cchiolino ammiccante, sorrisetto da furfante e uno schiocco di dita... è tutto quello che mi occorre, forse ingenuamente, per interpretare l'assetto malavitoso della pièce in atto tra noi. Non l'hai rapito, mi chiedi. La risposta, nei miei gesti da gangster fasullo, è lampante. Lascio che il cinema magico rafforzi l'idea, mescolandomi alla band in fuga d'assalto tutto intorno. La scena è pronta a dissolversi, catturo già le note d'esordio di una sinfonia swing – un ritmo dapprima delicato, di giro di corde di chitarra, e l'attimo seguente più frenetico. I criminali che ci hanno pedinato, poveretti, sfidano il sortilegio in divenire – corrono, corrono via, inghiottiti dal fascio di luce delle cineprese. Un fischio ripetuto, allora, accompagna il nostro discorso; somiglia ad un'oca starnazzante, mi strappa in effetti l'ennesimo sorrisetto divertito: altro non è che la melodia di una tromba, ampliata fin da subito dal contrabbasso e da altri, meravigliosi strumenti. Ombre trapunte di storia, allora, sfilano in lungo e in largo, partecipando alla danza più movimentata degli Anni Venti.
Questo swing – incredibile – mi ricorda d'un tratto i brani di Emily Vannett, il modo in cui la cantautrice scivoli da un'espressione artistica all'altra, travolta dalla bramosia dei passi. Ho l'istinto di ballare,
immediato. E mi sembra d'impazzire, all'idea d'aver sperato di chiudere gli occhi e svegliarmi all'indomani, mancando così questo ballo d'eccezione. Oh Penny, se solo sapessi...
«Quando ti danno fastidio, tu divorali.» Traumatico, questo commento. Se non fosse per l'allegria che sfuma in voce e in volto, mi prenderesti sicuramente per pazzo. Chissà, potrei esserlo. C'è qualcosa, nell'aria, che mi manda in visibilio, è una perdita di sensi che non trova giustifica – non ho bevuto neanche un goccio d'alcool, non ancora. Raggiungo il tuo fianco, appena distante, così da spostarmi dal turbinio cinematografico – i figuranti, elegantissimi, s'accingono a ballare tra noi, e la musica che zampilla dai grammofoni è sorprendente.
«Credimi, questi omini sono tutti commestibili. Il problema, un po' come le Cioccorane, è acciuffarli in tempo.» Sorrido, osservando la fuga disperata dell'esercito di pan di zenzero. In lungo e in largo, oltre le rive del lago, si aggirano rospi, gufi e asticelli... no, non aggiungo altro, è una serata che non merita di macchiarsi di sfumature macabre, anche se paradossali.
Mi concedo il privilegio di guardarti, Camille. È incantevole vederti aprire il regalo, in questo gioco chiaroscuro di stelle, riflessi d'onda e bagliori del passato. Diventa un angolo sospeso a mezz'aria, oltre il cinema.
«Proprio così, Donna Camilla.» Hai colto subito il punto, e non una volta ne sono stato in dubbio. Questo album, infatti, significa molto di più per me: il regalo, per te, è
l'anticipo. Ho fatto di tutto per ottenere il disco in anteprima, il mondo magico ne sarà informato soltanto tra una, forse due settimane. Snocciolo poche informazioni, perché ci tengo. Il Profeta, poi, farà di più.
«Mr Gingerbread è letteralmente un omino di pan di zenzero, non scherzo. Proprio quello che canta in copertina sulla slitta, com'è buffo. Si è esibito nel villaggio di White Mermaid pochi giorni fa, credo vi sia qualcuno dietro che lo trasfiguri per magia. Il disco era in progetto da un po', l'annuncio... è un mistero ancora per tutti.» Questione di poco, neanche io – benché con un passo verso il futuro – prevedo il colpo di scena che Mr Gingerbread attuerà presso il Teatro Magico. Sembrerà una coincidenza, anche fortunata, ma i biglietti che stringi tra le mani facevano parte di un regalo che avevo considerato addietro.
«Forse ricorderai o hai sentito parlare del Fwooper d'Oro.» Lascio che l'etichetta addolcisca la voce, nella nota appassionata che sempre mi travolge.
«È il concorso musicale più famoso, si esibiscono i finalisti ed è una cerimonia straordinaria. Ho sempre voluto partecipare e ho colto l'occasione con la Gazzetta.» Sfilo via il cappello dalla testa a mo' di galanteria.
«Cosa ne dici, Donna Camilla. Mi farebbe l'onore d'accompagnarmi?» Già, l'accento è nuovamente marcato, forse anche troppo. Dovrei lavorarci, ne sono consapevole. Catturo infine un paio di maghi in arrivo, cappellini laccati d'oro in capo e una scia di fumo di sigaretta che insegue il cammino. Guai in arrivo?