Marlene, torna a casa., Privata

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view post Posted on 7/3/2021, 20:35
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Jolene White

Terrore era una parola che Jolene non aveva mai associato alla trasfigurazione, ma non le fu difficile comprendere il punto di vista di Mary. Annuì leggermente, dunque, sovrappensiero mentre masticava quel che rimaneva del suo toast. Tra il momento in cui la ragazza tacque e quello in cui Jolene poté di nuovo parlare intercorsero alcuni secondi colmi solo dei rumori del locale. La rossa non badò al silenzio, né disturbata né incalzata da esso. Quando replicò, le uniche tracce di esitazione nel suo modo di fare erano dovute all'attenzione richiesta dalle successive parole: «Credo di capire cosa vuoi dire. Paradossalmente anche gli incantesimi di cura comportano un certo rischio, attenuato ovviamente dal fatto che di solito se ne occupa del personale specializzato. Medimaghi, infermieri, aiuto-infermieri». Si fermò di proposito su quell'ultima espressione, consapevole di come toccasse Mary da vicino. Troppo tardi le capitò di pensare che, invece di incoraggiare l'altra, il suo collegamento potesse estendere il suo timore fuori dal campo della trasfigurazione. D'altronde si sa che la paura spesso fonda le sue basi nell'irrazionale, e ragionarci su poteva servire solo fino ad un certo punto. «In ogni caso, attenzione ed intenzioni sono sempre centrali» aggiunse in fretta. Avrebbe parlato ancora, e volentieri, degli altri aspetti in comune alle due discipline – la necessità di una conoscenza approfondita della materia su cui si desiderava operare, ad esempio, e l'attenzione che ciò significava. Ma aveva la sensazione che avrebbe parlato soprattutto per se stessa, e non era intenzionata ad andare per quella china.
Jolene si accorse di aver finito il toast solo quando abbassò lo sguardo verso il proprio piatto, tanto era stata assorbita dalla conversazione. Si pulì le dita con il tovagliolo e, in mancanza di altro con cui tenere impegnate le mani, prese a giocherellare con quello.
Quando, dopo aver ascoltato l'opinione di Jolene in merito alle pozioni d'amore, Mary esclamò «Esatto!», lo sguardo della donna si accese di fronte alla conferma così immediata che sentissero allo stesso modo. Non era scontato poiché, anche se la sua moralità le diceva che vi fossero poche obiezioni possibili, evidentemente le cose stavano in un altro modo, visto il successo degli intrugli. Le ricordava che solo nelle favole era possibile una distinzione netta e impermeabile tra giusto e sbagliato, e che il mondo reale era governato da sfumature molto più confondibili. Il piccolo gioco di immaginazione che Mary aveva assecondato ne era un esempio: Jolene capì come stesse riflettendo sulla questione, che era meno semplice di quel che sarebbe potuto sembrare in un primo momento. Quando alla fine la ragazza parlò, Jolene intuì l'ombra di un punto interrogativo in fondo alla sua risposta.
«Io no.»
Jolene non annuì, né dette altro segno di avere a sua volta una risposta. Stava ragionando, e nei momenti successivi le capitò di pensare anche ai dolori che portavano Mary parlare con una maturità che lei non ricordava di avere alla sua età. La vita era sempre stata gentile con Jolene – fino a quando non lo era stata più, ma per molto tempo le aveva permesso di rimanere bambina. A volte si era chiesta se avessero potuto giovarle delle prove più numerose, che le avessero insegnato presto a fare i conti con il dolore. Ma era sempre arrivata alla conclusione che non sarebbe servito proprio a niente, e che quanto vissuto a Hogsmeade l'anno addietro l'avrebbe annichilita in ogni caso. Estirpare il problema alla radice, allora, la tentava – l'idea puramente ipotetica di cancellare l'evento dalla storia era tanto allettante quanto dolorosa, e tutto sempre a causa della sua irrealizzabilità. Che senso aveva illudersi? A volte le sembrava che non avesse senso nemmeno aver vissuto ogni cosa. Mary aveva parlato di una maggiore allegria, ma Jolene non vedeva nulla del genere in sé. A volte l'illusione di essere la stessa persona di prima reggeva, altre volte no: tutto si riassumeva in questo. E in quel momento quella stessa illusione cominciò a mostrare le sue crepe sempre più larghe, mentre Jolene portava l'acquaviola alle labbra una e più volte, e infine si rendeva conto di aver finito anche quella. Guardò dentro al bicchiere, là dove rimaneva solo qualche goccia con un ricordo di viola; sotto, poteva vedere le sue dita. Si era avventurata lei a parlare di dolore, si ricordò; ciò che le faceva male aveva allo stesso tempo la capacità di attirarla come una calamita.
Alla fine, capì di dover dare una risposta a Mary: lei aveva accettato di esporsi, ora toccava a Jolene. Sollevò sulla ragazza uno sguardo che sperava nascondesse ogni cosa, ma la sua voce esitava. «Credo che non si possa fuggire sempre. Però se non dovessi sforzarmi di comprendere, di essere ragionevole... Insomma, in certi momenti prenderei il calice e lo vuoterei senza pensarci. Fintanto che riguarda soltanto me, perché no?» Si strinse nelle spalle, e non sapeva se sarebbe stata in grado di aggiungere altro. Sempre, il desiderio sotterraneo di parlare veniva a scontrarsi con l'impossibilità di farlo fino in fondo.
D'un tratto si mise più dritta sulla sedia. «Mary, grazie per aver accettato la mia compagnia. Mi ha fatto davvero piacere rivederti.» Le rivolse un sorriso piccolo, ma sincero. «Ora farei meglio ad andare. E Roxane deve conoscere la nuova casa, vero?»
Il tempo era trascorso senza che Jolene lo sentisse, ma ora sembrava essere giusto alla sua naturale conclusione. Pronta ad alzarsi ad una conferma dell'altra, Jolene se ne sarebbe andata con una sensazione insieme dolce e amara. Era realmente contenta di aver conosciuto un po' meglio Mary: la sua prima impressione, quella cioè che parlare con lei fosse insieme facile e piacevole, era stata consolidata e arricchita da sfumature inaspettate. Jolene sapeva già che molte delle questioni che avevano toccato insieme le avrebbero dato da pensare quando fosse rimasta sola.
21 anni | infermiera | è complicato (?)
 
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