Litha - Il Ballo del Solstizio d'Estate

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view post Posted on 30/7/2022, 15:17
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Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.

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Finalmente poteva guardare nuovamente il sole,
ma Muninn aveva vissuto così tanto nelle tenebre
che ormai faceva parte di esse.

Stai scherzando, vero? - Emma si voltò verso Simon, aggrottò le sopracciglia in un'espressione di disappunto. Il Corvonero ricambiò il suo sguardo incrociando le braccia davanti al petto. La camicia dorata illuminava il suo volto accendendo ancora di più l'azzurro dei suoi occhi. Guardò dall'alto in basso la Grifondoro e scosse la testa. Un sorrisetto gli impregnava le labbra non troppo carnose, ma nemmeno troppo sottili: in effetti erano perfette pensò la strega a malincuore.
Non puoi portare in testa quella roba. Sei ridicola. Verrà qualche gufo a farci sopra un nido se non fai attenzione.
Emma squadrò il ragazzo da capo a piedi in cerca di un difetto nel suo outfit che purtroppo per il suo ego… non riuscì a trovare. Simon stava benissimo.
Sono affari miei cosa mi metto in testa - appoggiò la mano sinistra sulla ringhiera delle scale e cominciò a scendere velocemente cercando di non cadere sui tacchi: fu tremendamente difficile, non era abituata a quel tipo di calzatura, ma stava andando ad un ballo, andarci con le sue converse scarabocchiate non sarebbe stato proprio il caso, soprattutto nel caso ci fosse stato anche Oliver: Emma se lo era immaginato, vestito di tutto punto che le andava incontro e le chiedeva di ballare. Avrebbero fatto un lento decisamente più romantico di quello che aveva fatto con Draven al ballo precedente dove entrambi erano scoppiati in una risata mentre si erano trovati al centro della pista, stretti uno all'altra e con gli occhi di quasi tutti i presenti addosso. Stranamente quel ricordo la fece arrossire, ma la presenza di Simon la riportò immediatamente al presente.
Cos'ha di speciale quel Brior?
La domanda del Corvonero arrivò inaspettata. Emma si fermò di scatto e si voltò per guardarlo. Simon se ne stava qualche gradino più in alto, si era fermato anche lui e la guardava con un'espressione cupa. Cos'ha di speciale? Sul serio? - la voce della Grifondoro assunse una nota più dura - Lui è tutto quello che gli altri non sono. E' generoso, altruista, gentile. Oliver dice sempre la verità, ma cerca le parole giuste per non ferire nessuno. E' paziente, premuroso, dolce. Se qualcuno fa una battuta squallida lui sorride per educazione, perché non vuole metterti in imbarazzo… lui… - parlando del Caposcuola Grifondoro l'espressione della strega si era addolcita, i suoi occhi lucidi viaggiavano trasognati e le guance avevano preso ad avere un colore più roseo che spiccava sul resto del viso pallido. Quel momento durò poco, Emma riportò le sue iridi sul Corvonero e la sua voce acquisì nuovamente un tono severo - ...soprattutto lui non passa il tempo a violare la privacy delle persone leggendo i loro diari segreti!.
Simon percorse velocemente le scale che lo dividevano dalla Grifondoro e le si parò davanti per bloccarle il passaggio - mi dispiace tanto per aver letto il tuo diario, ti ho detto che volevo solo capire di chi fosse per poterlo restituire… e beh… una volta cominciato non sono più riuscito a fermarmi. Simon era sinceramente mortificato per questo, ma la strega non cedette a quello sguardo da cucciolo bastonato.
Non ti perdonerò mai. Ti detesto per quello che hai fatto. Hai letto i miei pensieri… è come se mi fossi entrato in testa, riesci a comprendere? Oh, per tutte le bacchette… - improvvisamente le scale presero a muoversi e la strega perse l'equilibrio, sarebbe finita a rotolare giù per le scale se Simon non l'avesse afferrata. Per pochi istanti Emma non si rese conto della situazione, si ritrovò tra le sue braccia. Alzando lo sguardo, le sue iridi scure finirono inevitabilmente per incastonarsi in quelle azzurre del mago - non è vero che mi detesti - un sorriso sicuro di sé apparve sul volto del ragazzo - certo che ti detesto. Anche più di queste dannate scale - disse secca liberandosi dalla sua presa - adesso se permetti ho un ballo a cui partecipare - cominciò a scendere le scale decisa con il suo abito nero che metteva in risalto le sue giovani curve non ancora del tutto mature. I piedi le facevano già male, probabilmente di lì a breve si sarebbe sfilata i tacchi e avrebbe camminato a piedi nudi. Si lasciò il Corvonero alle spalle, ce l'aveva troppo con lui anche se in fondo si sentiva leggermente in colpa per come l'aveva trattato. Per il momento non lo avrebbe perdonato.
Quando finalmente raggiunse il giardino si guardò intorno in cerca di qualche volto familiare, ma non vide nessuno dei suoi amici, ma alle sue spalle irruppe Luke. Emma alzò gli occhi al cielo, probabilmente lui e Murphy erano le ultime due persone che avrebbe voluto incontrare quella sera, eppure uno dei due si era praticamente catapultato davanti ai suoi occhi. Con un sorriso forzato e un "buona serata" arido come un deserto, la Grifondoro accettò l'orchidea che il mago le aveva offerto e si allontanò con la scusa che Alice la stesse aspettando più in là. Probabilmente Luke aveva capito che si trattava di una scusa per piantarlo lì il più velocemente possibile, ma ad Emma non importava, in quel periodo aveva ben altro per la mente e in un momento di egoismo proseguì in direzione del Lago Nero. Quando lo raggiunse rimase incantata dalle candele che fluttuavano elegantemente sulla superficie d'acqua scura, così rimase per qualche minuto lì ad ammirare quello scenario tenebroso ed affascinante. Il rumore dell'acqua aveva un effetto rilassante su di lei e per qualche istante si dimenticò del male ai piedi, della rabbia nei confronti di Simon e del dolore al petto che sopraggiungeva ogni volta che le facevano il nome di Oliver o ancora di più quando quest'ultimo si trovava davanti a lei e la strega non poteva fare altro che sorridere e fingere che andasse tutto bene, perché lui ormai sapeva quello che lei provava, ma il suo cuore non ricambiava i suoi sentimenti. Erano amici e questo doveva bastarle perché come le aveva detto guardandolo negli occhi in un atto di coraggio: lo voleva nella sua vita. E se non poteva averlo nel modo in cui avrebbe voluto, gli sarebbe stata accanto come amica. Se lo sarebbe fatto bastare. La sua presenza per lei era preziosa.
Emma si allontanò dal lago, aveva bisogno di distrarsi, avrebbe cercato qualcosa da bere: aveva sentito da un gruppetto di streghe che le era passato accanto che si potevano raccogliere delle piante da portare alla zona bar per creare intrugli magici. Si diresse lì, a pochi metri di distanza, scoprendo che per accedervi avrebbe dovuto lasciare un'offerta al dio Cernunnos.
Non avendo altro con sé, pensò bene di lasciare in dono l'orchidea che aveva appena ricevuto da Luke. Senza pensarci troppo la adagiò ai piedi della grande statua-albero del dio cornuto - ecco fatto - mormorò tra sé e sé strofinandosi le mani sul vestito come a volersi pulire i palmi.
Il giardino era molto grande e la strega pensò che chiunque aveva scelto il tema di quel ballo ci aveva messo tutto l'impegno possibile per l'allestimento. Le piante erano riconoscibili per il nome e gli effetti grazie all'aiuto di targhette, nulla era stato lasciato al caso, tutto sembrava perfetto. Tra le erbe trovò proprio una che faceva al caso suo: la verbena. L'avrebbe usata per farsi fare un intruglio e non sentire per un po' il dolore ai piedi che le causavano le scarpe nuove.

© ion`






Qualche menzione dolcina per Olly.
Piccola menzione a Draven ed Alice.

Emma si trova in giardino, ha appena trovato una pianta utilissima.
Se qualcuno volesse interagire con lei, siete liberi di avvicinarvi, non è poi così tanto di cattivo umore :flower:


Edited by Miss Effe - 31/7/2022, 00:32
 
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view post Posted on 31/7/2022, 18:33
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Edward Newgate
I° anno, Corvonero - 11 anni
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Era la festa del Solstizio d'Estate, ovvero la festa di Litha, quando il Sole raggiunge il punto più alto rispetto all'orizzonte, determinando così il trionfo della luce sulle tenebre.
Edward, che non era uso andare a feste o celebrazioni, soprattutto per via delle infelici interazioni che era costretto a dover fare, si preparò con dovizia per tale evento. Glielo imponevano le sue origini celtico-iralndesi.
Infatti, ogni anno partiva con la propria famiglia da Cork per dirigersi nella Contea di Meath. Lì tutti i nobili purosangue irlandesi si riunivano per celebrare la festa di Litha sulla "Teamhair", come la chiamava suo padre, o "Cnoc na Teamhrach", come spesso usava chiamarla suo nonno, ovvero la Collina di Tara, come era chiamata dai maghi comuni.
Fu in una di quelle celebrazioni che suo nonno gli disse che tale festa rappresentava l'inizio di un nuovo periodo di vita e, pertanto, andava onorata ogni anno come si confaceva ad un nobile purosangue. E poichè nulla era più importante di onorare le tradizioni e la famiglia, anche Edward decise di prendere parte all'evento organizzato ad Hogwarts.
Infilatosi il mantello, percorse a passo spedito tutta la strada dalla sala comune dei Corvonero sino a raggiungere la sponda ovest del Lago Nero.
La serata era piacevole e poteva già vedere da lontano il chromlech che si ergeva sull'altura.
Era tentato di raggiungerlo subito ma la fretta di abbandonare di corsa il Castello, per evitare che qualche ragazzino potesse seguirlo o - peggio- rivolgergli la parola, gli aveva messo una gran sete. Così virò leggermente verso il suo lato destro, dove sembravano esserci tavolini, sedie e quello che aveva tutta l'aria di essere un bar.
Mentre percorreva la sponda del Lago, si trovò a guardare il cielo e i pensieri volarono subito all'Irlanda e alla sua famiglia. Normalmente era uso condividere quell'occasione con quest'ultima. Con il padre. Con la madre. Ma non quella volta. Quella volta era lontano dalla sua isola, dalla sua famiglia e da tutto ciò che gli era caro. Quella volta, nonostante nel Castello fosse sempre circondato da persone, gli sembrò di essere veramente solo. La mano scivolò verso la sua bacchetta. La sensazione familiare e di conforto che ne traeva mentre l'accarezzava gli fece fare un mezzo sorriso amaro.
Lo sguardo quindi scese dal cielo al bancone del bar. E quel mezzo sorriso scomparve immediatamente.
Un cumulo di persone si era formato davanti alla sua meta. Il passo si arrestò. Osservò a debita distanza, dove nessuno poteva notarlo, quella che doveva essere il Prefetto di Grifondoro scambiare alcune parole con il Prefetto di Serpeverde. Quest'ultimo, se la vista non lo ingannava, era Draven Enrik Shaw. Aveva già avuto la "fortuna" di incontrarlo in una conferenza in cui la nonna di questo era relatrice insieme al padre di Edward. Un ragazzo spocchioso, di qualche anno più grande di lui e che per ora non aveva alcuna voglia di incontrare.
Comunque sia, dopo quello che sembrava essere stato un rapido scambio di battute, prima l'una e poi l'altro andarono via, verso la stessa direzione, apparentemente.
Del gruppo di prima, rimasero solo due ragazzini del primo anno. Se li ricordava dallo smistamento, anche se ignorava completamente a quale casata potessero appartenere. Di certo non Corvonero. E tanto gli bastava per ignorarli.
Uscì con passo spedito dall'ombra in cui si era fermato e si avvicinò al bancone.

Ehi - disse attirando l'attenzione di uno di quei druidi - un'acquaviola. Fresca!




Jules; ©harrypotter.fc.net



Menzioni: Lilith e Silias [edit] anche Alice e Draven che mi ero dimenticato (:
Edward arriva in zona bar :ph34r:


Edited by Edward_Newgate - 31/7/2022, 20:00
 
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view post Posted on 1/8/2022, 16:59
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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☼ Alice Wagner ☼
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“He stepped down, trying
not to look long at her, as if she were the sun,
yet he saw her, like the sun, even without looking.”

Non si aspettava che lui la seguisse, per cui quando avvertì il suo sussurro all'orecchio sobbalzò lievemente. Un po' per quella vicinanza improvvisa, un po' per ciò che le sue parole avevano scaturito in lei. Gli zombie. Li ricodava anche lei, a tratti vividamente e spesso faceva incubi a riguardo. Non era stata una bella esperienza ma in qualche modo era ciò che aveva permesso loro di legare. Si voltò a raggiungere il suo sguardo, l'unica cosa che riconosceva oltre a quella maschera e instintivamente e stringere il suo braccio, come se dovesse assicurarsi che fosse lì e che non fosse stato ferito dagli zombie o portato via. Era il suo istinto a predominante assicurarsi che le persone che fossero con lei non fossero in pericolo, si rese conto poi che in realtà lui era lì, vivo e vegeto e ritrasse la mano, come se nulla fosse, un tantino imbarazzata per il suo fare troppo avventato << A cosa ti riferisci in particolare? >> anche il suo fu un sussurro sulla scia di quello di Draven, un segreto che non poteva essere discusso a pieni polmoni, non sapeva nemmeno lei perché ma era qualcosa che detto ad alta voce sarebbe risultato strano. Eppure intorno non c'era nessuno a parte loro. Il suo tono era curioso, non riusciva davvero a capire dove l'altro volesse andare a parare. La statua del dio Cerumnus stava di fronte a loro e loro non avevano ancora posto nessuna offerta. Ricordava di avere un rametto di lavanda, uno di quelli che usava per profumare i vestiti, adorava alla follia quell'odore fresco e dolce al tempo stesso, per cui infilò le dita nella manica dove nascondeva il rametto e lo tirò fuori, mostrandolo al Serpeverde << Scommetto che non hai un bel niente dietro. >> Il tono tornò a presa in giro divertita, gli occhi vispi si illuminarono di una luce accesa. Draven non le era sembrato particolarmente incline ad essere lì quella sera, era parte della sua natura evitare i luoghi affollati e la gente. Alice si chiedeva cosa lo spingesse a rimanere con lei, lei che così spesso intratteneva conversazioni con chiunque, lei che ballava tutta la sera fino a pedere fiato, lei che spargeva calore ad ogni passo, come il suo vestito quella sera. Draven era il completo opposto. << Okay sono propensa a dartene un pezzetto, solo se prometti di sorvegliare per bene Gotham City stasera. >> Ridicchió prima di poter finire, mentre gli sventolava il ramoscello di lavanda di fronte al viso, poi le risate presero il sopravvento. Non poteva evitare di punzecchiarlo stasera.
Gryffindor 16 y.o Outfit


Interazioni con: Draven

Menzioni: <

Alice e Draven si trovano di fronte alla statua del dio Cerumnus.

 
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view post Posted on 1/8/2022, 21:59
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Lilith
Bennet
«Le parole sono, nella mia non modesta opinione, la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo.»

Scheda ★ 11 anni ★ Studentessa Serpeverde ★ Outfit

A
scoltai le spiegazioni che mi diede il ragazzo riguardo la sua scelta di portare al ballo un outfit così particolare, spiegandomi che lo aveva fatto in omaggio al dio corvo. In realtà, per quanto per gusto personale non apprezzassi quel trucco così vistoso, dovevo ammettere che Silias era stato davvero originale ed eccentrico con quella scelta. Fece poi un commento sul mio nome, e la mia espressione si fece pensierosa… stavo cercando di ricordare le parole di mia madre quando le chiesi, per curiosità, come avesse scelto il mio nome.

Se non ricordo male Lilith era il nome della prima demone donna di una qualche religione babbana. Non credo me l'abbia messo per una qualche forma di astio… non sono così cattiva!

Dissi sorridendo alle mie stesse parole. Sapevo che quel nome mi era stato dato solo per gusto personale e non perché io fossi, per mia madre, una qualche sorta di demonietto che aveva preso vita dal suo ventre. Mi aveva raccontato che Lilith era stata la prima donna creata, da questo Dio, per giacere con l'altro uomo creato precedentemente… un certo Adamo, se la memoria non mi ingannava. La donna si era rifiutata categoricamente di sottostare a quelle imposizioni, sfidò il suo stesso creatore e fuggì diventando, di conseguenza, la prima demone donna ribellandosi a quello che era ritenuto il "Bene" comune. In realtà mi ci ritrovavo in quel carattere così determinato e risoluto, capace di non scendere a patti ma perseguendo le proprie convinzioni andando contro tutto e tutti. Quindi si, oltre a ritenerlo in generale un bel nome, in realtà era anche affine alla mia persona. Ascoltai poi le parole che Silias rivolse a Draven e lo guardai curiosa, con un certo sorrisino che naturalmente comparve sul mio volto.

Perchè, che tipo di persona sei?

Chiesi, riferendomi a quel suo "neanche immagini chi ti sei portato dietro, signor prefetto". Finalmente, dopo aver parlato tranquillamente con Alice, mi sembrava di aver incontrato un altra persona alla mano… cosa che inizialmente non credevo, vista la sua venuta al ballo insieme al Prefetto. Shaw non aveva sicuramente la nomina del "bocconcino tenero e coccoloso" nella scuola, quindi avevo peccato di superficialità pensando che anche Silias, essendo in sua compagnia, fosse qualcuno dal carattere schivo come il compagno più grande… invece non sembrava, ed ero felice di poter conversare allegramente con qualcuno. La cosa si confermò quando il ragazzo Serpeverde rispose alla mia domanda sull'andare a guardare insieme il giardino botanico. Avrebbe potuto starsene per i fatti suoi, invece confermandomi la sua compagnia mi fece rallegrare di averglielo domandato. Mi voltai poi sorpresa a guardarlo non appena mi disse che sua madre era un erbologa.

Davvero? Che bello!

Esclamai sinceramente. Le erbe, dopo le pozioni e le creature magiche, erano una delle cose che mi incuriosivano di più… scoprire le loro proprietà, sentirne i profumi e ammirarne i colori e le specie… era un campo quasi infinito di esemplari.

Sappi che Erbologia mi piace un sacco, in più ho spesso aiutato mia madre con le sue pozioni, quindi ti terrò d'occhio controllando che non mi rifili qualche strana erba velenosa!

Mi venne spontanea la battuta, sperando che Silias capisse che ero ironica. Le scampagnate nel bosco che avevo dietro casa mi avevano permesso di scoprire spesso piante nuove, senza contare che anche il lavoro di mia madre mi aveva portato ad entrare a contatto con molte erbe particolari. Negli anni avevo passato molto tempo nel suo studio, trascorrendo pomeriggi interi a leggere quei libri che lei ormai non poteva più visionare, e mi ero fatta una certa cultura in merito… cultura che non vedevo l'ora di mettere in pratica e solidificare qui ad Hogwarts. Mi alzai dal tavolino, allungai la mano per prendere il bicchiere vuoto di Sidheswood che avevo bevuto e lo andai ad appoggiare velocemente sul bancone principale del bar. Il druido dall'altro lato sorrise al mio gesto e, di tutta risposta, accennai un sorriso anche io nella sua direzione. Raggiunsi poi nuovamente Silias, affiancandolo.

Comunque accetto la proposta, sono curiosa di vedere cosa ti sei inventato! E si… mamma e papà li lasciamo battibeccare per i fatti loro!

Sorrisi divertita al ragazzo, aspettando un suo movimento per poterci indirizzare verso il giardino, chiedendomi se il mio concasato avesse già fatto la sua offerta all'albero di Cernunnos… non pensavo che ci fosse fisicamente un qualcosa che non ti facesse entrare senza aver fatto un omaggio al Dio ma, per superstizione o buon augurio, forse era meglio che l'avesse fatta, o la facesse, prima di entrare.



Interagito con: Silias
Menzioni Alice e Draven
 
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view post Posted on 2/8/2022, 11:37
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Il monolite si espande [...] Cadono ancora. La pietra si sgretola tra le mani, le dita sfiorano quelle dell'altro, infine riverso al suolo si nota il marchio d'onore, lo stemma di un Auror, l'Aquila indomita, ormai senza più possibilità di volare. Sorge il Gigante di Roccia, è vivo, è vivo, è vivo. Respira.

***

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Cottage di Cork, Irlanda
Sospesa a mezz'aria, una candela brilla fiocamente fino a mescolarsi nel chiarore delle stelle. La notte è un vortice di scintille preziose, tutte somiglianti a creature d'eterea bellezza – potrebbero essere fate, il volo che sfavilla in una danza di cielo e di luna. Non c'è altro, in questo luogo. Il buio è un mantello di velluto che avvolge anche me, scivola sulle mie spalle fino a perdersi, calpestato sotto il macigno che trasporto in solitaria. Il mio sguardo è spento, pur nell'immagine di un cottage cui s'è avvinghiato. Non c'è altro, al di fuori di me. Non c'è nessuno, oltre la staccionata di legno. La casa è dormiente, come il cuore che ho costretto al silenzio; la mia mente è confusa, il mio battito è incostante.
È un passo che s'impone, al torpore di un corpo che lamenta dolore. Da quanto tempo sono qui, fermo, in attesa. La domanda ondeggia fino a sfumare nella brezza estiva, una goccia di cera scivola fino a raccogliersi sulla mia mano. Sono immobile, figura d'ombra: alle mie spalle s'erge la famiglia che non ho mai avuto, di fronte si nasconde quella che invece mi ha rinnegato. All'esordio della rabbia, bestia famelica che intrappola l'orgoglio, sento la schiera di sortilegi oscuri impazzire fino ad imporsi. Chiamaci, dicono.
Chiamaci all'appello, continua il sussurro. I miei pensieri convergono altrove, privi d'ordine: è un animo ferito, quello che oggi mi appartiene. Beltane è trascorsa, i fuochi fatui danzano in memorie distanti – un tempo inseguivo le loro braci luminose, sempre nuovi desideri sulla bocca. Ricordo te, Jasdel. Mentre cercavi rifugio dal pregiudizio, da chi – come i tuoi affetti preziosi – credevi separati. Neanche io ho saputo esserti accanto, di certo non come avrei dovuto: una corolla di petali in fiamme è tutto quello che mi resta di te. Forse, confesso all'oscurità, è tutto quello che resta perfino di me. Nel sospiro che trattiene il mio grido, stasera, non c'è pace. Vorrei avanzare di un passo, di un altro, di un altro ancora, fino a superare i confini che proteggono questa villetta. E smantellare ogni fondamenta, distruggerne la pietra di tufo, strappare le radici dei fiori che ho visto germogliare fin da bambino. Sono cresciuto qui, in questo luogo – e non mi accoglie più, oramai da tempo la porta è serrata per me. Passerei oltre la condanna che mi avete tessuto attorno, pur di trascorrere un'ultima festa con voi. Beltane è trascorsa, Litha è in arrivo: la Primavera, l'Estate, la terra che un tempo gioiva con noi. La candela, invece, sibila sinistramente – la fiammella non ha più cera, lo stoppino è già consumato. Nel colpo secco di una mano che sferza la notte, il volo di fata è infranto. Non c'è nulla, al di fuori di me.
Né io né voi, non c'è più nessuno. Questa non è più casa mia.

Tana della Volpe, Hogsmeade
Mi trascina lontano, il profumo del biancospino.
La corona di spine e di fiori è sulla mia testa, cinge la fronte di nuovo. Balla con me, Megan. Ancora una volta, forse l'ultima volta – quello ch'è stato, per noi, è una fine d'anticipo. Non c'è stata mai occasione per vivere l'eleganza delle nostre corone, noi che un tempo abbiamo saputo brillare più delle stelle. Mi porta da te, il ricordo spezzato. Di quello che non abbiamo mai potuto inseguire, di quello che ci è stato negato – quale che sia la ragione, calpesto stanotte il sentiero del tempo. Impavidamente, l'Occhio s'inerpica dov'è già stato, e io vorrei gridare, gridare il dolore dell'incomprensione, della solitudine, del disprezzo. Perché una parte di me, da allora, si è spenta del tutto. È un déjà-vu che non controllo a strappare il ricamo delle ombre: tra le mie mani la cera fomenta il ricordo, finché mi circonda tutto quello che è sempre stato astratto. Il salto nel vuoto stira la pelle, finché la Tana della Volpe immobilizza il presente – mi manchi, sento di dire. Parole velenose, inghiottite alla rinfusa: non appena la materializzazione è conclusa, le mie dita stringono l'unico aggancio vicino. Il traliccio di un tronco, così simile alla quercia dove abbiamo saputo girare, e girare, e girare per ore, per tutta la notte e fino all'alba del giorno. Casa tua si concede alla mia presenza, io che sono stato già qui, io che sono stato tuo ospite. Forse sei tu, anche tu, che vorrei ritrovare questa sera – lo specchio comunicante che recupero dalla tasca è spento, è un vetro graffiato dalle intemperie. Dove sei, Aiden. Chiamo il tuo nome, di nuovo.
E di nuovo è silenzio.

Castello di Hogwarts
Il rientro ha il gusto del rimpianto.
Di quello che non è più possibile, di coloro che sono andati via. Oltre i cancelli in festa del Castello di Hogwarts, le torrette familiari mi salutano felicemente – è questa l'unica casa che abita ancora il mio cuore.
Dopo la prima collinetta che percorro lentamente, le candele sono le prime ad accogliere la mia malinconia – guizzano come pesciolini d'argento, sulla superficie del lago. Arresto il passo, appena un attimo: il tempo di ammirarne il panorama, l'animo traboccante di una nostalgia che ben conosco. I preparativi per il Ballo del Solstizio s'incastrano in lungo e in largo, decorano i giardini e omaggiano le tinte del vespro. Non c'è nulla, al di fuori di me. E invece... ci sei tu. Disteso lungo il divanetto di toppe consunte, in Sala Comune, mi imbatto nell'insonnia di una notte non troppo diversa da tante altre – l'Arcano del Sole è luce gloriosa. Inneggia alla rivelazione, il significato dovrebbe essere chiarificatore e invece pullula di numerosi dubbi. Nonostante il Gigante di Roccia stia per tornare, sorgendo di nuovo nei miei ricordi, c'è comunque qualcosa di bello. Mi chiedo se ci sia tu, in tutto questo. Il ricordo di un pupazzo di neve è l'ultimo tassello che mi ha convinto a partecipare a questo ballo – l'Estate, per me, rinnova l'incubo di quello ch'è già stato. Se non fosse per te, per il modo in cui hai cambiato la mia visione d'insieme sull'evento più felice di queste mura, non avrei saputo cominciare ad uscirne. La lettera che ti arriverà, all'indomani, è una linea di pergamena: onde d'inchiostro, ebbre d'eleganza, rappresentano la firma che non ho segnato: Diamo vita ad una nuova tradizione estiva? Ne sarei felice. Cernunnos è quercia, dove il nostro pupazzo è memoria.
Anche solo per un brindisi, sarò lì.


Arcano del Sole, sei nel taschino del mio mantello.
Di biancospino, di petali d'oro e d'avorio.

Sono qui, alle radici della divinità. Stanotte, oggi, domani.
Cosa sono io, che non conosco il tempo?
OutfitOliver

Il riferimento a Beltane è quello di una festa svolta anni addietro alla Tana della Volpe.

Menzione Megan, mio cuoricino, e Aiden, che manca tanto.
Le prime parti sono memorie, ultima parte menzione per Camille.

 
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view post Posted on 2/8/2022, 17:00
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gusGUe8

Il vestiario era quello che era.
Dato che l’evento lo permetteva, si mise una larga maglia di lino bianca e un pantalone dal colore scuro che gli garantiva libertà nei movimenti e poche costrizioni.
Si sentiva libero in quelle vesti, mentre osservava i tatuaggi che erano lì sul suo corpo come a voler comporre un quadro, a completare l’opera celtica.
Non spese troppo tempo a creare l’outfit; all’effettivo gli diede più rogna capire come sviluppare quei tatuaggi sulla pelle rendendoli reali e ragionare su come avrebbe dovuto irrobustire e rendere impermeabili i suoi piedi che sarebbero stati scalzi per tutta la durata dell’evento.

*Bene. Direi che ci siamo*

Disse dando un calcio contro lo spigolo del comodino del suo ufficio, non avvertendo dolore.
Quel giorno le scarpe sarebbero rimaste a casa; Toobl voleva mandare lontano le costrizioni.

Scendendo rapidamente al piano terra, uscì dal castello per avviarsi verso la festa di fine anno.
L’obiettivo era il lato ovest del Lago Nero, nel punto dove vi era l’altura che primeggiava sul lago.
Respirando la fresca brezza estiva, camminava lentamente assaporando il momento.
Quel periodo era stato così concitato che non aveva avuto il modo di goderselo; non si era nemmeno messo a festeggiare la sua assunzione a docente.
Mentre tirava fuori dalla sua tasca l’immancabile sigaretta all’asfodelo, la poggiò alla bocca per iniziare a pensare al cosa fare nel prossimo futuro.
Ora che la calma regnava in quel luogo, era necessario impegnarsi a cercare di portarla altrove? Oppure era meglio consolidare quello che avevano ottenuto e mantenere la cosiddetta “stabilità”?
Con un sol colpo di bacchetta la sigaretta si accese e lui l’aspirò di gusto.
Non gliene poteva fregare nulla di quanto aveva passato, alla fine gli bastava raggiungere quei momenti; gli bastava fumare quella benedetta sigaretta in santa pace.
Mentre i ricordi su Betterson accompagnavano il suo cammino, iniziò ad osservare delle candele danzare nella radura.
Si stava avvicinando, stava raggiungendo il luogo e quindi i suoi ragazzi.
Con passo moderato, per nulla invogliato a voler accelerare, si addentrò nel chromlech apprezzando gli sforzi fatti per la creazione della location di quella festa.
Come era possibile che erano riusciti a fare così tanto in poco tempo non lo capiva, ma di certo era convinto che si fossero superati.
Arrivando al centro del luogo giró il capo verso la zona bar poi, interessatosi ad alcuni oggetti presenti sull’altro versante, si avviò in direzione di Vestiti & Vestiti.
I passi furono sereni, il tempo di finire la sigaretta e appoggiarla su una delle colonne del chromlech poco distanti dallo stand.
Ebbe il tempo di visionare il tutto con tranquillità, di stabilire cosa gli potesse servire e cosa no, quindi disse:

-Ciao, vorrei tutti gli articoli, tranne i guanti e il cappello.-

Lasciando quanto doveva sul tavolo, preso l’armamentario si girò per intravedere uno degli studenti del suo corso. Era proprio quello che gli serviva, come al solito.

-Hey tu, Nicodemus!-

Enunciò nei confronti del piccolo Writingham, al quale aveva insegnato in uno dei suoi primi periodi accademici il Flipendo.

- Fammi il piacere, porta queste buste nella mia aula.-

Lasciando nella completa perplessità pacchi e pacchetti al ragazzo, lo lasciò andare per ritornare ad osservare quel che poteva fare.
A quanto pareva le compere erano state fatte, ora poteva divertirsi.
Inclinando lo sguardo di qualche grado, intravide poco distante da lui Lucien Cravenmoore, il Docente di Cura delle Creature Magiche.

- Professore anche lei qui per fare le compere di fine anno?-

Domandò , mostrando un sorriso sicuro di sé. I due avevano avuto sempre uno strano modo di incontrarsi, da ubriachi persi, ma in quel caso l’alcool non c’era e il tutto aveva preso una piega diversa.
Poggiando le mani sul bancone del negozio si spinse verso la sala.
Era certo che a breve si sarebbero divertiti. Quella serata stava per decollare.





Effettua le compere e cerca il contatto con Lucien.
A breve verso altre direzioni.
 
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view post Posted on 2/8/2022, 18:53
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Camille Donovan
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L’allegria. Il fermento. Il sapore dolce dell’estate imminente che si contrappone a quello nostalgico dei ricordi - felici, tristi, alcuni persino irrivelabili, suggellati dal segreto più assoluto - dell’anno scolastico che sto, che stiamo per lasciarci alle spalle.
La mia mente è distratta da tutto ciò. Fisso la pergamena pulita, immacolata, che al contrario dovrebbe avere impressi alcuni resoconti del mio incarico da Prefetto.
Sospiro.
Lascio cadere la piuma appena inchiostrata sulla cima, ormai rassegnata a concedermi una breve pausa. Questa si posa leggera sulla scrivania del dormitorio, liberando alcune stille di liquido nero sulla superfice lignea.
Mi abbandono sulla sedia poggiandomi allo schienale, con le braccia appena incrociate al petto osservo fuori dal piccolo oblò. La finestrella è aperta, la brezza tiepida di Giugno la penetra carezzandomi le guance. Mi concedo ad essa socchiudendo gli occhi. Mi trasporta lontano, verso le mete delle future vacanze. Mi trascina il profumo dei boschi, dei prati tempestati di fiori selvatici da percorrere a piedi nudi. Posso avvertire, pregustare il piacevole solletico degli steli lungo la pianta.
Luoghi che conosco a menadito, che esploro fin dall’infanzia. Questa volta, però, forse ne avrei esplorati di nuovi. Ci siamo ripromessi di visitare Sainte Agnès, il paese natio di mia nonna Celine, in Francia. Un posto magico, mi dico da sempre. Dove mare e montagna si sposano, dando origine ad un paesaggio da favola.
«…ehi, Terra chiama Camille…ehi…» la voce di Abigail mi riporta bruscamente alla realtà, le mie palpebre scattano come serrande.
«Scusa, ero troppo concentrata, dicevi?» butto lì di fretta, mentre mi volto per guardarla.
«Sì, come no, a far volare la testa tra le nuvole, come al solito!» mi rimbecca, sollevando un sopracciglio ramato. Le scocco un’occhiataccia, incitandola a proseguire.
«Comunque, dicevo, ci raggiungi in cortile dopo? Abbiamo ideato una sorpresa per Benjamin, per festeggiare i suoi M.A.G.O!» la squadro un attimo prima di rispondere.
«Va bene, perché no. Finisco una cosa e arrivo..» le concedo, anche se poco convinta. La osservo varcare la soglia della mia stanza, intenta a tornare sui suoi passi.
Anch’io torno a percorrere i miei, ma in modo meno proficuo. Sgombero la scrivania di fronte a me, ormai ho perso definitivamente la voglia di continuare. Non ho concluso nulla, tanto vale dicarmi ad altro. Recupero un elastico, mi lego alla bell’e meglio i capelli, nel vano tentativo di domarli un minimo, e mi accingo a seguire la mia concasata.
Qualcosa però mi ferma. Un frullio d’ali dietro di me per la precisione. Le mie gambe s’immobilizzano, diventano pietra e mi bloccano incollandomi al pavimento.
Mi giro e lo sguardo cade su una candida civetta delle nevi, intenta a far scivolare una striscia di pergamena sul mio letto. Incuriosita la raccolgo, leggendone d’un fiato il contenuto. È anonimo, ma chi l’ha scritto non ha bisogno di firmarsi. Non hai bisogno di firmarti.
Un pupazzo tutto nostro. Una tradizione inaugurata sotto la neve, le mani gelate che la modellavano, la plasmavano rendendola viva. La nostra tradizione. Un sorriso m’incurva le labbra. La risposta è sì, mi avresti vista venirti incontro.

******


Fervono gli ultimi preparativi del Ballo. Ognuno è pronto a sfoggiare la propria idea di Litha, il Solstizio, la vittoria della luce sulle tenebre. La pergamena è stretta tra le mie dita, la ripiego delicatamente per riporla nella piccola pochette, in tinta con l’abito, che pende dal mio fianco.
Credo di essere l’ultima a lasciare la Sala Comune. Non vedo nessuno, il silenzio attorno a me è quasi surreale. Ma la festa è altrove, lì sono certa che verrò travolta dal meraviglioso suono del divertimento, che trascina tutti oltre il tempo e lo spazio. I miei passi rimbombano, scanditi in un ritmo calmo e regolare. Un tacito “A dopo” aleggia nel buio, nessuna candela o lanterna illumina il mio cammino fino all’ingesso.
Mi ritrovo ben presto all’aria aperta, che inspiro a pieni polmoni. Il caldo abbraccio tipico delle serate estive mi avvolge e io lo assecondo, beandomene per qualche istante. Imbocco poi il sentiero che mi condurrà al Lago Nero.
Il chromlech che mi accoglie è imponente. Lo osservo meravigliata, sfiorando d’istinto la nuda roccia con i polpastrelli; ne saggio la ruvidità. Lo attraverso, permettendo alle mie iridi di soffermarsi su alcuni dettagli, di lasciarsi incantare dal fuoco della pira. Ed è proprio oltre quel fuoco ardente che ti cerco. Il mio sguardo vaga sulla folla. Mi avvicino alla Quercia, guardiana stoica dalle sembianze del Dio Cernunnos.
T’intravedo.
Mi avvicino ulteriormente fino a raggiungerti.
Attiro la tua attenzione.
«Una nuova tradizione?» esordisco allegra, il tono della voce che cerca di farsi strada attraverso la musica. Tiro fuori la pergamena, mostrandotela «Dimmi un po’, cos’hai in mente?» ti sorrido. Ti lascio campo libero su dove iniziare. Io ti seguirò. Abbiamo tutta la sera davanti a noi.
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Interazione con Oliver :<31:
 
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view post Posted on 2/8/2022, 23:49
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Vagnard von Kraus Nonostante fosse già tornato da qualche giorno faceva ancora difficoltà a realizzare e godersi le comodità del castello. Perchè mai? In fondo aveva un buon letto comodo, calore d'inverno e refrigerio d'estate, buon cibo, si trovava in un ambiente protetto, in sintesi tutto ciò che non aveva avuto nell'ospedale psichiatrico. Si toccò ancora una volta il viso. L'ultimo ricordo che aveva prima di trovarsi improvvisamente in casa sua era quello di essere stato completamente scarnificato, di possedere un viso senza espressione, di essere alla completa mercè di batteri e altre piccole creaturine invisibili all'occhio umano, un insaccato senza budello. Digrignò i denti per la rabbia e gettò via i pensieri come lanciandoli via con un movimento del braccio, e la mano prima chiusa a pugno e poi aperta. Molte cose ancora non erano chiare e si era fatto diverse domanda a cui ancora non aveva trovato risposta. Come aveva fatto a ritrovarsi nella sua dimora? Come aveva fatto la pelle a ricrescere così velocemente? E perchè quel vuoto di memoria fino al trovarsi a casa sua? Ciò non toglieva che sapeva ciò che aveva vissuto, sentiva ancora il bisturi sulla sua pelle. Un brivido percorse la sua schiena. Realizzò solo in quel momento quanto l'ora fosse tarda ed ancora non aveva terminato i preparativi.
Chi conosceva Vagnard e se lo fosse trovato di fronte avrebbe riconosciuto in lui un'altra persona. Sicuramente cresciuto fisicamente, quello fuori di dubbio. Ma aveva smesso di far uso del trucco ad esempio, oltre che di droghe. Non portava più la bombetta, che pure lo avrebbe riparato dal calore fuori dal castello negli ancora caldi giorni estivi, ma per quella serata la trovava decisamente dozzinale. E soprattutto aveva rinunciato al suo celebre bastone da passeggio. Sarebbe stato decisamente fuori luogo. L'atteggiamento era diventato. se vogliamo, ancora più contrastante. Se da una parte risultava più calmo, rilassato e i lineamenti del volto più distesi - complice la terapia - al contempo si sarebbe dimostrato anche più nervoso, scorbutico e irascibile per via dei dilemmi che lo perseguitavano. Eppure la provocazione e l'umorismo facevano ancora parte di lui in tutto e per tutto. Avrebbe portato un vestiario più di stampo romano, che forse litigava un po' con il tema celtico. Un nastro di stoffa bianco a cingergli il capo, e indosso un lungo abito bianco con ampi e ricercati ricami e ghirigori dorati.
Uscì con passo svelto dal dormitorio, in direzione Sala Comune. Manteneva lo sguardo basso, come per non incrociare quello degli altri studenti. Era certo che il suo ritorno non fosse passato inosservato e che i concasati potessero essere attratti da lui come calamita. C'è chi in altre situazioni lo avrebbe evitato come la peste, ma i tempi erano cambiati. I recenti avvenimenti e l'internamento nell'istituto psichiatrico avevano avuto su di lui l'effetto desiderato dai suoi torturatori: il rifiuto totale nei confronti della violenza. Sostanzialmente il Serpeverde era diventato una macchietta di se stesso, un pupazzo in definitiva. E prima di instaurare rapporti con terze persone aveva necessità di mostrarsi ad una persona: Emily Rose. Forse la prima alla quale in passato aveva rivelato, con mezzi termini, la sua reale natura, e che a sua volta gli aveva offerto la protezione necessaria all'interno del castello. A che pro non lo sapeva, ma sicuramente aveva i suoi vantaggi nel farlo. Proprio per questo aveva richiesto la sua presenza invitando la giovane al Ballo.
Varcata la soglia della Sala Comune, sempre con il solito anticipo volto ad assecondare il suo profondo autismo, si sedette lì dove aveva regnato fino a poco tempo fa su tutti i Serpeverde. Realizzò quanto il trono fosse effettivamente comodo, stringendo con forza i poggiamano della poltrona. Il suono del cuoio scricchiolare entrò nelle sue ossa, rinvigorendolo. Sentì qualcosa crescere dentro di lui, una sorta di strana adrenalina. Improvvisamente strabuzzò gli occhi. Quella meravigliosa sensazione venne improvvisamente interrotta da un leggero senso di nausea.
Scosse la testa.
Era tutto passato.
PRÆLUDIUMSCHEDA UMANO 17 ANNI CAOTICO MALVAGIO SERPEVERDE code © psìche



,
Piccolo prologo di incontro con Miss Rose. Arriviamo, non temete.
 
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view post Posted on 3/8/2022, 12:01
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
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aPMELze
Le persone infliggono dolore agli altri nel perseguimento egoistico della propria felicità o soddisfazione. Succede tutti i giorni, costantemente e indipendentemente dalle persone coinvolte. Anche i più buoni si rendono falsi a voler salvaguardare i propri interessi. Uno dei tanti motivi per cui Draven tendeva a tenersi lontano da tutti, a ripudiare pressoché ogni forma di vita… Che senso aveva legarsi a qualcuno solo per vederlo sparire? Aveva paura che potesse succedere con Megan, c’era stato tanto male per Casey e, quando si voltò a cercare lo sguardo di Alice, si rese conto che sarebbe potuto succedere anche con lei. Il dolore. Il senso di abbandono. Tutto parte del ciclo della vita.
E alla gente non importa quello che hai dentro. Come dissennatori offesi, ti succhiano via l’anima poco a poco, senza chiedersi cosa puoi dare, cosa possono prendersi da te o cosa ti resta dopo il loro passaggio.
Il tocco di Alice sul proprio braccio lo fece ridestare, interrompendo il filo dei propri pensieri. Gliene fu grato… Quando la propria mente cominciava a viaggiare in quel modo, difficilmente riusciva a uscirne emotivamente o fisicamente illeso. Lo aveva già constatato durante la festa in primavera, il modo in cui era in grado di distrarlo.
Con lo sguardo di nuovo a cercare il suo, si ritrovò ad alzare un sopracciglio, come a volerle chiedere silenziosamente il perché di quella reazione. Alice non aveva problemi ad avere a che fare con le persone, in un certo senso era come l’esatto opposto di lui, ma aveva sempre avuto l’impressione che fosse tutto una facciata. Anche lì, in quel momento, fu sicuro che ebbe un pensiero che avrebbe tenuto per sé e che non aveva a che fare con la domanda che gli pose poco dopo.

Ti sei preoccupata per me. È stato carino… Hai addirittura pianto. – le rispose, in modo ironico ma, di nuovo, senza sorrisi. Gli occhi spenti e velati da un’incerta tristezza, in bilico tra il voler ricercare un senso di felicità e, al contempo, l’amara realizzazione di non meritarne nemmeno un po’. Che fosse perché non era all’altezza di chi era in grado di farlo sentire bene o che dipendesse dal fatto che l’unica vera amicizia che avesse mai avuto si era rivelata un’inutile menzogna, tutta la sua vita sociale fino a quel momento era… irrilevante. Si chiese dove tutto ciò lo avrebbe portato, se in qualche modo si fosse rivelato utile, in futuro, per renderlo un mago migliore, più forte e consapevole di sé. Altrimenti aveva solo perso tempo dietro a persone che non avevano il minimo interesse per lui… La storia della sua vita che continuava a ripetersi in un loop senza uscita.
Fermi di fronte alla statua del Cernunnos, Draven riportò la maschera sulla propria testa e alzò lo sguardo. Doveva porgere i propri rispetti a quella statua, soprattutto perché ne aveva sfruttato l’essenza per rendersi ridicolo in un ballo scolastico. Fece cenno con la mano ad Alice di lasciar perdere, qualcosa per Cernunnos lo avrebbe trovato; frugandosi nelle tasche, prese l’unica cosa che, secondo la propria mentalità contorta, poteva aver senso di dare in dono come segno di rispetto: il tabacco. Aprì la busta per pizzicarne qualche ciuffo e li lasciò cadere, poi, ai piedi dell’alta figura.
Tabacco e lavanda erano praticamente la stessa cosa, no? Entrambi naturali, elementi della terra e bla bla bla.
Rimise in tasca la busta e si volse a guardare Alice, sicuro che avrebbe avuto qualcosa da ridire.

Stasera difenderei più volentieri l’Arkham… - commentò, per rispondere alle sue parole precedenti, prima di entrare nel giardino delle erbe.
Non c’era nessuno lì in quel momento, erano da soli e il rumore dei loro passi sembrò andare in perfetta sincronia con lo scrosciare leggero dei rivoli del Lago Nero che circondavano i corridoi di quella specie di serra. Non era un brutto posto in cui stare, tutt’altro; ma tutti quegli odori così diversi avevano iniziato a stordirlo ancor prima che potesse scegliere su quali di quelle piante fare affidamento per il proseguo della serata. C’era pressoché qualsiasi tipo di erba in grado di rilassare, calmare, incoraggiare… Era la quintessenza del benessere. Si chiese se fosse possibile prenderle tutte e farle mixare dai druidi al bar per una bevanda carica di energia positiva; letale, forse, per uno come lui.

Quali prendi? – chiese poi ad Alice, scorrendo a passo lento lungo uno dei piccoli corridoi per raggiungere dell’iperico e prenderne un po’. Sua nonna lo usava sempre nelle tisane; la prima notte che aveva passato a casa sua a Hogsmeade, quando era stato portato via dall’orfanotrofio, gli aveva fatto bere un infuso di iperico nel latte caldo. L’odore di quell’erba lo associava a un calore che, di rado, era riuscito a percepire nel corso della sua giovane vita.


« To find myself again my walls are closing in »

Jules; ©harrypotter.fc.net


Interazioni: Alice
Menzioni: Megan, Casey

Dravenino è nel coso delle erbe.
 
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view post Posted on 3/8/2022, 13:41
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Mentre il druido si occupava della sua nutrita ordinazione, il docente di Cura delle Creature Magiche notò una giovane strega - presumibilmente del primo o secondo anno - dai capelli vermigli che si sposavano alla perfezione con le tonalità calde del tema della serata. Se fossero state animate da un Wingardium leviosa, avrebbero potuto rassomigliare alle fiamme guizzanti del falò.
- Buonasera, signorina - ricambiò il salutò con un sorriso mite a stuzzicargli le labbra. Purtroppo la sua materia era opzionale e poteva essere scelta solo quando si era raggiunto un certo anno, dunque non conosceva il nome della ragazzina - Quest’anno gli organizzatori si sono superati e trovo encomiabile che sia stata operata una collaborazione con un esercizio commerciale tra i più noti in questa fetta di mondo magico. Bisogna approfittarne! - aggiunse strizzandole l’occhio in un tacito invito a darsi al sano shopping tanto amato soprattutto dal gentil sesso. Le augurò un buon proseguimento di serata quando apparve chiaro che desiderasse spostarsi dalla bancarella per scoprire cos’altro aveva da offrire la serata appena agli albori.

Stava riempiendo le tasche della vestaglia (e del kilt) incantate di Estensione Irriconoscibile per farci stare tutti gli acquisti e non solo quando una voce nota lo costrinse ad volgere il capo alla propria destra. Le iridi di ghiaccio accolsero la scenetta piuttosto divertente di uno studente con le braccia piene di pacchi e pacchetti che si allontanava in direzione del castello - forse speranzoso di un aumento di voto in Difesa Contro le Arti Oscure nella derivato dall’aiuto garantito al docente. Fu a quest’ultimo si rivolse dopo che ebbe abbandonato lo sguardo sullo studente indaffarato.
- Ebbene si. Non che ci sia chissà quanto spazio nella mia capanna ma sai, qualche espediente magico si trova sempre pur di non perdere l’occasione di acquistare capi così peculiari. - Gli incontri tra i due colleghi al di fuori delle mura del castello erano state sancite da alcolici e figure non proprio da rimembrare, e nei corridoi di Hogwarts o in Sala Grande il tempo aveva permesso loro di scambiarsi giusto poche battute. Fu dunque lieto, il francese, di averlo beccato allo stesso stand. - A giudicare dai pacchi che ho visto trasportare dal povero Writingham, direi che anche tu l’hai sfruttata. Dovremmo dire al docente di Incantesimi di insegnargli a castare il Mobili - sghignazzò divertito con un ghigno bastardo a dardeggiare nelle iridi acquamarine. Gli sembrò di cogliere un sentore noto provenire dalle labbra di Daddy, segno di chi aveva appena fumato e mentre aveva ancora le mani infossate nelle tasche, i polpastrelli si scontrarono con una delle sue proverbiali sigarette. La trasse e l’allungò al collega.
- Com’è andato quest’anno, i tuoi studenti si sono dimostrati bendisposti all’apprendimento? Hai qualche programma per le vacanze estive? -
Si, un po’ di sana conversazione ci stava e volendo avrebbero potuto spostarsi in un luogo più indicato per farlo.

Lucien Cravenmoore 26 ANNI | DOCENTE E GUARDIACACCIA | BALLO DEL SOLSTIZIO D’ESTATEcode © sotired | gifs © tumblr


Interazione col collega Toobl e con la studentessa Lilith Bennet
 
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view post Posted on 3/8/2022, 16:14
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all that is gold does not glitter, not all those who wander are lost

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lDqLBlR

«We took signs
for wonders
In summer
the meteors
In winter
the thunder
The trees
split asunder
Wherever
we wandered»
xG0caeS

Maggiore la luce, maggiori le ombre.
Eloise spostò il peso da un piede all’altro per trovare un nuovo equilibrio, e si immobilizzò. Era affascinata dai colori del tramonto, dal dorato brillante e dalle ombre blu, tanto quanto era affascinata da quell’idea. Conosceva il bene e il giusto, aspirava a lasciarsi investire dalla luce e a scoprire le sfaccettature delle sue ombre, a danzare nelle penombre come un bambino che cerca di saltare le righe del marciapiede. Eppure, aveva la fastidiosa sensazione di aver vissuto un mondo a contrasti slavati di quando il cielo è giallastro e il panorama omogeneo.
Stava immobile alla luce del sole, megalite tra i megaliti, consapevole dell’ombra netta che il suo corpo stava generando, anche senza il bisogno di vederla.
Aveva bisogno di quella luce.
Aveva bisogno di una fine e di un inizio.

Era stato un anno ordinario, spudoratamente banale, trascorso tra le mura del castello. I progressi e le nuove conoscenze avevano avuto il prezzo della leggerezza, un sacrificio che si era imposta per sperare di svincolarsi da un pantano fangoso.
Non ci era riuscita.
Aveva visto dei risultati per i suoi sforzi, ma non aveva neanche lontanamente raggiunto la meta. Era il metodo che non sembrava funzionare: chiudersi all’interno e rinunciare, coltivare rancore verso il mondo e se stessi, farsi scavare dall’aria viziata degli spazi chiusi non sembravano dare risultati strabilianti. Piuttosto, la facevano sentire una prugna secca e raggrinzita, incapace di provare emozioni. In effetti, la sua pelle bianchiccia e malsana e le occhiaie da studentessa sotto esami, le davano proprio quell’aria lì.
Inspirò profondamente e strinse i denti al pensiero della vita che aveva sprecato.

Festeggiare il giorno più luminoso dell’anno era stata una scelta quasi automatica, ma era stata la compagnia promessa a darle l’impulso decisivo. Aveva accumulato talmente tanto, e sfogato talmente poco, da renderle il contatto umano - di certi umani specifici - assolutamente necessario. Aveva deciso di prepararsi in orario, e arrivare presto, e dedicare un po’ di tempo a esplorare la zona del ballo.
Aveva adocchiato le erbe magiche, indugiato sui camerieri dall’aria selvaggia e ammirato la scultura lignea di Cernunnos. «Questo finisce dritto nel falò, vero?» Con l'indice puntato verso la divinità, aveva ammiccato in direzione di una ragazzina dai capelli corvini [emma] che stava bruciando la sua offerta proprio in quel momento.
Si era avvicinata alla zona allestita da Vestiti & Vestiti per investire i suoi Galeoni negli articoli più intriganti: quella, ormai, era diventata una tradizione. Occhieggiò con interesse la tunica e le declinazioni che prometteva in associazione agli Elementi: era inesorabilmente attratta dalla possibilità di indossare richiami all'Aria e connettersi a essa in ogni modo.
«Vorrei una Tunica dei Nove Mondi con... Il ricamo Valknut, grazie.» Mentre allungava i Galeoni, aveva deciso d'impulso di cedere a un secondo acquisto. «E una Felpa di Loki. Ti lascio qui tutto quanto e cerco di ricordarmene entro fine festa.» Si era ripromessa di tenerlo presente. «Non sarebbe la prima volta che me ne dimentico.» Aveva ammesso con una smorfia colpevole, spostando lo sguardo sul cliente che stava dal lato opposto della bancarella. Lucien Cravenmoore - il Professor Cravenmoore, l’aveva corretta il suo cervello - stava dando fondo ai suoi risparmi. Accennò un saluto, troppo distante per poter aggiungere altro.

Alla fine della ricognizione, si era fermata accanto ai megaliti a osservare i giochi di luce.
L’apice del cammino del sole era l’appiglio più pertinente per sfuggire a quel punto così basso, così chiuso e opprimente. Sapeva di essere fortunata - sapeva che i fatti gravi erano ben altri - ma non poteva impedirsi di provare una certa claustrofobia. Si portò una mano al collo per liberarsene, per scostare da sé un velo invisibile e lasciarsi illuminare meglio. Le sembrava, finalmente, di avere una scusa per tornare a respirare.

Interazioni: Emma, Lucien, en passant
Acquisti: Felpa di Loki, Tunica dei Nove Mondi (ricamo Valknut)
Eloise, al momento, è vicina al cromlech
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Snape

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Silias Thom Morgan
Ci vuole molto coraggio per difendere i nostri nemici






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La giovane serperverde, mi diede una breve spiegazione del suo nome per aiutarmi a rammendare cosa per me avesse di famigliare . E quando udii le sue parole, ricordai, ricordai tutto .. mia madre che curava le sue piante mentre mi raccontava la stessa identica storia... '' i suoi occhi sono innocenti però sotto di essi potrebbe nascondersi un demone, come dice sempre mio padre non guardare le apparenze, ma vai oltre di esse ''….quel pensiero su lilith, non era niente di personale, sapevo che non era un piccolo demone ci mancherebbe, ma era mia abitudine, rivangare sempre i consigli dei miei genitori, che in un secondo momento trovavo sempre un po banali. La domanda che mi fece dopo mi prese un po alla sprovvista... '' perché che persona sei ?'' ….sicuro si riferiva alle parole che avevo detto a draven, e ci stava un po di curiosità, ma non era ne il momento e ne il luogo giusto per iniziare a parlare di me, cosi mi congedai da quella domanda con un sorriso. Non ero molto loquace ma con lei era diverso, riuscivo a parlare, e la sua compagnia non mi dispiaceva affatto, forse era l'unica serpervede dopo draven che riuscivo a sopportare, e a provarlo era il fatto che avevamo un dialogo molto sciolto...eh si, mia madre è un erbologa, si è diplomata qui ad hogwarts, e lavora presso il ministero, ma non c'è quasi mai per colpa del suo lavoro, viaggia sempre...su il mio viso spunto un espressione un po malinconica, ma negli anni avevo accettato il suo lavoro, e l'amavo ugualmente come lei amava me...anche ho un debole per erbologia, ma di più per le pozioni... visto ?...abbiamo qualcosa in comune....dissi sempre con disinvoltura..ok allora se accetti di assaggiare la mia creazione, andiamo ti faccio strada, però prima devo omaggiare il dio ...non avevo fatto la mia offerta all'albero di cernumos, cosi prima di entrare nel giardino optai per eseguirla. Giunti a destinazione, l'atmosfera era surreale, ma non avendo portato nulla con me, mi guardai intorno e raccolsi un sasso che usai come offerta...dio cermunos, questa offerta viene fatta da un ragazzo dal cuore di pietra, questo sasso è la rappresentazione di ciò che sono, spero che tu l'accetti in segno della mia sincerità...quelle parole per un ragazzino potevano risultare assai grossolane, ma nel mio io sentivo cose che i bambini della mia stessa età forse non provavano. La mia infanzia non era stata delle migliori, e quella frase era uscita in modo naturale dalla mia bocca , consapevole che avevo ancora molto da imparare dalla vita in generale. Fatta la mia offerta, mi voltai vero lilith, e gli dissi di andare. Entrati nel giardino iniziai a guardarmi intorno....Sai per la mia ricetta mi occorre , vediamo....non ero sicuro di quello che stessi facendo, ma ormai avevo dato la mia parola, e fare brutta figura non rientrava nei miei piani....ecco mi occorre, allora...stavo temporeggiando, perché non sapevo se fare la versione soft o quella più forte, ma visto che era una ragazza, mi decisi e optai per quella soft...allora prendiamo delle foglie di menta, una decina dovrebbero bastare, poi prendiamo delle radici di zenzero , e per finire un po di ibisco...raccolsi tutto l'occorrente davanti a gli occhi attenti della serpeverde, per poi lasciare il giardino per tornare dai druidi, dove gli consegnai gli ingredienti dicendogli come doveva venire...chiedo scusa vorrei creare un drink, questi sono gli ingredienti, vi chiedo solo di far bollire l'acqua insieme alla menta, per far fuoriuscire di più la sua aroma , mi raccomando devono essere ben sminuzzate, a fuoco spento aggiunte lo zenzero grattugiato e poi l'ibisco, e filtrate il tutto ...volevo scavalcare e andare a preparare io stesso il mio drink, ma poi mi trattenni e conclusi con...ah dimenticavo, una volta versato, aggiungete un po di miele...attesi, che finissero, sorvegliandoli , e infine una volta concluso il tutto ci porsero i bicchieri...prego prima le signore ...dissi a lilith....questa bevanda ho deciso di battezzarla con il nome di , morning breeze drink, spero sia di tuo gradimento...ero in pieno fremito in attesa di una sua critica...



‹ PS: 100‹ PC: 50 ‹ PM: 50‹ EXP: xxx



Interagisco con : lilith
menziono : draven - alice

Edited by Silias Thom Morgan - 5/8/2022, 19:45
 
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view post Posted on 3/8/2022, 23:12
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Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.

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Finalmente poteva guardare nuovamente il sole,
ma Muninn aveva vissuto così tanto nelle tenebre
che ormai faceva parte di esse.

Dopo aver raccolto la verbena la Grifondoro tornò indietro verso l'uscita ritrovandosi nuovamente al cospetto del dio: altri studenti vi erano intorno intenti a lasciare doni ai piedi di quella statua di legno.
Questo finisce dritto nel falò, vero?, rammentò le parole della ragazza dai capelli lunghi e rossi (Eloise) che aveva incontrato prima di entrare: la strega poteva aver ragione, a fine festa il dio cornuto sarebbe finito nel fuoco… probabilmente con tutte le orfette lasciate ai suoi piedi. E a proposito dei doni, Emma notò che qualcuno aveva lasciato del tabacco, la cosa la fece sorridere: non si sarebbe meravigliata se l'artefice di quella trovata fosse stata Casey.
La Grifondoro era stata sul punto di togliersi le scarpe e camminare a piedi nudi, ma decise che tanto ormai era quasi arrivata al bar, lì avrebbe risolto la situazione. Arrivata a destinazione si sporse sul bancone attirando l'attenzione di uno dei camerieri - Buonasera… - esordì porgendo al druido le foglie di verbena che aveva raccolto - le sarei grata se mi preparasse qualcosa da bere con questa… non mi interessa cos'altro ci mette dentro, l'importante è che ci sia la verbena - disse decisa - la ringrazio in anticipo.
La strega avrebbe atteso con impazienza la sua agognata bevanda ticchettando con le dita sul bancone. Si guardò intorno in cerca di un volto a lei familiare tra tutta la gente presente: nell'immenso giardino aveva intravisto da lontano due figure che le erano sembrate Alice e Draven, ma non li aveva raggiunti per accertarsene, erano troppo distanti e il dolore ai piedi stava diventando insopportabile, così si era diretta al bar senza pensarci troppo sperando che la verbena avrebbe funzionato.
Quella serata si stava dimostrando alquanto noisa per lei, andare da sola alla festa non era stata proprio una buona idea. Si chiese dove fosse Oliver, dove si trovava Alice… chissà se quei due maghi in giardino erano davvero lei e Draven. Cosa ci facevano soli soletti? Stava nascendo qualcosa tra loro due? Era da tanto che non faceva una bella chiacchierata con la sua amica dai capelli rossi, le mancava. Ricordò con malinconia il ballo precedente dove si erano scatenate in un ballo fuori tempo e del tutto strampalato e si chiese se anche l'altra Grifondoro ci avesse pensato, ovunque si trovasse in quel momento.

© ion`





Menzioncina per Eloise, anche se Emma non conosce il suo nome♡
Menzione anche per Alice
Menzioncina per Draven
Menzione anche per il tabacco lasciato da Draven, Emma ha immaginato potesse essere opera di Casey xD

Adesso la strega ha abbandonato il giardino e ha raggiunto il bar per farsi preparare un intruglio alla verbena.

(Quindi ricapitolando: acquista un intruglio a fantasia del barista a base di verbena).


Edited by Miss Effe - 4/8/2022, 08:27
 
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view post Posted on 5/8/2022, 14:32
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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☼ Alice Wagner ☼
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“He stepped down, trying
not to look long at her, as if she were the sun,
yet he saw her, like the sun, even without looking.”

Era stata una sensazione passeggera ne era sicura, quella leggera stretta allo stomaco nel ripensare agli zombie che cercano di afferrarti, ora doveva ritornare alla realtà. Notò il sopracciglio alzato di Draven mentre ritraeva la mano, ma il suo commento aggiuntivo la portò a sentire l'urgenza di tagliare corto e cambiare argomento. Non amava essere vista nei suoi momenti più deboli << Beh è ovvio. Stavi per essere ammazzato.>> disse come a volersi giustificare della propria reazione. Dopotutto chi avrebbe lasciato che il proprio compagno di disavventure venisse portato via, a morire, senza nemmeno un cenno? Lasciò cadere l'argomento senza altre spiegazioni, annusando il rametto di lavanda prima di poggiarlo ai piedi della statua. Draven aveva scelto del tabacco, scelta originale anche se strana. Alice sollevò un sopracciglio, ora il profumo della lavanda si era mischiato con quello del tabacco << Non potevamo scegliere qualcosa di più diverso. >> sorrise ripensando a come le due cose non si combinassero affatto insieme, ma in qualche modo stavano lì, i petali violetti dispersi nella polvere di sigaretta. Si chinò piano sulle ginocchia, tirando fuori la bacchetta, saggiamente nascosta all'interno del vestito. La puntò di fronte alle due offerte << È il tuo momento di esprimere un desiderio o una preghiera, se vuoi. >> disse rivolta a Draven, mentre lei stessa si voltava verso l'albero del Dio. Spero tu stia bene, spero tu non soffra troppo. pensò alla figura del suo Caposcuola in pezzi, tra le sue braccia, allo sguardo duro, al corpo che tremava. Il cuore le fece male, l'espressione si intristì appena << Ardesco>> lasciò che il fuoco avvolgesse le due offerte votive, prima di proseguire nel giardino.

C'era un certo silenzio, non molti erano presenti all'interno, le dimensioni dei vialetti sembravano però piccole e strette. Ai lati erano presenti, come pareti di foglie e fiori, vari tipi di erbe, accuratamente contrassegnate con un cartellino che le chiamava per nome. Il sole che iniziava ad abbassarsi, aveva già lasciato un paio di zone più buie, che Alice andava ad illuminare ad ogni passo che compiva con il suo vestito brillante. La destra passò ad accarezzare alcune delle erbe presenti, il contatto con la natura riusciva a sollevarle lo spirito, facendo brillare di gioia i suoi occhi chiari. Più avanti, di fronte a loro, una statua enorme di Cerumnus e della dea Litha, illuminata dalle candele galleggianti sull'acqua. Era tutto pensato nei minimi dettagli << Wow... è davvero bellissimo. >> mormorò piena di meraviglia, avida di tutti i dettagli che con gli occhi riusciva a scorgere. La figura di Draven costeggiava la propria, anche se alla vista delle erbe non sembrava così entusiasta. Alice afferró un rametto di Calendula e glielo poggió tra le mani << Dovresti portare un po' di sole con te. >> gli sorrise, notando la sua particolare scelta di erbe. Era quantomeno chiaro che avesse dei pensieri che lo tormentassero, quali fossero in particolare non era noto alla Grifondoro. Staccò poi un pezzetto di timo dalla piantina. C'erano cose del passato che ancora la tormentavano e che voleva cercare di lasciar andare. Il distacco era qualcosa che sperava di raggiungere, così da potersi liberare dai quei demoni balordi che incatenavano le sue paure sul fondo dell'anima. << Hmm, Timo per rendere il passato storia e non ancora. >> staccò un pezzo di Felce << Per protezione. >> lo poggió in uno delle fascette che le stringevano la vita. Era un dono. Infine un mix tra artemisia e calendula << Questa mi sa che è un mix letale. >> ridicchió appena tendendo ben salde nella sinistra tutte le erbe. Il drink sarebbe stato il suo lasciapassare per godersi la serata e chissà buttarsi in pista, ballare, ridere, lasciar andare tutte le sensazioni che la tenevano ancorata al terreno. Alice voleva trarre energia dal sole e racchiuderne il più possibile tra i palmi delle mani.
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Interazioni con: Draven

Menzioni: Casey <3

Alice entra nel giardino delle erbe.

 
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view post Posted on 5/8/2022, 20:22
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Il monolite si espande [...] Cadono ancora. La pietra si sgretola tra le mani, le dita sfiorano quelle dell'altro, infine riverso al suolo si nota il marchio d'onore, lo stemma di un Auror, l'Aquila indomita, ormai senza più possibilità di volare. Sorge il Gigante di Roccia, è vivo, è vivo, è vivo. Respira.

***

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La tela del sole si mescola alle sfumature colorate dei partecipanti alla festa: gocce dorate, nel visibilio del vespro, primeggiano come corone regali. Concedono grazia a tutti, non ammettono diniego: è un privilegio, questo, che sfiora anche me. Ondeggia nell'ambra del mantello che vesto, cogliendo impercettibilmente – è un fremito di palpebra – l'avorio, l'indaco, il porpora già in schegge di cristallo. Somiglia al riflesso del lago oramai non più distante – da me, dal cuore, dal luogo serale. Non avrei mai creduto, d'altronde, che il sole potesse essere così bello. Come polvere iridescente, in riflessi adamantini, bagna la pelle scoperta al tepore estivo. All'apparenza è facile lasciarsi catturare dall'illusione migliore, e chiudere gli occhi per un attimo, un altro ancora. Potrei sospingermi altrove, non tornare indietro. Oltre il tempo che mi è stato tolto, oltre l'armonia che ho perduto.
Cosa sono io, mi chiedo. Una domanda peccaminosa, che mi trova impreparato a dispetto dei giorni calzanti – l'indomani si prospetta l'inizio delle vacanze, la partenza che mi condurrà in una casa che non mi appartiene. Mentre stringo le pieghe dell'abito, il tessuto mi confida la risposta che ho a stento celato – chi sono io, mi ripeto.
Questa bocca profetica è in silenzio, priva d'ogni possibile aiuto. Nel sibilo delle foglie di smeraldo, di querce e d'abeti tutto intorno, non c'è responso neanche per me. La schiena, poggiata al tronco poco dietro, mi offre il sostegno verso l'apatia peggiore – dove siete, spettri del bosco. Dove sussurrate i segreti che un giorno confidavate a me, soltanto a me. È l'odore di terra, che rimanda ogni pensiero verso di voi. Ho così tanti ricordi, di questo periodo: di quando le fate spuntavano dai cespugli in fiore del giardino ed io, preda d'incanto, ne rimiravo il volo variopinto dai gradini di pietra; di quando nascondevo ogni gnomo in buche che nessun altro avrebbe mai potuto scovare, prima che divenissero protagonisti di una caccia mutata in gioco insaziabile; di quando la sera attendevamo le stelle cadenti, e i fuochi fatui, e le lucciole d'estate, così un desiderio attirava l'altro e nessuno, nessuno ne ripeteva uno ad alta voce. Somigliavano a pirati all'avventura, su navi d'ombra – la notte non faceva paura, e come poteva?
Eravamo insieme, come da bambini. Con le torte rustiche di zia Adele, il bricco di latte e di miele di mia madre, l'invito ricamato d'oro di nonna – mai inseguiti dall'angoscia del tempo, trascorrevamo tutto il giorno e la notte in compagnia, e perfino al momento del sonno ci guardavamo di sottecchi, un po' birbanti, dallo spiraglio di coperte leggere.
È una presa di ferro, quella della nostalgia. Mentre la memoria s'inerpica in sentieri ripetutamente battuti, il cuore si stringe a sua volta – forse, mi dico, è stato un errore partecipare a questo ballo. Il fuoco, poco lontano, è un campanello d'allarme: ne sono attratto, ancor più per le promesse mistiche cui s'avvolge, ma una parte di me ne è spaventata. Il rimorso mi rende confuso, la tua voce mi riporta qui, nel presente.
Mi basta un tremito di ciglia, per sorriderti. La malinconia è sconfitta, impreziosita dal ricordo che ho di noi all'ultima festa. Assisto così ad un cambiamento repentino, il cuore è instabile sotto il peso di una felicità che spezza la triste sincronia degli istanti trascorsi – l'Inverno ha il tuo nome, nell'incantesimo di neve che prende vita, di cristalli di ghiaccio incastrati tra i capelli, di rametti di vischio e di bacche tra le pieghe degli abiti. Ed è un nome che s'anima in me dolcemente.
«Non sia nulla più di un sogno*» ti dico, nel sospiro di chi ti vede per la prima volta e ti apprezza nel profondo. Il tuo abito ti concede bellezza – mi chiedo se il mio commento, a mo' di saluto, possa aver fatto centro. Il richiamo all'opera che vesti, d'altronde, è limpido per chiunque, sui confini britannici. Mi porti alla mente prati in fiore, e sere sfumate dal canto dei grilli e dei folletti, di quando interpretavamo – piccoli com'eravamo – i misteri di Oberon e Titania, di quando sentivo d'essere Re in un mondo troppo stretto. Invece, è un lampo di gioia ad addolcire il mio volto: quando chiudo gli occhi e piego il capo nel cenno d'inchino gentile, brilla l'immagine di un teatro – poltrone morbide, il fruscio delle creature del sottobosco in scena, io e te sediamo vicini.
«Ti dona molto, sei davvero elegante.» Lascio alla voce il compito di trattenermi: il tempo è con te, non altrove. Il futuro attende. Nel modo in cui la natura ricama i drappeggi del tuo abito, nelle corolle di fiori e di rami, ne sono colpito – stasera c'è qualcosa di magico in te. Indugio appena sull'intreccio sul tuo capo, ne sono catturato.
«Sono opera d'incantesimo, non è così? Sono incredibili.» Mi riferisco ad ogni corno, attorcigliati in un'interpretazione originale. Sento d'essere fortunato ad averti con me, che sia per un momento, un'ora... o come dicevamo insieme fino all'alba. Prima che possa dimenticarmene, ti offro un rametto di biancospino – c'è un bocciolo candido, tra le foglie. Così semplice, è un fiore che ha per me invece grande significato e che si incastra, gentilmente, in un rettangolo di carta color caramello. Non pesa molto, sembra che al suo interno vi sia qualcosa... forse un ciondolo, una calamita, una moneta. Il mio volto è una maschera ridente.
«Questo è per te, prometti di aprirlo soltanto a fine serata.» Giro di un passo, il bagliore del tramonto lungo l'abito. Osservo la Quercia.
«Grazie per essere qui, Camille. Sai, quando ero bambino c'era una tradizione che seguivo ad ogni solstizio estivo. Rincorrevamo i Fuochi Fatui nel giardino di casa e dovevamo esprimere tre desideri, convinti che il giorno potesse trasportarli via e realizzarli già l'indomani.» Torno da te, accostandomi appena. «Iniziamo così, se ti va. Esprimi tre desideri ad alta voce, non c'è rischio. Qualsiasi cosa, tutto quello che credi impossibile. Solo una richiesta...» Ammicco, il cuore si riscalda.
«Punta in grande.»
OutfitOliver

Interazione Camille

 
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