Il monolite si espande [...] Cadono ancora. La pietra si sgretola tra le mani, le dita sfiorano quelle dell'altro, infine riverso al suolo si nota il marchio d'onore, lo stemma di un Auror, l'Aquila indomita, ormai senza più possibilità di volare. Sorge il Gigante di Roccia, è vivo, è vivo, è vivo. Respira.
***
Cottage di Cork, Irlanda
Sospesa a mezz'aria, una candela brilla fiocamente fino a mescolarsi nel chiarore delle stelle. La notte è un vortice di scintille preziose, tutte somiglianti a creature d'eterea bellezza – potrebbero essere fate, il volo che sfavilla in una danza di cielo e di luna. Non c'è altro, in questo luogo. Il buio è un mantello di velluto che avvolge anche me, scivola sulle mie spalle fino a perdersi, calpestato sotto il macigno che trasporto in solitaria. Il mio sguardo è spento, pur nell'immagine di un cottage cui s'è avvinghiato. Non c'è altro, al di fuori di me. Non c'è nessuno, oltre la staccionata di legno. La casa è dormiente, come il cuore che ho costretto al silenzio; la mia mente è confusa, il mio battito è incostante.
È un passo che s'impone, al torpore di un corpo che lamenta dolore. Da quanto tempo sono qui, fermo,
in attesa. La domanda ondeggia fino a sfumare nella brezza estiva, una goccia di cera scivola fino a raccogliersi sulla mia mano. Sono immobile, figura d'ombra: alle mie spalle s'erge la famiglia che non ho mai avuto, di fronte si nasconde quella che invece mi ha rinnegato. All'esordio della rabbia, bestia famelica che intrappola l'orgoglio, sento la schiera di sortilegi oscuri impazzire fino ad imporsi. Chiamaci, dicono.
Chiamaci all'appello, continua il sussurro. I miei pensieri convergono altrove, privi d'ordine: è un animo ferito, quello che oggi mi appartiene. Beltane è trascorsa, i fuochi fatui danzano in memorie distanti – un tempo inseguivo le loro braci luminose, sempre nuovi desideri sulla bocca. Ricordo te, Jasdel. Mentre cercavi rifugio dal pregiudizio, da chi – come i tuoi affetti preziosi – credevi separati. Neanche io ho saputo esserti accanto, di certo non come avrei dovuto: una corolla di petali in fiamme è tutto quello che mi resta di te. Forse, confesso all'oscurità, è tutto quello che resta perfino
di me. Nel sospiro che trattiene il mio grido, stasera, non c'è pace. Vorrei avanzare di un passo, di un altro, di un altro ancora, fino a superare i confini che proteggono questa villetta. E smantellare ogni fondamenta, distruggerne la pietra di tufo, strappare le radici dei fiori che ho visto germogliare fin da bambino. Sono cresciuto qui, in questo luogo – e non mi accoglie più, oramai da tempo la porta è serrata per me. Passerei oltre la condanna che mi avete tessuto attorno, pur di trascorrere un'ultima festa con voi. Beltane è trascorsa, Litha è in arrivo: la Primavera, l'Estate, la terra che un tempo gioiva con noi. La candela, invece, sibila sinistramente – la fiammella non ha più cera, lo stoppino è già consumato. Nel colpo secco di una mano che sferza la notte, il volo di fata è infranto. Non c'è nulla, al di fuori di me.
Né io né voi, non c'è più nessuno.
Questa non è più casa mia.
Tana della Volpe, Hogsmeade
Mi trascina lontano, il profumo del biancospino.
La corona di spine e di fiori è sulla mia testa, cinge la fronte
di nuovo. Balla con me,
Megan. Ancora una volta, forse l'ultima volta – quello ch'è stato, per noi, è una fine d'anticipo. Non c'è stata mai occasione per vivere l'eleganza delle nostre corone, noi che un tempo abbiamo saputo brillare più delle stelle. Mi porta da te, il ricordo spezzato. Di quello che non abbiamo mai potuto inseguire, di quello che ci è stato negato – quale che sia la ragione, calpesto stanotte il sentiero del tempo. Impavidamente, l'Occhio s'inerpica dov'è già stato, e io vorrei gridare, gridare il dolore dell'incomprensione, della solitudine, del disprezzo. Perché una parte di me, da allora, si è spenta del tutto. È un déjà-vu che non controllo a strappare il ricamo delle ombre: tra le mie mani la cera fomenta il ricordo, finché mi circonda tutto quello che è sempre stato astratto. Il salto nel vuoto stira la pelle, finché la Tana della Volpe immobilizza il presente –
mi manchi, sento di dire. Parole velenose, inghiottite alla rinfusa: non appena la materializzazione è conclusa, le mie dita stringono l'unico aggancio vicino. Il traliccio di un tronco, così simile alla quercia dove abbiamo saputo girare, e girare, e girare per ore, per tutta la notte e fino all'alba del giorno. Casa tua si concede alla mia presenza, io che sono stato già qui, io che sono stato tuo ospite. Forse sei tu, anche tu, che vorrei ritrovare questa sera – lo specchio comunicante che recupero dalla tasca è spento, è un vetro graffiato dalle intemperie.
Dove sei, Aiden. Chiamo il tuo nome, di nuovo.
E di nuovo è silenzio.
Castello di Hogwarts
Il rientro ha il gusto del rimpianto.
Di quello che non è più possibile, di coloro che sono andati via. Oltre i cancelli in festa del Castello di Hogwarts, le torrette familiari mi salutano felicemente – è questa l'unica casa che abita ancora il mio cuore.
Dopo la prima collinetta che percorro lentamente, le candele sono le prime ad accogliere la mia malinconia – guizzano come pesciolini d'argento, sulla superficie del lago. Arresto il passo, appena un attimo: il tempo di ammirarne il panorama, l'animo traboccante di una nostalgia che ben conosco. I preparativi per il Ballo del Solstizio s'incastrano in lungo e in largo, decorano i giardini e omaggiano le tinte del vespro. Non c'è nulla, al di fuori di me. E invece...
ci sei tu. Disteso lungo il divanetto di toppe consunte, in Sala Comune, mi imbatto nell'insonnia di una notte non troppo diversa da tante altre – l'Arcano del Sole è luce gloriosa. Inneggia alla rivelazione, il significato dovrebbe essere chiarificatore e invece pullula di numerosi dubbi. Nonostante il Gigante di Roccia stia per tornare, sorgendo di nuovo nei miei ricordi, c'è comunque qualcosa di bello. Mi chiedo se ci sia tu, in tutto questo. Il ricordo di un pupazzo di neve è l'ultimo tassello che mi ha convinto a partecipare a questo ballo – l'Estate, per me, rinnova l'incubo di quello ch'è già stato. Se non fosse per te, per il modo in cui hai cambiato la mia visione d'insieme sull'evento più felice di queste mura, non avrei saputo cominciare ad uscirne. La lettera che ti arriverà, all'indomani, è una linea di pergamena: onde d'inchiostro, ebbre d'eleganza, rappresentano la firma che non ho segnato:
Diamo vita ad una nuova tradizione estiva? Ne sarei felice. Cernunnos è quercia, dove il nostro pupazzo è memoria.
Anche solo per un brindisi, sarò lì.Arcano del Sole, sei nel taschino del mio mantello.
Di biancospino, di petali d'oro e d'avorio.
Sono qui, alle radici della divinità. Stanotte, oggi, domani.
Cosa sono io, che non conosco il tempo?