fosse avanzata, i dettagli dell'uomo lì in attesa non potevano sfuggire: era di bell'aspetto, alto e dal corpo tonificato - cenni di muscoli guizzavano sotto gli abiti che indossava: un paio di pantaloni scuri, sportivi, al pari degli stivaletti della stessa tinta unita ai piedi; una maglietta più larga, di un arancio brillante, con stampato in superficie il simbolo tradizionale dei Cannoni di Chudley. I capelli erano di un dolce castano, in disordine tra i ricci più disparati incorniciavano così un volto giovane, di certo affascinante, con un naso sottile, una bocca colta da un sorriso gentile e un bagliore di aspettativa tra gli occhi verde chiaro. Parlò ancor prima che Elizabeth potesse riconoscerlo, e spiccò così il salto dalla panchina, tornando a terra. «Insomma, ti sei persa di nuovo per colpa del tuo capo? Ti aspettavamo da circa ventisette minuti.» La voce calorosa richiamava una dizione perfetta, tipica di un cronista di Quidditch. E in effetti, Bartold Cooper era una vecchia conoscenza.

Ripartiamo, buon divertimento! Confido tu possa ricordare il buon Cooper.
 
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view post Posted on 16/8/2020, 17:22
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srsly

Uno strappo all'ombelico, un turbinio di scie colorate e in un attimo la strega si ritrovò di nuovo a barcollare su un terreno sconosciuto. Questa volta non fu un manto di soffice erba ad accogliere i suoi piedi, ma un selciato di dure pietre irregolari, che mise ben più alla prova il suo equilibrio. Contro ogni pronostico Elizabeth riuscì a mantenersi in piedi, senza peraltro perdere la presa né sulla bacchetta né sulla busta di Accessori, che già ne aveva passate tante. Non prestò troppa attenzione invece alla dipartita del boccino, troppo concentrata sul Castello, proprio quello che, durante tutte le sue avventure, aveva visto da lontano.
«Ci voleva tanto a metterla di sotto la dannata passaporta?» borbottò avanzando lungo il ponte. Era circa a metà quando si avvide della figura che, in piedi su una panchina di pietra proprio accanto al portone, si sbracciava forsennatamente: quando finalmente lo riconobbe, Bartold stava già parlando.
Per tutta risposta, Elizabeth sbuffò. «Non me ne parlare, ti assicuro che con il preavviso e le informazioni che ho avuto nemmeno Merlino in persona sarebbe arrivato più in fretta. Tu che diamine ci fai qui? Oh, non importa,» proseguì spiccia, «piuttosto, spero che nel frattempo tu abbia tirato fuori una scusa decente con McFly.»
Aveva ormai colmato la distanza che la separava da Bartold, così allungò il braccio sinistro per salutare l'amico con una frettolosa pacca sulla spalla. «Ora, hai mica idea di cosa dovrei fare?»
Aveva sparato la spinosa domanda senza troppi preamboli: Bartold conosceva da tempo il signor Morgan e non era la prima volta che lavorava con la strega, non sarebbe certo rimasto troppo stupito nell'apprendere che, come al solito, lei non sapeva proprio nulla.

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Ho dato per buono che, dopo l'altra quest, Elizabeth e Bartold abbiano avuto occasione di diventare amici oltre che occasionali colleghi.
 
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view post Posted on 20/8/2020, 11:32
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Il Fato

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Il primo incontro non poteva mai essere dimenticato, così si diceva. Con l'aggiunta di una serie di circostanze paradossali - più o meno come quella in corso -, una partita di Quidditch tra due squadre di paese e la ricerca impellente di un arbitro che arbitro non era, e di una strega da un nome diverso da quello riportato in principio... in effetti, con tutto quello il loro primo incontro non poteva essere accantonato come l'ultimo tra i ricordi. Indimenticabile, poi, il romantico scoppio di un incendio tra gli anelli superiori del Campo da Quidditch, nei pressi del centro di Londra e per giunta sotto gli sguardi distratti di passanti babbani. No, Bartold Cooper non avrebbe potuto fare finta di nulla. Il biglietto di andata per il San Mungo era ben nitido tra i suoi pensieri, oltretutto ogni volta che incontrava Elizabeth Ashton, il suo cuore batteva un po' più forte. Non aveva mai avuto modo di rivelarle troppo, quello che provava era indistinto perfino per lui. Ma il mazzolino di rose rosse, il fatto che l'avesse attesa per tutto il tempo necessario al ripristino della sua salute, quello non era cosa da poco conto. La pacca sulla spalla, a mo' di saluto, riuscì a meravigliarlo con una naturalezza cui non si era ancora abituato. Non aveva fiori, quel giorno, e non c'era bisogno. Le parole di Elizabeth, invece, attinsero alla sua curiosità: aveva sentito qualcosa in merito al vecchio Morgan e alla sua memoria da Troll delle Montagne, ma nella sua mente era una ricostruzione marginale. Non poté che sorridere, indicando poco più avanti con la mano sinistra. «Non ho idea di cosa ti abbia detto il tuo Capo, ma sei arrivata con il passaggio sbagliato. Quello che hai preso tu è la fontana adibita al futuri clienti del centro sportivo, ne sono quattro in tutte: due fontane dal centro cittadino, un'altra dal picco montuoso, l'ultima... da qualche altra parte.» Un cenno del capo, non nascose un cipiglio di puro, genuino divertimento. «Sei arrivata dal passaggio più lontano, non era quella la passaporta che avresti dovuto prendere. Ma a questo punto non mi sorprende neanche che tu non sappia cosa diavo-»
Un colpo secco, il fruscìo indistinto dell'aria. Qualcosa attirò immediatamente l'attenzione di Bartold e di gran lunga sarebbe stato lo stesso per Elizabeth. Il cronista era di fronte, tuttavia, e riuscì così ad essere più veloce. Cercò l'avambraccio della strega e lo tirò verso il basso, nella speranza che anche lei seguisse il movimento. Pochi istanti dopo, una sfera di un argento brillante, in ferro, sfrecciò a pochissima distanza dalle loro teste. Volò via, seguendo una direzione apparentemente ordinata, e si disperse a metri e metri.
«Che dite, volete pure una burrobirra?»
La voce infastidita di un uomo adulto chiamò lo sguardo dell'uno e dell'altra. Era fermo all'ingresso, la mano sinistra poggiata al portone aperto, la sinistra stretta ad una mazza piuttosto lunga. Anche da lontano era evidente che fosse di età avanzata, più o meno poteva essere coetaneo del buon Morgan: capelli radi e sul grigio, un taglio tuttavia sbarazzino; il naso a punta, aquilino, sul volto stranamente privo di rughe; un fisico slanciato, atletico, a dispetto degli assalti del tempo trascorso; vestiva abiti sportivi, un paio di pantaloncini corti e verde militare, che mostravano gambe tozze e ginocchia nodose, stivaletti ai piedi e quella che somigliava ad una felpa più larga del previsto - di un vibrante color cenere, con in superficie la scritta "Centro Sportivo Magico McFly" a chiare lettere, seguita dalla data 1887. Occhi azzurrini, l'anziano Mago sembrava essersi rivolto esattamente ai due visitatori.
«Lizzie McGuire, giusto? Ti aspettavo. Il rincitrullito di Morgan ti ha fatto comparire in Papuasia o dove? Entrate, tutti e due.» Senza attendere una risposta, e più che convinto che Elizabeth avesse quel nome - non ci voleva molto per indovinare perché - entrò a passo spedito nella struttura. L'ultima frase che pronunciò parve un gridolino, seguito dal fischio sinistro della stessa sfera di prima, ormai di ritorno sulla loro traiettoria.
«Già che ci siete, bloccate quel Bolide!»
Bartold Cooper, lì al fianco di Elizabeth, si limitò a scrollare le spalle.
«Ti presento Lion McFly, ex Battitore di classe, proprietario del Centro Sportivo McFly. Pensi tu al Bolide, Lizzie McGuire?» Proseguì, girandosi appena. L'espressione malandrina di chi si stava già divertendo.

 
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view post Posted on 18/3/2021, 19:01
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«Burrobirra? Starci, ci starebbe.» sussurrò Elizabeth a mezza bocca, senza curarsi di poter essere udita da quello che supponeva essere il signor McFly in persona e che pareva aver appena tentato di mozzarle la testa.
«Elizabeth Ashton, in verità» specificò la strega con il tono quasi annoiato di chi assolve a un'incombenza quotidiana - ovvero ciò che correggere il suo stesso nome era diventato, da quando lavorava per il signor Morgan. «Papuasia? No, ma è già tanto che non sia comparsa in mezzo al lago. Non che non abbia comunque avuto modo di farci un giretto.» insinuò acida, piegandosi leggermente a sinistra per togliersi dalla traiettoria della dannata palla. La quale, del resto, si rivelò essere il nuovo carico di sterco di drago mollato dal vecchio di turno sulle spalle di Elizabeth, non senza il pronto e malizioso sostegno di un giovane che ben prometteva di seguire le orme delle due infami cariatidi.
«Eccerto, visto che ho già la bacchetta in mano» sibilò la strega scoccando a Bartold un'occhiataccia foriera di prossime e dolorose conseguenze. Gli mollò la busta, infausto fardello, con poche laconiche istruzioni: «Divisa Tassorosso, per McFly da parte di Morgan. Difendila a costo della vita, con quello che ho passato se non la ritrovo in condizioni perfette m'incazzo peggio di un basilisco. E occhio, secondo me porta sfiga.»
Quindi, con le mani finalmente libere, voltò le spalle alla porta per fronteggiare il fuggitivo bolide.
Fortunatamente, a poter risolvere il problema era un incantesimo che Elizabeth aveva avuto occasione di usare molte e molte volte: ai tempi delle corse clandestine conoscerlo era obbligatorio per tutti, da fattorina alle prese con ordinazioni multiple era stato il suo migliore amico e si rivelava spesso utile nel fronteggiare i risultati della distrazione cronica di Morgan in negozio. In altre parole, non era certo il suo primo bolide.
Aspettò che la palla di ferro si dirigesse dritta verso di lei, in modo da poter prendere comodamente la mira senza doverne indovinare la traiettoria. Non pensava a capi rimbambiti o centri sportivi, a divise o surfate non previste: nella sua mente, almeno per quella manciata di secondi, c'era spazio solo per il bolide e per l'incanto. Puntò la bacchetta e scandì la formula con voce alta e decisa: «Arresto momentum».
Una volta fermato, o perlomeno rallentato, il bolide, sarebbe stato semplice acchiapparlo e seguire Bartold e McFly all'interno del castello.

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Ecco ecco ci sono!! Il cosa fare in verità ce l'avevo pronto almeno da settembre, è su tutto quel che ci sta intorno che ero in blocco :^^:
 
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view post Posted on 12/10/2021, 18:02
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Il Bolide arrestò la sua frenetica corsa, cristallizzato nello spazio dal sortilegio di Elizabeth. Dapprima a rallentatore, diretto com'era verso le spalle dei presenti, poi completamente immobile: la sfera argentea guizzò del riflesso del sole, ancora alto in cielo, improvvisando come uno stridio di denti - non ci voleva molto ad immaginarla simile ad una creatura famelica, gli artigli di ferro scattanti sul vuoto. Alla fine, recuperata o meno che fosse stata, la palla da gioco non avrebbe rappresentato più un problema: presto sarebbe tornata a sfrecciare in giro per le torrette, un po' come uno spirito libero. D'altra parte Lion McFly non appariva affatto preoccupato, al contrario trottava lesto verso il ponte di pietra della fortezza; da lì a pochi attimi aveva già raggiunto l'ingresso, seguito a pochi passi di distanza da Bartold Cooper.
L'uomo più giovane tratteneva il sorrisetto beffardo di chi godeva dell'intero paradosso creatosi: il ritardo di Elizabeth, le direttive lacunose che aveva ricevuto, la reazione di stizza del vecchio McFly, quell'intera situazione rappresentava per Cooper un divertimento assicurato. Si crogiolava in una scena che aveva in sé dell'impossibile, se solo non avesse ricevuto anche lui una panoramica riguardo la memoria farlocca del capo dell'amica. Stirando le braccia in alto, a mo' di saluto verso il castello, Bartold Cooper confidava in altre meraviglie per quella giornata. Seguiva McFly senza dire una parola, l'espressione tuttora birichina a fior di labbra. Gli interni della residenza, ad ogni modo, erano sorprendenti. Un lavoro certosino di architettura, scultura e araldica magica - dalle pareti in pietra antica agli arazzi tratteggiati lungo le stesse, dalle armature come guardiani assopiti in più punti alle vetrate scolpite in colori sgargianti, assistevano tutti ad un tuffo nel passato. Al coperto, nel passaggio che collegava l'ingresso ad un cortile di colonne, catturarne dettagli sarebbe stato piacevole; l'impronta dell'arte medievale giostrava ovunque una presenza che rendeva già meno folle l'idea di aver abbandonato l'odierna Edimburgo, diretti allora in un viaggio nel tempo. C'erano anche bandiere disseminate tutto intorno, ora che erano più da vicino vi si scorgeva infatti la tinta color dell'oro, l'immagine stilizzata di un...
«Una divisa Tassorosso, hai detto?» La voce di McFly zampillò lungo l'intero atrio, così tonante da attirare l'attenzione di un paio di soldatini nelle vicinanze. Lo stridio del ferro e la visione dei due elmi che si spostavano verso di loro, infatti, confermarono che quelle armature fossero state incantate. Era il posto esatto, almeno su quello potevano esserne certi. Il cipiglio enigmatico del vecchio uomo - in pantaloncini corti, poi, faceva un figurone - tradiva il dubbio che vi fosse in atto l'ennesimo errore. Morgan aveva sbagliato divisa? Non c'era da stupirsene: prima che un'altra sfilza di imprecazioni raggiungesse l'anziano stregone a Diagon Alley, tuttavia, Lion McFly scoppiò a ridere come all'ascolto della battuta più divertente al mondo.
«Che faccia tosta, McGuire.» Oh sì, era un vizio d'amici, quello di perdere colpi di memoria. Strappò la divisa dalle mani della strega - sebbene rude, non mancò di un occhiolino ammiccante. E poi, come un bambino con il suo orsacchiotto di peluche, Lion McFly tolse via la busta e strinse al petto la divisa sportiva. «Tassorosso è stata la mia Casata, sapete. Avevo una divisa da anni, ci giocavo le partite ad Hogwarts. Poi un bel giorno quel rincitrullito del mio Elfo Domestico l'ha fatta fuori con chissà quale stregoneria delle sue. Nessun sortilegio l'ha potuta ricucire, neanche Mr Elegant, a Diagon Alley, vi è riuscito. Roba da matti, avrei dovuto licenziarlo...»
Continuò a borbottare tra sé. Minacce al proprio Elfo Domestico, ricordi di lunga data dei giorni di gloria sul Campo di Quidditch, racconti di quando era stato un Battitore di successo, qualche accenno alla propria squadra del cuore, un paio di pronostici sulle partite del Campionato... Avrebbe continuato di certo in un fiotto di parole indistinte, se solo Cooper finalmente non avesse deciso di aprire nuovamente bocca e fermarlo.
«Ci scusi, McFly. Ma sa, la Passaporta di ritorno non ci aspetta.» Quel plurale, gettato quasi distrattamente, sottintendeva una partecipazione tutta comune - il giovane mago, infatti, non mancò di guardare Elizabeth di sottecchi. Alla fine, schiarendosi la gola e annuendo vigorosamente, l'anziano allontanò la divisa Tassorosso dal torace e riprese a trottare.
«Bene, bene. Seguitemi.» Sinistra, attraversando un arco in tufo; destra, superando un cortile di cespugli farfallini e alberelli di sambuco; avanti, ancora avanti, mentre la fortezza svelava una bellezza ammantata di silenzio. Fino a quel momento, infatti, non avevano incontrato altre persone.
«Come sapete... o come avreste dovuto sapere» rimbeccò, il riferimento non troppo velato a chi di dovuto; Cooper ridacchiò, scoccando un'occhiata verso Elizabeth e pregando tacitamente che l'altra non abbandonasse tutti loro seduta stante. «Il Centro Sportivo Magico McFly è stato chiuso da molti anni, il nome parla da sé. È un luogo interamente dedicato agli sport magici, un tempo questa fortezza ospitava tornei di ogni genere: di nuoto in Testa-Bolla, di rugby con gli Gnomi, di salto con l'Asticello, di hockey con la Congrega dei Fantasma Senza-Testa... ad Halloween, poi, avreste dovuto vederli.» Si fermò, per nulla affaticato dal fatto di non aver chiuso bocca. «Era una lista bella lunga, c'erano anche gare per i rammolliti, sapete... Gobbiglie Magiche e simili.» Gli occhi sollevati al cielo mimarono distintamente un'espressione poco lusinghiera. Sventolò una mano. Chiedeva in quel modo ancora un attimo di pazienza: alle sue spalle si apriva un altro arco in tufo, oltre il quale si tornava all'aperto. Il cielo, limpido e azzurro, era una promessa gioviale. «Ovviamente il fiore all'occhiello del Centro McFly era il Quidditch, è sempre intramontabile. Sapete, questa struttura appartiene alla mia famiglia da molte generazioni e fino a pochi anni fa era di spicco nella comunità magica di tutto il Regno Unito. Poi siamo stati costretti a chiuderlo. Questa è una storia ancora più lunga e già abbiamo perso tempo, vi basti sapere che un'infestazione di Dugbog mal s'addice agli affari. Quelle infide, mostruose creature... una goccia di palude e arrivano come sanguisughe.»
Curiosamente, Elizabeth ne aveva avuto un assaggio.
«Morgan non ti ha detto nulla? Sei qui...» - McFly indicò la strega e il mago al suo fianco, correggendosi subito - «...siete qui per testare il nuovo Centro McFly, avevo bisogno di persone fidate e con una certa conoscenza del Quidditch. Il nostro obiettivo è riaprire al pubblico cominciando con lo sport magico più seguito. Allora, ci state per un po' di divertimento? Abbiamo ogni tipo di scopa volante e più di uno scenario.»
Quanto aveva parlato. Osservò i due con un sorrisetto.
«Scegliete: Roccia del Drago, Isole di Ferro o Delta delle Acque?»
Strano, suonava strano.

Ripartiamo per bene. Si entra nel vivo dell'avventura, procediamo più rapidamente.
 
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view post Posted on 21/11/2021, 23:26
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Sogni, sangue e cuore



Afferrò il bolide ormai fermo e si affrettò a seguire i due all'interno del castello. Per nulla intenzionata a portarsi appresso la palla di ferro fino a chissà quando, si avvicinò con la massima nonchalnce a una vecchia e polverosa cassapanca e, dopo avervi adagiato il fardello, chiuse il pesante coperchio avendo cura di sigillarlo con gli appositi ganci.
«McGu...? Oh, a chi importa ormai.» commentò Elizabeth, inudita dal vecchio mago che si era lanciato in un monologo più sbrindellato della compianta divisa.
Fu Bartold a interromperlo, per poi rivolgere alla strega un'occhiata delle sue, di quelle che le facevano sospettare un interesse un po' più che amicale da parte del giovane e le rammentavano la necessità di mantenere la giusta distanza. «Mi avresti fatto più comodo all'andata, piuttosto che al ritorno» sibilò quindi, rifilandogli una gomitata nelle costole.
Abbandonato l'atrio traboccante di arazzi e ferraglia, ci furono da attraversare una spaziosa corte interna e svariate vecchie sale prima di raggiungere il varco che li avrebbe riportati all'esterno. Nel mentre, il rugoso anfitrione non tacque un solo secondo.
«I fuochi d'artificio però funzionano benone» aggiunse Elizabeth caustica, incapace di trattenersi. Tutto sommato fu un bene, perché dopo averla guardata stranito per un'istante McFly si decise finalmente a chiarire lo scopo di quella visita.
Al pensiero di aver affrontato tante fatiche con il solo obiettivo di una partitella tra amici, mancò poco che la strega mandasse tutti al diavolo e se ne tornasse a casa. Ma volare le piaceva, avere a disposizione qualsiasi scopa volesse era senza dubbio allettante e stracciare Bartold, che dopotutto era stato un giocatore professionista, era sempre un piacere.
«Così alla cieca?» le sfuggì, un sopracciglio inarcato a rimarcare quanto quei nomi non le dicessero proprio nulla. «Vada per Delta delle Acque» decise infine. «È un elemento con cui sento di avere un conto in sospeso oggi.»

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INVENTARIO:
Anello difensivo - Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza.
Cappa della resistenza - Realizzata con scaglie di testuggine e cuoio di Trinoceronte e Drago, resiste a moltissimi colpi e folate di calore/gelo.
XUn fuoco d'artificio - Dalla scatola di Detonazioni Deluxe.
Un Detonatore Abbindolante.
Due Pallottole Puzzole.




Sono stata breve, ma del resto non c'era troppo da fare! Vediamo questo Delta delle Acque :hihi:
 
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view post Posted on 6/2/2022, 12:40
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McFly stringeva la divisa Tassorosso al petto come un tesoro, artigliandola ancor di più con le mani rugose non appena ascoltò le parole di Elizabeth. Aveva forse accennato a fuochi d'artificio? Si scoprì molto più incuriosito del previsto, tuttavia sapeva di non aver altro tempo da dedicare ad entrambi - Bartold e Elizabeth non erano lì per quattro chiacchiere con lui, niente affatto. Non erano lì neanche per divertirsi, non soltanto. Il vecchio stregone sembrò scrutare Elizabeth di sottecchi, incerto circa le proprie sensazioni. Quando aveva parlato del Centro Sportivo, della gloria che riverberava in passato in quel luogo, quasi aveva atteso un trionfo di entusiasmo, subito seguito da una serie di domande cui prontamente avrebbe saputo offrire risposta. Più di un cenno di assenso da parte dell'una e dell'altro, però, non ritenne d'aver ottenuto granché. Bartold Cooper sembrava molto più interessato alla collega che a lui e alla sua storia, e in parte l'annullamento di ogni più rosea aspettativa poté stizzirlo fin nel profondo. Erano troppo giovani, quei due. Così giovani per ricordare - forse perfino per conoscere, pensò - le meraviglie del Centro Sportivo in cui si trovavano: per generazioni era stato un punto di ritrovo di appassionati del Quidditch da tutto il mondo magico. Attrazioni infinitamente complesse e maestose, incredibili occasioni di gioco e di allenamento. Sapevano, quei due, che l'intera Squadra dei Wigtown Wanderers si fosse esercitata proprio nelle palestre adiacenti, a pochissimi passi da tutti loro? Nei tempi di maggior successo, Walter Parkin agitava la sua mannaia a destra e a sinistra proprio sugli spalti del luogo, sotto gli sguardi tanto preoccupati quanto affascinati degli spettatori. Giorni d'oro, quelli, che Lion McFly non aveva dimenticato - avrebbe spedito un gufo a Morgan per rimbeccare la sua protetta con una panoramica storica circa il Centro Sportivo... di quello che almeno avrebbe potuto ricordare, s'intendeva.
«Delta delle Acque, aggiudicato.» Girò rapidamente su di sé, sollevando la mano destra ad indicare di procedere con lui. Non avrebbero fatto molta strada, poco oltre già si scorgeva un arco in tufo, la pietra incisa con raffinati arabeschi - un labirinto di liane, foglie, ninfee e creature marine, in miniature degne di uno scultore d'altri tempi. McFly parlò altrettanto in fretta.
«Come vi accennavo, il vostro compito è di testare le nostre attrazioni. Siamo ben lontani dall'apertura ufficiale del Centro Sportivo, ma ci avviciniamo. Delta delle Acque è un gioiellino, vi piacerà molto.» Oltre il passaggio si apriva un giardinetto rigoglioso, un rettangolo di colonne e travi in pietra che ricordava moltissimo l'atrio di un palazzo reale. Si scorgevano intorno altri corridoi, altri sentieri verso chissà quali direzioni: per loro, però, la destinazione era presto detta. Una vasca così ampia da perdersi per metri e metri in lontananza accoglieva lo sguardo magnificamente, si trattava di una piscina incastonata nel fondo del recinto, riempita com'era d'acqua placida sulle sfumature del verde smeraldo e del turchese. Bastava una rapida occhiata per scorgervi una foresta di alghe appena celata, al di sotto della superficie dell'acqua. Per alcuni versi somigliava al Lago Nero di Hogwarts, di tanto in tanto zampillavano bolle e gorgoglii d'onde in più punti, a riprova probabilmente di creaturine che vi abitavano i fondali. C'erano alcuni scivoli, un paio di scalinate in ferro, infine quello che ricordava l'anello centrale di un campo da Quidditch - spuntava proprio dall'acqua come una torretta, inabissandosi così profondamente da perdersi all'orizzonte. La struttura era inoltre cesellata da diverse statue, poste a circa un paio di metri di distanza l'una dall'altra: statue di pesci, di avvincini, di sirene, di kelpie, perfino di creature simili a draghi. Erano tutte animate dalla magia, era evidente dal modo in cui scivolavano su di sé, si attorcigliavano alle tessiture di pietra, si avvinghiavano ripetutamente con pinne, squame e tentacoli lungo le basi sottostanti. Erano molto belle, versatili tra loro; curiosamente alcune stringevano strumenti da gioco, un avvincino con una mazza da battitore, un plimpi con un paio di pluffe al posto degli occhioni, un maride con un boccino d'oro che lanciava altrove in un guizzo di coda, e così via. Molte statue, però, erano coperte da teli di plastica. Un po' sorprendente, tutto sommato. McFly si fermò proprio accanto ad una scala che conduceva ad un trampolino, sotto il quale c'erano così tanti manici di scopa accatastati gli uni sugli altri.
«Purtroppo è tutto in disordine. Non appena pronto, sarà uno spettacolo proprio come un tempo. Non c'è molto da aggiungere, ad ogni modo.» Indicò le scope, tutte lucidissime nonostante fossero incastrate.
«Nimbus, Comet, Cleansweep, se siete fortunati troverete anche qualche Firebolt un po' vecchiotta. Sceglietene una e gettatevi in acqua.»
Non sembrò scherzare. «Le scope sono tutte incantate, potrete volare in acqua senza problemi. Si attiverà un Testa-Bolla immediatamente, così potrete respirare, poi il gioco è fatto. Fate un giro, vedete cosa succederà. Dovrebbe... dovrebbe essere tutto già pronto, le attrazioni arriveranno in profondità. Buon divertimento, via.»
Sul volto spuntò un sorrisetto felice... un po' troppo.
«Allora, McGuire.» Bartold non era da meno, ancor più divertito. «Ti sfido a tuffarci con un'acrobazia in volo, sorprendimi di nuovo.»

Più smemorello di Morgan ci sono io, avevo perso la notifica. Ci avviamo alla conclusione, puoi scegliere un manico di scopa e tuffarti, il divertimento inizia.
 
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view post Posted on 28/2/2022, 16:50
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Elizabeth

Non le sfuggì che McFly avrebbe volentieri trascorso il resto della giornata a descrivere i passati fasti del Centro: dopotutto lavorava ormai da anni con quell'altra cariatide di Morgan. Elizabeth nascose un sorriso divertito. I due erano fatti dello stesso stampo: Merlino li fulminasse se ricordavano cosa avevano mangiato a colazione, ma potevano andare avanti ore a raccontare per filo e per segno tutti i dettagli di un'amichevole disputata trent'anni prima da due misconosciute squadre locali. Morgan si lanciava spesso in appassionate filippiche ignorando pervicacemente i plateali sbuffi dell'allieva, che si fingeva riottosa ma in realtà si beveva ogni parola e imparava ogni giorno qualcosa di nuovo.
Si sarebbe riservata di tornare al Centro McFly per dare alle storie del vecchio proprietario tutta l'attenzione, e tutti gli sbuffi esasperati, che meritavano, ma non era quello il momento: la sua mente era proiettata sulla sfida che l'attendeva, mentre i suoi calcagni, ancora doloranti dopo il rocambolesco tragitto, la imploravano di portare a termine il lavoro e filare a casa a fare un meritato pediluvio.
Per quanto, si rese conto subito dopo aver oltrepassato l'arco, pareva che il momento del pediluvio stesse per essere drasticamente anticipato.
Lo spettacolo che le si parò davanti era straordinario, tanto che si ripromise tra sé di chiedere a McFly, a lavoro finito, di poter dare una sbirciatina anche agli altri due scenari.
L'imponente colonnato che contornava la sala e la cesellata bellezza dei soggetti marini scolpiti le ricordarono il palazzo perduto di Atlantide raffigurato in un libro illustrato babbano che aveva posseduto da bambina.
La maestosità dell'insieme era smorzata con leggera ironia dall'attrezzatura sportiva integrata in modo apparentemente casuale nel panorama marino. I teli di plastica adagiati qua e là suggerivano che i lavori non fossero ancora conclusi, ma l'effetto era già incredibile.
Le istruzioni di McFly furono laconiche e se la strega si allarmò per la piccola esitazione che sembrava enfatizzare un già preoccupante condizionale di certo non lo diede a vedere.
Ringraziò meccanicamente, l'attenzione già tutta rivolta alla scelta del mezzo che l'avrebbe accompagnata in quell'avventura.
Individuò subito una Firebolt, non recentissima ma tenuta molto bene, e storse il naso: scopa magnifica, ma la linea ondulata del manico e la coda svasata non sarebbero andate affatto d'accordo con la resistenza dell'acqua. Era anche un po' bizzosa: Elizabeth sapeva portarla e non avrebbe avuto problemi in aria, ma in acqua? No, non era una scopa da portare in un ambiente mai sperimentato.
In mezzo al mucchio si potevano contare almeno una dozzina di 260 e diverse 11, che spiccavano sulle sorelle più antiquate. Le Comet erano ottime scope e per le Cleansweep la strega aveva sempre avuto un debole, ma temeva che, seppur potenti, non fossero abbastanza precise da garantire una buona performance in un ambiente che inevitabilmente avrebbe rallentato i movimenti.
Decisa a darsi una mossa stava per rassegnarsi e accantonare le perplessità, quando uno sprazzo di nero profondo attirò la sua attenzione. Si accovacciò e sbrogliò con delicatezza parte del groviglio di legno e saggina, aprendosi la strada verso la sua scelta. Eccola lì: una Nimbus 2001, bella lucida e in ottime condizioni. Corta e dritta, con i pedali allineati alla coda appuntita, era sicuramente la più idrodinamica. Potente e performante anche nelle virate più ostiche, avrebbe contrastato senza troppi problemi la resistenza dell'acqua. Era perfetta.
Soddisfatta, Elizabeth si rialzò stringendo la sua nuova alleata e la esaminò velocemente ma con cura, girandola da ogni parte per vedere che non avesse graffi o rametti fuori posto. Si tolse gli anfibi e più vestiti possibile, per evitare di esserne intralciata, e in jeans e canottiera scavalcò il manico con una gamba e si sistemò alla giusta altezza. Appena prima che partisse, Bartold richiamò la sua attenzione proponendole una specie di gara di acrobazie e prontamente Elizabeth si voltò a fronteggiarlo. Il riverbero dell'acqua da quell'angolazione la infastidiva un po', ma non ci fece caso: «Vedrai se non ti distruggo» rispose dolcemente, con un sorriso studiato apposta per rendere la minaccia ancora più inquietante. «Potrai anche essere un professionista, ma io ho imparato a volare tra i rami di una foresta: sapevo fare acrobazie prima ancora di saper atterrare.» frecciò, e con una leggera spinta delle punte dei piedi si sollevò in aria.
Prese quota e fece un giro di ricognizione seguendo la linea del bordo della piscina e avvicinandosi poi al centro con una serie di cerchi concentrici. Non ne ricavò molte più informazioni di quelle che già aveva, ma si fece perlomeno un'idea più precisa delle proporzioni.
Quando vide che anche Bertold era pronto a partire, gli scoccò un'occhiataccia e piegandosi in avanti acquistò velocità. Percorsi pochi metri rallentò d'improvviso e invertì la rotta con una virata così stretta da essere quasi un testacoda, dirigendosi così verso il pilastro che sorreggeva l'anello. Appena prima di andarci a sbattere contro impartì una spinta di gambe verso sinistra, inclinandosi contemporaneamente verso destra con il busto: il risultato fu un perfetto mezzo tonneau, che la portò in traiettoria con l'anello poco più in alto. Restando a testa in giù si rannicchiò sulla scopa e si infilò agevolmente nell'anello. Una volta uscita del tutto, per buona misura e giacché la posizione già rannicchiata agevolava la manovra, si avvitò un paio di volte su se stessa. Sempre a testa in giù, con uno scatto del busto compì un quarto di giro sull'asse trasversale per ritrovarsi con la testa puntata verso l'acqua. «Prova a fare di meglio, Bart!» trovò il tempo di gridare prima di tuffarsi. Sfruttò i pochi metri che la separavano dall'acqua per aggiustare la posizione della scopa, assicurandosi che fosse perfettamente in verticale, e con busto e polpacci sempre appiccicati al manico arrivò infine dritta come un fuso a fendere la superficie.

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(Il resto rimane a riva con scarpe e vestiti).



Spero che le manovre siano chiare, come ho già fatto in altre occasioni utilizzo per spiegarmi meglio un linguaggio tecnico ricalcato da quello aeronautico, che ritengo sufficientemente calzante.

Also, sorry for the attesa, dovrei riuscire ad essere più rapida al prossimo giro.
 
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view post Posted on 6/8/2022, 22:21
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Bartold non impiegò troppo per mettersi in mostra, sospinto da un lato dalla cotta oramai sempre più evidente nei riguardi di Elizabeth e dall'altro per... un certo orgoglio sportivo, bisognava concederlo. In sella al manico di scopa, spiccò il volo in uno scatto che avrebbe lasciato di stucco chiunque. Dapprima sulla destra, poi sulla sinistra e viceversa, realizzava così movimenti fulminei a zig-zag, nel richiamo lampante - per chi esperto e appassionato di Quidditch come l'altra strega - dell'acrobazia di Woollongong Shimmy. D'altronde, non c'era mai stata occasione di parlarne dal vivo, ma nelle vene di Bartold scorreva sangue australiano - suo nonno, pensò, sarebbe stato fiero a vederlo sfrecciare magistralmente. Attese in ogni caso l'intervento di Elizabeth, la cui acrobazia nel giro totale non poté che lasciarlo di stucco, zampillando nel solito sorrisetto sul volto. Quando si tuffò a sua volta nella piscina sportiva, l'impatto dei due giocatori sollevò una cascata d'acqua di almeno un paio di metri. McFly accompagnò la manifestazione agonistica con un sonoro colpetto di mani, di lui subito dopo non si notò altro. Come promesso, e per fortuna, l'Incanto Testa-Bolla si attivò nell'esatto istante in cui Elizabeth e Bartold sprofondarono nel lago. Somigliava ad una patina perlacea, come una bolla, portando così la possibilità di respirare. Il volo delle scope, tra l'altro, sorprendeva per la velocità costante che riusciva a mantenere perfino sott'acqua: né un tremito né un rallentamento, nulla poté frenare l'avanzata degli sportivi. C'era qualcosa di unico, in un'esperienza come quella; qualcosa che avrebbe potuto far dimenticare perfino il lungo percorso compiuto da Elizabeth, fino al Centro McFly. Quando poteva ricapitare?
Delta delle Acque appariva come una vera e propria cittadella sommersa, rivelandosi ben presto come una conca estesa a sufficienza per perdersi a vista d'occhio. Nelle onde turchesi, sfumate dalle alghe e piante sommerse di giunco, si alternavano guizzi argentei e rosati di trote, carpe e altri pesci d'acqua dolce. Nuotavano pacatamente, per nulla infastiditi dalla presenza di spettatori così inusuali: Bartold, infatti, già attirava l'attenzione di Elizabeth, in un movimento di braccia e di bollicine sospinte dalla giravolta completa del manico di scopa. Puntava ancora più in basso, le parole perdute nel grido distorto di genuino divertimento. In un banco di anguille e di plimpi, la piattaforma trascinava di pari modo il suono dei flutti e del canto di creature marine - il tremolio di pinne in nuoto, lo sciabordio dell'acqua e quello dell'ondeggiare della vegetazione di basso e dintorni. Ricordava tantissimo il Lago Nero di Hogwarts, pur nella certezza - lo era davvero? - dell'assenza della Piovra Gigante e dei Maridi. In ogni caso, era impossibile ignorare l'impronta più marcata del centro giochi: a pochi metri di profondità, già dove Bartold volava rapidamente, si scorgevano diversi campi sportivi. Erano ancorati alla roccia nelle forme classiche di veri e propri ovali, illuminati in modo soffuso da globi luminosi che tanto ricordavano i più grassottelli plimpi. I campi erano suddivisi in più livelli, dai più stretti a quelli più larghi, a riprova di una scelta per giochi, allenamenti o competizioni a squadre. Bastava scendere ancor di più per averne una panoramica, fasci opalescenti lungo i confini. I classici anelli alle estremità non mancavano, così come tutto il resto: Pluffe, Boccini, Bolidi, le palle da gioco erano custodite - come tesori - tra le pinne di statue di kelpie, la criniera di giunchi in pietra animata per magia per mostrarsi in primo piano, un po' come cheerleader fuori dall'ordinario. C'erano poi percorsi più immediati, di cerchi incantati per restringersi e allargarsi ad intervalli irregolari, sospesi e immobili in acqua per permettere ai giocatori di passarvi all'interno. Era una questione di abile rapidità, la maestria del volo adattata al cambiamento tra un anello e l'altro. Di lato, lì dove Bartold era in esplorazione, un reticolo dalle tinte verde-dorate accoglieva così tanti Avvincini, tutti alle prese con tre Bolidi che lasciavano scattare in una e più direzioni a colpi di tentacoli. Una prova di forza e di allenamento per veri e propri Battitori, le mazze in ferro erano perfettamente allineate all'ingresso del perimetro, incastrate in quella che di primo acchito somigliava ad una staccionata in legno. Preso dall'entusiasmo, Bartold vi si era già diretto.
«'aulche ti'o no' fa mae» sembrò gridare, rivolto verso Elizabeth. Le bolle d'acqua rendevano la comunicazione abbastanza difficoltosa, com'era naturale che fosse: altro piccolo appunto per McFly? D'altronde, erano lì per testare il centro sportivo. Potevano esserci problematiche dietro l'angolo, l'anziano proprietario era stato chiaro. E in effetti, il tempo di impugnare una mazza da Battitore e l'intera struttura in legno si animò di scatto, rivelandosi a malincuore come la tana di molti, moltissimi Dugbog. Con gli occhietti come schegge di tronco, si staccarono di netto dalle mazze e risalirono lungo le braccia e le gambe di Bartold, in un ticchettio di zanne aguzze che non lasciava dubbi.
L'incubo peggiore di Elizabeth, per quel giorno, non era finito.

Peggio dei Cannoni di Chudley all'ultimo posto, ripartiamo finalmente. Siamo alla conclusione, Elizabeth ad ora è nuovamente in compagnia dei suoi amichetti del cuore.
 
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view post Posted on 15/5/2023, 01:10
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Non sapeva cosa aspettarsi quando si era tuffata, ma di certo non prevedeva di trovare in quella piscina un'area perfettamente attrezzata per l'allenamento, con campi di varie misure e proporzioni a dividersi lo spazio e postazioni specifiche per i diversi ruoli di gioco. Avrebbe benissimo potuto essere un centro sportivo a sé.
Elizabeth si chiese se le altre sale menzionate da McFly differissero solo nell'ambientazione, disponendo però di attrezzature analoghe, o se fossero ciascuna dedicata a un diverso sport magico. Una volta finito il test, avrebbe senz'altro chiesto di poterle vedere: le sue caviglie avrebbero aspettato un altro po'.
Bartold nel frattempo si era lanciato in avanti, verso una piattaforma di addestramento per battitori.
«Aspetta!» provò a chiamare, ma la sua esclamazione si perse, assorbita in gran parte dall'incanto Testabolla e dispersa per il resto nella massa d'acqua, e non fu udita. «Idiota» borbottò allora tra sé Elizabeth e cominciò a muoversi per seguire l'amico, mantenendo tuttavia un'andatura molto più lenta e osservando con attenzione tutto ciò che riusciva a vedere.
Anche lei avrebbe voluto correre a provare tutto, ovvio: tutta quella roba era tremendamente invitante e la Nimbus si muoveva con una tale fluidità nell'acqua che era difficilissimo non abbandonarsi a un'incauta confidenza. Elizabeth doveva fare uno sforzo per tenere ben in mente la realtà della situazione e non lasciarsi andare. Uno sforzo fondamentale, necessario, perché la realtà era che si trovavano lì per un beta test, per verificare l'agibilità di una struttura che quindi, per definizione, non potevano considerare sicura. Non era proprio il caso di comportarsi come marmocchi in un parco giochi, perché c'era la concreta possibilità di trovarsi davanti ogni tipo di difetto, malfunzionamento...
O infestazione.
Elizabeth stava prestando la giusta attenzione e perciò vide il movimento ben prima che Bartold potesse percepirlo: appena il mago sfiorò la mazza, decine di occhietti piatti da rettile si spalancarono lungo l'intera struttura, decine di zampe palmate fremettero, distinguendosi dalle alghe tra cui si mimetizzavano.
«Bart! Vieni via!» urlò a pieni polmoni, sperando vanamente di riuscire a superare la duplice barriera che aveva precedentemente bloccato la sua voce. Se Bartold l'avesse sentita, con la prontezza di riflessi che da giocatore non poteva mancargli, sarebbe forse riuscito a scartare abbastanza in fretta lontano dal pericolo, ma così non fu.
Elizabeth represse l'istinto di correre in soccorso dell'amico: avvicinarsi e tentare di liberarlo a suon di strattoni e calci li avrebbe condannati entrambi e qualcosa le diceva che McFly non si sarebbe mai accorto in tempo che qualcosa non andava. Perciò, a malincuore, tirò verso di sé la punta del manico per frenare e estrasse la bacchetta, maledicendosi per aver lasciato in superficie gran parte delle proprie risorse e vagliando velocemente le restanti opzioni.
Una potente spruzzata di scintille rosse sarebbe forse bastata a spaventare quelle dannate bestiacce sulla riva, ma lì sotto l'acqua le avrebbe silenziate, rallentate e infine spente troppo presto. Non sapeva molto dei dugbog, ma di certo erano rettili e in quanto tali sensibili ai colpi agli occhi e sulla testa - come alligatori: buono a sapersi, se non fossero stati metà di mille. Elizabeth passò in rassegna tutti gli incantesimi con cui avrebbe potuto prenderli opportunamente a mazzate sul muso, ma nessuno di essi era pensato per così tanti obiettivi tutti insieme e colpirli uno alla volta non avrebbe aiutato Bartold. Incanti di per sé offensivi avrebbero rischiato di ferire anche lui. Se solo quello stupido avesse guardato dove metteva le sue dannate mani!
Le ci sarebbe voluto un esercito per liberarsi di così tante creature, peccato che non avesse nessuna cavalleria da chiamare con uno squillo di tromba.
Il frenetico riflettere di Elizabeth si interruppe, folgorato d'improvviso dall'idea che, furtiva, si era insinuata nella fila di pensieri nascosta dietro a una battuta caustica.
E se invece l'avesse avuta la cavalleria?
Di cosa potevano avere paura bestiole moleste come i dugbog se non di bestie più grosse?
McFly non aveva certo avuto la mano leggera nel decorare quello scenario subacqueo e, se tutto fosse andato per il verso giusto, avrebbero avuto modo e motivo di ringraziarlo per questo.
Elizabeth puntò la bacchetta verso il Kelpie di pietra più vicino. Inspirò a fondo. Non una sillaba uscì dalle sue labbra strette per la concentrazione: le parole lì sotto si storpiavano, si perdevano, e lei non aveva certo tempo da perdere in incanti mal riusciti. Lo sguardo fisso sull'obiettivo, pensò intensamente la formula, chiara e indisturbata nella sua mente come il rintocco limpido di una campana in un villaggio addormentato: *Kelpiefors*.
La statua si sarebbe animata, avrebbe voltato verso di lei il muso allungato in attesa del suo comando, sgranchendosi le zampe e rilasciando nell'acqua le palle che aveva custodito, non più la sua priorità. Elizabeth avrebbe ordinato alla creatura di dirigersi verso Bartold e avrebbe quindi rivolto il proprio sguardo alla statua successiva, puntandole contro la bacchetta e intimandole di animarsi - *Kelpiefors* - e quindi di unirsi alla gemella.
Inesorabile, la bacchetta di Elizabeth si sarebbe rivolta alla terza statua e ancora la formula sarebbe risuonata nella sua mente: *Kelpiefors*.
Avrebbe proseguito così, una statua dopo l'altra, di volta in volta spostando lo sguardo sul nuovo bersaglio, le sopracciglia aggrottate per la concentrazione, il braccio armato teso e fermo a puntare la bacchetta al cuore della pietra e ogni volta pronunciando mentalmente il fatidico *Kelpiefors*, ogni volta con rinnovata cura, senza permettere che la ripetizione della formula ne scalfisse l'intensità. Appena il manipolo di statue raggiungeva un'altra sorella, questa era già animata e pronta ad unirsi alla cavalcata. Tra una e l'altra, Elizabeth riportava sempre l'attenzione sul gruppo, per controllarne i movimenti e per testare la propria presa sulle creature di pietra: doveva animarne abbastanza da liberare Bartold, ma non troppo da non riuscire a governarle. Con la mano sinistra stretta intorno al manico e le ginocchia serrate si manteneva intanto stabile sulla scopa, pronta ad avvicinarsi ed allontanarsi secondo necessità e a spostarsi per mantenere la visuale, e quindi la magia, sulle sue creature.
Una volta raggiunto il grumo di dugbog, i kelpie avrebbero dovuto attaccarli, colpendoli violentemente sulla testa e sugli occhi con gli zoccoli e spazzandoli via con la possente coda squamata. Elizabeth sperava che Bartold fosse in condizioni abbastanza buone da riuscire a approfittarne per allontanarsi, sulla scopa o a nuoto. In caso contrario sarebbe stato compito di uno dei kelpie caricarselo sul dorso e portarlo dalla strega. Una volta allontanato il giovane, il ruolo delle statue sarebbe diventato più che altro difensivo: non avrebbero più dovuto cercare lo scontro, ma avrebbero usato zoccoli, code e persino teste per tenere i dugbog a distanza, impedire loro di raggiungere i due umani e possibilmente ricacciarli verso la recinzione.

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N.B.: non ho specificato quante statue Elizabeth anima perché nella descrizione dell'incanto è sì spiegato come animare più statue ma non sono indicati criteri per ipotizzarne il numero adeguato - fai tu Master! Inoltre, nella formula ho lasciato "kelpie" così com'è perché non saprei sinceramente a quale declinazione latina ascriverlo, anzi dubito che l'origine del nome lo consenta.
 
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view post Posted on 15/5/2023, 11:14
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P3Ma190
I Dugbog risultavano innocenti, almeno all'apparenza. Creature somiglianti a coccodrilli in miniatura, gli occhietti pronti a guizzare verso le prede più vicine in un lampo d'acciaio; pelle di corteccia, più legno che carne vera e propria, con un corpicino tanto lesto in acqua - soprattutto in zone di palude - da non lasciare scampo. Non rappresentavano un incontro nuovo, non per Elizabeth. I piccoli, fastidiosissimi morsetti alle gambe e alle caviglie di poco prima lasciavano intendere tutt'altro, pizzicando ora a mo' di avvisaglia: presto, infatti, si aggiunse il ticchettio sinistro delle zanne aguzze delle bestie del lago, tutte risvegliatesi dal torpore degli ultimi tempi. Il Ministero della Magia non aveva mai considerato i Dugbog estremamente pericolosi, eppure... i più avrebbero rapidamente cambiato opinione, alla presenza di un nutrito drappello degli stessi. Uno, due, tre, si staccarono velocemente dalle piattaforme d'alghe e di ferro tutt'intorno, scattando in più direzioni - un mulinello di bollicine d'acqua, i riflessi ramati delle creature come vessilli di battaglia. Bartold, poveretto, non ebbe fortuna, non all'esordio. I Dugbog, così numerosi, gli si avvinghiarono con una frenesia che lasciava di stucco: il lago, oltre ad essere impreparato ad accogliere i giocatori, non offriva granché come alimentazione? Morsi, graffi, squarci più insistenti, Bartold tentò invano di respingere gli assalitori, un po' con l'ausilio di braccia e gamba, un po' con colpi di manico di scopa sulle loro testoline. Non riuscì ad impugnare efficientemente la bacchetta magica, al contrario il volo stesso - nell'accezione atipica dell'ambiente, sott'acqua - gli si ritorse contro nella perdita dell'equilibrio. Il grido, benché ovattato, squillò come campanello d'allarme, un'onda che giunse a stridere oltre i confini di Delta delle Acque.
Elizabeth aveva ragione, difficilmente avrebbe potuto aiutare in prima linea - fisicamente - il collega. Il nugolo di Dugbog si era esteso a vista d'occhio, in modo vertiginoso: le loro zanne risuonavano come una promessa verso uno e più angoli, l'acqua stessa vorticava come in estasi. Malgrado velocissime, le scope avrebbero impiegato troppo per giungere a destinazione. Pochi metri, una scena disarmante. La prima statua s'animò in un sortilegio d'eccezione, il Kelpie di roccia si districò rapidamente dal sonno stesso, in un movimento caotico degli zoccoli davanti che tanto ricordavano un cavallo vero e proprio. Partì al galoppo, inseguito in pochi istanti da una scultura dopo l'altra, una schiera di Kelpie come soldati all'avventura. In prima linea, in avanzata, nuotarono come privi d'ogni resistenza, il peso della roccia favorito dalla magia in atto di Elizabeth. Realizzarono un bastimento, i giunchi delle criniere volteggianti oltre il velo d'acqua. S'abbatterono insieme contro i Dugbog, in colpi fuorvianti di code di pesce, di zoccoli di cavallo e di... testate, senza alcun dubbio. L'acqua si tinse, maldestramente, di gocce vermiglie, alcune più scure delle altre, e non divenne chiarissimo - non subito - se per opera delle ferite dei Dugbog oppure di Bartold, oramai già finito. Parve sollevarsi un breve maremoto, la forza dello scontro portò via numerosi Dugbog, alcuni schizzati in fretta e furia contro Elizabeth. Come ultimo atto di vendetta, in effetti, scorticarono lembi di pelle (-10 PS -7 PC) della strega, nella morsa di denti aguzzi e di dita pensili finché non si rintanarono altrove. Una nube polverosa, di alghe, corteccia, infine schegge di rocce (qualche Kelpie era stato morso a sua volta, privo naturalmente di ogni dolore). Ben presto non restò che qualche Dugbog, minacciato tuttavia dallo sguardo di pietra dei combattenti. Delta delle Acque rispondeva all'appello, e così Bartold.
«'appa via 'ubito, è REA'E» gridò, d'un tratto, come un folle. La voce, a stento distinguibile, si mescolò alle bolle d'aria in crescendo, in una stilla di tensione tanto estrema da far accapponare la pelle. Eppure era lui, a riprova che stesse bene o che, perlomeno, fosse ancora vivo. Cos'era, allora, che tentava di comunicare? L'acqua s'increspò di un'energia singolare, l'idea di un vortice che trascinava verso i fondali. Perfino Elizabeth, tuttora distante, poté accorgersi del cambiamento in corso: la scopa stessa volse il manico verso il basso, come in una pressione costante. Bartold, che non aveva smesso di gridare, zampillò oltre la nube finalmente in dissolvenza. Sembrò circondarsi di Kelpie, una statua e un'altra, tutte in attesa di ulteriori comandi. Alcune, come stanche, già tornavano alle postazioni iniziali, disperdendosi dal sortilegio che le aveva animate. C'era una, poi, tanto vivida: galoppava velocissima, la criniera esplosiva di verde smeraldo e di tinte ramate, giunchi intrecciati tra loro in modo impressionante. Occhi di perla, luminosi e vivi, indugiavano in lungo e in largo, come in caccia verso i fondali; gli zoccoli davanti sfidavano le onde, la coda anteriore si contorceva priva d'ogni ostacolo. Si muoveva a scatti fulminei, come a voler togliersi di dosso...
«Kel'ie ver'oo» Nell'ultimo avviso, si ritrovò finalmente lo stesso Bartold. Non aveva più la scopa, anzi risultava avvinghiato alla statua animata per via di una treccia d'alghe lungo il torace. Si notavano i suoi sforzi, tuttavia vani, di sfilarsi via i filamenti d'erba e liberarsi. C'era da chiedersi perché, allora, la statua avesse colpito anche lui. Appena più vicina, divenne evidente: il Kelpie che aveva intrappolato Bartold non era una statua. Il tempo di un battito di ciglia, prima che trascinasse la vittima verso i fondali.

Ottima strategia, complichiamo le cose perché siamo malefici più dei Dugbog.
 
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