The Roaring 20's , Ballo d'Inverno 2022

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view post Posted on 7/2/2023, 08:04
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Non si poteva dire che quelli dell’organizzazione non ci sapessero fare, visto il clima di mistero che sembrava aleggiare sullo Speakeasy. Il luogo era ambito, ma per trovarlo era necessario un certo spirito d’iniziativa, che per lo meno sembrava non mancare ai due Capiscuola.
Ora che tutti i tasselli del puzzle erano tornati al loro posto, Mike avrebbe potuto consultare la mappa per identificarne la posizione. E così, invece che dirigersi verso il cinema posto nei pressi del Lago Nero, i due avrebbero proseguito verso la rimessa delle barche, un luogo particolarmente angusto ma appartato, che verosimilmente era stato riadattato per l’occasione.
Mike non si era mai spinto in quella zona, e subito si immaginò di finire in un luogo vagamente simile al Testa di Porco, dove il legno e lo sporco l’avrebbero fatta da padrone.
Non ne era particolarmente entusiasta, ma l’irlandese al suo fianco sapeva come toccare le giuste corde all’interno del suo animo, e beandosi del piacevole contatto con la sua mano, avrebbe proseguito quel breve viaggio fin lungo la scalinata, e poi giù fino al bar.
Nell’ultimo periodo si era dimenato quanto fosse bello presenziare ad un evento con Thalia, e in cuor suo sperò di godersi ancora e ancora un momento simile. La sua compagnia era un vero toccasana per l’umore dell’inglese, e in quelle piccole reciproche attenzioni che sapevano di quotidianità aveva finalmente ritrovato un animo delicato e affine. Le era mancata, e nessun velo di nostalgia avrebbe potuto cancellare quel momento fatto di pura felicità.
A Mike sarebbe bastavo veder risplendere il suo sorriso per stare bene, per perdersi in quello sguardo d’ardesia e per inebriarsi del suo profumo.
Il profumo. Tasto dolente di quel momento, quando sulle scale si trovò avvolto in quella sua fragranza. I pensieri si facevano leggeri, i battiti acceleravano, e solo distogliendo lo sguardo dalla sua figura per qualche istante riuscì a controllare meglio le sue emozioni.
Le piaceva in quella versione anni 20, e visto che non si poteva rinunciare alle buone e vecchie tradizioni, presto i due si sarebbero ritrovati seduti ad uno di quei tavolini, fiocamente illuminati da luci soffuse e cariche di atmosfera.
«Mi sembri davvero convinta. Allora, pronta ad assumerti le tue responsabilità per il resto serata? Perché a un cocktail non si può dire di no.» Sguardo divertito, sorrisetto malizioso, Mike l’avrebbe accompagnata all’interno di quel luogo già tremendamente stracolmo.
Maledetto Speakeasy, ma non doveva essere una meta nascosta e difficile da raggiungere??
Tra un saluto in direzione di Draven, braccato da una compagine bronzo blu, e un breve saluto rivolto a qualche altra conoscenza, Mike avrebbe cercato di defilarsi da quella zona il prima possibile per andarsi finalmente a sedere in un angolino del locale. Lì per lì gli era sembrato che verso il bancone tirasse una brutta aria, ma si augurò che con la sola presenza di altre due autorità all’interno di quel posto si sarebbero potuti rasserenare anche gli eventuali animi più focosi e esagitati. Insomma, non aveva per niente voglia di passare l’intera notte nell’ufficio dei Capiscuola a lanciare Flipendi nel didietro di qualche giovane studentello…
Là, invece, in uno dei tavolini più appartati, avrebbe invitato Thalia ad accomodarsi di fronte a lui, prima di sedersi a sua volta su una di quelle comode sedie.
Aveva già una vaga idea su cosa ordinare, e dopo pochi istanti uno dei garzoni gli aveva già servito uno strano drink a base di Whisky Incendiario e di liquore alla ciliegia.
«Servizio rapido ed impeccabile. E dire che non avrei dato 1 Galeone a questo posto.» Commentò sul momento, prima di rivolgere un rapido sguardo, ma allo stesso tempo attento, all’irlandese. Era giunto il momento del brindisi, e da lì non sarebbero più tornati indietro.
«A noi, allora! E a questo ballo di fine anno.» Dopo aver portato il bicchiere verso la ragazza, Mike l’avrebbe riportato verso le labbra con la mano destra, lasciando la sinistra sul tavolo. Aveva appena terminato di assaporare il buon gusto dell’arancia e del liquore alla ciliegia, anche se il Whisky lasciava un intenso gusto alcolico su tutto il palato, quando il suo sguardo tornò ad illuminarsi. Un oggetto svolazzante volteggiò lungo il perimetro del loro tavolo, quasi a farsi beffe di loro. Agile, ma non troppo, la piccola pallina dorata sembrava procedere a zig zag seguendo la traiettoria del bolide, prima di nascondersi tra i giocatori in campo ricordando al Serpeverde l’esito della prima partita del torneo di Quidditch di quell’anno. In quel boccino intravide l’occasione per far emergere una punta di ironia anche nel corso di quella serata. Nonostante le apparenze particolarmente formali, chi sapeva superare la prima barriera protettiva del Caposcuola avrebbe trovato un ragazzo pronto anche a non prendersi particolarmente sul serio, e quella ne sarebbe stata la prova. Così, sfidandola ad acchiappare il fuggiasco gentilmente offerto per quella sera dalla Ashton, l’avrebbe poi invitata a prendersi la sua personale rivincita in una sfida a due, tra loro, e ad intascarsi l’eventuale gustosa ricompensa.
«Insomma, qui siamo già pronti per una rivincita eh!» Facendole l’occhiolino, Mike sarebbe poi tornato al suo bicchiere, pronto a saggiare un altro piccolo sorso di quel liquido dal colore torbato.
Istintivamente portò la mano sinistra verso di lei, come a voler ritrovare un vitale contatto con la sua pelle.
«In cuor mio, invece, preferirei osservare l’eventuale finale dagli spalti. E mi piacerebbe farlo con te, se mai ce ne fosse l’occasione.» Ora l’eventuale contatto con la mano dell’irlandese sembrava non bastare più, e anche il suo corpo si stava facendo più vicino al tavolino, come a voler ridurre ulteriormente le distanze con lei. Lo sguardo era fisso su quello di Thalia, e ben preso avrebbe considerato quella distanza come eccessiva. Sembrava aver bisogno di uno scambio positivo, di un contatto più stretto con il corpo dell’irlandese, e forse solo un lungo e intenso abbraccio avrebbe potuto assecondare quel suo nuovo istinto. Doveva forse alzarsi ed invitarla a ballare sulle note di uno Swing?

Luogo: Speakeasy
Interazioni: Thalia Moran
Menzioni: Draven, e generiche al resto dei presenti.
Perdonate il leggero ritardo :flower:

 
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view post Posted on 7/2/2023, 10:06
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Daniel Day Lewis.
Per molti un nome sconosciuto, per lui la traccia iniziale sul come vestirsi a quel ballo.
In quelle circostanze, dove bisognava ricercare un outfit quantomeno decente, il cinema veniva in suo soccorso e in quella particolare circostanza un’attore babbano andava a dargli supporto.
Daniel, con quel suo fare eccentrico, con quella capacità di essere un villain degno di rispetto, era arrivato in soccorso con una sua interpretazione magistrale nel film
“Il petroliere” dove spesso si presentava con un vestito elegante dai colori terrosi e una lunga pipa con la quale si divertiva a mostrare la sua importanza.

A quel punto vestirsi fu semplice; un lungo pantalone scuro avvolgeva le sue gambe e si incastrava alla perfezione con le sue scarpe di pelle scura, mentre il panciotto di colore grigiastro abbracciava la camicia bianca, dalla quale spuntava una cravatta nera ben legata al suo collo.
Ovviamente gli accessori non mancavano. Oltre la pipa in radica che aveva iniziato a capire come dovesse essere maneggiata, aveva un cappello di pelle scura dall’ampia frangia e degli anelli sulla mano sinistra d’oro, a manifestare la sua ricchezza.
Era insolito vederlo vestito come uno sfruttatore, come colui che costringeva i suoi schiavi ad inalare i fumi tossici del petrolio per diventare ricco e potente, ma quella scelta era mirata ad essere per un giorno - uno soltanto - lontano dalla sua ombra che lo avvolgeva di sano perbenismo.
Daddy, non voleva essere identificato con poche e semplici parole; era di più, era oltre i suoi intenti, oltre le opinioni della gente ed era proprio per quel motivo che voleva mostrarsi diversamente, anche in quella circostanza.

Passi lenti furono fatti in direzione della festa.
In quel luogo di marmocchi oramai ci si trovava bene al punto tale da essere in grado di mischiarsi tra di loro, camuffarsi senza star troppo a pensare all’autorità che ricopriva e rappresentava.
Entrando in quel covo di luce e armonia lui, che per quella occasione si era fatto crescere dei lunghi e opulenti baffi che partivano dalle narici per finire alle basette, si passò una mano sul volto per poi proseguire in direzione dello stand dei Tiri Vispi Weasley.
Oramai l’astio che aveva nei confronti dei gemelli era scemato, specialmente da quando aveva rubato a loro il progetto delle orecchie oblunghe e trasformato in un Talismano a lui caro.
Proseguendo verso il garzone di turno, disse:

-Salve, vorrei il Flapperino, la Cravatta Bellimbusto e la Sigaretta antispio. -

Sorridendo con fare cordiale, mentre aveva iniziato a fumare della sana erba di Asfodelo, poggiò i danari sul bancone attendendo di essere servito.
Finendo le compere, trovando il solito ragazzetto ben disposto a portare gli oggetti comprati nello studio, si avviò verso il centro della festa, lì dove si trovava il palco.
Non si interessò di effettuare altre ricerche, ne di muoversi verso l’alcool, dopotutto, lo Speakeasy se lo poteva fare dopo assieme a Ciccio, sollazzandosi leggendo qualche tomo di Peverell.
Fece uno sbuffo di pipa, poi un altro.
Le leggere note di jazz inebriavano l’atmosfera così come il suono dell’acqua frizzante che generava in lui una piacevole sensazione.
Cercò delle sedie, qualche tavolo, ma vide che tutti erano lontani dal palco per fare spazio a quella ampia pista da ballo.


Vabbè

Pensò poggiando la schiena su quel rialzo, continuando a fumare.
A breve quella festa sarebbe giunta al termine, le luci si sarebbero spente e lui sarebbe tornato a vivere la sua normale routine: un trend di monotonia utile a garantire il quieto vivere nel castello.



Considero il pg già servito. Ora la direzione è avvicinarsi al palco.
 
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view post Posted on 7/2/2023, 11:52
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
III° anno - Prefetto Serpeverde - Outfit










Non ci voleva poi così tanto a fingere di essere altrove e ignorare le persone che lo circondavano. Bastava trovare un pensiero, un qualcosa che fosse abbastanza interessante da farlo estraniare da ciò che lo circondava. O, perlomeno, era ciò che continuava a ripetersi nella mente Draven, nella speranza di autoconvincersi che fosse così. Il calore del corpo di Megan al suo fianco lo aiutava a sentirsi meno a disagio, come se lei fosse una costante, un’àncora a cui potersi appigliare. Qualcosa di così bello da essere, al contempo, spaventoso. Se solo si fosse alzata o spostata da lì… Non ci voleva nemmeno pensare. Di tutto ciò che lo intimoriva, stare in mezzo a tanta gente su cui non poteva avere il minimo controllo era ciò che meno riusciva a tollerare.
Una delle gambe riprese a scuotersi in un movimento involontario, meccanico, dettato dal nervosismo, e strinse un po’ di più le dita tra quelle di Megan. Continuò a giocherellarci, come se tenere le mani impegnate potesse aiutarlo a scaricare un po’ di quello stato di agitazione, per assurdo reso ancor più pressante dal fatto che, almeno in apparenza, nessuna delle persone sedute a quel tavolo sembrava trovarlo fuori posto. E non perché fossero tutti Corvonero e lui un Serpeverde, ma perché si teneva per mano con la loro Caposcuola. Con Megan Milford Haven.
Sospirò e scosse la testa tra sé. Gli piaceva pensare che il modo in cui la vedeva lui fosse speciale, ma razionalmente era consapevole che chiunque entrasse a contatto con la ragazza per più di dieci minuti finiva per volersi prostrare ai suoi piedi. E, cazzo, se era frustrante.
Per quanto ci si stesse impegnando, comunque, l’aver distolto l’attenzione dai propri pensieri per rivolgere parola al Capitano dei Westwind lo fece capitombolare di nuovo nell’assoluto disagio. Aveva perso il filo del discorso, al sicuro nei propri pensieri, e contro la propria volontà non riuscì a ignorare l’arrivo degli altri studenti. Riconobbe Edmund e Damian dalle loro voci, alzò per un istante lo sguardo accigliato sul primo quando si rese conto che aveva chiesto il bicchiere a Megan. Un moto di fierezza per come sentì reagire il giovane Serpeverde di fronte a lui lo portò quasi a sorridere, se non fosse che per via di quello scambio si accorse di quanta gente ci fosse stipata lì dentro. Sentì Megan replicare qualcosa a Edmund, ma non riuscì a elaborare il senso delle sue parole. Le luci soffuse del locale, che avrebbero dovuto aiutare la vista a non mettere a fuoco la folla concentrata a pochi passi da lui, non fecero altro che acuire la percezione di affollamento. Si sentì mancare l’aria e la terra sotto i piedi. Ci aveva provato, con tutto se stesso, a resistere per lei… Ma quando sentì il rumore di un vetro infranto, ogni terminazione nervosa nel suo corpo si irrigidì. Una rissa. Anzi, una ragazza ferita a terra e un’altra che veniva picchiata da un ragazzo che, invece di aiutare quella a terra, aveva pensato bene come prima reazione di aggredire quella di fronte. Una tale mancanza di neuroni che gli torse le budella. Deviò lo sguardo. Si accorse dell’arrivo di Lyvie, dell’arrivo di Mike, della Caposcuola Tassorosso e di Alice, ma non riuscì a emettere suoni né a muoversi. Gli sembrò che Megan avesse detto qualcos'altro che non riuscì ad ascoltare. Era come se il cervello avesse smesso di funzionargli all’improvviso.
Ossigeno. Aveva bisogno di allontanarsi da lì.
Strinse la mano della ragazza quasi con forza, a volersi assicurare di essere ancora lì con lei. Di non essere lui in mezzo a quel caos, di non essere stato lui a ricevere un bicchiere di vetro in piena faccia o quello che stava maciullando la ragazza dai capelli argento. Un trigger del passato, che rappresentava il suo presente e lo avrebbe tormentato anche in futuro: lo schifo che provava nei confronti di ciò che certi esseri umani erano in grado di fare. Come se il semplice respirare e rubare aria al prossimo non fosse già di per sé un errore imperdonabile, per quelle persone che non meritavano un cazzo nella vita e sembravano ottenere sempre tutto ciò che volevano. Nonostante la violenza. Nonostante la mancanza di rispetto.
Meritavano tutti di morire nei modi più dolorosi immaginabili.
Le mani presero a tremare. Una rabbia furente, sedimentata, prese posto dell’angoscia che gli aveva oppresso il petto dal momento in cui era arrivato a quello stupido ballo.
La celebre goccia che aveva appena fatto traboccare il vaso.
Strinse ancora più forte le dita intrecciate tra quelle di Megan, fino a sbiancare le nocche, forse fino a farle male senza nemmeno rendersene conto. Lo sguardo fisso sul pavimento, la mascella serrata dal nervosismo. Il calore della ragazza al suo fianco era l’unica cosa che gli avesse impedito di mandare tutti a fanculo e dare fuoco a quel ridicolo locale.
La mano libera andò a posarsi sul suo viso, pressò le dita su una sua guancia in quella che avrebbe voluto essere una carezza. Posò la fronte sulla sua, godendosi la calma che quel contatto gli infondeva, come una brezza calda, improvvisa, in una fredda giornata d’inverno. E chiuse gli occhi per un istante.

Devo uscire da qui. – riuscì a dire poi, sussurrando a un filo dalle sue labbra. Si impose di alzarsi dal divanetto e, in qualche modo, l’input arrivò dal cervello prima di dare a Megan la possibilità di rispondergli. Tenne salda la mano nella sua, praticamente l’unica cosa reale e concreta che non lo aveva ancora fatto esplodere; mettendosi in piedi, la portò a fare altrettanto, in una richiesta silenziosa di andare fuori con lui.

© Esse | harrypotter.forumcommunity.net



Interazioni: Megan
Menzioni: Derek, Edmund, Damian, Lyvie, Mike, Thalia, Alice, situazione rissa (?)
Posizione: Speranzosamente diretto all’esterno dello speakeasy



Edited by Draven. - 7/2/2023, 12:11
 
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view post Posted on 7/2/2023, 15:50
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss
‹ Auror ‹ 28 anni ‹ Outfit

eCYw9lo


I
nspira a pieni polmoni, socchiude per un breve istante gli occhi blu come l’oceano, e poi, come se vi fossero mille fili a manovrarlo, sotto l’egida di chissà quale Divinità o sotto il perfido influsso di un burattinaio, i piedi dell’Auror si muovono meccanicamente una volta presa la mappa della location all’entrata del giardino. E’ uno sforzo immane, per lui, essere lì a fare il suo dovere, a lavorare quando, piuttosto, preferirebbe starsene chiuso in casa a prendere a pugni il sacco di boxe; perfino deglutire e armarsi della più solida indifferenza gli risulta più arduo del solito, ma già che è lì e non può ritornare sui suoi vecchi passi, non può fare a meno di contrarre la mascella e procedere in quella cammina lenta e misurata, come a voler dare l’impressione di essere calmo - e forse un poco annoiato! -, mentre gli occhi trasmettono un certo grado di distacco, quasi affilato e gelido, come a voler impedire a chiunque una qualsivoglia forma di avvicinamento e propensione al dialogo.
Poco importa a lui, che preso dal senso del dovere si palesa in quell’ambiente che non pensava di rivedere così presto, avvolto non soltanto dall’abito elegante e in tema con la serata, ma anche da una barriera solida ed impenetrabile. Le lezioni di Occlumanzia impartitegli da sua madre, per quanto basilari siano, se non altro lo stanno aiutando a tenere isolati ed inaccessibili a chiunque i propri sentimenti, non soltanto i ricordi.
Cammina, senza mai voltarsi, senza puntare lo sguardo direttamente sui visi di chi gli passa accanto, con le mani tatuate infilate nelle tasche dei pantaloni abbinati alla giacca blu in velluto e all’anello con lo zaffiro che porta all’anulare destro, anch’esso celato alla vista, ma sempre e soltanto verso l’ambiente che lo circonda. Controlla con minuziosità ogni dettaglio che gli si presenta sotto il suo sguardo vigile e attento, finché non giunge in prossimità della zona ristoro, lì dove sorge un gazebo in cui sono messi in mostra alcuni articoli a tema dei Tiri Vispi Weasley.
Si sofferma lì, a scrutare gli oggetti esposti con un leggero cipiglio alzato, mettendo in maggior risalto quel nuovo tatuaggio che gli discende appena sotto l’occhio sinistro, come una sorta di lacrima fatta di rune, che si interseca con quell’antica cicatrice che lo accompagna fin dalla gioventù. Un tocco in più al sua figura aitante, forse un po’ più muscolosa rispetto all’ultima volta che si era fatto vedere ad Hogwarts, che con quei capelli lunghi fino alle spalle e la barba ben curata e con un taglio medio-lungo, oltre all’abbronzatura che il sole australiano gli ha donato, lo fanno sembrare più… maturo, in un certo senso.
«Prendo questi…» mormora, il tono fermo e calmo, mentre indica al commesso gli articoli da lui designati. «Quanto ti devo?» aggiunge, cercando nelle tasche dei pantaloni, per poi sfilare i Galeoni necessari per coprire l’intera spesa. Altre rune, un complesso per l’esattezza, partono dalle nocche fino a perdersi oltre i polsini del vestito, ora finalmente rivelate. Ma altro non mostra di sé, l’Auror è attento e si tiene ben stretto alla propria volontà. Ringrazia il commesso, con tutta la cordialità del caso, per poi iniziare a vagare senza una meta precisa tra le varie attrazioni, con una sigaretta che si premura di sfilare dalla propria scatolina di latta e accendendola con un movimento sicuro e rapido del proprio clipper, sulla cui superficie vi è l’immagine rovinata e quasi sbiadita di un panda.
Un po’ come lo è il suo cuore.
Rovinato e sbiadito.

E poi la sente. L’asprezza della voce di Elain riempirgli le orecchie, come se si trovasse alle sue spalle, ma che in realtà proviene solamente dalla sua mente. Un ricordo duro come ferro e freddo come il ghiaccio, che lo dilania ancora una volta.

«Non possiamo. Non possiamo più continuare così…» I singhiozzi di Elain suonano come falsi alle sue orecchie, proprio come le lacrime di un coccodrillo, a differenza del pianto di Claire, la figlia di Elain e figlioccia dell’Auror, in sottofondo nella stanza accanto, una volta avvertite le prime note accese tra sua madre e il suo padrino. «Mi dispiace. Ma Claire ha bisogno di suo padre… Il suo vero padre!»

Vaffanculo, Elain! Un semplice ed unico pensiero, secco e rabbioso, ma consolatorio.
Se non fosse stato per lei, con la sua drastica decisione, avvenuta di punto in bianco due giorni prima della Vigilia di Natale, probabilmente sarebbe rimasto ancora in Australia.
E invece no! E' ritornato nel Regno unito, con una delusione cocente come compagna e con quello stesso senso di vuoto con cui era partito e che, solamente per un anno, l’Australia era riuscita a colmare, in un qualche modo.

Ora, invece, non gli resta altro che il dovere...



Interazioni: Nessuno.
Luogo: Gazebo dei Tiri Vispi Weasley inizialmente, poi in giro senza meta nei dintorni.

Acquisto:
- Cravatta Bellimbusto (11 G)
- Sigaretta Anti-spio (7 G)
- Scarpe Swing (17 G)
- Orologio Giusto Ma Sbagliato (27 G)
- Flapperino (10 G)

Potrei esserci per uno scambio veloce... potrei :secret: Per chi volesse...

 
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view post Posted on 7/2/2023, 16:10
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entropia.

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Disclaimer: linguaggio colorito.
I pensieri del mio personaggio non sono i miei.

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Call me what you want
Nessun colpo, nessun dolore. Un intervento esterno che non avevo calcolato, in mia difesa stavolta.
Il sollievo arriva come un temporale, riversando gocce panciute sulle mie membra scosse. Un attimo dopo, l’umido della paura si insinua nelle mie ossa e, a contatto con l’adrenalina, mi fa trasalire. Uno scontro di forze opposte fa eco al fragore circostante. Solo allora, l’istinto trapassa il velo dell’ottundimento e si fa reazione.
Scatto a sedere come una molla, gli occhi alla ricerca della prossima minaccia. È con sorpresa che, invece, individuo la figura del mio difensore: Horus Sekhmeth —di nuovo. Porto una mano alla testa, aggrotto le sopracciglia, batto le palpebre, poi torno con lo sguardo al rosso dei suoi capelli e al suono perentorio della sua voce. Siamo in tre, ora, a giacere sul pavimento e il mio aggressore ha perso la ferocia di pochi istanti prima.
Mezza sega, riesco a pensare con innata sfacciataggine dopo tutto quello che ho fatto, come se mi fossi aspettata di vederlo battersi per darmene almeno altri quattro di pugni.
«…ci penserà chi di dovere a punirla.»
Le parole di Horus mi strappano un sorriso, ma me ne pento subito perché la ferita sul labbro non valuta altrettanto divertente la situazione. Io, di contro, ho la sensazione che ci siano molte cose da considerare e altre da evidenziare.
Non mi stupisce che nessuno della scuola sia intervenuto in mia difesa, ad esempio, a partire da Prefetti e Caposcuola. Megan Haven dev’essere stata troppo impegnata a farsi infilare la lingua in bocca da Shaw per rendersi conto dell’accaduto e Shaw… Be’, immagino che i pantaloni gli siano diventati improvvisamente stretti! Mike Minotaus è lo stesso che non ha mai saputo stare accanto a Thalia e che le palle deve averle cedute a un’Associazione per Veterani Amanti delle Gobbiglie.
Getto uno sguardo vago sulla folla.
Ipocriti, accuso loro e la pretesa autorità che si portano appuntata al petto, scintillante nelle loro spille.
Per non dimenticare Casey e i Grifondoro, la famiglia che nessuno può disunire. La stessa che ha continuato a inviare regali di compleanno a tutti i concasati fuorché a me, giusto? Quella guidata moralmente dall’eroe di altri tempi Oliver Brior, che se ne sta seduto a conversare con amabilità tra i divani senza degnarmi di un briciolo della sua attenzione? Oh, ma quasi dimenticavo! Lui ha ceduto il ruolo a Casey Bell. Se n’è lavato le mani delle responsabilità, quindi anche delle persone. O, forse, solo di me —che gli faccio comodo giusto per riempire un posto nella sua decadente squadra di Quidditch. E che fine ha fatto l’attuale leader dei coraggiosissimi e lealissimi Grifondoro, tutto protezione e testosterone a inizio serata? Avrà trovato qualcun’altra a cui sperare di aprire le gambe o sarà lui a punirmi?
Biascico una risata che si confonde con un mugugno di dolore, mentre Sekhmeth si avvicina e mi prende il viso con gentilezza per osservare i danni che l’aggressione ha causato.
«Non riesco più a usare la magia, idiota» ribatto alla sua reprimenda, incapace di trattenermi. So che è ingeneroso da parte mia considerato ciò che ha appena fatto e l’aiuto che mi ha fornito al Ministero, solo dopo essere rinsavito dal desiderio di uccidermi. Batto le palpebre, le iridi perlacee ora fisse sui suoi lineamenti e sulle perturbazioni che minacciano di devastare il terreno dei suoi sentimenti. «Stai bene?» chiedo senza volerlo; cioè, senza averne il controllo.
Maledetto Whiskey, m’incazzo con me stessa, del tutto inconsapevole dei reali effetti del drink e della mia innocenza rispetto al crimine che penso di aver commesso.
Perché non dovevo —né volevo. Perché, se anche avesse dei problemi, non sarebbero affari miei. Perché non sarà l’ennesimo ballo in cui illudermi che saremo amici nei saecula saeculorum. Perché siamo cresciuti e quelle persone non esistono più.
Afferro la mano che mi sta porgendo con una rapidità che vuole solo distogliere l’attenzione dalla mia domanda e dal suo significato. L’intenzione è di lasciarla non appena mi sarò mostrata alla platea in tutto il mio splendore. Dunque, mi reggo a lui e a uno sgabello per alzarmi —per fargli capire che so cavarmela da sola… la maggior parte delle volte.
Sto per borbottare qualcosa: un ringraziamento forse, un altro insulto celato dietro un tentativo di sembrare vagamente riconoscente, una rassicurazione circa il fatto che la mia voglia di abbracciarlo non abbia un cazzo di senso e io debba andare subito in infermeria a farmi aprire il cranio per riassestarne i meccanismi.
Mi rendo presto conto che non avrebbe senso.
Gli occhi di Horus sono altrove, lui è altrove. Seguo istintivamente la direzione del suo sguardo e trovo la figura longilinea di Emily Rose, incantevole nel suo vestito d’oro e frange. Dal baule dei ricordi, riemerge la proiezione di uno scenario simile vissuto in un ballo differente, solo che allora tenevo Horus stretto per il bavero di una giacca di pelle e adesso ho perso l’aria smargiassa al puzzo di gasolina.
Il baluginio di una realizzazione passa nei miei di occhi, che sono sempre stata immune ai pettegolezzi come forma di ribellione per averne subìto le conseguenze: era lei la ragazza che, secondo le voci di corridoio, Horus avrebbe tradito con me anni fa nel famoso stanzino delle scope. Era perché quel che vedo non ha le sembianze di un amore nel fiore dei suoi anni. A confermarmelo sono le parole di lei.
La Nieve del passato, messa di fronte alla certezza di essere la parte più debole del triangolo, sarebbe fuggita. Con la stessa capacità di trasformazione dell’acqua, si sarebbe fatta liquida e sarebbe scomparsa dalla scena —infantile, imbarazzata, infastidita da se stessa.
La Nieve di oggi è una creatura diversa con un bagaglio di esperienze che guardano alla vita in modo diverso. E sa di dovere non uno ma ben due favori a Horus Sekhmeth, per quanto le dolga ammetterlo. Infinitamente. O, meglio, uno e mezzo.
Per questo, in un gesto che ho già compiuto con inverosimile naturalezza, allungo il braccio e gli prendo il mento con la mano. Le dita sono fredde a contatto con la pelle del volto di lui, con la barba morbida. Imprimo una pressione decisa, prepotente finché non lo costringo a guardarmi.
Non dico nulla all’inizio. Lascio che i secondi trascorrano, granelli pesanti sul fondo della clessidra. Infine, glielo concedo: «Prego».

Non sono sicura di avergli fatto un favore.
Non sono certa di non essermene assicurata l’odio.
Una foto a rovescio degli anni ’20, dove il bravo ragazzo è lo scugnizzo e la criminale la giovane in abito da sera.
All the flowers grew back as thorns

Interazione: Horus
Menzione: Emily, Draven, Megan, Oliver, Casey, Grifondoro in generale
Luogo: Speakeasy
 
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view post Posted on 7/2/2023, 19:54
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No rain, No flowers

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Helena S. Whisperwind ─ Tassorosso ─ I anno ─ Outfit
S
enza rendersene conto si trovò seduta ad un tavolo, a fissare il vuoto, in silenzio. Fu solo il sopraggiungere di una figura dall'aria familiare che le permise di ridestarsi da quella sorta di trance in cui era caduta.
Era come se l'avesse evocato con la mente.
Quel piccolo lembo di stoffa chiara era stato capace di portarle lì Edmund, senza chiederle nulla in cambio.
Non poté che essergli grata, oltre che costretta ad accettare quella improvvisa fitta allo stomaco.
«Ciao, Ed»
Un mezzo sorriso, presto spento nel vedere il suo compagno ambrato posato il tavolino.
Era ubriaco? Aveva bevuto lui ciò che mancava da quel bicchiere? Era diventato come zio Jacob, che si vantava di aver iniziato a bere da ragazzetto e che passava tutte le feste di compleanno e le feste comandate sempre col bicchiere in mano, sempre con dentro qualcosa di diverso e sempre con una gran puzza addosso?
Zio Jacob aveva fatto una brutta fine e l'ultima cosa che potesse desiderare era che anche ad Edmund capitasse lo stesso.
In un tintinnio di perle e un fruscio di piume si sporse in avanti per indagare. Cercò di far finta di nulla, mascherare quello che stava facendo con un casuale spostamento del busto. Ma sì, si avvicinò a lui per annusarlo e tentare di scoprire da sé quanto voleva sapere, senza doverlo coinvolgere in questa domanda scomoda.
No, non sembrava ubriaco. Aveva il solito, piacevole, odore di fresco e di pergamena.
Poi, dopo un mezzo secondo di sollievo, arrivò la sua domanda, che fu destabilizzante.
"Perché sei così diversa?"
Diversa? Davvero? L'unica cosa che poteva essere diverso in lei era un bel vestito e un aspetto decisamente più ricercato del solito. Ma che altro?
Era arrivato il momento di rimettere in ordine i pensieri per cercare di dargli un senso, e comunicare questo senso anche a lui.
Perché era arrabbiata con lui? E perché proprio arrabbiata e non tremendamente offesa? O magari, più precisamente, un po' e un po'?
Era successo tutto così in fretta e come una valanga aveva travolto le sue giornate rendendole sia più piene ma allo stesso tempo più vuote. Aveva creato un vuoto, Edmund, con la sua assenza.
«Ti ricordi quando siamo andati ad Hogsmeade insieme?»
Avevano trascorso un bel pomeriggio. A mangiare biscotti e dolciumi, a girellare per il centro, a ridere, scherzare, a parlare di argomenti leggeri con profondità e argomenti profondi con leggerezza, come sempre.
Strano come un momento spensierato, semplice ma prezioso, potesse essere capace di lasciare un vuoto allo stomaco, a così poca distanza di tempo.
«Ci eravamo fatti una promessa, ti ricordi?»
Aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto, vuoto che aveva iniziato ad osservare con più consapevolezza. Attorno a loro musica, bicchieri in frantumi, baci, risate, balli, chiacchiere, incontri e persino una rissa. Ma nulla di questo era importante, non in quel momento.
«Ecco, quando mi hai detto di esserci tornato per conto tuo…»
Uno sguardo verso quel bicchiere semivuoto.
«…io…»
Poi più su, verso la sua mano, immaginandola ripetutamente portare quel bicchiere alle labbra.
"Non sei ubriaco, Ed, vero? Mi ascolti? Sei qui, con me?"
«…ho pensato che in realtà per te quella promessa non significasse nulla, come se fosse una cosa che tu avessi detto tanto per dire, per cui non provassi alcun interesse…»
Una promessa è importante. E questa lo era molto di più di quanto lei volesse ammettere.
Perché allora lui non se l'era ricordata? O peggio, l'aveva infranta volontariamente?
«È così?»
E i loro occhi s'incrociarono, finalmente.

Helena
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Luogo: speakeasy
 
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view post Posted on 8/2/2023, 12:06
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Jean Grey
II yr. | Prefetto Corvonero |outfit
Where? Speakeasy.
INTERACTIONS: Megan, Draven, Derek, Edmund, Lyvie
MENTIONS: Damien, Lyvie, Helena, Nieve, Casey, Horus, Alice, Vivienne

Tonight I just want to be surrounded by friends


Forse aveva capito i suoi cenni del capo, o forse aveva anticipato le sue intenzioni. Sta di fatto che Megan la invitò a sedersi vicino a loro, e così Jean fece un gesto al gruppo di corvi invitandoli a raggiungerli per poi prendere posto di fianco a Megan. Annuì drammaticamente all'ipotesi dell'amica di sfilare un po' di alcol per la notte. «Oh ti prego, non tentarmi!» Draven aveva ricambiato il suo saluto piuttosto cordialmente, e Jean gli rivolse un mezzo sorriso di comprensione. Considerato quanto aveva appreso in precedenza da Megan sull'assenza di Draven a quella serata, si era fatta l'idea che il ragazzo non amasse particolarmente i balli, la folla, o in generale la socialità: doveva essere un grande sforzo per lui quell'interazione forzata. Che era destinata, tra l'altro, a incrementare di volume. Subito dopo, infatti, arrivò Derek con un drink in mano. Il capitano si sedette proprio di fianco a lei, presentandosi al Serpeverde. L'ingresso in quel posto le aveva fatto dimenticare per qualche attimo ciò che era precedentemente accaduto, ma ritrovarselo lì seduto al suo fianco risvegliò di botto l'emozione e l'imbarazzo. Colse il suo sguardo fugace. E lo colse perché pure lei si era voltata, giusto un attimo, a guardarlo. Derek distolse subito lo sguardo e si mise a bere. Avrebbe tanto, tantissimo, più di ogni altra cosa voluto emularlo e bere anche lei, fino a vedere una realtà distorta che le consentisse di smetterla di arrovellarsi sui suoi impulsi e le eliminasse i freni. Ma si sarebbe dovuta accontentare dei succhi di frutta, o meglio, di niente, visto che non aveva ordinato nulla. I suoi occhi si posarono, poi, nuovamente su Draven, che aveva risposto pure alla presentazione di Derek. Dovette ammettere a sé stessa di aver provato, per un attimo, ammirazione per Draven Shaw. Doveva essere molto preso, se non qualcosa di più, da Megan per sopportare quello che sembrava a tutti gli effetti un supplizio. Probabilmente, anche capire che Megan non aveva problemi a presentarsi davanti a tutti insieme a lui gli aveva dato una motivazione in più per restare, oppure semplicemente non sapeva come dirle che non voleva restare lì. O magari era un vero animale da festa e Jean si era solo fatta un sacco di film mentali basati solo sul pregiudizio che aveva del ragazzo. In ogni caso, Megan avrebbe certamente saputo come gestire la situazione, ma confidava che sapesse che avrebbe sempre trovato Jean a sua disposizione se avesse avuto bisogno di qualcosa.
Poco dopo arrivarono anche Edmund e il suo amico, Damien. Il giovane Ed mostrò particolare interesse nei confronti del whiskey di Megan. Voleva sapere cosa fosse, e magari anche assaggiarlo. *Ti prego, SI*. Sorrise, maliziosa: avrebbe veramente tanto voluto vedere la reazione del curiosissimo piccolo Corvonero al sapore dell'alcol. Ma il suo amico Serpeverde, più giudizioso di quanto i bias di Jean non le facessero pensare di un verdeargento, lo fermò, affermando che fosse vietato. Megan intervenne: «Tuttavia, credo che Edmund sia abbastanza intelligente da poter fare le proprie scelte e capire se siano sbagliate o meno, no?» Jean annuì vistosamente con la testa, assicurandosi che Ed la vedesse. Ma il ragazzino cambiò improvvisamente espressione, concentrando il suo sguardo su qualcosa che teneva in mano. Lo vide rabbuiarsi all'improvviso, visibilmente, e zittirsi. Jean lo guardò, preoccupata. Aveva a cuore quel ragazzo, gli si era affezionata più di quanto avrebbe pensato di poter fare con un bambino, e a vederlo in quel modo le si stringeva il cuore. Provò ad avvicinare il busto a lui, per farsi sentire. «Ed, va tutto...»
Fracasso. Rumore di vetro in frantumi. Qualche grida, qualche colpo.
Sollevò lo sguardo e lo portò verso la fonte del rumore. Una ragazza, che pareva essere Nieve Rigos, si stava picchiando - o forse veniva picchiata, non riusciva a capire - da qualcuno. Più per curiosità e per "mestiere" di Prefetto, Jean si alzò dal divanetto ma senza muovere un passo. Cercò di sondare la situazione posando gli occhi da una parte all'altra, e vide che lì di fianco c'era ancora Casey Bell, e che si stavano avvicinando altre persone, tra cui il ragazzone, Horus, che aveva conosciuto prima. Megan suggerì di intervenire solo se chi di dovere non avesse fatto niente. Jean si trovò d'accordo. Nel momento stesso in cui aveva capito che c'era una rissa in corso le era venuta la pelle d'ora, ancor più quando vide chi ne era protagonista. Aveva visto quella ragazza qualche volta negli ultimi mesi, quella mattina a colazione quando quei ragazzini l'avevano insultata, in giro per i corridoi, e chiaramente durante le partite. Non era riuscita a inquadrarla, e nonostante provasse empatia a pelle per una situazione che le era totalmente sconosciuta c'era una vocina nel suo cervello che le suggeriva di starne alla larga. Era una sensazione strana, che non riusciva a spiegarsi, ma era reale. E quella scena, vederla lì a creare casino in un bar pieno di studenti, chissà per quale motivo... fu quasi come un'implicita conferma della ragione di quella vocina nella sua testa. Ancora una volta c'era del pregiudizio in lei, se ne rendeva conto, ma in quel momento non aveva alcuna voglia di approfondire la questione. Non le piaceva il caos gratuito, per niente, così come non aveva più alcuna intenzione di trovarsi in mezzo ai drammi di estranei, soprattutto di tale portata. Se si fosse messa male sarebbe intervenuta più che altro a protezione, per monitorare la situazione. Ma non ce ne fu bisogno. Per cui tornò alla sua strana serata. Dopo un po' che fu tornata col sedere sul divanetto, si rese conto di essersi stretta ancora di più a Derek. Quando se ne accorse, si staccò subito. «Scusami, io... » stava bofonchiando. Si schiarì la voce per non sembrare del tutto scema. «Scusa, non volevo invadere il tuo spazio. Le risse mi angosciano, e tu, in qualche modo... beh... la tua presenza mi calma.» Lo disse guardandolo negli occhi. Lasciò andare un sorriso, ancora un po' imbarazzato ma meno di prima. Era strano come le venisse spontaneo dire quelle parole, come strano era ciò che provava con lui durante tutta quella sera. Era diverso dal solito, diverso da ciò che aveva provato anni addietro con Genny, o con Alice, o con Connor o in generale con gli amici. Qualcosa di nuovo che non conosceva. In quel momento, però, non aveva intenzione di capire di cosa si trattasse. Voleva solo terminare quella serata con i suoi amici, come aveva deciso di fare prima ancora di uscire in quel giardino. Ci sarebbe stato il tempo in seguito per capirci qualcosa.
Un altro nuovo arrivo al tavolo. La ragazza che era insieme a Vivienne davanti al rinfresco, poco prima. Disse di chiamarsi Lyvie. La salutò cercando di sorriderle, ma il suo arrivò le scombussolò un po' lo stomaco. I pensieri tornarono subito su Alice, come se non se ne fosse mai andata. La tentazione di fermare Lyvie e chiederle cosa sapesse, cosa fosse successo, quale fosse il motivo dell'incazzatura della Rossa, quale fosse il suo legame con la sua accompagnatrice era fortissima. Prima che potesse valutare cosa fare, però, la sua attenzione fu attirata interamente da Edmund. Mesto come prima, ancora col bicchiere di Megan in mano, si era incamminato verso un lato della sala. Lo seguì con lo sguardo, finché non lo vide fermarsi a parlare con una ragazza. Contorse il naso in una smorfia, poco convinta: che fosse lei la causa della tristezza di Ed? Avrebbe forse dovuto acchiappare per un braccio quella ragazzina e farle un discorsetto? Per il momento sembravano solo intenti a chiacchierare, per cui lasciò perdere, ma si ripromise che li avrebbe tenuti d'occhio. Nessuno avrebbe dovuto avere il potere di intristire un ragazzo così curioso e pieno di vita come Edmund. La sua attenzione tornò nuovamente sul tavolo. Era uno strano assortimento di persone, anche se meno strano di quanto possibile: di fatto erano Serpeverde e Corvonero assieme. Le due casate non erano poi così dissimili tra loro. Avevano più di una caratteristica in comune, e il confine tra le due spesso era labile. Grifondoro, al contrario, era agli antipodi, più di Tassorosso, che Jean ogni tanto considerava come una specie di casata-parcheggio per gli indecisi. Alice era una Grifondoro. E santo cielo, si vedeva eccome. Sprizzava grifo-vibes da ogni poro, in ogni sua azione, pensiero, gesto. Forse questo era uno dei motivi che le rendeva incompatibili. Non la casata di appartenenza in sé, ma proprio la differenza caratteriale così netta tra le due. Forse era anche parte del motivo che la faceva sentire così tranquilla e a suo agio con Derek Hide. Era ancora lì, al suo fianco, come per tutta la serata. Averlo individuato all'inizio della festa era stata la cosa migliore che potesse succedere a quel ballo. Se non ci fosse stato, chissà quanto la sua testa avrebbe viaggiato, e cosa sarebbe stata capace di fare nei pressi della pista da ballo qualche minuto prima. Lo ringraziò mentalmente. E non solo. Si voltò a guardarlo, le mani attorno al bicchiere quasi vuoto. Portò la mano sinistra sopra il bancone, andandola a poggiare delicatamente sopra una delle mani con cui teneva il bicchiere. Solo un istante, per richiamare la sua attenzione. Poi la tolse. «Senti, Derek... Grazie.» Un sorriso, un respiro. «So che di fatto ci conosciamo poco, o meglio, sappiamo poco o niente l'uno dell'altra. Ma ci tenevo che sapessi che oggi la tua presenza è stata, è molto importante per me. Quindi grazie.» Non riusciva a spiegare meglio di così come si sentisse, e forse non era riuscita a spiegare proprio niente. Ma non le importava. Aveva detto ciò che voleva dire, e ne era contenta.
D'un tratto Draven Shaw si alzò. Difficile dire a cosa stesse pensando, ma forse la sua soglia di sopportazione di quella serata era giunta al limite massimo. Jean non sapeva se Megan lo avrebbe seguito, ma nel caso lei non avrebbe fatto altrettanto. Lei e Draven erano insieme, stavano insieme, avevano diritto alla loro privacy. E inoltre, riuscire ad avere Megan con lei a un ballo scolastico per più di dieci minuti era comunque considerabile un successo. Non le dava fastidio l'idea di rimanere al tavolo con Derek e con gli altri, anzi. E in ogni caso, ormai non mancava molto alla proclamazione della casata vincitrice della coppa, quindi forse di lì a breve si sarebbero alzati tutti quanti per assistere alla premiazione. Insomma, in qualunque modo fosse andata, Jean sarebbe comunque stata felice dell'andamento bizzarro di quella serata.



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view post Posted on 8/2/2023, 20:48
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Eloise Lynch
17 y.o. – the gambler – the roaring 20s

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Location: speakeasy
Interaction: Horus, Emily, Nieve
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Il clima dello Speakeasy è caldo e denso di respiri. Mentre il barista prende i loro ordini Eloise si lascia scivolare la pelliccia via dalle spalle e la appoggia sullo sgabello a destra, là dove Horus non sembra intenzionato ad accomodarsi. Studia la lavagnetta con gli ingredienti del cocktail prescelto: limone, zenzero, ginepro le suggeriscono che non sembra essere andata così male. « Grazie, Ssserafina, mi sembra un’ottima scelta! » Serafina e Agenore: le loro nuove identità per quella sera, due incalliti giocatori d‘azzardo che piazzano scommesse nel loro Speakeasy di fiducia. L’incontro con le due ragazze non è stato solo fortuito, ma ricco di idee.
Sta per condividere quel pensiero con il suo amico, quando lo vede boccheggiare. Sta articolando una sillaba con le labbra - l’iniziale del suo cognome? - ma il suo sguardo è fisso altrove, allo sgabello successivo. Si sporge temendo il peggio, e il peggio - per quella situazione, per quella serata, per il rapporto con suo fratello - è lì davanti. Emily Rose, in tutta la sua eleganza e compostezza, è seduta precisamente accanto a Horus.
Eloise si irrigidisce, certa che Ned l’avrebbe ammazzata. Non solo la serata non è ancora decollata, ma lei - proprio lei, che doveva tenere Horus a galla nella sua leggerezza - l’ha spinto in braccio a chi dovevano evitare. Suo fratello e Bella l’avevano avvertita della possibilità di quell’imprevisto, ma lei non ci aveva dato peso. C’è da ringraziare che non abbiano intrapreso la carriera da Auror, se quelle sono le loro skill investigative; la carriera da Tristi Mietitori, invece, sembra sempre più probabile.
« Ciao Horus. Ciao Emily. Ciao Eloise. » Borbotta tra sé, più per sdrammatizzare che per recitare i convenevoli che si scambierebbe un gruppo qualunque di persone. Il barista la guarda perplessa, ma la presa di Horus - una stretta inaspettata, una muta richiesta di sostegno - sposta il piano di quell’incontro su un altro livello. Eloise punta lo sguardo verso il basso, non sapendo bene che farsene di quella stretta, ma dopo un primo buffetto affettuoso (fatti forza, ragazzo) si sprona a prenderlo sul serio. Gli posa il palmo sulle nocche, morbidezza su spigolosità, intenzionata a smussare gli angoli con una risposta presente e salda.
L’arrivo dei cocktail è una ventata di aria fresca, almeno per lei. Il diversivo di cui aveva bisogno per togliersi dall’impiccio della candela. Ma anche quando si sporge oltre Horus per recuperare il suo, in equilibrio sullo sgabello e mezza spalmata sul bancone, si sente invisibile e impotente: c’è troppa pesantezza e troppo non detto tra quei due. Sono passati solo pochi istanti, ma il silenzio che li avvolge è stato capace di renderli di piombo. Così, butta giù metà del Lemon Rock, sperando che l’effetto alcolico faccia presa in fretta.
Un sorriso di congedo è tutto ciò che riesce a rivolgere a Emily Rose da dietro al suo bicchiere da Martini. Non è giudicante, ma triste: non ha la più pallida idea della portata dei non detti tra quei due - è stata solo testimone della punta di un iceberg, nel passato - ma se pochi momenti prima si aspettava un dramma di maggiore portata, ora non è del tutto certa che il silenzio possa aiutare. Non sa se in quelle occasioni sia meglio una superficialità allegra o una profondità turbolenta, ma prima di poter fare una scelta il filo dei suoi pensieri viene interrotto.

Trambusto, caos, disordine. Vociare indistinto, respiri trattenuti e, di sottofondo, il suono attutito di una colluttazione. Il suo viso scatta verso il punto di origine di quel trambusto, ma la folla accalcata le impedisce di capire cosa stia succedendo di preciso. Butta giù il cocktail rimasto e salta dallo sgabello, seguendo Horus nella sua avanzata. O meglio - cercando di seguirlo. La sua presenza minuta e la gente in coda al bancone le impediscono di fare in fretta, e solo i gomiti sembrano aiutarla nell’impresa.
Non vede molto: due caviglie seminude che si divincolano per terra, una figura china che le sovrasta, dei movimenti convulsi. Una violenza ingiustificata e rabbiosa che sembra pilotare l’attenzione della folla circostante. Dall’angolo in cui si trova Eloise non si vede il volto dell’assalitore, ma quando Horus interviene distingue con chiarezza la crudeltà che si aspettava di trovarci. Lo sgomento nel vedere qualcuno capace di prendere a pugni con quella bestialità la colpisce insieme alla consapevolezza che è solo la manifestazione pubblica a renderlo singolare - che spesso nel privato succede di molto peggio. Il suo sguardo corre per un istante alla studentessa con il volto insanguinato, al capannello di amiche, per poi tornare alla scena del crimine.
Solo allora si rende conto che la ragazza assalita è Nieve Rigos. Si è seduta, e si guarda attorno come una bestia in gabbia, come se fosse pronta a scattare all’attacco. La campionessa del Barnabus Finkley adesso è a terra, ma sembra pronta a combattere come allora.
La richiesta di Horus arriva al momento giusto: annuisce e non aggiunge altro, incredibilmente pronta a lasciare le vesti festaiole per gestire l’emergenza. Senza badare al barista indispettito, si infila dietro il bancone per fare incetta di provviste: un tovagliolo di stoffa, una manciata di cubetti di ghiaccio, due cocktail improvvisati e un po’ forti. Torna verso Nieve e Horus con il fagotto e bicchieri in mano, e registra una scena inaspettata.
Non sa bene come interpretarla: Nieve che stringe le dita sul mento di Horus, Horus che la fissa, un attimo di sospensione e silenzio incredibilmente simile a quello a cui ha fatto da spettatrice poco prima. Inclina la testa, Eloise, e considera che doveva aspettarsi che uno come Sekhmeth avesse innumerevoli questioni irrisolte da quelle parti, e troppo poco tempo per risolverle o aggrovigliarle ancor di più. Ma poiché fare da spettatrice non è nei suoi desideri, si schiarisce la voce e scoppia in una risatina.
Una risatina?
Quello non è il momento adatto a una risatina.
Resta interdetta un momento, e poi ride ancora, generando ulteriore perplessità in se stessa e, probabilmente, negli altri.
« Alcol per il dolore immediato » Stende le braccia e ficca i bicchieri in mano ai due. « Ghiaccio per il dolore di domani. » Questo lo dà a Nieve, insieme a un mezzo sorriso. Incredibilmente, non riesce a evitare di sorridere, anche adesso che non c’è niente di divertente.
A mani libere, finalmente, può recuperare la bacchetta - che tiene riposta nel reggiseno. « Posso? » Fa un cenno verso lo zigomo di Rigos: la sua pelle, abitualmente pallida, porta i segni concreti dei colpi subiti.

– When you and I were forever wild | The crazy days, city lights –
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view post Posted on 8/2/2023, 22:55
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Edmund Artemis Knight
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Tutto ciò che stava accadendo in quell'angusto locale perse completamente di vividità: un'immagine senza colori, una canzone senza suoni, una monologo senza parole. Solo Helena, agli occhi di Edmund, pur con quel candido vestito, non aveva perso alcun tono di colore in quella scena dallo sfondo sfocato.
Urla, vetri infranti, un corpo inerte steso a terra, qualche improvvisato soccorritore, qualche distratto Corvonero, un'esuberante Grifondoro, e tutto quel sangue che titilla gli appetiti dei cronisti... tutto ciò che altrimenti non avrebbe potuto non calamitare completamente l'attenzione di ogni presente, non pareva avere effetto sull'undicenne assorto altrove.
Gli occhi rimanevano concentrati sulla Tassorosso, le iridi chiare ad accarezzarne i lineamenti, e le pupille pronte a cogliere il moto delle labbra. Quella di Helena era tuttavia un'immagine cupa; coni e bastoncelli facevano bene il loro mestiere, anche laggiù nello Speakeasy interrato, ma la mente lo faceva altrettanto. La mente è il più grande artista e l'artista non immortala il presente in un'asettica fotografia, l'artista ritrae con le sue suggestive pennellate e nel ritrarre alita su ogni immagine le proprie emozioni. L'immagine della coetanea gli risultava spenta e ingiallita, e non perché Helena gli apparisse tale in sé, ma per quel suo sorriso troppo presto svanito. Ciò, se da un lato rendeva Edmund a disagio e nervoso, dall'altro lo faceva ancora più triste, poiché gli sembrava la sua vicinanza avesse acquisito l'odioso potere di spegnere la sua solita effervescenza.
Passarono lunghi istanti, istanti in cui si limitò a osservarla: forse Helena non aveva capito la sua domanda, forse l'aveva capita e non voleva rispondergli, forse non voleva più parlargli, forse stava male, forse era talmente arrabbiata con lui che lo aveva attirato a sé solo allo scopo di farlo stare ancora più male di quanto già non facesse lasciandolo in quella sorta di limbo.
Quando parlò le sue parole rimbombarono.
La vista dei fonemi sillabati dalla bocca amplificarono ogni parola all'inverosimile. Avrebbe potuto persino non emettere suono ma non avrebbe fatto differenza.


«Ti ricordi quando siamo andati ad Hogsmeade insieme?»

Edmund spalancò gli occhi allibito, impreparato. Si trattava di una cosa di secoli prima, era ancora Halloween quando c'erano andati, doveva ancora iniziare il Torneo di Quidditch! La curiosità infastidita ebbe la meglio e, prima ancora di lasciarla proseguire, si inserì nel discorso mentre le mani abbandonavano il bicchiere e intrecciavano reciprocamente le dita, aprendone i palmi verso l'alto.

«Hogsmeade? Ovvio che me lo ricordo! Ma cosa c'entra Hogsmeade adesso?»

Helena continuava a sfuggirgli, e nel significato delle sue parole, e nello sguardo.
La vide perdersi a osservare il bicchiere; gli occhi della Tassorosso sembravano cercare qualcosa, gli occhi di Edmund provavano a fare altrettanto, peccato che, se forse le intenzioni dei due avevano qualcosa da spartire, i binari in cui si muovevano erano come parallele distinte.
Edmund ascoltò la lunga sfilza di pensieri e parole che Helena gli scaraventò addosso, capendo le prime e poi sempre meno. Quando qualcuno ti dice un sacco di cose e vorresti controbattere, ti soffermi sulle prime che dice e cerchi di frenarne il flusso per mettere ordine; ma il discorso continuava, creando sempre più dubbi e incertezze in una mente che fatica a individuare punti fermi.
Che era andato a Hogsmeade da solo era vero, glielo aveva detto lui stesso, le diceva sempre tutto, o quasi, perlomeno tutto ciò che si sentiva tranquillo di dirle, ma cosa c'entrava quello con la promessa? Cosa c'entrava quella gita estemporanea con i progetti che facevano loro due? Questa cosa non aveva nessun senso, doveva voleva andare a parare? Si era fatto un sacco di idee su quel silenzio durato interminabili giorni, ma nessuna di esse aveva anche solo minimamente lambito il vero, contribuendo a gettare caos su caos.
Le aveva promesso che sarebbero andati a Hogsmeade insieme, era vero, e magari non l'aveva invitata ad andarci subito, prima di Natale, ma non voleva dire che non ci sarebbero andati mai più. Non aveva ottant'anni, c'era una vita davanti! E poi, se non lo aveva fatto era perché aveva delle valide ragioni, perché Helena non si fidava per una volta?


«È così?»

È così cosa? Nulla era così come lo aveva descritto, e probabilmente lo avrebbe saputo anche lei se solo si fosse liberata della cattiva influenza di quelle quattro che le starnazzavano attorno per tutto il tempo, impedendole di stare con lui e di pensare con la propria testa.
Non aveva mai smesso di cercare il suo sguardo, unica speranza di riconoscere l'Helena di sempre, quella che gli sorrideva complice quando faceva qualche commento un po' eccessivo su certe primine dal dubbio senso dell'umorismo, o che si arrabbiava quando le prendeva i libri senza chiederglielo perché i suoi erano impegnati a ripararlo dagli sconosciuti in un'artificiosa cinta muraria.
Quando dopo secondi che parvero ore i suoi occhi finalmente si decise a guardarlo, sperò Helena si rendesse conto che era sincero, che lo era sempre stato, e che capisse, almeno un po', che lui davvero non ci stava capendo più nulla.


«No, Hel, non è assolutamente così!
Ti stai inventando! Ci sono andato con Amelia solo perché lei sapeva dov'è che vendono i libri e tu no, e così mi ha fatto vedere!»


Edmund era scoraggiato, non sapeva cosa dirle e come dirglielo, voleva allo stesso tempo dirle che le dispiaceva molto che ci fosse rimasta male ma che anche lui arrabbiato visto che non gli aveva più parlato per settimane, e poco importava i due fatti fossero legati.

«E poi cosa dovrei dire io che sei sparita, ti chiedevo di venire a fare i compiti e continuavi a girare con quelle stupide che ridono solo perché si vedono allo specchio che ridono! Che geni! Se non ci siamo andati era perché non si poteva!»

PS: 110 | PC: 56 | PM: 51 | PE: 3.5
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view post Posted on 9/2/2023, 16:42
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The Roaring 20's
Ingresso dei Gazebo
Interazioni: Amelia Gin, Megan, Edmund e Jean






Strinse la mano del Serpeverde quando egli fece lo stesso. Dopo di ciò tornò al suo bicchiere, entrambe le mani adesso tenevano il contenitore di vetro. D'un tratto non sentì più il bisogno di bere. Forse per il potere del liquido appena ingurgitato o forse perché la serata procedeva bene, al netto dei pensieri che gli erano apparsi nella mente come proiettati dall'esterno su quanto accaduto poco prima con Jean.
Vide il fazzoletto volare verso Edmund, poco dopo che il ragazzino stava decidendo se assaggiare o meno il drink di Megan, sorrise alle parole della caposcuola e alla veemenza con la quale la ragazza seduta accanto a lui annuiva. Era d'accordo con loro ma non mosse un muscolo per mostrarlo. Il fazzoletto arrivò come portato da una brezza di mare nelle mani del destinatario, vide Edmund cambiare espressione e lo stesso fece Derek, non era però la stessa del piccolo Corvonero, anzi, la sua era di curiosità mista a stupore, cosa aveva rabbuiato l'altrimenti allegro compagno di casata. Nei pensieri che quello scritto aveva portato Derek notò che Edmund si alzò ed andò via portandosi il bicchiere, se non fosse stato per ciò che aveva appena visto avrebbe sorriso nuovamente alla scena, ma vedere Edmund congedarsi, sperava momentaneamente, con un'espressione corrucciata lo aveva indisposto. Seguì con lo sguardo il compagno fino ad un tavolo occupato da una sola ragazza, che fosse lei la mittente? E perché in quel fazzoletto c'era scritto qualcosa che non che non era piaciuto ad Edmund?
La sua mente si liberò da ogni pensiero su Edmund nel momento in cui scoppiò una rissa, o forse era già in corso, sta di fatto che Derek l'aveva notato solo adesso.
Sebbene fosse un tipo che si non faceva gli affari altrui, era complicato quando questi ti venivano spiattellati davanti con rumore di bicchieri infranti e qualcuno che cade, per non parlare delle urla. Derek guardò la scena e di sfuggita sentì ciò che Megan disse a Jean, e pensò che comunque qualche docente avrebbe dovuto essere lì e magari sarebbe intervenuto per fermare quello scempio.
Aveva pensato che non sarebbe stato certo saggio stipare adolescenti in piena tempesta ormonale in un unico posto, ma quell'atteggiamento era comunque esagerato.
Forse il Corvonero non aveva mai tenuto abbastanza a qualcuno da potersi arrabbiare con la stessa o per una situazione che capitava, era più incline ad un trattamento dell'indifferenza, inizialmente faceva male, ma con il passare del tempo la persona in questione sfumava nella sua mente fino a dimenticarne le fattezze ed emozioni provate. Ciò, soprattutto, quando si sentiva tradito.
Non avrebbe mai fatto una scenata a quel modo, perché mostrare ad una persona quanto ci tenevi? Perché darle il potere di gestire le proprie emozioni? Per non parlare della figura barbina che stavano facendo davanti a tutta la scuola.
Derek rimase in silenzio a guardare prima l'orrenda scena poi Jean in piedi, quasi cercasse un punto fermo in quella situazione.
Prima che la sua mente potesse continuare a disgustarsi per quanto stesse accadendo Jean tornò a sedersi, senti il cuscino del divanetto sul quale erano seduti abbassarsi leggermente a quel fare, eppure c'era qualcosa di strano in ciò.
Ci volle poco più di un attimo per accorgersi che la ragazza si era seduta più vicino a lui, in realtà guardando la scena della rissa era stato solo quando si era allontanata che aveva lo aveva notato.
Si girò a guardarla con espressione stupita, perché non aveva notato prima che aveva violato il suo spazio? Molte altre volte si era sentito a disagio anche solo quando in sala grande qualcuno si sedeva troppo vicino a lui e di certo lo notava sempre. Fu proprio in quel momento che il suo naso di lupo sentì l'odore della ragazza, come se allontanandosi avesse lasciato un pista da percorrere per trovarla, era buono. Sorrise impercettibilmente quando lei dapprima balbettò qualcosa. Poi la fisso negli occhi nel sentire ciò che aveva da dirgli. Ci volle un po' per comprendere quelle parole nella loro reale essenza, distogliendo a fatica lo sguardo dalla ragazza l'indirizzò verso la rissa, si disse che non poteva biasimarla.
Hai ragione, è uno spettacolo penoso. Poi tornò a guardarla, è la sua mente tornò il quella specie di trance di calma e tranquillità, questa volta ne era certo che non fosse il contenuto del suo bicchiere, non beveva da quando si era seduto poco prima.I suoi pensieri vennero interrotti prima che si formassero del tutto, una nuova ragazza arrivò e Derek la riconobbe per colei che stava litigando con la ragazza dai capelli rossi che aveva angosciato Jean poco prima. La sua espressione si fece corrucciata come quella di Edmund pochi istanti prima. La salutò con un cenno del capo, non avrebbe fatto nulla di più. Perché stava provando astio per quella ragazza? Non gli aveva fatto nulla in particolare, forse era stato perché aveva interrotto il filo dei suoi ragionamenti.
I suoi pensieri vennero interrotti nuovamente da qualcosa che non si aspettava, ancora una volta Jean era riuscita a prenderlo alla sprovvista, questa volta gli toccò, addirittura, la mano posata sul bicchiere, in quello stesso momento provò qualcosa di estremamente strano, per un solo istante al caldo e gentile gesto della ragazza per richiamare la sua attenzione ebbe l'impulso di stringerle la mano con gentilezza . Comunque prima di guardare nuovamente la ragazza abbassò lo sguardo giusto in tempo per vedere la sua mano ritrarsi. Aveva restitito al suo impulso. La guardò in quegli occhi color nocciola, probabilmente la sola cosa che avrebbe ricordato di quella sera con piacere. Mentre lei parlava i suoi occhi si muovevano per osservare quelli della ragazza, sembrava quasi che le pupille seguissero le sue come una danza. Non sapeva cosa dire. Quando ebbe finito guardò i lineamenti duri della ragazza e non disse nulla. Cercava di capire il perché quelle parole lo avessero intontito al punto da fargli perdere la favella. Si ricompose cercando di non sembrare più stupido di quanto già non fosse sembrato.
Beh, Jean, è vero ci conosciamo poco. Ma posso dirti che per motivi diversi anche io ho trovato la tua presenza, questa sera, molto importante, forse perché anche io sto vivendo un travaglio interiore. Questa sera i miei pensieri sono stati molto più calmi del solito, e credo che abbia a che fare con te I suoi occhi divennero poco lucidi perché non sbatteva le palpebre, non lo aveva fatto per tutto il tempo in cui aveva parlato, a stento si era accorto di aver fatto criptico riferimento al suo altro essere. Era quanto di più vicino alla verità avesse mai detto a qualcuno. Forse era stata la semplicità con la quale la ragazza aveva parlato poco prima a renderlo così loquace. Provava un altro impulso, uno a cui non avrebbe voluto sottrarsi, e non lo fece, anzi avvicinò la testa alla ragazza proiettandosi con il busto verso di lei, inclinò il capo verso destra a pochi centimetri dal suo viso così da poter permettere alle sua labbra di poggiarsi con dolcezza sulla sua guancia. Dopo si ritrasse, le parole aveva un senso e quel gesto era il senso delle sue parole: grazie.







A wolf can't live alone
 
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view post Posted on 9/2/2023, 20:06
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Horus Ra Sekhmeth
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Interaction: Emily, Nieve, Eloise
Mention: //
Non mi rendo conto di cosa mi accade intorno.
Non avverto chiaramente le risposte borbottate di Nieve, non vedo Eloise balzare agilmente dietro il bancone del bar.
Vedo solo Emily e nelle orecchie la frase che mi ha ossessionato per questi anni, il sentimento che ha infestato i miei incubi, i miei dolori, i miei errori.
Vorrei gridarlo: preferisco l’odio a tutto questo.
Cos’è che fa più male?
Le tue lacrime o le mie?
Mi rendo conto che la rabbia non smette di macerarmi dentro l’intero corpo e fluisce nei miei pugni chiusi, una volta liberi dal peso di Nieve. I miei piedi sono puntati a terra, come se volessi mettere radici nel pavimento, impedendomi di venire lì, di venire meno ai miei propositi.
Ciao a te.
Buona serata.

Non ti farò il favore di odiarti.

Ti amo comunque.

Frasi che mi turbinano confusamente come un ciclone nella testa, nella memoria; ululano come vento, un vento che destabilizza il volo, un vento sconosciuto che ha l’odore del pianto. Ed io sono fuori di me, ma mentre dentro sto tremando e gridando, il mio corpo è l’armatura perfetta per nascondere la fragilità del mio animo e dei miei sentimenti.
Abbasso appena il mento e i miei occhi, lame d’acciaio, la guardano con furia.
« Dovrei ringraziarti? » Replico, con una smorfia feroce che mi arriccia il labbro.
Detesto che me l’abbia detto da lì, a distanza di sicurezza, davanti a tutti. Perché lo so che, come l’ho sentito io, l’ha sentito anche Nieve, di cui percepisco il movimento della testa. Detesto che non sia venuta da me, a sussurrarmelo nell’orecchio.
Cosa mi ero aspettato? Che ci salutassimo normalmente, che il mio stupido sorriso imbarazzato potesse in qualche modo cercare di mettere un cerotto sopra gli squarci dei nostri cuori? È stato tutto troppo veloce, ma non nascondo che ho pensato un milione di volte a cosa avrei fatto se ti avessi rivista. E spesso, la risposta era solo una: ti avrei stretta, ti avrei baciata e ti avrei confessato che mi ha guidato il terrore che il Signore Oscuro ci ritorcesse tutto contro; che sapevo ti saresti sacrificata, piuttosto, pur di proteggermi, e non potevo accettarlo. 
Per te, per noi. Per me stesso. 
Io non voglio essere protetto.
Non ho paura del buio.

Il favore.
Il favore di odiarmi.
La tua voce mi ossessiona, mi annienta, mi fa impazzire, oh so che sto per farlo, so che sto per perdermi. Vorrei portarmi le mani alle orecchie, chiuderle a questo tormento.

« Questo è molto peggio. » Aggiungo, invece.
Così sia: odiami, amami, distruggimi, baciami, fammi a pezzi, feriscimi ancora con quel dardo travestito da promessa. Se così fosse stato, avresti ceduto come ho rischiato di fare io? Per questo ti sei allontanata? Non voglio, non posso crederlo.
È il tocco gelido delle dita di Nieve a spezzare l’immobilità del mio corpo.
Seguo rigidamente la direzione impressa dalla presa della sua mano —comincio a credere che abbia un feticcio per il mio mento—; non voglio interrompere quel contatto visivo perché c’è molto che voglio dire. Ma il viso di Nieve prende il posto di quello di Emily, mi guarda dritto negli occhi con un’espressione che non riesco e non mi interessa nemmeno decifrare. L’ira mi sussurra qualcosa all’orecchio, mi ricorda il dolore che mi imprime quella dichiarazione. Aggrotto le sopracciglia, per cercare di calmare il tumulto che mi sconquassa. Ora che la mia rigidità è stata infranta, mi sento spaventosamente in balia della tempesta che infuria, ma per quanto sia ferito, per quanto quel “Scusa, Ra.” rintocchi come una campana che risuona a morto, infliggendomi dolore ad ogni eco, non riesco a fare ciò che la rabbia mi spinge a fare. Mi limito a nascondere il viso dietro la testa di Nieve, sorprendentemente alta su i suoi tacchi, ma non faccio altro, lasciando il dubbio di ciò che celi questo gesto, sulla sua mano sul mio mento.
« Si dice grazie, non prego. » Non capisco e fraintendo il senso del suo gesto, ma le rispondo per mascherare anche a lei il significato del mio capo piegato. La mia voce è atona, svuotata.

Lo so.
Lo so che sto spezzando il tuo cuore ancora una volta.
Non lo so se ci crederai.
Non lo so se verrai meno alla tua promessa.
Non lo so se mi odierai davvero.
Non lo so se continuerai ad amarmi, come io non riesco a smettere di fare.

Ma odiami.

Odiami, odiami, odiami.
Ti prego.


La risatina imbarazzata di Eloise mi spinge ad allontanarmi da Nieve, cingendole il polso e abbassandole la mano con la calma che fingo egregiamente di possedere; un gesto che non collima con quello che ho appena finto di fare.
Afferro il drink che la mia amica mi ficca letteralmente in mano, grato di avere finalmente un appiglio, ma i miei occhi tornano su di te, Emily, mentre mi porto il bicchiere alle labbra.

Brindo a te, a noi, a me.

A tutto ciò che ho distrutto, ancora una volta.
Alle lacrime di entrambi.


– Tell me would you kill to prove you're right –
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Ora mi ammazzo. :)
 
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view post Posted on 11/2/2023, 16:58
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Thalia J. Moran | Outfit

Entrando nel locale l’atmosfera si era fatta improvvisamente e oltre ogni aspettativa più calda e accogliente, sebbene tutto - dagli arredi alle persone che già si erano accaparrate un tavolo o un posto al bancone - sembrasse insolitamente familiare. Non si trovava più a suo agio fra i coetanei già da qualche tempo, come se si sentisse lontana dall’ambiente scolastico che condividevano e fosse pronta a procedere oltre; d’altra parte, tra quei volti c’erano persone a lei care, alcune per amicizia ed altre per semplice quotidianità, e fingere che non le importasse della loro presenza sarebbe stato stupido ed inutile. Così aveva preso coscienza della posizione occupata da Oliver e Camille, intenti a chiacchierare tranquillamente, anche se la Tassorosso pareva nascondere una certa tensione nel corpo che - si augurava - Oliver non doveva aver notato. Cercò di tenere a mente di parlare con lei in un secondo momento, certa che la questione non fosse destinata a finire nel presunto locale segreto.

Più in là aveva intravisto la chioma albina di Nieve, ma così come in altre occasioni anche in quel caso il suo sguardo veleggiò oltre, così che il rimpianto di ciò che la loro amicizia era stata non finisse per scavarle una voragine ancor più profonda nel petto. Poteva provare ad ignorare la sua figura e la stilettata che ogni volta la colpiva al fianco nel vederla, ma non poteva permettersi il lusso di cedere alla voglia di parlare con lei.

Accanto a lei, Mike fece un cenno di saluto che scoprì essere rivolto a Shaw, seduto ad un tavolo nientemeno che con la Milford-Haven e una schiera di Corvonero riuniti a chiacchierare di buon accordo. Incredibile come Draven fosse cambiato rispetto alla sera dell’ultimo ballo. L’incontro alla pira sulla collina non aveva sortito alcuna conseguenza tra di loro, se non il saluto distratto e vagamente cortese che si dedica alle persone con le quali si sono scambiate poche battute. L’unico ricordo di quella serata era la sigaretta che lui le aveva lasciato, finita chissà dove e che forse non avrebbe mai fumato.

Quando Mike le fece strada verso uno degli ultimi tavolini liberi, lontani dal bancone e dalla mischia che di lì a poco si sarebbe creata, sentì il bisogno di non indugiare troppo sul resto del locale. Voleva concentrarsi sulla serata, su Mike e su quello che l’immediato futuro avrebbe avuto in serbo per lei.
Per certi versi si aspettava di trascorrere una serata tranquilla, affatto turbata dalle classifiche di fine anno o dalla selezione degli abiti migliori per il concorso a tema. Aveva avuto il suo momento di gloria durante il ballo precedente e nessuno ne avrebbe serbato il ricordo. Andava bene così, dopotutto, nella vita doveva esserci ben altro per cui valesse la pena di provare una certa soddisfazione.
«Ormai non so più dire di no a tante cose..» commentò, il sorriso malizioso appena accennato sulle labbra e la volontà di non curarsi affatto del trambusto al bancone. Possibile che la tranquillità fosse così difficile da raggiungere?
Appoggiò la borsetta sul tavolino, coprendo il riflesso delle pailettes con una mano e stendendo l’altra affinché incontrasse quella di Mike. Sentirlo parlare di azzardi, di come godersi la vita da studente con qualche privilegio e vederlo sorridere tanto spesso aveva scaturito in lei una domanda lecita, che forse però non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare. Quante cose erano accadute ad entrambi nel tempo in cui non si erano frequentati? Certo, lei aveva alzato di parecchio l’asticella - tra il peccato di aver sfruttato la magia per scopi personali del tutto discutibili e la sua relazione lampo con Scott, con quanto conseguiva -, ma Mike non aveva mai parlato di come fosse andata a finire con la Lestrenge o di che cosa avesse fatto in sua assenza. Ovviamente non poteva aspettarsi che avesse fatto qualcosa di sbagliato: Mike era lontano da certe cose, tanto quanto lei era capace di avvicinarsene senza cautela alcuna.
Aveva paura di scoprire di quei due anni passati senza che l’uno sapesse dell’altra più di quanto fosse generalmente noto e allo stesso tempo era curiosa da morire. Avrebbe voluto coglierlo in flagrante in quel momento di debolezza, la mano di lui stretta delicatamente nella sua, quando il cameriere portò i loro drink e Mike ebbe inneggiato al brindisi, ambizioso sicuramente, dedicato a loro. Gli lasciò la mano e la avvolse attorno alla fredda superficie di vetro, ammirando per un istante il colore e assaporando il profumo del cocktail. Non voleva che la preoccupazione per le cose non dette s’infilasse tra loro durante la serata e le scacciò via per lasciare il posto alle parole del ragazzo. Ciò che contava, adesso, era essere di nuovo insieme.
Inclinò il capo in un cenno di assenso e divertimento, portando il bicchiere a incontrare quello del Serpeverde prima di avvicinarlo alle labbra. Il sapore dell’arancia e del succo di ciliegia si mescolarono in fretta, solleticandole il palato, mentre il Whiskey di base ebbe a irritarle la gola - e non soltanto per il sapore forte. Succedevano cose a cui non voleva minimamente pensare se quel liquore finiva nel suo calice.
«Forse non dovrei bere.» confessò imbarazzata, schiarendosi la voce e respingendo il bicchiere; accolse nuovamente la mano di Mike nella propria, lasciandosi accarezzare dalla voce del Caposcuola nonostante fosse chiaramente in vena di ironia e sarcasmo. In parte non riconosceva il Mike pronto a prenderla in giro per aver perso il Boccino contro la Ashton, dall’altra sapeva che in agguato ci sarebbe stata una proposta di resa che le avrebbe fatto dimenticare presto l’affronto subito nella prima partita del Campionato di beneficienza.
«Questo dipende dalle partite del prossimo girone. Credi che Von Kraus ti permetterà di non giocarla?» questa volta l’ironia era la sua nel nominare il Capitano delle Bestiacce e della Squadra Serpeverde. Sapeva per esperienza di dover evitare Vagnard con le dovute precauzioni: non la spaventava incrociarlo nei corridoi, ma sapeva che non fosse proprio un ragazzo con cui scherzare. Si domandava, quindi, che rapporto avesse lui con Mike, se davvero il Capitano fosse così temibile solo all’interno del campo di Quidditch.
«Inoltre, credo che dovrò riprendermi quel Boccino. Le manovre da circo del vostro Cercatore mi hanno infastidita e non poco.» strizzò l’occhiolino, ma il veleno nelle sue parole non sarebbe comunque passato inosservato. La Ashton aveva la sua bella dose di esperienza in campo, non aveva potuto negarlo nemmeno nell’incontro post partita negli spogliatoi, quando l’umore dei T’Assalto aveva raggiunto il nucleo caldo del centro della Terra. Quello che la infastidiva, però, era stata la sua abilità di manovrare il manico di scopa in quel modo affatto convenzionale. Come poteva esserci riuscita senza finire sfracellata al suolo? Ricordava la soddisfazione di averla vista colpita dal Bolide a seguito del suo virtuosismo, ma quella punizione quasi divina non aveva giovato poi all’esito della partita.
Nominare la Ashton o la prima partita di Quidditch del Torneo Crownspoon era stato davvero un colpo basso da parte di Mike. Non riusciva però a provare la consueta voglia di distacco da lui, specie dopo rappresaglie simili seppur fatte per gioco, e probabilmente la colpa doveva essere imputata al drink ispirato agli anni Venti. Doveva essere per forza così, dato che negli occhi scuri di Mike cominciava a vedere l’ombra dell’intenzione, accorciando le distanze tra loro. Nonostante la magia del cocktail, Thalia provò comunque a dissuaderlo, se non altro per darsi il tempo di capire come gestire quella situazione e i sentimenti che ne derivavano.
«Se stai cercando di tornare nelle mie grazie stai facendo gli occhi dolci per niente. Sappilo.»
Sorrideva, minando la serietà della sua affermazione, e fece l’atto di riprendere a sorseggiare il proprio drink.
Quando c’era il Whiskey di mezzo le cose prendevano una piega inaspettata, ma del resto… che cosa poteva succedere di male?

Interazione Mike
Menzioni: Oliver e Camille, Nieve, Draven, Megan & Corvonero affini



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view post Posted on 12/2/2023, 17:49
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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L'aveva scampata sino a quel momento, posticipando l'irrimandabile sino al che infine era giunto il tempo. Si congedò dall'ultimo di una lunga, ma non troppo, serie di sventurati e ignari interlocutori che sino a quel momento erano stati l'ancora, la scusa perfetta per non lasciare le calde aule del castello, alla volta delle misteriosi fauci del parco, e di quell'ennesimo ballo. Era un succedersi infernale che non accennava a voler offrire una fine, i balli si succedevano nel corso degli anni, e anche gli stessi partecipanti continuavano a mostrare un qualcosa di già visto e sentito. Erano caduti in una qualche strana forma di loop? Era sempre la stessa storia, o qualcosa era cambiato? Le pagine di uno stesso libro, o capitoli di molti, semplicemente dello stesso genere?
Era una domanda di difficile soluzione, cosa stesse davvero accadendo nemmeno il cielo sembrava saperlo, o tanto meno interessarsene, e in quello certamente non v'era alcun conforto, ma del resto... La pratica doveva essere chiusa, in una qualche maniera avrebbero dovuto fare, lo stavano aspettando. Qualcuno lo stava aspettando, o meglio, volevano sapere come fosse finita quella storia, di quell'anno. A chi sarebbe andata la Coppa?

Le porte si spalancarono, e via giù per le gradinate, alla volta del parco, inseguendo quello che sembrava essere il sentiero per i graditi ospiti. Più ci si inoltrava nel verde, più aumentava il numero di studenti, e il volume del chiacchiericcio. Persone chiamavano persone, parole chiamavano parole, ospiti ospiti, alberi alberi. Una storia già scritta, scoprendo e svelando le fantasie di quell'anno degli organizzatori, che avevano certamente da tempo mollato gli ormeggi dell'umana consuetudine.

Quell'anno si respirava un'aria di passato, non troppo remoto, ma comunque abbastanza passato. Intrigante al punto di giusto da aver animato una lunga serata, prodromica a quanto sarebbe presto accaduto. Un uomo anziano, ma non troppo, procedeva spedito nell'erba, alla volta di quello che anche quella volta era un palco, riservato a un'ignara orchestrina che avrebbe presto visto aggiungersi un elemento. Un balzo felino, bastone alla mano, e sotto le luci della ribalta, via allo spettacolo.


Signori buonasera!
Conto la serata stia procedendo al meglio, ma eccomi per avviarci alla conclusione di questo lungo e complesso anno, che vi ha ancora una volta visti quali protagonisti. Vedo volti noti, e meno noti, più o meno interessati a sapere quale sia stato l'esito di sforzi corali, ma non troppo. Che è anche la stessa domanda che molti non partecipanti si stanno ponendo. Dunque, chi ha vinto la Coppa?


Uno sguardo a destra, uno a sinistra, la giusta attesa perché il pubblico andasse coagulandosi, e lentamente il silenzio tornasse protagonista. Un minimo di supporto orchestrale, e il tempo era giunto.

Vince la Coppa delle Case... Corvonero! La torre più alta è tornata a distinguersi, cumulando un significativo distacco, con i suoi 2039 punti. A inseguire, che agguantano invece il secondo posto, con 1334 punti al loro attivo i Grifondoro, che mostrano comunque i segni di una certa resistenza, almeno sino all'ultima curva. A una certa distanza, Serpeverde e infine Tassorosso, che chiude in ultima posizione, avendo collezionato un modesto gruzzolo di 589 punti.
Un bell'applauso quindi a Corvonero, e che il fortunato alfiere si faccia avanti!


Una voce squillante e calda, due braccia aperte che stringevano un'ennesima enorme Coppa pronta per essere consegnata, e definitivamente sbolognata, anche per quell'anno. Era andata bene, tutto sommato, rapida e indolore. Che non era comunque scontato. Era tempo di chiudere la pratica quindi? Chi si sarebbe fatto avanti? Era rimasto quel solo ultimo dubbio.



La classifica definitiva è quindi: Corvonero: 2039, Grifondoro: 1334, Serpeverde: 919 e Tassorosso: 589. Chi riscuoterà quest'anno la Coppa?
 
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view post Posted on 13/2/2023, 01:42
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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Si lasciò Emily dietro, promettendosi di rivolgerle qualche occhiata durante la serata. Voleva tenerla d'occhio, non sapeva se potersi fidare o meno del tipo che si era avvicinato a lei. Non poté che dispiacerle il fatto che, no, non avevano avuto modo di approfondire il loro rapporto. Ma pensò che ci sarebbero state altre occasioni per farlo.
Sorrise al primino Corvonero, apprendendo che si chiamasse Edmund. Si sarebbe ricordata di lui, sicuramente avrebbe avuto modo di incrociarlo a lezione. Giunse lì, nel gruppetto più numeroso.
Si guardò attorno senza aggiungere altro. Non si accorse di ciò che stava succedendo alle proprie spalle.
Si voltò. Un caos improvvisò portò a tutti presenti a girare le teste, verso la fonte del rumore improvviso: un bicchiere che si frantumava a terra, rompendosi in mille pezzi. Nieve, la ragazza che aveva notato tempo prima nella Sala Grande, ne era coinvolta. Una rissa era scoppiata, Lyvie si ritrovò del tutto paralizzata. Cosa avrebbe dovuto fare? Lei non era un Prefetto, né un Caposcuola, come poteva fare per aiutare? Certo, da un lato voleva dare una mano, dall'altra si sentì minuscola in quella situazione. Eppure, credeva che le risse e conseguente drama le causassero solo lei e Alice, lì dentro.
Si sbagliava. Nieve aveva nuovamente attirato l'attenzione di tutti. La incuriosiva, voleva capire il perché fosse come una calamita per i guai, un po' come si sentiva anche lei. Spostò lo sguardo verso Megan e una ragazza di cui non conosceva il nome ma che però sembrava averla salutata - Jean -, capendo ben presto che quello era un lavoro di cui doveva occuparsi chi di dovere. La Serpina non poteva mettersi in mezzo: così acerba, ne sarebbe rimasta scottata.
Un tuffo al cuore e si voltò nuovamente: chi avrebbe mai pensato che poteva preoccuparsi così per qualcuno che non conosceva? L'avrebbe negato per sempre. È solo una ragazza, pensò.
Megan le rivolse la parola e, in fondo, bastò lei a distrarla un po' da ciò che stava succedendo nel frattempo. Non la conosceva nemmeno minimamente, ma aveva un viso dolce e sembrava felice con Draven. Draven sembrava felice con lei. Alternò un po' lo sguardo tra i due, non potendo fare a meno di notare il disagio dell'amico. Troppa gente.
Almeno, c'era lei con lui.
Deglutì e abbozzò un sorriso, arrossendo un pochino sulle gote per il suo, di sorriso. Si decise a darsi una pacca sulla spalla da sola. Era ora di ricambiare il saluto, non poteva stare lì impalata per sempre, in silenzio.

« Inutile chiedere il tuo. È un piacere anche per me. » replicò la riccia, decidendo di sedersi proprio affianco a lei, scoccando un'occhiata anche a Draven. Per un attimo si sentì a disagio, si guardò attorno come per cercare un viso conosciuto a cui sorridere: le sembrò di essere ritornata all'inizio della serata, quando non aveva ancora incontrato nessuno.
Quel ballo l'aveva già seccata. Individuò Mike, la sua compagna, Alice - e, qui, il suo sguardo si fece un po' più truce -; aveva notato tutti, ma l'unica persona a cui rivolse un vago saluto fu solo Mike.
La situazione lontano da loro sembrò calmarsi, ora che l'uomo impegnato precedentemente con Emily si era fatto avanti per salvare la povera malcapitata. Quasi tirò un sospiro di sollievo, sentendo che ora le acque stavano per calmarsi. Ma quella sensazione durò davvero poco.
Draven si alzò di scatto, cercando di trascinare con sé Megan. In quel brevissimo frangente di secondo, non poté fare a meno di notare la sua espressione del viso, espressione ormai contratta dal nervosismo. Doveva essere successo qualcosa, doveva essere scattato qualcosa nella sua testolina da asociale, qualcosa che l'aveva portato ad alzarsi istantaneamente da quel divano. Sapeva che doveva fare qualcosa. Non ce la faceva proprio a vederlo andarsene via così, in quel modo.
Un groppo alla gola la prese inevitabilmente, così si alzò. Non lo chiamò, consapevole che - se l'avesse fatto - qualcuno avrebbe potuto domandarsi il perché del suo allontanamento. Non voleva metterlo ulteriormente a disagio. Cercò di seguirlo, superò teste e spalle nel tentativo di raggiungerlo. Si lasciò alle spalle l'annunciazione dei vincitori della Coppa delle Case.
Ovviamente, i Corvonero.
Solo allora bisbigliò:

« Draven! Ehi. » quasi a denti stretti, seguì la sua figura.
Non sapeva cosa stesse succedendo, ma la preoccupazione nei suoi confronti fu più forte di tutto il resto.


f8GeGxW



Interazioni: Megan, Mike, Draven
Menzioni: Emily, Nieve, Jean, Thalia, gruppetto di Corvonero, Horus, Alice
Zona: quasi forse fuori lo Speakeasy

 
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view post Posted on 13/2/2023, 09:15
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Dling Don, comunicazione di servizio. Il ballo verrà chiuso lunedì 20, per cui correte a postare le ultime azioni! :gelato:

È stato un piacere far drama con voi. :zalve:
 
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133 replies since 24/12/2022, 16:15   7092 views
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