Euphoria

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view post Posted on 14/7/2022, 19:05
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
All I want to do is be more like me and be less like you
15 anni
Serpeverde
Studente III°
Nei ibri descrivono l’amore sempre in maniera diversa, come se fosse dipeso da un qualche principio chimico ancora sconosciuto, e Draven solo guardando negli occhi di Megan poteva capirne il motivo. Quel tipo di sentimento non era spiegabile, non c’era modo che un comune mortale potesse riuscire a spiegarne le condizioni. Succedeva e basta. A volte, dipendeva da una fiducia reciproca che sfociava in affetto; altre volte, dipendeva da condizioni fisiche che spronavano i due interessati a congiungersi fino ad affezionarsi l’uno all’altro; poi c’erano i casi speciali, quelli in cui bastava uno sguardo o una parola per farti diventare un tappetino incapace di ragionare. Draven era ancora troppo giovane per sapere dell’amore, ma sapeva di non aver mai provato niente di simile in vita sua. Poteva capire che fosse qualcosa di speciale. Aveva incrociato lo sguardo di Megan, in una serata qualsiasi, e aveva pensato che fosse stata l’apparizione mistica della sua anima gemella. Come se un filo invisibile lo avesse vincolato a lei, secondo principi che non seguivano alcuna logica. Ed era bastato guardarla negli occhi. Quegli splendidi occhi, così chiari, così grandi e magnetici, li aveva sempre visti velati di una tristezza profonda. Non li aveva mai visti brillare per nessuno, prima di quel momento, lì, in cui si erano trovati l’uno di fronte all’altro. Una piccola scintilla di speranza si era accesa in lui, consapevole che Megan non provasse e, probabilmente, non avrebbe mai provato nulla per lui, comunque l’aveva vista più viva, più umana e meno condizionata dai suoi traumi, nel momento in cui i loro sguardi si erano finalmente incrociati. Doveva pur significare qualcosa, non poteva essere solo una sua impressione. Quella tensione tra di loro prometteva qualcosa che andava al di là di ogni comprensione mai tentata nei libri di letteratura. Sarebbero potuti restare così per sempre, era questa l’impressione che aveva avuto, e comunque nessuno dei due avrebbe fatto un passo per distogliere lo sguardo. Era pressoché perfetto.
Questo se non fossero intervenuti tutti gli agenti esterni che si sarebbero susseguiti da quel momento in poi.


Proprio perché non abbiamo bisogno l’uno dell’altra staremmo bene insieme.replicò, con quell’accenno di sorriso arrogante, prima che la presenza ingombrante e assordante di Casey li travolgesse. Due aggettivi che non aveva mai pensato di attribuire proprio a quell’unica persona che aveva un posto speciale, tutto suo, nel proprio cuore. Pensando ai momenti che avrebbe potuto vivere con Megan, mai gli era capitato, nemmeno nei momenti di più fervida fantasia, di pensare che sarebbe stata Casey, tra tutti, a impedirgli di avere quell’unica gioia. Nella propria testa era venuta fuori una cosa semplice e naturale: per quanto non avesse avuto intenzione di baciare Megan per un gioco o di metterla in imbarazzo in alcun modo, non aveva esitato un istante prima di andare da lei. L’intento era di seguire l’onda e vedere cosa sarebbe successo. Poteva anche non provare quello che provava lui, ma quegli occhi non potevano mentire così bene: c’era desiderio. Chissà come o di cosa e perché, ma erano inequivocabili e rivolti solo a lui. Qualsiasi pensiero positivo a riguardo, però, era stato per l’appunto surclassato dal contesto. La rabbia di Casey e della ragazza che si era appena confessata a lei lo avevano riportato alla realtà come un pugno ben assestato. Aveva iniziato ad accalcarsi un po’ troppa gente intorno a loro e la morsa di Casey intorno al proprio collo iniziava a farsi sentire, così come il gomito pigiato sul proprio sterno. Perché se l’era presa così tanto? Perché le importava così tanto di cosa facesse Megan o di cosa facesse lui? Nessuna delle persone lì presenti era sobria e andava tenuto conto di questo, ma era comunque tutto molto strano e omertoso… Era come se tutti sapessero tranne lui. Anche Alice e Camille si erano sentite in dovere di intervenire, come se conoscessero i retroscena di qualsiasi fosse il motivo che aveva spinto Casey a comportarsi così. A sentirsi così. Perché lui non ne sapeva niente? Non faceva parte dell’amicizia essere a conoscenza di almeno quel minimo?
E poi era arrivato Hughes a complicare qualcosa che sembrava già parecchio indecifrabile, visto il carattere delle persone coinvolte. Era facile presumere che qualsiasi fosse il problema di Casey, non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, ma era stato bravo fino a quel momento a capire almeno i suoi stati d’animo. Come se gli fosse stato fatto un oblivion poco prima che tutto quel caos degenerasse, dimenticò ogni cosa conosciuta e ricordò solo, per qualche motivo, che la ragazza che aveva dato il cupcake ad Alice era la stessa che aveva rotto un bicchiere da Sinister. Già di per sé aveva una memoria pessima, non prestava mai attenzione a niente e nessuno, il che poteva anche spiegare perché, pur volendo bene a Casey, non si era mai posto il dilemma di chiederle esplicitamente cosa pensasse o provasse… Comunque, la memoria era già quello che era di default, ma era sicuro che fosse peggiorata per via della quantità di polvere presente nel negozio di Magie Sinister. Era un pensiero strano da fare in quel momento, scaturito forse per meccanismo di difesa, la propria mente aveva spiccato un volo pindarico che lo stava facendo ragionare sulle possibili conseguenze di salute che la polvere poteva avere su un essere umano a lungo andare. Forse era così annebbiato perché aveva la testa impolverata di riflessioni che non avrebbero mai avuto risoluzione. Erano talmente tante le domande che gli balenarono per la testa in quel momento, sia inerenti al contesto sia totalmente fuori tema, che non riuscì a muoversi, né a parlare. Le voci dei presenti gli giunsero ovattate, ma vicine… Erano tutti troppo vicini. Tra i pensieri random che avevano iniziato ad affollargli la mente, la ricerca del ricordo del suo unico vero amico fu la costante: gli sembrò di non conoscere affatto quella Casey che, costretta da un dannato Tassorosso, si era avvicinata a Megan ed era rimasta completamente inerme. Non era Casey… O forse si? A quel punto era giusto presumere che non ne sapesse niente di quell’amicizia a cui si era aggrappato come a un salvagente. Sentì ogni parte del proprio corpo fremere, in preda a un panico che, però, lo aveva lasciato completamente paralizzato a osservare quello scambio di sguardi.
Casey aveva gli occhi lucidi.
Gli occhi lucidi di pianto.
Casey.
E sentì un dolore fisico all’altezza del petto come non ne aveva mai sentiti prima in tutta la sua vita. Era così chiaro e palese che nel delirio non l’aveva proprio presa in esame come ipotesi: Casey era innamorata. Di Megan.
La presa sul proprio collo, a un certo punto, era sparita. Aveva finito col farci l’abitudine e se n’era dimenticato. A rigor di logica quando Hughes aveva spinto Casey verso Megan. O, forse, quando era intervenuta Alice.
Si volse a guardare quest’ultima… Come Prefetto Grifondoro era normale che avesse un rapporto, presumibilmente anche stretto, con Casey, ma non ci aveva mai pensato prima di quel momento. Un altro punto della lunga lista dell’amico negligente. Se amico potesse definirsi, a quel punto.
Ripensandoci bene, Casey lo aveva semplicemente spinto via… Cazzo. Lo aveva spinto! Aveva sbraitato qualcosa a Megan, aveva trattato di merda la ragazza che si era confessata e…
Se n’era andata. Alzando lo sguardo, Casey era sparita e Alice si era spostata nella direzione in cui era rivolto il proprio sguardo. Lì, dove fino a pochi attimi prima c’era stata la figura di Casey, ora sostituita nel campo visivo, oltre che da Alice sempre più in lontananza, da uno Hughes invadente che era stato schiantato a terra. A un certo punto era successo. Se l’era cercata. Ma non poteva importargliene di meno. Una volta aveva sentito dire che ‘da Tassorosso a Tassomorto è un attimo’ e, se quello era il caso, un fastidio in meno per la scuola.
Da lì, lo sguardo venne attirato dal colore rosso acceso, troppo acceso, sul piede destro di Megan. Con una smorfia sul viso, come se quel colore gli facesse male agli occhi, vi si concentrò a lungo per capire da dove provenisse.
Non lo capì, ma fu chiaro che fosse ferita. Le avevano fatto del male o era stato un incidente? Quando?
Le mani si spostarono sul viso, si sfregò gli occhi con due dita e sospirò.
Quella mancanza di lucidità stava iniziando a mettergli ansia. Doveva riprendersi alla svelta. Non riusciva nemmeno a fare ordine cronologico degli eventi.
Nel momento in cui Casey e Megan avevano incrociato gli sguardi, Megan si era completamente dimenticata di lui, segno che tutte le sue sicurezze erano state solo merito di una forte speranza, mista a tensione sessuale immaginaria, con un pizzico di arroganza delirante. E fattanza.
Aveva bisogno di acqua.
Il viso si volse istintivamente verso di lei. Doveva vedere Megan, doveva leggere nei suoi occhi almeno parte di ciò che le stava accadendo nella testa.
Ma era sicuro di volerlo sapere? Era sempre fuggito davanti a lei, per motivi ben precisi.
Lo sguardo gli sembrò fugace, ma forse era rimasto a fissarla come suo solito senza nemmeno rendersene conto. In ogni caso, la propria attenzione fu distolta dall’arrivo della ragazza che si era confessata.
Era bella anche lei. Pensandoci, le ragazze della sua età erano tutte belle in quella scuola. Fosse stato in Casey, una possibilità gliel’avrebbe data, probabilmente; non sembrava nemmeno irritante e con quella confessione così spontanea gli aveva fatto simpatia.
Ma, nonostante ciò, quando gli rivolse la parola fu certo che sul proprio viso si palesò un’espressione schifata e al suo tocco gli venne istintivo scostarsi da lei con disgusto.
Cazzo, non sarebbe rimasto a farsi compatire. Né da una sconosciuta, né da chiunque altro.
Anche se era l’unico stronzo ancora rimasto lì, oltre a Hughes. Il che la diceva lunga.
Dando le spalle a tutto ciò che quella festa aveva rappresentato per lui fino a quel momento, sperò di lasciarsi indietro anche i problemi. Sarebbero stati risolti da un Draven del futuro più sobrio e meno incazzato.
Tornò a passo svelto verso il salice che aveva condiviso con Alice per riprendersi la giacca e, prima di allontanarsi per andare via da lì, rubò un paio di bottiglie d’acqua da un gruppetto di primini che si era tenuto timidamente ai margini dell’Apocalisse.
Beati loro.

codice role © Akicch; NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT


Menzioni: Casey, Camille, Alice, Eloise, Hughes
Interazioni: Megan, Jean

Con un flusso di coscienza anacronistico come se James Joyce avesse preso parte a “Paura e Delirio a Las Vegas”, je me ne vado.
:zalve:

Edited by Draven. - 14/7/2022, 20:24
 
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MEGAN M. HAVEN
18 yo. ▪ Ravenclaw ▪ full of anger and sadness


La mano destra, stretta alla bacchetta, scivolò lungo il fianco mentre la sinistra raggiunse il centro del petto. La sicurezza che aveva avvolto Megan qualche istante prima, protagonista di quell’azione necessaria nei confronti del Tassorosso, ora venne strappata via da una inevitabile consapevolezza. Così, si voltò in direzione del bosco.
Casey non c’era più.
Andata.
Scivolata via.
Strinse la mano attorno al legno di ciliegio con più forza e il passato tornò a bussare alla porta, lasciandole inevitabilmente pensare a quanto non fosse assolutamente adatta per instaurare dei rapporti duraturi. Se ne erano andati tutti e dopo tutto quel tempo, dopo aver creduto a Casey, ora si ritrovava nella stessa situazione: una storia che si ripeteva ma seguendo un copione diverso. Si sentì così stupida, così ferita dalle parole dell’amica che a stento riusciva a crederci. No…, chiuse gli occhi scuotendo lentamente il capo. Le palpebre si strinsero e il cuore iniziò a tamburellare così forte da risuonare nelle tempie come uno strumento musicale a percussione in una stanza vuota. Continuava a vedere la scena ripetersi dinanzi a lei. Sentiva quelle parole, sentiva le dita stringere Casey in una presa fugace, forse per l’ultima volta. E gli occhi, il verde muschio arso dalla rabbia, dalla vergogna e dalla delusione. Megan si sentì sprofondare in un mare di illusioni e menzogne ora che il velo era caduto ai propri piedi, mostrando tutto quello che non era riuscita a vedere negli anni. La bile salì fino in gola e il sapore acido dell’alcol rischiò di farla vomitare. Tutto quello che Casey le aveva detto, con quella rabbia e quella sicurezza… Sentì il cuore spezzarsi a metà, più di quanto non lo fosse già da anni. C’era quella parte che Casey era riuscita a ricostruire mattone dopo mattone ma adesso… Adesso era stata capace di distruggerla, un bombarda ben assestato, lasciandola esplodere e frantumare senza alcun rimedio.
Come aveva potuto farlo? Perché? Si sentiva davvero male.
Volse lo sguardo di nuovo verso i presenti; era vacuo, spaesato e completamente assente. Si sentì al centro esatto di una scena cui avrebbe fatto a meno del ruolo da protagonista. Nella sua mente ora tutti la stavano fissando, tutti stavano parlando di lei e di ciò che era accaduto. L’alcol e la droga non la aiutavano in questo, gettavano benzina su un incendio inarrestabile alimentato dal vento. Sì sentì vacillare, schiuse le labbra alla ricerca d’aria e si piegò leggermente in avanti provando ad accumularne il più possibile. Vittima di uno stato d'animo instabile, cercò di celare le proprie emozioni ma non riuscì a frenare il loro corso. Solo adesso tornò a guardare Draven. Te l’avevo detto, avrebbe dovuto dirgli, devi starmi lontano. Tuttavia, più si convinceva di quei pensieri più perdevano di significato nel groviglio di emozioni negative che le bloccavano lo stomaco, rischiando di farne scoppiare le pareti, portandola ad un incontrollabile istinto primordiale. Passò le dita tra i lunghi capelli, tentando di ricomporsi, provando a non lasciar trapelare alcuna emozione nel suo sguardo. Si spinse in direzione del banchetto facendosi spazio, afferrando il bicchiere versò del vino e lo bevve tutto d'un fiato. Vide allora muoversi Draven, né seguì i passi sino al limitare del bosco, mentre un altro calice le rinfrescava la gola e le parole tornavano a galla invadendo gli argini, portando via ogni cosa.
«Ma fate quello che cazzo vi pare» e poi: «Non vuoi essere protetta? Non ti reggi manco in piedi per come ti sei ridotta», continuava ad essere così assurdo. Ancora: «Non sono io che devo dirti cosa devo fare, né con chi spassartela, ma non venire da me a piangere quando ti parleranno alle spalle per le tue scelte del cazzo». Faceva tanto male.
Inghiottì l’ennesimo nodo in gola e si sentì ancora più a pezzi. Odiava tutto quello che Casey le aveva detto, odiava il modo in cui aveva tentato di ferirla colpendola in un punto che sapeva le avrebbe fatto male. Davanti a tutti. Urlando. Era metterla di nuovo sulla piazza, esponendola alle chiacchiere e infamie di alcuni studenti della scuola. Pensava di odiarla per quanto fosse così assurdo anche solo immaginarlo, dato ciò che rappresentava per lei. La odiava però, perché l’aveva spezzata. Perché le parole avevano un peso e lei non era stata capace di capirne il limite schiacciandola.

Ti odio Casey Bell.

Una sola lacrima bagnò la sua guancia che asciugò in fretta con le dita. Negli occhi il blu oceano in balia di una tempesta tropicale difficile da poter attraversare. Solo in quel momento si accorse di Jean, le aveva detto qualcosa e lei si era solamente limitata a guardarla e ad abbozzare un sorriso senza capire realmente.
Era finita.
Lasciò il bicchiere vuoto sul bancone e andò via, sparendo anche lei nell’oscurità.

▪▪▪




Menzioni: Draven, Casey e Jean.


Adios! :zalve:
 
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view post Posted on 23/7/2022, 08:41
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Non l’avrebbe mai ammesso pubblicamente, anzi, a dir la verità non l’avrebbe ammesso nemmeno a se stesso, ma doveva esserci del talento all’interno nell’indecifrabile mente del giovane O’Hara.
Bevitore provetto e barban di sicuro successo, aveva il dono della compagnia anche se di tanto in tanto tendeva a mostrarsi un filino molesto.
Per la loro natura astuta, scaltra e ingegnosa, a Mike era appena venuto in mente il paragone con i Goblin, ma dopo averlo visto alla prova con la giovane Gwen avrebbe dovuto riconoscergli il merito di un ottimo spirito d’iniziativa.
Nello scrutare quel gesto si era persino lasciato andare ad un sincero sorriso e alla scommessa di un Galeone sull’esito fatale di quell’incontro, prima che tutto iniziasse a passasse in secondo piano.

Lentamente, la figura snella e slanciata di Thalia si stava avvicinando alla zona del bancone, e nel suo cuore fu come se il Natale fosse giunto con un larghissimo anticipo. La voce dell’irlandese, che suppose contornata dalla consueta punta di sarcasmo, si trasformò invece nel regalo più bello e inaspettato.
Era sorpreso, stupito, ma al contempo felice ed euforico; sotto quella nuova luce tutto iniziava a farsi più bello persino la compagnia del suo giovane Prefetto preferito.
«Io ubriaco?» Tra il serio e il faceto, in un primo momento Mike avrebbe provato a lasciare il beneficio del dubbio su quello che doveva essere il suo reale stato d’animo.
«Forse non reggo più come le nostre giovani leve, ma un paio di bicchieri credo ancora di poterli sopportare. O almeno spero.»
Bastarono quelle semplici parole per fargli ritrovare la strada di un sentiero luminoso e dall’aria familiare, ma quando si ritrovò ad incrociare il suo sguardo capì all’istante quanto gli fossero mancati quei momenti.
Stava bene, e non ricordava nemmeno più l’ultima volta in cui si era sentito così vivo. Certo, nel profondo del suo animo si nascondeva ancora qualche profonda insicurezza legata ad un trascorso ormai lontano, ma non avrebbe mai permesso a quelle sciocche preoccupazioni di negargli la bellezza di quel tempo.
Scacciò l’idea come si fa con una mosca particolarmente fastidiosa, prima di proseguire con un pizzico di vivacità.
«Sai… dopo gli ultimi esami mi era capitato di bere un goccino di troppo e beh... Il giorno seguente mi sono presentato fuori dal dormitorio con l’uniforme al rovescio. Fidati, è un’esperienza che non vorrei ripetere!»
Nel portare a termine quella piccola confessione le avrebbe dato prova di una esuberanza non del tutto naturale, ma al netto di qualche piccolo eccesso indotto da questa o da quella sostanza, stava vivendo quel momento con estrema naturalezza. Era nelle piccole cose e in quei semplici gesti che vedeva ricomporsi, poco a poco, i tasselli di un puzzle armonioso.

Il clima di leggerezza e la spensieratezza di quella sera stavano iniziando ad avere una forte influenza sul serpino e sul suo consueto equilibrio tanto che, quando le parole iniziarono a fluire più veloci e i sorrisi a farsi via via più intensi, si sarebbe persino lasciato andare ad un piccolo scorcio sul suo futuro.
«Forse non te ne ho mai fatto parola, ma penso di potermi fidare della tua opinione.» Fingendosi elettrizzato e facendo finta di mettersi in posa, Mike ne avrebbe approfittato per lisciarsi il colletto della camicia e per rivolgere uno sguardo profondo verso un orizzonte indefinito. «Secondo te, starei bene con una bella divisa verde acido?»
Non erano in molti ad esserne a conoscenza, ma da quando il S. Mungo si era illuminato per il Premio Agatha & Zacharias Chapman, al giovane inglese sembrava essere nata una certa inclinazione per Medimagia, attitudine che andava ben oltre il suo leggendario spirito di autoconservazione.
«Lo so, può sembrare un invito a lanciare una nuova moda nel corso del prossimo ballo scolastico, e la cosa non mi dispiacerebbe affatto... ma dietro questa domanda si potrebbe nascondere qualcosa di più grande rispetto ad una semplice variazione cromatica.»
Sincero quanto basta, in quella confidenza ritrovò la stessa serenità di un tempo, come se quel lungo intervallo tra loro non fosse mai esistito.

Daniel & Thalia.

 
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Era decisamente alticcio, ma non necessariamente molesto, il che - a conti fatti - poteva di per sé essere già una vittoria parziale. Scoccò uno sguardo ad O’Hara, il Prefetto responsabile della razione alcolica servita al Caposcuola, non potendo esimersi dal domandarsi se, effettivamente, fosse una bevanda magica ad aver stregato l’umore di Mike. Se non era magia, ora che ci pensava, allora qualunque cosa fosse ne voleva un goccio anche lei.

Dal loro ultimo incontro lei e Lucas sembravano aver concordato una pausa fatta di silenzio e tacito assenso, come se niente di particolarmente profondo fosse accaduto tra loro. Lui continuava la sua vita da giornalista e aspirante Mangiamorte ribelle e lei… lei navigava in acque turbolente con la sensazione di aver perso la bussola. L’unica consolazione in quella faccenda era notare quanto lo stesso Mike fosse in difficoltà col proprio baricentro.
«Giovani leve?» Ma come parla? «O’Hara, si può sapere che gli hai dato?»
Un domanda retorica, naturalmente, per quanto imperioso fosse il tono. Sembrava burrobirra, ma non ci avrebbe scommesso uno zellino bucato. Chissà che altro ci aveva versato dentro il loro scaltro Daniel. Non aveva tempo, però, di interrogarsi su quanto avesse compiuto il Prefetto alle spalle del suo Caposcuola - se davvero era successo, almeno - perché, benché i suoi occhi scrutassero la figura del giovanotto al primo anno, non aveva potuto non notare come Mike - al contrario - guardasse lei.
L’istinto di sistemargli i capelli come aveva fatto innumerevoli volte voleva prendere il sopravvento in risposta ad una memoria fisica ed emotiva che non sarebbe mai dovuta tornare. Avevano stabilito dei confini, dopotutto. Lei li aveva voluti e lui, se fosse stato sobrio, li avrebbe rispettati. Tutto questo era sciocco ed immaturo. Non se lo potevano proprio permettere.
«C-cosa?» fu costretta a degnarlo non solo di uno sguardo perplesso, ma a ricordare quando e come fosse successo tutto quanto. L’immagine di Mike con l’uniforme al contrario era… disturbante.
«Questo lo prendo io, ok?» decise allora, afferrandogli un polso con una mano e con l’altra allentando delicatamente la sua presa sulla bottiglia. Mancavano due dita perché fosse finita ed era meglio le bevesse lei, piuttosto che lui. Dei due, dopotutto, l’irlandese era lei.

Tra uno scambio e l’altro la baraonda aumentava, come se l’incomprensione originatasi dal nulla fosse alla fine esplosa come un bomba. Non si curò troppo di chi si dileguò in una direzione o nell’altra, ma di sicuro il silenzio e la quiete di una festa normale avevano ripreso il sopravvento. Non le era sfuggita l’espressione sorniona di O’Hara, abbarbicato sul suo sgabello come un allocco in attesa di un succulento topolino che non sarebbe mai arrivato, quindi lo tenne d’occhio per quanto possibile. Certo, questo finché Mike non avesse occupato interamente il suo campo visivo cominciando a ruotare su se stesso enfatizzando un cambio d’abito futuro.
L’idea del Medimago la faceva sorridere, ma riusciva anche a figurarselo: tutto serio ed impettito, deciso a conquistare nei prossimi dieci anni il premio Chapman. Poteva riuscirci, ci credeva davvero.
«Medimago?» inclinò il capo, l’espressione divertita mutata in una di puro scetticismo, fino a raggiungere il punto in cui, di nuovo, il sorriso avrebbe fatto capolino sulle labbra. Gli sistemò il colletto della camicia - questa volta non aveva potuto evitarlo - e tenendoci una mano premuta sopra come a farlo sparire proseguì «Sì, potrei vedertici. Magari proponi di adottare un verde più intenso, così si abbina meglio agli occhi.»
Nonostante l'ironia, era troppo tardi per fare marcia indietro, con il palmo appoggiato in un punto tra la spalla ed il petto di Mike e lo sguardo di O’Hara addosso. Per un istante le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, un momento felice e senza problemi incastonato nella memoria.
E poi c'era l'allocco-Daniel, che finalmente aveva ottenuto la sua ricompensa. Il topolino, alla fine, gli era finito nelle fauci senza nemmeno rendersene conto.

Interazioni: Daniel :gufetto: & Mike




© Thalia | harrypotter.it

 
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view post Posted on 27/7/2022, 22:58
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ELOISE LYNCH TASSOROSSO 17 ANNI
Non c’era da stupirsi che quella spintarella fuori dalla porta messa in atto dalle droghe della Lynch avesse avuto esiti irreparabili. La sua lungimiranza, già scarsa nelle situazioni ordinarie, era rimasta in dormitorio, chiusa a chiave in un cassetto.
Contemplava, Eloise, le conseguenze delle sue azioni? Improbabile. Per lo più oscillava lenta e allegra, gli occhi semichiusi, le dita sul braccio che tenevano il ritmo della musica.
Non capiva che fare l’Icaro non era da tutti. Che i piedi saldi a terra per qualcuno erano una necessità, che il tangibile e il presente e la realtà percepita andavano preservati, e che la mente si sarebbe ancorata ostinatamente pur di non finire alla deriva. Lei vagava a mezz’aria - solo mentalmente, per adesso - ancora meno accorta e affidabile.
Le parole su Hughes, sulla muffa e sullo sperma, le erano scivolate fuori con l’intento spontaneo di capire fin dove poteva spingersi in compagnia di quelle persone che conosceva poco. Si limitò a ghignare in direzione di KC alla sua risposta, prima che quella baldanzosità le si gelasse in volto. Hughes, ignaro della simpatia che era già riuscito a riscuotere, si prendeva le sue solite libertà ingiustificate. Impassibile, la Lynch si voltò verso di lui con un sopracciglio alzato. «Bravo, ecco, conferma tutto davanti ai microfoni…» La coincidenza di quell’ammissione, per quanto Hughes fosse oggettivamente fastidioso, la divertiva. Prese un sorso, notò Camille avanzare verso di lei e si voltò verso Mike per rispondere al suo commento. Ma Mike non c’era più.
Tutto si era fatto nero.
Alcuni esultarono per quella trovata, ed Eloise si unì al coro festante. La Buiopesto era stata la certezza delle migliori feste - si fa per dire - a cui aveva preso parte, ma era la prima volta che se ne ritrovava vittima. Ora, le Praline dell’Euforia catalizzavano effetti inaspettati: i punti di riferimento erano scomparsi, le sembrava di vagare tra le onde, mentre i pensieri nel suo cervello si erano tutti mescolati e aggrovigliati. Il suo corpo, che le sembrava più presente e attivo di quanto lo era stato in quegli ultimi mesi, le dava troppi input caotici.
Il braccio sfiorò quello di Mike, e in un guizzo esageratamente pudico la sua mano corse alle labbra*, anticipando un pensiero: come sarebbe stato sporgersi un pochino, e vedere come avrebbero reagito in compagnia di quelle di Minotaus? Ripensando a poco prima, alle chiacchiere e alle cannette, era proprio curiosa di scoprirlo.
E perché no?
Spinta e motivata dalle sostanze psicotrope, si inclinò leggermente verso la sua preda, chiedendosi se stesse andando nella direzione giusta, ma non trovandola immediatamente.
Se si muoveva con tanta disinvoltura, inaspettata e imprevista nelle questioni sentimentali, era solo grazie all’euforia e all’oscurità, e alla loro convergenza in quel qui e ora. Incespicò per un istante, cieca e confusa, muovendo un passo a tentoni senza darsi per vinta. La sua destra trovò un appoggio su un braccio, la sua sinistra ne raggiunse la nuca. Spinse il viso in avanti, trovando le labbra di Mike, e posò un bacio fugace e appassionato su quelle labbra.

Solo che quello non era Mike Minotaus.

La sua presunta preda, infatti, aveva appena parlato qualche metro più in là. Si era rivolto… Megan? Facevano il suo nome? Eloise non capiva… Ma allora chi stava baciando?
Fece due passi indietro, liberandosi dal contatto con la sua vittima e cercando di mettere tra loro più distanza possibile prima che gli effetti della Buiopesto svanissero. La prima cosa che le venne in mente fu di scagionarsi da qualsiasi accusa riprendendo posizione accanto al Caposcuola Serpeverde, scacciare via l’imbarazzo e la vergogna, e mostrarsi disinvolta.
Quando l’oscurità svanì ostentava sicurezza tenendo un bicchiere stretto tra le dita, mentre l’altra mano stava stretta in un pugno nervoso, reggendo il gomito. Rilassarsi era impossibile: piuttosto, poteva lasciarsi andare agli effetti dell’Euforia. «Troppo magica sta polverina!» Esclamò, sollevando il bicchiere con troppa enfasi e innaffiando un giovanotto di passaggio.
Le trovate di Hughes, il disprezzo che suscitava e la sua capacità di generare risse nelle situazioni più tranquille fornirono un diversivo prezioso al suo imbarazzo. Mentre il suo sguardo seguiva quella scena caotica senza capirla, Eloise provava a riorganizzare i pensieri, per quanto difficile fosse in quello stato: era abbastanza sicura di non aver baciato un tredicenne o giù di lì, visto che non aveva dovuto chinarsi così tanto. La preda, poi, non si era tirata indietro né l’aveva schiaffeggiata: questo voleva dire che forse - forse? - poteva sollevarsi dalle accuse di molestia. Ma chi era? Provò a dare uno sguardo oltre la spalla, cercando di individuare chi facesse parte del suo capannello.
Lei si sentiva la protagonista di una storia di spionaggio, ma più che altro sembrava una bambina che pensa di potersi nascondere dietro la sua stessa mano. Tuttavia, questa analisi del territorio le permise di individuare in anticipo l’ultima novità: l'Ametista degli Gnomi che aveva accuratamente piazzato tra le fronde degli alberi aveva iniziato a emettere luce colorata, e Thalia era arrivata alla festa.
Thalia era sua amica.
Mike era l’ex di Thalia.
Cazzo, Thalia era arrivata alla festa.

Ci volle un attimo per rendersi conto di non aver fatto quasi nulla di male. Non c’erano grandiosi sentimenti, era stata solo una fumosa svista che non si era concretizzata in alcun modo. Un momento di frivola leggerezza, una frazione di istante insignificante, irrisoria, surreale ed evanescente. Inesistente, si potrebbe dire. Ma allora cos’era quel senso di colpa meschino e strisciante? La semplice reazione a un desiderio effimero e inespresso? Svuotò l’ennesimo bicchiere, se ne riempì un altro, si diede il tempo di accendere una canna, ma non riuscì a resistere oltre.
«Moraaaan!» L’euforia agì per conto suo, e la spinse con un bel calcio proprio tra le braccia del lupo. Tra l’incudine e il martello, con O’Hara di contorno. «Morivo dalla voglia di dirti di tutto questo» l’indice roteante indicava la scena circostante. «Ma mi hanno fatto giurare - giu-ra-re! - di non proferire parola. Ti chiedevi perché ti stessi evitando da così tanto?! Non ho certo finito di parlarti della Rivolta dei Tritoni!» Fece un tiro profondo, ed espirò, cercando di puntare tutto sugli effetti delle praline. «Ma non stasera. Stasera ci divertiamo.» Inchino, sipario, un paio di passi indietro per lasciare la scena. Un’esibizione encomiabile.

ARiLaCK
Party on a p o c a l y p s e

La riserva di Eloise include
- Sigarette alle Erbe Magiche
- Pipa dello zio Zonko con ricarica a vita
- Sognisvegli Brevettati
- Caramella d’Illusione (sdoppia chi la mangia)
- Un paio di articoli sperimentali che i gemelli Weasley non hanno ancora messo in commercio, tra cui: Praline dell’Euforia (effetti: simili all’Elisir dell’Euforia), Shot Confusi (boccette da mandar giù, provocano gli effetti del Distillato Sviante e di Confusione in versione blanda)

*nda la mano alle labbra è tipo → :secret:

Interazioni: Mike, Thalia, Daniel
Eloise ha dato un bacio a un qualcuno [OVER 13 PLZ] nel pieno della Buiopesto. Non sa chi sia, quindi può essere chiunque, anche un PNG. [OPS.]
Menzioni: Camille (forse entro fine partay riusciamo a interagire eh), il gruppone attorno


 
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Se in altre circostanze Mike si sarebbe opposto in maniera vibrante al palese furto della sua bottiglia, il primo contatto con le lunghe e affusolate dita dell’irlandese fu in grado di fargli derubricare il fatto a qualcosa di assolutamente marginale.
Insomma, in cuor suo sapeva di non aver diffuso nessuna informazione particolarmente riservata nell’accennare all’ultima sua vera sbornia, avvenuta l’anno precedente dopo una lunghissima sessione di esami. Lo studio disperato, la tensione del momento, mille emozioni diverse e contrapposte culminate con un'abbondante dose di Whisky Incendiario per lasciarsi il tutto alle spalle: non funzionava forse così?

Nonostante fosse ormai svanita la possibilità di continuare la serata nel solco di una corretta e salutare idratazione, ora Mike sembrava aver ben altre priorità rispetto a qualche istante prima. L’idea di un futuro da Medimago era riuscita a far breccia nel sorriso di Thalia, e il forte entusiasmo provato in quel momento gli avrebbe fatto ricambiare quel semplice gesto in maniera del tutto naturale. No, non sarebbe stato un comunissimo cenno di circostanza, ma un sorriso che sapeva già di una ritrovata serenità e di un coinvolgimento imprevisto.
Gli erano mancati quei momenti, dalle confidenze spensierate al pungente sarcasmo dell’irlandese, ma ancor di più gli era mancato il contatto quotidiano; gesti lenti ma ricchi di significato a cui facevano da contraltare tacite intese ed emozioni non sempre evidenti.
Giocavano sulle sfumature dei colori, ma anche con le parole, e la naturalezza del loro legame stava via via prendendo il posto di una convenzione ormai superata.
«Sì, penso di aver in mente una sfumatura decisamente migliore… » Indugiò a sua volta sugli intensi occhi azzurro-grigi della ragazza, prima di proseguire: «Ma se dovessi mai diventare un Medimago, ti impegnerai a non venirmi a trovare nel corso dei miei eventuali turni lavorativi, eh?» Domanda retorica, ma al di là dell’eventuale distrazione che le avrebbe potuto provocare una sua visita a sorpresa, a preoccuparlo maggiormente era l’insolita vocazione della Moran per i guai.
Quando poi sentì il suo tocco a lambire lo sterno, la mente del ragazzo sarebbe corsa ad un tempo ormai lontano. Ora come allora aveva scelto di aprirsi ad una confidenza proprio con lei, e se all’epoca a prevalere era stato il senso di felicità e di orgoglio per la conquista di una nuova spilla, ora stava prevalendo l’idea stessa di futuro.
L’emozione era la stessa, ma al posto di quel primo imbarazzo ora avvertiva la necessità di voler dar seguito a ciò che gli suggeriva l’istinto.
Un istante più tardi si ritrovò a carezzare delicatamente la sua chioma con la mano destra, mentre il suo sguardo indugiava già sulle labbra sottili. Era rilassato, e tutto gli sembrava così straordinariamente naturale e semplice.
Provò a sfiorare delicatamente le sue labbra con le proprie, prima di discostarsi leggermente da lei per tornare ad ammirarne l’intera figura. Voleva essere sincero e non lasciarsi incantare dalle mere illusioni di una festa primaverile.
«Thalia… » un sussurro leggero in un istante che parve non finire mai, prima dell’imprevisto.

«Moraaaan!»
Cos’era stato? Chi era? Ma soprattutto, dove si trovavano?
In un turbinio di sensazioni diverse, le emozioni si confusero tra loro lasciando l’inglese inquieto e turbato per più di qualche istante. Insomma, in quel momento si era dimenticato della festa, della zona bar e di tutti gli altri studenti che giravano da quelle parti.
*Tempismo perfetto, Lynch!* L’idea di maledire il destino o direttamente l’irlandese era piuttosto forte, ma era anche inutile tergiversare con una Mandragola in mano. Dunque, meglio darsi una mossa per evitare il suo pianto fatale.
«Lynch! Non ti sei mai sentita osservata in quest'ultimo periodo? Ormai dovresti aver imparato a non sottovalutare le capacità informative della Moran.» Le rivolse comunque un occhiolino, anche se con una lieve punta di imbarazzo.
Cercare di comprendere uno spirito libero ed enormemente sfaccettato come quello di Eloise, in grado di accentrare su di sé l’attenzione di tutti per poi dileguarsi anche all’improvviso, era davvero come voler afferrare l’aria tra le mani, ma il suo contributo alla “causa festaiola” sarebbe stato ricordato e tramandato anche alla nuova generazione di studenti, ne era certo.
In un ultimo istante di lucidità, Mike avrebbe poi provato a prendere spunto da quel clima di esuberante spensieratezza per tornare a quel gioco fatto di parole, di piccole attenzioni e di sorrisi che poco prima l’aveva portato a ritrovare emozioni che ormai non provava da diverso tempo. «Allora, questa Rivolta dei Tritoni non è così importante, giusto?» Il suo sguardo, in quel momento, era tutto per la Moran.

Eloise & Thalia.

 
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Inciampavano sulle parole come equilibristi distratti, incapaci di vedere il punto in cui la fune si sarebbe fatta inevitabilmente più sottile. Avrebbero compromesso ogni cosa, lo sapevano perfettamente pur cercando di restare nella neutralità di una conversazione futile e divertente. Il futuro sembrava così sopravvalutato, ormai. Che importava chi sarebbero diventati da lì ai prossimi cinque anni se la vera domanda era: avrebbero ripreso entrambi a respirare nei successivi cinque secondi?

La mano appoggiata al petto di lui era simbolo di un gesto antico tra loro, qualcosa di abitudinario che la memoria tattile non avrebbe mai scordato; il tessuto liscio del colletto della camicia, il maglione ruvido dai ricami semplici e ordinati, la sensazione vibrante del suo respiro nel palmo della mano. La loro relazione era passata direttamente attraverso quelle dita, tra intrecci e uno sfiorarsi continuo - in biblioteca nelle ore di studio, in giardino all’ombra di una quercia ad osservare il paesaggio, magari accoccolati tra le grosse radici nodose - alla ricerca di un contatto che, poi, avevano perso. Avevano affrontato il silenzio e la separazione, lo aveva visto rinascere e cambiare. Lo aveva osservato invaghirsi di qualcuno con un passato e un presente meno gravosi dei suoi. Eppure era il respiro, adesso, a mancare. Era quello di Mike e, per una forma di simbiosi dura a morire, anche il suo.
Gli aveva sorriso spontaneamente e aveva giocato con lui come avevano fatto centinaia di volte. I suoi modi seriosi, da piccolo lord a volte, contro il suo essere irriverente e sarcastica. Il suo cinismo, però, si perdeva nel colore caldo dei suoi occhi, con quelle pagliuzze piccolissime più chiare a richiamare l’attenzione come lucciole in un prato al crepuscolo.
Conosceva quello sguardo, il calore che infondeva, e sapeva di non potervi indugiare.
Lo aveva lasciato andare.
E una parte di lei continuava a restare.
«Non faccio più promesse… lo sai.» glielo sussurrò, incapace di trovare la voce quand’anche l’ossigeno pareva sparire a fronte dell’inevitabile. Provò anche a mantenere una parvenza di ironia, per mascherare il tumulto di quei ricordi che non accennavano ad andare via. Più li scacciava, più la sua mente ne proiettava in sequenza infinita. Di quei momenti, in fin dei conti, ne avevano vissuti tanti, quasi a perderne il conto.
Così non si scostò minimamente nello scoprire il volto ora serio di Mike più vicino al suo. Se chiudeva gli occhi e provava a pensarci, erano stati tanto vicini da sfiorarsi in almeno altre mille occasioni; e nessuna le sembrava pericolosa quanto quel frangente. Il respiro caldo sulla pelle, l’incertezza nel tocco delle sue dita tra i capelli. La stretta al cuore nel sapere che se avesse dato seguito a quanto stava per accadere tutto sarebbe stato inutile. Tutto.
Eppure non si muoveva, perché lui era… Mike. Erano cresciuti, lo avevano capito, e nei suoi gesti non c’era più l’imbarazzo di un ragazzo altresì timido.
Al diavolo O’Hara e i suoi sguardi impertinenti o quelli rimasti nella piccola radura.
Accolse il modo in cui le scrutava il volto con, finalmente, l’accettazione che se questo era ciò che doveva essere… allora andava bene. Non rispondere di se stessa era diventato un modus operandi che, piano piano, cominciava a soppiantare la convinzione e la pacatezza delle sue mosse. Se doveva essere, sarebbe stato. Non valeva la pena di crocifiggersi per qualcosa che sapeva sarebbe rimasto sempre lì, con lei.
Una carezza, le labbra che si sfiorano e…

Lynch.

Il terremoto dai capelli vermigli era solitamente accolto con favore e gioia, con la consapevolezza che presto o tardi avrebbe combinato una delle sue marachelle, manipolando la serata a suon di sciocchezze. In quel momento, però, avrebbe voluto strangolarla.
Costrinse la mente a fare retromarcia, ai pochi istanti prima che Eloise spezzasse il giogo della calamita invisibile tra lei e Mike: il fruscìo dell’ultima parola, il suo nome, pronunciato e sospeso nell’aria. Si era scostato agilmente, senza recidere immediatamente il contatto tra le sue dita e i capelli di lei, sciolti sulle spalle. Poi, anche quel contatto svanì.
Scoccò ad Eloise uno sguardo truce, un mix tra l’accondiscendenza materna che sovente le riservava - specialmente di fronte alle scemenze che non risparmiava a nessuno -, il fastidio di essere stata interrotta e… la gratitudine. Quest’ultima era la meno evidente, ma a lungo andare forse sarebbe stata la versione ufficiale: si vedeva, qualche giorno più tardi, a prenderla da parte e a ringraziarla per il tempestivo - non richiesto - soccorso. Non le avrebbe accennato a niente di più e sapeva anche che quella conversazione non sarebbe mai avvenuta. Doveva sperare che quanto accaduto pochi secondi prima non avesse intaccato quell’equilibrio precario tra lei e il Caposcuola, costituito con fatica e speranza di rinascere… in un’altra forma. Non poteva proprio cominciare a chiedersi che cosa lui volesse dirle - o fare - dopo aver pronunciato il suo nome. Erano mesi, anni, che quella voce non la chiamava a quel modo, un misto di dolcezza, desiderio e... rinuncia.
No, non poteva pensarci.
C’era poi l’altra situazione. Quella che viveva a chilometri di distanza e si macchiava le dita d’inchiostro per vivere. Quella che incalzava l'oscurità latente dentro di lei e la spingeva a crescere; quella a cui doveva rinunciare per la sanità mentale a discapito di un sentimento che ancora non aveva capito del tutto.
Il suo sguardo incontrò quello di Mike, senza nemmeno aver capito la sua domanda. Nella sua testa frullava l'immagine di lei e Lucas, soli nel suo salotto, e ora che guardava Mike... c'era l'illusione che ogni tessera potesse tornare al proprio posto, come per magia. C'era mancato davvero così poco...
A che cosa stava pensando? Che cosa stava facendo?
Piombò nella consapevolezza col freddo del tardo pomeriggio scozzese e capì di aver fatto il passo più lungo della gamba. Si era illusa di poter gestire due vite in una, di essere capace di questo e molto di più. E Mike. Non voleva deluderlo ancora.
«No… non…» cercò allora in Eloise la risposta, ma quella stava già indietreggiando una seconda volta, col suo ghignetto a fior di labbra.
«Ho bisogno… ho bisogno di prendere un po' d'aria.» finse maldestramente un colpetto di tosse e fece per voltarsi, cercando con gli occhi uno spazio aperto meno carico di emozioni e sensazioni. Dove non ci fosse pericolo di cadere in tentazione, qualunque essa fosse.
Di una cosa, però, era sicura: ovunque andasse non sapeva perché dovesse sempre ritornare al punto di partenza. Un continuo ritorno, una corsa senza fine. Mai un attimo di riposo, perché in fondo pensava di non meritarlo. Sapeva, in parte, di raccontarsi solamente bugie: tornava perché, altrimenti, non avrebbe saputo dove andare.

Interazioni: Mike & Eloise
Menzione: Daniel

Tranquilli, non me ne scappo tra le frasche. Lì c'è già abbastanza movimento :secret:






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La stava ancora osservando quando capì di non essersi mai sentito così vulnerabile dinanzi a lei.
In quell’istante, infatti, stava tornando a provare un’emozione troppo forte e vera per nascondersi dietro ad un semplice gioco fatto di sguardi e di attenzioni reciproche. Sotto a quel riparo sicuro si celava ormai un istinto pronto a travolgerlo, come un acquazzone estivo che arriva all’improvviso e trascina con sé tutto ciò che incontra. E che ne sarebbe stato di quel tacito accordo che, seppur con difficoltà e numerose limitazioni, era riuscito a far riconciliare i due Caposcuola?

Ne stava ammirando la bellezza, ancora e ancora, ma assieme a quel sentimento così concitato stava iniziando a nascere anche un primo dubbio. Sarebbero mai riusciti a trovare un accordo diverso, più sincero e completo in ogni sua forma?
«Non faccio più promesse… lo sai.» Quel veloce sussurro pesava come un macigno nell’animo dell’inglese, e forse non solo nel suo. Perché, fino a pochi attimi prima tra loro sembrava essere tornata una totale sintonia, sia fisica che mentale, mentre ora lo sguardo di Thalia si faceva via via più sfuggevole e incerto. Poi, l’imprevisto. La vide fingere un colpo di tosse prima di accingersi alla ricerca di un nuovo spazio tutto suo.
Erano tornati distanti, e c’era qualcosa di sbagliato in tutto ciò.
I loro corpi erano stati così vicini che per un istante gli era sembrato di percepire un unico battito, identico e simultaneo. Ed ora? Aveva forse fatto un passo più lungo del Gigante? Aveva sfiorato le sue labbra, certo, ma tutto era avvenuto con estrema semplicità e naturalezza, seguendo un istinto che partendo dai polmoni andava dritto al cuore.
Ora però, Mike aveva paura di perderla, per sempre. Aveva paura di aver frainteso tutto, dai suoi gesti alle sue parole, e di essersi lasciato andare ad un desiderio che era soltanto il suo. Aveva peccato di egoismo, e forse non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma se l’alternativa era quella di mantenere sempre e comunque una certa distanza da lei, ritornando sui suoi passi e crogiolandosi in una parvenza di felicità che a lungo andare l’avrebbe portato allo sconforto… beh, le scelte non erano poi molte.
«Thalia. Non te ne andare. Non così.» È un pensiero che è poco più che un sussurro, una preghiera, ma anche un pungolo per se stesso.
Lo sguardo si fa serio, forse malinconico, mentre i battiti del suo cuore sono sempre più intensi. Cerca di seguirla per qualche metro, e se gli fosse stato concesso avrebbe provato a prendere dolcemente una sua mano con una lievissima e morbida presa. Un tocco magnetico al quale non si sarebbe mai sottratto.
Se lo avesse voluto, Thalia sarebbe potuta fuggire anche senza divincolarsi. Distante da lui, per sempre.
Il suo cuore non avrebbe retto, ma in quel momento non aveva più paura. Forse gli mancava un po’ di coraggio, ma dentro di sé aveva appena capito che c’erano sentimenti per i quali valeva la pena esporsi, sempre e comunque.
«Mi sei mancata, e mi manchi ancora.» Poche parole che gli costano uno sforzo intenso, ma è quanto di più vero le possa dire. La sua era una corsa verso un sentimento che ormai non riusciva più a contenere, come un fiume in piena che ormai non riesce più a seguire un percorso precostituito, netto e lineare.
«Non sai quante cose mi siano mancate… ...perché soltanto questa sera sono tornato a sentirmi davvero felice. Qui, con te. E vorrei che questo momento non finisse mai.» Perchè ti ho sempre amata, ed è stato sempre così. Non riesce più a parlare e il suo cuore sembra ormai esplodere. Non è mai stato così teso perché sente che da quell’istante potrebbe dipendere tutta la sua felicità; ma da quel momento non sarebbe mai riuscito ad andare avanti con una sorta di compromesso al ribasso verso i suoi sentimenti.
Il rimpianto non è più contemplato ed ora, ogni altra cosa non ha più importanza. Ci sono soltanto loro, Mike e Thalia, probabilmente ancora uniti da quel lieve tocco delle loro mani.
Il resto è soltanto una rincorsa di sguardi, di desideri, di lunghi sospiri e di attimi di attesa.

L'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa. L'importante è quello che provi mentre corri.
[cit. portasf**a (?)]


Thalia.

 
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Quante volte ancora avrebbe dovuto sbattere contro la consapevolezza che tutto il male, ogni stilla bruciante, proveniva da lei e non dal Fato che tanto le piaceva incolpare?

Si schiarì la voce una seconda volta, cercando nello spazio limitrofo un momento per tornare a pensare lucidamente. Le mancava il respiro per davvero, adesso, conscia di sembrare patetica; una mano occupata dalla bottiglia sottratta a Mike e l’altra libera, impegnata soltanto per un momento a portare una ciocca di quei capelli, che lui aveva accarezzato con tenerezza poco prima, dietro l’orecchio.
Come aveva potuto essere così sciocca?
Lasciò che la bottiglia, umida di condensa, le scivolasse tra le dita e cadesse con un tonfo sordo sul terreno rigido. La guardò riversare l’ultima traccia del suo contenuto tra i fili d’erba, come inebetita, mentre la voce di Mike la raggiungeva di nuovo. Ferma in quella posizione non si era accorta della mano che stringeva delicatamente la sua, non finché lui non ebbe parlato ancora. Non importava che intorno a loro ci fossero almeno una decina di altre persone, pronte ad osservare - probabilmente a spettegolare - di quanto avrebbero visto.
Sentiva il peso dei suoi sensi di colpa sul petto, lo sguardo di lui a cercare il suo. Era così, dunque? Si erano mancati al punto da non riuscire a dirlo a voce alta? Lo aveva influenzato così tanto da avergli tolto la capacità di esprimere sentimenti che, per lui, erano sempre stati chiari. L’orrore la assalì, senza trascendere nell’espressione obnubilata.

Gli aveva creduto quando, qualche mese prima, le aveva promesso di esserle amico. Di restare con lei nonostante tutto, perché in fondo di lei gli importava ancora, anche se non come un tempo. Come aveva potuto essere così cieca? Le bugie le conosceva, le recitava come preghiere - non importava il fine - e avrebbe dovuto saperle riconoscere. Invece no.
La gioia di sentirgli dire quelle parole mutò allora nello sconforto, nella consapevolezza delle innumerevoli scelte avventate: averlo visto con Alice al ballo le aveva scavato una voragine dentro, un senso di solitudine ed abbandono che non aveva mai conosciuto prima, ma le aveva dato anche la spinta per continuare a camminare sulla strada impervia scelta per se stessa. Saperlo con lei le aveva permesso di considerarsi libera da ogni legame, di potersi concentrare su quello che richiedeva maggiore attenzione e responsabilità, a discapito della sua felicità o, meglio, quella di entrambi. Adesso metteva in dubbio quella libertà, confusa nei propri sentimenti. Ora più che mai.
Il battito cardiaco assunse allora i connotati di tonfi profondi, dolorosi, e da questi risalì un’energia che non comprendeva. Un misto tra la voglia di stringerlo tra le braccia e ridere per quanto fossero stati stupidi ad essersi lasciati andare e la paura di quello che sarebbe venuto dopo. Dopo… dopo Lucas che cosa poteva esserci per loro?
Si era concessa a lui in ragione di sentimenti reali seppur le circostanze fossero complicate. Rinnegava adesso le emozioni che aveva provato con lui e che l’avevano condotta tra le sue braccia in un modo mai conosciuto prima? Poteva non essere solo una la ragione per cui, il mattino seguente, se ne era andata in punta di piedi dalla villa?
Se Mike avesse saputo, l’avrebbe guardata allo stesso modo? Non voleva scoprirlo.

«M-Mike…»
Pronunciare il suo nome la riportò agli istanti prima che Eloise interrompesse un momento cruciale: l’attimo in cui i loro corpi, scissi per un secondo dalla ragione, avevano scelto di muoversi in accordo con i sentimenti. Ciechi di fronte alla logica che avrebbe dovuto invece ricordare loro chi erano stati e chi non sarebbero mai tornati ad essere. Il loro incontro di mesi prima aveva stabilito delle regole, delle linee guida da seguire. Come se, a quel punto, ci fosse un protocollo per situazioni simili. Sarebbe stato più semplice.
Non sfilò la mano dall’alveo della sua, anzi, la strinse con un po’ più di decisione. Lo sguardo rimase lì, fisso sulle dita intrecciate - un ricordo dolce e tormentato allo stesso tempo - e trattenendo il respiro si chiese se quello che stava per fare fosse giusto. E nei confronti di chi, al contrario, avrebbe compiuto un torto.
Conosceva a memoria il viso del Serpeverde e tutte le sue espressioni - avrebbe saputo disegnarle e renderle reali ad occhi chiusi, perfino - e per un attimo aveva creduto di potersi lasciare andare. Che cosa sarebbe successo se Eloise non fosse comparsa in quel preciso istante? L’avrebbe baciato, ne era certa, perché quel contatto intimo le era mancato per così tanto da non riuscire a respirare all’idea di sprecare un’occasione come quella. E poi?
Sospirò a fondo, cercando di ritrovare la voce e provando a mettere insieme parole che, altrimenti, le sarebbero rimaste impigliate nella gola nei giorni a venire. Se avesse finto ancora sarebbe stata dilaniata dalle sue stesse menzogne ed omissioni. La mano libera si sollevò ancora una volta, dapprima nell’intenzione di accarezzargli il volto e poi, ripensandoci, assestandosi ancora una volta sul suo petto. Prima di parlare, le sue dita ripercorsero assieme agli occhi il ricamo intrecciato. Anche lui le era mancato e sentiva la nostalgia del loro tempo insieme rivivendolo nella memoria; percepiva l'assenza della loro quotidianità, della condivisione di quelle poche cose semplici che potevano per loro essere grandi come montagne. Lui non conosceva il peso di certi fardelli, la lotta interiore dei sentimenti; sembrava che per lui Alice non fosse mai esistita o, se lo aveva fatto, era stata una parentesi che non poteva competere con quello che provava per lei. Alice non era lei. Era sicura anche di questo, poiché non conosceva la bassezza d'animo di chiedere conferma. E poi c'era tutto il contorno, tutte quelle cose che li avevano separati e, per assurdo, costretti a ritrovarsi.
Sua nonna le aveva detto di aver più fiducia in lui, pur non conoscendolo, che se davvero l'avesse amata l'avrebbe anche sostenuta in quelli che erano i suoi pesi più grandi.
Forse era tempo di testare la teoria di Martha Lynch.
«Dobbiamo parlare...» sussurrò alla fine, guardandolo finalmente negli occhi «Niente più segreti, giusto?»
Il tono era rassicurante, quasi dolce, e detestava l'idea di vedergli lo sguardo accendersi di speranza. Quanto avrebbe voluto non creare in lui un’aspettativa quando, lo sapeva, gli avrebbe causato solamente stupore.

Interazioni: Mike







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view post Posted on 14/9/2022, 18:21
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Snape

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Perché la luce sia splendente, ci deve essere l'oscurità.


Dopo aver interagito con helena e dopo lo scherzo con camille, decisi che il mio tempo era giunto al termine, e abbandonare la festa che fin dall'inizio non centrava nulla con me . Non ero mai stato un festaiolo, e neanche un mondano, quindi mi sentivo troppo tagliato fuori, un pesce fu-or d'acqua. Ero più predisposto per le zone chiuse e possibilmente ricoperte di libri - i libri - quanto amavo sfogliare le loro pagine ricoperte di lettere , era un toccasana per la mia persona, e di certo
dove mi trovavo ora non esistevano , cera solo confusione e liti per chissà cosa. Abbandonai l'albero che mi aveva arricchito con la sua compagnia per tutto il tempo, e mi avviai verso la scuola, volevo solo rientrare in dormitorio, togliermi le scarpe e buttarmi su il letto, con un bel libro. Era questa la mia premura adesso, e nessuno sarebbe riuscito a farmi cambiare idea. Mi allontani per poi voltarmi nuovamente verso la folla, che guardi un po ingelosito. Mi chiesi il perché io fossi cosi strano, e come ero riuscito a crearmi una tale identità emotiva, e sopratutto il perché non riuscissi a cambiare almeno un po. Ma d'altronde non era facile mutare un comportamento che mi portavo dietro fin dalla nascita, era impossibile...'' la loro felicità non mi disturba affatto, quello che mi tormenta è il mio io interiore ''...alcune volte mi guardavo allo specchio e il mio riflesso mi faceva paura. I miei occhi mi terrorizzavano, e neanche dio lo sa cosa sarei stato in grado di fare se avessi rimosso i miei limitatori... '' devo risolvere alcune cose prima, poi potrò pensare di vivere spensierato nel mondo che creerò ''...ripresi a camminare con la consapevolezza di aver un corpo di undicenne ma un mente oscura alla pari di un mago non poco raccomandabile.

CITAZIONE
La festa di Silias giunge a termine, mi ritiro in dormitorio... non posso non farvi i complimenti per la bellissima iniziativa, e mi scuso se sono stato poco presente.



L'oscurità non può ferirti; solo l'amore può farlo.
 
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view post Posted on 25/9/2022, 17:37
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Fanciullə, per chi desidera pubblicare un'ultimo intervento - tra coloro che si strovano ancora alla festa - vi annuncio che sarà possibile farlo entro, e non oltre, il 9 Ottobre ore 23.59!
Dopodiché effettuerò un post conclusivo e il topic verrà lucchettato!
Passo e chiudo :zalve:

 
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view post Posted on 6/10/2022, 19:24
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all that is gold does not glitter, not all those who wander are lost

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ELOISE LYNCH TASSOROSSO 17 ANNI
Fare comunella senza dimostrarsi troppo affiatata era un’impresa molto difficile per quella versione un po’ fumata e un po’ drogata di Eloise. Aveva rivolto a Mike un occhiolino poco ammiccante e tanto enfatizzato, di quelli che avrebbe potuto dedicare a sua nonna o a un gruppo di bambini. La sua svista di poco prima doveva rimanere nel silenzio: era un segreto che si sarebbe portata nella tomba.
Nonostante l’interruzione, Mike e Thalia sembrarono prendere bene la sua presenza, e lì per lì la rossa decise di restare. «BEH.» Stava già preparando la sua arringa sulla Rivolta dei Tritoni, delineando nella sua testa i punti salienti di quegli eventi storici e l’influenza che avevano sulla loro cultura, sui modi e le abitudini, magari su una serata proprio come quella. Ne sarebbe uscito un farfuglio sbiascicante e probabilmente incomprensibile, ma lei era carica.
Solo che un attimo dopo non c’era più nessuno a cui condividerla.
Mike e Thalia si erano volatilizzati nell’etere, spostandosi un po’ più in là, scivolando via dalla sua presa. Thalia, che solitamente era decisa - granitica quasi - aveva tentennato, e con una rapida scusa si era dissolta. Mike le era corso dietro nel giro di poco.
Era una fortuna che la sua attenzione scivolasse via con tanta facilità. Decise di non attribuirsi la colpa di cos’era successo; decise anche che con ampie probabilità si sarebbe trasformata nella zia un po’ ubriacona delle feste di famiglia. Così, con una nuova cannetta in mano e un nuovo argomento da condividere, Eloise partì alla ricerca di un nuovo uditorio.

Si godette la festa. Ballò, bevve ancora, fumò e si lasciò trascinare dagli effetti delle Praline dell’Euforia. Saltò con le sue canzoni preferite, fece capannello con i gruppi più disparati di compagni, e chissà come si ritrovò ad ascoltare uno sfogo lamentoso di Thimothy Hughes, che durò decisamente troppo.
A un certo punto perse il filo.
Dopo settimane di compressione, aveva finalmente trovato la sua valvola di sfogo, e adesso era inarrestabile. Scorrazzava qua e là, esplosa e vastissima, e travolgeva senza badare, sommergeva, soffiava forte. Ascoltò e parlò moltissimo, zittendo quella tenue voce meschina che le ricordava com’era stata la sua vita negli ultimi mesi. Sentiva una libertà pericolosa, il rischio concreto di non ritrovare la strada fuori da quel labirinto.

Alle prime luci dell’alba successiva, risvegliandosi indolenzita al bordo della radura, scoprì nella sua bocca il sapore di erba umida e vomito. Poco distante, giacevano quelli che sembravano i resti del suo stomaco. Qua e là, in mezzo ai bicchieri riversi e alle bottiglie svuotate, c'era qualche superstite, per lo più svenuto. Una coppia appoggiata a un tronco aveva addirittura mantenuto la forza di limonare.
Tirandosi su, Eloise cercò di ricostruire gli eventi salienti della Festa. Inutile dire che non ci riuscì: sembrava tutto scomposto e scollegato, come un fumetto di vignette distanti nel tempo. Aveva davvero spacciato droghe a Gwen? Era una sua impressione, o aveva baciato qualche anonimo nel buio? Si grattò la testa, trovandoci dei rametti incastrati. Era una matassa troppo difficile da sbrogliare, ma per fortuna era domenica e le ore che la separavano dalla colazione in Sala Grande non erano troppe.
Si alzò, iniziando a brancolare verso il Castello: sarebbe riuscita a rientrare in se stessa dopo quella notte così selvaggia?
ARiLaCK
The sun's going down on the days of your easy life

È stato un vero piacere essere la vostra spaccina
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view post Posted on 12/10/2022, 17:31
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Da quando Hughes aveva fatto il suo ingresso teatrale – ridicolo vi risponderebbero in coro in realtà – tutto era andato a rotoli. Le sue stupide idee, il suo comportamento da perfetto idiota risultarono offensivi costringendo gli studenti – in particolare quelli coinvolti nell’ultima chiamata di quel gioco infernale – ad abbandonare la festa tra lacrime e rabbia. Probabilmente sarebbe dovuta intervenire quando lo vide schiantare a terra da Megan, ma non lo fece, rimase impassibile, se la meritava la lezione dopotutto. E non era finita lì per lui, avrebbe passato un brutto quarto d’ora anche in Sala Comune quella sera stessa.
Lo fissava, se ne stava lì disteso con gli occhi sgranati dalla sorpresa e la mano destra a massaggiare la parte colpita dall’incantesimo.
«Al diavolo Haven!» lo sentì dire alle spalle della Corvonero mentre questa se ne stava andando e lui, con qualche difficoltà, cercava di rimettersi goffamente in piedi. Quando ci riuscì scosse i vestiti impolverati, raccolse la bottiglia caduta lì di fianco con decine di occhi puntati addosso. Tutto in silenzio, mentre i suoi movimenti venivano studiati e giudicati dai presenti.
«Cos’avete da guardare, eh?» ringhiò alla folla. Gli amici che lo avevano accompagnato alla festa lo raggiunsero, l’unico che non sghignazzava del gruppetto era Mark Miller. «Ti avevo detto di non fare l’imbecille. Lo sai vero che sei nei guai fino al collo, sì?!» esordì serio, quasi minatorio, proprio quest’ultimo in sua direzione. Non aveva idea di quanto avesse ragione.
«Fanculo Mark, tanto hanno le mani legate pure loro!» sibilò a denti stretti, l’essere messo a tacere gli bruciava, era evidente.
Piano piano l’interesse per l’accaduto cominciò a scemare, così come i ragazzi e le ragazze lì ammassati iniziarono a sparpagliarsi per tornare agli affari propri. Ma non Camille che, nonostante la situazione, era pur sempre un Prefetto, il suo compito era far rispettare le regole nonostante lei stessa le avesse bellamente ignorate. Dopo essersi assicurata che Jean stesse bene, si avvicinò a Hughes ed i suoi compagni di scorribande, prese da parte Miller per convincerlo ad aiutarla con il concasato.
«Fammi un favore, ti prego, vedi di riportalo al Castello prima che degeneri nuovamente!» la voce cominciava a risultare meno impastata, la strana sostanza assunta perdeva sempre più i suoi effetti e la sua mente riconquistava la sua agognata lucidità un passo alla volta. L’altro la fissò un istante con aria interrogativa, ma dopo le sue parole annuì «Assicurati che entri in Sala Comune e ci resti, d’accordo? E digli che se non ubbidisce è un Tassomorto, parola mia.» lapidaria, lasciò che il concetto penetrasse nelle orecchie del suo interlocutore in modo chiaro e diretto. Non erano contemplate obiezioni. Un ultimo cenno d’assenso prima di recuperare l’amico e trascinarlo via di forza dalla radura.
«Andiamo, qui nessuno ha più voglia di giocare ormai! Meglio se torniamo, forse riusciamo anche a non destare sospetti se stiamo attenti.» gli dice.
«Come andarcene? Stai scherzando?!» Timothy non demordeva.
«No, non sono in vena di scherzare, credimi.» nel frattempo Mark gli sottrasse la bottiglia – senza un minimo di preavviso – e la scagliò lontano, lasciando che s’infrangesse contro un albero. Una pioggia di schegge di vetro si sparpagliò tra l’erba, dove sarebbe rimasta per chissà quanto tempo in memoria dell’illegalità commessa.
«Che cazzo combini, si può sapere?» sbraitò.
Camille poté sentire tranquillamente il suo dissenso e il resto delle sue imprecazioni lungo il percorso. Non le restava nulla da fare lì, poteva solo avvertire i Tassorosso più piccoli e al massimo scortarli di nuovo ad Hogwarts, cercando di evitare eventuali conseguenze. Gli strascichi di quella festa si sarebbero protratti per molto tempo, poco ma sicuro.

| Camille Donovan | Hufflepuff Prefect | 15 y.o | Outfit |
code by Camille


Bhe, che dire, grazie di cuore per la partecipazione!

Al prossimo drama bella gente :zalve:
 
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87 replies since 26/3/2022, 17:43   5450 views
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