Convocazione dall'alto

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view post Posted on 1/4/2020, 20:41
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isshonome
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Nel silenzio delle spesse mura di cemento, un orientale dubbioso camminava lentamente, quasi a ripercorrere le ultime vicende per potersi in qualche modo interrogare del perché fosse soggiunta una simile e inaspettata convocazione dai piani alti dell’istituzione massima e garante della giustizia: Il Winzegamot. Pensava all’ ultima mansione di lavoro che aveva battuto forte sul concetto di malafede commerciale, la spedizione a Pechino dunque, ma non gli sembrava di essersi mosso al di fuori delle proprie mansioni, competenze e legittimità; ancora, pensava a un possibile coinvolgimento ai danni della disputa di mesi e mesi fa tra le due fazioni di goblin ma, anche qui, era stato quasi un eroe anziché un criminale; corrispondenze o udienze con quel reparto non erano state richieste nel corso degli ultimi giorni, almeno, che ne avesse memoria… e allora, perché i pezzi grossi si sarebbero dovuti muovere con tanto interesse verso un pesce piccolo come il giapponese? Cosa si sarebbe dovuto aspettare da così tanta segretezza e celerità da parte delle risorse umane del Winzegamot? Non lo sapeva nemmeno ipotizzare, complice forse anche la leggera ansia di aver fatto qualcosa di sbagliato. Insomma, chi andrebbe tranquillo a incontrarsi con le alte cariche istituzionali che decretano la condanna o meno di un atto ritenuto criminoso/illegittimo a cuor leggero? La pura reazione umana era prepararsi a un possibile peggio affinché, se mai ne fosse scaturito il meglio, se ne sarebbe apprezzata la fattura. Aaaaampf. Sospirava, quasi per spezzare questo suo crucciarsi sul nulla. Sordi e pesanti, i passi echeggiavano per quella serpentina di mura quel giorno infinite; il bastone di bambù impugnato con la destra scandiva il tempo lento e inesorabile, mentre il contatto con altri colleghi veniva limitato a 0 e, stranamente, nessuna parola veniva proferita dal sottoscritto; lo stesso e abituale gesto di bussar tre volte alla porta di Vath Remar quel giorno veniva annullato, come se il vecchio giapponese stesse partendo per una terribile spedizione senza dirlo a nessuno non potendone immaginare il finale. Quella situazione era tutto un opposto di come avrebbe mai potuto vivere una giornata il buon caro Issho Fuji-Tora. L’ascensore, per fortuna, quel giorno era poco utilizzato, almeno…sentiva e percepiva che il fato stesse giocando a suo favore non mettendogli per la strada anima viva che avesse avuto la malaugurata idea di farlo parlare per far semplice conversazione che, in altri contesti, potevano solo far piacere al giapponese. Il bottone del secondo livello fu selezionato, le grate metalliche si chiusero e tra una stretta curva a destra, una lesta salita in alto di svariati metri e altre curve prima a destra e infine a sinistra, il cancello si aprì e una voce calda e quasi rilassante esclamava: Secondo livello, Applicazione della legge sulla magia - Quartier generale Auror – Winzegamot. Ooooohhf. Continuava a esternare preoccupazione quell'omone. Non era ancora venuto a capo del problema e la cosa lo infastidiva parecchio, tuttavia… era il tempo di rinfrescarsi le idee, allentare la tensione, smorzare i problemi e affrontare il fatto in pieno volto e senza troppi fronzoli. Imboccò l’ultimo corridoio che lo avrebbe portato al tribunale e, probabilmente, avrebbe cominciato a cercare il nome di Mr. Mix affidata a qualche porta nelle sue prossimità o forse, chissà, sarebbe giunto direttamente al tribunale come imputato.

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view post Posted on 2/4/2020, 18:07
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La vita era fatta di sensazioni, di emozioni, di passi.
Un battito di ciglia, un sospiro, un sorriso, tutto ciò poteva portare alle persone qualcosa, un segno, magari una cicatrice o anche una lacrima.
Issho, oramai navigato, reggeva al meglio l’impatto con tutto ciò che stava succedendo sulla sua pelle.
Non era cosa di tutti i giorni venir chiamato al cospetto del Wizengamot, l’altro tribunale dei Maghi britannici e questo poteva essere un onore come un grande problema.
Non appena si fermò sul posto, il signore orientale venne adocchiato da un’aitante giovane. I capelli lunghi e lisci, ricadevano con delicatezza sulle spalle, mentre gli occhi blu come il cielo osservavano il corpo del suo interlocutore, ben più imponente.


“Immagino lei sia il signor Fuji-Tora.”

Un sorriso leggero, sicuramente non caloroso, apparve sul volto dell’uomo, mentre inclinava la ritta schiena di alcuni gradi in avanti.
Sicuramente l’accoglienza non era stata una delle migliori, nemmeno una delle più felici, ma certo non si poteva dire che non ci fosse del rispetto.


“Se può seguirmi.”

L’uomo, vestito di tutto punto con un abito di colore scuro da cui risaltava una lucida e arruffata collana color argento, si mosse con disinvoltura tra i lunghi e lucidi corridoi di quel livello del Ministero.
Ciò che poteva notare Issho, era sicuramente la maestosità delle decorazioni di quel posto.
Nessun dettaglio era dato al caso, nemmeno un tassello di quel posto sembrava essere fuori luogo, ritagliato con cura al fine di dare a chi vi ci si muoveva di essere in un posto in cui non si poteva essere grossolani.
Ogni decisione, ogni posizione che si intraprendeva doveva essere definitiva, precisa, essenzialmente perfetta.
Nel giro di pochi secondi si trovarono all'insegna di una porta color scuro con una grossa maniglia d’ottone.
I colori freddi non permettevano in alcun modo di stare sereni, ma in fin dei conti non si poteva star sereni a prescindere.


“Siamo arrivati. Prego, può procedere. Buona fortuna.”

Non aggiungendo altre parole al suo discorso, l’uomo si spostò per far procedere l’orientale al suo prossimo ostacolo.

Cosa lo aspettava?


 
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view post Posted on 2/4/2020, 20:30
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Raggiunse un punto morto che lo lasciava interdetto sulla strada effettiva da seguire. Squadrava da un capo all'altro l’intero corridoio ma non scorgeva al momento nessuna figura che potesse in qualche modo aiutarlo a capire dove andare, chi cercare… cosa fare; avrebbe deciso da lì a poco di incamminarsi ulteriormente in cerca di qualche anima viva, con aria persa, ma fortunatamente lo sguardo andò a posarsi su una figura in avvicinamento parecchio più giovane del ministeriale: ragazzo dall'aspetto serio, curato, educato ma non prettamente espansivo; il suo vestiario scuro sposava perfettamente il mood che utilizzava nel porgersi con il giapponese che, ricambiando un sorriso tanto più rispettoso, non avrebbe proferito parola se non dar un cenno col capo di intesa, non per maleducazione ma per mantenere l’atmosfera su quel piano di attesa, di scoperta e di serietà che probabilmente la situazione andava cercando sin dalle prime battute. Fu invitato presto a seguire il neo-giovane ritrovato e che sapeva del suo ``appuntamento`` all'ultimo secondo tanto quanto Issho non sapesse chi fosse ma, d'altronde, era normale anche questo. Nel camminare e star dietro come un’ombra, l’orientale non perdeva l’ennesima occasione di scrutar quel piano che fino ad oggi non aveva nemmeno per sbaglio esplorato, vuoi per i vari divieti, vuoi per il poco interesse, vuoi perché vi risiedessero le più alte cariche istituzionali che, se bisognava cercare un riassunto delle loro ideologie e insegnamenti, le stesse mura avrebbero raccontato la storia a chi le percorreva: precisione, perfezione e definizione. Tutto seguiva quelle tre parole, dall'architettura generale dello stabile al modus operandi dello stesso fino a giungere probabilmente alle personalità forti che ve ne facevano parte. Presumibile poteva essere qualunque cosa che cozzasse con quel che la vista vedeva; non era difficile sentirsi a disagio, dato che non si era mai del tutto preparati a situazioni del genere, ma ecco che i dettagli, quelle piccole e variabilissime note di ogni cosa o persona, in quel posto trovavano un peso eccezionale, smisurato e forse…potente. Non dovettero camminare ancora tanto prima di raggiunger, finalmente, una porta che era già tutta un dire: spessa, altrettanto scura e caratterizzata da una maniglia in ottone. Ne servirà? Si lasciò ingenuamente scappare fuori dalla bocca in risposta al giovane che, messosi di fianco, lasciava libera quest’ultima per esser aperta e varcata. Buona fortuna per cosa? Si sarebbe domandato il giapponese; tutta questa suspense, questo mistero, questo esser criptici lo lasciavano andare nuovamente a un’infinità di pensieri che mai e poi mai avrebbero potuto generare una risposta per via delle miliardi di variabili. Si trovava in una sede di giustizia, avrebbe potuto incontrare individui che esercitavano i diritti di giudice, giuria e boia, poteva imbattersi in una sfortunata serie di problemi socio-legali dettati dalle insapute colpe lavorative di qualche genera o natura… ancora una volta un immenso scoglio di dubbio che, oramai, cominciava ad abituarlo sempre più all'idea di superarlo senza troppo stare ad analizzarlo. Se c’era qualcuno che lì dentro lo aspettava, sarebbe stato il caso di non farlo ulteriormente aspettare e, chissà, più di una risposta sarebbe potuta cominciare a giungere. Un malinteso? Un malcontento? Un ammonimento? Un semplice incontro conoscitivo o richiesta d’aiuto? Si poteva presentare all'orientale tutto e il contrario di tutto. Lento e con una rinnovata fiducia nelle sue capacità comunicative e forte nei propri caratteri ideologici solidi, Issho si avvicinò al pomolo del spesso legno di quel posto e con una controllata forza e fermezza l’aprì, lasciando uno sguardo di saluto al giovane uomo ancora lì in attesa per poi varcare la soglia e lasciarsi andare a quel che sarebbe stato.

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view post Posted on 6/4/2020, 18:24
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Alla simpatica domanda, il giovanile ministeriale non rispose.
Fece un leggero sorriso, sicuramente dalle note sarcastiche, ma non disse nulla, forse per mantenere la suspense ad alti livelli.
Quando Issho lo salutò, lasciandosi dietro tutti i lustri del Secondo Piano, mai e poi mai si sarebbe immaginato di vedere il nulla.
Nulla. Avete letto bene.
Non si vedeva niente all’interno di quel posto, dalla pavimentazione liscia e sicuramente marmorea.
Cosa diamine stava succedendo? Che fosse una trappola?
Se l’orientale avesse provato ad aprire la porta che si era lasciato alle spalle per uscire, avrebbe notato che questa era stata sigillata.
Ma era veramente importante tutto ciò? Era un dettaglio rilevante per un uomo fermo e razionale come lui?
Se avesse proceduto a camminare in avanti, il dipendente Ministeriale, avrebbe sentito risuonare l’eco dei suoi passi. In quel luogo c’era solo e soltanto la sua persona e niente più.

Quello era il momento della verità, il tempo esatto in cui avrebbe capito per quale motivo gli era arrivata quella missiva e perché era stato chiamato dal Wizengamot.
Dal suolo una leggera brezza iniziò a farsi sempre più forte, generando due spirali dal color ghiaccio.
Nulla era dato al caso, nemmeno quei piccoli getti di aria che con estrema grazia andarono a posizionarsi davanti all’orientale realizzando due vivide immagini.
Sulla sinistra, una strega anziana stava piegata sul pavimento dolorante. Sembrava fosse stata colpita alla testa e il sangue lentamente scendeva sul volto, mettendo in risalto gli occhi azzurri.
La donna, che poteva avere anche 110 anni, non sembrava lamentarsi, consapevole del fatto che la sua vita era stata ampiamente vissuta, semplicemente goduta senza rimpianti.
Sulla sua destra, mentre l’attempata mostrava la sua ferita, l’immagine di un ragazzo di circa trent’anni si fece avanti con forza.
Sembrava essersi fatto male anche lui, nello stesso identico punto della donna con la sola differenza che gridava e sbraitava.
I suoni di quelle grida Issho non li poteva sentire, ma sicuramente poteva immaginarli. Il labbiale del giovane era feroce, diretto e sicuramente faceva capire il dolore che stava patendo in quegli attimi.
La bizzarria si era finalmente fatta viva. Dopo tanti misteri, tante paturnie , tante porte da aprire qualcosa era successo, qualche strano evento si era verificato.
Ora stava a lui capire cosa fare, come muoversi in quel gioco - se così si poteva definire - che ancora non conosceva a pieno ma che costantemente gli stava mostrando le sue regole.
Il ministeriale poteva agire in tanti differenti modi, svolgere tante diverse azioni, ma sicuramente pochi erano i comportamenti giusti da avere, solo che doveva scoprirli.
In quegli attimi di confusione la risposta c’era, ma non si vedeva. Ora Issho aveva in mano il futuro di quella situazione; tutto stava a lui e a nessun’altro.


 
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view post Posted on 6/4/2020, 21:36
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Mano salda al pomello della porta e forte convinzione a varcare la soglia, le due prerogative che si erano andate a consumare in quei attimi. Issho Fuji-tora entrò in due azioni in quel nuovo ed ennesimo ``livello`` che di tanto mistero e cripticismo era stato intarsiato e, se bene i lustri e sfarzi caratterizzanti le precedenti architetture fossero adesso spariti, ancora sull'onda del dubbio e del mistero la partita si sarebbe protratta. Buio. Il nulla. L’ombra e il vuoto furono accoglienti nei confronti di un anziano che adesso camminava a sguardo alto nel dubbioso cammino, su di un pavimento liscio e non mostrante nulla che il Nulla stesso non avesse già mostrato, il nero assoluto; di primo acchito sembrava aver problemi con la vista ma era evidente che tutto fosse stato già studiato per esser tale, in perfetto stile della perfezione, precisione e puntualità del precedente corridoio. Un passo dopo altro, camminava accompagnato dal proprio sordo rumore echeggiante nel vuoto circostante; poteva esser anche decisamente ampio lo spazio in cui si trovava e il terreno, a ben tastare, sembrava non solo liscio ma costituito da dura pietra, secca e piena. Si fermò non dopo aver fatto ulteriori passi, in piena serietà e analisi di cosa poteva accadere da lì a poco e, effettivamente, qualcosa cominciò ad accadere. Come una serata di forte inverno, la brezza prendeva forza dalla base della pavimentazione ignota, come se si stessero avvicinando i freddi e umidi aliti di un inverno che si prometteva forte e violento, con la differenza che tali sensazioni, ben visibili guardando basso, andavano a plasmarsi in figure nitide e distinte, quasi argentee, che in una serie di evoluzioni e coreografie andavano a formare due individui del tutto separati e differenti fra loro: da una parte veniva a palesarsi un’anziana strega, molto al di là dei comuni anni, che stava ripiegata in terra con il volto sanguinante e evidenziante un bell'azzurro negli occhi; dall'altra parte, inveente contro questa in un innaturale silenzio filippico, un uomo decisamente più giovane con una simil ferita alla testa. Il tutto cominciava a inquietare e suscitare malessere nella sua interpretazione e visione ma, al tempo stesso, più di una cosa cominciava a scoprire senso, per lo meno, nella mentalità del giapponese. Ora era chiaro il ``buona fortuna`` che il giovane ministeriale precedente aveva menzionato, senza nascondere un certo sorriso ambiguo; era in prova? Cominciava un test attitudinale? Non poteva saperlo e tanto meno osare immaginare a cosa stessero puntando i dipendenti di quel livello, ma il giapponese, che di età e mentalità aveva visto una discreta esperienza e formazione, non si sarebbe ritirato nella possibile e interessante risposta che da lì a poco sarebbe potuto stato chiamato a dare. Non proferì ancora parola, sfruttando il religioso e evocativo silenzio per squadrare ulteriormente le due figure; straordinario era quante emozioni potessero emergere dalle sole espressioni adottate dai due protagonisti di quella scena. Puntato il bambù dinanzi a lui, posò inizialmente la vista sulla donna, la cara strega anziana: È silenziosa, ascolta le invettive che gli vengono scagliate contro. Non mostra rabbia, nemmeno dolore fisico, ma comprende tutto ciò che è accaduto, senza rimpianti. La voce rauca sembrava investigare le strane sorti di entrambi e un sospiro dava una certa cadenza ai suoi monologhi. Soffre dentro? Oh…probabile per come abbia preso una brutta piega la storia, ma non la rinnega né forse sì da colpe. Ma colpe di cosa? Parlava a nessun pubblico, senza dar particolare attenzione a possibili interlocutori…semplicemente rifletteva ad alta voce; a seguirlo nel discorso c’era la sua mano sinistra tenuta salda sulla punta del proprio bastone, dove l’indice si alzava senza troppo sforzo per indicare adesso la figura più giovane dinanzi all'anziana strega. Lui… lui ha tanta rabbia dentro; sta rigettando tutto, svuotando un enorme sacco ricolmo di piccoli fatti, situazioni, comportamenti che ha ricevuto con torto e ingiustizia nel corso della sua breve esistenza. Soffre, sia nel proferir parola che nelle possibili azioni commesse. È chiaramente turbato, inaspettato…contrario allo stato emotivo della strega navigata alla vita. C’è chi ha ragione e chi torto… la strega sembra serena e accettare tutto. Accettare cosa però? Si avvicinò lentamente alle due figure in quella rappresentazione, come per fare uno zoom meditativo all'intera faccenda che chiedeva di esser ricostruita. Ancora, vedeva la massima accettazione del divenire nella donna e la rassegnazione di un giovane caduto vittima della propria ira di un momento non facile e pesante di dramma. Forse Nonna e Nipote, un torto subito dal più giovane, chissà? Arrogante, modesto o subdolo che non veniva visto di buon occhio dal parente che, conscio di quanto potesse costargli una simile azione, non ha perso occasione per renderglielo evidente e non fargli spettare cosa di diritto gli toccasse e al tempo stesso aiutandolo a trovar la strada, suscitando in questo una forte ira del ``tutto è dovuto``. Una vendetta, una ripicca, senza giustizia e preda della dissennata coscienza. Errore di entrambi. Da condannare uno solo. Mille e più variabili sarebbero state possibili in quel momento ma, perché’ scegliere quella dove l’anziana doveva essere l’innocente e vittima della storia? Non sapeva ben dirlo, ma quell'azzurro degli occhi in un quadro di analisi espressiva, evocavano insieme ai tratti del tempo segnante un corpo di donna, la tipica persona pacifica, buona e che chiedeva solo il meglio per un proprio caro, nonostante questo fosse troppo cieco per accorgersene o rendersi propenso a farsi aiutare. Uno di quei casi tipo che, in un tribunale, avrebbero trovato poco spazio all'interpretazione dei sentimenti se non a condannare o creare moventi… ecco che la giustizia morale viveva la terribile crisi sul creare attenuanti al condannato o seguire l’assolutezza della giustizia che con i propri codici parlava chiaro e schietto. Non ci sono tanti elementi a conferma di pure illazioni dettate dalle espressioni dei due, rimetterei la valutazione e, se proprio dovessi esser chiamato a decidere chi dei due ha torto, il ragazzo è sicuramente molto predisposto a esser condannato, complice la giovane età, la forza e la rabbia del momento nei confronti di una donna in là con gli anni e l’incapacità di vedere alternative legali dinanzi a sé. Sarebbe rimasto fermo immobile a continuare a osservare quel volto del giovane; si era giocato un bel possibile futuro per una probabile rabbia del momento.

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view post Posted on 8/4/2020, 17:38
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La logica.
Era qualcosa di magnifico, un’energia che sprizzava dalla mente per disegnare qualcosa su tela bianca, con l’intento di creare qualcosa di razionale.
Eppure qualcosa poteva non tornare, come aveva ben chiarito Issho, c’erano tante dinamiche che non erano state studiate, tanti perché che ancora non erano arrivati alla loro naturale conclusione.
Il perché avesse ipotizzato una parentela tra le due immagini era chiaro, meno chiaro era il perché le avesse dettate a voce.
Forse era l’enfasi del momento? O c’era qualche strana influenza che gli aveva fatto capire che quella potesse essere una prova per lui?
Al finir di proferire le parole, l’orientale, vide l’immagine del ragazzo farsi colorata.
Eppure c’era qualcosa che non quadrava, il corpo restava color ghiaccio, mentre il sangue diventava rosso e chiazzava le vesti e il pavimento.
Cosa era successo? Cosa stava succedendo?
Non ci fu il tempo di realizzare, di valutare quella informazione che il colore iniziò a propagare nella sala, mentre le due figure si dissolvevano.
Quando rimase solo la macchia a far padrona della scena, questa iniziò a prendere vita. Come se fosse in grado di intendere e di volere prese forma, volume e occupò parte della stanza.
Nuovamente due scene si palesarono a lui; la prima con un uomo, dai grandi e lunghi baffi che lanciava un incantesimo mortale ad un altro, mentre nella seconda lo stesso uomo con i baffi veniva minacciato dall’uomo ucciso.
Le parole non uscirono nemmeno quella volta dai personaggi. Certo poteva essere un dato fondamentale quello, ma bastava notare la furia dell’uomo ucciso a far capire che l’uomo con i baffi era stato minacciato.
Per l’ennesima volta, Issho, aveva a che fare con un caso, uno dei più atroci che potesse accadere al Wizengamot.
Poteva un uomo venir accusato per aver ucciso un altro che lo aveva minacciato? Poteva essere corretto il comportamento del signore con i baffi con delle attenuanti?
Quello era il potere del Tribunale, quello era il potere della Corte Suprema. Si stava sviluppando sotto gli occhi dell’orientale in maniera implacabile e decisa. In qualche modo le scene gli stavano facendo capire che in quel luogo si spostava l’ago della bilancia. Proprio lì si stabiliva il concetto di giustizia, la decisione legata alla norma che doveva regolare la civiltà.



 
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view post Posted on 8/4/2020, 18:44
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I pensieri scorrevano come fiume in piena in quel fermo immagine di ghiaccio; il giapponese avrebbe giurato a chiunque di aver visto e sentito molto vicina una scena di vita mai sperimentata in quell'anziana e in quel giovane e, al tempo stesso, aveva giudicato nella totale insaputa di altri elementi la colpa di uno o dell’altra…con quale autorità? Con quale potere? Nessuno, era chiaro, ma era naturale per l’uomo giudicare. L’essere umano, dalla prime fasi in cui ha coscienza di se’, è portato naturalmente a distinguere e far esperienza delle cose, fatti o persone che passano per la sua strada; allora si comincia a dire cosa è giusto e cosa sbagliato, cosa piace o meno, cosa conviene e cosa è meglio non fare; tuttavia, il giapponese sapeva ancora meglio che l’uomo non avrebbe mai dovuto anteporre alle leggi naturali quelle personali, davanti al diritto canonico, quello scritto, in favore di un proprio codice etico o morale e questo perché il mondo non è rappresentazione libera e personale di se stessi ma, al contrario, un insieme di individualità che nella loro mediazione hanno generalizzato una serie di norme e codici di condotta che devono aiutare a far rispettare quelle distinzioni di Giusto/Sbagliato, Buono/Cattivo senza andar a scontrarsi con la maggioranza. Allora ecco che nasce la legge, la giustizia, la norma da seguire per un paese accomunato da più esperienze e volontà simili, democraticamente percepite e proposte. Issho, che era un fan della giustizia sin dalla nascita, aveva sempre maturato il proprio percorso e le proprie scelte sulla base di cosa e come le regole del mondo, delle società gli permettevano di muoversi; mai una volta tentò di andarvi contro, al più si sarebbe proposto lui stesso, nelle sedi opportune, come ``consigliere`` per determinate modifiche ma, anche lì, mai sarebbe andato contro i canoni stabiliti anche al solo fine di presentar una modifica… la giustizia, la sete di correttezza e legalità, scorrevano forte in lui al punto che probabilmente, se mai avesse potuto far esperienza negativa o contro le regole di un preciso e possibile episodio, sarebbe stato lui stesso in primis ad autodenunciarsi. Certo, era chiaro che la morale aveva anche il suo spazio, ma nelle ultime sue vicende questa aveva peccato di ingenuità’, spingendolo a una ricerca assoluta della giustizia che ultimamente richiamava a sé quella potenza dello scritto, di giustizialismo: LE REGOLE SONO REGOLE. Ricordava bene anche dai tempi della Mahoutokoro come i suoi insegnanti affrontassero il tema del giudizio con mille sfaccettature, chiaramente ricche di senso e logicamente esatte ma, spesso, vedeva mal interpretare una legge a tal punto che perdeva questa stessa di senso, perché ampliata in un contesto troppo generale e ricco di variabili che cozzavano palesemente con l’idea originaria della stessa regola; lo considerava un errore e, a tal proposito, aveva ideato per se una netta distinzione fra legge e morale al punto di utilizzare la prima per chiarire il giudizio/condanna e la seconda per studiare il caso. Il senso? Non farsi influenzare da ciò che veniva considerato dalla società giusto/sbagliato ma al tempo stesso esaminare la personalità incorsa nell'infrazione possibile in modo tale, al massimo, di attenuare dove possibile una pena senza sconvolgerla. Il discorso, in linea generale, era molto più complesso tanto che ci volle un cambio di scena per portarlo con i pensieri al momento attuale: un rosso vivo prendeva ora a colorare quello che naturalmente era il sangue nel volto del ragazzo color ghiaccio. L’immagine e l’intensità di quell'elemento diveniva sempre più forte e preponderante da sembrare viva e mutevole nella sua interezza al punto che, nuovamente, si andarono a creare da questa altre due scene, come le precedenti, in contrapposizione; se da una parte appariva un uomo dal baffo lungo e voluminoso che era intento a lanciare un incantesimo di qualche natura nei riguardi di un’altra persona, dall'altra parte si vedeva lo stesso uomo coi baffi venire minacciato dalla ``vittima`` di quel suo incantesimo. Nani’? Venne normale esclamare in lingua al giapponese, ma non tanto per sottoscrivere il Cosa fosse successo in quel momento che era abbastanza evidente, ma il Perché’ fosse accaduto. Non era difficile notare dalla parte della vittima una evidente rabbia e foga negativa, quasi criminale, così come non era difficile notare l’uomo coi baffi intimorito da qualcosa che il ``morto`` aveva avuto modo di esprimere, nell'inusuale silenzio che le scene presentavano; forse minaccia, forse una realtà scomoda…tante cose potevano essere, ma il morto rimaneva morto e una giustizia doveva consumarsi nel vivo che avrebbe scontato un processo eventualmente: Aaaaa... Sospirava grattandosi il capo, prima di riprendere a spiegare con la sua voce rauca. ...sicuramente si giocherebbe la legittima difesa. Parlava implicitamente di chi aveva commesso il ``crimine``. Ma ciò non giustifica l’eccesso di difesa; anche se minacciato di morte, ciò non ci dà il potere o il permesso di uccidere. Diamine, cosa siamo? Animali?! Era complesso da giudicare da un punto di vista morale ed ecco perché il giapponese riteneva questo fattore troppo obsoleto in determinati casi di giudizio. Esiste un sistema giustizia proprio per questo motivo, per evitare che la barbarie e la vendetta, che si confonde con la ``giustizia privata``, facciano da cornice a una società maleducata e che vive in un ordine labile e fugace. Non riesco a provare pena per il morto, né tanto meno per il vivo. Sono figli della stessa scena precedente: colpe di entrambi, da condannare uno solo, con la differenza che se sul primo episodio la morale poteva attenuare, qua serve a ben poco; si, può essere stato un incidente… ma la bacchetta è stata puntata volontariamente e l’incanto usato con convinzione. Non c’è sconto, c’è rigore. Certo, era chiaro che quello potesse essere un possibile finale però, nel pronunciare quelle ultime parole il giapponese tentennò leggermente e per un preciso motivo; tutta quella situazione, quella sorta di test oramai quasi evidente (per lo meno, ne era convinto l’orientale) stava procedendo nell'ordine di rendere l’anziano la giuria, il giudice e il boia di determinate scene. Sentiva un peso sulle spalle, una responsabilità immensa nel giudicare nitidamente quegli episodi tanto che gli sembrava quasi di sbagliare, in ogni caso e per un solo motivo: emettere una condanna, giudicare una persona o più, lo poneva in quel momento al di sopra di un Dio per la capacità di decidere della vita di una persona, di regalargli o sottrargli tempo; si andava a scontrare e limitare la libertà di una persona mettendo dinanzi la propria… quanto di più ingiusto potesse esserci ma quanto di più legale vi fosse per mantenere stabilità, tranquillità, rigore e disciplina in una società. Sollevò il capo, tornando a fissare il vuoto; non nascose una certa tensione nell'ultimo parlato, ma non era sicuramente facile prender simil decisioni a cuor leggero… per dio, si andava contro natura.

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view post Posted on 13/4/2020, 16:39
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JXEUHcu

Le basi erano state assodate.
Solidi mattoni fondavano la morale del personaggio, che giudicava implacabile sotto ogni punto di vista.
Aveva chiara la possibilità che la vecchia potesse esser stata aggredita dal giovane, aveva chiaro il concetto di legittima difesa, che comunque non scagionava ma al massimo attenuava il reato.
Sapeva molto.
Forse l’anziana età, forse gli insegnamenti di una vita, lo avevano condotto su di una strada dove aveva potuto crescere e sentirsi forte, una strada dove era divenuto una pianta dalle radici robuste in un terreno melmoso.
Erano apprezzabili quei discorsi, quei concetti lanciati in aria verso un interlocutore ignoto, ma a che cosa sarebbero serviti? Avrebbero aiutato a superare quell’alone di mistero?
Mentre il nuovo giudizio veniva proferito, una luce verde dalla bacchetta dell’uomo con i baffi apparì.
Come era successo in precedenza, le figure rosse sparirono, per lasciarne altre ma dal colore smeraldo, una delle quali decisamente familiare.
Proprio sotto il suo naso, la sua stessa figura apparve gigantesca a scrivere un foglio di pergamena.
Cosa stava facendo? Che stava scrivendo?
Sicuramente mentre la sua solida figura si faceva maggiormente nitida, Issho, poteva avvertire già cosa potesse succedere.
Sulla destra della sua figura, un’altra dall’aspetto maggiormente martoriato che piangeva e si dimenava con in mano un bicchiere di Whisky Incendiario.
Era Fergò, Mr. Fergò, uno dei più alti funzionari in carica nel dipartimento dell' Ufficio Cooperazione Magica Internazionale.
Se l'orientale avesse fatto attenzione ai particolari dell'immagine, avrebbe potuto notare che il funzionario aveva tra le mani anche la Gazzetta del Profeta con un articolo in prima pagina dal titolo:


PARLO ARABO? O FORSE...CINESE?

Non era un caso che quell’articolo fosse stato portato in auge in quel modo, senza troppi scrupoli.
Issho sapeva che quello scritto poteva aver portato il Ministero e il funzionario ministeriale in cattiva luce. Poteva essere stato considerato anche diffamazione.
Proprio in quel momento la giustizia si faceva implacabile ai suoi occhi, nuovamente.
ERA GIUSTA. Non teneva conto del perché si fosse fatta una determinata azione né tantomeno di chi l’avesse compiuta.
Era imparziale, in ogni dove e in ogni perché. Era valida per tutti.
In quegli attimi, l’uomo poteva iniziare a sentire il freddo attanagliargli il collo. Da boia poteva essere divenuto vittima. Stava solo a lui capire come districarsi da quella situazione.


 
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view post Posted on 13/4/2020, 18:30
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isshonome
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Il vuoto fissato a lungo andava ora a chiamare l’attenzione del giapponese nel suo oramai usuale modo; là dove vi erano le figure del tipo baffuto e della vittima, andavano a plasmarsi in un lampo di luce verde uscita dalla bacchetta stessa del criminale, altre due scene. Quello smeraldo, quella tonalità da una parte brillante nella sua esplosione nel nero totale dello sfondo e dall'altra parte pesante nei vari aspetti che il verde poteva rappresentare aprì dinanzi alla vista del giapponese uno scenario inverosimile ma potenzialmente attuale e logico. Una punta di freddo si alzò da terra sin al collo dell’anziano orientale, come se qualcuno stesse reclamando la sua testa a suon di codice di condotta e Karma…ma aveva da temere, in fin dei conti, lo stesso dipendente che fino ad ‘ora aveva giudicato disparate scene che nella vita potevano considerarsi quotidiane e tipiche del sistema? Non lo sapeva ancora, ma sicuramente un nodo alla gola lo pressò non appena la nuova scena prese vita: c’era lo stesso giapponese questa volta, in versione gigante, che sotto il proprio sguardo era intento a scriver qualcosa su una pergamena …che cosa? Pensava agilmente e velocemente a cosa avesse mai potuto fare riferimento tutto quell'inquietante scenario, quasi a violentar la sua stessa privacy ma lo sguardo fu attratto nuovamente da un secondo personaggio ancor più degno di attenzione in quel momento: Mr. Fergo’. Oooooooh. Sospirò quasi afflitto, cominciando ad esaminare i dettagli di quel che doveva essere un bravo funzionario ministeriale allocato al commercio e politiche allegate; non riusciva a capire bene, ma sembrava in disperazione, piangente e con un bicchiere di whisky incendiario alla mano. Perché’ anteposti i due e soprattutto perché mai un omone tutto d’un pezzo come Fergo’ era stato presentato in quel mood che non gli si addiceva per niente? Tutto fu chiaro da lì a poco grazie a un dettaglio scrutato sul finale dell’analisi della scena: la gazzetta del profeta. Ai (Si). Piano, a bassa voce, confermò l’orientale a tale vista, collegando anche il cosa stesse scrivendo la sua stessa rappresentazione più enorme. Colpito nell’animo, volle per un momento far una rapida successione degli ultimi giorni che lo avevano riguardato, insieme ai suoi colleghi, con le trattative con i cinesi; lo aveva detto con Mr. Remar e, in qualche modo, aveva avvertito lo stesso Fergo’ che tutto il macello diplomatico successo con le autorizzazioni del superiore avrebbero trovato lamentele e provvedimenti. Insomma, per quanto poteva riguardare Issho, quella missione che anticipò mesi prima l’ultimo scontro con Jan Li era stata portata avanti con vergogna, sdegno e assenza di legalità da Fergo’ stesso e Issho accusava di tutto ciò solamente lo stesso omone barbuto per via del fatto che era stata sempre e solo una sua idea che, al netto della carica che rappresentava, poteva essere solo eseguita dagli altri colleghi del giapponese collegati al fatto (Remar, Tessa). Avanzò davanti le due personalità vive e mute in contrapposizione e se da una parte la sua stessa figura fu poco squadrata per via della veridicità che poteva sicuramente rappresentare in quel frangente, dalla parte di Fergo’ invece trovò sosta e momentaneo silenzio prolungato. Tante cose gli stavano passando per la testa, dalla bontà d’animo alla rabbia, dal lavoro all'amicizia, dal senso di responsabilità all'imprudenza. Non aveva dimenticato la lavata di capo fatta a Mr. Remar prima della partenza per risolvere quella faccenda a Pechino e non avrebbe mai negato l’evidente mediocrità e mal lavoro svolto nella precedente campagna con Jan Li; si, Fergo’ piangeva in quella rappresentazione, ma si potevano sempre chiudere gli occhi sugli atteggiamenti che rischiavano seriamente di minare il lavoro di un’istituzione in se’? Passò oltre i due smeraldi e tornò a rivolgersi a nessuno, trovando una certa schiettezza, franchezza che spesso gli si addiceva in altre situazioni, non sicuramente a quelle che lo potevano vedere come un imputato per qualche crimine. Un commerciante cinese, da tempo nel nostro territorio, si incontra nella notte con i nostri funzionari del quinto livello per trattare determinate cose. Merci? Si, prodotti non del tutto usuali nella nostra nazione e sicuramente illegali. Ci si aspetta un qualcosa di ritorno per noi. Cosa fu proposto per noi? Sospirò, afflitto da quanto doveva dire in totale onestà con sé stesso. In cambio della legalizzazione di alcune sostanze fino ad ‘ora vietate, la fazione cinese si sarebbe fatta garante del mantenimento dell’ordine pubblico dei propri connazionali a Londra. Una minaccia, chiaramente. Sorrise, nonostante quel sorriso fosse un chiaro sfogo all'irrazionalità che da lì a poco avrebbe denunciato a carico di mr. Fergo’. Abbiamo ACCETTATO! Leggermente alzò il tono di voce sul pezzo finale, chiarendo subito dopo. Non io in prima linea, ma i miei colleghi capeggiati da Fergo’. Assurdo no? L’Inghilterra che invece di denunciare e perseguire criminali in vesti di commercianti che minacciano ribellioni nel nostro suolo, si ritrova dal nulla a far saltare le prassi burocratiche, diplomatiche e legali e ad approvare una MINACCIA e sostanze ILLEGALI, mostrando debolezza e…che cos'altro? Domandò retorico, mentre l’indice della mano sinistra andava a toccar con forza la tempia alla stessa latata della testa. Malafede, crimine, mancanza di rispetto e di legge… Tossì, in impeto di continuare …e non solo nei nostri confronti, di inglesi come tale, ma contro altri nostri Stakeholders esteri. Si riesce a immaginare cosa sarebbe successo se tutto ciò fosse stato risaputo ancora prima di risolvere il fattaccio? Che figura avremmo fatto agli occhi del resto del mondo? Un paese che agisce nell'illegalità perché incapace di punire o denunciare? Il tono era secco e inquisitorio; non sembrava tanto la vittima di una storia, ma un avvocato all'arringa finale. Fergo’ piange, amare lacrime, ma non perché ha letto un mio articolo che, si badi bene, commenta la seconda parte della trattativa con la Cina, ripulendo l’immagine stessa di un ministero che nelle precedenti sue Direttive aveva mosso nell'illegalità specifiche azioni commerciali dal quinto livello, ma piange perché sa’ di essere stato imprudente, superficiale… debole. Tornò a una calma riflessiva, riportando lo sguardo sul giovane funzionario in lacrime. Una figura di quel livello, che non trova parole davanti al tavolo di trattativa, che si fa salvare da un fallimento annunciato nella precedente trattativa, forse, ha perso di vista il proprio lavoro, la propria vocazione. Batte’ a terra con forza il proprio bambù, indice che avrebbe completato quel suo monologo in un ultimo periodo. Ho scritto di un ministero che l’ha spuntata contro la malafede dei criminali; ho messo a tacere eventuali ripercussioni non solo economiche ma anche relazionali con gli altri paesi prima che emergesse la storia di un accordo precedente e illegale che si prefiggeva di controllare la criminalità con un atto imprudente e illegale al tempo stesso. Ho scritto del valore e della mancanza di diplomazia e di cosa comportino. Ho scritto degli sviluppi ipotetici di patti portati avanti con quelle modalità che Fergo’ poco tempo prima aveva utilizzato. Il vero, nella totale conoscenza delle leggi. La critica è stata riservata al peccatore cinese, alla malafede commerciale di un nostro Stakeholder. Se Fergo’ piange, ripeto, è da definirsi e cercarsi il senso nelle sue mancanze personali e lavorative che, in quella carta inchiostrata, non sono né state portate avanti e tanto meno mosse come accuse. Non vedo per noi, come membri di un’istituzione, né vergogna né debolezze, anzi, tutt’altro: vedo un ufficio che si è saputo far valere, che ha risolto un problema precedente per fortuna mai emerso e che ha messo la testa a posto alla Cina, per il momento. Il resto, è interpretazione, ma quello che ho scritto rimane scritto e accessibile a tutti nella sua chiarezza e precisione di tematiche trattate. Non c’è spazio al sentimentalismo e all'ipotetico. Tossì un’ultima volta per schiarirsi la voce nonostante la salivazione cominciasse a venir meno. Tutti devono rispondere alle proprie responsabilità, ai propri errori e ai propri successi. Forse Mr. Fergo’ dovrebbe tenersi pronto e impegnarsi a risponder per sé. Ancora una volta il giapponese, denunciava la mancanza di giustizia con un’altra declinazione del male: quello commerciale e che purtroppo aveva visto partecipe un funzionario ministeriale. Sogno un mondo giusto e quindi devo denunciare le mancanze, la' dove presenti, e informare o insegnare ad altri come prepararsi o affrontare le ingiustizie. Questo si legge nell'articolo, parafrasato. Non si può giudicare un ideale di giustizia … si giudica il suo trasgressore.

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view post Posted on 16/4/2020, 18:20
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Sognava un Mondo giusto.
Un Mondo senza sotterfugi, senza scappatoie, senza mezzi alternativi di trattativa.
Un Mondo utopico, il tipico dei Mondi che viene descritto nelle favole, che viene a crearsi solo dopo che il principe azzurro scende in campo con la sua spada luminosa per sconfiggere i demoni presenti sul posto.
Un Mondo come quello esisteva? Un Mondo come quello poteva esistere? Vi erano degli esempi morali che avessero mai portato mai avanti quel tipo di ideale?
Se fosse stato possibile tutto ciò che desiderava Issho, si sarebbero trovati in un posto meraviglioso, in un luogo dove sicuramente il quieto vivere sarebbe stato più semplice da ottenere e molte delle persone presenti in quel Mondo Magico non avrebbero sofferto.
Di certo era che i valori dell’uomo erano dei più puri, se quelli che venivano enunciati in aria erano i suoi ideali, l’orientale era una persona retta, una persona con un intelletto superiore che non veniva piegato da niente e nessuno.
Fu in quel momento che una luce inondò l’uomo. Una di quelle luci che possono abbagliare un palcoscenico, quando l’attore principale sta svolgendo il discorso più importante di tutti, il monologo che di per sé contiene il significato vero e puro di tutto quanto lo spettacolo.


“Chi pensi sia stato a dare quegli ordini a Fergò? Pensi abbia agito di sua spontanea volontà? Pensi sia possibile scendere a patti anche andando contro la giustizia?”

Per la prima volta dopo tanto tempo, l’omone percepì una voce diversa dalla sua nella sala.
Era una voce profonda, solenne. Una voce che aveva di per sé la sua autorità, ma allo stesso sembrava tranquillizzare gli animi delle folle, di entrare all’interno delle persone e placare tutte le emozioni più forti.
Le tre domande che vennero enunciate non furono dettate dal caso, non erano una misera risposta alla sua arringa. Erano qualcosa di più, un’enunciazione analitica che poteva dire molto della sua persona.
Nel giro di pochi secondi il silenzio si fece nuovamente irreale.
Quella volta, invece di affrontare delle immagini, il ministeriale si sarebbe trovato a controbattere ad una voce, che poteva essere di un’autorità come quella del più scemo degli scemi.
Tutto era lì; tutto era stato già stabilito. Si dovevano solo mostrare le carte.


 
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view post Posted on 16/4/2020, 21:22
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La sua difesa era stata enunciata; il giapponese non sarebbe stato capace di capire se stesse andando bene o male in quella sorta di test dove stava continuamente passando e analizzando casi e situazioni da più punti di vista: quando giudice, quando giuria e quando imputato. Su quest’ultimo punto sembrava soffermarsi ulteriormente l’analisi iniziata con Fergo’; nel cuore di Issho, piuttosto che nella sua mente e logica, tutto aveva senso e un filo conduttore: la giustizia, con le sue sfumature e sue debolezze; non si stava ragionando del giusto o sbagliato del suo personale metro di giudizio, per lo meno non era quello che si sarebbe sentito di dire… si stava ragionando sul metro di misura generale al quale tutti dovevano sottostare, quello dettato da una comunità e relative istituzioni. Meditando e meditando tornava sempre al punto di partenza delle individualità che si incontrano e stabiliscono terra comune sulla quale legiferare e sentenziare. Non era infatti questo il ruolo del Wizengamot? Un parlamento misto a corte. Stava per sottolineare quell'aspetto ancora una volta, prima che una forte e abbagliante luce lo accecasse momentaneamente, portandolo a mettere dinanzi al volto la mano sinistra per coprirsi dall'immane luminescenza che era riuscita a stordirlo per qualche secondo. Tsk… mormorò appena, non del tutto felice di quell'improvviso abbaglio. Sembrava un riflettore che lo puntava dall'alto da una non precisa direzione ma abbastanza forte e distinta da avvolgerlo come se dovesse vestire i panni di un protagonista nell'atto di esibirsi in un’importantissima scena. Curioso… Proferì con un filo di voce rauco, mentre trovava piano piano forza per aprire l’occhio precedentemente tenuto chiuso e distendendo nuovamente lungo il fianco il braccio sinistro alzato precedentemente. Autoritaria ma pacata, confortante ma lettrice, solenne ma profonda…tutti i tratti di una voce nuova, la prima difatti in quella stanza buia oltre a quella del giapponese, che trovava un proprio eco in quell'incognito spazio. Tre domande, tre dilemmi, tre situazioni…compromettenti, equivoche, spiacevoli e pericolose nel loro essere semplicemente complete e ricche di dettaglio in poche parole. Domande interessanti, argute e semplicemente acute. Diceva retoricamente, per darsi un tempo per sistemare una risposta che poteva riuscire a raccogliere tutte e tre le possibilità. Credo sia riduttivo o ingiusto dire che mr. Fergo’ abbia eseguito gli ordini di un ministro; si, difatti potrebbe essere ma, quell'ordine è sicuramente da cercare in un quadro più ampio che meramente il ministro stesso. Si parla di economia, di rapporti diplomatici con altri stati. Queste ampie materie trovano unico denominatore se le incastoniamo in un’azione di governo, nell'azione esecutiva di fatto in mano alla reggente del ministero che, con i pareri e le competenze di vari uffici e livelli, si premura a osservare e promuovere azioni mirate per la somministrazione della mansione, in ottemperanza alle LEGGI vigenti che, in questa sede, trovano discussione e promozione. Che Fergo’ abbia ricevuto ordini con quelle specifiche da qualcuno o meno, che abbia fatto di testa sua o no, rimane il fatto che un errore alla base c’è, e' stato commesso; che sia stato guidato o involontariamente ingenuo anziché esser esecutore spensierato e spavaldo di determinate politiche, beh, e' un discorso che lascia il tempo che trova per arrivare a giudicare il merito o il fallimento da attribuirgli. Tossì, a scandire il tempo e non perdere il filo del discorso. Dobbiamo emanare una sentenza, per lo meno, una corte di questo si occupa… potere legislativo e giudiziario. Non si emanano ordini. Che sia un suo atto volontario, o l’ordine di qualcuno, se c’è un errore alla base, una colpa, un fallimento che chiede di esser esaminato e eventualmente punito, poco importa da chi viene. Si seguono le tappe, si procede a ritroso, si domandano i perché, si richiamano le responsabilità e si cercano le mansioni e competenze e… una volta individuato tutto si entra nel merito dell’esecutivo, legittimato? No? Politica di base? Rispetto delle leggi? Tutte quelle tappe e serie di domande che, attenzione, non sono un interrogatorio, affatto. Semplicemente è la tutela della persona inserita in una società, nonché la certificazione delle responsabilità che cercano di trovare le loro strade, il loro compimento. Per ciò, e rispondo all'ultima domanda… si grattò il mento, mentre ripeteva la terza domanda in testa per rispondere successivamente con una certa precisione. Scendere a patti contro giustizia? Ahahaha. Sorrise timidamente, effettivamente abbastanza divertito, prima di continuare a proferire. Siamo criminali? Siamo assolutismi? Promuoviamo leggi e compendi per il gusto di leggerli spassionatamente o per seguirli e applicarli? NO…Non si scende a patti contro giustizia. Non saremmo diversi da chi condanniamo. Che sia per il bene di un paese o meno, ripeto, si chiama ognuno alle proprie responsabilità. Si lascia alla società la chiacchiera da bar del: HA fatto bene, HA fatto male… ma nel merito della sentenza, c’è la legge soltanto. Fece fare un giro alla testa, fissando a occhi chiusi in alto, come per oleare la nuca prima che si atrofizzasse con tutto quello stare fermo a fissare prima il buio e poi la luce. ``Unicuique suum`` dicevano, se non erro, i nostri precettori latini… ecco, io dico: c’è chi compie un’azione responsabilmente o meno, legalmente o meno, volontariamente o meno e c’è chi esamina quell'azione, la analizza, la promuove o meno, la sentenzia e l’assolve o la condanna o la scarica su altre persone, ricominciando da capo se necessario. Non c’è un finale alternativo alla grazia o alla pena quando si parla di giustizia. Tutti saranno chiamati a dichiararsi. Per ciò… sospirò per sottolineare in qualche modo che avrebbe chiuso l’argomento in quell'ultima battuta …chi segue il codice, la legge e ha sete di giustizia non avrà nulla da temere…. Ma pianto e stridore di denti per chi ha perso il cammino. Redenzione? Si guadagna, caso per caso, discorso per discorso… si costruisce in accordo alle possibilità dettate dai regolamenti che, nell'essere stati stilati, hanno assorbito quanto basta di etica e morale. Batte’ il bambù a terra, anche se non volontariamente. Fu un leggero spasmo del momento a portare a eseguire quel gesto, forse per una passiva auto incitazione alla propria indole assetata di giustizia o forse semplicemente perché era un modo di scaricare una tensione che in quel momento non sentiva ma che, col senno di poi, sarebbe stato da sconsiderati non avvertirla.

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view post Posted on 26/4/2020, 16:30
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Quando il bambù tocco il suolo, il rumore iniziò a gravitare nella stanza.
Non era un caso che ogni gesto, ogni movimento, portasse a delle risposte, a dei piccoli accenni che potevano ricondurre alla vita quotidiana.
Anche un colpo, un piccolo spostamento, portava a delle conseguenze che potevano essere buone o cattive, giuste o sbagliate.
Il discorso del ministeriale calzava a pennello con tutto quanto quello che era stato detto – o per meglio dire, non detto- fino a quel momento.
La legge era rigida, la giustizia meticolosa. Ogni risposta poteva essere data con un certo studio del contesto, ma alla fine sempre una risposta si aveva, rigida e concreta.
Tutto quello che aveva detto l’uomo, un giurista lo avrebbe riassunto con una frase, anch’essa latina: Accipere quam facere praestat iniuriam.
Per molti quelle potevano essere parole buttate al vento, per altri potevano essere solo che la risposta a tutto.
Era meglio subire un’ingiustizia piuttosto che compierla, era meglio subire e rimanere ligi piuttosto che cadere in una situazione da cui non si poteva riemergere puliti.
Con quelle nuove parole l’orientale aveva stabilito alla voce un suo chiaro tratto distintivo. La sua opinione non cambiava, nemmeno se qualcuno gli poneva dei dubbi.
Se una persona sa quello di cui si sta parlando, sa come funziona il meccanismo nel mondo magico, di conseguenza, sa che nulla e nessuno può far intercedere la legge sul comportamento scorretto.
Le luci rimasero accese, fisse sul personaggio che ancora non vedeva risolte le sue risposte. Per procedere oltre mancava un passo, quello più importante, la recessione dei peccati.


“Colpevole o innocente?”

Anche una semplice risata avrebbe potuto cogliere in fallo il ministeriale.
Quello era l’ennesimo ostacolo, l’ennesimo tentativo di mettere in difficoltà l’esperto uomo che fino a quel momento era riuscito a srotolare una serie di discorsi degni di un diplomatico.
Come si sarebbe comportato di fronte quella avversità? Si sarebbe dichiarato colpevole? Se si, di cosa?
Si sarebbe dichiarato innocente? In quel caso quanto poteva essere vero il fatto che un uomo fosse “innocente” ?
Aveva nuovamente il pallino di quel gioco spietato.


 
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view post Posted on 27/4/2020, 14:29
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Il silenzio continuava ad accompagnarlo in quel cammino ignoto e particolare, dove si rispolveravano continuamente libri su libri di diritto e, in generale, di pubblica amministrazione e ordinanze giuridiche. Ricordava ancora quando in Giappone, al suo tirocinio, il severo Takumi Sato, suo sensei e primo vero collaboratore post assunzione, non perdeva mai occasione per portarlo con sé in missione diplomatica, fargli aprire trattative e constatare ogni volta che iniziava malissimo il rapporto diplomatico, mettendo in svantaggio sin dalla partenza la propria nazione; troppa fiducia nel ragazzo? No, semplicemente voglia di fargli maturare esperienza. Sapeva che il giovane Issho non era ancora pronto per trattare importati documenti ma quell'esile fusto tutto d’un pezzo di Sato lo metteva sempre nella condizione di perder le speranze e di errare, non perché non gliene fregasse nulla dei trattati che sistematicamente venivano da lui stesso ripresi e salvati a proprio favore, ma perché quello scapestrato di Fujitora doveva capire che quando nella diplomazia arrivava il pressing allora la parola doveva diventare più forte, convincente e fedele all'obiettivo che ci si era imposti nella testa; quella fu la chiave del successo del giapponese che, di anni e anni di carriera, non aveva mai perso di vista la via tracciata dal maestro che, con il passare del tempo e della storia, aveva fin troppo odiato senza motivo, riconoscendogli ora con la vecchiaia onori e successi, nonché validissimi e giustissimi metodi di insegnamento che mai come ora venivano usati per controbattere a quelle domande, quei quesiti che si articolavano e affilavano ogni volta di più.

Silenzio.


Questa fu l’iniziale risposta a quell'ultima probabile domanda…. perché ultima? Perché era la sentenza. Colpevole o innocente? Ecco che il giapponese doveva indossare gli ultimi indumenti, quelli del boia, che toglieva o allungava la vita, che fosse materiale o spirituale. Due parole tanto pesanti nel senso e cupe nei risvolti. Come ci si poteva ritenere del tutto innocenti se non si fosse saputo nemmeno per cosa si sarebbe stati chiamati in causa fondamentalmente? Soprattutto, come ci si poteva ritenere colpevoli se, alla fine dei discorsi fin qui fatti, non sussistevano prove? Era un cruccio non da poco, che chiedeva da una parte di pensare alla difesa personale e dall'altra di attaccare come i più spietati giuristi perché si arrivasse a colpevolizzare la persona perché sicuri di ritenerla tale. Issho, che di tutto questo discorso cercava di non perder il filo, doveva pensare a sé stesso come individuo o mettersi nei panni di tutte le posizioni e i passaggi che la legge riconosceva e prevedeva?
Sotto la luce di un riflettore non chiaro, gli occhi puntarono al cielo, scoprendo il nulla ma lasciandosi ispirare per proporre una incisiva risposta sul fatto.
Nella dottrina giuridica ci si avvale del principio ``innocente fino a prova contraria``, un principio declinato più propriamente come presunzione di non colpevolezza, perché spetta alla Corte, con il suo ``processo`` determinare tramite questo mezzo la colpevolezza, sostituendo di base l’innocenza. Ebbene… posò nuovamente lo sguardo in avanti, immaginandosi questa volta una folla di persone vestite tutte d’un pezzo che si aspettavano da lui una risposta seria e precisa, nella severità e formalità che un’istituzione come il Wizengamot chiedeva. Ad oggi, fino a quest’ora, non vi sono prove o relative indagini aperte che possano confutare quanto già da me detto. Non vi sono fatti che richiamino mie responsabilità su ``qualcosa`` di cui potrei aver peccato. Non vi sono elementi o pregiudiziali che possano spingere verso una condanna per qualcosa di cui non v’è certezza o classificazione nelle nostre leggi, per tanto... Prese una boccata d’aria, avendo fino a quel momento parlato in maniera abbastanza esaustiva e senza mai soffermarsi per dar tregua alla bocca, oramai impastata e secca … con l’assenza di suddette prove o testimonianze chiave e attendibili, nonché’ inconfutabili, la strada è solo una per il merito di questa sentenza che si concluderà con le classiche formule assolutorie del nostro ordinamento. Un colpo di tosse schiarì in ultimo la voce. Innocente. Il fatto non sussiste in relazione ai fatti oggetto dell’imputazione. Batte’ nuovamente il bambù tre volte a terra, questa volta intenzionalmente e lentamente. Non era un martello, non aveva un potere in quell'aula ma quel momento, quell'apice intenso della vicenda a cavallo tra tensione controllata e adrenalina diplomatica, lo avevano fatto perfettamente immedesimare nel ruolo di un tribuno che esprimeva parere.

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view post Posted on 1/5/2020, 12:23
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Le luci si accesero.
Non ci fu più solo un unico fascio a colpire l’orientale, ma una serie di coordinati fasci di luce volti ad illuminare la Sala.
L’uomo finalmente poteva vedere. Dopo tanto tempo, i bagliori erano arrivati senza accecarlo, dato che oramai si era abituato al fascio che precedentemente lo aveva messo alla mercè di tutti.
La prima cosa che potè notare era che si trovava proprio in una delle aule del Tribunale. I colori scuri delle alte e antiche panche sulle quali si sedevano i deputati erano in netto contrasto con il colore della pavimentazione, costituita da un perfetto mosaico con il quale venivano raffigurate diverse figure geometriche.
I colori erano contrastanti tra di loro. Dentro la sala si era cercato di giocare con i colori chiari e con quelli scuri, portando un risultato che appagava la vista per via della cura del dettaglio, ma allo stesso tempo portava un’insana apprensione.
Era per caso merito di tutti quegli ornamenti che quella sala desse quella sensazione o semplicemente era il restare con il fiato sospeso a procurare disagio?
Quella domanda Issho se la sarebbe potuta porre come no, ma alla fine era poco rilevante. Si trovava in una sala maestosa, dinanzi ad un personaggio seduto sulla panca più elevata di tutte con la fantomatica toga color prugna, quella che identificava i membri di quella stretta cerchia.
L’uomo, ben più anziano dell’orientale, lo osservava dall’alto verso il basso con sguardo severo. Non faceva trapelare emozioni né pensieri e questo poteva portare problematiche alle persone con un briciolo di emotività.
A vederlo dava l’impressione di essere un personaggio importante in quel livello e forse la causa di quella sensazione era la pulizia del volto, privo di alcun filamento di barba e la cura con la quale erano stati pettinati i capelli argentei.
Senza aspettarsi alcun commento da parte dell’uomo, prendendo la piuma appuntata nel calamo alla sua destra, scrisse alcune frasi su di una pergamena.


“Bene. C’è altro che vorrebbe dirmi?”

Domandò senza scrupoli.
Per la prima volta Issho si trovava a fronteggiare quella sfida a viso aperto avendo dinanzi il suo interlocutore.
Quell’andare avanti per gradi lo aveva sicuramente influenzato portato allo stremo, ma a qualcosa sicuramente avrebbe portato tutto quel parlare, dopotutto, i nodi arrivavano sempre al pettine.
Gli occhi scuri dell’uomo cercavano di osservare quelli del personaggio ai suoi piedi, senza alcun timore.
Con quella ennesima domanda gli aveva dato la possibilità di esprimersi, di certo una situazione poco abituale per un diplomatico della sua taratura.
Se ci avesse fatto caso, in quella situazione le parti si erano invertite. Lui, non abituato a scomporsi, era stato chiamato a fare il contrario, a parlare di sé.
Era ironico, ma allo stesso plausibile. Fin da quando era entrato nella stanza lo avevano portato ad affrontare molte difficoltà, ultime delle quali quella di manifestarsi innocente.
Nel silenzio creatosi nella sala ora doveva rispondere. L’unica cosa che poteva notare a suo favore era una: non vi era alcuna sedia posta al centro della sala.


 
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view post Posted on 4/5/2020, 00:29
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Dipendente Ministeriale ☯ C.M.I. ☯ 67 anni ☯ Giapponese
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Infine venne la luce, di quelle che non solo schiariscono la scena nella quale si poteva trovare il giapponese ma anche quella che illumina la mente, che guida il cammino e che elimina ogni dubbio. Un’aula di tribunale, non troppo lontana dal pensiero del giapponese, si palesava nella sua magnificenza: banchi neri in netto contrasto con la pavimentazione più chiara, tutto sempre disposto e studiato con logica e geometria come il resto del livello. La matematica, la precisione e cura dei dettagli di quella sala erano qualcosa di dannatamente perfetto e pulito che non disturbava la vista ma, al contrario, la riempiva di ``godimento`` nonostante si dovesse pur sempre trattare di un godere quasi terribile e opprimente data l’aura e la pressione che ogni parete, ogni panca e ogni mattonella emanavano… per sottolineare in quel modo il concetto di PROCESSO, CONDANNA e ASSOLUZIONE, le tre tappe che si sarebbero dovute percorrere per ogni possibile richiesta che in quelle aule si chiedeva di esser analizzata, punita o scusata. Issho avvertiva il monito e il senso di tutto ciò che veniva adocchiato in quell'aula ma non era visibilmente provato; conosceva la responsabilità che gravava su ogni parola che in quel giorno si era trovato a proferire, ma non per questo doveva rimanere suggestionato da qualcosa come pressione o tensione, cattivi alleati in un confronto di vitale importanza. La vista si abituò nel giro di pochissimi istanti all'esplosione di luce, aiutato dal fatto di essere stata già ``addestrata`` da quella sorta di riflettore e, una volta pulita la scena, fu interessante trovare un anziano seduto sullo scranno più alto fra le panche, dinanzi a se’: decisamente più datato dell’orientale, ben pettinato, sguardo serioso, composto e quasi glaciale per chi non fosse abituato a trovarsi alte cariche con cui dover ``giocare`` una partita che fondamentalmente era ancora un’incognita nel risultato. Il togato viola, tipico delle alte cariche di quel settore, impugnava una piuma che fu intinta nel calamaio poco più di fianco a una pergamena dove stavano venendo annotate cose e pose un ulteriore domanda affilata e semplicemente spietata al giapponese. Issho, indeciso su cosa dire, respirò profondamente per meditare una domanda che potesse non tanto soddisfare l’anziano… esaminatore? Non sapeva come considerarlo attualmente, ma doveva soddisfare principalmente se’ stesso l’orientale che adesso faceva un brainstorming su cosa si era discusso negli ultimi minuti e, a passo spedito, fece un percorso introspettivo sulla maturazione del suo concetto di giustizia e voglia di applicarla là dove era stato richiesto. Personalmente? Domandò retorico, cercando ancora di calibrare e misurare quanto avrebbe dovuto dire da lì a poco. Effettivamente qualcosa nella testa dell’orientale cercava di trovare una strada per evadere la domanda, perché molto personale come aspetto da analizzare ma l’omone non poteva far un passo indietro in quel momento, dovendo mantenere la stessa compostezza dell’inizio doveva ora affondare l’ultimo colpo di stocco per portare a casa qualcosa di ancora ignoto. Si, aveva passato i vari gradi di giudizio e cambiato punto di vista ogni volta; si era dovuto anche dichiarare per qualcosa non del tutto risaputa e si era detto innocente…cos'altro aggiungere? Ho sempre ricercato e seguito giustizia; ho sempre portato avanti Questa nelle mie azioni e mai me ne sono sottratto. Oserei dire che sarei pronto a giurare nuovamente sul codice e sull'istituzione che la applica. Si avvicinò qualche passo più avanti notando in ritardo che mancava la famosa poltrona lignea che di solito stava centrale nella stanza…cosa voleva dire questo? Che non c’era sicuramente stato un vero processo e tanto meno era lo stesso Issho l’imputato ma… allora il perché rimanere lì? Non so se questo sia un ulteriore esame per il merito o demerito di qualcosa, ma sono stato, sono e sarò sempre attivo, partecipe e presente per osservare legalmente le leggi del ministero e per adempiere con coscienza ai doveri inerenti ai suoi uffici... Stava giurando, a modo suo, con i suoi discorsi e le sue fisime mentali, involontariamente; alla fine era questo che il suo animo cercava, anche solo per il gusto di dichiararlo davanti a un pubblico ufficiale e ricordarlo a sé stesso per cosa continuasse a lottare in quella società. Si, questo …questo vorrei dichiarare, onorevole. La verità e null'altro che questa, al servizio della giustizia. Eseguì un leggero e rispettoso inchino alla carica che gli stava davanti, recuperando l’iniziale mancanza di rispetto per via dell’ombra che li aveva fino a quel momento divisi. Si sentiva leggero, risollevato…aveva dichiarato la sua morale, la sua indole e il suo ideale. Giusto o sbagliato? Non importava al giapponese, era lui.

simbolo2issho


 
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