Crepuscolo

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 29/9/2022, 18:19
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 140/168 PC: 79/94 PM: 87/102 PE: 7

La via si rivelò nuovamente ai loro occhi, timida tornò tangibile richiamata dal suo incantesimo. La scala smise di svanire, si ridisegno da principio allungandosi e ricomponendosi come sperato in ogni sua singola parte. Finalmente poteva sorreggerle, potevano seguire quell’ombra che aveva attirato la loro attenzione. Un passo alla volta stavano per lasciarsi alle spalle un corridoio ormai silenzioso, deserto, ma tutto sommato rassicurante con la sua aura familiare, per dirigersi verso l’ignoto. Una persona saggia sarebbe fuggita: l’ignoto spaventa, l’ignoto è incertezza. Al col tempo però affascina, attrae come una calamita i folli che osano sfidarlo a testa alta. Un salto in esso senza sapere cosa c’è dietro la cortina scatena l’adrenalina, nessuno poteva dir loro a cosa andavano incontro dirigendosi oltre….oltre che cosa?
Il clangore poco rassicurante, che probabilmente avrebbe fatto desistere chiunque dall’avvicinarsi, alle sue orecchie suonava come un soave invito a proseguire. Voleva andare ad ogni costo in fondo alla faccenda. I piedi si muovevano in automatico, non era necessario convincere in maniera forzata i propri arti. Raggiunto l’ultimo gradino il dilemma rimaneva uno soltanto: trovare l’accesso.
«Tu vedi niente?» lo sguardo vagava inquieto in cerca di un passaggio qualunque, sarebbe bastato un minuscolo dettaglio fuori posto. Non c’erano botole accostate o lastre sbilenche, tutto era perfettamente al suo posto….o così credeva. L’anomalia altro non era che un mattone particolarmente consumato rispetto agli altri, il tempo inclemente o chi per lui sembrava essersi accanito su di esso mangiandone ingordo un pezzetto in più per volta. Non aveva certezze, ma la incuriosiva la sua unicità rispetto al resto della muratura. «Aspetta, guarda qui…»
D’istinto allungò la mano, i polpastrelli carezzarono dolcemente la superficie fredda e percepirono come una ferita, un piccolo spiraglio. Improvvisamente tutto svanì - il corridoio, le armature, tutto - , attorno a lei solo tenebra. L’ultimo ricordo prima del nulla era un nuovo rumore di piedi contro il pavimento: avevano rischiato di essere scoperte, ma da chi forse non lo sapranno mai.
«Alice, ci sei?» mantenne il tono basso, parole che potevano essere percepite solo dalle orecchie degne di fiducia della Grifondoro. Era cieca e inerme, trasportata chissà dove. Se il volto dell’amica era celato dal buio più profondo, almeno la sua voce poteva rassicurarla sul fatto che fosse lì con lei. Provò ad allungarsi per farsi un’idea, seppur minima, dell’ambiente circostante. Il tocco quasi istantaneo della mancina con il tetto le diede una sensazione di claustrofobia, il pensiero di non vedere all’interno di un luogo stretto e soffocante non era il massimo; la fece poi correre rapidamente per captare eventuali anfratti. Qualcosa di filamentoso rimase impigliato tra le dita affusolate, probabilmente si trattava di ragnatele. Si mosse piano e con cautela, quanto bastava per assicurarsi di poter passare la mano sui pantaloni e ripulirsi. Era il momento di vederci chiaro, letteralmente.
Avrebbe puntato il fedele mandorlo davanti a sé tendendo bene il braccio, nella mente la luce calda e avvolgente del sole. I delicati raggi che baciano la pelle rosea in estate dando colore alle guance, un contatto prolungato quanto le giornate che si allungano tanto da sembrare infinite. L’astro diurno che ha la meglio sull’oscurità notturna. «Lumos Solem la formula sarebbe uscita chiara dalle sue labbra, nella speranza d’illuminare ciò che le circondava. Solo allora l’incedere si sarebbe fatto sicuro, dritto verso ciò che si nascondeva con tanta maestria. Ombra sfuggente tra le ombre.
Intanto il solito clangore batteva ritmico, come se quel luogo fosse vivo, con un cuore ed un’anima. Stavolta era accompagnato da una specie di melodia ovattata, uno strano connubio musicale che venne trasportato verso di loro da un soffio d’aria fredda che le fece accapponare la pelle. Da dove questa provenisse, però, era un mistero che desiderava svelare. Si sarebbe dunque messa carponi, avrebbe lasciato che le sue ginocchia si flettessero, che assieme alle mani toccassero il pavimento - la destra stretta a pugno per sorreggere la bacchetta - per insinuarsi infine nel cunicolo, pronta a scoprire cosa si celasse nell’oblio.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille
 
Top
view post Posted on 21/10/2022, 05:00
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 166/158 PC: 91109 PM:153 PE: 15,5

La mente di Alice era offuscata, rinchiusa, straziata dal suo peggior carceriere: se stessa. Per alcuni forse ciò che avevano vissuto poteva essere sembrato un breve attimo, il battito di un momento, ma per Alice quella era una delle sue peggiori paure. Era qualcosa che ancora fresco bruciava sulla pelle chiara, quella sensazione di impotenza, quel limite oltre il quale non riusciva a spingersi. Era ancora scolpito nella mente, ogni sensazione, ogni respiro mancato, ogni momento passato nella profondità dei suoi abissi, circondato da mostri infantili. Aveva cercato di incanalare più aria possibile mentre Camille proseguiva nel svelare il mistero di cui erano partecipi, aveva provato a cancellare quelle sensazioni dal corpo, quelle immagini dalla mente. Le sembrava di seguire la Tassorosso come se il corpo andasse senza il suo permesso, senza essere davvero presente. Aveva quindi proseguito sulla scala ed insieme erano finite in un posto indefinito, reso ancora più buio una volta sfiorata quella strana increspatura. Alice aveva ripreso coscienza di sé, il suono del suo nome era rimbombato all'interno della sua mente, come un gentile risveglio << S-Sì ci sono, scusa, penso la mia mente abbia viaggiato un po' troppo. >> sussurrò piano all'amica ora che l'altra prendeva ad illuminare quel buio indefinito. Alice non aveva pensato al fatto che non ci fosse nessuna luce intorno a loro, tanto era concentrata nel darsi tormento. Finalmente arrivarono di fronte ad un cunicolo piuttosto stretto, per cui la Grifondoro si accovacciò, pronta per entrare. I suoni intanto sembravano una litania continua, cosa le avrebbe attese al di là del cunicolo?
Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato

Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille


Mi scuso enormemente per il ritardo ma sono stata davvero impegnatissima, spero di poter ancora unirmi dato che non ho visto risposta del master!
 
Top
view post Posted on 30/10/2022, 20:08
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
C
icatrici pallide, così numerose, scalfiscono la pelle. Rigano memorie sbiadite, nella venatura diafana di sangue e di carne, di malinconia e tormento costante. Il cuore, in questo scrigno divelto, muta in pietra – il tradimento coinvolge l'ultimo battito, lo arresta definitivamente. Colpa mia, colpa soltanto mia, che costringe la vita a spegnersi. Il rimorso è infido, è il cruccio che accomuna il passo dei giorni restanti. Nel battito di palpebre che cercano il buio, nell'apatia che cuce la bocca, nell'attesa del cambiamento irreversibile – dove sei, ho chiesto al silenzio. Dove sei.
Il riflesso che mi appartiene, da allora, è vetro spezzato. Appare una geometria confusa, di punti e cardini eternamente graffiati: il profilo del volto è offuscato, il bagliore degli occhi è consunto dall'incedere d'ombra, e le gote ridenti si mostrano esangui. Sono un'altra persona, oramai più vicino ad un'esistenza spettrale. Il tuo distacco mi ha stravolto, vorrei allora affibbiarti ogni responsabilità, accusarti per tutto quello che ci è accaduto. Mi concedo l'assoluzione che non merito, pur di trarre sollievo dall'assenza che mi pedina; perché la verità è pericolosa, e tu, tu lo hai scoperto in prima linea, nell'ultima danza.

Il cunicolo che vi cattura è tana oscura. Né luce né sospiro di fiamma allietano l'ingresso, a sottintendere l'avvertimento di essere dove non dovreste. Qualcosa vi ha guidato nel corridoio: la minaccia zampillata dalla bocca del Custode, il ritmo di una clava, ma soprattutto l'incubo peggiore del vostro animo. Nulla vi ha sospinto indietro, nulla vi ha fermato – il confine tra coraggio e spavalderia è sottile, il buio che vi attanaglia strettamente potrebbe trascinare dubbi concreti. C'è altro, tuttavia, che vi attende alla fine della storia. Il lampo di luce giunge in appello al tuo incantesimo, Camille.
Ricorda il turbinio di una e più candele, l'illusione di essere sotto il cielo stregato della Sala Grande – si adagia nel tremito delle vostre palpebre, avvinte dal contrasto. Vi basta un battito per affinare la strada, il fascio luminoso vi conferma di essere in un passaggio segreto, di pietra e di ragnatele calanti. Sulle vostre teste, appena in alto, si insinua un reticolo profondo, di piaghe aperte sulla pietra – è come una grata, forse una tubatura. Oltre i frammenti della lanterna, la via risulta libera, affatto breve. La luce, infatti, si disperde verso la fine scostante – dove conduce?
Tornare indietro non è più un'opzione: la scala è scomparsa, la botola è assente, ritrovare la pietra d'accesso risulterebbe un'impresa. Attingete al coraggio, vorrei dirvi. La mia voce è il refolo di vento gelido, che spira intorno, che striscia sulla pelle. Per un attimo, allora, sembra che torniate preda del mulinello d'acqua. Già nei movimenti d'esordio, tuttavia, diventa nitida l'impossibilità di risalire in piedi. Il soffitto è troppo basso, occorre procedere carponi. Lo squittio di un topolino, poco avanti, vi chiama rapidamente. Striscia via, zampettando allo spavento della luce. Man mano che avanzate, allora, i suoni aumentano – la clava sinistra, la melodia classica.
È una combinazione atipica, l'uno in sobbalzo, l'altro in armonia. Comincia presto ad insinuarsi lungo la pietra, già più tremante: la musica è vicinissima, rievoca il sospiro di violini, pianoforte e lira. Né parole né canto, è una sinfonia che porta lontano. Potrebbe giungere dall'Auditorium, ma è un luogo troppo distante dai Sotterranei. Si alterna, curiosamente, allo scricchiolio di oggetti battenti – forse sulla pietra, forse sul legno. La clava, ora, è il collegamento più rapido. Di certo è un tonfo assordante, che spezza l'incantesimo musicale.
«Fai il bravo, è una giravolta.» C'è qualcuno, con voi. La frase spira così com'è arrivata, sfumando via nelle restanti vibrazioni sonore. Proviene dalla pietra, è una voce profonda e gentile. Il cunicolo s'interrompe proprio di fronte, curvandosi sulla destra – la luce, ad un tratto, non vi è più necessaria; c'è un'atmosfera soffusa, più calda e più nitida, che giunge dalla stessa direzione. Vi accorgete presto, infatti, che il passaggio stia terminando: si spalanca in un'apertura circolare, sufficientemente larga per inoltrarvisi attraverso. Lo scorcio che si staglia allo sguardo dell'una e dell'altra, allora, è una visione che lascerebbe chiunque con il fiato sospeso. Somiglia ad un'autentica stanzetta, una parete di tufo; si cattura la presenza di un lampadario a gocce che brilla dolcemente, un comodino di legno al muro sul quale si distingue un grammofono – è da quest'ultimo, infatti, che si diffonde il motivetto musicale.
Non si nota altro, non da lontano: più vi avvicinate, più i dettagli si affinano, e scoprite presto come il corridoio scivoli in apertura sulla cameretta. C'è qualcuno, però. Si percepiscono passi, sorrisetti e parole – una figura sbuca al centro della visuale, scomparendo di lato in un battito di ciglia. E torna, e nuovamente s'eclissa, come presenza eterea. Finché si cristallizza, ignaro d'essere in compagnia: veste un abito color dell'inchiostro, in drappeggi argentei di semplici bottoni; ha il volto limpido di chi comprende e vive gioiosamente, il sorriso trapunto sulla bocca e il cipiglio misterioso di chi appare divertito. Si svela come un ragazzo, pochi metri vi separano da lui. Compie una giravolta, una soltanto. La musica guida i suoi passi danzanti, è un corpo che trabocca d'equilibrio e talento. Cattura lo sguardo, nell'impronta d'incanto che lo porta da un lato all'altro della stanza. Stringe qualcosa tra le braccia, somiglia ad un fagotto, forse una borsa. Ma c'è un ritmo più severo, un colpo ripetuto di clava. Ne attira altri in successione, finché il ragazzo si ferma.
«Non è difficile, provate insieme» dice. «Uno, due tre... Croisée Una giravolta, un incrocio leggiadro di gambe. Occupa la visuale, finché si allontana. Al suo posto, al centro dello scorcio soffuso, il fagotto sembra animarsi di vita propria: è tozzo, così basso, con la pelle color della palude. Orecchie grandi, denti sporgenti, stringe una clava tra le mani. Batte un colpo sul pavimento, piegando le gambe in una folle imitazione del passo di danza del ragazzo. Casca a terra, subito accerchiato da uno, due, tre altri piccoletti come lui.
Non è possibile. Sono di carne, non di stoffa.
Sono vivi.

Ed io, lontano, chiamo il tuo nome.

Barnaba,
che insegna i Troll a danzare.



Chiedo perdono per il ritardo, riprendiamo più rapidamente.
Questa è una parte fondamentale, siete vicine.

Prossima scadenza: 7 Novembre, 23.59
 
Top
view post Posted on 2/11/2022, 20:06
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 140/168 PC: 79/94 PM: 87/102 PE: 7

La luce brillante come quella di una distesa di candele – stelle incandescenti in un cielo notturno –, zampillò dalla punta del mandorlo, rivelando loro i dettagli del tunnel. Socchiuse gli occhi per abituarsi, cercando di vedere ciò che le circonda. Si ritrovarono carponi tra ragnatele e polvere, le prime sembravano adornare un reticolato, geometrie che marcavano la pietra sopra le loro teste come un tatuaggio tribale.
La fine era incerta, invisibile.
Il freddo accarezza il corpo.
Aria gelida che sfiorava la pelle. Rabbrividì.
Procedette con cautela, la bacchetta stretta nella destra – allungata davanti a sé ad illuminare il percorso –, la mancina a far maggior leva sulla superficie sottostante per agevolare i movimenti. L’unica presenza, al momento, era un topolino che avevano spaventato togliendolo dal rassicurante abbraccio delle tenebre. Il suo squittio ben presto venne sostituito dall'immancabile tonfo di clava, una melodia delicata lo addolciva appena, lo limava rendendolo parte di sé. Riverberava nelle pareti, ma da dove provenisse non era certo.
Un tonfo più incisivo.
Una voce.
Quest'ultima tornò poi a mischiarsi agli altri suoni, scivolò via in un soffio così com’era giunta alle orecchie. Non sembrava minacciosa, tutt’altro. Poteva qualcuno con un tono tanto gentile essere davvero il responsabile dell’attacco a loro perpetrato poc’anzi?
A mano a mano che andavano avanti, il tunnel giungeva inevitabilmente al termine. Una svolta a destra e un’atmosfera calda, come quella di un’accogliente stanza che sa di casa, l’avvolse. E, in effetti, il suo sguardo scorse proprio un piccolo rifugio su misura e diligentemente arredato. L’accesso ad esso era circolare.
Ironico.
Le stesse fattezze di quello che, quotidianamente, attraversava per raggiungere la sua amata Sala Comune. Qualcosa di familiare, che solitamente l’avrebbe condotta verso un luogo tranquillo e privo di rischi, custode di frivole chiacchere ed amicizie nate attorno al crepitio del camino. Lì? Beh era qualcosa di misterioso e potenzialmente pericoloso, se fosse stato effettivamente collegato agli avvenimenti precedenti.
Una figura appariva e scompariva dalla visuale.
Un grammofono, intanto, liberava le note soffuse che le avevano accompagnate durante il tragitto. La figura finalmente si pose al centro senza eclissarsi più, apparteneva ad un ragazzo dal portamento elegante, tra le braccia pareva stringere un fagotto. Le note guidavano entrambi a ritmo in una aggraziata e leggiadra danza.
Quando abbandonò nuovamente la scena, venne sostituito proprio dal fagotto. Inaspettatamente si animò – basso e tozzo – le sembianze erano le medesime di un Troll. Ma non era di peluche come il gemello straziato in corridoio, era vivo, in carne ed ossa. Imitava goffamente il giovane, in una scena che, seppur grottesca, ai suoi occhi risultava buffa e tenera insieme. Non seppe dire perché, ma le sfuggì un rapido sorriso. Poté percepire le gote sollevarsi. Ben presto venne circondato da altri suoi simili.
Dipingevano un quadretto allegro, a suo modo felice.
«Non ci posso credere.» lo disse piano, in modo che solo Alice potesse sentirla. Fece spazio all’amica, schiacciandosi leggermente di lato per farle osservare la scena.
Nel frattempo la bacchetta sarebbe andata a spegnersi, non serviva più per adesso. Nessun movimento particolare, solo il fascio che si sarebbe affievolito fino a sparire nella sua mente, un «Nox.» che avrebbe pronunciato in un sussurro, ma in maniera decisa. Ad incantesimo compiuto, si sarebbe voltata verso la Grifondoro.
Le labbra avrebbero mimato un silenzioso “andiamo”, un cenno appena percettibile del capo e poi, finalmente, sarebbe giunto il tempo delle risposte – o almeno sperava –. Una gamba dopo l’altra avrebbe attraversato l’apertura, portandosi a sedere. Gli arti penzoloni e, con un leggero slancio, sarebbe andata a toccare il pavimento per ergersi in piedi. Sarebbe avanzata con cautela di un paio di passi, non uno di più, attendendo che l’altra fosse al suo fianco.
Infine, il viso leggermente inclinato, l’espressione incuriosita ne manipolava i tratti.
«Chi sei?» una domanda molto semplice, rivolta al giovane e posta con la dovuta calma. Non sentiva la necessità d’incutere timore, non ancora. E, inoltre, se fosse risultata aggressiva, le creature avrebbero potuto attaccarle. La mano dominante, comunque, sarebbe rimasta su l’unica arma a sua disposizione, ora nascosta nella tasca posteriore dei pantaloni. Si sarebbe difesa? Sì. Ma non avrebbe scatenato un duello per prima.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille
 
Top
view post Posted on 9/11/2022, 06:35
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 166/158 PC: 91109 PM:153 PE: 15,5

A gattoni, procedendo lentamente, si erano fatte spazio all'interno dello stretto cunicolo. L'incantesimo promosso da Camille aveva permesso loro di vedere dove mettere le mani, scagliandosi come piccole candele atte a rendere il loro passaggio un po' più chiaro. Avevano proseguito nonostante il freddo e lo spazio ristretto e angusto. A decorare il posto, file di ragnatele, creature delle notte che squittivano confuse da tutto quel trambusto e insieme ad esse i loro passi silenziosi. Era chiaro come non mai che i tonfi provenissero proprio da quella direzione e che a breve, avrebbero finalmente capito il perché. Tutto quello che avevano vissuto fino ad ora, tutte le peripezie, le tribolazioni, le paure che avevano attanagliate il cuore, tutte erano state causate da qualsiasi cosa si trovasse alla fine del tunnel.
Alice era arrabbiata. Ragionare con calma e guidare con tenacia erano le caratteristiche che definivano la sua compagna, lei era impulsiva. Anche fin troppo. Una melodia scandiva i tonfi, come nelle peggior accoppiate tra pazzia e violenza non sembrava stonare.

Giunsero alla fine del tunnel, dove una luce soffusa ne illuminava per un tratto le pareti, Alice scalpitava dietro la schiena della Tassorosso, la musica si intensificava, così come i battiti di clava.
Camille si spostò di lato, mentre i ciuffi rossi si sporgevano verso l'apertura di fronte. Finalmente ebbe modo di dare un'occhiata. Una stanzetta dalle note confortevoli, un grammofono responsabile della melodia e una creatura che scompariva a tratti, come il tremolare di una candela. Alice strizzò gli occhi per osservare cosa il fagotto indicava. Erano di carne, ancora, quasi vivi, i troll.

Con un cenno del capo seguì Camille facendo in modo da balzar giù dal tunnel e proseguire in quel rifugio, si fermarono di fronte al suo proprietario. La voce della Tassorosso risuonó all'interno delle pareti.
Alice afferró la bacchetta, un gesto veloce della mano, la puntò verso quella cosa. Non sarebbe più rimasta un passo indietro. Se quell' inquietante creatura avesse avuto intenzione di far loro del male, lo avrebbe fatto fin da subito, altrimenti al diavolo lui e quei maledetti troll. Doveva vuotare il sacco. Da una parte il poliziotto buono, dall'altra il cattivo << E cosa diamine stai facendo qui? Cosa sono queste creature?>> il tono non era gentile quanto più imperativo, ne aveva abbastanza di quegli stupidi trucchetti.
Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato

Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille
 
Top
view post Posted on 13/11/2022, 19:59
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
Q
uesta stanza, per me, è l'approdo del tempo. Del tempo sicuro, in cui tutto procede nel migliore dei modi, nella timidezza di chi svela l'amore immaturo; del tempo feroce, in cui tutto cambia – ripetutamente, in presente. Ha la cornice dei luoghi del cuore – la musica in sottofondo, la danza di gambe e mani intrecciate buffamente, la serie di cuscinetti sparpagliati alla rinfusa. Se torno indietro, allora, ritrovo la spensieratezza che ha omaggiato la mia vita. Se torno indietro, però, vivo anche la condanna che ho trascinato con me, oltre il corridoio, oltre la pietra. Sono io, la causa del cambiamento. Sono io, io, io. Ho ancorato ogni parte di me, in queste mura. Il segreto di un cuore che non sapeva amare realmente, il rimorso di chi ha offuscato la verità... Codardo, mi dico. Codardo, null'altro. Spoglie di memorie, oramai assuefatte al dolore, si ripetono per voi. Perdonatemi, anime buone. Perdonatemi, perché il tempo – oggi, questa sera – trova la conferma d'una volta.
La musica si ferma, la melodia d'antiche voci è in eclissi. Il grugnito dei troll, feroce, vi accoglie. Occhietti come bottoni d'inchiostro, pelle del colore delle paludi, e volti... volti che zampillano di confusione. Non vi riconoscono, e come potrebbero? L'ultima danza è infranta.

«Barnaba.» C'è una seconda voce, punta di spavento. Chiama il nome che io, io ho trafitto d'invidia – Barnaba sapeva amare la vita, non aveva paura. Io, invece, ho scelto di relegare la verità altrove, negando me stesso. Questa storia è reale, è sotto i vostri occhi. Povere, meravigliose anime. Entrate nella stanza dove tutto si consumerà – nuovi dettagli rincorrono la vista. I colori caldi delle pareti, le cartoline di paesaggi scozzesi attaccate alle stesse, e il grammofono, il comodino sul quale è poggiato, infine i cuscini di stoffa grezza. La stanza è così piccola da accogliere a stento tutti voi – i troll sono ingombranti, pur piccoli come appaiono. In effetti, sono cuccioli: non raggiungono più di un metro, non sono troppi. Si stringono tutti vicini, come fratelli – le orecchie penzoloni, la pelle ruvida e verdastra, un vestitino di cotone rattoppato a coprire i corpicini. Sono goffi, le gambe più strette rispetto alle braccia possenti; i denti stridono, nell'espressione di minaccia che travolge le bocche di zanna. Hanno clavi più lunghe delle figure tozze che si ritrovano, alcuni già le stringono convulsamente. Hanno paura, è evidente. Non conoscono il pericolo dell'uomo, sono creature... diverse. Il troll più vicino, addolcito dalla sorpresa, si stringe alle caviglie del ballerino. Indossa un tutù, tulle ondulate di taffetà madreperla – è un contrasto, d'infido incanto, che potrebbe spingere a ridere. Eppure, la tensione è palpabile. La voce che ha chiamato il nome del danzatore, infatti, appartiene ad un'altra persona; scivola alle vostre domande iniziali, confermando si tratti di qualcuno più lontano. La stanza ha un'apertura circolare, una bolla di cemento che porta chissà dove. Lì, infatti, si cela l'ultimo intruso. O siete voi, a conti fatti, ad essere dove non dovreste?
«Devi liberarti dei troll prima che ti scoprano.» La voce si avvicina, ha passi affrettati. Barnaba, lo sguardo vitreo, sa già di non essere più solo. Osserva te, Camille. Prima ad entrare in stanza, prima a rivolgerglisi: ti accorgi di come il corpo di Barnaba stia tremando, inutile credere per le stoffe leggere che indossa. Ha il corpo sottile, la posa bloccata dell'ultimo croisée. Ha il volto aggraziato, occhi blu come il cielo, capelli biondo miele. Le gote, diafane, si tingono di rosso. Non è armato, non è difeso: ai suoi piedi, veloci, si raccolgono i piccoli troll. Scrutano tutti te, Alice. Il tuo tono trabocca di minaccia, le clavi dei troll sferzano l'aria già come rapidi assalti. Non sono adulti... ma restano troll.
«Temo sia troppo tardi.» Barnaba – è un nome singolare – risponde in sussurro. Lascia scorrere gli occhi tumefatti, di paura, dall'una all'altra. Le armi che stringete spezzano l'illusione gentile della voce. Il passaggio segreto, la stanza, i troll... tutto è in rovina.
«Reducto Il sortilegio arriva come un colpo di cannone. Supera il profilo di Barnaba, al centro della stanza. Sfugge per un soffio la tua guancia, Camille. Si abbatte contro la parete alle vostre spalle, facendo esplodere un mobiletto e parte della pietra: l'assalto è frenetico, giunge dalla figura che ha parlato poco prima e che, dall'apertura nascosta, ora raggiunge a sua volta la stanza. Si accosta di scatto a Barnaba, lo spinge via con un rovescio. Con lui, ruzzolano via gli stessi troll – ruggiscono spaventati, alcuni perdono le clavi mentre capitombolano verso Barnaba. Il ragazzo che vi è di fronte, a malincuore, non ha nessun tratto gentile dell'altro: occhi di fiamme, nerissimi, e gran parte del volto celata da un cappuccio di felpa. Più alto, più prestante, impugna la bacchetta. L'offensiva lede l'udito, il frastuono è stato forte. Schegge di legno e di pietra si incastrano alle braccia e alle gambe, stillando gocce vermiglie (-5 PS -5 PC). Siete ancora illese, ma il lampo di paura, dolore e rabbia sul volto dell'altro ragazzo è estremo. Sfida l'antica stregoneria, attingendo alle maledizioni: la terra si sgretola sotto di voi.
«Napteria Pietra, polvere, vento. La tormenta cresce a dismisura, turbina di detriti. Il ragazzo non comprende di come possa distruggere la stanza. Ha paura. Né per Barnaba né per i troll. Ha paura, perché è stato scoperto.

Io ho paura.
Il ragazzo... sono io.



Prossima scadenza: 20 Novembre, 23.59
 
Top
view post Posted on 16/11/2022, 18:55
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 135/168 PC: 74/94 PM: 87/102 PE: 7

Non ci fu tempo per le risposte, non ancora purtroppo. Una voce ruppe il silenzio, calato nella stanzetta angusta durante l’attesa. Ma non era quella del loro interlocutore.
Barnaba, chiamò.
Il giovane reagì. Che fosse quello il suo nome?
«Non abbiamo cattive intenzioni!» si affrettò a dirgli lei. Il tono calmo, anche se dentro cominciava a temere il peggio. Colse la paura ed il disagio negli occhi dei presenti, creature incluse. Tutto s’era fermato. Il tempo, i rumori, tutto. Era evidente fossero due ospiti sgraditi, estranei che avevano invaso quello che i proprietari credevano un rifugio inespugnabile. Persino i piccoli Troll, per quanto avessero ringhiato minacciosi, ben presto come dei pulcini indifesi si rannicchiarono sotto l’ala protettrice di mamma chioccia. Ella stessa tremava, per quanto la Tassorosso avesse provato a rassicurarla.
Il cielo nelle sue iridi era cristallizzato, le guance si accesero, presero colore come le pareti.
Di nuovo quella voce. La voce di una presenza eterea nascosta chissà dove, accompagnata unicamente dal ticchettio frettoloso dei passi. Trattenne il fiato, come se occludere i polmoni la rendesse invisibile.
Un lampo, il cuore che le saltò nel petto.
Calore anomalo sulla guancia.
Un botto assordante.
La carne bruciava, là dove i detriti sparati a causa dall’incantesimo l’avevano colpita. Le mani sulle orecchie erano solo un vano tentativo di attutire il frastuono dello scoppio. «Dannazione!» sibilò a denti stretti.
Una figura assai poco diplomatica si palesò. Apparteneva ad un altro ragazzo, all’apparenza l’esatto opposto di Barnaba, sbucato da un anfratto nella parete. Il volto in gran parte celato da un cappuccio.
«Vogliamo solo parlare, siamo entrate qui per questo.» parole abbandonate al vento. Se la prese senza un perché con il Maestro ballerino ed i suoi allievi in erba, vestiti di tutto punto con delle tutine improvvisate. Voleva gridarli di smetterla, di lasciarli stare, ma le azioni che egli compì poi furono più repentine della sua bocca. Tornò a sfogarsi sulle due incaute esploratrici notturne sollevando una tempesta, perfetto specchio del carattere – o meglio un frammento di esso – che aveva mostrato finora. Dovevano obbligarlo ad ascoltarle, se non con le buone era giunto il momento di passare a metodi più "persuasivi". «Alice, leghiamolo a terra!» un legare metaforico ovviamente, considerando l’assenza di oggetti atti allo scopo. Era certa che la sua socia le avrebbe coperto le spalle, dovevano agire in simbiosi in un attacco combinato come solo loro sapevano fare.
Contemporaneamente le dita della destra avrebbero avvolto istintivamente la bacchetta, lo sguardo fisso sugli arti inferiori di lui – non avrebbe perso il contatto visivo con essi per nessun motivo al mondo –, nella sua mente si sarebbero tramutati in gelatina: morbida, instabile, traballante. Una delle tante stravaganti “tutti gusti + 1”. Oppure una di quelle fruttate che solitamente vengono servite a colazione in Sala Grande, decisamente più deliziose e comuni. Il cucchiaio che vi s’immerge, costringendo la pietanza a compiere una danza disarmonica. Il polso si sarebbe mosso fluidamente in maniera curvilinea – una lieve frustata –, l’arma che va a puntare come un cecchino le sue gambe, il buon esempio lo avevano già dato gli occhi.
«Gambemolli!» avrebbe pronunciato con decisione seguendo i gesti. Il suo intento non era ferirlo, voleva solo rallentarlo. Indurre la spiacevole sensazione di un calo di zuccheri, che collabora con la forza di gravita per spingere il corpo verso il basso. Ma soprattutto, voleva impedirgli di fare del male a Barnaba, ai suoi Troll, alla sua amica. A sé stesso.
Se tutto fosse andato secondo i piani lo avrebbero immobilizzato, paralizzandolo ed intralciandolo quel tanto che sarebbe bastato per ricavare le informazioni necessarie. Forse.
«Come ho già detto, vogliamo solo parlare» si sarebbe rivolta infine così, pacata nonostante la precedente reazione rabbiosa dell’altro. «Quindi calmati, per favore. Ascoltaci.»
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille
 
Top
view post Posted on 20/11/2022, 18:39
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 166/177 PC: 99109 PM:153 PE: 15,5

Non avrebbe mai e poi mai attaccato quegli esseri indifesi, tremanti come foglie, quasi innocui, ma era certa che un atteggiamento benevolente non avrebbe di certo fatto uscir fuori dalla tana il burattiniere maestro. Finché una voce non richiamò a sè il ragazzo dai capelli biondi. Era assurdo come tutto quel percorso le avesse guidate fino a quel momento, fino a quella verità così sbattuta in faccia, senza preamboli. A guidare le fila di quei burattini, umani o troll che fossero, era qualcun altro. Una figura in parte incappucciata che aveva usato perfino un po' troppo. Un ragazzetto che si stava divertendo a loro spese e a spese di quella creatura che di fronte a loro rispondeva al nome di Barnaba. Alice rimase a bocca aperta di fronte a quell'abuso di potere, c'era qualcosa in quel rapporto che faceva chiaramente capire chi usasse chi. E a lei le ingiustizie non erano mai piaciute. << Oh sì certo. Solo parlare.>> sottolineò Alice con fare sarcastico, sottintendendo intenzioni ben meno pacifiste della sua compagna. Dopodiché puntò la bacchetta verso il tizio di fronte a loro, ma non ebbe tempo di pronunciare alcunché che l'altro scagliò contro di loro non solo delle schegge, ma anche dei pezzi di pietra. Alice provò a proteggersi con gli avambracci piegati di fronte al viso << Ach. Du Scheiße! >> si lamentò irritata. Ora ne aveva davvero abbastanza. Annuì al fare di Camille, mentre la osservava agire per mettere in atto quel piano così deciso all'ultimo momento. Avevano chimica, si capivano all'istante e in quel momento Alice avrebbe richiamato a sè il mana, l'energia magica che le scorreva per le vene, avrebbe avvertito quel calore lasciarle il petto e incanalarsi nella bacchetta. Il movimento da eseguire sarebbe stato memorizzato nella sua mente e le sue braccia lo avrebbero eseguito automaticamente, come parte di una coreografia perfettamente sincronizzata. Alice avrebbe iniziato con movimento ampio del braccio, partendo dalla spalla opposta a quella della mano che utilizzava, fino a puntare sull'obbiettivo. Al tempo stesso avrebbe visualizzato l'incantesimo nella sua mente, lo avrebbe voluto, più di ogni altra cosa, con una decisione schiacciante. Riusciva già ad immaginare il rallentamento dei movimenti del suo avversario, la sua incapacità di poter scattare a suo piacimento, il suo tentennare. Con voce sicura iniziò insistendo sulle prima sillabe << IMP->> il movimento che aveva visualizzato nella mente ora iniziava, il polso era fermo sulla spalla sinistra, quella opposta, la bacchetta ben stretta, continuando il movimento progressivamente << pediment->> e distendendo la mano verso l'obbiettivo al suono del << TTA!>> se tutto fosse andato secondo il piano sarebbe dovuta riuscire a rallentarlo quel che bastava perché il gambemolli lo buttasse a terra. E poi, poi non era di certo finita lì.
Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato

Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille
 
Top
view post Posted on 12/3/2023, 18:49
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
L
e pareti mutano immediatamente aspetto sotto il vostro sguardo, logorate dall'assalto dei sortilegi. La pietra si sgretola, la calce si stacca di netto: è una creatura in gabbia, anela invano alla fuga salvifica. Il grammofono si spacca in una folata di vento, cozzando contro il comodino fino a ridurlo in schegge di legno e di ferro. Questa furia devastante trova in me l'origine peggiore, ho la mente annebbiata dal dolore – forse, più dal timore di essere stato scoperto. Manco di verità, mi avvalgo della rabbia come unica risposta. Con il tempo comprenderò l'errore, comprenderò il prezzo che ho pagato: né dialogo né chiarimento, la bacchetta è una frusta tra le mie mani. Vi imprimo il peso del rimorso, il senso di repulsione che a lungo mi attanaglia il cuore.
Sento le tue grida, Barnaba. Il modo in cui ti raccogli in preghiera, la schiena che sopporta la nostra rovina. Allunghi le braccia come a spiccare il volo, è questa l'immagine di te che mi resterà in eterno. Non cerchi rifugio, lo diventi – i Troll ti si stringono attorno, nuovamente. Hanno paura anche loro, tremano per il dramma cui assistono. Non hanno idea di essere loro, soltanto loro, la colpa ultima. Non hanno idea di aver causato tutto questo, di aver spinto me al limite. Non hanno dimestichezza con il nostro mondo, non come dovrebbero. Non come avresti voluto tu, Barnaba. Con la coda dell'occhio ti cerco, ti intrappolo nella mia visione. Sei mio, Barnaba. O forse no, non lo sei mai stato. Parleranno di noi, in giro per i corridoi. Molti, ad oggi, già lo fanno. Voci che trasfigurano l'amore in ombra, voci che diventano segugi infernali. Vorrei dire di aver avuto coraggio, di essere stato presente per te. La verità, però, è nel maleficio cui mi affido – la tormenta, in crescendo, strappa via il futuro che abbiamo creduto di poter costruire insieme. Cartoline di luoghi che avremmo desiderato visitare, mappe geografiche dove avremmo potuto rintanarci... il vento intacca il nostro avvenire, trascinando con sé – nell'occhio del ciclone – ogni promessa. Si infrange, allora, il miraggio che siamo stati insieme. Non c'è più attesa, per noi. Ma dimmi, Barnaba. Almeno una volta c'è stata? Il pavimento cede, le mattonelle formano un vuoto. Si sfilano i ricami di tappeti, cuscini e vestiti di danza, i troll rovinano poiché privi d'equilibrio. Le loro strilla sono gutturali, un mugugno che pare giungere dalle viscere della terra. Mi dicevi spesso di parlare con loro, di afferrare il senso dietro il sordo raschiare delle loro gole. Cosa ti sussurrano, Barnaba? Credo di saperlo. Ora, forse, credo di saperlo anch'io.
La luce, in questa stanza, si affievolisce; è un bagliore di lucciola, finché il lampadario – pendente dal soffitto – si sgancia fino a schiantarsi in basso. Il vetro delle lampadine raggiunge i troll, che impazziscono più per la vista delle ferite che per il dolore in sé. Questa, almeno, è la risposta che mi darò. Invero, i troll non hanno più controllo. Il loro pomeriggio di danza è diventato un processo di morte, e il boia sono io. Una delle creature cerca la fuga, corre via goffamente sulle zampe nude – l'abitino di tulle, da primo ballerino, si incastra nel lampadario spezzato. Cade di nuovo, si strappa un bottone. Grida, grida forte. Grida con tutto il fiato, con denti aguzzi che articolano un'unica, intraducibile richiesta: pietà.
«Jabez» è la tua voce che chiama il mio nome. Allora è finita, mi dico. Oggi, di nuovo, è finita. Non credevo di poter ferirti così profondamente, mai l'avrei creduto né voluto. Il tuo tono, però, è di supplica. Mi cerchi, mi cerchi un'ultima volta che dura in eterno. E lo faccio anch'io, vinto dal tuo dolore ancor prima che dal mio. Non ho bisogno di subire i sortilegi nefasti per scivolare in basso. Le mie gambe, infatti, cedono. Il cappuccio si sfila, mostrando il mio volto – occhi e capelli d'inchiostro, schegge di cristallo e di polvere sulle guance. Mi costringono alla prigionia, sferzando il mio corpo. Ma è il tuo... è il tuo corpo che mi spaventa. L'orrore di una tela vermiglia, catturata dagli artigli del vento. Si estingue tutto, la bacchetta sfugge dalla mano. Mi accorgo di tremare più del solito. Il tempo si prolunga all'eco della tua voce.
Jabez, questo è il mio nome. Jabez, figlio del dolore. L'ironia, in sospeso, mi spezza. Malgrado la battaglia sia conclusa, la stanza è già crollata in più punti. Sono ferito a mia volta, lo siete anche voi (-10 PS -10 PC -5 PM). Il sangue vi annuncia pericolo e pace, è tutto finito. Allora cos'è questo ripetersi di colpi? Cos'è questo battito che si propaga ovunque? Ricorda il tremito che vi ha accolto e guidato fino alla stanza. Vi basta poco, allora, per sviscerare l'epilogo più atroce. I troll, senza controllo, hanno occhi di fuoco. Alcuni si gettano lungo il corpicino fraterno di chi è caduto; lo colpiscono, lo scuotono, gli tirano le orecchie... è inerme, il cucciolo. Non si alza, non può. La morte è vivida, Barnaba si porta le mani alla bocca. Si piega avanti.
«Cos'hai fatto» dice. E per un attimo io cerco voi, oltre il momento. Desidero affidarvi l'intera colpa, desidero tacciarvi in condanna. Ma... sono io, sono stato io. Quando Barnaba sfiora il corpicino del troll, sul pavimento, la fine accoglie il silenzio. I troll restanti, in gruppo, avanzano verso Barnaba. E tu... tu, amore eterno, offri la dolcezza dell'abbraccio. Cerchi il contatto, vuoi accoglierli.

Un battito, un colpo, una clava.
E un'altra, un'altra, un'altra.

Vi coglie l'oblio dei sensi, prima che la crudeltà vi giunga in ogni dettaglio. Resta a me, infatti, la punizione che mai più mi abbandona. Torno da te, Barnaba. Sento il tuo corpo infrangersi. Vi svegliate in questa stanza, il cuore è in tumulto. Scoprirete d'essere esattamente dove siete già state. Cos'è accaduto, per davvero? Il mondo si è capovolto nel battito di palpebre, ora la stanza reca i segni della disfatta: non c'è nessuno, all'apparenza. Né io, né Barnaba, né i Troll. Soltanto un profondo, visibile strato di polvere che annuncia il trascorrere degli anni. Sul pavimento c'è lo stesso lampadario, lasciato in frantumi. Un'unica fiammella brilla fioca, svestendo una pergamena che vi è adagiata sopra. Reca una frase, soltanto una.

Uccidetelo, e nulla accadrà di nuovo.

Dal muro, sul fondo, avanza un'ombra.
Di nuovo, è un cucciolo di troll.



Nota: il testo presenta in parte un linguaggio violento.

Chiedo profondamente perdono per il ritardo, siamo alla fine.
A breve sarà tutto chiaro, vi chiedo un ultimo sforzo.

Ponderate, singolarmente, la vostra scelta.
Prossima scadenza: 22 Marzo, 23.59
 
Top
view post Posted on 21/3/2023, 19:06
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 125/168 PC: 64/94 PM: 82/102 PE: 7

Nonostante i loro sforzi l’incubo non era cessato, tutt’altro. Era degenerato, diventando dannatamente reale, fin troppo tangibile.
Macerie. Dolore. Sangue.
Vetri profanavano la sua pelle, così come lo strusciare ed il cozzare violento dei detriti a procurare solchi scarlatti.
Il malessere delle ferite era una sciocchezza a confronto, ciò a cui stava assistendo ledeva in maniera più profonda. Non era curabile con una pozione, o uno sventolio di bacchetta. Quello che l'incanto aveva innescato era inarrestabile, portò inevitabilmente all’inferno in terra. La disperazione che trasudava dai Troll, che si abbracciavano in cerca di sostegno, sbattevano le clavi e poi la tragedia: uno di loro non si sarebbero più rialzato.
Non ci fu tempo d’intervenire. Non ci fu tempo per reagire, per mostrare il proprio sconvolgimento. La voce di Barnabas, lo sguardo accusatore di Jabez.
E, infine, il nulla.
E se fosse stato davvero un brutto sogno? Il calare dolce delle palpebre, il buio improvviso, una pesantezza simile al sonno la trasportò nelle ombre.
Con sollievo, forse, si sarebbero risvegliate ignare nei loro dormitori, nel rassicurante abbraccio delle coperte. Quando riprese conoscenza però, si rese subito conto di quanto il suo desiderio fosse vano. La stanza era ora vuota, devastata, a dimostrazione di quello che era accaduto lì dentro. A far loro compagnia era rimasta solamente una candela, ai suoi piedi un biglietto. Attese che il battito si regolarizzasse, così come il respiro ancora agitato. Prima di avvinarsi e leggerlo cercò la presenza di Alice, un modo per riportare stabilità in quella follia. Scoprire il messaggio che vi era impresso la lasciò sconcertata.
“Uccidere”
Uccidere chi?
La risposta arrivò, fece il suo ingresso un cucciolo di Troll.
Se era un dannato scherzo non faceva ridere.
Perché avrebbe dovuto uccidere quella creatura innocente, disarmata? Rimase stordita, il senso di nausea le attanagliò lo stomaco. Non era uno scherzo, le immagini di morte e distruzione erano impresse nei suoi occhi tanto quanto sulle pareti che circondavano lei e la Grifondoro. Un atto brutale avrebbe davvero ripulito tali visioni? Era certa di no, per quanto la riguardava le avrebbe solo peggiorate, almeno nella sua testa. Non avrebbe sopportato di veder spirare quella vita, la luce spegnersi nelle sue iridi, tanto meno se l’artefice del trapasso fosse stata lei.
Era un peso che non poteva e non voleva sostenere, il suo cuore ne sarebbe rimasto schiacciato come da un macigno. Una parte di lei, sicuramente, sarebbe morta assieme a lui.
«No.» avvertì le labbra muoversi, udì la sua voce uscire d’istinto, limpida nel silenzio. Stringeva ancora la pergamena tra le mani, imbambolata. Lentamente mosse il braccio allungandolo verso l’amica, dandole modo di prendere atto di quelle poche righe. Negli istanti di mutismo, passando lo sguardo – stranito, agghiacciato dalla richiesta – dal foglio al piccolo, aveva formulato quell’unica risposta. Qualcuno avrebbe potuto giudicarla? Forse. E magari con ragione. La situazione era chiara: ucciderne uno per salvare il resto dei protagonisti di quella vicenda.
Ma lei dava valore anche a quell’unica vita. E, inoltre, chi garantiva loro che fosse la soluzione migliore, quella giusta? Un tale sacrificio avrebbe giovato a qualcuno? Non sapevano a chi dovessero rendere conto, di certo non potevano appurare la realtà dei fatti così. Più si soffermava a riflettere, ad osservare la creatura, più si sentiva in pace con la sua decisione. Se l’orrore, come da monito, si fosse ripetuto allora avrebbe ammesso l'errore, avrebbe accettato il circolo vizioso in cui erano accidentalmente – più o meno – incappate. Ma la morte non poteva essere la strada corretta da imboccare per porre rimedio, era un’opzione troppo estrema anche solo per essere contemplata. Prima che tutto sparisse l'aveva vista mietere una vittima innocente, il corpicino svuotato percosso da chi sperava respirasse ancora. Una cicatrice che sarebbe rimasta nell’anima, impressa a fuoco.
No.
Non voleva avvertire lo stesso gelo, la stessa rigidità sotto le dita.
Non voleva esserne la causa, la cupa messaggera.
«Non sono un’assassina.» dichiarò in un sussurro, quasi. Non lo era e non lo sarebbe stata. Questa, al momento, era l’unica certezza che aveva.
«Non la risolverò certo così.» terminò risoluta.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille
 
Top
view post Posted on 28/3/2023, 07:23
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 148/166 PC: 81/109 PM:143/148 PE: 15,5

Avevano superato diverse prove, si erano scontrate contro nemici fisici e mentali, il dolore delle ferite bruciava sulla pelle come uno schiaffo gelido d'acqua al primo mattino. Eppure, chiunque fosse dietro quel teatrino aveva reso vano ogni loro tentativo di combatterlo, imprigionandole in una illusione sempre più intricata. Sembrava tutto parte di un piano, un qualcosa di malvagio che era stato architettato con tanta precisione da spaventare. Ma questa volta Alice non sarebbe caduta nella trappola, non avrebbe permesso al burattiniere di continuare a muovere i fili dietro quell'atto violento, li avrebbe spezzati. E qual era il modo migliore di spezzare l'odio se non l'amore? Scosse la testa, facendo eco alle parole di Camille

Col cazzo aggiungerei, Socia.

Si scambiarono uno sguardo, di intesa, di complicità e invece che imbracciare la bacchetta per far fuori una creaturina innocente, si schierarono a protezione di essa. Alice poteva vedere gli occhi spaventati, il corpicino tremante e dentro di sè sapeva che ammazzarlo non avrebbe fatto che continuare quel gioco malato.

Abbiamo finito di fare i tuoi giochetti, chiunque tu sia. Ora esci allo scoperto se hai coraggio!

Imbeccò la Grifondoro, gli occhi che scorrevano il luogo dove si trovavano in attesa di un qualsiasi suono o movimento, la bacchetta puntata in maniera offensiva contro quello che sembrava il vuoto.
Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille


Mi scuso per il ritardo ed il post un pochino scarno!
 
Top
view post Posted on 4/5/2023, 11:32
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
L
a stanza, ora, è un simulacro che l'odio ha voluto profanare: la pietra è spezzata perfino alle fondamenta, la calce reca il marchio famelico della mia paura. Non è stato un gioco, vi dico. Non è stato un trucco, un'illusione. Eppure, a lungo ho interrogato me stesso: tra tutte le scelte per curare il rimorso, l'unica più convincente è stata di avere affrontato una beffa, una sfida che il mondo ha cesellato in sconfitta. Guardatevi attorno, la stanza è in frammenti. Non resta nulla, di me. Né di Barnaba, il cui sangue si è assuefatto alla pietra. Il ricordo, per voi, è dimezzato – è misericordioso. Non avreste meritato di percorrere il mio stesso sentiero, non avreste dovuto. Il mondo, però, è opaco: Barnaba è stato il mio più grande segreto, l'unico che ho custodito fino alla fine dei giorni. Barnaba, per me, è stato il più grande amore, consumato dai graffi dell'occulto – la vergogna, la codardia, il desiderio. Guardate anche me, vi imploro. Abbiate un pensiero, uno soltanto, per me. Io, figlio del dolore. Io che ho visto Barnaba morire tra le mie braccia, io che l'ho stretto – sangue, carne, pianto – mentre la pioggia sovrastava il mio grido. Io che ho mutato me stesso in spettro, la cui voce ha trapassato le mura. Io, Jabez, che non ho avuto più ragione d'esistere. Allora, vi prego, ascoltatemi. Dimenticatemi.
Il tempo, a sua volta, è reciso di netto: neanche la vita ha potuto cambiarne il caotico disequilibrio cui mi ha relegato. Io, che ho invocato la morte. Io, che ho avuto coraggio – in ritardo. Questa stanza è la mia prigione, il luogo che vincola il mio passato. Ho trascorso gli anni restanti in silenzio. In questo grembo che ti ha portato via da me, Barnaba, sono tornato così tante volte: il tuo corpo, straziato dalla sofferenza, è stato trascinato in sepoltura, e lo sguardo dei tuoi – affetti, amici, familiari – ha divorato il mio cuore. Di me, alla fine, non resta nulla. Sembra una litania, è qualcosa che ripeto di volta in volta... la verità, Barnaba, è che un amore come il nostro non avrebbe dovuto dissiparsi al vento. Talvolta la tua voce risuona nitidamente, e mi dici... di cosa hai paura, Jabez? Non ho mai saputo risponderti. Né prima, né ora: i miei occhi, nel seguito dei giorni infiniti, sono stati tumefatti. La pietra, infine, ha voluto accogliere anche me, immortalando in statua il riflesso vitreo di chi ha amato, nonostante tutto. E di chi ha perduto, di chi ha perduto tutto.

Il troll, ora, trotta a passetti verso di voi. Tra le mani ha un paio di oggetti, una clave che solleva a mo' di saluto nella destra, un bottone scheggiato invece nella sinistra. Cerca il tuo abbraccio, Camille. Forse perché sei la più vicina, forse perché ha sentito la tua voce per prima. Non manca di adocchiare anche te, Alice. Ha paura. Il corpicino trema, appena vestito da un abitino di tulle – ricorda la taffetà dei ballerini. Non pesa troppo, ma è pur sempre un troll. E vuole affetto, non pretende altro. Benché lontana, la memoria del fratellino perduto è impressa sulla roccia: il troll, in qualche modo, ne ha percezione. Mugugna triste, un suono gutturale. Se lo prenderai tra le braccia, Camille, lui vorrà soltanto accoccolartisi al petto. La decisione – a vostro rischio – seguirà i passi che vi restano. Perché è vero, qualcuno vi osserva. Qualcuno, stanotte, ha interrogato le vostre scelte. Qualcuno, ora, vi attende, e sorride d'infinito orgoglio. Il troll vi guida verso la stanzetta dalla quale sono comparso io, anni addietro. I resti di una vita infranta, di nuovo, vi accolgono e confermano che tutto, a malincuore, sia stato reale. C'è una porta, però. Senza serratura, senza chiave, soltanto di legno: il troll allunga il bottone e chiede a te, Alice, di inserirlo nell'unico cerchio impresso sulla superficie. Vi guarda un'ultima volta, prima di celare la testolina. Gazza, d'altronde, è stato chiaro: c'è un troll nei sotterranei, oramai il coprifuoco è scattato. Vestite la spilla che vi apre via libera, è vero, eppure correte l'ultimo pericolo. Chi vi crederà, scorgendovi in compagnia di un troll? La porta, tuttavia, è aperta. Varcatala. Andate.
La pioggia è più sottile, il temporale si è calmato. Vi bastano pochi passi in salita, spuntate così in un corridoio avvolto dalla luce soffusa di alcune torce lungo le pareti. Abbandonate l'apertura di una statua, un passaggio segreto che rapido scompare dietro di voi. La scala, la parete, la stanza – è memoria fuggevole. Le fiamme zampillano davanti a voi, dove svetta l'arazzo beffardo di un ballerino e di troll in tulle, una scena familiare. Che sia una copia o meno, è fasullo: Barnaba il Babbeo, che cercò di insegnare i Troll a danzare. Le candele, sospese alla pietra, fanno brillare i riflessi verdi e turchesi della pelle dei troll. E ballano, passetti leggeri, finché le clavi non si sollevano. E colpiscono, in modo scherzoso. Quante volte, allora, avete sorriso anche voi davanti la scena?
«Quei corpi rozzi, investiti di bellezza.»
C'è qualcuno, avvolto dall'ombra. Veste un mantello, ha un cappuccio calato sul volto – è in attesa, pochi metri lontano. Non appare come l'ennesima minaccia, è accanto ad una statua. La voce, per entrambe, è familiare. Accanto a sé, poggia la mano sul mezzobusto in scultura: è un volto, che risulta immobile; è il mio, il mio volto, che divento pietra. La figura avanza, sembra voler raggiungervi: si ferma, torna indietro, per tre volte. Non risponderà, non ancora. Il muro, ora, si spezza.

Il Crepuscolo porta via la mia storia,
qui, ora, nella Stanza delle Necessità.



La nostra storia, ora, è conclusa.
Congratulazioni, l'arruolamento è superato: siete state straordinarie, la narrazione e l'introspezione dei vostri scritti sono state incredibili, per questo vi premio con +0.5 Exp +2 PS

Continuerete per pochi scambi in Stanza delle Necessità. Qui non occorre post di chiusura. Vi ringrazio di cuore per aver seguito con me una trama tanto forte, è stato un privilegio.
 
Top
26 replies since 7/7/2022, 19:28   840 views
  Share