Ariel A. Vinstav
Photojournalist, reporter • Banshee, 24 yo.
«Ah-ha! I miei complimenti, allora.» Al nominare il duello con il Caposcuola del Serpeverde, Ariel mostra un sorriso luminoso a Casey con tanto di pollici all'insù, come a voler dire anche col corpo un "daje così".
Va sottolineato come dal momento in cui si era reso evidente il fraintendomento delle sue intenzioni, tutta la conversazione aveva assunto ai suoi occhi sia la forma di un gioco (dove la fonte di divertimento era nel panico e l'irritazione scambiati in un modo o nell'altro tra Casey e Megan) sia di distrazione da sfruttare per inquadrare meglio la scolaresca di Hogwarts.
Il punto è che, finché il tutto poteva ridursi ad una gag, Ariel si sarebbe potuta permettere di prendere la conversazione con leggerezza, scherzarci su e aspettare le ultime battute per spiegare i fraintendimenti ed andarsene.
Fare un po' la figura della sciocca o della stramba non le interessava, c'era abituata e a modo suo lo trovava anche divertente.
Sorridente e genuina come il più vivace dei bambini, Ariel poteva sempre passare senza sforzo come il giullare del gruppo o l’eccentrica guastafeste socialmente inadatta.
Però, alla fine della giornata Ariel Vinstav rimaneva una giornalista, un narratore e un investigatore.
Non era per romanzare i fattacci altrui che aveva preso in mano la piuma fin dalla giovane età, né per caso aveva intrapreso una carriera con il giornalismo fotografico.
Qualcosa cambiò radicalmente nella sua espressione quando Lucas Scott venne nominato.
Il sorriso sempreverde morì sul posto, spazzato in un battito di ciglia.
Gli occhi vivaci si incupirono con una serietà che poteva sembrare innaturale sul suo volto.
Aprì le spalle. Raddrizzò la schiena. Con un gesto secco del braccio e le mano, la bacchetta venne estratta dalla tasca centrale della salopette.
Si voltò verso il suo tavolo, dove aveva lasciato la sua borsa e alcune scartoffie.
Era venuta lì per sfuggire ai pensieri del suo lavoro e questi erano tornati a inseguirla puntuali come un orologio svizzero.
«Ha divulgato senza previo consenso delle informazioni private e pesanti. Non so che tipo di modus operandi abbiate voi alla Gazzetta, ma non è stato un bel colpo.»
La mascella si serrò con forza, delineando un profilo duro e i tratti pronunciati tipici dell’etnia scandinava.
«Chi era il giornalista?»
La gioia e l’entusiasmo erano state messe da parte, facendo spazio ad una nota di irritazione che le vibrò in gola.
La leggiadria della voce ariosa, di chi viveva nel suo mondo incurante del tutto, era improvvisamente schiacciata da irritazione latente e curiosità.
Le parole di Megan la fecero sussultare.
Il suono che le sfuggì era udibile: era un respiro che le rimase incastrato in gola. Era passata dall'essere divertita, all'essere irritata e ora ... ferita.
Non era ferita nell'orgoglio, però. Oh no. Ariel empatizzava.
Era la sua condanna e benedizione quella di sapersi mettere nelle scarpe altrui.
La sola idea del trambusto emotivo che un suo collega potesse aver lasciato in un'altra persona, per giunta così giovane e sfruttando dati così importanti e intimi, la distruggeva.
«Quando il Ministero della Magia britannico mostrò le prime crepe del suo operato, la Redazione criticò prima il singolo individuo, poi l’organo intero, scatenando un evento mediatico di critica di massa sulle nostre piume da parte dei Dipendenti Ministeriali. La richiesta era evidente: "non fate di tutta l'erba un fascio". E io sono d'accordo con questo monito, per quanto sia legittimo rimanende sul "chi va là" nei confronti di una categoria che ha visto mossi contro così tanti articoli. Quindi non la giudico, Signorina Haven, per essere arrabbiata, ferita e vedere in noi Giornalisti un nemico, ma ... le chiedo solo di non fare il nostro errore e fare di tutta l'erba un fascio.»
Aveva preso il discorso alla larga, in una reazione che nella sua teatralità e solennità poteva risultare sgradevole, ma che per lei era necessaria. Era sia una questione di principio personale che professionale a costringerla a tenere i nervi saldi e incantenare le emozioni.
Non era più a quel tavolo come commensale, ma come professionista e per quanto l'apparenza potesse ingannare, Ariel si considerava brava nel suo lavoro.
«Se scredito una carica e una persona lo faccio esponendo fatti su cui ho investigato. Non lavoro per cercare qualcosa con cui ferirli, lavoro e - come me molti miei colleghi - per esporre il vero, raccontare storie e rendere il popolo informato. E per quanto riguarda me, mi vogli occupare da anni di Giornalismo Investigativo per cercare di svelare ciò che viene nascosto e sperare in una generazione migliore di quella che devo mettere alla gogna pubblica, non per psicanalizzare. Il punto è che quello di cui parlate sembra essere un inserto sulla vita in una prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria.»
Parlava e straparlava. Ariel raccontava, più che parlare; era una deformazione personale che nel diventare necessaria nel suo lavoro era solo andata peggiorando.
Per un momento le tremò persino la voce, commossa da quanto aveva appena scoperto.
Il braccio con cui reggeva la bacchetta si fletté verso l’interno e poi si stese per puntare col catalizzatore il calamaio sul suo tavolo.
Scoccò un’occhiata dura al calamaio, mentre nella sua mente un ordine si palesò forte e chiaro assieme alle sue intenzioni
“Autoscribo”
Per magia la piuma di Diricawl si sollevò, andando a cercare l’inchiostro verde scuro nella boccetta a fianco.
Si intinse da sola, privandosi della china in eccesso picchiettando il metallo contro il vetro temperato.
«Quindi La prego.» Sottolineò con la voce quel “lei”, prendendo improvvisamente distacco dai modi. Sembrava un’altra persona d’un tratto, più l'adulta che fino a quel momento aveva tardato a mostrare.
C’è da chiedersi se stesse fingendo ora che si comportava in maniera così seria o prima quando tutto sembrava essere un gioco e le sue intenzioni buone e innocenti.
«Non faccia lo stesso errore dei miei precedessori e condanni il singolo, non il gruppo. Mi parli di questo giornalista e il suo articolo. Mi dia la data, un titolo e risalirò alla pubblicazione in Archivio: se qualcuno va segnalato, lo farò. Noi dovremmo raccontare i fatti per informare le masse, per portare tutti – politici e cittadini – sullo stesso piano. C'è chi usa la vita degli altri per far commuovere le masse e vendere.» Strinse i denti e poi scosse il capo . «Ma quella persona, ve lo assicuro, non sono io.»