Helena S. Whisperwind
Tassorosso | 12 anni | I anno
Nel momento in cui lo scroscio di mani che battono pervade la stanza, e i sorrisi di Allister, Drew, e Rebecca ci osservano con soddisfazione, la tensione si scioglie e l’atmosfera si fa rassicurante.
Abbiamo superato un primo importante gradino: rilasso le spalle ed espiro sollevata, incrociando gli sguardi delle ragazze ed esprimendo col mio ammirazione e gioia.
Mr. Allister poi prende improvvisamente parola. Ascolto con attenzione perché inizia a spiegarci come comportarci, cosa evitare, a cosa fare attenzione.
“Sii discreta, mostrati elegante, resta composta ed evita gli eccessi” mi ripeto, mentalmente. Rifletto sulle parole del giovane ministeriale. Dopotutto oltre la questione del carillon di Hespera ho un’altra grossa, grossissima responsabilità: la sorte e la reputazione di Myron Pancras. Non ci avevo pensato prima e me ne rendo conto soltanto ora. Non posso permettermi di buttare all’aria la sua vita sociale e la sua reputazione comportandomi come una persona ineducata e maldestra: “uno sbaglio e il loro presente e futuro può cambiare radicalmente”.
Ascolto poi le parole positive che Rebecca e Drew rivolgono rispettivamente a Camille e Phoebe e annuisco unendomi ai complimenti a loro riservati.
Sulla mia interpretazione e su quella di Vivienne, arriva poi il commento di Armie, che ascolto con estrema attenzione e che mi porta ben presto a rivolgere alla Grifondoro un occhiolino in segno di intesa. Joey potrebbe essere un’interessante alleata, lo appunto mentalmente.
Concluse le ultime considerazioni e segnalazioni, veniamo catapultate direttamente verso lo step successivo, sicuramente il più impattante da un punto di vista sensoriale ed emotivo: la Polisucco e la trasformazione.
Seguiamo Rebecca su per le scale, dove una particolare carta da parati mi incanta e mi fa venire voglia di averne una simile in casa. Apro bocca per condividere il mio apprezzamento ma Vivienne, fortunatamente, mi anticipa.
«Hai ragione, Viv, dovremmo. Un possibile messaggio in codice, per intendere che abbiamo bisogno di parlare in privato o che abbiamo scoperto qualcosa di interessante, potrebbe essere “Posso offrirle da bere?”» La prima cosa che mi era venuta in mente, tanto per restare a tema Polisucco.
«La zona del rinfresco potrebbe essere un comodo punto d’incontro per tenerci aggiornate».
Una volta dentro la stanza da letto, mi dirigo senza pensarci troppo verso il primo abito maschile che mi capita a tiro, casualmente proprio quello che porta sull’etichetta il nome di Myron Pancras. Lancio uno sguardo ammirato al meraviglioso vestito destinato a Joey e torno ad osservare quello che sarà il mio. Sfioro la bella cravatta di seta color argento, dello stesso tessuto del gilet. È davvero molto elegante e di ottima manifattura, decisamente perfetto per una persona che non bada a spese.
Ascolto le considerazioni di Phoebe riguardo una certa Margaret Finch, moglie del Ministro Austriaco Karl Winkler, e anche qui annuisco con un mezzo sorriso, captando il significato di quel sopracciglio inarcato.
Le parole di Rebecca però mi riportano bruscamente coi piedi per terra e preannunciano l’avvicinarsi di un momento cruciale e di sicuro poco piacevole. Seguo la sua mano con lo sguardo e mi avvicino alla toeletta su cui sono posati quattro bicchieri contenenti un liquido denso e dal pessimo aspetto.
Deglutisco, quasi già percependo il saporaccio di quello strano intruglio. Titubante, afferro con la lentezza di un bradipo il bicchiere a me destinato, facendolo poi incontrare con quelli delle altre ragazze:
«Alla salute!».
Guardo Rebecca con espressione languida, quasi a chiedere aiuto, poi osservo il liquido verde scuro. Probabilmente l’acquitrino dello stagno più putrescente della contea non sarebbe comunque stato così disgustoso. E mentre mi chiedo cosa mai potrebbe esserci dentro per conferirgli un aspetto e un odore così repellenti, lo avvicino alle labbra e in velocità ingurgito un grande sorso, senza aspettare a trovare la risposta.
Al solo contatto della pozione con la punta della lingua il mio stomaco si lamenta, obbligandomi a portare il busto in avanti in un atto involontario e disgustato. Sento quel saporaccio che mi ha invaso la bocca e l’ha resa amara, diffondersi giù fino alle mie interiora e farle vibrare, come impazzite. “Come posso sentire un sapore nello stomaco?” mi domando, nauseata. Osservo il bicchiere e con grande delusione noto che ne restano ancora due terzi.
«Ma chi me l’ha fatto fare…» mormoro tra me e me, non tanto perché lo penso davvero (so bene quanto sia importante recuperare quel carillon e voglio assolutamente aiutare Hespera), quanto piuttosto per “godere” della funzione catartica della lamentela.
Forza.
Mi tappo il naso, come facevo da bambina quando tosse e influenza non mi facevano dormire e mia madre mi obbligava -giustamente- a ingurgitare dello sciroppo per calmare i sintomi. Osservo la Polisucco e rimpiango quel sapore di lampone e banana e quell’innocente colore beige-grigiastro, che all’epoca mi sembravano quanto di più disgustoso potessi mai assumere.
“Ah! Dolce, giovane Helenina, cosa ti toccherà fare!”
Sorrido mesta alla me del passato e decido di riprendere in mano la situazione, riavvicinando il bicchiere alle labbra con la mano libera.
Col naso tappato, smetto di respirare. Probabilmente sarà l’istinto di sopravvivenza ad obbligarmi a cercare aria con la bocca e sarà lì che dovrà auto-fregarmi e ingurgitare quello schifo. E via, un altro grande sorso. Libero il naso subito dopo, ma lo faccio troppo velocemente e percepisco chiaramente il retrogusto amaro, aspro, putrido, indecente della pozione. Mi lascio andare atterrando seduta sul bordo del letto, con un’espressione contorta e lacrimante. Sento il liquido denso risalire lungo l’esofago. È lì, sta per venire fuori.
Non farei in tempo a correre al bagno perciò afferro la prima cosa che mi capita a tiro -un vaso di fiori, forse- e porto l’estremità alla bocca.
Lo stomaco si contorce in uno spasmo e io strizzo gli occhi per non vedere quello schifo.
NO!
Fermati.
Rilassati.
Puoi controllarlo.
Come quella volta con Casey, quando hai ingurgitato una manciata di Gelatine TuttiGusti+1 convinta fossero deliziosi bonbon e invece le ultime sapevano di pepe nero e uovo marcio.
Respira.
Mi dò qualche secondo per calmare l’istinto e riapro gli occhi. Miracolosamente il bicchiere è intatto e contiene ancora un terzo della pozione. “Non stai bevendo un intruglio di fango, alghe, capelli e insetti morti, è una cioccolata calda. Ed è verde perché è aromatizzata alla menta.” Riprendo la bevanda demoniaca “Cioccolata alla menta”.
Tappo nuovamente il naso e procedo con l’ultimo round dell’auto-tortura.
“Menta e cioccolato!”
Di nuovo, sale un conato, possibilmente più forte del primo.
«NO!»Mi tappo la bocca e mentre lo sento nella gola, deglutisco con forza e con un balzo scatto in avanti, in piedi. Mossa azzardata, che mi porta un forte giramento di testa, ma si rivela utile per il mio scopo e il peggio sembra essere passato e finalmente sono riuscita a bere tutta la Polisucco a me destinata.
Inizio a sentire qualcosa cambiare nel mio corpo. È come se la mia pelle, i muscoli, gli organi e ogni tessuto fossero di cera in ebollizione, in movimento. Il mio corpo sta cambiando. E pian piano lo stomaco inizia a non bruciare più e a calmarsi.
Non è un dolore, è un fastidio, poi improvvisamente dolore, fastidio, poi solo
strano.
Osservo le mie mani farsi più grandi, mentre delle vene robuste si fanno evidenti sui dorsi, fiere, pulsanti e piene di vita. Sento i capelli tornare indietro, accorciarsi, come se mi rientrassero dentro il cranio o come se il tempo scorresse al contrario alla velocità della luce. Le gambe iniziano ad ingrossarsi e allungarsi, così come il busto, mentre il petto si asciuga e le spalle si allargano.
Improvvisamente, tutto si ferma.
Con le mie nuove mani tasto il mio nuovo corpo. C’è, è pronto, è vivo.
Sono curiosissima ma quasi ho paura di vedermi, di vedere la mia nuova pelle, le iridi desaturate e un pomo ingombrante al centro del mio collo. Eppure, tastando il mio nuovo corpo, tutto sembra così forte e tonico, esattamente come e dove dovrebbe essere.
Faccio capolino nello specchio: vedere al posto di una lentigginosa dodicenne con gli occhi brillanti, un giovane ragazzo alto, affascinante e che mi fissa stupito, mi fa quasi impressione. Mi sfioro la fronte, il naso, gli zigomi. Sento le mie dita, sono reale. Osservarmi mi imbarazza quasi. È pazzesco! Ma sono io. Ora sono Myron. Sono davvero, Myron.
Faccio due passi, mi osservo da lontano, osservo la stanza e Rebecca con occhi nuovi. Assumo una postura elegante, quella del giovane che ho visto nel Pensatoio. Mi riavvicino allo specchio e mi osservo di nuovo, cercando di cogliere ogni piccolo particolare del nuovo me.
Avrò ancora la voce di Helena? O l'aria, facendo vibrare le corde vocali di Myron, produrrà un timbro tutto nuovo? Nel dubbio, inizio a vestirmi in silenzio, cercando con lo sguardo le altre ragazze, ormai donne, e uomo. Dopo un primo shock iniziale, man mano prendo confidenza col mio nuovo corpo e la mia nuova identità, sentendomi sempre più fiducioso e sicuro di me. Dopotutto, sono Myron Pancras.
PS: 139 | PC: 77 | PM: 96 | PE: 4.5