Edmund Artemis Knight
Corvonero | I° Anno | 11 anni | Outfit
Perché era così agitato? E perché poi si stava preoccupando così tanto se il cappello stava messo bene oppure no? In fondo, che differenza avrebbe fatto, sempre quello sarebbe stato il costume, che il cappello fosse stato messo bene o meno; del titolo di reginetta della serata non gli sarebbe importato un fico secco dato che non avrebbe contribuito con una sola gemma alla causa della Coppa delle Case e, anche se fosse, ormai i giochi erano fatti. Perché dunque si preoccupava in modo così infantile per l'opinione altrui?
Non gli era mai importato nulla di cosa gli altri dicevano di lui, né in positivo, né in negativo, e se dal padre aveva ereditato qualche tratto caratteriale di certo quello non era tra di essi, al punto che, scherzando, il mago più adulto si era spesso domandato se quello fosse davvero parte della sua prole tanto erano diversi genitore e figlio. Perché mai allora quel giorno si sentiva così ossessionato dal giudizio terzo? Era quello che intendevano i grandi quando dicevano che crescendo si cambia? Si stava quindi conformando al modello genetico che per lunghi anni gli era stato innanzi?
Probabile.
O forse no. Quella sequenza di interrogativi era perfetta, sembrava il ragionamento di un filosofo tanto era sequenzialmente sensata, peccato non fosse altro che uno splendido labirinto, costruito appositamente dalla mente del Corvonero sul limitare del lago della coscienza, per indurre il padroncino ad entrarvi e perdersi in esso, una sorta di salvagente mentale per intrappolarlo e impedirgli di vedere la banale realtà e, di conseguenza, ammettere l'ovvio. Aveva un problema, e tale problema non aveva nulla a che vedere con l'opinione che le persone potevano avere di lui, aveva piuttosto il nome di una ragazza.
Tutto ciò lo sapeva, lo sapeva benissimo. Sapeva benissimo che erano giorni che si tormentava perché sembrava che ogni cosa che le diceva le desse fastidio, e sapeva benissimo che gli si serrava lo stomaco ogni volta che gli tornavano alla mente le sue risposte laconiche e affrettate come se all'improvviso fosse diventato la persona più odiosa dell'universo.
Non aveva la pretesa di essere simpatico, né tantomeno a tutti e tutte, e in buona misura nemmeno gli importava di esserlo, anzi, l'antipatia era un buon scudo per tenere alla larga gente non gradita. Ma con lei era diverso.
Credeva lo fosse, almeno un po'.
Credeva molte cose, in effetti.
Ma a quanto pare era stato tutto frutto della sua immaginazione; l'amicizia del resto è un sentimento reciproco, ma lo si prova solo individualmente e individualmente lo si interpreta; si doveva essere illuso, ingannato da quei sorrisi elargiti a lui come a chiunque altro con troppa disinvoltura e di quegli scambi di confidenze troppo facili da fraintendere; doveva essere ancora decisamente in basso nella classifica delle sue amicizie se surclassato così in fretta e ora regolarmente all'ultimo posto della lunga sfilza di amiche. O forse non ci stava proprio. Chissà se ci era mai stato; dall'ultima chiaccherata sembravano passate ere geologiche, lo spazio-tempo è sempre relativo ma mai era stato anche così soggettivo.
Una parte di lui sapeva che non era il cappello il vero problema, ma il fatto che il rapporto tra di loro si fosse bruscamente raffreddato; lo sapeva benissimo, e lambire quel pensiero aveva il potere di gettare un velo di malinconia su tutto il resto, come se qualcuno gli mettesse un paio di occhiali che fa vedere tutto a tinte scure e tristi. Il problema era che, ogni volta quegli occhiali gli calzavano addosso, non riusciva più a toglierli, per quanto si sforzasse.
Ecco che, sebbene tutto ciò fosse perfettamente nella disponibilità delle sue conoscenze, tra le informazioni che realmente alloggiano nel fondo della nostra coscienza e quelle che concretamente prendiamo in esame come ipotesi valide, vi è quel flusso ininterrotto di pensieri ed emozioni che ne fa affiorare alcuni e sprofondare altri. Solitamente, meccanismo di autodifesa in taluni casi, di autodistruzione in altri, da sempre filtro di ogni oggettività che nel mondo reale è solo miraggio.
Se non si vuole vedere, chiudere gli occhi può non essere sufficiente, ciò che è necessario è sostituire quella realtà che non si vuole vedere con una sedicente tale. Non gli rimaneva quindi che raccontarsi una favola, una bella favola, pure convincente magari. Si ripeteva che doveva essere un periodo passeggero, assegnando così al semplice caso la responsabilità di quell'atteggiamento, al fatto che, probabilmente, c'era sempre qualcosa che le impediva di accorgersi di lui; e, se tanto dà tanto, non gli restava che sperare che, almeno quella sera, lo notasse, si accorgesse che esisteva ancora, e che era lo stesso Edmund di sempre, visto che pareva improvvisamente esser divenuto invisibile, tanto era taciturna quando lo vedeva. Ecco che quel cappello messo bene o male poteva fare la differenza, poteva contribuire nella direzione da lui auspicata come a renderlo invisibile per il resto della serata, eletta dalla mente deformata di un undicenne, a fulcro di tutto l'avvenire.
Quando iniziò a percorrere lo spumeggiante viale che conduceva al luogo della festa si era deciso a non pensarci più di tanto. Aveva, a modo suo, trovato una soluzione per mettersi il cuore in pace, ma soprattutto aveva trovato il modo di pensare ad altro. Un gufo di Amelia ricevuto nel pomeriggio aveva destato tutta la sua curiosità, e mentre varcava l'enorme portone che dava accesso al giardino, lo sguardo si divideva tra lo stupore per ciò che gli si presentava innanzi e la curiosità per il luogo dove avrebbe dovuto condurre l'indizio della Corvonero.
Edmund non aveva dubbi su quale delle due missioni avrebbe voluto portare a termine per prima, ma il fato non dovette essere dello stesso avviso. Per quanto si sforzasse di cercare alla destra del portone di ingresso qualcosa che somigliasse a un pacco regalo, la sua attenzione fu subito catturata dalle due figure femminili che si stavano allontanando verso i gazebo, una delle quali era un po' troppo familiare perché non la riconoscesse al solo colpo d'occhio.
Deciso quindi a levarsi quel pensiero dalla testa, rimandò la ricerca del regalo a più tardi e, dopo aver deglutito, tirato un sospiro, ed essersi risistemato un ultima volta il cappello, si diresse verso quella che senza dubbio era Helena Whisperwind. Non fu difficile, accelerando il passo, raggiungere la coppia. Picchiettò con due dita sulla sua spalla e attese si voltasse. Nella destra teneva una lettera tra indice e medio, mentre la sinistra conservava arrotolato il bigliettino con l'inizio di Amelia. Edmund attese che Helena si voltasse e, una volta che incrociò lo sguardo della coetanea, le allungò la busta.
«Visto che non parliamo più.»
Aggiunse a mezza voce con un'espressione davvero imbarazzata, a metà tra il dispiaciuto e l'infastidito. Attese prendesse la busta dopodiché, terminata la propria missione iniziò ad allontanarsi verso l'ingresso.
«Buone vacanze comunque!»
Le disse dopo essersi fermato per voltarsi un'ultima volta, prima di riprendere la marcia a passo spedito verso l'ingresso, lì dove avrebbe dovuto trovare il regalo di Amelia.
Fu davvero colpito dall'idea originale e incredibile della compagna, non si aspettava un regalo già quel giorno, e men che meno da trovare con un indizio, e alla festa poi. Si mise quindi a cercarlo e lo trovò piuttosto facilmente, complice la nuova prospettiva che gli diede modo di scorgere il gruppo di palloncini poco distante dal grande portone centrale.
C'erano quattro pacchetti legati ad altrettanti palloncini e, scorgendo il suo nome su uno di essi, ne dedusse di aver finalmente trovato il proprio regalo. Lo scartò con calma, e quando vide che si trattava di un libro gli si illuminarono gli occhi. La serata non era iniziata nel migliore dei modi, ma magari, come era appena accaduto con il regalo della compagna, avrebbe potuto riservargli comunque qualche piacevole sorpresa. Con il libro sottomano si incamminò lungo il viale centrale cercando qualcosa da fare; effettivamente non conosceva quasi nessuno, e non aveva voglia di avvicinarsi a gente a caso per dire "Oh ciao, hai visto che bella festa che hanno organizzato!" oppure "Ehi ciao, come stai bene con questo vestito, come ti chiami?". C'era però un gruppo di persone della cui compagnia non era mai stanco: i Corvonero. Con loro si trovava bene, erano tutti piuttosto riservati e taciturni e quindi abituati a tacere quando non avevano nulla da dire. Quando non si è dell'umore giusto, anche una banale frase fuori posto può contribuire a peggiorare le cose. E loro, per l'appunto, di solito tacevano.
Però erano anche simpatici e divertenti: persino Derek delle volte, rare volte, faceva qualche battuta, anche se era sempre un sacco serio, doveva essere davvero difficile il sesto anno visto che il capitano era tutto libri e Quidditch! Il Quidditch aveva contribuito significativamente ad avvicinarli e, se quest'anno Edmund rivolgeva la parola ai compagni di casa, era stato in misura per il rapporto consolidatosi agli allenamenti. Addirittura con il professor Drake aveva iniziato a parlare, e in effetti era un uomo coltissimo, agli allenamenti citava con grande disinvoltura i filosofi barbadiani, peccato Edmund non fosse ancora così illuminato per capirne i significati profondi. Le iridi chiare del ragazzino iniziarono a guardarsi attorno, alla ricerca dei Westwind augurandosi che, almeno loro quella sera ci fossero stati.
Non li vide ancora tutti, dovevano essere in ritardo, oppure già in qualche gazebo ma per fortuna scorse quasi subito Amelia vicino a uno di essi, e con il suo trofeo sotto il braccio, accompagnato dalle inconfondibili armonie jazz, si diresse verso di lei per ringraziarla del dono.
«Ciao! Sono riuscito a trovare il regalo, grazie mille è molto bello! Lo leggerò sicuramente! Mi piacciono un sacco i draghi!
Grazie mille davvero!»
concluse, lanciando un'occhiata al libro che teneva nella sinistra con inserito il bigliettino speditogli via gufo come segnalibro. Fortunatamente per lui, era ancora ignaro di ciò che, a proposito di draghi, lo avrebbe atteso di lì a qualche giorno.
«Dove andiamo? Sai dove potrebbero essere gli altri? »
PS: 110 | PC: 56 | PM: 51 | PE: 3.5
Giuls || © harrypotter.it
Contenuto del biglietto:
A quanto pare ultimamente sei sempre impegnata, spero almeno durante le vacanze troverai il tempo di scrivermi. Nel caso, questo è il mio indirizzo:
Edmund Knight
Villa della Stella Marina, Epping Forest, Londra
Interazioni: Helena, Amelia
Menzioni: Westwind!
Edited by Edmund Knight - 6/1/2023, 08:19