Primum non nocere., Colloquio

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view post Posted on 14/5/2020, 23:44
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Jane Read - Strega Adulta

- Sì zia, lo sai che è quello che voglio davvero fare! Sul serio.. non devi preoccuparti! Posso farcela. -

La ragazza guardò con sfida il volto della parente, sospeso tra le fiamme del camino: sempre in pensiero per la nipote, la donna non riusciva a convincersi che la carriera da Medimago fosse adatta a lei. Avrebbe preferito vederla dietro ad una scrivania, magari al Ministero. Un lavoro tranquillo, monotono.
Sicuramente non il lavoro adatto a Jane.

- Se ne sei così sicura.. va bene, va bene! Fammi sapere come è andata! Buonanotte! -

E così detto sparì, senza dare occasione alla nipote di risponderle.

L’indomani la ragazza avrebbe avuto un colloquio di lavoro con il direttore del San Mungo, Paul Dwight: non aveva mai incontrato il Medimago, all’epoca del suo lungo ricovero anni prima il direttore era un altro Mago.
Aveva preferito non cercare troppe informazioni sul suo conto, non lo trovava necessario essendo lei tra i due quella che doveva essere “esaminata”. E soprattutto, se tutto andava per il verso giusto sarebbe stato il suo superiore.

Si. alzò dalla sedia davanti al caminetto, spense le luci e andò a dormire. L’aspettava una giornata importante per il suo futuro.

[…]

Il San Mungo. Ospedale per ferite e malattie magiche.
Jane si fermò ad ammirarne la facciata: i lievi raggi del sole mattutino la illuminavano debolmente, cercando di nascondere il grigio che appannava il biancore delle pietre.
Sicurezza, calma, protezione: queste erano le sensazioni provava. Forse non le più adatte ad un ospedale, ma la ragazza sentiva che quello era il posto giusto. Lì poteva dare uno scopo al suo desiderio di aiutare, poteva mettere in pratica quello che aveva studiato durante gli anni ad Hogwarts, ma soprattutto poteva continuare ad imparare. E la curiosità tipica dei Corvonero non l’aveva mai abbandonata.

Controllo la lettera di convocazione che le era arrivata via gufo un paio di giorni prima: era in anticipo di quindici minuti rispetto all’orario indicato.
Le avevano sempre detto che dare una prima buona impressione era importante e aveva fatto tutto il possibile per essere puntuale.

Fece un respiro profondo, ed entrò nell’edificio.

L’aggettivo tranquillo si poteva utilizzare per descrivere tutto, fuorché il pianterreno del San Mungo.
La sala d’attesa era piena per i tre quarti di persone gementi, con i volti contorti in smorfie di dolore: Medimaghi, Infermieri e aiutati vari correvano affaccendati da una parte all’altra lungo corridoio che si apriva alla destra della stanza. Uno scoppio, seguito da un urlo, uscì da una delle porte ancora aperte, che subito venne chiusa.

Sua zia pensava che se ne sarebbe spaventata: Jane invece era ammaliata.
Voleva sapere cosa stava succedendo, perché quel mago aveva il braccio ricoperto di pustole verdi? E quella strega, perché teneva tra le braccia quella che sembrava.. una sua gamba?

Un colpo di tosse. La ragazza distolse lo sguardo dai pazienti in attesa e si voltò verso la fonte del rumore.
Una donna sulla quarantina, con la divisa da infermiera, la stava guardando tra lo scocciato e il curioso.

- Posso aiutarla, signorina? -

Jane si avvicinò, mentre un lieve sorriso le illuminò il volto.

- Buongiorno! Sì, grazie. Avrei un appuntamento con il Direttore dell’Ospedale. Questa è la convocazione che ho ricevuto. -

Le porse la lettera, poi si sistemò la camicia.
Come negli ultimi tempi, aveva preferito un abbigliamento babbano: a volte le lunghe vesti dei maghi tendevano ad essere un po’ scomode.

Sperava davvero che il colloquio andasse bene.


 
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view post Posted on 19/5/2020, 19:37
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La porta venne immediatamente chiusa con un colpo di bacchetta.
„Io ci andrei piano, la prossima volta”
Un ammonimento mentre spiegava i lembi della camicia precedentemente avvolta fino al gomito. Fissava il tirocinante con aria severa ma con un paradossale sorriso che le increspava le sottili labbra: checché ci provasse, non riusciva quasi mai ad essere completamente serio.
Aggiustandosi il bavaro della camicia aperta, diede finalmente le spalle al giovane che si sentì libero di trarre un respiro di sollievo: scoppio o non scoppio, il paziente sembrava in condizioni migliori di come si era presentato e lui poteva forse dirsi salvo.
Giravano voci su un rinnovo dell'organico e non erano pochi quelli che erano stati costretti a lasciare il camice del San Mungo appeso alla porta. Per quanto il nuovo Direttore potesse ispirare simpatia, aveva fin da subito iniziato ad incutere un certo terrore: era impossibile distinguere quando scherzasse da quando fosse pressoché pronto a stringere il cappio del licenziamento attorno al collo di qualcuno.
Il sospirò liberatorio non sfuggì a Paul e avrebbe volentieri inferto il colpo di grazia con una risata se non fosse stato per...
„Per l'amor di Tosca, devo scappare. Lucyana tieni d'occhio il paziente, dovrebbe svegliarsi urlando tra un paio di ore. E cerca di non farlo ammazzare da... ” un paio di schiocchi di dita, gli occhi chiusi: possibile non ricordasse mai il nome di qualcuno?
„...Ashley”
„Ecco sì, lui” asserì battendo i palmi nemmeno fosse stato lui a ricordarselo; puntò l'indice verso Ashley e quando finalmente associò il nome del ragazzo al suo volto, sembrò turbato nonché sorpreso, „Mi dispiace, Hogwarts non deve esser stata facile per te. Non per niente, ma... Ashley? Che nome!” ed uscì chiudendosi sommessamente la porta alle spalle, lasciando i presenti confusi nel decidere se si trattasse di una carineria o un insulto velato.

„Signorina!...Aehm...Write?”
Era uscito dalla stanza sventolando una mano verso il bancone: si era annotato l'incontro sul braccio e poco prima, nell'intento di coprirseli entrambi, aveva adocchiato l'appuntamento. Non vi aveva scritto il nome, però. Un caso perso.
„Venga, venga. Lasci perdere l'infermiera, qui oggi è un trambusto” fece l'occhiolino alla donna che aveva accolto Jane, come a volerle far presente il favore. Lei, tutta composta e impettita, lo ignorò voltandosi e congedandosi con un lieve cenno del capo e un sorriso di circostanza.
„Mi segua nel mio ufficio” asserì ravvivandosi i capelli sulla metà della faccia meno attraente ed incamminandosi verso un piccolo corridoio illuminato da fredde e asettiche luci.
Seguendo la sua figura, spalle ricurve in avanti e schiena esile, Jane si sarebbe ritrovata, una cinquantina di passi dopo, davanti una porta di legno scuro.
„Prego, prego” aperto l'uscio, le fece cenno di entrare agitando la sinistra nell'aria tesa.
Si richiuse l'ennesima porta alle spalle, si avvicinò alla scrivania poggiandovi contro l'osso sacro e incrociando le gambe, restando in piedi.
Cordiale e informale oltre il limite: era lui il Capo che la signorina Read si aspettava?


Benvenuta, Jade.
La descrizione del mio ufficio è in questa stessa sezione qualora dovesse servirti.
In bocca all'ippogrifo!
:flower:

 
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view post Posted on 21/5/2020, 23:59
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Jane Read - Strega Adulta

Aveva da poco consegnato la lettera all’infermiera, che presumibilmente non aveva nemmeno fatto in tempo a leggerla tutta, quando una voce si fece largo tra la confusione e le raggiunse.

- Signorina!...Aehm…Write? –

Un uomo alto si stava muovendo verso di loro, sventolando la mano.
Si stava rivolgendo a lei? Che fosse lui il Direttore del San Mungo?

- Ehm, Read forse? Cercava me? -

Jane rimase interdetta, non tanto per il nome errato che non era chissà quale errore, quanto per l’uomo che si trovava davanti a lei.
Cercò immediatamente di nascondere la leggera sorpresa che sicuramente le si poteva leggere in volto: si aspettava una persona.. più anziana, di sicuro, invece a parlare era stato un uomo abbastanza giovane, che molto probabilmente non arrivava ai quarant’anni.

- Venga, venga. Lasci perdere l’infermiera, qui oggi è un trambusto -

Sì, si stava chiaramente rivolgendo a lei e di conseguenza non poteva che essere Paul Dwight, il Medimago a capo del San Mungo.
La donna le riconsegnò la pergamena e se ne andò, congedandosi con un lieve cenno del capo e senza proferire parola: sicuramente la professionalità rientrava tra le sue qualità.
Jane non riuscì a salutare o a dire altro, perché subito l’uomo la invitò a seguirlo nel suo ufficio: senza aspettare una sua risposta, si era già incamminato.
La ragazza si mosse e accelerò il passo, seguendolo lungo un corridoio piccolo e illuminato freddamente.
Cercò di concentrarsi sull’alta e magra figura davanti a sé, un po’ per tenere a freno la curiosità – la tentazione di guardarsi in giro e magari sbirciare dentro una stanza per vedere cosa stesse accadendo era davvero forte – e un po’ per cercare di non badare all’ansia che sentiva salire lentamente lungo il suo esofago, mentre una pietra sembrava essersi posata sul suo stomaco.
Fece un piccolo respiro profondo, alla ricerca di un po’ di calma e di coraggio: si accorse di aver incrociato le braccia, quindi si sforzò di abbassarle e lasciarle stese lungo i fianchi.
Era il suo primo colloquio di lavoro, non sapeva cosa aspettarsi e soprattutto non era certa di essere all’altezza di quel posto.

Poco meno di un minuto, e si fermarono davanti ad una porta di legno scuro.

- Prego, prego –

Il Medimago aprì la porta e con la mano sinistra accompagnò il suo invito ad entrare.
La ragazza mise piede nell’ufficio e si perse per alcuni attimi a guardarsi intorno: di nuovo, era sorpresa.
Si aspettava un luogo luminoso e formale, come l’ufficio del predecessore che aveva avuto modo di visitare anni prima, quando era stata ricoverata.
Eppure, Paul Dwight continuava a smentire i suoi preconcetti.

Pesanti tende scure coprivano l’unica finestra, rendendo l’ambiente poco illuminato: davanti a lei, una scrivania in legno scuro; adagiata sopra di essa una pianta di margherite, il bianco dei petali in contrasto con il cupo arredo circostante. Due semplici sedie, identiche, una per lato, andavano a completare la postazione.
Accanto alla finestra, un armadio alto, sulla cima del quale troneggiavano ampolle e bottigliette: presenza costante anche sul resto delle credenze e degli scaffali che arredavano l’ufficio.
C’erano talmente tante bottiglie, alambicchi, ampolle, strumenti e scatole che sembrava quasi di soffocare: in quella confusione però, Jane notò un’assenza per lei inconcepibile. I libri. Mancavano i libri. Com’era possibile che un Medimago non avesse nemmeno un libro pronto ad essere consultato? Era talmente bravo che non ne aveva bisogno?
In un angolo c’era un piccolo lettino, scomodo ad una prima occhiata; il camino era spento, alcune pergamene accartocciate sulla sua base. Il camice da Medimago, perfettamente stirato, era appeso sotto un orologio, che era fermo.
C’era confusione, certo, eppure.. era tutto perfettamente pulito. Non si poteva rilevare nemmeno il più minuscolo granello di polvere.
Se la madre adottiva di Jane fosse stata lì, sicuramente avrebbe chiesto a Paul Dwight quale fosse il suo segreto.

Jane cercò di distogliere l’attenzione dal quel piccolo tour della stanza, spostando lo sguardo su colui che stava per sottoporla al colloquio: dopo essersi chiuso la porta alle spalle, il mago si era diretto alla scrivania, ma invece di accomodarsi su una delle due sedie si era appoggiato al tavolo, rimanendo in piedi e osservandola. Non riuscì a capire se fosse una mossa per cercare di metterla a proprio agio o se semplicemente fosse il normale atteggiamento dell’uomo.
Però forse era il caso di dire qualcosa.
Jane deglutì, cercando di ignorare la bocca che improvvisamente era asciutta come il deserto.

- Buongiorno dottore, sono Jane Read. La ringrazio per avermi dato la possibilità di avere un colloquio con lei. -

Aprì la borsa, infilando la lettera di convocazione che ancora teneva nella mano sinistra, ed estrasse una cartellina blu scuro: fece un paio di passi in direzione dell’uomo, porgendogliela.

- Questo è il mio curriculum: essendo alla mia prima esperienza lavorativa, al suo interno troverà principalmente il resoconto della mia carriera scolastica. -

Sperando che non si concentrasse troppo su alcuni dei suoi voti, Jane approfittò del gesto per osservare meglio il Medimago.
Oltre alla sua giovane età, il primo dettaglio che notò furono i capelli: lunghi fino al mento, biondo cenere, coprivano parte del volto, quasi a cercare di nascondere una cicatrice profonda che occupava parte della fronte e lo zigomo sinistro.
Jane cercò di non fissare quella particolarità, temendo di apparire maleducata, mentre la più ovvia delle domande faceva capolino nella sua mente. Chissà come se l’era procurata. E chissà quante persone glielo chiedevano ogni giorno: probabilmente era anche stufo di sentirsi chiedere sempre la stessa cosa.

Non era l’aspetto fisico quello che le interessava e che al momento doveva coinvolgere la sua attenzione: desiderava quel lavoro, voleva meritarselo.
Voleva che il colloquio andasse bene, quindi doveva smetterla di perdersi ad osservare ogni oggetto o persona nelle vicinanze. Per una volta, doveva lasciare alle spalle la sua curiosità e le sue mille domande e concentrarsi sul presente.


Grazie 🌻
 
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view post Posted on 7/6/2020, 18:54
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Osservò la giovane squadrare la stanza e nel silenzio che seguì, le regalò un attimo per porsi tutte le domande del caso. Il sorriso che gli aveva permeato le labbra sottili non accennò a svanire e, con le mani piegate in grembo, Paul si beò della curiosità di lei.
Si era sempre tenuto lontano dalle altre persone ma, doveva ammettere, aveva sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti di coloro che esprimevano il più spontaneo, istintivo, interesse.
Nel disagio di quel momento di stasi, si rese conto che, forse, la signorina Read non era tra coloro che amavano i momenti di silenzio, inevitabilmente inclini a mettere in campo sensazioni di profondo disagio - a maggior ragione se lei era lì per un colloquio e un posto di lavoro.
Chinò il capo verso il basso, per nulla incline a proferire parola ma attendendo la mossa della donna: l'esame, infondo, era iniziato già da un pezzo.
„La ringrazio”, proferì accettando il materiale e osservandolo brevemente prima di alzarsi dalla scrivania, poggiarlo su di essa e fare il giro per raggiungere una delle due sedie. Le fece cenno di accomodarsi, nel frattempo, e ne attese la risposta sperando che ciò potesse aiutarla nel sedare una più che motivata ansia.
„Solitamente do un'occhiata ai curriculum alla fine del colloquio” ed era vero. Aprire la cartellina, per lui, voleva dire convincersi della valenza o meno del candidato in questione e, fino a quel momento, non ne aveva avuto bisogno; li aveva scartati tutti, infondo.
„Perché il San Mungo? Perché questo lavoro?”, le avrebbe chiesto poi, senza troppi convenevoli. Tutti coloro che erano giunti lì prima della giovane avevano qualche storia drammatica da raccontare.
Stupidaggini inventate qualche giorno prima nella speranza di far colpo, per come la vedeva lui; Paul fiutava le cazzate a un miglio di distanza.

Strappò una piccola margherita dalla pianta poggiata sul tavolo e se la rigirò tra le dita: qualcosa - o per meglio dire, qualcuno - fiutò il rumore secco e cheto di quel gesto e aprì gli occhi.


 
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view post Posted on 15/6/2020, 19:08
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Jane Read - Strega Adulta

- Solitamente do un’occhiata ai curriculum alla fine del colloquio. -

Prima mossa, primo passo falso: non sembrava il migliore degli inizi.
Jane cercò di controllare il panico che sentiva crescere dentro di sé, accompagnato da una leggera tachicardia: provò a convincersi che il suo eccessivo zelo non avrebbe potuto compromettere del tutto l’esame a cui era sottoposta.
Era il suo primo colloquio di lavoro e nonostante le numerose raccomandazioni della zia – che aveva ascoltato solo in parte, visto che non approvava del tutto quella scelta – non sapeva esattamente cosa aspettarsi.
Sicuramente avrebbe dovuto mettere in conto degli errori e non prendersela troppo con sé stessa dopo averli commessi: era ancora giovane, aveva molto da imparare sulla vita da adulta.

Nonostante questo primo ostacolo, aveva fatto richiesta di lavorare in un ospedale: se avesse ottenuto quel lavoro avrebbe dovuto imparare a controllare meglio le sue reazioni agli imprevisti.
E soprattutto a trasformare le sue emozioni in forza d’animo.
Si era posta un obiettivo, quella era la strada che aveva iniziato a percorrere negli ultimi anni ad Hogwarts e non si sarebbe fermata davanti al primo ostacolo.

Il Medimago si era accomodato sulla sedia dietro la scrivania e le aveva fatto cenno di sedersi.
La ragazza si costrinse a non guardare le ampolle sopra l’armadio alle spalle del Medimago, sicura che qualcosa all’interno di esse si fosse mosso, e si avvicinò all’altra sedia di legno, per poi sedersi.
Il modo in cui stringeva la borsa di tela, appoggiata sulle sue gambe, e la schiena dritta che nemmeno si appoggiava sullo schienale, tradivano il nervosismo che non accennava a scomparire.

- Perché il San Mungo? Perché questo lavoro? –

Di sicuro Paul Dwight non si trascinava in inutili convenevoli e andava dritto al punto: una qualità sicuramente da ammirare in un Mago che svolgeva quel genere di lavoro.
Jane apprezzò questo aspetto del Medimago, nonostante le domande avessero provocato una fitta d’ansia nel suo stomaco.

Perché quel lavoro?
Jane non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, ma dopo i G.U.F.O. aveva seriamente pensato di scegliere come materie per i M.A.G.O. quelle che le avrebbero permesso un domani di intraprendere la strada per diventare Auror. Nonostante i genitori avessero perso la vita a causa di quella carriera, sentiva che onorare la loro memoria sarebbe stata la scelta giusta.
Ma aveva preferito non giocare con il fuoco: era a conoscenza di un segreto pesante e oscuro, e la codardia le aveva impedito di denunciare la persona con cui lo condivideva, portandola a rinunciare ad una possibile carriera al Ministero.

Nel frattempo, aveva scoperto un’altra via, che prima di allora non aveva mai preso in considerazione.
Complice Jane Evans, che nel tempo libero era volontaria nell’Infermeria del castello, Jane si era resa conto di quanto fosse piacevole poter aiutare gli altri quando stavano male. Inoltre, poter finalmente mettere in pratica quello che imparava a lezione di Pozioni o di Erbologia, era una soddisfazione.
Ma per lei c’era un altro aspetto, non meno importante: non pensava ad altro. Se impegnata ad aiutare qualcuno, riusciva finalmente a dimenticare gli errori del passato.

Curare gli altri, quasi per riflesso, faceva stare meglio anche lei.

Si prese trenta secondi, non di più, prima di rispondere: non voleva far attendere a lungo il Medimago, ma al tempo stesso era certa che dalla sua risposta sarebbe dipeso completamente il risultato del colloquio.
Prese fiato, e iniziò a parlare, guardando in faccia il Mago seduto davanti a lei.

- Ho fatto richiesta per questo lavoro perché sinceramente non ce ne sono altri che vorrei fare. Non la prenda come una sviolinata, è la pura verità: ritengo che lavori più statici non siano del tutto adatti a me.
Penso che la carriera di Medimago sia la più appropriata per poter effettivamente aiutare qualcuno.
Inoltre, non prevede la monotonia: sono certa che veda casi molto diversi e a volte molto particolari durante i suoi turni di lavoro. E questo mi permetterebbe di continuare ad imparare cose nuove, giorno dopo giorno. Le materie ad Hogwarts sono numerose, ma molti argomenti non vengono approfonditi. -


Parola dopo parola, Jane sentì l’ansia sciogliersi: fece una breve pausa, prima di riprendere il discorso.

- Ed è anche per questo che ho scelto il San Mungo: per quanto gli studenti ad Hogwarts riescano ad essere molto fantasiosi nei loro incidenti, trovo che questo Ospedale possa offrire molte più occasioni di apprendimento.
Sono molto giovane, è vero, e le mie conoscenze in campo medico sono poche. Ma le posso assicurare che se ottenessi questo lavoro mi impegnerei ad ascoltare i miei colleghi e a seguire i consigli e gli insegnamenti che mi verrebbero dati.
Vorrei davvero poter dare una mano e spero che mi darà occasione di dimostrarlo. -


Finito di rispondere alle domande del Medimago, Jane si rese conto di aver parlato davvero molto: sperò che la sua risposta non apparisse come un’esagerazione.
Per quel poco che aveva avuto a che fare con Paul Dwight, sembrava un uomo di poche parole e che preferiva parlare subito dell’argomento principale, senza perdersi in troppi fronzoli.


 
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view post Posted on 6/7/2020, 15:34
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Consapevole delle conseguenze di una domanda così specifica, così a bruciapelo, Paul attese che Jane potesse far chiarezza nei suoi pensieri per dargli una risposta degna di essere ascoltata.
Un lavoro come quello del Medimago richiedeva, dopotutto, una certa prontezza delle mente: lei ne era in grado?
Non poteva basarsi sulle competenze della giovane - non ne aveva né avrebbe basato l'assunzione su una aspetto forse importante ma tanto superficiale. No, era altro che Paul cercava... Lo avrebbe trovato?
„Molto onesta. No, non credo sia una sviolinata”, si ritrovò a rispondere, lo sguardo piegato sulla cartellina mai aperta, le mani giunte al viso. Le parole giunsero chiare ma basse nel tono, come se l'uomo avesse appena dato vita a un proprio pensiero.
Si prese qualche secondo per pensare su ciò che aveva udito e cercando di non far pesare troppo il silenzio - checché non se ne preoccupasse poi così tanto - cercò infine lo sguardo della ragazza.
„E' un lavoro stimolante questo, ha ragione. Ma ce ne sono molti altri in giro e forse alcuni lo sono anche di più. Ma c'è una cosa su cui vorrei concentrarmi, quello che fa veramente la differenza in questo campo”, strinse le palpebre nel cercare esattamente l'espressione che aveva udito, quello che l'aveva attratto e che aveva deciso di usare come gancio, „Vede, anche fare l'Ammaestra Draghi ci permette di aiutare gli altri. Sicuramente aiuta noi: abbiamo meno degenti per ustioni gravi”, era una battuta? Sembrò quasi prenderci gusto.
„Ma lei, se non sbaglio, ha detto: Penso che la carriera di Medimago sia la più appropriata per poter effettivamente aiutare qualcuno
Silenzio. Di nuovo.
„Perché crede che sia così? E, soprattutto, perché prova questo bisogno di aiutare gli altri?”
Set point.

 
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view post Posted on 21/7/2020, 17:54
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Paul Dwight era un uomo che non amava i giri di parole, ma sembrava pesare con accuratezza le poche a cui dava voce: Jane cercò di controllare il lieve panico che le stringeva il cuore ogni volta che il Medimago faceva passare qualche secondo di silenzio tra una frase e l’altra.

Pensò – anzi, sperò – che fosse parte del suo modo di fare, e in effetti non avrebbe potuto non essere il comportamento più adatto visto il lavoro che svolgeva: davanti a un paziente dolorante e agitato bisognava sempre mostrarsi calmi e composti, era una delle basi dell’assistenza medica.
Lo aveva imparato sulla sua stessa pelle qualche anno prima, quando era rimasta ricoverata a lungo in seguito ad un incidente di cui non aveva memoria. Se non fosse stato per i sorrisi rassicuranti del personale, per la calma e la pazienza dei Medimaghi e degli Infermieri che l’avevano seguita nel suo percorso di cura, probabilmente il suo ricovero si sarebbe prolungato di qualche settimana.

Quando Paul Dwight alzò lo sguardo su di lei, sostenne il contatto visivo, senza imbarazzo: sapeva di essere sottoposta ad un esame il cui risultato avrebbe potuto dare una svolta alla sua vita, era conscia del peso della situazione e dell’ansia che le causava.
Ma sapeva anche che era lì per essere giudicata e questo non costituiva un problema per lei: finché non avesse dovuto iniziare a parlare del suo passato – e immaginava che probabilmente al Medimago interessasse ben poco, non sarebbe insorto alcun problema.

L’ansia sembrava calata dopo il lungo discorso di poco prima, e quasi sorrise all’ironia dell’uomo sui draghi e le ustioni, ma la calma durò ben poco.

- Perché crede che sia così? E, soprattutto, perché prova questo bisogno di aiutare gli altri? -

L’aveva incastrata.
Non erano bastate le parole di qualche minuto prima, il lungo discorso di Jane non era stato sufficiente: era il suo primo colloquio di lavoro e domanda dopo domanda si stava rendendo conto di quanto fosse inesperta e ingenua. Quella mattina Jane si era recata al San Mungo convinta di dover affrontare un colloquio molto formale, basato sulle sue conoscenze, sulla sua voglia di lavorare e imparare ed eventualmente sulle sue capacità di collaborare con le altre persone.
Forse avrebbe dovuto ascoltare di più i consigli di zia Mary.

Un lieve rossore comparve sulle sue guance, chiaro indizio di quanto si sentisse colpita nel vivo: non si aspettava una domanda così personale, non in un contesto del genere. Avvertì il cuore accelerare mentre cercava di elaborare una risposta in tempi brevi, di sicuro il Medimago non poteva aspettare tutta la mattina che Jane facesse pace con i suoi pensieri. Non era certo una seduta dallo psicologo, ma per la ragazza quel colloquio iniziava a rivelarsi più complesso del previsto.

Perché provava il bisogno di aiutare gli altri?

Si era sempre raccontata che aiutare gli altri faceva stare meglio di riflesso anche lei: era davvero così? Forse, pensò, era un’idea superficiale e probabilmente un po’ stupida, di sicuro non adatta come risposta al quesito dell’uomo; ma se quella convinzione non andava bene, se davvero non era il motivo giusto per cui scegliere quel lavoro, quale era la risposta più corretta?

- Sì, ha ragione, i lavori che permettono di aiutare le persone sono più di uno: forse descrivere il ruolo di Medimago banalmente come quello di una persona che aiuta gli altri non è corretto. -

Stava provando ad aggirare la domanda, era evidente, ma doveva assolutamente trovare il modo di sciogliere il nodo di ansia che le stringeva il petto: non poteva comportarsi così davanti al primo imprevisto.

- Non so spiegare il perché di questo mio bisogno di aiutare, di certo posso assicurarle che non è una ricerca di elogi e gloria, - la fama non era qualcosa che desiderava, non le era mai interessata e non era parte del suo carattere, - ma quando aiuto qualcuno a stare meglio sento che sono nel posto giusto e che sto facendo quello che devo fare. Non saprei spiegarlo in altri modi. -

Era sincera, si poteva leggerlo nei suoi occhi: non aveva secondi fini nel fare richiesta per quel lavoro e al tempo stesso era certa che non avrebbe trovato facilmente un’alternativa, anzi, probabilmente non esisteva un'alternativa. Non c’era una vera risposta al quesito che le aveva posto, almeno, Jane non riusciva a trovarla.
Osservò il mago davanti a sé, pronta a qualsiasi tipo di reazione, aspettandosi quasi di essere presa in giro per l’inconsistenza della sua risposta. Una domanda affiorò nella sua mente, ma forse non era il caso…

- Perché lei ha scelto la carriera di Medimago? -

Non era appropriata e nemmeno adatta alla situazione, ma la costante curiosità di Jane aveva avuto la meglio e non era riuscita a controllarla. Si morse il labbro, mentre il dispiacere per la mancanza di educazione trasparve dalla sua espressione.

- Mi scusi. Non dovevo. -

Non era Paul Dwight ad essere sottoposto ad un colloquio d’assunzione, ma lei, e decisamente non era lei a dover porre le domande. Come aveva potuto essere così insolente?
Molto probabilmente una volta tornata a casa avrebbe dovuto mettersi alla ricerca di un altro lavoro: si appuntò mentalmente di guardare gli annunci in fondo alla Gazzetta del Profeta durante l’orario di pranzo, perché era certa che dopo quell’uscita il colloquio non avrebbe mai potuto avere un esito positivo.


 
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view post Posted on 29/7/2020, 00:00
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Che Jane fosse al suo primo colloquio di lavoro, iniziava ad essere abbastanza evidente.
Che Paul iniziasse ad interessarsi alle sue risposte, anche.
Forse lei non poteva accorgersene né tanto meno poteva sapere che a quel punto del colloquio, la maggior parte dei candidati, avevano già trovato la via d'uscita dall'Ospedale, facendovi ritorno solo a causa di un grave incidente.
Non era tanto la sua esperienza o la sua ingenuità a stupirlo, quanto più la totale onestà con cui provava a rispondere a quesiti abbastanza diretti che, proprio per il loro ergersi ad esistenza in modo tanto schietto, creavano un'irreparabile disagio; soprattutto a chi, come l'ex studentessa, era alle prime armi.
Paul studiava macchinosamente la sua figura, le espressioni, il colorito che attecchiva alle gote man mano che reagiva alle proprie domande ed era forzata a trovarvi una risposta.
Le avrebbe volentieri accennato che aveva tutto il tempo del mondo per pensarci, per riassestare le idee, ma il Medimago aveva col tempo compreso che riflettere troppe sulle cosa da dire, portava inequivocabilmente a distorcere la loro vera entità.
Sorrise, cercando in quel minuscolo frangente di simpatia, di chetare l'ansia della giovane.
L'ascoltò e quando fu lei a porgergli una domanda, ne rimase sorpreso. Fu impossibile leggere sul suo volto una reazione ma i pochi secondi di silenzio che seguirono le scuse dovute all'impeto, sembrarono estendersi su piattaforme lunghe migliaia di anni.
„Non ho scelto. Era la mia natura.”, si ritrovò a rispondere con serena semplicità, socchiudendo appena gli occhi mentre il sorriso ri-delineava le labbra strette.
„Sarebbe più consono chiedere come l'ho scoperto. Beh, non eccellevo in nulla ma ero bravo in tutto. Mi adattavo facilmente alle situazioni, il che mi portava a quell'empatia dovuta ai problemi altrui. Risolvevo i loro problemi ma... Mi mancava un pezzetto. Allora mi sono detto: se posso provare ad aiutare le loro anime, perché non provare a chetare anche i dolori del corpo?” ed alzò le spalle. Se l'avessero sentito parlare così, probabilmente in molti sarebbero rimasti esterrefatti. Paul passava come lo scemo del più noto villaggio babbano, l'omaccione in grado di farsi carico di interminabili turni lavorativi, cupo ed esagitato al contempo, ma che non sapeva andare al di là del proprio naso e credeva che la cultura riguardasse la piantagione degli ortaggi.
Raramente mostrava la sua acutezza: essere stupidi in un mondo corrotto era un bel tornaconto e lui sapeva sfruttarlo.
Ma doveva mostrare una parte di sé per ottenere qualcosa in cambio, per guadagnarci. Lo aveva capito nell'istante in cui Jane aveva preso le sembianze di una giovane donna che cercava il suo posto nel mondo e si faceva strada, a tentoni, tra gli adulti, facendosi forza sulle proprie emozioni, sentimenti, sperando di aver trovato la strada giusta. Quella per cui valeva la pena lottare - o imparare a farlo.
Ed era proprio questa sua purezza a catturare l'interesse di Paul.
Comunque, credo che lo abbia spiegato molto bene. Viene dal cuore. E' la sua natura
Tentò di non far pesare troppo l'ultima frase, lasciando che, nel breve attimo di stasi che seguì, l'importante affermazione si disperdesse nell'aria ora, forse, meno tesa.
„Mi dica: le è mai capitato di aiutare qualcuno? O anche solo volerci provare ma senza riuscirci.”
E la domanda aprì le porte al livello successivo, quello forse più complesso da superare.

 
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view post Posted on 2/8/2020, 10:45
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I pochi attimi di silenzio che precedettero la risposta del mago alla sua domanda invadente le sembrarono durare secoli: la ragazza lo fissò, leggermente atterrita, pronta a sentirsi dire di prendere le sue cose e di andarsene.
Quando mai avrebbe imparato a stare zitta?
Fin da piccola aveva avuto difficoltà a frenare la sua curiosità e tutti, lei per prima, avevano sperato che crescendo quel lato del suo carattere sarebbe stato limato, ma il quesito posto a Paul Dwight era la conferma che c’era ancora molto lavoro da fare da quel punto di vista.

La risposta che giunse però la sorprese quasi quanto la reazione del Medimago, che aveva sorriso leggermente e non sembrava essersi particolarmente offeso per la domanda: Jane ascoltò le parole dell’uomo, affascinata dalla spiegazione che le stava dando. Vedere quel lavoro come il risolvere i problemi delle persone ma in una concezione più ampia del termine non era una visione nuova per lei, ma non aveva mai pensato realmente al definirlo in questo modo: fu grata all’uomo perché anche se si trattava di un colloquio di lavoro si stava rivelando quasi un’esperienza formativa, sicuramente più interessante degli opuscoli sulla carriera da Medimago che aveva trovato a scuola.
Si aspettava una risposta preconfezionata, basica, data giusto per mettere fine all’invasione della propria privacy, non una spiegazione del genere, soprattutto dal Direttore del San Mungo: non era nel carattere di Jane giudicare una persona dall’aspetto o dal ruolo che ricopriva nella società, ma erroneamente l’incarico che il Medimago aveva all’interno dell’ospedale le aveva fatto creare dei preconcetti su come avrebbe potuto risponderle o comportarsi. Invece Paul Dwight si stava dimostrando interessato alle sue parole, sembrava che gli importasse veramente quello che la ragazza aveva da dire e questo tranquillizzò Jane: si rese conto che forse quella era la prima volta che al di fuori di Hogwarts un adulto la ascoltava veramente.

A conferma di quanto appena pensato, giunsero le parole dell’uomo.

- Comunque, credo che lo abbia spiegato molto bene. Viene dal cuore. E’ la sua natura. -

Era davvero la natura di Jane che l’aveva portata in quel posto, a quella decisione, senza esserne realmente conscia?
Quel colloquio le stava facendo valutare le sue scelte e, forse per la prima volta da quando non era più studentessa, la stava facendo riflettere su chi era.
Riflessioni che potevano dimostrarsi pericolose e soprattutto che l’avrebbero fatta distrarre dal presente, dove per fortuna venne riportata dalla nuova domanda del Medimago.

- Non direttamente. Ho aiutato un paio di volte una mia amica ad Hogwarts che era volontaria in Infermeria, ma più che altro in attività basiche: non ho mai realmente frequentato quei locali come assistente in via ufficiale. -

Aveva affiancato Jane Evans in alcune occasioni in Infermeria ma si era trattato più che altro di farle compagnia mentre svolgeva le sue mansioni: non si era mai occupata di qualcuno da sola, anche perché non ne aveva né le capacità né il permesso.
In alcune occasioni però durante gli anni di permanenza al Castello aveva affrontato suo malgrado delle sfide in cui avrebbe voluto avere le conoscenze per agire e soprattutto essere in grado di aiutare.

- Mi è capitato mio malgrado di essere coinvolta in alcune situazioni di pericolo, penso sia a conoscenza di come a volte Hogwarts sia tutto fuorché un luogo sicuro, e in quei momenti avrei voluto saper fare di più, poter aiutare in modo concreto le persone ferite intorno a me. - vedeva ancora davanti a sé i volti dei due Serpeverde morti nello scontro con i Golem nel Cortile, il senso di dolore e impotenza che aveva provato, il senso di colpa per non essere riuscita ad evitarlo: a volte quei ricordi tornavano a farle visita di notte, tormentandola - In seguito a quegli episodi ho iniziato a consultare alcuni libri a tema in biblioteca per cercare di non farmi più trovare impreparata, ma purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista, non c’è stata occasione di mettere in pratica le mie nuove conoscenze. -

Non c’erano state altre occasioni anche perché una serie di eventi l’avevano portata lontano da Hogwarts per un periodo di tempo abbastanza lungo e in seguito al suo ritorno si era letteralmente rinchiusa in biblioteca, dando la precedenza su di tutto allo studio.

- Come già detto poco fa, anche se non voglio essere ripetitiva, sono consapevole della mia inesperienza, ma anche di come questo sia un lavoro dove non si finisce mai di studiare e di imparare nuove cose: la prospettiva di questo non mi spaventa, anzi, posso assicurarle che mi impegnerei il più possibile a migliorare. -

L’ansia stava scivolando via insieme alle parole che uscivano dalla sua bocca e ora Jane appariva molto più tranquilla, ma non per questo meno determinata di ottenere il lavoro: conosceva i suoi limiti e la sua inesperienza, ma pur di trovare il suo posto nel mondo era disposta a lasciarseli alle spalle.


 
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view post Posted on 20/9/2020, 17:56
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Considerando che nessuno, tra gli aspiranti discepoli, era mai arrivato a quel punto della conversazione, si poteva già intuire, dagli sguardi e parole del Direttore, come quel colloquio sarebbe andato a finire.
Paul ascoltava con interesse, beandosi della sincerità della giovane donna, cercando di delineare, sul suo volto, le tracce di ciò che sarebbe divenuta.
La purezza, i suoi ideali... Sarebbero stati contaminati? Non poteva rispondere a quella domanda, non poteva farlo per lei. Ciò che era in suo potere, in quel momento, era offrirle una possibilità affinché ciò non accadesse.
„Per sua fortuna, credo fortemente che non ci sia modo migliore di combattere l'inesperienza se non ritrovarsi in mezzo al fuoco incrociato d'un campo di battaglia”
Congiunse le mani al volto, coprendosi la bocca, dando modo a Jane di metabolizzare quanto aveva appena udito, sperando di leggere, nelle sue espressioni, la consapevolezza di ciò che era appena accaduto.
„Lei mi piace, Jane. Ma devo avvisarla...”, sospirò greve e, con uno scatto fulmineo, si alzò dalla sua postazione per oltrepassare la scrivania e la donna.
„...Saranno orari duri, turni interminabili. Gli errori sono ammessi, certo, per la prima manciata di giorni ma se mi ascolterà a dovere, saprà evitarli o, nel migliore dei casi, porvi rimedio. Farà ciò che le dirò, nel modo in cui glielo dirò, altrimenti sarà fuori. Nei suoi prossimi mesi, dimentichi il Mondo Magico lì fuori, dimentichi amici e relazioni: lei vivrà per questo posto.”
Avrebbe osservato il profilo del suo viso qualora si fosse voltata in sua direzione, nascondendo il subitaneo sorriso della vittoria.
„E' un lavoro duro, non voglio spaventarla ma i primi tempi saranno i più difficili. Dimentichi tutto ciò che ha letto e sentito dire. Ho bisogno che lei sia una tabula rasa pronta ad essere plasmata. E..”, si sarebbe poi avvicinato, gamba sinistra sulla scrivania, schiena piegata verso di lei, mano sul fianco, „... Per l'amor di Tosca, non permetta mai a nessuno di dirle che non è in grado o che non può farcela, nemmeno a se stessa. In questo lavoro non esistono dubbi o incertezze. Non sarà solo la sua esperienza in campo a crescere ma anche la sua sicurezza. Un medico che non crede in sé e che non sia, al contempo, in grado di rivalutare con raziocinio le proprie supposizioni, non sarà mai un bravo medimago.”
L'iperattività di Paul lo portò nuovamente altrove, dall'altro capo della stanza. Instancabile, incapace di star fermo, per lui quel colloquio stava durando anche troppo.
„Riposi qualche ora, la voglio nuovamente qui questa sera, alle 10 in punto.”, asserì infine dandole la schiena mentre con la destra indicava l'uscita.

„E porti con sé quel suo fascicolo. Non ne ho bisogno.”



Ottimo lavoro, Jane. Mi hai dato esattamente ciò di cui avevo bisogno per condurre nel migliore dei modi questo colloquio.
Sei assunta.
Concludi pure con un ultimo post, ti contatterò via mp, per organizzarci, non appena sarà il momento di scendere in campo.
 
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view post Posted on 8/10/2020, 23:46
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Mentre parlava e ripeteva i suoi propositi nell’ipotesi di un’assunzione, Jane poté notare come l’uomo le stesse davvero prestando ascolto: come poco prima non riusciva a non stupirsene e al tempo stesso a non essergli grata. Se il colloquio non fosse andato a buon fine di sicuro non avrebbe potuto recriminare altri se non sé stessa, perché i gesti, le parole e le azioni di Paul Dwight erano la chiara dimostrazione di come la stesse veramente ascoltando e le stesse dando una vera possibilità nel cercare di ottenere quell’incarico.

Le parole che seguirono però lasciarono che la sorpresa prendesse il sopravvento tra tutte le emozioni che stava provando in quel momento, apparendo cristallina sul suo giovane volto: nascosto in quel discorso sull’inesperienza e i modi migliori per combatterla c’era davvero il risultato di quel colloquio?
Non rispose e attese in silenzio che il Mago riprendesse a parlare fornendole un’ulteriore spiegazione, senza distogliere lo sguardo da lui e cercando di reprimere la speranza che faceva capolino nel suo animo: se avesse creduto troppo fermamente di aver ottenuto il lavoro ancora prima di averne conferma la delusione l’avrebbe colpita più forte del previsto. Jane aveva un carattere che la rendeva restìa ad avere troppa fiducia in sé stessa e alla base di questo aspetto non c’era la necessità di essere compatita o rassicurata, solo alcuni ricordi che a volte tornavano a farle visita e le ricordavano quanto fosse stata inadeguata rispetto ad alcune situazioni che si era trovata ad affrontare.

- Lei mi piace, Jane. Ma devo avvisarla... –

Un nodo le strinse lo stomaco, riportandola con i piedi per terra, e avvertì una lieve ansia tornare a farle compagnia: quelle parole sembravano presagire davvero ciò che si era immaginata poco prima.
Alzò lo sguardo per seguire il movimento del Medimago e girò la testa di scatto per continuare a guardarlo mentre camminando oltrepassava lei e la scrivania. Il discorso infervorato dell’uomo forse avrebbe dovuto spaventarla, o quantomeno metterla in guardia, farle capire cosa avrebbe implicato svolgere il lavoro che stava ottenendo, ma Jane non riusciva a concentrarsi su quegli aspetti: lo sguardo era illuminato dalla gioia per l’opportunità che stava avendo, l’adrenalina aveva spazzato via l’ansia e il cuore aveva accelerato il suo battito. Aveva ottenuto il lavoro.
Nemmeno le ultime parole del discorso di Paul Dwight riuscirono ad incrinare la gioia che provava in quel momento: cercò di non far trasparire troppo dalle sue espressioni le sue emozioni, ma era certa che il Medimago avrebbe notato la sua euforia e sperò riuscisse a comprenderla. Era pur sempre il suo primo incarico nel mondo degli adulti!

- …Nei suoi prossimi mesi, dimentichi il Mondo Magico lì fuori, dimentichi amici e relazioni: lei vivrà per questo posto. -

Se le avesse chiesto di trasferirsi in uno sgabuzzino del San Mungo e di viverci per i mesi a venire dormendo per terra con una coperta lisa e senza cuscino, probabilmente non avrebbe esitato ad accettare perché avrebbe fatto di tutto pur di dimostrare la riconoscenza per la fiducia che l’uomo stava riponendo in lei: l’entusiasmo copriva come una patina tutti gli ammonimenti dell’uomo, rendendo ai suoi occhi oro anche i presagi più funesti. Annuì, cercando di mantenere l’espressione seria: non voleva dare l’impressione di non prendere seriamente le sue parole – perché in verità senza accorgersene il suo cervello le stava registrando a caratteri cubitali nella sua memoria – ma al tempo stesso faticava a trattenere il sorriso che a forza voleva far prendere forma alle sue labbra.
Quando il Medimago si avvicinò di nuovo a lei di scatto sobbalzò, leggermente a disagio per quella vicinanza improvvisa: forse con il tempo sarebbe riuscita ad abituarsi all’iperattività dell’uomo, o quantomeno avrebbe dovuto farlo visto che nel giro di poche ore sarebbe diventata la sua ombra.

- …Un medico che non crede in sé e che non sia, al contempo, in grado di rivalutare con raziocinio le proprie supposizioni, non sarà mai un bravo medimago. -

Quella frase la colpì più delle altre e fu la conferma della vaga idea che si era fatta di Paul Dwight durante quel colloquio: se a una prima vista poteva sembrare quasi che si fosse divertito a metterla in difficoltà con le sue domande, in realtà il tutto si era trasformato quasi in una lezione di vita. Se un domani il destino l’avrebbe portata in altri luoghi o a non lavorare più alle dipendenze dell’uomo sicuramente la gratitudine per la fiducia e gli insegnamenti che le aveva regalato quel giorno sarebbero rimasti indelebili nella sua memoria.

Non ebbe il tempo di finire di ragionare sulle ultime parole del Medimago che questo si era di nuovo mosso in direzione della porta mentre le chiedeva di ripresentarsi per quella sera alla dieci: Jane si alzò dalla sedia, le gambe leggermente rigidi e instabili per l’adrenalina. Allungò il braccio per recuperare la cartellina, che finì in fretta in fondo alla borsa, poi si incamminò in direzione della porta per fermarsi di fronte al Mago.

- La ringrazio per l’opportunità, dottor Dwight, cercherò di non deluderla. Arrivederci, a stasera. -

La voce tremò leggermente con le prime due parole, ma cercò di non pensarci troppo, sperando che il Mago non ci avesse fatto troppo caso: pochi minuti dopo era fuori dall’edificio, in mezzo al fermento della Londra Magica, le gote arrossate e lo sguardo che brillava.
Ancora troppo entusiasta per provare ansia all’idea del suo primo turno di lavoro che sarebbe iniziato quella sera, felice se non addirittura un po’ euforica si incamminò verso casa, pronta ad inviare un gufo a zia Mary.



Grazie, davvero 🌻
Non vedo l'ora di entrare in azione!
 
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