Primo Atto, Linguaggio esplicito

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view post Posted on 24/11/2022, 20:56
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Slytherin △ 18 yo △ half-heartedSi trascina in ritardo verso la Sala Grande. Non ha la minima intenzione di recarsi a lezione e, se non fosse stato per lo stomaco avvallato a causa di un lontano e ben poco avvincente pranzo, si sarebbe chiusa a bozzolo sotto le coperte smeraldine salutando apaticamente il mondo esterno. Il suo rendimento scolastico ne risente ma lo scarso interesse non si limita a questo: aveva influenzato diversi aspetti della sua vita; come le relazioni, per dirne un'altra. Non si era soffermata sulle conseguenze di tutto ciò, non ancora almeno; continua a vacillare nella consapevolezza che, se gli altri si sono allontanati, non è certamente colpa sua. Una mera, infima irrealtà con cui presto, volente o nolente, si sarebbe scontrata.
Prima di varcare la soglia dell’ampia stanza, aveva riposto le mani in tasca, chiudendo gli occhi dinanzi al leggero fastidio che i polpastrelli anneriti avevano causato strusciando con la stoffa morbida dei pantaloni ottanio. Il Medimago era stato chiaro, sarebbe passato tutto nell’arco di un paio di mesi e le sue mani sarebbero tornate come prima. La pece sarebbe sparita, le bruciature avrebbero fatto il loro corso, scomparendo magicamente. Potrebbe dire lo stesso dei ricordi legati a quella notte? Quanto pesa un’altra vita sulla coscienza? Le anime che aveva spento, d’altronde, non si meritano tutto quel senso di colpa.
Quest’ultima convinzione (insieme a tutte le altre di cui aveva ormai perso il conto) è tanto vera quanto fragile: si può tranquillamente dire che qualcuno meriti la sorte che gli è capitata ma ciò non è che un’artefatta consolazione per il fautore. Chi provoca il male, al di là del fine ultimo raggiunto, o prova piacere nel farlo o è condannato al rimprovero eterno della propria ragione.
Raggiunge il tavolo dei Sempreverde sbuffando sulla soglia delle quattro panche: ha come l’impressione che cambino costantemente la disposizione delle casate e ciò la disorienta.
Evita, come aveva ormai preso l’abitudine di fare, di adocchiare la colazione dei Tassorosso: pensare a chi era andato via le provoca un forte mal di testa, soffermarsi su chi è rimasto, un leggero mal di stomaco di cui ancora non ha individuato la ragione - non che, in realtà, abbia tutto questo coraggio d’indagare.
Segue, quasi per inerzia, il prefetto verde-argento che, salutando gli insegnanti, prende posto. Accelera il passo per stargli dietro sperando che l’ombra di lui possa gettare un manto d’invisibilità sul contorno sfuocato, esile di lei: si sarebbe così risparmiata il buongiorno ai formatori di turno.
Quando Draven si siede, sotto la finestra, Emily arriccia appena il naso restando per qualche secondo in piedi, accanto a lui: odia sedersi lì, gli spifferi sono peggio di cento Diffindo dietro al collo e lei ama stare al caldo. Sorride appena e china il capo mentre, a sua volta, si siede, sconfitta: odia il freddo e questo pensiero, in quel momento, assume una sfumatura tutta nuova.
Le mani restano in tasca, però, nonostante le iridi rivolte al succo e le spalle incurvate per sostenere, in qualche modo, lo stomaco che brontola.
Si guarda intorno come ad adocchiare i compagni più vicini: è come se, proprio in quel punto, si fosse creato un enorme spazio vuoto e si chiede se sia a causa sua o del Prefetto al suo fianco. Si volta verso di lui, quindi, quasi a volerne studiare per la prima volta le fattezze.
« Come cazzo fai a star seduto qui, lo sai solo tu » mormora appena e stiracchia le braccia in avanti, scoprendo le dita annerite e stringendo la mano intorno alla caraffa mentre segue lo sguardo del Serpreverde fino al tavolo di fronte a loro, il più esterno della sala insieme a quello dov’erano seduti. L'ampia visuale le permette sciaguratamente di vedere ben benino Megan e resta a fissarla, le parole del gufo ricevuto che si accavallano frettolose nella testa mentre versa il succo che, superato il limite concesso dal calice di metallo, si riversa sul tavolo.
« Porco Grifond— »
Ha forse alzato la voce?
Si zittisce e guarda torvo la Caposcuola dei corvi: oh, è sicuramente colpa sua.
Nobody's perfect and I stand accused for lack of a better word
and that's my best excuse.



 
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view post Posted on 1/12/2022, 17:31
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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12 anni • studentessa • I anno • Serpeverde • Scheda


Si dice che la colazione venga definita come il pasto più importante della giornata. Beh, Lyvie non era per niente d'accordo. Ma come avrebbe potuto affrontare l'ora di Storia della Magia, senza carburante nello stomaco? Era proprio questo il dubbioso quesito che si era posta quella mattina, mentre ancora si accoccolava tra le calde coperte. Scendere o non scendere a fare colazione? Questo era il dubbio. Quasi quasi avrebbe approfittato di quei cinque minuti in più per dormire un altro po'...
Tanto, in ogni caso, non succedeva mai niente di interessante in Sala Grande, niente lì sarebbe riuscito a svegliarla del tutto, a parte il caffè. Sì, solo il caffè era interessante. Lei, inoltre, non era affatto quel tipo di persona abituata a svegliarsi pimpante di primo mattino: preferiva fulminare con lo sguardo chiunque osasse anche solo sfiorarla, durante tutto il suo tragitto verso la Sala Grande.
Chissà quale miracolo la portò a scendere dal letto, vestirsi e dirigersi all'esterno della Sala Comune dei Serpeverde, attualmente deserta. Tutti sembravano essere già scesi per andare a fare colazione e, dando un'occhiata all'orario, si rese conto anche del perché: a breve le lezioni sarebbero cominciate. Come suo solito, era arrivata in ritardo.
Si sistemò meglio gli occhiali da vista proprio mentre entrò in Sala, e lo fece proprio nel momento giusto. Che cos'era tutto quel trambusto? Vide Camille dare una strigliata ad alcuni Tassorosso, una testa dai capelli chiarissimi che non conosceva e tutti gli altri studenti che la osservavano, bisbigliando chissà cosa. Chi è quella tipa? È nuova?
Lyvie non si ricordava affatto di lei, altrimenti l'avrebbe sicuramente notata.
Rimase per qualche istante ai piedi della porta d'ingresso della Sala, cercando di capire cosa stava succedendo effettivamente, ma si rese conto del fatto che - probabilmente - non era il caso di rimanere lì impalata senza fare niente. Avrebbe fatto la figura della stupida. Il desiderio di sapere cosa stava succedendo, però, stava avendo la meglio su di lei, così gettò uno sguardo al tavolo dei Serpeverde, alla ricerca di un viso conosciuto. Proprio in quel momento notò Draven, seduto al suo solito posto: sembrava fosse appena arrivato, come lei. Tra l'altro, aveva proprio voglia di parlare con lui: ultimamente, voci di corridoio dicevano che tra Draven e una certa Megan fosse sbocciato qualcosa, qualcosa di cui voleva venire assolutamente a conoscenza. Non solo perché teneva al suo rapporto con il Prefetto, ma perché voleva anche capire che tipo fosse la Corvonero, se era il caso di tenerla d'occhio o meno. Quella, le sembrò l'occasione perfetta.
Dunque camminò tra le tavolate di studenti in direzione dei suoi compagni, notando anche Casey seduta di fianco alla ragazza nuova, in un trio che includeva anche Camille. Che stessero facendo gli onori di casa? Fu proprio quando passò dietro di loro che sentì un "bentornata", cosa che le diede molto da pensare. Allora non è nuova?
La curiosità era a mille, ma decise di non impicciarsi per il momento. Bensì raggiunse Draven, che salutò con un cenno del capo.

« Che mi sono persa? » esordì la riccia, sedendosi di fianco a lui per tenere bene sott'occhio la situazione. Non perse tempo nell'addentare un toast salato e iper-calorico, mentre gli occhi erano fissi al gruppetto che si era formato attorno alla ragazza "nuova".

« Scommetto che questa non è l'unica novità, Shaw. » proseguì, guardandolo finalmente con le sopracciglia inarcate e un sorrisetto loquace, quasi certa che avrebbe colto al volo il riferimento alla sua dolce metà.
Proprio accanto a Draven si trovava l'ex-Caposcuola dei Serpeverde, Emily Rose, che conosceva - sfortunatamente - solo di nome. Si lamentò del freddo con lui, portando Lyvie ad assumere un'espressione divertita.

« Uno le prova tutte per evitare il contatto umano, a quest'ora. » ironizzò così la Serpina, parlando in generale ma riferendosi proprio a lei, che sembrava di malumore come - in fondo - qualunque persona normale si sentiva di primo mattino.
Trattenne una risata quando la ragazza combinò quel casino sul tavolo dei Serpeverde, rendendosi conto in anticipo della sua distrazione, così come si rese conto delle sue dita annerite; ma non le sembrò il caso di chiedere, sebbene fossero chiare bruciature. Il fatto che avesse alzato la voce rese la situazione ancora più divertente. E menomale che nella Sala Grande non succedeva mai niente di interessante.


PS: 127 • PC: 72 • PM: 74 • EXP: 7,5






Menzione a: Nieve, Camille, Megan, Casey.
Interazione: Draven e Emily.



Non potevo non inserirmi, buonasera :rolleyes:


Edited by Hoiuth - 3/12/2022, 01:57
 
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view post Posted on 2/12/2022, 00:04
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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C90ANcF
Draven Enrik Shaw - Slytherin - 16 y.o.
Il brusio tutt’intorno, la realizzazione di quante persone ci fossero in Sala Grande in quel momento, gli provocò un brivido lungo la spina dorsale. Si era svegliato con quell’iper-sensibilità ai suoni che lo rendeva più insofferente del solito. Non aveva potuto scegliere giornata peggiore per essere un normale studente affamato.
Troppa gente. Troppo entusiasmo. Risate, chiacchiere e sguardi. Sentiva tutto come un formicolio sotto la pelle.
E ora che si era lasciato Megan alle spalle, per colpa di una regola scolastica che vincolava gli studenti a mangiare obbligatoriamente tutti insieme negli stessi momenti, ma senza dare loro la possibilità di scegliere dove sedersi e con chi passare quel tempo imposto, si sentì addosso il peso del rimorso per non aver controllato l’ora prima di varcare quelle soglie infernali.
Non avrebbe resistito a lungo e non se lo poteva nemmeno permettere; considerando la lunga giornata che aveva davanti a sé, doveva cercare di sopravvivere alle ore seguenti mantenendo un livello umorale il più indifferente possibile. Quell’esordio non prometteva bene.
Poteva solo appigliarsi alla calma che gli aveva generato il sorriso imbarazzato di Megan. Per quanto estemporanea, era sicuro che sarebbe stata l’unica cosa bella di quella giornata… C’era solo da tenere le dita incrociate su come sarebbe proseguita e sperare che nessuno lo infastidisse a colazione.
Avrebbe mandato giù un paio di tazze di cereali e portato via con sé qualche panino, così da evitarsi quella trafila sociale anche a pranzo. Era un buon piano.
Talmente assorto nei propri pensieri, con lo sguardo vacuo davanti a sé, mentre si muoveva per inerzia, si accorse dell’ombra che lo seguiva solo quando virò in direzione del tavolo dei Serpeverde. Volse appena la testa per guardarsi alle spalle, lo sguardo inevitabilmente accigliato nel notare l’andamento di Emily Rose.
Non voleva nemmeno provare a chiedersi perché lo stesse usando come scudo umano per nascondersi, ma un po’ la invidiò; la nota più dolente dell’essere diventato Prefetto era che tutti, adesso, sembravano ricordare il suo nome e notarlo quando entrava o usciva da una stanza.
Sbuffò, raggiungendo il suo posto preferito sotto la finestra. Preferito da lui, perché odiato da tutti: per colpa di un’umidità che il suo essere caloroso non aveva mai percepito, ma che sentiva penetrare dagli infissi secolari per via del sibilo generato dagli spifferi. Il punto era proprio quello: che era un posto che non piaceva a nessuno e che dava per un lato sul muro e che, vista la sua assurda fobia di sentire le persone camminare e muoversi alle sue spalle, non poteva non considerare come perfetto.
Spostò lo sguardo, ancora accigliato, da Emily Rose a Lyvie e poi davanti a sé.
Era la prima volta che gli capitava di entrare in Sala Grande nello stesso orario del resto della scuola, da un anno circa, per cui che novità poteva avere lui che la ragazza non aveva?
Scosse la testa, senza alcuna voglia di intraprendere una conversazione.
Magari, dopo la prima tazza di latte e cereali, sarebbe riuscito perlomeno a spiegare a Emily Rose perché quel posto gli piaceva tanto, giusto per non sembrare troppo maleducato con il vice capitano della squadra di quidditch di cui voleva fare parte… Ma non ebbe modo di mandare giù nemmeno un boccone. Aveva appena preso i cereali, quando sentì del liquido cadergli addosso. Si alzò di scatto, per riflesso. Il succo di frutta versato da Emily Rose che, gocciolando, aveva fermato la sua corsa sulla camicia bianca della divisa e il lato esterno di una coscia.
Serrò la mascella. Ogni buon proposito di passare quella giornata senza incazzarsi svanito nella frazione di un secondo. L’imprecazione della Serpeverde che gli risuonò nelle orecchie. Gli occhi iniettati di sangue. Li chiuse per un istante, sospirò. E non appena dal moto di rabbia improvviso riuscì a mettere a fuoco la vista, alzò lo sguardo di fronte a sé. La Grifondoro dai capelli argento nel suo campo visivo.


Edited by Draven. - 2/12/2022, 00:30
 
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view post Posted on 6/12/2022, 01:05
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
18 anni ▪ Corvonero ▪ preoccupata



Tossì appena, cercando di riprendersi dalla sorpresa che l’intervento di Jean le aveva riservato. Megan, in un primo momento, si palesò seria per poi scoppiare in una breve risata divertita tornando ad alimentare l’imbarazzo che poco prima le aveva colorato la pelle di un rosa appena acceso. Gli occhi sulla tazza ormai vuota e poi la mano a riempirla con del caffè caldo. «Ricordami di ricambiare il favore, uh?» rispose sorseggiando la bevanda, poi lasciò lo sguardo perdersi dinanzi a sé senza osservare veramente.
«Sento che vuoi farmi qualche domanda, la curiosità è palpabile» continuò rivolgendosi all’amica. Non si era voltata a guardarla, continuava a fissare il vuoto e di tanto in tanto appoggiava la bocca sul bordo caldo della ceramica. Per qualche istante si chiese se non fosse un bene riuscire a parlarne con qualcuno ma rifuggì a quel pensiero non appena il rosso vivo catturò la sua attenzione in fondo alla sala. E.? Aggrottò le sopracciglia incrociando lo sguardo di Emily Rose, lei la stava fissando.
«Jean puoi scusarmi un secondo?» posò il caffè e lasciò passare le gambe al di là della panca di legno, tirandosi in piedi. Non vedeva né sentiva la Serpeverde dal ballo di fine anno e, soprattutto, non aveva ricevuto alcuna risposta al gufo che le aveva mandato prima di partire per Londra. Era preoccupata e sebbene si sentisse in parte in colpa per quell’improvviso distacco, aveva promesso a lei e a se stessa che non avrebbe mai fatto un singolo passo indietro, che ci sarebbe stata nonostante tutto. Camminò superando i tavoli di mezzo, senza porre attenzione alle discussioni che stavano nascendo tra gli studenti delle altre case. La guardava e camminava verso di lei con il cuore in gola e la paura di essere rifiutata. Si chiese se quella mancata risposta alla missiva fosse proprio un tentativo di diniego che Emily aveva adottato per non farle troppo male e si sentì peggio. Si era già preparata a perdere l’ennesima persona a cui teneva, convinta di poter superare tutto. Eppure, in quella consapevolezza sentiva anche il dolore stringere lo stomaco e il senso di nausea riportò il sapore del caffè in superficie.
La sicurezza che l’aveva condotta lì vacillò lasciandola rallentare. Abbassò lo sguardo, un respiro profondo prima di prendere la direzione definitiva. Era al centro dell’attenzione adesso che attraversava lo stretto corridoio che divideva i tavoli e, questa volta, non riuscì ad abituarsi a quella sensazione. «Possiamo parlare?» le disse piazzandosi davanti al di là della lunga asse di legno, «Mi va bene anche qui ma parliamo» concluse rimanendo immobile. Le iridi blu cercarono quelle di Emily, il velo di preoccupazione e tristezza si nascondeva dietro la patina lucida che rifulgeva alla luce in quello spazio.



MENZIONI: Emily
INTERAZIONI: Jean, Emily

 
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view post Posted on 6/12/2022, 19:10
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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F i r s t • A c t

Sottopelle corre veloce la sensazione d’impotenza. Non esiste via di fuga che possa darle scampo da una situazione che non ha cercato, creata da qualcuno che aveva la presunzione di credere di conoscere fino in fondo.
Nieve Rigos non le era mai sembrata tanto lontana da lei come in quel momento e capì, con lo smarrimento che segue il risveglio da un bel sogno, che forse quell’idea di lei era stata semplicemente e inesorabilmente un’illusione. Mentre guardava Camille Donovan eseguire il suo ordine senza battere ciglio un brivido nuovo le corse lungo la schiena, scuotendola da capo a piedi: l’aveva fatto di nuovo, proteggerla senza rendersene conto, fingendo di tutelare la sua Casa - Tassorosso - come se le due cose avessero un valore e una priorità differenti.
Anche Nieve era stata casa, in un modo così naturale e spontaneo da renderle impossibile ignorarla. La proteggeva nonostante i mesi di silenzio, durante le settimane passate a chiedersi che cosa fosse accaduto e perché nessuno volesse rispondere alle sue domande. Si era sentita spogliata di ogni difesa per troppo tempo, in balia di decisioni prese da altri e a cui lei non aveva potuto far fronte.
Persino l’Anello che indossava si prendeva gioco delle sue intenzioni: i colori di Tassorosso le avvolgevano l’indice in un abbraccio di leggero metallo, nelle cui fibre scorreva la magia dei Gemelli Weasley; in quell’incantesimo che pareva voler superare la distanza reale tra due corpi e due spiriti, uniti da un legame più profondo di qualsiasi altro, ecco che l’illusione andava fortificandosi sfiorando la solidità della realtà pura e cruda. Odiava il fatto di averla cercata, notte e giorno, attraverso quell’oggetto ad oggi insignificante.

Un cenno educato del capo salutò l’avvicinarsi del Prof. Cravenmoore al tavolo dei docenti e con naturalezza volse il capo nella direzione della Grifondoro, come se si aspettasse di vederla per la prima volta, ancora.
Vedeva le sue labbra muoversi, mimare parole inudibili da quella distanza, e il desiderio di sapere che cos’avesse da dire - ancora - iniziava a corrodere internamente tutto il suo sistema nervoso. La curiosità e la rabbia si mescolavano insieme in un mix pericoloso e affascinante allo stesso tempo; così una parte di lei continuò ad osservare le due ragazze - il Prefetto e la rediviva Rigos - chiedendosi se e quando i nervi della Donovan sarebbero scattati come molle sollecitate con la giusta pressione.

Aveva visto Camille accettare la spilla con la stoicità e l’entusiasmo tipico della sua età, ma l’aveva anche assistita in quel percorso di crescita straordinario e non dubitava che il suo aplomb avrebbe preservato Nieve da una risposta chiara, immediata e inequivocabile. Qualunque cosa le stesse raccontando Nieve era certa che Camille non avrebbe abboccato al suo amo; anzi, esisteva una buona probabilità che chiunque in quella stanza avrebbe capito che mettersi contro Camille avrebbe solo reso la giornata peggiore. Sembrava una ragazzina dolce, con quei suoi lineamenti delicati, ma in lei viveva anche la parte del suo carattere che gliela rendeva più simile: perentoria e rispettosa delle regole, la Donovan non transigeva in nulla e, se la situazione lo richiedeva, sapeva affrontare con la giusta dose di autorità le sfide che si apprestavano ad intralciarle il cammino. Aveva dovuto insegnarle poco o nulla in merito e di questo era grata.
Una parte di lei sapeva, però, che Nieve Rigos non fosse da sottovalutare: la sua capacità di urtare i nervi era seconda solo a quella di Pix e - al contrario del Poltergeist - la Grifondoro sapeva di poter puntare su una forma di meschinità che, ad onor del vero, a lei aveva sempre fatto comodo. Erano facce di una stessa medaglia, una più solenne e misurata persino nelle reprimende e l’altra quasi sempre più sagace e impertinente. Quei mesi trascorsi lontani e chissà dove, tuttavia, dovevano aver cambiato quell’assetto, sbilanciandolo. Non sapeva che cosa aspettarsi da lei, ma del resto… nemmeno Nieve l’avrebbe saputo davvero a ruoli invertiti. Non dubitava nemmeno che la persona che ora parlava con Camille fosse incline a cercarne il favore, sfidandola naturalmente, come solo lei sapeva fare.
Quel pensiero, al netto di tutti gli altri, le fece ribollire il sangue. Camille Donovan era troppo poco avvezza alle capriole umorali di Nieve; doveva fermare qualsiasi cosa fosse in atto in quel preciso momento, prima che la situazione degenerasse in qualsiasi modo.

Inspirò.
Dov'è stata Nieve? Dov'era quando il suo mondo crollava a pezzi e la sua morale si sbriciolava come pane fresco? Dov'era quando la sua vulnerabilità l'aveva spinta tra le braccia di qualcuno che mai, prima, avrebbe considerato degno di fiducia… figurarsi di un sentimento più viscerale e profondo? E dov'era Nieve quando aveva bisogno di dirle che aveva sbagliato tutto, che non aveva capito niente, che dopotutto Mike era e sarebbe rimasto un cardine, proprio come lei avrebbe dovuto essere per Nieve?

Espirò.
Non c'era. Semplicemente impegnata ad essere Nieve. A creare e disfare i propri problemi con una facilità disarmante, come se il mondo dovesse scomparire dinanzi alla sua presenza, poiché niente più importava se non Nieve, il suo essere e la sua forma, fragile e vittima del male e della crudeltà terrena e spirituale dell'uomo.
Nieve era ostacolo e salvezza solo per Nieve.
Non c'era posto per nessuno altro.

Nell’abbandonare la colazione a metà c’era il bisogno di allontanarsi da quella Sala, in parte volendo approfittare del fatto che fosse proprio il suo Prefetto a liberarle la strada verso la fuga; d’altro canto, adesso voleva che Nieve facesse i conti con lei, con la persona che era diventata senza la Grifondoro. Voleva che patisse la pena d'essere ignorata, vista e volutamente ignorata, così come lei aveva visto le sue parole su carta e udito la sua voce provenire dall'anello.
Lo guardava ancora, percependolo al tatto come un oggetto pesantissimo, e il contrasto con quanto aveva provato nel riceverlo - leggerezza, affetto e vicinanza - era sbiadito come un paesaggio pervaso dalla foschia del primo mattino. C'era stato, continuava ad esistere oltre quel velo, ma non era più nel suo campo visivo. Tantomeno poteva sentirsene legata, non quando la materialità di gesti e intenzioni era diventato un aspetto così importante nella vita quotidiana.

Si alzò all'improvviso, decisa e determinata a non fare rumore più del necessario, pulendo gli angoli della bocca con un tovagliolo e monitorando il tempo sull'orologio da polso. La prima lezione della giornata era ancora lontana, ma nessuno spazio in quella scuola sarebbe stato abbastanza vasto per separarla dall'idea radicata di prendere Nieve e scuoterla al punto di spogliarla di ogni maschera. Perché quella non poteva essere Nieve.

Presa la borsa a tracolla, scoccò un ultimo sguardo a Camille, vedendo che Casey Bell si era aggiunta al gruppo, oscurando alla sua vista l'oggetto della sua malinconia; non aveva intenzione di fermarsi, né di proferire parola. Vedeva quelle tre testoline vicine, nel vociare confuso della Sala Grande, e si chiedeva - col battito del cuore in gola - che cosa avessero da dirsi e perché Camille avesse stampata in volto quell'espressione serena.
Procedeva a testa alta, il passo sicuro di chi abbia fretta di raggiungere un luogo ben preciso in un tempo prestabilito. Come se fosse davvero importante quel che andava facendo. L'assurdità, se così poteva dirsi, era che non aveva idea di quello che avrebbe detto, fatto o pensato se il momento si fosse cristallizzato imprigionandola come una libellula nell'ambra. Se non fosse stata capace di andare oltre, di passare quel punto che via via si avvicinava, là dove i lineamenti delle tre ragazze diventavano più nitidi e le loro voci si mescolavano sempre meno al sottofondo.
Udiva Camille, voce rassicurante, e sentiva la risposta di Casey - pacata solamente per il fatto di trovarsi a propria volta in una situazione un po' spiacevole e volendo fingere che non fosse, forse, così; la voce di Nieve non era cambiata nella sua tonalità, la riconobbe e il cuore fece una capriola nel petto ritrovando quel timbro così caro, eppure, c'era un'inflessione maliziosa e meschina che non aveva mai trovato, un sottinteso di significati che andava ben oltre il messaggio innocuo espresso a parole. Sentiva il bisogno di preservare Camille da lei, adesso, perché in passato avrebbe retto il gioco della sua amica, ma adesso? Adesso aveva responsabilità diverse e una diversa condotta.

Quella non era Nieve.
E lei non era la stessa Thalia.

Si avvicinò al suo Prefetto, ignorando Nieve e scoccando uno sguardo a Casey dal sapore di un saluto distratto.
«Quei due dove sono?» chiese.
Lo sguardo rivolto solo a Camille, la richiesta perentoria e il desiderio di non lasciarsi sopraffare dall'emozione. Non solo scorgeva la sua figura - una macchia indistinta di colore niveo più di quanto lo ricordasse - con la coda dell'occhio, ma percepiva il suo sguardo bruciante addosso.
Non poteva pensare di ricambiarlo. Non con così poco preavviso e preparazione.
«Fagli sapere che questa sera dovranno parlare anche con me. Non tollero certi comportamenti.» continuò «A prescindere.»
Perché non era il bullismo ai danni di Nieve ad averla fatta intervenire; o meglio, così le piaceva pensare pur sapendo di mentire a se stessa profondamente.
Fu allora che si voltò per abbracciare con lo sguardo la figura della Caposcuola Grifondoro con un sorriso di circostanza e la figura dell’Ex Prefetto, la persona che più tra quelle mura aveva conosciuto i suoi segreti e le sue paure.
Stupidamente, nell’incontrare la sua figura - questa volta per intero e senza sconti -, la maschera di austerità che aveva deciso di indossare aveva finito per scivolarle dal viso, mentre le labbra si schiudevano appena in un accenno di stupore.
Era sbagliato, lo sapeva, darle ciò che Nieve bramava di più: attenzioni e cure. Lei le prendeva e le gettava via come fazzolettini usati e dimenticati negli angoli delle tasche; ogni gesto nei suoi confronti un atto dovuto per leggi sacrosante e mai scritte.
Era anche impossibile, però, fingere che quello che stava vedendo non fosse agghiacciante: occhi vitrei e carnagione sempre più pallida, capelli bianchi come se la paura l’avesse colta nel sonno e le avesse lasciato quel dono scomodo. L’associò ad una figura spettrale, con quei suoi tratti esageratamente flebili e pur così intensi a confronto con l’ampia luminosità della Sala. La veste nera, bordata di rosso vermiglio, e lo stemma Grifondoro appuntato sul petto non miglioravano l’assiociazione mentale che istintivamente aveva fatto nella sua testa.
Hogsmeade, cancelli di Hogwarts. Un manto nero come la pece, magro e scarno, l’occhio vitreo e il respiro caldo. Non avrebbe dimenticato quella visione, né la ragione per cui aveva potuto - finalmente - averne accesso.
Nieve era in tutto e per tutto un’anima in pena - su questo non c’erano dubbi -, ma doveva ammettere che la separazione aveva avuto su di lei l’effetto contrario: non la rinascita, ma la morte.
La morte di chi lei era stata prima.
Di quello che loro, insieme, erano state.
Nieve era un Thestral in forma umana, non ne aveva dubbi, e sembrava lì per ricordarle che la loro amicizia era morta, senza che lei potesse farci niente.

Interazione Camille
Menzioni: Lucien, Nieve, Casey



© Thalia | harrypotter.it

 
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view post Posted on 11/12/2022, 17:25
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entropia.

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P l a y

w5Lpd6X
chapter one: the first act
Sei qui…
Un sussurro, come un desiderio pronunciato a bassa voce nel timore di vederlo rubato — portato via da un ladro avido. La vita ti trascinerebbe lontano come ha fatto con tutto il resto, se ammettessi che ho vissuto segretamente per questo momento? Se capisse che il mio corpo sta reagendo alla tua vicinanza per quante volte mi sia detta di non farlo, per gli anni di preparazione trascorsi a impormi l’esatto contrario?
Lo vedo che sei diversa, che sei cambiata. Capisco anche che sei ferita e arrabbiata. E una parte di me intimamente gioisce perché significa che non mi hai dimenticata; che, a dispetto dei miei più grandi timori, l’oblio non è subentrato a cancellare ciò che siamo state l’una per l’altra. Adesso, ho finalmente la dimostrazione di aver avuto importanza per qualcuno.
Di essere importante per te.
È un bene che tu sia così impegnata a ignorarmi, Thalia. Se così non fosse, ti saresti accorta che mi sono alzata notando il tuo avvicinamento o del modo in cui il mio braccio si sta istintivamente protendendo a cercarti. Riesco a vederlo nella mia mente — ancora, ancora e ancora —, intanto che non sono in grado di staccare i miei occhi dal tuo volto così caro al mio cuore, il momento in cui getto le braccia al tuo collo e inspiro il tuo profumo per mettere fine a questa inutile separazione. Saresti la sola cura in quasi due anni al dolore insopportabile che continua a trafiggermi il petto, al vuoto che mi ha costretta lontano da te.

UNAlemT
long live the queen
Quante spiegazioni dovrei darti, amica mia! Immagino che ti chiederai per quale motivo non ho mai dato seguito alle tue lettere. Il fatto è che, se dovessi risponderti con la verità, trasformerei la tua rabbia in senso di colpa e ti amo di una profondità che mi impedisce di farlo. Dovrei spiegarti che l’atroce sofferenza della perdita e del tradimento mi ha costretta a uno stato di catatonia da dicembre ad aprile. In quel periodo, sono stati i nonni, Tully e un infermiere esperto nelle cure domiciliari a prendersi cura di me. Il racconto continuerebbe con un risveglio cosparso di incubi, urla notturne e diurne — il timore costante di impazzire. Poi, le droghe e la perdizione.
Non vuoi saperlo. Non ne hai bisogno. Non voglio trascinarti nei mio inferno.
Così, abbasso il braccio e ricaccio indietro le lacrime, mascherandole con il naturale aspetto vitreo del bianco in modo che, quando finalmente ci guardiamo, tu possa vedere solo il fantasma senza i sentimenti che prova per te. O, se non altro, è questo che mi auguro.
In realtà, sono così tante le parole che premono per uscire sull’orlo delle labbra che sono costretta a tenerle serrate per impedire loro di uscire. Vorrei dirti che mi dispiace, ad esempio, e che mi sei mancata. Che egoisticamente avrei voluto averti accanto e lo vorrei ancora adesso. Che il nodo che sento stringermi la gola porta con sé ogni singola sfaccettatura delle emozioni che non abbiamo mai verbalizzato — perché gli esseri umani sono fatti così, mostrano piuttosto che confessare. Oggi, invece, vorrei dirtele una per una con la solennità che si riserva alle poesie.
Dov’è finita la freddezza di poco fa, Rigos?, chiede una parte di me con l’intenzione di ridicolizzarmi e io la lascio fare.
Sento la Sala Grande vorticare attorno a noi e l’universo annullarsi. Non esiste altro all’infuori dei nostri cuori che battono e dei nostri sguardi ritrovati. So che non durerà a lungo, che l’incanto si spezzerà e tornerai a odiarmi presto — e io te lo lascerò fare perché è la cosa giusta. Per questo, tento di imprimere l’istante nella mia mente per poterlo rivivere in futuro, nel silenzio della mia stanza, sotto un cuscino di lacrime.
Mi manchi così tanto…
Fa male avere la consapevolezza di perderti, Thalia, al punto che sento la Metamorfomagia reagire come il giorno che ho scoperto di Astaroth. La sola differenza è che ho la consapevolezza di saperti viva e felice con qualcun altro. Con Camille che, forse, sarà un’amica migliore di quanto io non sia mai stata. La invidio in modo bruciante adesso, con un'intensità che trasforma la simpatia nel suo opposto e la fa sobbollire nelle mie viscere. Mentirei se dicessi che il pensiero non sollecita il mio desiderio di crollare sulle ginocchia, qui e ora, e dare motivo ad altri di infierire su di me.
É straziante…
Mi sostituirai alla fine. Diventerò un ricordo amaro dei tempi della scuola, quando avrai una vita tutta nuova con persone che saranno i pilastri fondamentali della tua esistenza e io sbiadirò. Chi sarà lì con te? Chi sarà oggetto del mio livore, quando continuerò a pensarti da lontano e ogni ciocca rossa incontrata per caso mi ricorderà te?
Abbasso lo sguardo, ponendo fine all’incantesimo, e lo alzo al soffitto incantato solo per chiudere gli occhi e inspirare. È troppo. Le lacrime si ammucchiano dietro le palpebre e io mi percepisco svanire dentro il tessuto della divisa. Il ritmo del cuore è folle sotto lo strato sottile di pelle — espiro.
Un brivido freddo corre sottopelle, trasmettendomi una sensazione di debolezza e insieme di grande energia.

«WOW» esordisce la vocina acuta della Grifondoro occhialuta alle mie spalle, la cui attenzione è focalizzata sulla sua tazza di tè. La superficie sta bollendo come sottoposta a una fonte diretta di calore. «GUARDATE CHE FIGATA!»
«EHI! Lo fa anche il mio succo di zucca» si aggiunge un concasato.

I capelli all’altezza delle tempie hanno raccolto le lacrime che ho versato in silenzio. Torno a guardare prima il soffitto, poi te. Ho di nuovo sul volto la maschera che mi sono imposta di indossare per proteggerti.
È davvero finita? Noi siamo finite?
You'll be the saddest part of me,
a part of me that will never be mine


Edited by ~ Nieve Rigos - 14/12/2022, 09:11
 
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CASEY BELL
HE/HIM

jpgNon vedeva Nieve da molto tempo. La maggior parte delle persone in quella scuola potevano vantare un ricordo ben più lontano di lei, non solo per i mesi trascorsi dalla sua scomparsa ma anche per l'immagine che ne possedevano: una ragazzina vivace, sbarazzina, selvatica, dai lunghi capelli color neve, dagli occhi vispi e sempre pronti a dedicarti una burla alla prima mossa incauta.
Non sapeva invece quanti di loro - non dovevano essere molti, altrimenti se ne sarebbe parlato in giro - ad averla vista per l'ultima volta nello stesso modo in cui era apparsa a lui a Nocturn Alley. Selvatica sì, sbarazzina forse per i capelli scomposti e come eufemismo del caos che governava le sue azioni, ma uno spettro che vagava in cerca di un po' di vita da respingere.
La memoria di quella Nieve dalla chioma lanuginosa e arruffata, che morde e che graffia con lunghi artigli a fungerle da protezione, era dura a morire ma al contempo era incerta. Persino lui faticava a ricordare l'esatto svolgersi delle azioni, quanto provato e il legame fra i pensieri, perché l'eccesso d'ira l'aveva accecato. Probabile era che Nieve stessa non ricordasse niente per via dello stato in cui si trovava. Ci avrebbe scommesso tutti i galeoni che teneva in tasca quel giorno. Anche se credeva che a un certo punto della notte, quando ella si alzò dallo scomodo letto di Bones Street per scomparire, fosse ritornata quasi del tutto lucida.
Ovviamente lui non dormiva quando accadde. Mai dormiva dopo, durante, prima di forti emozioni. Restava in dormiveglia, cedendo alla stanchezza col corpo che dolorante sopportava le posizioni scomode date dal dormire in due in un letto a una piazza e mezza, ma con la mente perennemente attiva che manda in onda un'accozzaglia di immagini, scene e pensieri sconnesse tra loro fomentando l'irrequietezza.
La sentì alzarsi, la sentì dargli un bacio, la sentì andarsene, e non fece niente. Era inutile trattenerla, perché non si sarebbe lasciata trattenere, perché lui non avrebbe potuto fare niente per lei, perché la sua mente era altrove.
Dopo un'ora, alle prime luci dell'alba, indossò il suo mantello e andò alla ricerca dell'uomo che avevano abbandonato in stato di semicoscienza vicino casa sua. Non lo trovò, e se per un attimo ebbe un sospiro di sollievo, la stanchezza e l'insonnia lo riportarono a rimuginare sulle possibilità che si celavano dietro l'assenza del suo corpo. Ma questa è un'altra storia, e non vale la pena di essere raccontata a colazione.
Tornando al tavolo dei Grifondoro, Casey beveva il suo caffelatte e rifletteva. Osservava Nieve e si diceva che, se la Nieve di Nocturn Alley era diversa da quella di prima, questa era ancora un'altra Nieve.
«Mi fa piacere» le rispose prima di tirare un altro sorso. Poi il discorso con Camille si infittì, e finirci dentro a capofitto con la testa fu un toccasana dato che si dimenticò per il momento del bisbigliare furioso. Perché se la natura di Nieve era il mutamento, quella di Casey era la nevrosi e la paranoia.

«[...] perché ero un’orfana sudicia, cresciuta dalla pazza del villaggio. Adesso perché… Be’, penso che non ci sia bisogno di tante spiegazioni!»
Non poté evitare di constatare che il tono, il modo, il gesto, di pronunziare tale discorso fosse un ulteriore mattoncino della nuova figura che Nieve aveva costruito di sé questa volta. Certo, quella disinvolta sfacciataggine le era sempre appartenuta, ma ora era quella di una signorina ritirata a lucido come le sue scarpe, scintillanti sotto la tavolata.
«Ordinaria amministrazione, insomma» commentò. Se non quasi tutto, molte di quelle cose facevano parte anche della sua vita. Probabilmente Camille avrebbe potuto considerare shockante una simile reazione, ma un toro e un bufalo riescono a darsi del cornuto a vicenda senza offendersi. Solo, non aveva ancora ben capito cosa fosse successo. Di sicuro dovevano c'entrare i capelli bianchi pasticciati di pudding, marmellata o quello che era. Non si intromise.
«Che signora» commentò con il riso sotto i baffi di fronte all'invito per Camille. *Facciamo le comari?* «Insomma, Cravenmoore ha uno sguardo eloquente. L'ho beccato un paio di volte con ragazzette che dovevano avere all'incirca la nostra età o meno. Non so se Tassorosso c'entri, ma-»
Una voce sovrastò la sua. Inaspettatamente per Casey, Thalia li aveva raggiunti. La guardò. Anzi, ne scrutò le sguardo indurito. Preso alla sprovvista e totalmente inconsapevole di quanto accaduto poc'anzi, l'unica associazione fra lei e la situazione in atto erano le parole che avevano condiviso in treno. Sperava in cuor suo che nessun altro le avesse udite, che solo loro ne condividessero il segreto.
Perché? In un idilliaco mondo in cui Casey era in grado di scansare i guai, tutta la faccenda di Nieve non lo avrebbe minimamente toccato. Si sarebbe fatto i cazzi propri, non si sarebbe preoccupato, non avrebbe portato Thalia a fare altrettanto. Tutti felici, tutti al proprio posto a pensare ai propri compiti o a quanti grammi dover nascondere nel proprio dormitorio. Se non fosse che Nieve - quell'ombra che piano piano svaniva nei suoi ricordi - era stata importante, e la sua inconscia richiesta di aiuto era stata importante. La portata del suo malessere era importante. E, sebbene Casey forse c'entrasse poco, si sentiva responsabile di lei come lo era il testimone di un crimine.
Scoccato il breve sguardo, tornò ritto sulla sedia e terminò il suo caffè allungando gli occhi davanti a sé. Il tavolo Serpeverde, folto di teste, parve parlargli in quel preciso istante come la bocca di un oracolo. Le amicizie spezzate inglobavano quell'unico mattoncino di Sala Grande su cui tutti loro stazionavano, come crepe pronte a tagliarlo e sbriciolarlo come farebbero i vincitori con l'ultimo reduce della loro battaglia.
Incontrò i suoi lineamenti, sempre così cupi, imbronciati e arroganti, e per un breve istante credette di stargli sorridendo. Si nascose dietro la tazza e abbassò le palpebre e, forte dell'idea che ormai fosse troppo tardi per destinarsi sorrisi, si disse che non era più tempo di concedersi alla malinconia dei bei tempi andati.
I ragazzini schiamazzavano, qualcuno diceva che gli stava bollendo il succo. Ad Hogwarts succede di tutto. Si guardò a destra, poi a sinistra, e incontrò l'ulteriore mutamento di Nieve. Prima stalattite, ora un fiocco sciolto che diviene acqua per confondersi nel manto nevoso dei suoi capelli.
Gli risultava comico quante maschere quella ragazza era in grado di indossare, ma ancor di più quanto lui e lei fossero simili in questo. Se quel mattino Casey si era tinto la faccia da generale, Nieve voleva essere una Fenice risorta. Le maschere però danno solo una parvenza di resurrezione, e bastava un po' d'attenzione per scorgere le pupille lucide lacrimare dietro i fori nel legno.
Le prese la mano, quella percorsa dalle cicatrici. La strinse e guardò altrove, dandole modo di asciugarsi il pianto potendo far finta di non essere stata vista.



Interazioni: Nieve, Camille.
Menzioni: Lucien, Thalia, Draven.



Edited by ion` - 14/12/2022, 12:09
 
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view post Posted on 24/12/2022, 01:28
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Slytherin △ 18 yo △ half-heartedIl sospiro del Serpeverde la costringe voltarsi in sua direzione. Posa la brocca e le iridi cineree seguono il liquido che si fa strada verso di lui, risalgono lungo la camicia andata, si posano sui suoi occhi.
« Se hai qualcosa da dire, tienilo per te » sovviene, ancor più irritata di quanto potesse esserlo lui - la vittima - seppur certa non avrebbe parlato.
« Hai ragione » aggiunge, il petto s’alza inspirando ansante. Cerca di calmarsi. La schiena si piega appena in avanti, una lunga ciocca vermiglia ricade nel vuoto, mossa dai dannati spifferi che iniziano a tagliuzzarle il collo come lama gelida. Si volge alla Serpina che non ha visto arrivare, « Non tutte le compagnie sono gradevoli » e torna con lo sguardo al Prefetto, senza nascondere che si sta riferendo proprio a lui; anzi, indugia più del dovuto affinché risulti chiaro.
Non è che non lo sopporti, non lo conosce nemmeno infondo ma odia profondamente che non l’abbia degnata nemmeno di una qualche minima forma di attenzione; inoltre, Emily sembra proprio alla ricerca di qualcuno su cui riversare il proprio astio mattutino. Dunque, perché non lui?
Qualcuno, però, ha voglia di sacrificarsi per quell’ingrato compito e l’antipatia improvvisa verso Draven sparisce nell’esatto momento in cui la voce di Megan la fa trasalire.
Al suo possiamo parlare raddrizza la schiena con estrema lentezza, gli occhi che per un solo fulgido secondo volgono al cielo stellato.
« Non è il momento », la butta lì e fa ricadere lo sguardo sul tavolo imbrattato, come a voler dire "non vedi che ho un problema?". Si rende quasi subito conto che non si tratta affatto di un’urgenza valida e quasi si maledice per non aver detto, con tutta onestà, che non ne aveva minimamente voglia.
«Mi va bene anche qui ma parliamo»
« Cosa c’è di così urgente? » , non la guarda, la mano accarezza la gamba sinistra, tira fuori la bacchetta.
« Ti sei persa Confa, forse? Non credo di averlo visto nei sotterranei », chiede con stupida ironia, il viso che scuote appena, una smorfia sulle labbra a sottolineare che non aveva la più pallida idea di dove fosse.
È ovvio che non è quello il tema centrale della conversazione che Megan desidera avere ma l’irritazione stuzzica l’impulsività ed Emily non vede ragione di opporsi.
Con un colpo di bacchetta il succo sparisce. Potrebbe fare lo stesso alla camicia del Prefetto e, nel guardarlo nuovamente, quasi sembra pensarci - anche solo per vedere se reagirebbe dinanzi a una bacchetta puntata contro o se è davvero così flemmatico come sembra.
Appoggia i gomiti sul tavolo tirato a lucido e porta entrambe le mani sul Salice. La sinistra stringe l’arma con poca enfasi, la punta annerita dell’indice destro preme contro la punta.
Ancora non la guarda. Non ha la minima intenzione di farlo.
Per la prima volta adocchia in tralice le panche dei Tassi, poi torna con lo sguardo davanti a sé e aggrotta di poco la fronte: i colori della divisa Corvonero sono come un pugno in un occhio.
Nobody's perfect and I stand accused for lack of a better word
and that's my best excuse.



Interazioni: Draven, Lyvie, Megan
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view post Posted on 27/12/2022, 19:37
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Camille Donovan • Hufflepuff Prefect • 15 y.o

Non credo ci sia bisogno di esternare la classica compassione. La compassione potrebbe ferire al pari di un’offesa in certi casi, così mi lasciò intendere Maxwell una volta. Il “mi dispiace” di circostanza lo ritengo inutile ed inopportuno adesso, non può mettere di punto in bianco un cerotto sul vissuto della ragazza. Qualcosa di simile però mi attraversa lo sguardo per un secondo, ma sparisce lasciando spazio ad un’espressione che al contrario ostenta della sicurezza «La ruota gira per tutti, persino per loro. Si chiama karma abitudine accolta con accettazione o meno, nessuno deve essere preso di mira gratuitamente.
Ordinaria amministrazione, dice il Caposcuola.
Spero d’ora in avanti non sia così, altrimenti al Castello si sarebbero tramutate in ordinarie punizioni già di primo mattino.
«Fuori ancora non posso garantire, ma almeno qui ad Hogwarts se dovesse ricapitare puoi contare sul mio aiuto!» sono sincera, è un atto concreto che posso realizzare e mio parere vale più di quel “mi dispiace” inespresso.
Un sorriso è ancora una volta dedicato a Nieve «Il loro karma si chiamerà Gazza e….pulizia dei bagni comuni compreso quello infestato da Mirtilla Malcontenta e dal suo amore incondizionato verso gli incauti visitatori.
L’attenzione di entrambe si sposta su Casey, che a quanto pare custodisce segreti che non sono ancora giunti alle nostre orecchie. Non che a me sia mai interessato captarli, in effetti.
«Sì, insegna Cura già da un po’.» confermo a Nieve, scrutando poi il suo concasato «E concordo con lei, c’è qualcosa che dobbiamo sapere?» sono estremamente curiosa, un sopracciglio indagatore scatta in alto «Tra l’altro non pensavo fossi interessato al “gossip”, Cas! Non è che dietro l’ormai famoso pseudonimo di Lady Ashdown ci sei tu, eh?» non trattengo una smorfia malandrina in sua direzione, non lo avrei mai immaginato a fare la comare di turno, ma in fondo di cosa si può essere completamente certi?
Mi sorprende ciò che rivela, gli occhi si spalancano istintivamente mentre assimilo le parole. Muovo un paio di passi in loro direzione, ho ancora del tempo da spendere prima di andare a lezione, accettare l’invito non mi scombinerà gli orari suppongo «Questa mi è nuova.» mi esce in un sussurro, più rivolto a me stessa che a qualcuno in particolare. Sto per aprire di nuovo bocca, ma la lingua così come i piedi si bloccano appena sento la voce di Thalia.
«Sono in Sala Comune, a sbollire – e mi auguro a riflettere – prima di andare in aula.» la rassicuro, le iridi fisse nelle sue «Glielo riferirò subito e, lo sai, se sarà necessario controllarli nei prossimi giorni non mi tirerò indietro.» meglio per loro se non si comportavano da recidivi, sciocchi muri di gomma che fanno rimbalzare agilmente i rimproveri di entrambe.
Sto per allontanarmi dando la priorità ai miei doveri di Prefetto rispetto alle chiacchere, ma qualcosa mi cattura come una calamita. Thalia mi sembra tesa, probabilmente per la situazione che si è creata mi dico sul momento. Mi basta voltarmi però per accorgermi che Nieve sta tentando di nascondere il viso, come se fosse sull’orlo delle lacrime. L’aria attorno si fa elettrica, alcuni Grifondoro iniziano a sostenere che il loro succo di zucca abbia preso inspiegabilmente a bollire. «Che succede? Tutto bene?» una domanda stupida posta di getto, lo sguardo che corre rapido da l’una all’atra.
Mi mordo forte il labbro inferiore, amaramente pentita di averlo chiesto.
Non comprendo cosa stia accadendo e perché, se la reazione della ragazza sia collegata alla presenza della mia Caposcuola o a qualcos’altro che mi sfugge. Non sono nemmeno affari miei e immischiarmi non è un mio diritto, tutt’altro, ed è solo controproducente.

© Thalia | harrypotter.it



Perdonate l'imperdonabile ritardo, sono stata risucchiata :flower:

Interazioni: Nieve, Casey e Thalia :patpat:
 
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view post Posted on 28/12/2022, 16:02
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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F i r s t • A c t

C'è lo spazio di un momento, un millesimo di secondo in verità, nel quale non riesce a pensare. Non può nemmeno provare a mettere nero su bianco quale sia l'effetto che Nieve ha su di lei in quell'istante; farlo significherebbe affrontare una miriade di ricordi, sensazioni e umori che non può e non riesce ancora a definire. Se anche riuscisse a dare un nome, un'etichetta più che altro, a quello che il suo corpo prova e la sua mente non riesce a razionalizzare, forse non avrebbe nemmeno il coraggio di farsi avanti ed affrontare l'intera situazione.
Quando si è alzata dal tavolo della colazione, poco prima, l'ha fatto nella certa convinzione di poter mettere in linea due parole, fare un discorso sensato al di là delle stupide raccomandazioni da Caposcuola, ma non ce la fa. Quello che vede le mozza il respiro e le lascia addosso la sensazione che una forza indicibile le stia stringendo le viscere, una ad una, mentre lo sguardo - l'unica parte di lei a non cedere allo sconforto e allo shock - continua a registrare i mutamenti occorsi sul viso della Grifondoro e un ricordo improvviso la scosta dal presente con la forza di un uragano.

Toscana. Un'estate indimenticabile. Un caldo torrido e tanti, troppi pettegolezzi a coprire l'amarezza di un periodo particolarmente pesante. Eppure, non c'è un posto migliore di quel paesino sui colli per notare quanto Nieve riesca a sentirsi viva e libera. All'inizio non era convinta di volerci venire, ma poi... beh, Nieve non era certo qualcuno a cui potesse dire di no.
Sedute sul muricciolo a secco con la vista spettacolare delle colline e dei cipressi tutt'intorno, col colore del terriccio dorato e i prati a maggese, bevono più vino di quanto non dovrebbero; il piccolo paesino alle loro spalle, arroccato sul cucuzzolo della montagnola fa da guardia ad entrambe, mentre alla luce del tramonto Nieve gioca con i suoi capelli, intrecciandoli in acconciature via via sempre più bizzarre. Il sole, pur calando, le scalda la pelle - che tra qualche giorno sarà dello stesso colore dei suoi capelli - e non può fare a meno di bearsi di quel momento, in cui il silenzio è inframmezzato solamente dai sospiri di serenità e dal canticchiare solitario di un passerotto.
Le ciocche vermiglie catturano i raggi del sole, imprigionandoli i fili d'oro, e arricciandole attorno alle dita Nieve sospira alle sue spalle.
«Comincio a capire perché quando usciamo la sera ti guardino tutti.» le dice all'improvviso.
La guarda in tralice, il calice sospeso sulle labbra e il vino color rubino a bagnarle appena la bocca. Un sorriso divertito rovina l'altrimenti seria espressione degli occhi. Sa che quello è uno dei suoi modi per farla sentire desiderata senza che il pensiero delle recenti delusioni possa rovinar loro la festa.
«Non mi guarda nessuno, Nì. Piantala.»
«Ah sì? Mi ricordo di un certo tipo che voleva insegnarti una o due cosette di italiano. Non dirmi che ho avuto le allucinazioni!»
Sconvolta per gioco, risponde alle sue sciocchezze schiaffeggiandole teneramente la coscia, senza lasciarle nemmeno il tempo di dire "Ahi!"
«Vorrei che quello fosse un'invenzione del tuo cervello, ma non lo è. E comunque non significa nulla.»
«Ma per favore! Quando smetterai di far finta di essere sotto la media?»
Si mordicchia il labbro, mascherando una risata nel successivo goccio di vino. Nieve a volte la venera con entusiasmo disarmante, spesso esagerando. Eppure, sa che quelle parole sono frutto dell'affetto che le lega. Dopo un po', quando il silenzio diventa insopportabile, Thalia appoggia il bicchiere sul muretto e, fronteggiandola, le afferra con delicatezza una ciocca di capelli biondi, quasi argentei, sistemandogliela dietro l'orecchio. E' un gesto tenero, uno di quelli a cui la Grifondoro è abituata oramai, anche se di rado Thalia si lascia andare ad espressioni fisiche di affetto. Come da copione, lo sguardo di Nieve non la lascia nemmeno per un momento. Sta sicuramente cercando di capire che cosa dirà, come le farà la predica o se, per una volta, resterà in silenzio e basta.
Ovviamente non può accontentarla e questo lo sa benissimo.
«Forse quando tu comincerai ad aver cura di te stessa.»


Forse avevano imparato entrambe a badare a loro stesse, col tempo, in modi diversi e inaspettati. Soffoca il ricordo più che può, ma non riesce a evitare di guardarla, davvero questa volta.
Lo sguardo le accarezza i capelli nivei, resi ancor più sottili da quel non colore in una cascata di onde indomabili, piegati dalla Metamorfomagia così come le sopracciglia finissime, candide anch'esse.
Gli occhi sono la parte peggiore. Non c'è spazio per il rimpianto di che cosa abbiano effettivamente rimpiazzato: per stupido che possa essere, cerca le tracce delle poche pagliuzze dorate che tanto aveva amato, sente di aver perso qualcosa di estremamente più prezioso, senza saperne però dare definizione.
La sottile linea rossa intorno agli occhi, mascherata solo in parte dal capo chino e dal chiarore dei capelli, le dice che le parole di Casey Bell sono vere. *È così, dunque, hai ceduto?*
Vorrebbe che Nieve sapesse leggerle la mente, per poterle dare la vaga idea di quanto sia delusa, avvilita… sconfitta.
Le labbra spiccano sull'incarnato pallido, come se qualcuno avesse voluto evidenziarle appositamente, affinché lei le vedesse e ne prendesse nota.

Deglutisce, serrando la linea sottile delle proprie labbra che, al contrario, hanno perduto ogni traccia di colore. Sembrerà che un treno le sia passato sopra - ne è consapevole - ma non sempre si può fingere che tutto vada per il verso giusto.
Nieve non è una persona qualunque.
*Non era una persona qualunque.* si corregge mentalmente, prima di rivolgere lo sguardo ad una Camille perplessa. Non si è resa conto di averle afferrato il lembo della manica. Che fosse per sorreggersi o per veicolare la tensione altrove non avrebbe saputo dirlo. Si rende conto anche dei commenti dei presenti, di quel succo di zucca pronto a bollire e schizzare ovunque i volti e le uniformi di chi è lì per mangiare, dopotutto. Se la colpa è sua è un bene che abbia scelto di sfogare le sue emozioni attraverso il suo Elemento, ma la verità è che non riesce a controllarsi e non ha idea se quella sia opera sua. È ancora furiosa, ma quella rabbia si è tinta di colori più foschi. Non può farle una scenata. Non lì. Non a colazione. Non dove tutti possono impicciarsi dei fatti suoi, loro, come se quella fosse la piazza del mercato.
Deglutisce, inspirando a fondo, e annuisce per dare a Camille una risposta non verbale, seppur effettiva.
In quell'ultimo frangente riporta lo sguardo su Nieve e vede qualcosa che non ha previsto: per quanto il tavolo sia di ostruzione, non può fraintendere quello che sta accadendo tra lei e la Bell. Che sia un tocco leggero di conforto o altro, quello che percepisce è... fastidio.
Dunque è stato facile sciorinarle la verità in un momento e soffiarle il posto in quello successivo. Non si sarebbe aspettata una mossa simile dalla Bell, ma d'altronde non si aspettava che Nieve cedesse così facilmente alla viltà del mondo non magico. Ormai dovrebbe saperlo che la vita riserva sorprese inaspettate e spiacevoli.
Irrigidisce istintivamente la schiena, le spalle tornano a farsi larghe come a voler sopportare un nuovo peso - forse la vergogna di essere stata presente, pur distante, e di essere stata comunque sostituita con la facilità che si dedica ai passatempi -, mentre la voce, questa volta più stabile, pronuncia una frase che all'inizio di quella giornata non avrebbe immaginato di poter profferire.

«Rigos, io… vorrei che ci vedessimo nell'Ufficio dei Caposcuola prima di cena, per... » Per?
«Voglio sapere che cosa è successo con quei due idioti. Non posso punirli se non so che cosa è successo esattamente e vorrei sentire la tua versione.»

Bella trovata, Moran.
Fingi pure di interessarti della giustizia scolastica. La verità è che vuoi sapere, senza interferenze, che cos'ha da dire a propria discolpa quella che consideravi un'anima affine alla tua.

Interazione Camille, Nieve
Menzioni Casey



© Thalia | harrypotter.it

 
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view post Posted on 3/1/2023, 00:11
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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12 anni • studentessa • I anno • Serpeverde • Scheda


Masticava con gusto la giovane Serpina, alternando un po' lo sguardo tra Emily e Draven. Draven, loquace come la solito, si limitò a scuotere un po' il capo. Avrebbe dovuto aspettarselo: sembrava tenersi sempre un po' lontano da tutto.
Ma come biasimarlo?

« Hai ragione, non sono nemmeno le otto del mattino. » scrollò le spalle lei, dandogli ragione in quel momento. Lo capiva perfettamente, per cui capì che - da quel momento in poi - doveva cercare di capire cosa stesse succedendo lì da sola.
Ma la sua attenzione non poté che rimanere lì, in quel teatrino tra Emily e Draven che, colto all'improvviso da quel succo malefico, si alzò di scatto. Fu il commento della Serpeverde che sembrò, sebbene di poche parole, essere più loquace degli sguardi di Draven. Che si odiassero? Lyvie non ci stava capendo niente.
Cosa sarebbe successo?

« Questo un po' tutti i giorni. » riuscì solamente a dire con un velo di ironia. Soprattutto quella mattina, la tensione sembrava essere alle stelle, e non solo al tavolo dei Serpeverde.
Nemmeno il tempo di dare un secondo morso al proprio toast, che improvvisamente Megan decise di voler parlare con la sua concasata. Lyvie non la conosceva, si limitò ad osservare la scena solo di sottecchi, scoccando uno sguardo confuso a Draven. Di certo, lei non faceva parte del gruppo dei "grandi", per cui non sapeva minimamente cosa stesse succedendo in quel momento. Né tantomeno conosceva i precedenti tra loro due.
Avrebbe sinceramente voluto interagire con la nuova arrivata, ma qualcosa le diceva che quello non le sembrava né il luogo né il momento per poterlo fare.
Troppa tensione c'era nell'aria e - doveva ammetterlo - da un lato il desiderio di andarsene e farsi i fatti propri era alto.
Ma la curiosità vinceva sempre. Dunque rimase.


PS: 127 • PC: 72 • PM: 74 • EXP: 7,5






Menzione a: Megan.
Interazione: Draven e Emily.

 
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view post Posted on 3/1/2023, 18:13
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw - Slytherin - 16 y.o.
Il succo della discordia, che aveva ben chiazzato parte della camicia sul lato sinistro, era ciò che gli aveva fatto alzare la testa dal tavolo, ricordandogli che la Sala Grande si stava stipando di studenti chiassosi. Quell’unica cosa che sembrava aver dato abbastanza soddisfazione a Emily Rose da impedirle di azzannarlo alla gola per il solo gusto di averlo come capro espiatorio e valvola di sfogo in una mattinata che non presagiva buon umore, era la stessa che gli aveva fatto notare le dinamiche a pochi metri da lui. Da quella distanza, gli sembrò che la ragazza dai capelli argento si atteggiasse in maniera ben più esuberante di quanto il suo sguardo spento lasciasse intendere che fosse. Era la prima volta che la vedeva e non passava di certo inosservata; era come se si fosse appena trasferita nella scuola eppure, per qualche motivo, si sforzava di essere amichevole. Si era già fatto un’idea su di lei e non era positiva per i canoni che guidavano la sua indole asociale e sprezzante. Se si fosse ritrovato a condividere con lei qualche corso, si disse che l’avrebbe evitata. La fissò per pochi istanti, alternando poi lo sguardo da lei a Camille Donovan… a Casey. L’avvertimento sibilato da Emily Rose lo riportò brutalmente alla realtà e fu in grado di distogliere l’attenzione dalla Grifondoro. La giornata era iniziata con una serie di sensazioni che proseguivano senza che potesse averne conferme concrete, ma il modo in cui lo aveva appena guardato gli sembrò totalmente diverso rispetto all’ultima volta che si erano rivolti la parola. Nel buio delle palpebre, quando la mente era sgombra dai pensieri e chiudeva gli occhi, l’espressione indifferente e lo sguardo freddo con cui lo aveva allontanato ancora lo tormentavano. Quella serata di merda ancora gli dava gli incubi.
Da che era entrato in sala relativamente tranquillo, pensando ingenuamente che non sarebbe stata una brutta giornata ‘solo’ perché Megan gli aveva sorriso, in una manciata di secondi era stato in grado di ribaltare totalmente il proprio umore, lasciandosi innervosire dalle vicende intorno a lui; sebbene non ci stesse capendo nulla. Un mero spettatore passivo, irritato dalla semplice presenza di una serie di persone che gli facevano pizzicare le terminazioni nervose sotto la pelle.
Uno sbuffo gli sfuggì dalle labbra. Intravide la Caposcuola Tassorosso ergersi e avvicinarsi al gruppetto con uno sguardo che poteva fare concorrenza alla Serpeverde minuta e minacciosa al proprio fianco.
Che cazzo avevano tutti quella mattina?!
Era un’indicibile tortura dover sottostare a una simile condizione sociale pur di nutrirsi. Roteò gli occhi al cielo, decisamente indispettito, e si rimise a sedere al suo posto. Avrebbe tanto voluto estraniarsi da tutto e finire in pace la propria colazione, ma guardando la tazza e accorgendosi che, in quel lasso di tempo, i cereali erano diventati una pappetta immonda nel latte, si rese conto che fosse troppo tardi. In silenzio e con ancora la chiazza di succo sulla camicia, lasciò vagare lo sguardo sulla tavolata in cerca di un sostentamento che fosse degno dei propri gusti. Da un lato aveva una Lyvie di buonumore che mangiava tranquilla, ignara del fatto che la sera prima suo fratello gli avesse fatto girare i coglioni, dall’altro un fiammagranchio teso come una corda di violino che aveva deciso di lamentarsi della simpatia del Prefetto e nutrirsi solo di astio. Seguendo l’esempio della prima, decise di avvicinarsi un piatto di toast; per la precisione, lo piazzò davanti a Emily Rose. Non erano decisamente fatti suoi quali che fossero le abitudini alimentari della concasata, ma aveva il torace largo quasi quanto un proprio braccio e dato che presto sarebbero iniziati gli allenamenti di quidditch, preferiva non pensare all’ipotesi di vederla svenire sulla scopa. Fu questione di un attimo. Il tempo di prendere un toast per sé e dargli un morso. Lo sguardo ancora basso sulla tavolata per evitare di farsi rovinare maggiormente l’umore da altri esseri umani, quando la voce di Megan gli giunse alle orecchie, penetrandogli il petto come un dardo. Se per un brevissimo istante pensò che avesse attraversato la Sala Grande per chiedergli di parlare – chiederglielo in mezzo a tutta quella gente – fu la voce di Emily Rose a fargli capire come stavano le cose. Azzardò una rapida occhiata tra le due, ritrovandosi ad accigliare lo sguardo quando la concasata nominò tale Confa… Un animale domestico? Ma non ricordava che il gatto di Megan avesse un nome così brutto. Soprattutto, perché a Emily Rose sembrava che la ricerca di ‘Confa’ desse così fastidio?

Hai visto tuo fratello stamattina? – disse, volgendo lo sguardo verso Lyvie. La prima cosa che gli venne in mente come scusa plausibile per distogliere la propria attenzione dalle due ragazze di fianco a lui.


Interazioni: Emily Rose, Lyvie
Menzioni: Nieve, Camille, Casey, Thalia, Megan
 
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view post Posted on 5/1/2023, 23:14
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
18 anni ▪ Corvonero ▪ nervosa



«Non è il momento»
«Cosa c’è di così urgente?»
«Ti sei persa Confa, forse? Non credo di averlo visto nei sotterranei»
Megan raddrizzò la schiena, la tensione camminò lungo la pelle fino a bloccarsi in gola. Contrasse la mascella e con uno scatto tirò indietro la testa, alzando leggermente il mento. Gli occhi socchiusi, le sopracciglia inarcate e poi le braccia al petto: era visibilmente confusa.
Emily non la guardava, sembrava non avesse nemmeno intenzione di farlo e questo non riusciva proprio a sopportarlo. Non aveva certezze su come e quando fosse avvenuto quell’improvviso cambiamento da parte dell’amica, né cosa le fosse mai accaduto per avere un tale atteggiamento. Ma cosa c’entrava Kevin? Era fastidio quello che vedeva?
«In realtà l’ho perso da un pezzo, un po’ come tu hai perso la mia lettera quest’estate» si avvicinò facendosi spazio tra due studenti, poggiando i palmi sull’asse di legno e spingendosi leggermente in avanti.
Ricordava ogni singola sillaba di quelle poche ma significative righe: si era sentita in colpa per non esserle stata accanto come avrebbe voluto, dopo i mesi passati lontano dal castello, e le aveva chiesto anche scusa per questo suo errore promettendole di rimediare.
La totale assenza di una risposta a quella missiva aveva portato Megan più volte a riflettere ma senza riuscire a trovare davvero una risposta. Numerose furono le sere in cui si era trovata a crollare tra le fredde lenzuola, nella stanza buia e vuota di casa Milford. La tristezza si era ancorata al petto lasciandola annegare in fiumi di lacrime, vivendo ancora quanto aveva perso di più caro nell’ultimo periodo. Ed era stata la solitudine ad emergere in quel silenzio incessante; quella stessa sensazione dalla quale era riuscita a fuggire grazie ad alcune persone che le erano state a fianco e che, adesso, non c’erano più. Così, si era spinta ad abbozzare qualche altra riga sulla carta non arrendendosi a quella dolorosa e miserevole quiete, tentando di scrivere un’altra lettera che non inviò mai. Il cestino s’era riempito e l’inchiostro era rimasto incastrato tra i fogli accartocciati.

“Vorrei potesse essere più facile, per me e per noi. Vorrei poter essere quello che ti sei sempre aspettata.”

E su un altro foglio ancora:

“Vorrei poter essere in grado di reggere una relazione, di saperla portare avanti. Ogni cosa che tocco prima o poi trova distruzione tra le mie dita. E tu… Non tu, per favore”

Continuava a perdere tutto. Proseguiva camminando su un pavimento; un assito instabile lasciato marcire negli anni che, sotto il suo peso, ad ogni passo, vedeva crollare le tavole, una dopo l’altra, attendendo di far precipitare anche lei nel vuoto.
Nel tempo non aveva fatto altro che vedere nascere rapporti; istanti trascorsi, lunghi o brevi, e poi finiva per perderli tutti. Megan, però, non avrebbe sopportato di perdere lei.
Non poteva.
Non così.
Non Emily.
Lei era stata quel faro che salva le navi perse nell’oscurità dell’oceano prima che vengano inghiottite dalle onde in una pericolosa burrasca.
C’era una luce in Lei, per lei.
«E., per favore almeno guardami. Cosa stiamo facendo?» le chiese con tono serio. «Quando è il momento? Dimmelo» continuò insistendo. Non le interessava se fosse o meno la strada giusta da percorrere, era l’unica via che conosceva: diretta, dritta al punto. Il cuore per l’agitazione aveva iniziato a battere forte nel petto, niente aveva in quel momento più importanza.



MENZIONI: //
INTERAZIONI: Emily



Edited by Megan M. Haven - 4/2/2023, 22:01
 
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view post Posted on 6/1/2023, 18:36
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entropia.

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chapter one: the first act
La mia anima vale due denari, ma è tutto ciò che possiedo e te la offro in dono, Thalia. In silenzio, in modo che tu non possa mai accettarla e cadere nella trappola della mia dannazione.

Il tocco deciso di Casey mi provoca un sussulto. È inatteso, caldo, reale. Mi àncora alla realtà, ricordandomi che non esiste soltanto il dolore della perdita che Thalia rappresenta; che la mia disperazione è reale e non quantificabile, eppure su di essa la luce timida di un piccolo sole tenta di irradiare i propri raggi gentili. Stringo in risposta e mi aggrappo a lei com’è già accaduto a Nocturn Alley.
Sarebbero venuti meno in un attimo i miei propositi di indipendenza e la figura coraggiosa che avevo immaginato solcare gli anditi di Hogwarts si sarebbe dissolta, sostituita da uno spettro opalescente, se l’ostinazione non fosse dalla mia. Il solo dono che i miei genitori mi abbiano fatto.
Ti guardo e sento il bisogno di preservare la vita che scorre dentro di te, quella che ancora deve trasformarsi in esistenza e regalarti le sue sorprese —talvolta, i suoi dolori.
«Non c’è molto da dire in realtà» rispondo con calma alla tua richiesta, del tutto incurante del tratto percorso da una piccola lacrima sfuggita al controllo delle ciglia. La sento percorrere lateralmente lo zigomo sinistro e tratteggiare la linea della mascella fino a raggiungere il mento. «Hanno voluto fare gli eroi, ma Camille —sorrido con dolcezza all’indirizzo della Tassorosso— gli ha fatto passare la voglia in quatto e quattr’otto» riassumo.
In cuor mio, credo di sapere cosa tu stia tentando di fare e rifuggo la possibilità come farei con le regole e, più in generale, con qualsiasi tipo di imposizione. Non potrei mai mentirti, non a te, ma dirti la verità aprirebbe un varco pericoloso di preoccupazioni, recriminazioni, ira e tentativi di recupero capaci di generare soltanto altra sofferenza. Non è quello di cui abbiamo bisogno. Non è quello di cui tu ha bisogno.
Pluf. La lacrima si lascia cadere.

UNAlemT
long live the queen
Ti scruto. Nel profondo dei tuoi occhi individuo il senso della nostra esistenza, la mia e la tua. Non vedo ciò che potremmo essere —al futuro mi sono arresa—, ma quel che siamo state.
Senza avvedermene, serro la presa sulla mano di Casey e trattengo il respiro. Pennellate di rosso si mescolano al candore del bianco, intrecciando i fili di due vite altrimenti destinate a rimanere disgiunte. Negli uffici dismessi, in biblioteca, a Hogsmeade, a Londra, in Italia, ovunque siamo state come sorelle. Sei stata la famiglia itinerante che ho scelto di far crescere insieme a me, piantandola come un seme e coltivandola poco alla volta con pazienza e dedizione.
Per la prima volta dopo tanto tempo, torno con la mente al giorno in cui ti ho fatto dono dell’anello gemello e ricordo con tenerezza le volte che l’ho utilizzato per chiacchierare con te; altre solo per disturbarti e smorzare le tue interminabili ore di impassibile serietà. Non sono stata io a toglierlo, ma è stata mia la scelta di non indossarlo ancora.
Una lettura per comprendere che abbiamo significato troppo l’una per l’altra per dismetterci così, con un commento casuale pronunciato distrattamente nella confusione mattiniera della Sala Grande.
«Ma verrò prima di cena nell’ufficio dei Caposcuola per discutere la faccenda» ti concedo, infine. «Devo portare anche le prove?» faccio ironicamente, riferendomi alle ciocche di capelli ancora impastate di burro e marmellata.
La sola nota di dolcezza che si riesca a intravedere oltre l’orizzonte del nostro tempestoso navigare.
You'll be the saddest part of me,
a part of me that will never be mine
 
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view post Posted on 6/1/2023, 21:54
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Slytherin △ 18 yo △ half-heartedNon può vederla ma avverte che le sue parole hanno in qualche modo smosso la fierezza che la Corvonero aveva paventato presentandosi al suo tavolo, disturbando la tacita diatriba col Prefetto.
Emily non aveva fatto in tempo a ringraziare Shaw così come non aveva potuto dare attenzione a quel cheto brontolio dello stomaco che osannava un buon pasto.
Se solo avesse alzato lo sguardo, avrebbe potuto notare la confusione di Megan e, al contempo, le braccia incrociate al petto mentre il volto - oh, il suo volto - avrebbe cercato di nascondere tutta l’insicurezza che il corpo trasmetteva.
Almeno era ciò che la Serpina avrebbe avvertito ma, cocciuta come il Platano Picchiatore, aveva continuato a fissare la punta del proprio Salice che, insistente, premeva contro l’indice.
Lo scatto che porta Megan davanti a sé è deciso e quell’estemporaneità è una trappola in cui Emily cade senza preavviso. Accidenti, le labbra s’assottigliano come se stringesse i denti e la mascella si contrae; gli occhi, colorati da un capriccio infantile, non possono far altro che sostenere lo sguardo ormai.
« Non amo i gufi, lo sai. »
Le palpebre tremano appena mentre enuncia la propria verità ed ignora il resto della frase che Megan ha pronunciato.
« Ne è passato di tempo, da quest’estate » ci tiene a sottolineare. Seppur non ricordi dove diavolo sia andata a finire la lettera, è abbastanza sicura di poter recitare a memoria ciò che le ha scritto. Prometteva impegno, sosteneva che sarebbe stata un’amica migliore; non gliel’aveva chiesto, non aveva avanzato alcuna pretesa eppure erano bastate poche righe a far nascere un profondo disagio. Le mancanze di cui la ragazza si scusava erano divenute le proprie mancanze e piuttosto che trovare conforto, Emily aveva visto crescere un profondo senso di colpa. Non può essere quello che Megan cerca.
Riabbassa lo sguardo, colpevole.
« E., per favore almeno guardami. Che cosa stiamo facendo? »
Scuote appena le spalle e si morde la lingua per evitare di rispondere che lei stava semplicemente tentando di fare colazione prima che lei arrivasse a rompere le palle. Evita perché é consapevole che è la rabbia a pensarlo, non lei; lei non è così - o meglio, non è sempre così, non con Megan almeno.
« Quando è il momento? Dimmelo »
La guarda, accigliata, lasciando cadere finalmente le braccia. I gomiti scivolano lungo i fianchi, la schiena va indietro, sfiora il braccio di Draven e, quindi, si scansa appena - nemmeno avesse il Vaiolo di Drago.
« Sei tu che pensi io abbia un problema, quindi decidi tu quando è il momento » provoca ed incrocia le braccia al petto, la bacchetta a tamburellare un fianco.
Sostiene lo sguardo e avverte la collera affiorare al petto, bruciare con ardore. Inumidisce le labbra ed espira piano, cercando di scacciare via quella sensazione di confuso malessere. Aveva già provato qualcosa di simile, in passato, anni ed anni addietro.
Un brivido le percuote la schiena e lo sguardo, proiettato per un secondo oltre il tavolo dei Tassorosso, la tradisce.
È gelosia, quindi? Con una buona dose di sana inadeguatezza, dovuta all’incapacità di comprendere realmente da cosa derivi l’astio che la travolge.

Jean, sì! Quella che è sempre in compagnia della Caposcuola Corvonero!
A proposito, avete visto come Milford baciava il Cacciatore dei Tassi?
Ma stanno insieme?
Spero di no, me lo farei volentieri io un ballo col biondino.

La destra si stringe in un pugno, le iridi tornano a scrutare Megan, il volto come cielo puntellato di stelle.
« Quando vuoi » ritratta, il tono di voce più morbido, quasi arrendevole.
« Tranne stasera » aggiunge distogliendo lo sguardo. Recidiva.
Nobody's perfect and I stand accused for lack of a better word
and that's my best excuse.





Interazioni: Draven, Megan
Menzioni: Jean, Kevin



Edited by Emily Rose. - 7/1/2023, 00:41
 
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