Tiziano era un agnello rubato e amava il latte: erano queste le informazioni che Jolene riuscì a carpire dal primo scambio fuori dal Testa di Porco.
«Mi sembra conosciuto» dichiarò mentre, ancora accovacciata, fissava sull'animale uno sguardo appannato che si sforzava inutilmente di completare il riconoscimento. Ciò che mancò di specificare, e che avrebbe reso quell'affermazione un po' più comprensibile e meno preoccupante, era che a risultarle conosciuto fosse
il nome, non l'agnello. Non avrebbe saputo distinguere due agnelli diversi nemmeno da sobria.
La sua concentrazione venne brutalmente spazzata da
Lucien.
«Ehi, Luuuce! Dove sono le tue maniere» strillò, indignata di essersi vista strappare il pollo così di prepotenza. Quando Lucien prese a urlacchiare, anche se Jolene non comprese bene che cosa fosse successo, prese a ridacchiare incontrollatamente. Aveva la bocca ancora dischiusa in un ghigno divertito quando si tirò in piedi e seguì gli altri dentro al locale.
Normalmente, l'atmosfera cupa del Testa di Porco le avrebbe fatto storcere il naso, ma in quel momento a malapena distingueva le figure in movimento intorno a lei, figuriamoci le macchie preistoriche sulla superficie dei tavoli. Era solo contenta di potersi divertire insieme al piccolo gruppetto dei suoi amici, e di certo non si aspettava che la serata le riservasse una sorpresa dietro l'altra, sotto la forma di volti a lei più o meno conosciuti.
Si era dimenticata di aver contattato
Aiden solo qualche ora addietro, ma le sovvenne quando se lo ritrovò di fronte in versione metallaro con... un ananas?
«Aiden! Vedo che ti sei portato un amico» ghignò, prima di fargli una linguaccia.
«BHUUUWAAAAH!»
«AAAAAAH!» Un allegro coretto di urla degne della Stamberga Strillante accompagnò l'arrivo di
Rowena, che spaventò Jolene al punto da farle spiccare un balzo in aria. Quando si accorse di chi si trattava, prese ad agitare le braccia in aria:
«MERLINO INCORONATO NON FARLO MAI PIÙPIÙPIÙ!» E poi, cercando di raccapezzare un po' della dignità perduta:
«Hai spaventato Tiziano! Guarda, ora non sa più nemmeno se è una capra o un agnello». Allungò significativamente tutto il braccio in direzione dell'animale, nei cui occhi avrebbero dovuto leggere uno spaesamento esistenziale quando, di fatto, tutto ciò che essi esprimevano era un leggero disappunto per tutti quegli ubriaconi che lo attorniavano.
Quando qualcuno fece per coprirle gli occhi da dietro alle sue spalle, Jolene gridò convintissima:
«Rowena!», salvo poi accorgersi che non solo la voce non corrispondeva minimamente – e, probabilmente, se mai la giornalista l'avesse chiamata
mia bella infermiera avrebbe dovuto preoccuparsi non poco –, ma che la stessa si trovava nel suo campo visivo e, per forza di cose, non poteva essere anche dietro di lei.
«Oh, Mireen!» La seconda è quella buona, e, nel girarsi, Jolene non esitò a gettare le braccia intorno al collo dell'amica.
«Che bello vederti qui! Allora la maledizione della cattedra sta finendo. Potresti essere la prima in anni a sconfiggerla.» Rise – aveva letto anche lei l'articolo, e vedendo come la cattedra avesse praticamente assorbito Mireen, aveva cominciato a convincersi di una sua personale versione della maledizione.
«Vai, vai» disse quando l'amica espresse il desiderio di prendere qualcosa da bere.
«Non puoi restare sobria, poi ricorderai troppo.»Probabilmente l'intero locale la pensava come lei, e Jolene ne ebbe un assaggio quando uno sconosciuto (
Daddy) si avvicinò a loro ancheggiando con una maestria invidiabile che poteva derivargli solo da una buona dose di alcool. Non fu l'unico ad aggiungersi all'allegra combriccola, che sembrava allargarsi in continuazione. Jolene era felice di essere circondata da così tanto
disagio allegro chiasso, le ricordava le lunghe serate che in Italia passava a ballare insieme ai suoi amici in questo o quel locale.
La musica c'era anche lì, a modo suo. Il richiamo di
Romeo non mancò di attirare l'attenzione della rossa, che, mentre l'uomo decantava le sorti di quella serata, Jolene fece eco ad
Ariel:
«Sissignore, noi giochiamo!». Agguantò una sedia – non badò allo schienale appiccicoso sotto alle dita – e con uno stridio infernale la trascinò fino a piazzarla davanti ad uno dei tavoli a cui si sarebbe giocato. Si lasciò cadere sgraziatamente, così come sgraziatamente rise per quasi tutta l'esibizione di Maurizio.
«Aspetta, ma io questa la conosco...» borbottò tra sé e sé, e probabilmente le persone più vicine l'avrebbero udita, se avessero deciso di badarle. Poi, improvvisamente, Jolene si illuminò e sollevò la testa con uno scatto:
«Tiziano!». No, non stava chiamando l'agnello, ma aveva finalmente capito perché il suo nome le risultava familiare. Il cantante era conosciutissimo in Italia, e Jolene ricordava le melodie delle sue canzoni più famose. Stava cercando di ricordarsene altre, quando arrivò la garzona.
«Io prendo un'acqua di fuoco» disse.
Mentre aspettava che la garzona prendesse anche le altre ordinazioni, Jolene si prese qualche momento per far passare intorno al tavolo uno sguardo un po' vacuo, incuriosita dalle persone che si stavano radunando.
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