Il Brio(r) della festa

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view post Posted on 22/5/2020, 22:53
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Uno stregone non è mai in ritardo.
Nè decisamente in anticipo, ma quella era un'altra storia.
Arriva precisamente quanto intende farlo.
Sì insomma, proprio quando intende. Era quella la chiave di volta di tutto. Una persona così in età avanzata sente tutto, ma non sente nulla, sa tutto, ma anche nulla. Soprattutto, ricorda tutto, specie quello sgambetto che nel 1323... quell'affronto inaudito che nel 436, quell'imbarazzante e deprecabile uscita dell'875. Per non scordare quella vile insinuazione del 2123! Ricorda tutto, quindi, ma all'occorrenza anche niente.
Il tempo era letteralmente volato, non aveva neanche finito di spolverare la prima libreria, che già un Atlante tutto trafelato si era presentato orologio alla mano. Com'era possibile? Una carezza a una costa, un breve sproloquio per il piacere di aver ritrovato il Manuale di sopravvivenza per Teiere da battaglia, che ovviamente sapeva da sempre si trovasse esattamente lì, un buffetto all'indispensabile Compendio di diritto comparato Ittita - Babilonese, che il pomeriggio era letteralmente volato. Tempo di cambiarsi, trovare il bastone giusto, ed era già l'ora in cui almeno teoricamente sarebbe dovuto trovarsi a destinazione. Un problema? Certamente no, l'orario era da intendersi quale gentile raccomandazione indicativa per gli ospiti di poco conto per presentarsi. Per gli altri era un banale pour parler, raggiungeteci e onorateci della vostra presenza che sarà sicuramente graditissima. Figurarsi dovesse attenersi al minuto, o anche all'ora.
Restava però il fatto, la gentile raccomandazione cadeva in quel preciso istante, e altrettanto oggettivamente era evidente non fosse nei pressi della destinazione, era ancora a Hogwarts, nella sua Torre, dunque non ai Tre Manici di Scopa... curioso, certamente.


Atlante!
È tutto pronto? Sarà bene che m'incammini, non vorrei si facesse tardi. Se ho dimenticato qualcosa sai dove trovarmi.


Detto questo, si avviò allegro giù per la chiocciola, giù ancora sino al salone d'ingresso. Due elfi, visibilmente carichi, aspettavano la lieta novella. Erano pronti ad andare, infine. Con solo tre quarti d'ora di ritardo, ma si sa, i contrattempi possono capitare anche nelle migliori circostanze.

Ottimo Felix, visto? Siamo già sulla diritta via, rischiamo di arrivare prima del previsto. Ma frattanto perché non facciamo una valutazione ragionevole di cosa potremmo servire in tavola per cena. Dicevo a Doddy questa mattina che quel coniglio di settimana scorsa era particolarmente sfizioso, potremmo ragionare su qualcosa del genere, no? Sicuramente eviterei quel...
Amalia! Dove stai andando!? Allora?


Uno stregone non più giovane come un tempo, ma decisamente distinto in una bella veste color prugna caracollava allegro giù per il declivio, in direzione dei cancelli. Di buon passo, ma senza fretta, discorrendo apparentemente da solo. Una macchia di pelo bianca in un mare zaffireo di erba, apriva la comitiva; il vecchio nel mezzo teneva botta; in coda, un paio di passi più indietro, una coppia di elfi domestici facevano del loro meglio trasportando quello che aveva tutta l'aria di essere un barilotto. Il più distratto e sprovveduto dei passanti, ancora inesistenti, si sarebbe domandato cosa ci facessero un vecchio, un cane e due elfi con della polvere da sparo, il più accorto e navigato si sarebbe invece unito alla comitiva, pregustando dell'ottimo The, servito possibilmente insieme a qualche biscotto, e una fetta di torta. Ma si sa, il mondo è povero di intelligenze, e lo strambo corteo proseguiva in solitaria, passo dopo passo, accompagnato dall'onnipresente e instancabile voce del Vecchio, che non sembrava lasciar adito a dubbi sul chi dovesse parlare, e chi invece dovesse limitarsi ad ascoltare. Il che sotto molti punti di vista sarebbe dovuto risultare di gran conforto. Nessun problema di aspettative mancate, o deluse. Nessun impegno. Ogni tanto un cenno, un assenso, insieme magari a una vocale dotata di buona eco. Insomma, il sogno di qualunque studentello male in arnese.
Con un po' di fortuna già le prime case erano infine apparse, ed erano già alle spalle. Andavano di fretta? Cipollotto alla mano, le lancette parlavano chiaro: 5.15 Ed ecco il locale fare capolino dietro l'ultimo angolo. Erano arrivati! Passo lesto, e deciso, in direzione dell'ingresso e via andare. Il gioco aveva inizio. Con un intero barile di The, sufficiente per qualche ora in allegra compagnia. Amalia si sarebbe certamente appostata in attesa 'del momento propizio'.


Splendido, semplicemente splendido!
Buon pomeriggio signori, dov'è il festeggiato? Dov'è il Brior? Sono arrivato, e ho portato dei preziosi e graditi ospiti, oltre a del sano The! La festa può veramente iniziare!


Un tono allegro, un bel sorriso, in cerca di quell'unica risposta. Dove diamine si era cacciato il Grifondoro? Diversi volti, per la maggior parte conosciuti, ma del resto... non era sorpreso più di quel tanto. Un cenno di qua, un saluto di là, per quanto detestasse le feste era pur necessario darsi un certo contegno. Sopravvissuto che fu all'entrata, constatata l'esattezza dell'esordio, e messi da parte infine i convenevoli, se ne sarebbe uscito con una nuova sorprendente uscita.

Ottimo! Ottimo!
Torno subito, faccio un salto in cucina a parlare con lo chef.


Sì insomma, un arrivederci.
Sarebbe tornato? Come perdersi addirittura una festa?
Certo, chi mai avrebbe scommesso su quello? Addirittura perdersi una festa, in cui per l'ennesima volta si era cacciato. Praticamente impossibile. E dire che di scommesse se ne intendeva...



Sì insomma, Poverell ha portato il The e dei graditi ospiti, ma sparisce... in cucina? :ihih:
 
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view post Posted on 24/5/2020, 11:24
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In quell’occasione di festa, con preparativi che avevano coinvolto metà della popolazione del castello, Sirius White non poté proprio tirarsi indietro. La festa di compleanno di Oliver era diventata praticamente l’occasione dell’anno, al pari di un ballo scolastico o di una partita di Quidditch, a dimostrazione di quanto il suo pupillo fosse conosciuto ed amato ad Hogwarts. Di solito l’insegnante non prendeva parte ad eventi di questo genere preferendo rifugiarsi nel suo ufficio al castello lontano dai rumori e dai vaneggiamenti degli studenti in preda ai fumi dell’alcool. Ma come avrebbe potuto perdonarsi di essere mancato alla festa quando il festeggiamento era niente meno che il caposcuola rosso-oro? Lo aveva trascurato a sufficienti negli anni e nei mesi precedenti, la sua assenza impersonale al ballo, il manco supporto durante momenti ancora più delicati. Non poteva, non doveva per nulla al mondo mancare.
All’ora prestabilita l’insegnante aveva trovato la strada e percorso i sentieri che lo avrebbero portato oltre i confini del castello. C’era agitazione nell’aria e durante la marcia il vociare e lo scorgere di volti più che familiari in qualche modo contribuirono a risollevare il suo animo decisamente defunto di festaiolo. Doveva ammettere in effetti che la decisioni di concedersi qualche ora di svago dopo tutta la serietà e la tristezza che i mesi precedenti gli avevano regalato avrebbe potuto rivelarsi solo una ottima idea. In compagnia, per qualche ora, che cosa poteva mai succedergli di brutto?
Avrebbe quindi fatto ingresso nel locale cercando di farsi strada tra la folla. La gente sopraggiunta era già diventata molta. Chissà che non avesse trovato qualcuno della sua età con cui intrattenersi quella sera. Il festeggiato a quando pareva non era ancora arrivato.

 
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view post Posted on 29/5/2020, 20:33
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Lpv854p
Dormitorio Grifondoro N2, 12.00 am
Questa volta sarà diverso, si era detto. Non vi avrebbe dato peso, non avrebbe considerato la presenza o meno dei regali, non avrebbe neanche atteso un solo istante i messaggi di auguri cui sapeva di tenere in ogni caso; avrebbe fatto finta di niente, non poteva essere così difficile. Un giorno come un altro, il quindici di Maggio. Si era svegliato di buona leva, come al solito, e aveva invitato un paio di concasati ad occupare per primi il bagno del dormitorio condiviso; un gesto gentile, accompagnato da un sorriso forse un pizzico forzato. Quando nessuno dei due aveva avuto l'ardire di sussurrare almeno un misero, banale "buon compleanno", aveva sentito il cuore spazientirsi in un fremito improvviso. Al terzo concasato che gli aveva chiesto la precedenza alla toilette, aveva semplicemente scoccato un'occhiata in tralice, e altrettanto in silenzio si era ritirato nella stanzetta prima che l'altro potesse aprire nuovamente bocca. Venti minuti dopo, era pronto per la giornata, e con un leggero profumo di biancospino sul collo e sui polsi, sentiva di poter conquistare il miglior autocontrollo. Passando accanto il proprio letto e il comodino, aveva trovato la classica, solita pergamena di sua zia Brigitte, e subito dopo quella dei suoi genitori. C'era anche un bigliettino del signor Harvey, e tanto bastava - si era convinto - per rallegrarsi. Aveva abbandonato la Sala Comune Grifondoro come in una mattina qualsiasi: un cenno di saluto alla cornice della Signora Grassa, un complimento educato per il nuovo smoking traslucido di Ser Nicholas, aveva perfino lanciato un sorriso di sbieco al perfido Dippet, lì al centro del pianoterra. «Orribilmente poco raggiante, Brior.»
*E che le fiamme del camino possano bruciarti, Armando*
Il commento stizzito, ne era sicuro, era stato piuttosto solitario. Di lì in poi, non c'era stato nulla di sorprendentemente rimarcabile. Le prime lezioni del giorno - tra l'Aula di Rune Antiche e quella di Storia della Magia - gli avevano tuttavia permesso di indugiare su un aspetto fuorviante: al tavolo rosso-oro, in Sala Grande, la colazione non gli era mai sembrata così vergognosamente silenziosa. I suoi concasati erano stati tranquillamente indaffarati, neanche la scena di lotta improvvisata tra due amici - con tanto di salsicciotti impugnati da forchette a mo' di spada - aveva potuto spingerlo ad un sorriso. Piuttosto taciturno per i suoi gusti, aveva prestato sufficiente attenzione alle lezioni soltanto per dovere scolastico, e così era rientrato in dormitorio, mentre tutti gli altri già si dirigevano al pranzo. Non aveva fame, e più rimuginava sulle proprie sensazioni, più si accorgeva di essere fastidiosamente spazientito. Si era ritirato nelle sue stanze, da solo, e aveva lasciato alla magia il compito di un sollievo - il migliore, il più rapido, forse anche il più semplice. Quando si accorse di Penny, era già trascorsa mezz'ora. Un mulinello di cristalli di ghiaccio e fiocchi di neve era tutto quello che gli restava, governato dal lento, pigro movimento circolare della sua bacchetta magica; le tende drappeggiate di vermiglio e ocra si riflettevano sulla brina come in un caleidoscopio, e se la temperatura dell'intera camerata non fosse scesa così vertiginosamente, la scena di per sé sarebbe stata incantevole. Indossava un cappotto invernale, perfettamente in contrasto con la giornata primaverile all'esterno, e quando la voce di Penny lo raggiunse, Oliver non poté fare a meno di sussultare. «Lo sai che ci sono meno trenta gradi, vero?»
Per tutta risposta, da parte propria calò semplicemente il cappuccio sul capo; un gesto veloce, di scatto, nascondendo il volto. Sentiva il nervosismo a fior di pelle, e non avrebbe neanche saputo spiegarsi il motivo. Più che l'assenza di partecipazione ad un giorno che riteneva speciale, quello che continuava a ferire - e non avrebbe potuto fare a meno di comprenderlo così pienamente - era l'indifferenza degli altri nei suoi confronti. Era sempre stato presente, sempre in prima linea, e non sentiva di aver mai peccato di empatia verso il prossimo. Avrebbe voluto lasciar perdere, avrebbe voluto davvero. Aveva avuto dimostrazione peggiore l'Estate precedente, si era detto. Un singolo giorno, anche se quello del proprio compleanno, non avrebbe potuto colpirlo più dell'assenza per tre lunghi mesi di degenza, non avrebbe retto affatto il confronto. Ma tra la consapevolezza e l'emotività, lì si esprimeva una voragine più grande del tornado di ghiaccio che aveva evocato. Penny prese posto sul letto di fronte al proprio, stringendosi nella divisa scolastica, e quando parve pronto ad aprire bocca, l'Incantesimo del Caposcuola guizzò di un potenziale maggiore: la neve stava aumentando, e cominciava a coprire il pavimento della camerata. Si crogiolò nella bellezza vendicativa del suo sortilegio, soprattutto al brivido improvviso e più continuo sul corpo dell'amico, lì vicino. Quando il Gufo di Casey Bell piombò nel dormitorio, Penny fu il primo ad accorgersene e colse la palla al balzo, recuperando la missiva. Oliver aveva riconosciuto il piccolo Marcabrù, e per un attimo sospese la magia elementale in un'ultima giravolta; forse qualcuno non aveva dimenticato, e se fosse stata il suo Prefetto, allora tanto di cappello. Chiese tacitamente al compagno di leggere per lui, un cenno del mento e via. Le parole della concasata lo colpirono come un fulmine a ciel sereno, e fu troppo sbigottito per pensare che fosse un brutto, infido scherzo del giorno.
«Ahia, guai in vista con il Preside.»
Un'occhiata in tralice, il cuore in gola, infine lo scatto della destra sulla bacchetta. Il tormento di neve, ghiaccio e cristalli di brina si abbatté sul povero Penny come un tornado in piena, e le sue grida di protesta e di dolore apparvero ad Oliver come l'armonia di una dolce corda di violino.


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Cancelli di Hogwarts, 16.10 pm
Camminava a passo spedito, la bocca tirata in una smorfia che a stento celava lo scetticismo e la rabbia del momento; un conto era ignorare il suo compleanno, poteva soprassedere andando contro ogni sua comprensione, ma un altro conto era organizzare un incontro per discutere dell'andamento della Casata Grifondoro. Non aveva neanche apprezzato il fatto che il Preside avesse contattato Casey e non lui per quella ramanzina, così gli era stato comunicato e superficialmente, sovrappensiero e innervosito com'era dal mattino, non aveva creduto neanche per un istante che potesse essere una notizia falsa. Il suo Prefetto non avrebbe avuto motivo di mentire, ma in parte Oliver iniziava ad essere risentito anche nei suoi riguardi. Odiava con tutto se stesso dover spingersi oltre i confini del Castello di Hogwarts, e si chiedeva per quale assurda, malefica decisione Casey Bell avesse optato per un incontro al di fuori, ai Tre Manici di Scopa. Si aspettava di condividere una Burrobirra insieme, dopo aver ascoltato le critiche su Grifondoro? E poi, per l'amor di Godric, quali critiche potevano mai esserci: la Casata non era mai stata così fiorente, avevano vinto di recente ben due Coppe in successione, gli allenamenti procedevano nel migliore dei modi, l'andamento sembrava sicuro e ben cadenzato, un ritmo che lo stesso Oliver aveva accolto con il fervore più vivido. Non erano neanche così lontani in classifica, la ripresa poteva essere perfettamente auspicabile, e l'occhiata che aveva dato alle clessidre in Sala Grande - quel mattino, a colazione - gli aveva fatto ben sperare: i rubini scintillavano anche tra i suoi pensieri, in quel momento. Più procedeva, tuttavia, e più si accorgeva di non aver ancora calmato il proprio animo, e non gli capitava da moltissimo tempo; calpestava l'erba smeraldina dei giardini scolastici con tutto il peso del corpo, spostandosi con una frenesia che poco gli s'addiceva.
Alle sue spalle, sentiva il respiro affannato di Penny e Timothy, entrambi troppo scossi dall'atipico comportamento del loro Caposcuola per poter aggiungere qualcosa; avevano capito che qualcosa non stesse andando come da programma, e l'uno dei due aveva anche letto la pergamena di Casey. Perché lo stessero seguendo, tuttavia, restava un mistero. Quando arrivò ai Cancelli, Penny spiccò uno slancio in avanti e parlò con un tono divertito. «Hey Brior, in Sala Comune dicono ci siano dei preparativi per-»
«Senti un po', Penny.» Si fermò di scatto, il piede sinistro a schiacciare completamente una campanula gialla, sul pendio in discesa. La bacchetta magica già era rivolta al petto del concasato, mentre poco più indietro il piccolo Timothy sembrava nascondersi con la schiena del più grande. «Nessuno si è ricordato di questo giorno, neanche tu. "Oh Brior, siamo conosciuti come grandi organizzatori di feste", non avevi detto così? Invece un bubotubero. Quindi tornatene ad Hogwarts e lasciami in pace.»
Un silenzio discreto, la tensione palpabile. Alla fine, Penny indietreggiò di un passo. Era vero, nessuno di loro aveva pensato a quel compleanno: non che si aspettasse chissà cosa, ma una frase di auguri, quella non sarebbe stata chissà quanto fuori luogo. Tutto quello che aveva ricevuto dalle persone a lui più care altro non era stato che una Strillettera, da parte di Casey. Una Strillettera. Riprese il cammino, in fretta, e l'ultima cosa che sentì fu il commento di Penny. «Bene, hai ragione. Ma ti prego, rivedi il tuo linguaggio, un bubotubero fa ridere anche i nargilli.»
«E allora vaffanculo, Penny. Vaffanculo.»
Touché. Enchanté. Era troppo anche per lui.


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Tre Manici di Scopa, 16.30 pm
Al di là dei Confini di Hogwarts, sentì il cuore spezzarsi sotto un peso più grande di lui; aveva già litigato con Penny, e con altre persone, ma non avrebbe mai potuto dire di esserne così abituato. In più, lo comprendeva sempre più nitidamente, non avrebbe mai voluto essere condizionato in quel modo: a dispetto del galateo, delle norme che sua nonna gli aveva insegnato da bambino, dell'educazione così sferzante, l'emotività che scorreva nelle sue vene non poteva essere cancellata, e nell'ultimo periodo Oliver aveva sempre più difficoltà a tenerla a bada. Quello che aveva vissuto non era cosa da poco, e l'esperienza mutava in memorie infrante, in rimorso, in una scintilla di nostalgia, e malinconia, e tutto vibrava di un dolore ben più profondo. Ne era scosso, pienamente, da cima a fondo, e mai avrebbe creduto di arrivare ad esserne compromesso. Sentì gli occhi bruciare, i denti stridere e la bocca tirarsi all'interno, mentre si mordeva il labbro superiore. Si nascose a passo rapido alla prima curva del sentiero che si snocciolava fino al Villaggio di Hogsmeade, e si assicurò che alle sue spalle non giungesse nessuno - per un attimo, soltanto un attimo, aveva sperato di rivedere Penny. Indugiò sui proprio pensieri, comprese di essere visibilmente scosso, e ferito. Non era il compleanno in sé, non lo era. L'indifferenza, l'assenza, la lontananza, tutto quello tornava di tanto in tanto a fare breccia: il volto di Aquileia, quello di Valéry, quello di Helen, tutti e tre apparvero come colpi veri e propri, e ciascuno non gli era mai sembrato così nitido. Non aveva più loro notizie, ormai da mesi, e non aveva idea se stessero bene, se fossero preoccupati, se magari avessero rivolto qualche pensiero a lui, come Oliver faceva più e più volte. Dov'erano finiti, perché erano scomparsi, tutto non aveva senso; neanche le Visioni avevano potuto tracciare confini, non c'era Futuro. Si ritrovò accanto ad una parete di mattoni, il corpo leggermente piegato su se stesso, e perfino la giacca elegante che aveva indossato - di un dolce, leggero colore tendente al violetto - non riuscì a trasmettere quella sicurezza che di solito ritrovava negli abiti del genere. Modulò così il respiro, chiuse gli occhi un paio di volte, e alla fine allontanò la malinconia dei giorni trascorsi; c'era molto altro ad attenderlo, lo sentiva, e in parte - si disse - riusciva a scorgerlo. Quel quindici Maggio poteva anche essere un giorno qualsiasi, non importava, e scacciò via anche la consapevolezza di non aver ricevuto auguri da parte di zio Albert: con lui aveva un conto in sospeso, ed era responsabile. Quando si Materializzò, si affidò al turbinio di sfumature già temprate dal pomeriggio, e non appena tutto si oscurò, il nero lo avvolse come una benedizione. Apparve di lì a pochi istanti esattamente al lato opposto all'ingresso dei Tre Manici di Scopa. Conosceva da lungo andare quel locale e a dispetto di ogni altra cosa cominciava ad apprezzare di esservi di ritorno; anche se quell'incontro avesse trattato spiacevoli argomenti, ne sarebbe comunque valsa la pena alle cure di Madama Rosmerta. Il ricordo dei momenti più belli con i suoi concasati, con Fred e con Flaminia, e con tanti altri subito dopo, tutto quello gli riscaldò il cuore e finalmente gli permise di ripristinare l'aspetto usuale, elegante e composto. Avrebbe fatto finta di nulla anche con Casey, non avrebbe posto in ballo l'argomento del compleanno, né tutte le stupide rimostranze personali. Non avevano colpa, tutti loro, e forse andava bene anche così. Non si lamentò neanche dell'assenza di una missiva, perfino breve, da parte di Leah - era lui, si ripeté, ad essere troppo incisivo su quei momenti, e non era la fine del mondo. Quando raggiunse l'ingresso, rimpianse per come fossero andate le cose con Penny, poco prima. Certo, il concasato aveva la straordinaria capacità di far salire il sangue al cervello anche a lui, il pacato Caposcuola, ma per quel giorno Oliver l'aveva tormentato a sufficienza; si ripromise infatti di portargli una fetta di cheesecake al limone, che l'altro amava alla follia. Prima di procedere ancora di più e fare il suo ingresso, si guardò in fretta nella vetrina più vicina e sistemò in quel modo la giacca sul violetto, la camicia chiara e la cravatta stretta al collo, allentandola di appena un nodo. Una mano tra i capelli, e si disse pronto. Impeccabile, elegante, di stile: non festeggiare il compleanno non significava venire meno ai piaceri personali, e quel completo era il regalo che sua zia Brigitte - come ogni anno, almeno lei - aveva ricordato di spedirgli per posta, quel mattino.
«A noi due, Casey.» Ripose la bacchetta nella manica interna, e con le mani libere spinse così l'ingresso. Chiuse gli occhi, di scatto. Il suono assordante, la canzoncina gridata a raffica, la pioggia di coriandoli, sentì il corpo fremere sotto l'assalto imprevisto e sebbene tutto in lui stesse gridando all'allarme, una parte di sé non riuscì a fare a meno di bloccarsi, totalmente. Forse restò con gli occhi chiusi per più di quanto previsto, per almeno diversi secondi, e man mano che i sensi si alteravano, la lucidità giungeva in soccorso - avrebbe potuto percepire i pensieri inseguirsi, i collegamenti unirsi come tasselli di un puzzle, mentre il "tanti auguri a te" arrivava come un canto d'altro tempo, e i colori scintillavano come pioggia sulla giacca, sulle braccia, sulle mani. Lasciò il pomello della porta e sollevò le palpebre, ma il cuore giunse alla chiarezza, là dove la mente arretrava ancora. Avrebbe voluto dire qualcosa, chiudere di certo la bocca, e togliersi quell'espressione tra l'impaurito, il preoccupato, il sorpreso e il "ma davvero" che gli era spuntata improvvisamente. Lui, padrone assoluto dell'emozione in pubblico, cedeva sotto il peso di un battito più grande, più vivido, più vibrante di ogni altro. Non ricordava quando fosse stata l'ultima volta che aveva sentito quel brivido di piacere, dalla schiena fino alla punta dei piedi, e perfino avanzare di un passo cominciò a sembrargli un'impresa. A dispetto della sua giovane età, aveva vissuto tanto, aveva visto moltissimo, in ogni epoca - una festa a sorpresa, tuttavia, era quanto di più lontano potesse immaginare. Riuscì a mettere a fuoco i presenti, tra il gruppetto dei Grifondoro in avanscoperta - Casey, la vedeva, e tra il sorriso di sbieco e il lampo luminoso degli occhi del Caposcuola, tutto annunciava in lui il primo, più grande ringraziamento; non avrebbe avuto bisogno di conferme per sapere che fosse stata opera iniziale del suo Prefetto, perfino la Strillettera trovava tassello giusto a quel punto - e poi Mary, Juliet, Seth, Rose, Caleb, Herbelia, Timothy... Timothy, come aveva fatto ad arrivare prima di lui, si chiese; c'erano perfino le concasate più piccoline, al primo anno, con le quali sentiva di voler scambiare qualche parola da moltissimo tempo, per bene e per davvero, e i nomi giunsero nitidi come tutti gli altri: Vivienne, la coppia di Alice, e accanto al tavolo imbandito, tra l'ampia caraffa di acquaviola e chissà cos'altro, c'era anche lui, Penny. Iniziò a sentire improvvisamente caldo, e man mano che lo sguardo avvolgeva la sala adibita a festa, le emozioni più sopite si risvegliavano come un mulinello, lo stesso - si ritrovò a pensare - di quello di cristalli di ghiaccio che aveva evocato in dormitorio, quella mattina. C'era Leah, l'avrebbe riconosciuta e vista fra mille e mille altri, e la sua presenza arrivò dolcemente fin nel petto; c'erano i suoi Corvonero preferiti - ma non l'avrebbe detto ad alta voce, o forse sì -, Daddy e Megan. Lì vicino, l'eleganza in persona, c'era quella che ad occhi chiusi Oliver avrebbe potuto definire come la compagna di banco più interessante di sempre, Emily Rose, e il pensiero delle loro Divinazioni approssimate giunse a conferma di come, tra di loro, fosse nato qualcosa, qualcosa che trovava già speciale; non avrebbe potuto credere di ritrovare tra la folla sempre più crescente altre figure familiari, ma il volto di Thalia era inconfondibile - la bellezza della sua persona, la nostalgia che sentiva alla loro distanza, la felicità di ritrovarla lì -; e ancora Aiden, una garanzia degli ultimi tempi, l'affetto più sincero a dispetto di tutto quello che avevano condiviso; e Mìreen, e la giovane Cordelia, conosceva entrambe e avrebbe tanto desiderato approfondire quelle relazioni, era contento che fossero presenti e si chiese se Lyam avesse parlato di quell'appuntamento, di quella festa; Jolene, c'era anche lei, e il sorriso raggiunse sulla sua bocca la curva di spicco della felicità assoluta. Lo sguardo passava da un volto all'altro di sfuggita, ne coglieva pochi, essenziali dettagli, ed agiva in fretta - trasmetteva, catturava, custodiva. Quando si spostò sull'ultima figura, quella di Sirius White, sentì il nervosismo del giorno trascinarsi via, e allontanarsi, via per sempre. Così avanzò di un passo, e poi un altro, e gli parve di sospendersi di qualche centimetro da terra, come quando si era ingozzato di Api Frizzole insieme ai suoi compagni di stanza. I coriandoli tra i capelli, i colori sui propri abiti, il sorriso sincero; era colpito, non avrebbe potuto negarlo, ed era altrettanto sorpreso. Avrebbe voluto dire tanto, e subito. Invece, al diavolo Penny, non riuscì a fare altro che mormorare un'unica, vibrante esclamazione. «Per tutti i bubotuberi.» All'arrivo di lì a poche ore del Preside di Hogwarts, sarebbe tornato di scatto il pensiero di essere stato chiamato per davvero per un incontro accademico, per parlare dell'andamento di Grifondoro - così come la lettera di Casey aveva inizialmente affermato; sapere che il buon Peverell avesse deciso di lasciare per un po' la sua Torre per condividere i festeggiamenti, e scoprire che avesse portato con sé la scorta più grande di tè mai vista prima da Oliver, quello sarebbe stato il passo decisivo per iniziare a sorridere, e sorridere, e sorridere ancora. Non avrebbe potuto smettere, e forse non avrebbe voluto. Si affidò alla folla, agli amici, al pacchetto in volo verso di lui; e non gli importava cosa fosse in programma, in quel pomeriggio e nel tempo in divenire. Il Presente, quello vero, non era mai stato così brillante. Al centro esatto, come un bambino il giorno del proprio compleanno - per davvero - il galante Caposcuola sorrideva ancora. «Quindi...» L'indice sospeso avanti, spostandosi da un lato all'altro. «Cento punti a Grifondoro e punizione per tutti gli altri che sono fuori dal Castello?» Scherzò in fretta, e via agli abbracci, ai baci, alle strette di mano. Via alla semplicità, via alla bellezza di un momento come quello, via alla sorpresa. Mentre cercava il contatto più sincero di Casey e le sussurrava di essere stato ad un passo da tagliare la testolina piumata del suo Gufo, il cuore di Oliver Brior continuò a battere all'impazzata, come non gli capitava da lungo andare. Perché era lì, lo era davvero.
Con i piedi piantati per terra, nel presente.
Lui, il Veggente, viveva il suo tempo.


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Discorso del festeggiato (?)
È un po' come il discorso degli Oscar: sai cosa dire, ma non sai come dirlo. Controlli i nomi tra i ringraziamenti, ti assicuri che ci siano tutti, dal primo all'ultimo, e nel frattempo il fogliettino che hai preparato comincia a tremare tra le mani. Perché la bellezza di un momento del genere, alla fine, non coinvolge soltanto Oliver, ed io come narratore - e ancor più come utente, in questo porto d'approdo - ne sono profondamente colpito. La scrittura, lo sapete tutti, è un'arma a doppio taglio: è assalto, è violenza, è condanna, e talvolta ferisce più di quanto ci si possa aspettare; ma è anche, e spesso, salvezza, rifugio, incanto. Per me è un bellissimo assalto, questa volta, e nel paradosso si esprime la mia gratitudine - e quella del mio Oliver. Leggendo tutti i vostri post così vivi, mi dicevo "vorrei essere io lì ai Tre Manici di Scopa". Perché sarò sentimentale, e qualcuno criticherà (e come Penny insegna... "che bubotubero"), ma le amicizie che ho avuto e che ho tuttora nel Gdr sono per me le più significative, le più intense, le più preziose in assoluto. Quindi sì, è una festa di un Gdr, e lì fuori ci sono tanti altri utenti che stimo e a cui voglio bene, ma per me - il romantico, eccessivo -, è un momento di gioia a tutto tondo. Chiedo scusa per averci impiegato tanto, e per aver scritto più del dovuto, ma attingere alla parte più sentita è sempre complicato.

Quindi grazie.
A tutti voi: gli amici di Oliver, e anche miei.

 
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view post Posted on 3/6/2020, 21:36
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss

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«... Alcuni dei ricordi migliori della scuola. E sono sicura che le cose migliori non se le ricorda nessuno, per giunta.» A quelle parole l’Auror dovette soffocare una sonora risata: se solo Jolene sapesse dei suoi trascorsi a scuola, di quanti scherzi e guai aveva provocato in un solo anno scolastico ad esempio, sarebbe senz’altro impallidita e a quel punto si sarebbe rimangiata tutto. Nonostante le punizioni e la perdita di punti, Aiden Weiss era sempre stato uno spirito libero senza freni, che viveva l’attimo per quello che era anche a scapito delle conseguenze, agendo sempre di propria coscienza e con motivi ben specifici. Ricordava, dunque, quelli che per lui erano sempre state le cose migliori tra i banchi di scuola e non avevano nulla a che vedere con i compleanni, bensì alle proprie opere da ribelle e combina guai. E rammentare il bastone di Remar infilato nel gabinetto come un perfetto sturacessi gli strappò un ghignetto divertito; ma quello non era niente in confronto ad altri episodi.
Sì, Jolene si sarebbe decisamente rimangiata tutto se solo avesse saputo…

«Può darsi...» mormorò all’amica una volta che furono dentro al locale, con un ghigno alquanto misterioso stampato sulle labbra. Restare sul vago era da sempre uno dei suoi tipici modi di fare, non avrebbe mai ammesso con altrettanta facilità che alle volte agiva in maniera spontanea ed istintiva - come il quel caso - e altre volte, invece, agiva in maniera analitica e ben ponderata. E Aiden era come un prestigiatore: semmai avesse osato svelare il trucco al pubblico, poi non sarebbe più stato in grado di sorprenderlo.
Evitò di curarsi delle possibili reazioni suscitate tra i presenti - dopotutto era stato un semplice scherzo e tale sarebbe rimasto - ma non per questo non ignorò i loro volti. Il primo volto noto che intravide fu quello di KC, alla quale rivolse un sorriso a trentadue denti come forma di saluto, intuendo che doveva rientrare tra i palpabili organizzatori della festa. Lei e… Ma dove caspio è la Rigos? Confuso e sorpreso nel non riuscire ad scorgere la famosa chioma argentata di Nieve tra i presenti, Aiden si grattò il mento barbuto con aria pensierosa e preoccupata. E a dare manforte a quel senso di inquietudine che aveva iniziato a pizzicargli sotto la pelle, fu la vista di Thalia tra i partecipanti.
In principio aveva avvertito un tuffo al cuore: non si era aspettato di trovarla lì, dopo tutto quel tempo trascorso lontani per i rispettivi impegni, e trovarsela davanti l’aveva quasi lasciato a bocca aperta per la sorpresa. I suoi sentimenti lo travolsero in pieno come uno tsunami e per un attimo fu sul punto di collassare su se stesso, come ogni volta che la vedeva, eppure la presenza di molte altre persone in mezzo a loro lo fecero desistere e lo indussero ad indossare una solida maschera di cera. In un certo senso fu come se si fosse aggrappato al suo lato Occlumante per nascondere la faccia, anziché i pensieri.
Poi, una volta che ebbe compreso che di Nieve non vi era traccia, Weiss emise un soffocato verso gutturale, come se qualcosa gli fosse rimasto incastrato in gola. Benché rivolse alla rossa uno sguardo impassibile, gli occhi comunicarono una domanda piuttosto chiara: “Dov’è Nieve?”. Non le si avvicinò, sentiva di non poterselo permettere, non ora almeno; restò dunque a debita distanza, accanto a Jolene, verso la quale fu sul punto di rivolgerle la parola, magari per chiederle se aveva sete e gradiva qualcosa, quando si ritrovò sul suo campo visivo Mireen. Educatamente, mostrandosi serio e composto dopo quel suo breve esordio da perfetto mattacchione, Aiden la salutò con un flebile sorriso.
«Quindi sono il beato tra le donne oppure sono l’ospite d’onore del nuovo Circolo delle Comari?» apostrofò con una nota divertita quando vide apparire pure Cordelia. Ovviamente non lo disse in tono scortese, ma si affrettò ad aggiungere un piccolo sorriso imbarazzato: era sempre stata una rarità per lui ritrovarsi in mezzo a così tante ragazze in una volta sola. «Non alzate troppo il gomito, signorine, o non daremo il buon esempio ai giovincelli...» Tentò di allentare la tensione rilanciando con un’altra piccola battuta. «In più, come farò a riportarvi a casa? Ho solo due braccia!»
Santissimo Cernunnos! Ma tra quanto arriva Oliver? Tra poco mi fiondo sugli alcolici che interazioni sociali levate proprio!
Fu questione di attimi che - con suo sommo gaudio - vide arrivare il tanto richiesto festeggiato. Oliver fece il suo ingresso ai Tre Manici di Scopa e l’Auror rimpianse di non aver avuto il tempo di reperire una bottiglia di Champagne e innaffiare il ragazzo con quel liquido frizzantino. Tuttavia cercò di stare alla battuta del Caposcuola e lo squadrò con le mani sui fianchi. «Vuoi mettere anche me in punizione, Brior? Te la do io la punizione: vieni qui che ti tirò le orecchie, Grifoncello da strapazzo!» concluse, infine, esplodendo in una sonora risata e andando ad assestare una poderosa pacca sulla schiena di Oliver. «Tanti auguri, ragazzo mio!»

‣ Auror ‣ 27 anni ‣ Irlandese


Interazioni/saluti con le persone sottolineate :gelato: Faccio prima così! :ihih:
Chiedo scusa per la qualità del post, oggi sono particolarmente rincitrullita nonostante l'ispirazione si è fatta avanti.


Edited by Aiden Weiss - 4/6/2020, 00:26
 
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view post Posted on 3/6/2020, 21:47
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Mary
Grenger
«Party hard»

► Mood: ancora troppo sobria ► Età: 17 anni ► Ruolo: studentessa ► Outfit: Click |Click

Incredibile come un locale spazioso come i Tre Manici di Scopa era diventato un ambiente minuscolo grazie a tutta quella folla. C’era chi pensava che Oliver fosse fortunato ad avere tutte quelle persone lì per lui. E poi c’era chi, come Mary, era convinta del contrario. Conoscere una persona come Oliver Brior, potersi definire amico di quel ragazzo, mentore, adepto, era un onore. Impossibile imbattersi nel suo Caposcuola e non innamorarsene, sia platonicamente che effettivamente.
Mary poteva solo immaginare quanto Oliver avessero offerto ad ognuna delle persone presenti in quel locale quel giorno. Era certa di ciò che aveva offerto a lei però: amicizia. Che sembrava stupido perché Mary di amici ne aveva vari, eppure quella di Oliver era intensa, un’amicizia senza giudizi, fatta di consigli e, semplicemente, risate.
E c’era quella sottile linea tra “vorrei essere lui” e “vorrei stare con lui” con cui Mary aveva ogni giorno a che fare.

Poco prima che Oliver facesse il suo ingresso nel locale, Mary si era diretta al tavolo delle bevande e aveva riempito il suo bicchiere di burrobirra corretta con l’acquaviola. Fatto ciò, aveva nuovamente preso posizione nei pressi dell’ingresso per accogliere il suo amico all’arrivo.
E che arrivo!
Mary fu sopraffatta, lei in prima persona, dalle urla e dai coriandoli e dalle luci e dalla gioia che era scoppiata nel giro di 10 secondi. Era rimasta confusa quando qualcuno al suo fianco aveva cacciato il primo urlo ma, senza pensarci, aveva seguito urlando ad alta voce “Buon compleanno!” e “Auguri!” come se la sua vita dipendesse da quello.
La gioia che provava Oliver si rispecchiava quasi contemporaneamente sul volto di Mary che delle emozioni altrui ne faceva il suo più grande tesoro. Essere felici è una cosa, rendere felici qualcuno è tutt’altra storia.

E dunque attese il suo turno per abbracciare il festeggiato ed era, a dirla tutta, molto eccitata. Quando Oliver le si parò davanti, Mary non ci pensò su due volte e gli si allacciò portando il braccio destro intorno al collo del ragazzo, mentre con la sinistra era occupata a mantenere il bicchiere ed un piccolo sacchetto rosso. Strinse Oliver a sé, acchiappando con la mano destra la sua maglia, immergendosi completamente in quel abbraccio che per Mary significava più di quanto potesse esprimere a parole. E non seppe per quale motivo precisamente, ma i suoi occhi divennero improvvisamente lucidi e dovette tirare sul con naso per evitare di piangere.
Ti voglio bene.
Sussurrò ad Oliver, poi si allontanò di colpo e sorrise con tutto l’entusiasmo possibile verso il suo caposcuola.
Allora, questo è per te.
Mary prese con la mano destra il sacchetto rosso e lo porse ad Oliver. I suoi occhi si sarebbero mossi continuamente tra le mani del ragazzo e il suo viso per decifrarne la reazione durante l’apertura. Una volta aperto il regalo, gli avrebbe detto:
Ecco, si illumina un po’ di notte. E, beh, ecco quando ero al negozio ho pensato a te. Tu sei un po’ come una luce per me e, insomma sì, per tutti noi grifondoro. Quindi sì, ecco.
Aveva mantenuto il contatto visivo con Oliver ma aveva appena sussurrato quelle parole per essere sicura che lui fosse l’unico che le ascoltasse. Non seppe precisamente per quale motivo le risultò così difficile aprirsi con il ragazzo, forse perché c’era molta gente intorno, forse perché si era d’improvviso riscoperta timida. Il giudizio di Oliver era per lei molto importante, e in generale il giudizio delle persone, nonostante provasse a non darlo a vedere.
E anche questo è per te, bevi.
Porse con un sorriso malizioso il bicchiere ancora perfettamente intero (nella sua forma e contenuto) al caposcuola, poi gli fece un occhiolino. Avrebbe realizzato che la burrobirra era corretta solo dopo averla assaggiata.
Finito il suo turno con il festeggiato Mary si diresse nuovamente verso il tavolo delle vivande e si versò un bicchiere di burrobirra corretto per lei.
*Dio, che schifo.* Esordì assaggiandolo. Quando aveva deciso di unire burrobirra e acquaviola non si era affatto preoccupata del sapore che ne sarebbe uscito.
Poco male. Nonostante le continue smorfie di disgusto, Mary buttò giù in un colpo mezzo bicchiere. Isolata nei pressi del tavolo, suoi occhi seguivano Oliver in ogni suo movimento.
Ecco, la felicità degli altri era la felicità di Mary.



Si rivolge ad Oliver.
Gli porge un sacchetto rosso con all'interno un piccolo cofanetto nero.
Gli porge un bicchiere di burrobirra corretto con acquaviola che non può davvero rifiutare.

Regalo (personale): catena della notte: Collana che rende il corpo più leggero e dona agilità nei movimenti, facendo sembrare le ossa più mobili. E' presente solo di un colore sul viola molto scuro. Durante la notte la collana si nota molto nell'oscurità, anche se non emette luce a sufficienza per illuminare la zona intorno ad essa. Corpo +3 | Mana +2

Chiedo scusa per la qualità del post. Avevo delle idee ben precise e mentre scrivevo le ho perse tutte :ihih:
 
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view post Posted on 7/6/2020, 21:08
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all that is gold does not glitter, not all those who wander are lost

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L’eccitazione era palpabile: fin da quando il giovane barista dei Tre Manici di Scopa era stato avvicinato dal Prefetto Grifondoro Casey Bell, e il piano malvagio era stato stilato, i preparativi per il 15 maggio si erano susseguiti senza sosta. Non c’era niente di troppo estremo all’ordine del giorno, ma per un locale abituato a tradizionali bevute serali e degustazioni guidate come eventi più emozionanti, anche solo le decorazioni portavano aria di novità. Avevano sperato di attirare una clientela di maggiore qualità con le birre artigianali, ma quell’iniziativa non aveva avuto particolare successo.
Effettivamente, era dalla festa di Halloween organizzata dalla Morgenstern che non si respirava un’aria così pimpante. Il giovane sospirò affranto, rimpiangendo una barista che era stata capace di dare una svecchiata al locale, e assestò un ultimo colpo di canovaccio a un boccale già lucido per evitare di pensare al suo destino: Rosmerta era in gamba, questo era certo, ma Astaroth aveva aggiunto un quid in più che aveva reso la sua permanenza ai Tre Manici indimenticabile.

Quando l’avanguardia di invitati per la festa a sorpresa aveva fatto il suo ingresso il giovane si era affrettato ad accoglierli, e indicando tavoli, decorazioni e sorprese, aveva spiegato come le loro idee si erano trasformate in realtà. Era presto tornato alla sua postazione oltre il bancone, pronto a prosciugare gli interi fusti di Burrobirra, quando venne avvicinato da una ragazza in nero: il suo volto tradiva un’ininnegabile furbizia, e l’ombra di un’idea le balenava negli occhi. Avanzò la sua richiesta, e si vide ricevere un ammiccante cenno di risposta: gli abbinamenti prescelti erano di dubbio gusto, ma il garzone sapeva cosa fare per far prendere alla festa la giusta piega. E non essendo abbastanza vecchio da preoccuparsi per le eventuali conseguenze negative che un’orda di ubriachelli avrebbe provocato nel locale, eseguì diligente, pregustando già i molteplici modi in cui avrebbe potuto spendere quei cinque Galeoni. Amava vedere il locale pieno della vivacità degli studenti di Hogwarts, e i fine settimana in cui Hogwarts apriva le porte e concedeva agli studenti di uscire a farsi un giro erano i suoi preferiti.

L’entrata di Brior e le sue reazioni diedero onore a tutti gli anonimi organizzatori di feste a sorpresa: un vero e proprio successo per tutti coloro che avevano contribuito ad architettare quel piano. Stupore, meraviglia, gioia sincera: vennero gli abbracci e le urla, i brindisi e gli auguri. Gente continuava ad arrivare, e la gioia di festeggiare il compleanno veniva alimentata da generose mestolate di Burrobirra corretta.


E tanti auguri a Olly da parte mia e del garzone!
Vi ho aggiornati: ho stimato 2 Galeoni di costo della sala, per un totale di 15 Galeoni 6 Falci e 10 Zellini da scalare dal conto Grifondoro.
Aggiornata anche Mary.

 
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view post Posted on 9/6/2020, 20:57
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Rose Marie Attwood era tutto ciò che Nieve aveva lasciato dietro di sé. L’aveva abbandonata come si lascia una briciola di pane - quasi a voler ritrovare la strada di casa - e, forse, come a voler dire che non sarebbe più tornata e che quella ragazzina, dolce e mansueta, sarebbe stato il suo lascito per sempre. Scrutando gli occhi grandi di Rose, che sembravano abbracciare lei e la stanza riservata per l’evento con un affetto e una tenerezza impareggiabili, Thalia si rese conto di essere ferita, davvero nel profondo, dal fatto che Nieve non fosse lì. Rose gliela ricordava come la ragazzina spaurita incontrata in Biblioteca, con la stessa allegria del neo Prefetto pronto ad incrociare i propri passi di danza con un’armatura stranamente incantata. Era l’ingenuità di Rose a scaldarle il cuore, così come l’aveva fatto quella della Rigos. Eppure, puntualmente, il pensiero di lei s’accompagnava alla frustrazione di non sapere dove fosse, con chi e se le fosse accaduto qualcosa; scattava in lei un interruttore automatico, qualcosa di connaturato ed inspiegabile, che la spingeva ogni qual volta il pensiero dell’amica la distraeva, a prender carta e penna e tempestare Grimilde di lettere e rimbrotti. Perché non le diceva semplicemente che stava bene? Non aveva mai varcato i suoi spazi né i suoi silenzi, ma in quel momento desiderava terribilmente d’averlo fatto prima. Quella sensazione d'impotenza non era colpa di Rose, naturalmente, e quando le si sedette accanto non poté che ricambiare il suo sorrisino timido, percependo una stilettata al cuore per tutto quello che avrebbe voluto dire e, invece, non poteva esprimere. «Non preoccuparti, Rose. Sono contenta di vederti.» le accarezzò una spalla, in un cenno di conforto che solo qualche anno prima avrebbe riservato a pochi eletti. Era incredibile come l’assenza di qualcuno potesse mutare, irrimediabilmente, l’anima di un’altra persona.

L’ingresso di Aiden Weiss aveva spezzato la quiete e la magia del silenzio carico di attese ed un sospiro lungo e falsamente affranto rispose per lei alla domanda della Grifondoro. «Oserei dire di sì, ma per certi versi… preferirei poter rispondere di no.» mormorò, le labbra schiuse in una risatina. Nieve avrebbe commentato l’ingresso di Aiden con una serie di ingiurie oppure con la sua solita smorfia contrariata ad imbronciarle il visino. Se la immaginava come una caffettiera italiana - una di quelle che per poco non le era esplosa in faccia -, a borbottare sotto voce spazientita e arrabbiata. Distolse lo sguardo da lui, senza pentirsene affatto: Nieve non era lì e la sola vista di lui gliela riportava alla mente, come se riflettere sul suo destino non fosse stata parte di ogni riflessione in un momento in cui la solitudine aveva la meglio e il malumore imperava senza tregua.

Se l’arrivo del Preside aveva portato una ventata di imbarazzo e ironia - ma soltanto quando il docente ebbe varcato le soglie della cucina - la reazione di Oliver fu pura soddisfazione. In qualche anfratto del suo cervello, Oliver Brior doveva aver pensato di non meritare nulla del genere, che in qualche modo non avesse lasciato un segno per coloro che l’avevano incontrato. Eppure, i Tre Manici di Scopa erano gremiti di persone riunite lì per lui, anche se - a suo giudizio - alcune di quelle non avevano motivo apparente per trovarsi lì. Del resto, dovette ammetterlo, non frequentava assiduamente Oliver da troppo tempo e non sapeva chi tra loro avesse davvero il diritto di stare lì a festeggiarlo. «Io prendo da bere.» sentenziò all'improvviso, rivolgendosi a Rose per l’ennesima volta e percependo il bisogno di non restare impalata troppo a lungo «Tu vuoi qualcosa?»
Lo osservava da lontano, aggirandosi attorno alle bevande, senza davvero avere il coraggio di avvicinarsi e salutarlo: non era stata da lui in Infermeria, non aveva vissuto la catarsi del Ballo di Fine Anno come tutti gli altri. Lei non c’era stata e questo era stato l’ennesimo colpo duro alla loro amicizia. Ne sentiva gli effetti, guardandolo commuoversi e salutare gli amici più stretti. Quand'è che le loro strade avevano preso direzioni differenti? In cuor suo, purtroppo, conosceva la risposta.
Interazione con Rose Attwood ( <3 ) e menzione a Sir Peverell, Oliver e Aiden :flower:
 
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