The Roaring 20's , Ballo d'Inverno 2022

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view post Posted on 6/1/2023, 02:08
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Corvonero
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Edmund Artemis Knight
Corvonero | I° Anno | 11 anni | Outfit
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Perché era così agitato? E perché poi si stava preoccupando così tanto se il cappello stava messo bene oppure no? In fondo, che differenza avrebbe fatto, sempre quello sarebbe stato il costume, che il cappello fosse stato messo bene o meno; del titolo di reginetta della serata non gli sarebbe importato un fico secco dato che non avrebbe contribuito con una sola gemma alla causa della Coppa delle Case e, anche se fosse, ormai i giochi erano fatti. Perché dunque si preoccupava in modo così infantile per l'opinione altrui?
Non gli era mai importato nulla di cosa gli altri dicevano di lui, né in positivo, né in negativo, e se dal padre aveva ereditato qualche tratto caratteriale di certo quello non era tra di essi, al punto che, scherzando, il mago più adulto si era spesso domandato se quello fosse davvero parte della sua prole tanto erano diversi genitore e figlio. Perché mai allora quel giorno si sentiva così ossessionato dal giudizio terzo? Era quello che intendevano i grandi quando dicevano che crescendo si cambia? Si stava quindi conformando al modello genetico che per lunghi anni gli era stato innanzi?
Probabile.
O forse no. Quella sequenza di interrogativi era perfetta, sembrava il ragionamento di un filosofo tanto era sequenzialmente sensata, peccato non fosse altro che uno splendido labirinto, costruito appositamente dalla mente del Corvonero sul limitare del lago della coscienza, per indurre il padroncino ad entrarvi e perdersi in esso, una sorta di salvagente mentale per intrappolarlo e impedirgli di vedere la banale realtà e, di conseguenza, ammettere l'ovvio. Aveva un problema, e tale problema non aveva nulla a che vedere con l'opinione che le persone potevano avere di lui, aveva piuttosto il nome di una ragazza.
Tutto ciò lo sapeva, lo sapeva benissimo. Sapeva benissimo che erano giorni che si tormentava perché sembrava che ogni cosa che le diceva le desse fastidio, e sapeva benissimo che gli si serrava lo stomaco ogni volta che gli tornavano alla mente le sue risposte laconiche e affrettate come se all'improvviso fosse diventato la persona più odiosa dell'universo.
Non aveva la pretesa di essere simpatico, né tantomeno a tutti e tutte, e in buona misura nemmeno gli importava di esserlo, anzi, l'antipatia era un buon scudo per tenere alla larga gente non gradita. Ma con lei era diverso.
Credeva lo fosse, almeno un po'.
Credeva molte cose, in effetti.
Ma a quanto pare era stato tutto frutto della sua immaginazione; l'amicizia del resto è un sentimento reciproco, ma lo si prova solo individualmente e individualmente lo si interpreta; si doveva essere illuso, ingannato da quei sorrisi elargiti a lui come a chiunque altro con troppa disinvoltura e di quegli scambi di confidenze troppo facili da fraintendere; doveva essere ancora decisamente in basso nella classifica delle sue amicizie se surclassato così in fretta e ora regolarmente all'ultimo posto della lunga sfilza di amiche. O forse non ci stava proprio. Chissà se ci era mai stato; dall'ultima chiaccherata sembravano passate ere geologiche, lo spazio-tempo è sempre relativo ma mai era stato anche così soggettivo.
Una parte di lui sapeva che non era il cappello il vero problema, ma il fatto che il rapporto tra di loro si fosse bruscamente raffreddato; lo sapeva benissimo, e lambire quel pensiero aveva il potere di gettare un velo di malinconia su tutto il resto, come se qualcuno gli mettesse un paio di occhiali che fa vedere tutto a tinte scure e tristi. Il problema era che, ogni volta quegli occhiali gli calzavano addosso, non riusciva più a toglierli, per quanto si sforzasse.
Ecco che, sebbene tutto ciò fosse perfettamente nella disponibilità delle sue conoscenze, tra le informazioni che realmente alloggiano nel fondo della nostra coscienza e quelle che concretamente prendiamo in esame come ipotesi valide, vi è quel flusso ininterrotto di pensieri ed emozioni che ne fa affiorare alcuni e sprofondare altri. Solitamente, meccanismo di autodifesa in taluni casi, di autodistruzione in altri, da sempre filtro di ogni oggettività che nel mondo reale è solo miraggio.
Se non si vuole vedere, chiudere gli occhi può non essere sufficiente, ciò che è necessario è sostituire quella realtà che non si vuole vedere con una sedicente tale. Non gli rimaneva quindi che raccontarsi una favola, una bella favola, pure convincente magari. Si ripeteva che doveva essere un periodo passeggero, assegnando così al semplice caso la responsabilità di quell'atteggiamento, al fatto che, probabilmente, c'era sempre qualcosa che le impediva di accorgersi di lui; e, se tanto dà tanto, non gli restava che sperare che, almeno quella sera, lo notasse, si accorgesse che esisteva ancora, e che era lo stesso Edmund di sempre, visto che pareva improvvisamente esser divenuto invisibile, tanto era taciturna quando lo vedeva. Ecco che quel cappello messo bene o male poteva fare la differenza, poteva contribuire nella direzione da lui auspicata come a renderlo invisibile per il resto della serata, eletta dalla mente deformata di un undicenne, a fulcro di tutto l'avvenire.

Quando iniziò a percorrere lo spumeggiante viale che conduceva al luogo della festa si era deciso a non pensarci più di tanto. Aveva, a modo suo, trovato una soluzione per mettersi il cuore in pace, ma soprattutto aveva trovato il modo di pensare ad altro. Un gufo di Amelia ricevuto nel pomeriggio aveva destato tutta la sua curiosità, e mentre varcava l'enorme portone che dava accesso al giardino, lo sguardo si divideva tra lo stupore per ciò che gli si presentava innanzi e la curiosità per il luogo dove avrebbe dovuto condurre l'indizio della Corvonero.
Edmund non aveva dubbi su quale delle due missioni avrebbe voluto portare a termine per prima, ma il fato non dovette essere dello stesso avviso. Per quanto si sforzasse di cercare alla destra del portone di ingresso qualcosa che somigliasse a un pacco regalo, la sua attenzione fu subito catturata dalle due figure femminili che si stavano allontanando verso i gazebo, una delle quali era un po' troppo familiare perché non la riconoscesse al solo colpo d'occhio.
Deciso quindi a levarsi quel pensiero dalla testa, rimandò la ricerca del regalo a più tardi e, dopo aver deglutito, tirato un sospiro, ed essersi risistemato un ultima volta il cappello, si diresse verso quella che senza dubbio era Helena Whisperwind. Non fu difficile, accelerando il passo, raggiungere la coppia. Picchiettò con due dita sulla sua spalla e attese si voltasse. Nella destra teneva una lettera tra indice e medio, mentre la sinistra conservava arrotolato il bigliettino con l'inizio di Amelia. Edmund attese che Helena si voltasse e, una volta che incrociò lo sguardo della coetanea, le allungò la busta.


«Visto che non parliamo più.»

Aggiunse a mezza voce con un'espressione davvero imbarazzata, a metà tra il dispiaciuto e l'infastidito. Attese prendesse la busta dopodiché, terminata la propria missione iniziò ad allontanarsi verso l'ingresso.

«Buone vacanze comunque!»

Le disse dopo essersi fermato per voltarsi un'ultima volta, prima di riprendere la marcia a passo spedito verso l'ingresso, lì dove avrebbe dovuto trovare il regalo di Amelia.
Fu davvero colpito dall'idea originale e incredibile della compagna, non si aspettava un regalo già quel giorno, e men che meno da trovare con un indizio, e alla festa poi. Si mise quindi a cercarlo e lo trovò piuttosto facilmente, complice la nuova prospettiva che gli diede modo di scorgere il gruppo di palloncini poco distante dal grande portone centrale.
C'erano quattro pacchetti legati ad altrettanti palloncini e, scorgendo il suo nome su uno di essi, ne dedusse di aver finalmente trovato il proprio regalo. Lo scartò con calma, e quando vide che si trattava di un libro gli si illuminarono gli occhi. La serata non era iniziata nel migliore dei modi, ma magari, come era appena accaduto con il regalo della compagna, avrebbe potuto riservargli comunque qualche piacevole sorpresa. Con il libro sottomano si incamminò lungo il viale centrale cercando qualcosa da fare; effettivamente non conosceva quasi nessuno, e non aveva voglia di avvicinarsi a gente a caso per dire "Oh ciao, hai visto che bella festa che hanno organizzato!" oppure "Ehi ciao, come stai bene con questo vestito, come ti chiami?". C'era però un gruppo di persone della cui compagnia non era mai stanco: i Corvonero. Con loro si trovava bene, erano tutti piuttosto riservati e taciturni e quindi abituati a tacere quando non avevano nulla da dire. Quando non si è dell'umore giusto, anche una banale frase fuori posto può contribuire a peggiorare le cose. E loro, per l'appunto, di solito tacevano.
Però erano anche simpatici e divertenti: persino Derek delle volte, rare volte, faceva qualche battuta, anche se era sempre un sacco serio, doveva essere davvero difficile il sesto anno visto che il capitano era tutto libri e Quidditch! Il Quidditch aveva contribuito significativamente ad avvicinarli e, se quest'anno Edmund rivolgeva la parola ai compagni di casa, era stato in misura per il rapporto consolidatosi agli allenamenti. Addirittura con il professor Drake aveva iniziato a parlare, e in effetti era un uomo coltissimo, agli allenamenti citava con grande disinvoltura i filosofi barbadiani, peccato Edmund non fosse ancora così illuminato per capirne i significati profondi. Le iridi chiare del ragazzino iniziarono a guardarsi attorno, alla ricerca dei Westwind augurandosi che, almeno loro quella sera ci fossero stati.
Non li vide ancora tutti, dovevano essere in ritardo, oppure già in qualche gazebo ma per fortuna scorse quasi subito Amelia vicino a uno di essi, e con il suo trofeo sotto il braccio, accompagnato dalle inconfondibili armonie jazz, si diresse verso di lei per ringraziarla del dono.


«Ciao! Sono riuscito a trovare il regalo, grazie mille è molto bello! Lo leggerò sicuramente! Mi piacciono un sacco i draghi!
Grazie mille davvero!»


concluse, lanciando un'occhiata al libro che teneva nella sinistra con inserito il bigliettino speditogli via gufo come segnalibro. Fortunatamente per lui, era ancora ignaro di ciò che, a proposito di draghi, lo avrebbe atteso di lì a qualche giorno.

«Dove andiamo? Sai dove potrebbero essere gli altri? »



PS: 110 | PC: 56 | PM: 51 | PE: 3.5
Giuls || © harrypotter.it



Contenuto del biglietto:
A quanto pare ultimamente sei sempre impegnata, spero almeno durante le vacanze troverai il tempo di scrivermi. Nel caso, questo è il mio indirizzo:

Edmund Knight
Villa della Stella Marina, Epping Forest, Londra



Interazioni: Helena, Amelia
Menzioni: Westwind!


Edited by Edmund Knight - 6/1/2023, 08:19
 
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view post Posted on 7/1/2023, 16:10
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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In fondo, quello che faceva sempre a qualsiasi tipo di evento era spendere i propri Galeoni. Non solo aveva le mani bucate, ma comprare qualcosa la rendeva soddisfatta. Ora, quell'orologio - lo scelse di colore argento - sarebbe stato un ricordo che avrebbe conservato per sempre.
Dove sono tutti?
Si ritrovò di nuovo a pensare, guardandosi attorno mentre si toglieva la giacca per tenersela sottobraccio. L'atmosfera era piacevole, al momento Lyvie non aveva più freddo. Scoprì il panciotto e la camicia arrotolata: da lontano, se non fosse stato per i capelli e per il trucco, quasi dava l'impressione di un ragazzino, dato il suo minimo accenno di petto che non si notava nemmeno col binocolo.
Sospirò sommessamente la giovane Serpina, mentre si guardava attorno alla ricerca di qualche viso conosciuto. Fu da lontano che vide, nella zona del bar, Gin. Erano colleghe e si alternavano al Testa di Porco, ma non avevano mai avuto modo di scambiare qualche chiacchiera decente. Quello, pensò, le sembrava il momento perfetto per farlo. Anche perché, sì, stare ferma lì impalata non aveva molto senso.
Stava quasi per azzardare un passo in avanti verso di lei, proprio mentre un altro studente che non conosceva - Edmund - l'approcciava, quando davanti ai propri occhi si palesò Vivienne.
Vivienne. Vivienne la salutò, cosa che le fece sollevare un po' le sopracciglia in un'espressione sorpresa. Addirittura la salutava? Non le aveva mai rivolto la parola, se non al ballo delle fate. Più che parlare, erano volate solo minacce da duello. Come dimenticare quel ballo? E come dimenticare il veleno sputato da Narcissa contro di lei, riguardo White? Bei tempi.
Ma perché la salutava? Non le si era mai approcciata in quel modo.
Qualcosa non quadrava.
Si soffermò per un attimo al suo splendido abbigliamento, che le stava davvero benissimo, incrociando poi le braccia al petto con fare dubbioso per quella domanda un po' traballante. Sì, qualcosa non quadrava.

« Vivienne. Bel vestito. Devi sentirti molto sola per venire qui da me. » replicò a quel punto, senza peli sulla lingua.
Non erano mai state amiche, ma il suo tono non fu affatto minaccioso od ostile: era pura verità.

« È un orologio giusto ma sbagliato, quest'anno mi sono mantenuta con gli acquisti. Anche perché non mi piace nient'altro. » disse quasi più a se stessa che a lei, mostrandole l'oggetto magico appena acquistato, mantenendo comunque l'altro braccio al petto.
Non si fidava di lei. O, almeno, non ancora.
Non si sarebbe sforzata di piacerle.

« Allora? Che ci fai qui? » ovviamente voleva sapere il perché di quell'approccio improvviso, dunque arrivò dritto al punto.


f8GeGxW



Menzioni: Gin, Edmund
Interazioni: Vivienne :rolleyes:

 
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view post Posted on 7/1/2023, 18:09
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lucas scott
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Il giardino di Hogwarts brillava di tanti colori, decorazioni e percorsi variopinti: spruzzi di bollicine dai riflessi dorati, candele sospese a mezz'aria, lucciole incantate e grammofoni pronti ad amplificare musica jazz ad ogni angolo del perimetro.
Una cornice d'insieme quella, che realizzava l'illusione di trovarsi altrove, in un luogo che non aveva tempo - il fascino perduto negli anni d'oro dello swing, d'altronde, non aveva confronto.
La Scuola di Magia come ogni anno sembrava approcciare alla sfida con una passione che mandava in visibilio ogni aspettativa possibile. La mappa della location ricevuta all'entrata, lasciava già prefigurare le differenti attrazioni che spiccavano lungo l'intero percorso - cinque gazebi con diverse funzionalità, più una destinazione segreta da poter raggiungere tramite alcuni indizi misteriosi.
Come in passato, e come spesso gli capitava, anche in quella circostanza il viaggio gli parve rapidissimo. Quella era la prima volta, dopo una lunga assenza, in cui Lucas rimetteva piede all'interno di una festa scolastica. La rottura con Thalia rappresentava un capitolo concluso del passato, e sentiva d'aver maturato la diffidenza necessaria, per fortuna, ad acquietare il proprio cuore.
Complici alcuni viaggi di lavoro dell'ultimo periodo, infatti, aveva letteralmente liberato la mente da qualsiasi intromissione esterna. Certo, la ferita maturata nel tempo non gli era passata del tutto inosservata, ma le sue rinnovate intenzioni superavano di gran lunga qualsiasi memoria nostalgica. Tornare ad Hogwarts, infatti, acquisì un senso ambivalente per lui: da un lato accrebbe ogni più estasiata aspettativa, dall’altro stillò i primi dubbi.
Disgustato dalle proprie debolezze dentro le quali era capitombolato, desiderava soltanto recuperare gli obiettivi Oscuri che con estrema superficialità aveva improvvisamente interrotto.
Era in perlustrazione almeno da dieci minuti, in solitaria, e gustava l'idea di una bevanda analcolica accompagnata da qualche pietanza tipica dell'epoca. Prima, però, aveva una tappa fondamentale da portare a compimento. Con passo sicuro e deciso, si strinse così nel cappotto lungo e nero che indossava; una sciarpa voluminosa gli copriva parte del volto, celandolo in parte a qualche possibile incontro.
Il freddo cominciava a risultare pungente, mentre il cinema magico posto in prossimità del Lago Nero gli apparve in promessa, seguì così un gruppetto ridotto di studenti fino a raggiungere il tunnel dei ricordi.
Era una delle attrazioni più belle che avesse mai sperimentato, poco ma sicuro, complici le innumerevoli diapositive olografiche presenti nell'area che trasmettevano immagini d’epoca a raffica: partite di Quidditch, la stazione di King's Cross, una Diagon Alley di certo più antica ed elegante che sfumava tra le vetrine dei negozietti; si premurò di non perdere neanche una singola sfumatura di quelle memorie così affascinanti. Intimamente, si scoprì catturato da quel viaggio nel tempo, e in parte l’idillio di chi avrebbe voluto viverlo invece in prima persona. Le storie, le leggende, i miti che aleggiavano intorno, tutto per lui appariva come un sogno ad occhi aperti.
Si accorse di essersi fermato, e riprese a camminare lentamente. In prospettiva, al principio di quella serata, il Castello sembrava scrigno di infinite promesse.

Nathan Scott ha riunito le sette sfere e grazie al drago Shenron sono resuscitato in tempo per il ballo (?).
Per chi vuole, Lucas si trova all'interno del cinema magico. Giuro che non mordo. :fru:
 
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view post Posted on 7/1/2023, 20:05
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Alice Wagner- Gryffindor

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Alice scoppiò a ridere. Si sentiva libera, libera da ogni peso o costrizione, libera da ogni pensiero negativo, dal buio che l'avvolgeva in quella coperta tanto stretta da soffocarla. Mary era per lei luce, era calore, era in qualche modo certezza. Riusciva a farla star meglio con un semplice sguardo.
Era stata arrabbiata con lei così tanti mesi che si era resa semplicemente conto di non essere assolutamente capace di tenerle il muso. Era semplicemente arrabbiata all'idea dell'abbandono, si sentiva ferita nell'orgoglio per essere stata ignorata e messa da parte. In realtà non era vero. Mary non l'aveva mai dimenticata. Possedeva il suo cuore, lo teneva al caldo, lo accarezzava, se ne prendeva cura. Era l'unica persona sulla quale poteva contare.

Va bene, sei una elegantissima Milf allora. Però non tirartela troppo manco tu eh.

L'aveva trascinata a far quelle foto ed entrambe sembravano così goffe ed impacciate, quasi come se l'entusiasmo rallentasse i movimenti del corpo. Le risate, gli occhi chiusi, le smorfie. Forse non importava loro un bel nulla di star in posa, dei capelli e dell'espressione perfetta. Volevano catturare quel momento semplicemente per com'era. Reale, vero, puro. Alice si voltò a guardarla per un istante, quello in cui Mary pronunciò una frase, semplice e diretta.
Vuoi passare il Natale con me?
Il suo cuore saltò un battito. Sorrise stupidamente, come si fa di fronte alle belle notizie a quelle che ti lasciano anche un po' stupito ma in fondo ridicolmente felice. L'idea di passare il Natale tra casting per modelle senza poter rientrare in Germania era finalmente stata salvata dalla luminosità di quella proposta. Non sarebbe stata da sola questo Natale, sdraiata sul divano di quell'orribile appartamento che sua madre aveva affittato in città e dove nessuno di loro avrebbe abitato. L'idea di sprecare la sua vacanza preferita in quel modo l'aveva depressa non poco nei mesi precedenti. Tutto per cercare di creare un rapporto. Un rapporto che chiaramente era unilaterale. Ma Mary l'aveva salvata. Ancora. Sentì le lacrime arrivare a pizzicarle gli occhi, mentre le parlava, non riusciva nemmeno a produrre un suono se non qualche piccola risatina mentre Mary descriveva tutte quelle cose perfette, tutto ciò che Alice aveva sempre voluto fare insieme. Alice sapeva che Mary aveva perso i genitori da piccola e in qualche modo sentiva di dover essere per lei la casa di cui aveva bisogno. Le tradizioni di cui aveva bisogno. La sorella di cui aveva bisogno.

La strinse in un abbraccio ancor più forte di quello precedente, qualche lacrima di commozione scese sul viso. Era così dolce il sapore di quelle lacrime, come mai prima d'ora. Ovviamente avrebbe passato il Natale con lei. Non c'era nemmeno da dubitarlo.

Se ora non mi offri qualcosa da bere, ti ammazzo.

Disse nello scostarsi. Provò ad asciugarsi gli occhi senza rovinare tutto il make-up che aveva faticosamente costruito, poi si sporse per prendere tutte le foto che avevano catturato quei momenti, tenendo Mary sempre sotto il suo braccio.
Erano ridicole. Affettuose. Imbarazzanti e stupide.

Queste le appendiamo sull'albero.

Commentò con un sorrisetto. Era ora di proseguire per cui tornarono su quei sentieri adoranti d'acqua allegra, dirigendosi verso il centro dei giardini, vicino alla zona ballo e rinfresco.



code by Vivienne ©



Luogo : Direzione > Rinfresco/Pista da ballo
Interazioni con: Mary
Menzioni: Dateci il tempo di raggiungervi e inizia la fiestaaaa :secret:
 
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view post Posted on 9/1/2023, 00:02
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Horus Ra Sekhmeth
24 yrs – cursebreaker – the roaring 20s

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Location: tavolo rinfresco
Interaction: Nieve, alcolchenonc'è
Mention: Emily, Eloise
Non mi sono mai piaciuti i balli, nonostante le apparenze e le dicerie.
Mia madre mi ha sempre costretto a presenziare a noiose, quanto inutili, serate di gala, impartendomi lezioni di ballo, pianoforte, equitazione, come se queste cose avessero potuto rendermi più normale agli occhi della decaduta nobiltà irlandese.
Negli anni di scuola, ho potuto sfruttare le mie conoscenze per presenziare alle numerose feste indette da Hogwarts, obbligato dal ruolo e dalla spilla che ho portato per gran parte della mia carriera. Non ho sempre bei ricordi legati a molti di questi eventi, non a posteriori almeno, perciò mentre mi avvio verso il sentiero che mi porterà ad Hogwarts, da Hogsmeade, faccio uno sforzo per dimenticarmi tutto quello che mi sono lasciato alle spalle.
Sorprendendo persino me stesso, ho accettato l’invito di Eloise: non so se ci sia dietro lo zampino di Ned ed Isabella —molto probabile in effetti, visto che sanno quanto io adori la piccola Lynch—, e ammetto che il suo gufo mi ha fatto piacere.
Dopo l’ultima volta, non ho potuto nascondere a me stesso l’effetto venefico che ha indotto in me vedere la partita di Quidditch e, con essa, Emily. Ciononostante le mie fonti mi hanno assicurato che Lei non avrebbe partecipato stasera. A maggior ragione, ho deciso di tornare al Castello, anche solo per placare la nostalgia che inevitabilmente mi ha accompagnato dal giorno della partita. E per zittire quella rompipalle di Isabella.
Varcare i cancelli imponenti della scuola fa fare al mio cuore un tuffo per tutto ciò che ha significato per me la scuola, ma la musica allegra e tintinnante che proviene dai giardini mi ricorda che sono lì per divertirmi. Sono rimasto d’accordo con Eloise che l’avrei aspettata direttamente al bancone degli alcolici, in onore delle nostre serate al pub (dove, va detto, Ned ha dato il meglio di sé). Ritrovo immediatamente la frenesia che ha sempre caratterizzato tutti i balli di Hogwarts, con i suoi temi stravaganti ed originali. Quello degli anni 20, tuttavia, è una scelta che mi ha stupito: so bene come mi sarei vestito solo pochi anni fa. Già immagino il cappotto di tweed, il panciotto elegante da cui, magari, sarebbe spuntata la catena d’oro di un orologio a scatto. Perfetto di tutto punto, avrei rappresentato Tassorosso, portando avanti la tradizione che mi ha sempre visto impeccabilmente distinto. Ora, invece, mi viene da ridere per come mi sono presentato.
Ho indosso una semplice camicia di cotone grezzo, senza colletto, sbottonata sul davanti —pessima scelta, visto il freddo, ma niente che un Fuocondro non possa sistemare—, delle bretelle e un paio di pantaloni da lavoro, presi direttamente da un negozietto vintage che ho scovato a Camden Town. Col berretto in testa, i capelli tagliati di fresco ma arruffati sembro veramente un profugo giunto in America dalle terre irlandesi. Ciò che mi fa ridere è immaginare la faccia di mia madre e dei miei nonni se mi vedessero presentarmi così ad un ballo: la cosa mi diverte un mondo.
La verità però è che non me ne frega più niente. Mi sento molto più a mio agio con questo look da vagabondo che con tutti i cappotti e completi che ho indossato nel tempo, e cammino stranamente allegro con le mani nelle tasche, sul percorso che mi conduce dove la musica si fa più alta, accompagnato dalle note frizzanti di un sassofono. Le candele sospese mi ricordano la Sala Grande e mi portano alla memoria tutte le cene che si sono susseguite al tavolo Tassorosso. So che la nostalgia è un’arma a doppio taglio, ma ho deciso che questa sera non voglio abbandonarmi al rancore e ai rimorsi. Voglio vedere il bello di ciò che gli anni di scuola mi hanno lasciato. Non voglio pensare a mio padre, non ad Emily —per quanto non possa fare a meno di cercare con lo sguardo, nel buio, il frassino dove ci sedevamo a studiare o, semplicemente, a rilassarci.
Mi lascio condurre dall’oro delle decorazioni e guardo divertito le piume di Fwooper che decorano i numerosi gazebo che si susseguono. Non ho mai avuto dubbi sull’organizzazione che ogni anno impegna Hogwarts nei suoi ormai famosi balli e guardo interessato tutti i ragazzi e le ragazze che, chi più, chi meno, si sono divertiti a rispettare il tema dei ruggenti anni del dopoguerra e forse delle più belle partite di Quidditch di tutti i tempi; l’ho sempre pensato, di essere nato in un periodo sbagliato.
Tuttavia, tra le luci e inebriato dalla musica che decisamente incontra il mio gusto, perdo momentaneamente l’orientamento e mi fermo ad un lato della strada circondata di lucciole. Non ho idea se Eloise sia già arrivata, ma essendo in anticipo, come mio solito, decido rompere il ghiaccio di questa serata con ciò che so mi darà l’aiuto necessario per sciogliermi: l’alcol. Secondo tradizione, il rinfresco, con le sue bevande, è sempre stato vicino la pista da ballo così seguendo la musica la rintraccio e, in lontananza, vedo finalmente i lunghi tavoli.
È in quella direzione che mi dirigo, costeggiando il gazebo dove già alcuni coraggiosi si sono lanciati in un tentativo piuttosto raffazzonato di swing.
Supero una bella ragazza con una corona intorno ai capelli bianchi come la neve, concedendomi uno sguardo allo splendido vestito color champagne e allo scialle di piume mentre le passo vicino. In quel momento sento una specie di brivido che mi scorre lungo la schiena e —mi sembra— scivoli fino alla gamba. Mi fermo, di scatto, poi muovo qualche passo indietro e la guardo attentamente.
Non riesco proprio a fermare la smorfia ironica che mi piega le labbra. Emetto un sottile, appena udibile fischio.
« Non posso crederci. » E non posso davvero farlo. Davanti a me, luccicante come la stella di un cinema d’altri tempi, c’è proprio Nieve Rigos.
« Guarda, guarda, chi si è messa tutta in ghingheri. » La osservo ancora con le mani in tasca, come si fa con un quadro particolarmente scandaloso.
Non potrei mai e poi mai dimenticare l’ultima volta che ho visto quella che era la mia amica; c’è una cicatrice sulla mia tibia a ricordarmelo, nel caso mancassi di tale piacere.
« Ti ricordavo leggermente diversa. »
Il suo modo di vestire, i capelli acconciati in morbide onde tagliati fino alla mascella e l’abito lungo, elegante, forse troppo, mi ricordano qualcuno che però non riesco ad identificare.
Non so se è l’euforia della musica o il mio approccio alla serata, ma trovo sia più facile stuzzicarla, piuttosto che fare accenno a ciò che è successo al Ministero. Ho avuto tempo per pensare a ciò che è accaduto e delusione e dispiacere si sono alternati fastidiosamente nei miei pensieri ogni volta che rivedevo nella mia memoria Nieve e risentivo sul mio viso la stretta delle sue dita, le sue parole e il suo odio.
Vuoi odiarmi Rigos? Molto bene.
Dopo la delusione della nostra amicizia, il pensiero mi diverte in modo piuttosto sadico che ben si addice al mio umore della serata.
« Decisamente un bocconcino migliore dell’ultima volta. » Lancio la stoccata e le concedo il più bello dei miei sorrisi. Mi sfioro la visiera del berretto con la punta delle dita, dedicandole un fin troppo formale saluto e mi avvio, sentendo nelle orecchie, ancora una volta, le parole che mi ha soffiato tempo fa.
Fortunatamente, il tavolo delle bevute è proprio lì, a portata di mano, e giungo tronfio dal garzone ordinando un gin, finché con mio enorme dispiacere scopro che nemmeno una goccia di alcol viene servita a quel rinfresco. Quello, mi dice, è riservato a chi sa trovare.
Impreco, sottovoce. Non era proprio ciò che mi aspettavo

– Tell me would you kill to prove you're right –
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view post Posted on 9/1/2023, 00:23
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강철

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Hogwarts era sempre bellissima, ma in prossimità delle vacanze invernali diventava ancora più spettacolare. Di lì a poco la maggior parte dei ragazzi sarebbe tornata a casa così come quasi tutti i docenti, io avevo deciso di rimanere.
Negli anni passati in Corea mi ero abituato a non festeggiare il Natale e in fondo in famiglia l’unica che aveva veramente lo spirito natalizio era mia madre, quindi avevo deciso di rimanere e approfittarne per sistemare la mia stanza e riambientarmi con i luoghi che un tempo chiamavo casa.

Quanti anni erano passati dall'ultima volta che avevo partecipato ad un ballo ad Hogwarts? Parecchi, ma il mio stato d'ansia nel prendere parte a quel tipo di eventi non cambiava mai.
Ero diventato da poco infermiere, ad essere sinceri ancora dovevo disfare i bauli, non conoscevo praticamente nessuno quindi speravo che quella fosse l'occasione giusta per conoscere persone. A differenza di quando ero uno studente questa volta non volevo nascondermi, volevo socializzare, vivere la Scuola e il mio nuovo lavoro nel modo giusto. Sicuramente sarebbe stato molto più rilassante che lavorare per la Dr.ssa Shaw.

Il tema della festa era perfettamente nelle mie corde, non ci volle molto a trovare quello di cui avevo bisogno nel mio guardaroba: camicia bianca, un completo in tre pezzi in cotone e misto lana vergine di colore bordeaux scuro, cravatta lavorata a maglia nello stesso colore della maglia, il fazzoletto da taschino con un motivo scozzese bianco e nero bordato in bordeaux e un ferma cravatta color canna di fucile a forma di piuma.
Sistemai i capelli, misi i gemelli della famiglia Kang ai polsini, infilai le scarpe e uscii dalla mia stanza e mi diressi ai giardini.

Appena uscii dal castello la musica si fece sapere più chiara e distinta, era rilassante e mi metteva di buon umore. Così, con il sorriso sulle labbra, decisi di seguire la musica ed andai al gazebo più grande.
Molte persone erano sulla pista da ballo, la musica si alternava a ritmo di swing, foxtrot e charleston e senza volerlo mi ritrovai a tenere il tempo con il piede.
Sicuramente non sarei sceso in pista ma mi stavo divertendo come non succedeva da tempo.
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view post Posted on 9/1/2023, 14:04
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Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.

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Emma C. Green ─ Grifondoro ─ I anno ─ Outfit
L
a giovane Grifondoro era stata parecchio combattuta durante l'ultima settimana. Aveva galleggiato costantemente in un dubbio pressante: partecipare al ballo che si sarebbe tenuto al Castello… oppure no? Cominciava a pensare che quel tipo di eventi spingessero le ragazze ad agghindarsi come principesse, rendendosi quasi irriconoscibili, probabilmente con il solo scopo di fare colpo sui ragazzi e sulle ragazze per cui avevano una cotta; e soprattutto per essere elette reginette del ballo: aveva notato che ai maschietti interessava di meno quel titolo rispetto alle ragazze.
Ridicola - disse al suo riflesso nello specchio, nonostante lo sguardo torvo, il suo viso risultava comunque grazioso. Era davvero bella, se ne rendeva conto anche lei, ma stranamente quella consapevolezza le lasciava una sorta di amaro in bocca. A cosa serviva essere bella se l'unico ragazzo che desiderava la vedeva semplicemente come un'amica o magari come una sorella minore da proteggere? Emma trasalì a quel pensiero. Senza ombra di dubbio, uno dei motivi per cui avrebbe voluto partecipare era vedere Oliver, vestito come un principe e bello come il sole; ma al contempo era anche per lui che aveva un gran timore di andarci. Il mago aveva invitato qualcuna? Chi sarebbe stata la fortunata? La strega si chiese se sarebbe riuscita a fare finta di nulla, nel caso avesse visto l'ex caposcuola Grifondoro in compagnia di qualche bella e fortunata donzella. Ce l'avrebbe fatta a salutarlo, cercando di mascherare la sua tristezza con un sorriso? Non era brava a nascondere le sue emozioni, soprattutto davanti a chi la conosceva bene, soprattutto davanti a quelli che amava. Con tutto il cuore - mormorò tra sé e sé, guardando ancora la ragazza nel riflesso che si muoveva come lei, ma che quasi stentava a riconoscere.
Eh si, alla fine aveva deciso di partecipare: dopo la proposta di Helena di andarci insieme non era riuscita a rifiutare. La Grifondoro lanciò uno sguardo all'orologio a cucù appeso al muro della camera, mancavano dieci minuti all'incontro prestabilito con la Tassorosso. Poco dopo si ritrovò a scendere le scale con la solita speranza di non vederle cambiare, altrimenti le avrebbero soltanto fatto perdere tempo, più di quanto non ne avesse già perso dinanzi alla specchio. Il gomito appoggiato alla ringhiera delle scale incantate, abbastanza tranquilla, prima che queste ultime cambiassero direzione.
Beh, ovvio, scale maledette! - esclamò portandosi le mani alle tempie, attenta a non rovinare l'acconciatura. Sentiva incombere la minaccia di un mal di testa pronto ad esplodere. Non avvelenarti il dente come un basilisco, ragazza. Alle scale piace cambiare, è risaputo - la voce pacata e giudicatrice di uno dei quadri la fece innervosire di più. Helena la stava sicuramente già aspettando, non voleva farla attendere troppo facendo tardi come suo solito. Non rispose al dipinto, le rivolse a malapena un'occhiata indisponente.
Quando la Grifondoro raggiunse la meta prestabilita scorse la figura esile ed elegante della bella tassorosso. Emma sollevò la mano guantata e salutò l'altra strega da dietro un gruppetto di studenti agghindati che le stavano davanti.
Ciao Hel… - la salutò - stai benissimo equivale a dire che sono un tipico esempio di oggettivazione femminile per lo sguardo maschile? - chiese sarcastica, ma si rese subito conto di essere stata un tantino cinica e maleducata. Si portò il ventaglio piumato davanti al volto, stretto nella mano destra - scumasi… - mormorò da dietro il ventaglio per poi abbassarlo - non volevo essere scortese. Ti ringrazio… e beh.. - restò per qualche istante interdetta, ammirando Helena in tutto il suo splendore - tu sei davvero incantevole - si lasciò andare ad un complimento sincero. Le due streghe si diressero a braccetto, pronte forse non molto verso il ballo a tema che attendeva dinanzi ai loro occhi: quelli di Helena, azzurri come l'acqua cristallina; quelli di Emma del colore della nutella.
Ad un certo punto, le due studentesse, vennero interrotte da un terzo studente. Quando Emma si voltò sollevò autonomamente un sopracciglio, fu un gesto del tutto spontaneo. Il giovane ragazzo porse ad Hel quella che sembrava una lettera. La Grifondoro non aveva mai parlato con quel tipo, ma dopo l'esito della partita contro i Westwind aveva preso ad avere una sorta di antipatia nei suoi confronti. Era un atteggiamento infantile il suo? Certo che sì, e la strega ne era perfettamente consapevole, ma non le importava assolutamente.
Buone vacanza a te… Edward… - bofonchiò sbagliando di proposito il suo nome. Comunque sia non era sicura che il ragazzo l'avesse sentita.
Quando rimase finalmente di nuovo da sola con Helena, si voltò verso di lei con un sorrisino sulle labbra e un'espressione leggermente disorientata.
Da dove cominciamo?

Emma
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Interazione con Helena ed Edward Edmund.
Menzioni per Oliver.
 
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view post Posted on 9/1/2023, 16:42
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Mary Grenger

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«Lo prendo come un sì.» sussurrò nei capelli di Alice, la voce bagnata dall’emozione. Vedere l’altra con gli occhi lucidi, il suo sorriso, non fece che confermare a Mary che il loro rapporto era salvo. C’era da lavorare, ovviamente. Migliorare ogni giorno di più, farlo crescere e coltivarlo come una pianta.
Ma il sentimento era lì.
Tirò a sua volta su con il naso, con gli indici delle mani asciugò gli occhi umidi e rise nuovamente al click della fotocamera. Un’altra foto era stata scattata a riprenderle nel momento di gioia più grande.
Seguì a stretto contatto Alice che raccoglieva le foto, poi si spinse con lei nella zona successiva del giardino.
«Raccontami cosa succede al castello. Qualche scoop succulento?» voleva sapere tutto, voleva sapere di Oliver ma nel modo più discreto possibile.
Avevano superato la pista da ballo e, nonostante ciò, la musica jazz della band risuonava ovunque. Ora, al braccio di Alice, si era resa conto di avere fame.
Si spinsero allora verso la zona bar, al lato est dei giardini, quasi vicino alla pista da ballo dove alcuni studenti già si stavano cimentando in balli troppo moderni per il tema scelto. «Guarda come ballano» ridendo indicò le persone sulla pista. «Io non ballo così bene, sarò super ridicola!» ammise all’altra, senza vergogna alcuna. Non era una gran ballerina, le piaceva la musica classica e quando le capitava di ballare quella più moderna non faceva caso alle sue movenze: al più, chiudeva gli occhi e si lasciava trasportare dal suono, dalle sensazioni.
Arrivarono al rinfresco, dove, per suo grande disappunto, non c’era ombra di alcolici.
«Voglio mangiare tutto.» constatò, guardando l’altra. Catturò un paio di butterflaps, mordendone uno a dovere. La soddisfazione uscì fuori sottoforma di un mh colmo di soddisfazione. «è buonissimo, provalo!» allungò la mano verso la bocca di Alice, in attesa che questo lo addentasse a sua volta. Poi, a mano libera, avrebbe provato anche il muffin. Oh, sì.
«Mh-» iniziò, deglutendo. «-quando sei pronta ci buttiamo in pista!»

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Interazione: Alice.
Menzioni: Oliver.
Luogo: rinfresco.

Siamo disponibili alle interazioni, ciccini.

 
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view post Posted on 10/1/2023, 21:10
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entropia.

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w5Lpd6X
Call me what you want
Un soffitto itinerante di lucciole aggiunge ricchezza allo sfondo di stelle che punteggia il velluto blu del cielo di dicembre. Ai lati, candele sospese e schizzi d’acqua di una delicatezza come mai ne ho viste a Hogwarts. Chiunque si sia occupato dell’organizzazione di questo ballo merita il plauso non solo dell’intera scuola e dei suoi ospiti, ma degli anni Venti nella loro espressione più raffinata.
Mi soffermo sul volto di Casey, felice di averlo al mio fianco in questa serata. Non credo di avere più tanti alleati al castello e nella vita perché non posso concedermene. Eppure conservo con calore il ricordo dei nostri abbracci sulle spire calde di un’estate ormai lontana. Non so per quale ragione mi abbia invitata —se per pietà, per amicizia o per sostegno reciproco, considerate le voci che girano sul suo conto. Rimane il fatto che realizzo di trovare nella sua presenza una fonte di stabilità inattesa. Senza di lui, sarei stata la mina vagante che i bassifondi di Londra hanno conosciuto, ma cui Hogwarts non è ancora pronta.
L’invito a seguirmi ha appena lasciato le mie labbra. L’impulso di levare il braccio per sfiorare il dorso di una lucciola attraversa tutto il mio corpo come il soffio del vento sulla brughiera in un giorno di primavera, facendosi desiderio. Questo stesso desiderio si ferma sul nascere, però, quando i miei occhi mettono a fuoco la sagoma che, inconsapevole, attraversa il sentiero dal quale siamo giunti io e Casey.
Non mi nota come io, di contro, mi accorgo di lui e ne gioisco. Ho giurato a me stessa che l’addio pronunciato a ridosso dell’uscita secondaria del Ministero della Magia implicasse la netta separazione della mia strada da quella di Horus Sekhmeth. Il Fato, chiaramente, non la pensa così perché quello torna indietro.
Alla prima delle sue considerazioni il mio sguardo rimane lontano dal suo, ma il disappunto asperge i miei lineamenti. Così, le sopracciglia si inarcano e la bocca si schiude.
Mi ha fischiato, penso con un livello di indignazione che rinfocola la mia avversione, minacciando il mio proposito di ignorarlo. Mi ha fischiato come se fossi una bestia da pascolo, il coglione!
Mi volto a guardarlo per un attimo, il tempo di prendere nota del suo abbigliamento, l’espressione distesa perché non voglio concedergli il lusso del mio fastidio. È vestito da guascone, un giovanotto di quelli che non sai se sta dalla parte dei buoni o dei gangster. Sollevo un sopracciglio, a metà tra il divertito e il perplesso, come a dire che non ce lo si aspetta da uno perbenino come lui; come a dire che forse ci sta provando troppo senza riuscirci. Horus, però, non ha ancora finito di giocare tutti gli assi nella sua manica di immigrato irlandese.
Bocconcino.
Mi chiama bocconcino.
Non ci sono cocci di ceramica e non ci sono vetri, ma posso assicurarvi che qualcosa si muove dentro di me e non è piacere. Eppure conosco questo gioco e so di essere decisamente più brava di lui a giocare.
«Ehi, Sekhmeth!»
Lo richiamo per immobilizzarlo ché mi ha appena superata senza, tuttavia, voltarmi nella sua direzione. Sulla mia bocca indugia l’ombra di un sorriso perché, nonostante le incertezze dovute a questa interazione, non so resistere alla tentazione di un dispetto.
La verità è che non capisco. Dopo quello che è accaduto dovrebbe essere furioso con me. Dovrebbe tenersi alla larga da me. Dovrebbe considerarmi, se non una minaccia, quantomeno una potenziale inimicizia. Allora, perché torna a ronzarmi intorno? Qual è il significato delle sue provocazioni?
Un effluvio di pozione mi raggiunge, costringendomi a chiudere gli occhi e a trattenere il respiro. Segue un senso di vertigine, la certezza che il terreno stia per aprirsi e una voragine per inghiottirmi. Poi, ogni cosa torna al proprio posto e un piacevole calore lascia il posto alla sgradevolezza del momento appena trascorso. Adesso, un tenue rossore mi soffonde gli zigomi e un nuovo tono di felicità scellerata mi accende gli occhi grandi, non più sporcati dal velo delle angustie.
Lo sguardo lucente si lancia alla ricerca di quello di Horus per trovarlo a poca distanza dal punto in cui stanzio. Il mio mento sporge oltre la spalla nuda, i capelli accarezzano la pelle diafana. Scopro i denti in una smorfia sorniona.
«Ottima scelta venire a un ballo. Qui ci sono tante fanciulle a cui poter raccontare quella bella storiella del Ministero e, sai, darti una mano a raggiungere gli anelli…» dico, usando la metafora del quidditch per recuperare un passaggio del nostro scambio di battute al Ministero e dargli un tono più amichevole. «Ma assicurati che non abbiano ceramiche o vetri in mano! Non si sa mai» concludo, gettando uno sguardo alla gamba di Horus, quella su cui ho infierito. Poi, gli faccio un occhiolino e avvicino la spalla al volto con fare provocatorio per un’ultima stoccata.
Ritorno su Casey, lasciandomi alle spalle l’amico che non ho mai avuto e la sua incapacità di accettare la fine di un rapporto mai nato. La musica raggiunge le mie orecchie e scende giù fin nelle vene, chiamandomi a sé.
«Ti va di ballare con me?» propongo con occhi languidi al mio cavaliere.
All the flowers grew back as thorns

Interazione con Horus e Casey.
Luogo: zona bar/prossimità della pista da ballo.


Edited by ~ Nieve Rigos - 11/1/2023, 18:33
 
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view post Posted on 12/1/2023, 02:02
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
V yr. | Ravenclaw Head Girl |outfit
Where? Bar area
INTERACTIONS: Jean, Derek, Edmund, Amelia
MENTIONS: Casey, Nieve, Alice, Mary

I don't want to live in the past anymore,
so let me restart.


A vevano sceso le scale dei dormitori accolte dall’aria prefesta. Megan si era concentrata solo in quel momento sugli addobbi che abbellivano l’intero perimetro della grande Sala Comune; nell’angolo, il grande albero di Natale presenziava affianco al camino e al di sotto numerosi pacchetti regalo - che la sera stessa sarebbero stati scartati dai destinatari -, riempivano lo spazio. Gli occhi cobalto, così, si erano persi tra i colori che abbellivano la pianta con lucine graziose, fili dorati e palline in vetro. Le era sembrato di respirare un clima familiare, una sensazione che, improvvisa, era tornata a scaldarle il cuore portandola a momenti felici. Si rivedeva tra i ragazzini che, attorno all’abete, curiosavano alla ricerca del proprio presente. Così come lei, nelle calde mura di una casa ormai abbandonata a se stessa, saltellava curiosa fremendo nell’attendere la mezzanotte per strappare la carta e scoprire cosa rivelava al suo interno.
Lo sguardo, poi, si era lasciato distrarre da un giovane gufo reale dal piumaggio color pece. Dispiegando le ali ed entrando da una delle ampie finestre lasciate socchiuse, s’era avvicinato a lei e Jean consegnando loro una missiva ciascuna. Megan aveva allungato il braccio, lasciando posare il rapace e afferrando la lettera a lei indirizzata; una tenera carezza sulla testolina in segno di ringraziamento, poi una leggera spinta a fare leva per farlo volare via.
«Ma... Ma quanto è carina?» aveva detto Jean. Un sorriso dolce aveva illuminato il suo volto e Megan si era ritrovata a ricambiare e ad annuire leggendo quelle poche righe scritte da Amelia Gin. Riteneva fosse davvero in gamba la giovane Corvonero, non solo perché aveva avuto modo di vederla brillare durante l’anno scolastico ma anche perché era stata protagonista, nei panni di Battitore, nelle prime partite del Torneo Crownspoon, dando un contributo speciale alla squadra, assegnando colpi ben assestati e incitando i compagni con una forza d’animo invidiabile.
«È sicuramente un pensiero dolce, non so cosa dire» aveva finito per dire piegando il foglio sistemandolo nella pochette per poi uscire dalla Sala Comune. Megan non era mai stata brava con i regali, non che avesse avuto molte occasioni per farne e persone a cui dedicare un pensiero, le veniva piuttosto difficile e si sentiva estremamente in imbarazzo quando ne riceveva uno.



Varcato il grande portone principale il Caposcuola si ritrovò a camminare, per un breve istante, su uno dei percorsi incantati che avrebbe condotto lei e Jean nelle aree dedicate alla festa.
«Ok, dovremmo esserci. Poco fuori dal sentiero, sulla destra... Ecco, lì!»
Sotto indicazione dell’amica alzò il naso e vide dei palloncini neri e dorati poco distanti dal vialetto intrapreso, sulla destra. Si avvicinò seguendo la compagna, poi afferrò il suo regalo e sorrise mostrando il libro tra le mani, lasciandolo oscillare da un lato a l’altro. «Direi un titolo piuttosto interessante il tuo ma… Sicuramente è meglio il mio!» disse con tono ilare arricciando il naso in una smorfia, rispondendo alla domanda che le era stata rivolta, per poi ritornare lungo la strada. Solo in quel momento riuscì a posare realmente lo sguardo sulle decorazioni che richiamavano il tema anni venti alla perfezione. Non badò realmente a dove Jean la stesse conducendo e si perse tra gli effetti magici dell’acciottolato che si palesava come un fiume dai riflessi oro e argento. Quando l’amica salutò Derek, posò lo sguardo sul ragazzo e gli rivolse un cenno del capo e un mezzo riso.
«Beh, non aspetterei ulteriormente e andrei a bere, dobbiamo festeggiare dopotutto» alzò le spalle facendo cenno ai due concasati di seguirla, prendendo posto in prima fila.
La pista da ballo si apriva in tutta la sua maestosa bellezza, lasciando spazio a giovani studenti di esibirsi in una danza ritmata dalle note del Jazz. Megan posò distrattamente lo sguardo sui presenti senza soffermarsi più di qualche secondo e proseguì - accertandosi della presenza dei due dietro - verso la zona bar vicina.
Al suo arrivo notò Edmund e Amelia intenti a chiacchierare.
«Amelia Gin, Edmund» si avvicinò salutandoli. «Grazie mille per il regalo l’ho davvero molto apprezzato e appena tornerò da Londra ti farò sapere come è» si soffermò sulla piccola Corvonero abbozzando un tenero sorriso cordiale. Poi, si trovò a superarli di poco dirigendosi verso il bancone.
«Voi prendete qualcosa?» si voltò a guardare Derek e Jean per poi tornare a guardare dinanzi a sé. Rubò uno snack al volo e si poggiò con entrambi gli avambracci sulla superficie della struttura. «Whisky?» chiese tamburellando con le dita. Aveva bisogno di qualcosa di forte per iniziare la serata e il suo amato distillato era sempre una buona compagnia. Tuttavia, quando le fu indicato che avrebbe dovuto rivolgersi a degli individui con cappello Newsboy laccato in oro, Megan aveva alzato gli occhi al cielo e si era voltata appoggiandosi lateralmente al bancone. Gli occhi scrutavano l’ambiente con più attenzione adesso e da quella prospettiva riuscì a scorgere volti conosciuti tra cui Casey Bell e Nieve Rigos al suo fianco. Guardò altrove in fretta, per non riportare a galla una ferita ancora aperta che non le avrebbe permesso di sostenere lo sguardo a lungo sull’ex amica. Erano mesi che non aveva idea di come stesse e come avesse affrontato i giorni da quella sera in poi; così, si sentì soffocare per un breve ma intenso istante tanto da obbligarsi a cambiare posizione e staccarsi dal piano. «Qui niente alcol» alzò le spalle con aria infastidita, scuotendo la testa; non capiva perché doveva essere così complicato trovare da bere: per quale motivo avevano dovuto dividere le zone?
Le iridi continuarono a sondare lo spazio e vide Alice poco più avanti in compagnia di Mary Grenger, si stavano avvicinando. Si accostò a Jean, certa che l’amica volesse essere avverita dell’arrivo della Grifondoro: «Sta arrivando Alice ed è in compagnia» disse con voce bassa affinché solo lei potesse sentirla.

© Esse

 
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view post Posted on 12/1/2023, 18:04
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Horus Ra Sekhmeth
24 yrs – cursebreaker – the roaring 20s

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Location: tavolo rinfresco
Interaction: Nieve, Casey, Megan
Mention: ///
Eccolo, lo riconosco quel bagliore nei suoi occhi, quel sorrisetto birichino che le tende le labbra e le arriccia appena il naso, tingendole le gote di un bel rosa pesca.
Le ho sorriso di rimando senza nemmeno rendermene conto, ritrovando nell’espressione di Nieve, in quella spalla malandrina che si accosta al volto, l’amica che avrei voluto avere ai tempi delle nostre promesse vane. Per un momento mi sembra non sia passato poi così tanto tempo, che la distanza che ci ha tenuto separati non sia di chilometri, ma di pochi metri, esattamente come quelli che ci dividono.
Mi lascia davvero perplesso, però, il suo senso dell’umorismo: batto le palpebre un paio di volte, con un ghigno piuttosto scettico dipinto sulla mia bocca.
Mi chiedo se pensi veramente di risultare pungente con le allusioni sul sesso: c’è davvero qualcuno che sente la propria virilità minacciata da battute del genere? Ricordo anche perfettamente che mi ha rivolto quasi le stesse parole al Ministero, con un’arroganza tale che mi ha innervosito —e non di certo per il motivo che crede lei— ma che ora, invece, trovo piuttosto infantili. Sfortunatamente per Nieve, stasera mi sento particolarmente nel mood di essere altrettanto sfrontato. Sicuramente, però, non le ho perdonato la cicatrice che mi ha lasciato: ecco, credo sia questo a spingermi a controbattere. Non tanto per il segno in sé, ma per quel che ne è derivato essendo stato costretto a recarmi al San Mungo: ecco, questo non lo mando giù.
« Puoi ben dirlo. Le riservo un sorriso aperto, ammiccante.
Scocco un’occhiata piuttosto distratta al suo accompagnatore: non ho nulla contro di lui, non so nemmeno chi sia (forse mi fa giusto un po’ tenerezza, se si è ritrovato con quell’acida), ma gli faccio un cenno col capo.
« E tu Rigos? Hai rimorchiato prima o dopo il nostro acceso incontro? » Imprimo particolare attenzione al termine “acceso”, assaporandolo sulla lingua quasi fosse una ciliegia.
« Occhio tu, alla tua amica piace molto lasciare segni. » Alludo, con un occhiolino sornione. Nieve capirà perfettamente a cosa mi riferisco, ma la mia ambiguità è voluta, anzi, ricercata. Sì, mi rendo conto di essere scivolato quasi al suo stesso livello, ma in fondo non m’interessa. Più lei svicola, più mi viene voglia di infastidirla, per ripicca. Quantomeno, stasera.
Mi distacco dal tavolo del rinfresco, dopo aver sentito il barman parlare di un luogo segreto dove trovare gli alcolici e mi avvio verso la folla, facendo miei gli indizi ricevuti.
Che gran rottura dover faticare tanto per ottenere un misero drink e mi auguro vivamente che questo bar nascosto mi riservi una collezione di liquori straordinaria, altrimenti non mi spiego questo tremendo scherzo ai danni dei poveri sventurati assetati, come me.
Non aspetto la risposta di Nieve, ma mi auguro che la mia frecciata abbia instillato il dubbio nel suo amico. Dubito litigheranno, ma tant’è che mi basta solo una scintilla.
E tante care cose. Penso, divertito e infastidito al tempo stesso.
Non mi sono allontanato molto, quando incrocio uno sguardo che non incontravo da molto tempo e che mi dipinge una genuina sorpresa sul viso.
« Megan! » La chiamo, facendole un cenno con la mano aperta. Mi sembra passato un secolo da quando io e Megan Mildford Haven ci siamo visti l’ultima volta e mi sento un po’ colpevole, perché dopo ciò che è accaduto con Emily, non ho dato priorità a nient’altro che agli studi. Mi sono licenziato dall’Ars Arcana con un gran peso sul cuore e ci siamo salutati un po’ frettolosamente e con dispiacere.
« Sei molto elegante. » Le dico affabilmente e scoccando una veloce occhiata a quelli che presumo essere dei suoi compagni. Li saluto brevemente, poi torno a guardare la mia ex-collega. Indossa una graziosa cloche tipica degli anni ’20 e, in generale, la trovo veramente incantevole. Mi fa strano vederla dopo tutto questo tempo, in un contesto come quello di un ballo, poi.
« Come stai? Come vanno le cose all’Ars Arcana? » Chiedo, arricciando il labbro in un sorriso sghembo.

– Tell me would you kill to prove you're right –
Code © HorusDON'T copy

 
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view post Posted on 13/1/2023, 09:05
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The Roaring 20's
Al Bar analcolico
Interazioni:Jean, Megan, Amelia Gin e Edmund





Il corvonero era rimasto impalato a leggere quella mappa che gli avevano consegnato, le luci provenienti dai gazebi illuminavano fiocamente il pezzo carta. Nel mezzo minuto che aveva usato per guardare la mappa aveva già scoperto un po’ di cose, la prima era che non voleva per nessun motivo al mondo arrivare sulla pista da ballo. L’avrebbe evitata come la puzzalinfa. Ciò che lo attirò più di ogni altra era il bar nascosto, non tanto per l’alcol che si millantava vendessero, ma per la sfida in se. Quindi cercò di capire come arrivare lì, a chi chiedere?

Derek tornò a guardare la mappa, ma la sua attenzione venne richiamata da un ragazza dai capelli rossi fiamma. I suoi occhi si alzarono molto lentamente dalla mappa, fino ad incrociare gli occhi Jean, considerato il motivo per il quale si era abbigliato come un idiota, sorrise alla corvonero, contento che almeno avesse trovato qualcuno, o meglio che fosse stato trovato da qualcuno. Forse non era un’impresa così ardua dato che il corvonero ciondolava all’ingresso del gazebo più grande. Ciao Jean. Disse, forse con troppa enfasi, le sue mani chiusero la mappa a metà e poi ad un quarto prima che il corvonero il corvonero vedesse anche la caposcuola Corvonero. Megan. disse mentre il capo si profondeva in un cenno di saluto.
Devo ammettere che state entrambe molto bene. Sorrise nuovamente, doveva ammettere, anche, che stava facendo passi da gigante nel suo tentativo di isolarsi sempre meno, almeno con i suoi compagni di casata

Dopo di ciò Derek e Jean vennero trascinati dalla caposcuola verso il bar, e il corvonero non poteva essere più d’accordo, dovevano festeggiare, se non altro la fine dell’anno.

Così seguì le due ragazze, era davvero strano camminare, più che altro doveva trattarsi del secondo ballo a cui partecipava, ed il primo doveva risalire al suo primo o secondo anno, per cui non sapeva cosa si faceva ad un ballo. Certo, poteva anche immaginarlo, ma dalle notizie, che involontariamente raccoglieva il giorno dopo dell’evento, poteva accadere la qualunque, sperava davvero che questo sarebbe stato un ballo tranquillo. Probabilmente ciò era dovuto al fatto che si provava a stipare qualche centinaio di adolescenti in un unico posto in preda ai loro istinti più animali, certo non ci si poteva aspettare nulla di tranquillo a determinate condizioni.

Derek salutò Edmund ed Amelia Gin con un cenno del capo. Rivolse un sorriso gentile alla primina

Grazie per il regalo, davvero molto gradito.

Non appena arrivarono al bar Derek constatò, con la medesima delusione della Caposcuola, che non c’erano alcolici. Forse avrebbero dovuto trovare il bar nascosto per poter bere qualcosa che avesse del inebriante dentro.

Si appoggiò distrattamente al bancone mentre virava il capo verso la pista da ballo, luogo dal quale sperava di tenersi a debita distanza, ora che lo vedeva bene più che mai.

La sua ricerca non era tanto legata al trovare altre persone che conosceva e con la quale avrebbe voluto passare del tempo quella sera, quelle persone erano già con lui, per cui cercava di osservare, cercando, in lungo ed in largo qualcuno che potesse indicargli la strada del bar tanto agognato, distrattamente prese da mangiare mentre continuava a cercare per il gazebo in cui si trovava. Fuori c’erano altri percorsi luminescenti che li avrebbero condotti chissà dove, che fosse proprio uno di quelli che interessava loro? Si girò verso Megan mentre stava bisbigliando qualcosa a Jean. Non avrebbe mai voluto essere invadente, e per fortuna la musica jazz che incessantemente raggiungeva le sue orecchie inibiva di poco il suo udito, il che era un balsamo per i sensi del Corvonero. Così, senza rivolgersi a nessuno in particolare dei concasati disse.
Qualcuno di voi è a conoscenza di come arrivare al bar nascosto?


A wolf can't live alone


Edited by *Derek - 13/1/2023, 09:52
 
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view post Posted on 13/1/2023, 10:19
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all that is gold does not glitter, not all those who wander are lost

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Eloise Lynch
17 y.o. – the gambler – the roaring 20s

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Location: tavolo rinfresco
Interaction: Helena, Alice, Mary
Mention: Horus
Acquisti: Una Sciabolata Esplosiva, una stampa Art Deco, una Sigaretta Anti-Spio
Lo stand dei Tiri Vispi Weasley è perfetto. Fatto qualche passo indietro, socchiusi gli occhi per accedere più agevolmente al suo senso critico, Eloise Lynch decreta che i risultati corrispondono all’idea che ha in mente. Gli articoli sono illuminati da una luce puntuale, e sembrano brillare in contrasto coi manti neri su cui poggiano. Scintillii luccicanti fanno capolino in punti casuali, alternandosi in una danza che fa sembrare lo stand vivo e in movimento. Anche a distanza saprà attirare l’attenzione dei clienti.
« Fred, prendo anche questa! Segno sul conto! » Il gemello, che quella sera presenzia allo stand, le fa un cenno col capo e la osserva perplesso infilarsi una Sigaretta Antispio nel reggiseno, in verticale (l’unico posto furbo che è riuscita a trovare per la bacchetta). Si salutano con la promessa di una capatina allo stand nel corso della serata, magari con la consegna di qualche leccornia.
È passato parecchio tempo dall’ultima volta in cui i Tiri Vispi hanno sponnsorizzato un evento pubblico. È un’attività che a El piace - le permette di viversi quelle occasioni mondane da un punto di vista diverso, e si diverte a convincere i clienti a mettere mano al portafoglio - ma vorrebbe fare di più. Andare a caccia di merci e materie prime rare, lavorare di inventiva a stretto contatto coi gemelli, progettare una nuova linea di scherzi e organizzare un grande evento di lancio. Scuote la testa, tornando con i piedi per terra, riconoscendo che: a, è solo una studentessa; b, non ha assolutamente tempo di prendersi un altro impegno, soprattutto con le attività della Squadra di Quidditch da coordinare.
Già, il Quidditch. Il grande fenomeno sportivo tanto amato da volergli dedicare anche il ballo studentesco. La sua principale fonte di cose di vita, attualmente: gioie, soddisfazioni, frustrazioni e delusioni si alternano su quel campo ovale, e l’hanno trascinata in un turbine ininterrotto da settembre a quella parte. Le sue dita inanellate vanno a stuzzicare la collana a tema che suo padre le ha reperito per l’occasione (tre anelli che richiamano l'agognato obiettivo dei suoi tiri), mentre realizza che il Quidditch sta facendo un grosso lavoro per tutta la scuola. C’è un senso di coinvolgimento e cameratismo sano che sguscia nei corridoi, che investe gli studenti di una scoppiettante energia. Pochi altri fenomeni sono capaci di trasmettere un tale affiatamento e senso di appartenenza. Per certi versi, le file di Tassorosso sembrano rifiorire: il Quidditch fa emergere le personalità più scoppiettanti e vivaci, tra i giocatori e non.
Ha giusto il tempo di indugiare qualche istante sulle prodezze di compagni di squadra e tifoserie, che il suo sguardo incrocia quello di Helena Whisper, come se avesse evocato la sua figura fisica con il pensiero. Sta passando lungo uno dei vialoni che partono dall’ingresso, ed Eloise la saluta con un cenno allegro, sorridendo sorniona al pensiero fugace dei suoi cori indimenticabili.
Procede, realizzando che per quanto faticoso, il lavoro che sta facendo con i T’assalto le sembra incredibile. Lei, che pensava che i ruoli di responsabilità andassero abbandonati per sempre, ha potuto scoprire tratti nascosti della sua personalità. Lei, che è morbida e flessibile e scivolosa, rimane sempre piacevolmente colpita quando la sua severità fa capolino, e la prende sul ridere. Ci sono mille modi per essere Capitano, ormai l’ha appurato, e passare la serata con il suo predecessore è un degno coronamento di quel percorso.
Ha evitato di dire a destra e a manca, soprattutto ai Tassorosso, che stasera Horus presenzierà al Ballo: la missione per conto di Ned è delicata, e non vuole rischiare di travolgerlo troppo in fretta. Ci sarà il giusto spazio per socializzare nel corso della serata, e lei farà in modo di impedirgli di sottrarsi alle occasioni che si presenteranno spontaneamente.
Lo vede a distanza, prima ancora di arrivare nei pressi del bar. Si ferma un momento, osservandolo in quei suoi abiti da festa, e vede l’Horus cresciuto, maturato, adulto. L’eleganza decisa che lo caratterizzava ai tempi della scuola ha lasciato spazio a un aspetto più morbido, il viso è incorniciato da una barba leggera, che ormai cela quel suo mento spigoloso. Da quando ha lasciato Hogwarts si sono visti parecchie volte, ma stasera ha l’occasione di notare con chiarezza le implicazioni della sua crescita: le piace, quella versione.
Prima di lanciarsi all’attacco, sgraffigna una pralina Boccino d’Oro da un cameriere di passaggio, e nel tragitto per raggiungere Horus sta già volteggiando a mezzo metro da terra. Deve soffocare un momento di panico - il terrore di essere scoperta, che viene subito zittito alla vista di altri nella sua stessa condizione. È tutto sotto controllo - ma ancora per poco.
È bastata una manciata di momenti per perdere l’occasione giusta. Superato un capannello di persone, nota Horus avvicinarsi a Haven: potrebbe fare lo stesso, unirsi a loro, ma sceglie di lasciar spazio e libertà. A lui le sue interazioni, a lei l'attacco su una coppia che nota poco distante, e che le sembra doveroso omaggiare.
« Le mie Grifondoro preferite! » Piomba su Alice e Mary senza frenare il suo entusiasmo, sapendo di avere di fronte due delle persone meno contenute di tutta la festa. È ancora a mezz’aria, appoggia sul nulla, e ogni cambio di equilibrio la fa fluttuare più del dovuto. È per questo che si apprende alle loro spalle come una vecchia zia premurosa, senza alcuna remora per l'intromissione. Prima o poi imparerà a lasciare in pace la gente - ma non è questo il giorno. « Non sono qui per lavoro, promesso. Per ora è tutto sotto controllo. » Indugia su Alice con l'aria di chi sta giurando solennemente. « Sono qui per sentire la vostra recensione sul buffet. Quale prelibatezza dovrei azzannare per prima? » È tentata di finire il boccone che le ha viste condividere, ma si trattiene. Se il furto di merenda è una costante, in compagnia di Wagner, non può dire di avere la stessa confidenza con Grenger. Le osserva di sottecchi, curiosa di scoprire qualcosa in più su quell'accoppiata così ben assortita.

– When you and I were forever wild | The crazy days, city lights –
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view post Posted on 13/1/2023, 12:01
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Jean Grey
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INTERACTIONS: Megan, Derek, Edmund, Amelia
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Tonight I just want to be surrounded by friends


«Anche tu.» Sorrise al complimento del capitano. E lo pensava davvero. Hide, un cognome che ben si addiceva al ragazzo che si trovava davanti. Non era mai riuscita a inquadrarlo, sia perché a parte il Quidditch - che stava unendo molto tutta la squadra - e il compleanno scorso non avevano avuto grosse interazioni, sia perché le pareva che Derek fosse piuttosto riservato e indecifrabile. Aveva però avuto la sensazione che gli eventi recenti condivisi avessero in qualche modo abbassato le sue difese. Il fatto stesso che la sera del compleanno di Jean Derek non fosse sgattaiolato via ma avesse deciso di fermarsi era un segnale positivo. Lo aveva molto apprezzato. La presenza sola di Derek la rassicurava, forse perché quel ragazzo aveva un aspetto adulto e maturo, o forse perché il suo carattere solitario si sposava con un lato di Jean che spesso lei era costretta a mettere da parte per via del suo ruolo all'interno della scuola e degli eventi in generale.
Seguì con piacere il consiglio di Megan, che non suonava tanto come un consiglio quanto più come un imperativo. Ma Jean non avrebbe mai detto di no alla zona bar, anche se era consapevole che di alcol quella sera non ne avrebbe toccato nemmeno un goccio. Più volte si era ritrovata a pensare a quanto fossero curiose le regole di quella scuola. Sotto il naso più o meno consapevole di preside, capicasa e professori succedevano mille cose, bische clandestine, atti osceni in luogo pubblico, uso di sostanze stupefacenti, festini non troppo segreti con alcol a fiumi. Però ai balli se un minore azzardava anche solo pensare di assumere dell'alcol, pure fosse il goccio di whisky che il nonno ai pranzi della domenica ti obbliga a bere sottobanco da quando hai nove anni, questo si trasformava subito in acqua, in coriandoli, in sberle o in additate generali di presa per il culo. Ormai se n'era fatta una ragione, e al prossimo ballo avrebbe raggiunto l'età necessaria per potersi godere una serata come si deve. Doveva ammettere, però, che con la giusta compagnia forse quella sera non avrebbe avuto bisogno di alcol in ogni caso. Dunque, insieme a Derek, seguì Megan fino ad arrivare al bar. E lì trovarono, con grande piacere, i piccoli Edmund e Gin. Ed era elegantissimo, con un abito bianco coordinato con un cappello che faceva tanto mafia italoamericana. Stava benissimo, e non avrebbe mancato di farglielo notare. Gin, invece, indossava abiti più semplici, ma non per questo meno eleganti e stilosi: quella ragazzina era talmente bella che sarebbe andata benissimo anche in pantaloncini e canottiera. «Ciao Ed, ma quanto sei figo!» Gli sorrise, dandogli una gentile pacca sulla spalla. Non aveva ancora capito se il ricciolino si sentisse in imbarazzo davanti a lei, ma sperava che non fosse così. Apprezzava così tanto la spontaneità di Edmund che tra sé si era detta che sperava non crescesse mai, che restasse così giovane, spontaneo e innocente per sempre. «Stai davvero bene. Anche tu, Gin. E grazie infinite per il regalo, davvero... Grazie.» Con la mano con cui non teneva il libro cercò di stringere quella di Amelia. Era già la seconda volta in poco tempo che la sorprendeva con un regalo così pensato, prima al compleanno e ora per Natale. Era un pozzo senza fondo di idee geniali, come già si era notato durante gli allenamenti e le partite di Quidditch, e in tutte le altre circostanze.
«Voi prendete qualcosa? Whisky?» La voce di Megan richiamò la sua attenzione. «Ma magari!» esclamò dal cuore. Anche se in effetti avrebbe preferito del vino, oppure qualche drink. Non aveva nemmeno voglia di sperimentare i cocktail speciali della serata, più che altro perché non aveva intenzione di provare i side effect che solitamente portavano con sé. «Mi sa che prendo un analcolico alla frutta qualsiasi, purché non ci mettano la granatina.» Lo disse a voce abbastanza alta così che il barman potesse sentire. Lo vide annuire con la testa e iniziare la preparazione dell'innocentissima bevanda fruttata. Nel frattempo si voltò nuovamente verso Megan, la cui espressione denotava preoccupazione. Aver saputo che in quel bar non c'erano alcolici doveva averla scossa parecchio. Ma voltandosi ancora più di lato vide due persone familiari. Casey Bell in compagnia di Nieve Rigos, la cercatrice Grifondoro. Non ci si soffermò più del necessario al riconoscimento facciale, non aveva molta voglia di interagire, né interesse a dirla tutta. Alla mente di Jean la presenza del Caposcuola Grifondoro richiamava problemi, e non ne desiderava. Acchiappò il suo drink, piuttosto buono, e tornò a guardare Megan, che fece spallucce con non poco fastidio. «Non che per me cambi poi molto. Ma sicuramente da qualche parte l'alcol lo danno, non avranno certo lasciato adulti e professori a bere succo di frutta.»
Fece appena in tempo a finire la frase che l'amica le si avvicinò e le sussurrò le parole che temeva da prima ancora che il ballo iniziasse. «Sta arrivando Alice ed è in compagnia.» Era stata così brava, o fortunata, a non vederla per tutta la strada fino al bar, ma era anche stata stupida a pensare che non l'avrebbe trovata proprio in quella zona, tra il bar e la pista da ballo. Stupida, stupida Jean. Dove altro poteva essere? Forse a pomiciare con qualcuno addosso a un albero come aveva fatto con lei la volta scorsa. Si sentì improvvisamente agitata di fronte a qualunque possibilità. Anche il fatto di saperla da sola le metteva ansia, perché le avrebbe dato l'idea di potersi avvicinare ma con la consapevolezza della disparità di intenti tra loro due. Vederla amoreggiare con un'altra persona le avrebbe certamente bruciato il cervello. Insomma, la prospettiva migliore faceva comunque schifo. Era terrorizzata all'idea di cercare la Rossa con lo sguardo, ma la curiosità fu più forte della paura. La vide, bellissima come e forse più del solito con quello stile un po' maschile che, mannaggia la miseria, a Jean faceva impazzire. Era insieme a un'altra ragazza di cui non aveva memoria: sembrava più grande, aveva un volto familiare ma non riusciva a inquadrarne l'identità. Era bella anche lei, aveva un'aria matura, intrigante. Avrebbe capito se Alice fosse stata interessata a lei. Una morsa allo stomaco la costrinse a levare lo sguardo da quell'immagine dolorosa. Continuare a farsi domande che non potevano, e forse non volevano, avere risposta avrebbe solo peggiorato l'ansia, e Jean detestava sentirsi in quel modo. Anche perché se Alice si fosse girata e l'avesse guardata, Jean le avrebbe di sicuro almeno sorriso. E forse sarebbe bastato un sorriso a complicare l'intera serata. Strinse il polso di Megan con l'idea di ringraziarla dell'avviso, ma forse l'agitazione la portò a stringere più del dovuto. Forse la Caposcuola Corvonero avrebbe compreso la situazione, anzi, ne era certa.
L'ennesimo sconosciuto si avvicinò a loro. Un ragazzo grande, altissimo, sicuramente esterno alla scuola. Lo sentì salutare Megan con una certa confidenza, sicuramente si conoscevano. E poco dopo ne capì il motivo: era forse lui il garzone di cui aveva preso il posto da Ars Arcana? Comunque non si immischiò in quella conversazione, pur restando al fianco di Megan. Si rivolse piuttosto a Derek, che riallacciandosi al discorso dell'alcol chiese dove si trovasse il bar nascosto. «Non ne ho idea, ma se volete possiamo cercarlo. Ne sarei felice, molto felice.» Qualunque cosa per evitare la tentazione di raggiungere Alice, cacciare la sua bella accompagnatrice a pedate e portare via la Rossa verso una qualunque zona privata del giardino. Niente drammi, quella sera. Solo una tranquilla serata tra amici. Quella, almeno, era la speranza.


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view post Posted on 13/1/2023, 12:43
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AND STILL, WE STANDSto con le unghie conficcate nella pelle dei braccioli di una poltroncina rossa. La sala comune è gremita di studenti agghindati di tutto punto, con sorrisi eccitati e scarpette da gala. Io non sono da meno nel mio vestito a tema, forse uno dei pochi sino ad ora in cui mi sono sentito realmente a mio agio. Ho un panciotto, un cappello e un orologio da taschino; una giacca con le spalline come dettava la moda dell'epoca e tanto gel nei capelli per dargli una parvenza di ordine.
Volevo che fosse tutto perfetto. Che io fossi perfetto. Volevo che nulla sfuggisse al mio controllo, almeno su quel poco che mi riguarda. A tratti, però, nel corso della giornata mi chiedevo cosa cazzo stessi facendo, e di volta in volta le spiegazioni sfumavano in una poltiglia di ragionamenti sconnessi. Il di Nieve a tratti mi gonfiava orgoglio, a tratti mi dava persino fastidio.
La verità è che la congestione da delusione ha afflitto i miei sentimenti. Non riesco più a guardare nessuno con interesse poiché lo riconosco come ostile e privo di alcuna caratteristica degna di nota. Non mi interessa perdere il mio tempo nel conoscere qualcuno, non mi intriga piacere a nessuno, e rimango silente e impassibile come una statua di fronte a chiunque e a qualsiasi situazione. A meno che non mi trovi di fronte alla necessità di evolvere un diplomatico e distaccato coinvolgimento da Caposcuola ai miei concasati.
Perché sto facendo tutto questo? Un'intuizione mi percorre il cervello quando alcuni volti in sala comune si alzano per scrutare la sommità delle scale. Sussurrano calunnie, si guardano attoniti.
Credo si tratti di empatia.
Mi immobilizzo quasi con timore di fronte allo scintillio che la percorre. Nieve può esser solo paragonabile al quadro di un artista che ha tradotto le perfette meccaniche del cosmo in pittura. Serro le labbra al primo sguardo, come se volessi resisterle.
«Tu sei molto bella» dico non appena si avvicina. Mi armo di un piccolo sorriso luminoso per avvalorare la mia affermazione, per schermare le mie incertezze. Lo dico abbastanza forte perché voglio che le persone sentano.
«Mai pronto a niente» dico con ironia alzandomi.
È questa consapevolezza che mi fa ritrarre le unghie e placare le emozioni: io e Nieve siamo sempre stati molto simili. Abbracciata dal suo vestito, magra e spigolosa più di prima, ancor più bianca e spettrale, è solo un'eco della ragazza con cui condividevo il dormitorio al primo e al secondo anno. Nonostante questo —nonostante tutte le nostre mutazioni— riesco a vedere in noi un destino simile. Siamo soli. Siamo alienati. Siamo in guerra.
Le do il mio braccio mentre camminiamo, all'inizio perché voglio fare tutto nella miglior maniera, poi perché la sensazione percepita dall'intreccio con la sua pelle mi accende una fiamma in petto.
Ho capito in questi giorni che l'unica cosa che posso davvero fare adesso è conoscere questa nuova persona. La Nieve che tutti odiano, la Nieve che guarda tutti con occhi tiranni – la regina delle mutazioni.
Voglio una serata tranquilla, voglio poter riposare la mente, voglio un ricordo positivo. Penso che se lo meriti anche lei dopotutto. Perciò mi viene da parlottare sulle novità che questa festa propone, commentando sotto i baffi un paio di cappelli un po' troppo ambiziosi e adocchiando le decorazioni sulle pareti secolari. Sono qui per lei, e questo è il mio senso di protezione nei suoi confronti, nato quella notte a Nocturn Alley. Non so invece cosa abbia in mente lei, ma me ne infischio e mi approprio della sua presenza senza pensare ad altro, senza concedermi il lusso di una fantasia.
I pensieri sono anestetizzati. È una lieve condizione di estasi che dopo molto tempo mi permette di uscire finalmente dalla mia testa. Mi sembra di osservare il mondo esterno per la prima volta o di star vivendo un magnifico sogno lucido fatto di luci, canditi ed ebbrezza.
Ignoro per totale stupidità che un'emozione così bella e colmante possa capovolgersi allo schioccare di un paio di dita.
Mi ha appena chiesto se voglio unirmi con lei in pista. Io rimango muto come un pesce perché in fin dei conti di ballare non mi è mai importato niente, e come un idiota non l'avevo messo in conto invitando qualcuno a un ballo. Il filo dei ragionamenti galleggia ancora sull'anestesia in corso, dunque dopo una leggera riluttanza evidente sul mio volto e da un eeeeeeek gutturale, avrei comunque detto di sì.
Il filo si spezza, appena sento alle spalle della mia compagna un fischio e un apprezzamento che mi disarma totalmente. Fisso il ragazzo in faccia con occhi spalancati e ci metto qualche secondo in più a realizzare quanto ha detto e le sue parole successive.
È proprio in questo istante che finalmente realizzo che siamo circondati da altre persone. Lo sapevo, certo, ma non lo sentivo. Potenziali scontri. Un effluvio di ira risale dalla bocca dello stomaco e mi appanna gli occhi, e il mio primo pensiero è che adesso Nieve si staccherà da me preferendo seguire lui.
Avrei dovuto pensarci, avrei dovuto prevederlo. D'altronde va sempre così, in un modo o in un altro. Mi ero detto di non pretendere niente, eppure, al solito, mi lascio ingannare da questa stupida speranza.
Mi si appannano gli occhi.
Non un'altra volta. Non un'altra volta.
Le immagini della festa ad Hogsmeade scorrono veloci davanti ai miei occhi, e l'impulso di rievocarle con l'atto fisico di mettere le mani al collo di quel ragazzo è pressante.
Mi sento addosso gli sguardi di tutti.
Respira. Non un'altra volta. Non un'altra volta.
Forse è meglio che me ne vada. Forse ho sciolto il braccio da quello di Nieve e ho messo le mani in tasca. Io non lo so, guardo un punto fisso senza guardarlo – il volto del ragazzo. La parte razionale di me, che con tutte le forze sto richiamando, sta lasciando Nieve libera di far quel che vuole.
La sento inveire contro di lui, piccata. I miei occhi riescono nuovamente a mettere a fuoco le figure e si spostano su di lei. Lo tsunami di pensieri si arresta all'improvviso. Io mi blocco di nuovo, in preda allo sgomento, quando si volta ancora verso di me per rinnovare il suo invito. Sono incredulo.
«Sì.»
Alzo le spalle, che si erano incurvate sotto il peso delle mie incertezze, alzo la testa. Con le mani in tasca faccio cenno di andare verso la pista.
«E tu Rigos? Hai rimorchiato prima o dopo il nostro acceso incontro? Occhio tu, alla tua amica piace molto lasciare segni.»
Il mio viso scatta verso di lui e io lo fulmino con lo sguardo. Ho voglia di strangolarlo e di prenderlo a insulti, ma so che qualsiasi cosa io faccia o dica sia un pericolo lì in mezzo. Per la verità l'ultimo desiderio che ho è quello di scontrarmi —di nuovo— con qualcuno, in qualsiasi tipo di situazione. La razionalità sta prevalendo sull'azione.
Le mani mi tremano nelle tasche. È faticoso uscirne una allo scoperto per circondare la vita di Nieve con un braccio e portarla via, lontano da quel coglione, lontano dagli sguardi che hanno cominciato a posarsi su di noi. Anche perché quelle parole così velenose suscitano in me molte domande e insicurezze. L'impulso di salvaguardarla, salvaguardarci, prevale sul momento.
«Esattamente. Ma la persona giusta, non un qualsiasi morto di figa. Andiamo.»
Invito Nieve con una lieve spinta alla vita verso la pista mentre mastico la mia rabbia e la mando giù pezzetto per pezzetto.


Interazioni: Nieve, Horus.

 
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