« Un sabato pomeriggio »
Dopo lunghi mesi, finalmente, catturava di nuovo il privilegio del tempo sospeso, nella verve spensierata di chi non aveva orari né fretta. Dimenticare quanto fosse in attesa, appena oltre la porta del locale delizioso, svelava difatti il dono prezioso di cui tanto aveva nostalgia. Indugiare nel momento, ritrovarsi nei racconti più vividi, tutto appariva in tinte d'incanto - perfino la piuma, ad un tratto, poté fermarsi dall'artigliare continuamente il blocco di pergamena sottostante. L'ultima goccia d'inchiostro che scivolò dalla punta stregata, allora, brillò dolcemente in una diagonale, amalgamandosi in parole.
Jolene White aveva l'identità di un'incantatrice, la cui voce dipingeva magistralmente immagini tanto nitide da risultare realistiche,
in corso d'opera. Avrebbe giurato a sua volta d'essere stato con lei, oltre ogni confine possibile: quand'era alle prese con gli studi, quando inseguiva un sogno dopo l'altro, fino ai giorni più recenti. C'era tutta una vita, e si sentì piccolo alla consapevolezza di non poter tratteggiarne che frammenti nell'articolo che avrebbe scritto. Il modo in cui Jolene confrontava medimagia e letteratura, inoltre, poté guidarlo vicino all'entusiasmo che aveva costellato le recensioni d'esordio, proprio sulla Gazzetta del Profeta. Pagine così belle ed intense, come quella dedicata all'ultimo capolavoro di Aimee Jensen, avevano fatto davvero il giro della redazione e del paese. Saper conquistare il cuore del pubblico già attraverso la critica letteraria, ne era convinto, avrebbe potuto spalancarle le porte per ogni altra carriera. Lasciò allora che le risposte seguissero il loro percorso, da parte propria intimamente, soprattutto genuinamente rapito. Il ritrovamento di una fotografia in un vecchio libro, lo scorcio di un'infermiera d'altri luoghi e tempi, ogni dettaglio al riguardo poté trasportare altrove anche lui. Vide il sorriso sfuggente della soccorritrice, s'affrettò a rincorrerla lungo il bagliore della croce sul petto, e per un attimo dimenticò dove e
perché fosse lì.
«È straordinario.» Il commento soffiò via teneramente, portando con sé la partecipazione sincera che già echeggiava sul volto. Abbandonò il milkshake oramai vuoto - la nota addolcita del miele e delle lacrime stregate tuttora sulla bocca; la piuma cercò freneticamente il punto di ripartenza, in una giravolta che Oliver ignorò involontariamente. Un po' testarda, per conto suo, quella tornò al suo compito - un tuffo sottile nella boccetta d'inchiostro e via.
Una ragnatela di pensieri, punti e collegamenti già andava tessendosi, per il giornalista. C'era materiale tanto buono da sentirne tutto d'un colpo la responsabilità di una giusta riuscita. Condizionato dall'affetto che provava nei confronti della strega lì con lui, tra l'altro, il peso non poteva che crescere a dismisura - Jolene meritava un articolo in grado di sfavillare come la storia che aveva accettato di condividere. Oliver vi avrebbe impiegato molto, ne era già consapevole. Si augurava, tuttavia, che l'attesa potesse valerne la pena... vi sperava fortemente fin dal momento. Avrebbe potuto ammettere d'aver perso la cognizione del tempo, oramai la saletta da tè volgeva all'orario serale: le vetrate tutto intorno mitigavano le tinte soleggiate a favore del vespro. Colori pastello, dal rosato all'arancio pesca, già imbrunivano il cielo in giochi iridescenti che richiamarono - in Oliver - la danza delle fate. Uno spettacolo adatto all'incontro.
Di tanto in tanto s'intrecciava all'ascolto, in modo delicato - un cenno del capo, un sorriso gentile. Il riferimento ultimo poté stringergli il cuore, arrivò così a travolgerlo fin nel profondo: l'Infermiera Magda gli sembrò tanto vicina da poter scorgerla di fronte, oltre il tavolino. Sorrise, sinceramente grato.
«Grazie, grazie di cuore.» Inclinandosi appena, carezzò leggermente la piuma e lasciò che vi si accoccolasse tra le dita, il sortilegio estinto d'una scrittura brillante. Come in risposta, il taccuino si celò ad ogni indagine, la copertina adagiata sulle pagine d'appunti. La boccetta d'inchiostro già sigillava il tappo.
«Credo proprio sia stata l'intervista più bella che abbia mai fatto.» Cercava qualcosa nella borsa a tracolla, appena recuperata dai piedi della sedia.
«Ed io ho intervistato Celestina Warbeck» aggiunse in una nota divertita, sollevando lo sguardo sull'altra. Ben presto poté stringere tra le mani una macchinetta fotografica, una di quelle che tanto giravano di moda.
«Vorrei chiederti una foto per la Gazzetta del Profeta. Ed una anche per me, insieme. Vorrei conservarla come ricordo, se per te va bene.» Il ticchettio dello strumento confermò che fosse in funzione. Soltanto al suo consenso avrebbe lasciato via libera circa i dettagli dello scatto - il riflesso del tramonto omaggiava tutto perfettamente. Una polaroid per la Gazzetta, lo stile professionale a fare da guida; una polaroid per loro, avvicinandosi con affetto. Non avrebbe insistito, nulla pur di non rovinare l'atmosfera creatasi.
«Prima, però, un'ultima domanda.» Sedeva ancora, l'espressione malandrina.
«Potresti rivelare alla Gazzetta qualche passione segreta? L'ultima intervista che ho seguito è stata per Mr Resween, l'Ispettore Auror. Si è lasciato sfuggire la passione per le tazzine da caffè, tutte a pois. Nel giro di poche settimane sono andate a ruba in tutti i negozi di ceramica.» Non poté che ridere, eppure...
era tutto vero. Strinse a sé la macchinetta fotografica, preparandosi alle ultime battute - la piuma non gli occorreva più, il tono tornava confidenziale. Qualsiasi risposta da parte di Jolene, ne era certo, lo avrebbe sorpreso con un coup de théâtre degno di nota. A prescindere poi dalle fotografie, scattate o meno, Oliver non avrebbe mancato di salutare e ringraziare, ringraziare
davvero. Nei saluti conclusivi, avrebbe così ripristinato la promessa di scrivere un articolo prezioso, forse con tempi - cercando già di giustificarsi con un sorriso - che si sarebbero allungati un po'. Era stata un'intervista così preziosa, da'altronde, che avrebbe voluto trattenerla prima soltanto per sé. Pagando tutto e cercando il volto di Mary per la promessa di rivedersi in serata, sarebbe stato facile infine cullare la spensieratezza di cui a lungo era stato privo.
All'uscita, invece, avrebbe sollevato di nuovo l'attenzione verso l'amica: una tappa da Mielandia, quella la conclusione della serata per lui. L'invito, naturalmente, poteva considerarsi esteso - in ogni caso, avrebbe atteso l'ultimo distacco per qualcosa ch'era già germogliato nel cuore.
«Jolene» Chiamando il suo nome, con affetto - un nome dal suono d'una poesia.
«Tu sei la mia Magda.» Il suo esempio, il suo sostegno - il modo in cui anche lei aveva saputo essergli accanto. Forse un po' bizzarro, forse un po' curioso, il commento avrebbe tirato via un sospiro vicino.
Nel sorriso sincero, senza dubbio, lei avrebbe afferrato al volo.