Lo sguardo di Moira vagava lungo le pareti del proprio ufficio.
Scrutò i voti urlanti dei ricercati, soffermandosi sulle increspature dell’inchiostro dove la luce era riuscita a filtrare sul collo di un detenuto e una ragnatela di cicatrici in rilievo. Poi scivolò oltre con lentezza, senza accennare nel volto un’espressione degna dello spettacolo macabro esposto sulla sua bacheca.
Era distaccata, immobile, apparentemente indifferente davanti a quella sofferenza.
O almeno così sarebbe apparso per i primi secondi. Più Mary parlava, più qualcosa cambiava.
Prima furono le dita: sfuggirono alla costrizione imposta dalle braccia conserte, cercando libertà contro le vesti, distendendole in movimenti netti e lenti, volendo dare l’illusione all’esaminanda che quello fosse un gesto limitato alla necessità di apparire perfetta, impeccabile, costruita.
Sì, costruita era un termine degno per riassumere l’immagine che aveva mostrato di sé fino a quel momento, sottolineando la sua capacità di esprimere solo ciò che era dovuto e necessaria.
La bacchetta venne estratta di nuovo e con una torsione fluida del polso, incantò il cucchiaino immerso nel tè cobalto, subito di fianco ai residui solidi del pungiglione zuccherato.
L’incantesimo Manina le offrì l’ennesima scusa per non degnare Mary del suo sguardo.
La lasciò sola a combattere demoni che l’Ispettore Graham aveva liberato nell’ufficio.
Demoni del passato, del presente e del futuro.
Gli stessi demoni che sostavano innocui nell’inchiostro della pergamena sotto il suo naso, nascosta fra i cartigli nella sua cartella - la stessa con cui si era presentata per accogliere l’esaminanda.
Si sporse proprio verso questa, avendo cura di scostare la prima pagina per poter osservare alcuni campi e lentamente annuire - non a Mary, ma a ciò che leggeva.
«Dunque.»Finalmente spezzò il silenzio, quello appena caduto nella stanza dopo l’intenso monologo ricevuto.
Schioccò la lingua contro il palato, lasciando che un sonoro “pop” scandisse la pausa.
Poi, finalmente, la guardò in volto.
Era uno sguardo intenso, immobile che cercava in quelli di Mary Grenger un dettaglio: parole non dette, o sfumature di tutte quelle emozioni che l’ex Grifondoro aveva messo a nudo in quello scambio?
Non era chiaro.
Prese nella mano sinistra la tazza di tè, portandone il bordo contro le labbra piene.
Uno, due, tre sorsi e poi si distanziò dalla scrivania, tornando con la schiena premuta contro il vetro incantato.
Dunque. Non aveva continuato a parlare.
Prese un altro sorso di tè, proprio mentre la magia di quest ultimo si sarebbe manifestata nell’ufficio.
Mentre parlava, l’Ispettore Moira Graham avrebbe lasciato il terreno di qualche centimetro, levitando ad un pollice dal parquet, mentre continuava a parlare e bere il Tè di Merlino nella sua calma controllata.
«Durante questo colloquio ho cercato di costringerti a dare opinioni senza filtri su argomenti delicati, senza far suonare la conversazione artefatta.»Il linguaggio del corpo era leggermente cambiato.
Le mani avevano trovato distrazione nella tazza di ceramica, ma il volto si increspava in più accennate rughe d’espressione: era un sorriso quello che aveva represso alla fine delle sue parole?
Improvvisamente parlava di più.
«Ti ho dato l’impressione che quello che stessi esponendo fosse un dato di fatto, una verità assoluta nella carriera di un Auror e darti la falsa riga di un’etica limitata, perché era mio interesse capire fin dove questa - l’etica - aveva importanza per te. La morale di un uomo è alla base di questa carriera, ben più delle sue prodezze in campo magico.»Prese un altro sorso.
«Se possibile alcuni Mangiamorte non vengono uccisi, è vero e non solo per il profitto delle informazioni che ci possono fornire. No. E’ perché noi, Grenger, non siamo loro. La vita ha un valore inestimabile che la magia oscura ha spezzato senza batter ciglio per troppo tempo. Anatemi oscuri, negromanti amanti della carne e del sangue, lotte di supremazia espresse nel sangue … queste e altre fatalità sono espressioni di mancanza di umanità – ed è questa quella che noi proteggiamo.
Hai detto “non vorresti ucciderne nessuno”, pur sapendo che loro non batterebbero ciglio nell’uccidere te.»L’effetto magico del Tè di Merlino perse gradualmente il suo effetto, riportando l’Ispettore con i piedi per terra.
Inclinò il capo di lato, lasciando che la cascata di trecce oscillasse oltre la spalla e il fianco destro.
«Questo mi fa capire che vuoi combattere, che sei pronta a rischiare, ma non vuoi farlo perdendo la tua umanità. E su questo ho un altro quesito.»Con un tonfo sordo, la tazzina venne poggiata sul piattino del servizio.
«Maledizioni Senza Perdono.»Puntellò il dito sinistro contro una delle pergamene sotto il suo sguardo; possibile si fosse segnata una tabella di marcia per quell’incontro?
«Opinioni a riguardo. Parla.»