Francis Dhevan Drake
Corvonero - Mago Adulto - Diagon Alley
Narrato / "Parlato" / *Pensato*
Come una foglia d’autunno cade sul terreno posandosi per sempre in un eterno riposo, ero ricaduto sul pavimento del Testa di Porco. Poi, come la foglia a forma di stella che poco prima avevo colto disturbandola dal suo letargo fatto di cemento, fatto di strada, qualcuno sembrò cogliermi risvegliandomi improvvisamente dagli effetti dell’alcol. Gli occhi, impercettibilmente socchiusi, cercarono di mettere a fuoco ciò che mi circondava senza mai aprirsi totalmente. Non volevo aprirli. Non volevo muovermi. Cosa mi prendeva? Dov’era finita la mia allegria? Il mio buonumore? Il whiskey incendiario e il rum invecchiato avevano completamente consumato ogni mio residuo di energia vitale, mi avevano dato visioni, sorrisi, lacrime. E ora cosa mi stavano dando? Vera tristezza o sana autocommiserazione?
Dei colpetti, secchi e decisi, mi riportarono al momento presente. No. Lasciatemi dormire. Voglio restare per sempre qui, su questo pavimento, incurante della sporcizia che le mie stesse vesti erano in procinto di spazzare. Tra le palpebre incrostate e le ciglia riuscii ad intravedere un via vai di persone ed una figura ammantata di nero che impugnava la sua bacchetta con fare indeciso. L’indecisione, chiaramente, non riguardava il lanciare o meno un incantesimo. Sembrò più che altro che stesse decidendo quale incantesimo lanciare. L’avevo fatta grossa, ed era totalmente colpa mia. Nella mia esuberanza avevo perfino messo a rischio quella che mi parve essere la povera garzona. Chissà quanto l’avessi messa in imbarazzo… ma in fondo sarà stata abituata a quel tipo di scene, in quel tipo di pub. Mi stava incitando a svegliarmi. Io, però, ero sveglio da un pezzo. Ma non volevo. No. Non volevo spostarmi da lì. Avrei voluto sprofondare, sempre più giù, solo per fondermi col legno del locale ed arrivare ancora più giù, nei più reconditi meandri della terra. Sentii di meritarmi tutto quello che stava accadendo perciò decisi di rimanere così, accada quel che accada.
“Vai ad aprire la porta. Questo va cacciato.”
Sentii intimare alla ragazza la cui preoccupazione penetrò attraverso la mia pelle dalle sue piccole e candide mani, al punto da farmi sentire in dovere di aprire appena un occhio il giusto perché in un occhiolino, che solo lei avrebbe potuto vedere, si richiudesse. Era un modo per dirle “lasciala fare, fai ciò che ti dice”. Si fece nuovamente buio, ma questa volta fu un buio diverso. Un buio autoimposto. Volevo che fosse buio, volevo essere inerme. Volevo che Rowena mi colpisse e facesse di me quello che meritavo di essere: una foglia d’autunno.
Il mio corpo iniziò a librarsi a mezz’aria. Gli arti ricadevano penzoloni, come morti, come assenti. Erano assenti. Che avesse lanciato un incantesimo non verbale? Poco importava. Era bello trovarsi così, in aria. Sebbene una parte di me avesse preferito immergersi nelle viscere della terra, considerai che quella sensazione di fragilità che mi teneva sospeso non sembrava affatto male. Per chiunque fosse lì dentro non sarei stato che una foglia morta pronta a staccarsi dal suo secco ramo solo per ricadere inesorabile. E così fu. Un cigolare sommesso segnalò l’aprirsi della porta del locale, l’aria fresca autunnale colpì le mie membra in uno schiaffo e, con un tonfo, quelle stesse membra ricaddero facendosi un tutt’uno col manto di foglie che ricoprivano la via. Era lì che meritavo di essere, con le mie amiche foglie. Le foglie potevano essere foglie. Potevano vivere e morire liberamente, senza le pressioni che la vita può imporre ad un essere umano. Senza quelle pressioni che rendono ciascuno ciò che è, a dispetto di ciò che il proprio animo desidererebbe. Rowena Abyss non era una cattiva donna, aveva solo scelto chi essere. Io ancora no. Le sarei stato grato, eternamente, per l’illuminazione che mi aveva dato. Avevo avuto indicazioni per un piccolo passo da fare. Un piccolo passo che, però, doveva attendere. In quel momento volevo… dovevo solo dormire.
Domani ci sarebbe stato tempo di iniziare da capo, di fare un piccolo passo, di iniziare una nuova vita.
{ Solo la follia può prolungare la giovinezza e tenere lontana la vecchiaia. }
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