Faith is my business, Colloquio Auror

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view post Posted on 5/1/2023, 17:26
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Faith is my business.f7601e5662e37b1ebea99a873f863c05Le parve di aver atteso una eternità per quel colloquio.
Nonostante a molti avesse detto che era sicura che l’avrebbero chiamata - «sinceramente non sono neanche preoccupata.» -, che non c’erano dubbi fosse una candidata perfetta - «mi sa che gli auror sono stati creati appositamente per me» -, di notte Mary rimuginava sulla sua candidatura, sulla lettera che aveva scritto, confabulava con il suo gufo per essere sicura che il destinatario fosse stato raggiunto correttamente.
Pensò che potesse essere in qualche modo una prova: una sorta di tortura psicologica per vedere quanto durasse sotto pressione, un primo test da vero auror. E allora, perché «ah, vi ho smascherati», i giorni a seguire li aveva vissuti con più calma, anche con una certa consapevolezza che lei, quel test, lo avrebbe passato. Come aveva passato tutti gli altri test nella sua vita.

Nel silenzio e nella solitudine della sua casa a Londra, tirò un sospiro di sollievo quando un gufo assurdamente professionale raggiunse la sua porta lasciando cadere la lettera di convocazione. Mary la strinse tra le mani, l’aprì con cautela: quella lettera conteneva in qualche modo il suo destino, la strada che avrebbe intrapreso. Fosse stata assunta o meno, quello era uno spartiacque tra l’adolescente che era stata e l’adulta che ambiva a divenire.

Due giorni erano passati dall’apertura della lettera al colloquio. Era attesa per le dieci di mattina nell’ufficio del Capo Auror Rhaegar Wilde. Aveva sentito quel nome delle volte e aveva letto di lui sul Profeta, ma nulla più. E ora, una persona con cui non aveva mai avuto modo di parlare, che non conosceva e che viceversa non sapeva nulla di lei, stava per giudicarla, stava per prendere per Mary – forse con Mary – la decisione più importante della vita.
Non aveva chiesto consigli su come affrontare un colloquio, non voleva ricevere i soliti pacchiani suggerimenti sul dire ciò che l’altro avrebbe voluto sentire. Mary sarebbe stata onesta, sarebbe stata sé stessa e avrebbe accettato se Wilde avesse ritenuto non fosse in grado di ricoprire quel ruolo.
Ma lo era, lo sapeva. O l’avrebbe potuto sapere se avesse fatto uso dei suoi magicosi poteri da divinatrice. Anche quella volta – ancora una – aveva deciso che avrebbe affrontato l’ignoto.

Arrivata nella cabina telefonica, schiacciò con precisione i numeri 62442. «Mary Grenger, ho un colloquio con Rhaegar Wilde tra…sono un po’ in anticipo, è tra venti minuti ma-» dall’altro lato il vuoto, mentre il suo corpo fu spinto al di sotto.
Ricevette la sua targhetta e le indicazioni su come arrivare al Quartier generale degli Auror. Già il nome pomposo la fece sorridere e sulla targhetta con su scritto “visitatore – Mary Grenger” vi s’immaginò la scritta Auror.
Mary Grenger, auror.
Sospirò e si spinse al secondo livello incurante di essere quindici minuti di anticipo. Voleva rendere nota la sua presenza e poi, nel caso, avrebbe semplicemente atteso l’orario prestabilito.
Trovare l’ufficio del capo auror non fu difficile e, arrivata, bussò con delicatezza. Le nocche si scontrarono contro il duro legno tre volte, poi Mary portò le mani in grembo, in attesa.
Respirò con gli occhi chiusi, lasciò andare via dalle sue spalle la tensione accumulata in quelle settimane e li riaprì con determinazione.
Doveva avere fede nei propri mezzi, nella persona che era e che voleva essere.

 
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view post Posted on 7/1/2023, 23:44
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Il Fato

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Caos.
Ecco il comitato di benvenuto per l’impavida Mary Grenger: il tramestio dei dipendenti in entrata ed uscita dal secondo livello, il fruscio della carta che nella forma di aeroplanini incantati attraversava i corridoi e qua e là le urla di qualcuno; chi e perché urlasse non era importante.
Del resto quello era uno dei piani più dinamici del Ministero, la formalità della "gente bene" doveva stringere l’occhio alla necessità.

«Se mi desse qualche giorno in più riuscirei a preparare un'arringa degna per il Tribunale.»
Un Avvomago superò Mary alla sua sinistra, rischiando di urtarla mentre cercava di stare al passo con un altro uomo, ben più in là con gli anni e con l’espressione di chi sembrava essere già al limite della pazienza nonostante fossero da poco passate le nove e mezza del mattino.
«Smith, per carità di Merlino, porta le carte sulla scrivania di Pisciottu o ti tengo qui fino a sera.» Dall’altra parte un altro uomo attraversò rabbioso il corridoio di fronte alla ragazza, rischiando di tagliarle la strada. «Ah, scusi.» Borbottò, prima di deviare in favore dell’Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche.

Superato l’atrio principale e imboccata la strada per il Quartier Generale degli Auror, i rumori si affievolirono per magia, aiutando i nervi dell’esaminanda.
Trovare la porta dell’Ufficio del Capo Auror non era affatto un’impresa.
Le sarebbe bastato fare attenzione alle targhette fuori dalle porte di legno o semplicemente chiedere ad uno degli Auror di passaggio per ottenere l’indicazione giusta.
“Rhaegar Wilde, Capo Auror”

Una volta bussato le bastò attendere.
E attendere.
E … attendere?

Tre minuti dopo non aveva ancora ricevuto risposta.
A difesa dell’eccentrico Wilde, Mary era in anticipo e forse era possibile l’uomo del momento avesse semplicemente organizzato diversamente la sua agenda per poter raggiungere in tempo l’ufficio e non prima.

«Grenger? Mary Grenger?» Oppure no.
Una voce alla destra dell’Aspirante Auror avrebbe cercato di attirare la sua attenzione.
Una donna sulla trentina era poggiata con la spalla contro una delle pareti del corridoio principale. Una spilla da Auror era appuntata al petto.
Le sarebbe bastato ricevere conferma dalla targhetta che l’amministrazione aveva fornito a Mary al suo arrivo, per proseguire annuendo soddisfatta.


Pelle scura, labbra piene e occhi nocciola, la strega osservava dall’alto in basso la candidata.
Indossava un blazer nero, aperto a mostrare una maglia del medesimo colore, alle gambe un paio di jeans affondavano dentro degli anfibi.
Stringeva contro il petto una cartella di pelle nera su cui erano stati fermati alcuni fogli di pergamena. Facendole cenno di avvicinarsi, si sarebbe notata una fondina di cuoio assicurata all’interno del braccio sinistro - la sua bacchetta doveva trovarsi lì.
«Ispettore Graham, uno degli assistenti del Capo Auror Wilde.»
Protese la mano destra verso Mary.
La sua stretta si sarebbe rivelata rigida e ferma, quanto il suo tono di voce.
«Sono qui per il suo colloquio e … lei è in anticipo
Le labbra si strinsero in una leggera smorfia - era intrigata o disapprovante?
Fece spallucce. «Il Capo sta avendo difficoltà a concludere un incontro importante, quindi mi ha chiesto di subentrare e iniziare per lui.»
La mano destra venne passata contro il capo, pettinando le trecce scure, raccolte parzialmente sin una coda lunga abbastanza da pizzicarle metà della schiena.
«Ci spostiamo nel mio ufficio. Nel mentre mi dica: tè o caffè? Latte? Limone? E che opinione ha del sistema di giustizia britannico?»
Il colloquio era già iniziato.
«Le piacciono le ciambelle, vero


Benvenuta nel tuo colloquio.
Le regole sono sempre le stesse: non si modificano i post previa convalida col Master, scrivimi per qualunque dubbio o domanda, divertiti.
In bocca al lupo.
 
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view post Posted on 8/1/2023, 13:02
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Faith is my business.f7601e5662e37b1ebea99a873f863c05L’attesa, poi, le parve aumentare sempre di più.
Avesse dato ascolto al nervosismo, avrebbe potuto pensare che tutti quei segni, sommati tra loro, portassero ad un presagio negativo. Che forse era una sorta di segno del destino, qualcosa a che fare con la possibilità che lei, l’auror, non doveva farlo. Forse doveva darsi al quidditch, forse doveva farsi assumere al Piediburro fino alla vecchiaia, arrivare a dirigerlo.
Fortunatamente, al nervosismo non diede ascolto. Ma, piuttosto, rivolse il corpo al corridoio, agli uffici in giro, alle persone.
«Non si preoccupi.» si affrettò a rispondere ad un signore che l’aveva leggermente urtata. Era stata così determinata ad arrivare alla porta del Capo Auror, così concentrata che poco si era accorta di ciò che le stava succedendo intorno. Il piano era in subbuglio. Le parve ovvio che il lavoro fosse tanto e non stentava a crederci in un ambiente importante come quello.
Deglutì, allora, riflettendo su come si fosse gettata in qualcosa che poteva essere o meno più grande di lei.
Con lo sguardo nuovamente sulla porta di Wilde, le orecchie nel tentativo di percepire un singolo rumore, Mary sentì il suo nome pronunciato da qualcuno alla sua destra.
La donna era bellissima, fu ciò che notò subito. «Proprio io.» Accennò un sorriso, il corpo già in movimento per coprire la distanza tra le due. Nel percorrere i pochi passi che le separavano, Mary notò la spilla appuntata al petto: un auror, quindi. Poi, con occhio quanto più discreto possibile, cercò di assorbire quante più informazioni possibili da un primo sguardo: vestita come se potesse essere chiamata all’azione in ogni momento, una fondina di cuoi nascosta sotto al braccio – dev’essere la bacchetta – ed una cartellina.
Ispettore Graham. Allungò la mano a sua volta, strinse quella dell’altra con meno vigore: il polso rigido, la mano accostata con delicatezza. Le avevano detto che ai colloqui le strette di mano erano metà del successo, che si doveva essere rigidi e risoluti. Non era quella l’impressione che voleva dare. «Ah, ispettore Graham.» testò nella sua bocca quel titolo, se tutto fosse andato a buon fine si sarebbe ritrovata ad usarlo più volte al giorno. «Piacere di conoscerla.» un sorriso sghembo allungato leggermente sulla destra. Cordiale ma discreto.
Non sapeva se fosse un bene o meno che fosse lei ad occuparsi del colloquio. Gli assistenti, lo sanno tutti, tendono a mettere di più sotto pressione rispetto ai loro capi. È comprensibile, comunque: anche loro vengono analizzati allo stesso modo.
«In tal caso, può darmi del tu e chiamarmi Mary, se vuole.» cercò negli occhi dell’altra l’intenzione di fare ciò, cercava di comprendere quanto sarebbe stato formale il colloquio. «Non so se scusarmi per essere in anticipo.» inclinò di poco la testa, cercando di capire l’entità della smorfia dell’altra. «Ma preferisco essere io quella ad aspettare, piuttosto che gli altri. E poi-» fece un tentativo, allora. «-la puntualità è la più nobile forma di cortesia. Essere in anticipo mi rende solo più cortese, immagino.» lo aveva letto da qualche parte, comunque. Mantenne lo sguardo dell’altra per una reazione.
Fece comunque per seguirla: prima con lo sguardo, a cogliere il movimento della sua mano, poi fisicamente verso l’ufficio.
Mantenne il passo dell’altra, entrambe le mani nelle tasche del cappotto.
«Non ho davvero una opinione, temo.» fu la prima volta che si pentì di non aver seguito i suggerimenti dei suoi amici, a quel punto. Forse un po’ di preparazione era doverosa. «Vede, fin quando sei ad Hogwarts sei così tanto protetto da quell’ambiente da non renderti conto di ciò che succede all’esterno. Poi, uscita dal sistema scolastico ho lasciato il Paese e-» si fermò a quel punto. Ritornò alla conversazione avuta con Ariel quand’era appena tornata, all’incidente ad Hogsmeade. Ricordò allora di aver cercato l’articolo del Profeta.
«Sa, ho letto l’articolo su Ford Betterson recentemente.» con cautela cercò nell’altra una reazione, ma pesò anche attentamente le sue parole visto quanto delicato fosse l’argomento. «Mi dispiace. Dev’essere stato difficile per tutto il Quartier generale.» aggiunse con delicatezza. Aveva chiaro dove volesse arrivare nominandolo, ovviamente. Non voleva lasciare nulla al caso – che, da divinatrice, stentava a credere esistesse. «Penso che il sistema sia imperfetto. No, penso che il sistema abbia fallito e che le quaranta famiglie delle vittime possano concordare con me.» la mano destra, nascosta nella tasca, si era chiusa a pugno. L’ultima frase, nonostante pronunciata con lenta tranquillità, conteneva una nota sentimentale.
«Il caffè va bene, grazie. E certo che mi piacciono le ciambelle, non piacciono a tutti?» lasciò che l’emozioni tornassero al loro posto. Voleva chiedere all’altra cosa ne pensasse, voleva sapere il punto di vista di un vero auror sulla faccenda, ma si trattenne. Forse avrebbe avuto un’altra occasione dopo.

 
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view post Posted on 9/1/2023, 16:53
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«Va bene.» Sciolta la stretta, la mano si mosse per fare cenno all'esaminanda di seguirla. «Per ora puoi chiamarmi semplicemente “Ispettore”.»
Indugiò ancora un attimo con lo sguardo sulla sua figura, prima di voltarsi e riprendere a muoversi.
«O rende più scortese chi è in orario?» Mancava d'irritazione o sdegno nella voce, esprimendo più interesse sull'argomento che una critica all'opinione altrui.
Si fermò più o meno a metà del corridoio, dove una targhetta color oro riportava il nome “Moira P. Graham. Ispettore Auror”
Sospinse la maniglia, lasciando spalancare la porta e varcando la soglia.
«Chiudi pure la porta.»
Avrebbe detto, mentre abbandonava sulla scrivania la sua cartella dei documenti, avendo cura di riporla a testa in giù, celando a occhi curiosi il contenuto delle pergamene.

Il pavimento era quasi totalmente coperto da un unico tappeto persiano i cui colori avevano da tempo perso la loro intensità: al centro un uomo in armatura e spada lunga si gettava, a cavallo di un leone, contro la gola di una manticora.
Perfettamente opposta alla porta d'ingresso era stata posizionata una massiccia scrivania di legno scuro gremita di fogli di pergamena, taccuini, libri e registri.
Dietro questi una poltrona di pelle era poggiata contro un’ampia finestra incantata che mostrava una vista sul Tamigi.
Le pareti erano tappezzate da scaffalature e bacheche di sughero: nelle prime erano custoditi registri numerati e libri di trasfigurazione, incantesimi e diritto magico, nelle seconde erano state affissi volantini e foto di Mangiamorte, ritagli di giornale di cronaca nera e mappe delle zone di Londra e d'importanti città del Regno di Unito.

In un momento non definito dal suo ingresso, l’Ispettore Graham aveva estratto la sua bacchetta dalla fondina e l’aveva puntata verso il camino alla sua sinistra, richiamando alcune fiamme nel mezzo del circolo di cenere e legno.
«E’ vero. La vita accademia può risultare straniante per molti giovani diplomati, non a caso parte dei nostri Auror ha avuto accesso all'addestramento solo dopo aver prestato servizio sul campo come Antimago.»
Moira non cercava il contatto visivo. Il linguaggio del corpo rilassato e la flemma nella voce suggerivano self-control e calma.
Occasionalmente il silenzio veniva spezzato dal clangore delle ceramiche, mentre cominciava a ridistribuire il set sulla scrivania, facendosi spazio con le mani fra i rotoli di pergamena.
«Mh.»
Ford Betterson.
Si limitò ad annuire lentamente, stringendo le labbra fino a formare una linea rigida.
«Affermi di non avere un’opinione sul nostro sistema, ma senti di poter dire di trovarlo fallimentare; non lo trovi contraddittorio
Sollevò lo sguardo su Mary, tenendo il sopracciglio destro sollevato.
«Non possiamo riportare indietro le vittime, ma possiamo impedire che il numero aumenti. Betterson è ad Azkaban e molti dei suoi collaboratori sono stati fermati.» Uccisi. «Eppure, sostieni che il sistema sia imperfetto. E’ un’affermazione molto grande: dii di più, contestualizza; la filosofia non basta.»
Aveva atteso poco per incalzare Mary sulle sue stesse parole. Mantenne il contatto visivo per tutto lo scambio, battendo a malapena le ciglia nello scrutare l’ex Grifondoro. Si voltò solo quando si riprese a parlare di cibo.
«Apri la scatola sulla copia di Scacco alle Arti Oscure. Prendine quante ne vuoi.»
Con ancora la bacchetta in mano le indicò uno degli scaffali vicino all'ingresso: una confezione cartonata era poggiata su alcuni libri e riportava sul dorso il logo di un locale babbano nei pressi degli ingressi per il Ministero.


 
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view post Posted on 10/1/2023, 18:03
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Faith is my business.f7601e5662e37b1ebea99a873f863c05«O rende più scortese chi è in orario?»
«Parole sue, ispettore.» seguì con tono delicato, senza sentire il peso di quello scambio. Pensò che da lì a poco le cose sarebbero diventate sempre più serie, tanto valeva godersi gli attimi di leggerezza che poteva cogliere nel loro scambio.
Cercò di rinsavire dal momento di distrazione iniziale: da lì in poi avrebbe tentato di cogliere tutto ciò che i suoi occhi e le sue orecchie potevano captare. L’ambiente intorno a sé, i cambi nel tono di voce dell’altra, le sue posture. Non necessariamente per trarne un vantaggio, ma per inclinazione personale e semplice piacere.
Era brava in quello: capire gli altri era un’arte che le veniva piuttosto naturale. Mettere insieme pensieri coerenti e farli uscire dalla sua bocca senza saltare a conclusioni affrettate: ecco, quello le risultava più difficile.

Si fermarono con naturalezza a metà corridoio. Spostò la testa verso destra per leggere la targhetta dorata. Questa recitava “Moira P. Graham. Ispettore Auror”.
«Per cosa sta la P.?» chiese subito, mentre nella sua testa rifletteva sulla giovane età della donna. Ispettore a cosa, trent’anni? Doveva essere uno di quei casi di bambino prodigio o simili.
Diede le spalle all’altra giusto il tempo di chiudere con un gesto fluido e fermo la porta – ai suoi ordini, capo – poi, nel voltarsi, assorbì a grandi linee la stanza. Cercò di non restare imbambolata sull’uscio: nello spingersi in avanti, i suoi occhi si occuparono con attenzione di assimilare tutto ciò che potevano.
I suoi piedi calpestavano con leggerezza un tappeto un po’ troppo vecchio, gli occhi raggiunsero velocemente l’elefante nella stanza. No, non un elefante: un leone che reggeva un uomo in armatura che si spingeva verso una manticora.
Distolse lo sguardo, poco attratta da quella forma d’arte? Non sapeva definirla altrimenti.
Gli scaffali contenevano libri, tanti e poteva immaginare, senza lasciar che gli occhi indugiassero troppo, inerenti alla difesa contro le arti oscure o ad incantesimi. Fu la bacheca che attirò la sua attenzione a tal punto da spingersi di un paio di passi in quella direzione.
Aveva tentato di essere discreta – e forse vi era riuscita – ma rifletté, nel momento stesso in cui il suo corpo si era spinto in quella direzione, che forse quel semplice gesto l’aveva tradita. E, malgrado ciò, i suoi occhi rimasero sulle foto dei mangiamorte, sui ritagli di giornale, sulle mappe che si spingevano oltre Londra.
Le foto dei mangiamorte, poi, le diedero brevemente a pensare all’Ordine: comunque fosse andato quel colloquio, lei la sua battaglia per il bene l’avrebbe comunque combattuta.
«Non tutti, però.» lo sguardo si allontanò finalmente dalla bacheca, mentre Mary con calma tolse il cappotto e lo appoggiò sulle sedie. «Immagino abbia senso per alcuni.» si accomodò nella sedia a lei più vicina. «Le confesso che avrei trovato la carriera di antimago limitante. Io ho ben chiaro quali sono le forze a cui vorrei oppormi.» non poteva aggiungere altro senza dar via troppe informazioni sulla sua militanza prima nell’Esercito e poi nell’Ordine. Accavallò la gamba destra sulla sinistra e portò le mani in grembo. Stava andando bene? Temeva di dire le cose sbagliate, di concentrare la sua attenzione su dettagli irrilevanti.
Non voleva perdere neanche una virgola di ciò che le diceva Moira, eppure era lei, Mary, che stava subendo il colloquio. Doveva ricordarlo.
E, se fino a quel momento poteva aver fatto finta che quella fosse una conversazione e null’altro, lo scambio seguente quasi la terrorizzò. Sentì allora di essere giudicata e si trattenne dal deglutire, mantenendo a sua volta il contatto visivo con l’altra.
Trovò la reazione dell’altra dura ma ragionevole: aveva probabilmente toccato un nervo scoperto ma non era di certo compito suo porre rimedio ad un errore che loro stessi avevano probabilmente commesso. «Ha ragione, lo è.» mantenne lo sguardo dell’altra ancora un secondo, poi indirizzò i suoi occhi verso gli scaffali senza mettere davvero a fuoco ciò che c’era lì. Non le piaceva la gente che pur di non ammettere di aver sbagliato si arrampicava sui gargoyle. «Sa cosa ho pensato quando ho letto l’articolo?» ritornò con lo sguardo su Moira e continuò il discorso dopo un secondo. «Da quanto tempo Betterson stava pianificando quell’attacco?» si spinse leggermente in avanti. «La gazzetta fa riferimento ad un incontro avvenuto due anni prima con Cassandra Reeve. Due anni.» ripeté quasi a sé stessa. «Questo significa che Betterson ha avuto due anni di tempo per mettere insieme una squadra e procedere all’attacco ad Hogsmeade e chissà quanti altri, se non fosse stato preso.» a ciò seguì una pausa che si assicurò fosse breve. La faccenda di Ford aveva avuto più peso di quanto si aspettasse sulla sua decisione di divenire Auror: un ex-grifondoro che a 21 anni entrava nel corpo di difesa più importante che tradiva i suoi stessi colleghi, il suo stesso Paese.
Non sapeva come porre i pensieri che le passavano per la testa. «Ecco, forse è qui che l’ho trovato imperfetto. Sono felice che siano stati fermati e mi creda, piena di gratitudine per il lavoro che gli Auror hanno fatto dopo. Ma è questo il punto: lo hanno fatto dopo. È possibile che in due anni nessuno si sia accorto di nulla?» Era frustrante anche per lei che di quel gruppo non ne faceva parte. E di quella frustrazione una minima parte fu possibile ritrovarla nella sua domanda finale.
Non voleva criticare il sistema ma allo stesso tempo si stava ritrovando a farlo. Mossa geniale in un colloquio per entrare suddetto sistema Mary, grandioso.
Giocò con le mani in grembo, poi ritornò con il corpo verso l’indietro, la sedia a fermare il suo movimento.
Il collo inclinato si spinse verso la scatola delle ciambelle, Mary lo aveva notato prima senza particolare voglia. «Magari dopo, se non le dispiace.» le parole successive morirono sulle sue labbra. Cosa ne pensa lei, Moira?
Ma era lei ad essere sotto scrutinio, non l’ispettore.

 
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view post Posted on 10/1/2023, 20:21
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Le labbra si strinsero in una smorfia che lasciava presupporre un emozione negativa: era irritazione? Forse quella semplice domanda aveva toccato la sua sfera personale più del dovuto?

Eppure, poco dopo la bocca si tese nel verso opposto, accenando un sorriso che seppur labile esternava una punta di divertimento. «Puabi.»
Si umettò lentamente le labbra, prima di inclinare il capo di lato e scoccare un’occhiata bieca alla ragazza. «Lo so. E’ antico.» La fermezza nella voce si incrinò, nonostante l’autorevolezza non fosse stata messa da parte.
Non le sfuggì l’interesse di Mary sulla bacheca, tanto da indugiare lei stessa sui volti lì affissi.

La maggior parte riportavano foto in movimento scattate delle autorità di Azkaban o dai Reporter della Gazzetta: alcuni erano criminali riconosciuti, fuggiaschi e altri già assicurati alla giustizia da anni, adirati nella loro cornice di carta. Uno di questi, tale “Robert Zegers Sr.”, si era voltato verso l’aspirante Auror e aveva snudato una chiostra di denti marci in un ringhio muto. Quando allungò il collo di inchiostro verso di lei, mimando un morso per intimorirla, Moira riprese a parlare con rinnovata flemma di calma, controllo e distacco.
«Ha ucciso due famiglie babbane in una notte collezionando da loro numerose parti del corpo.»
Schioccò la lingua contro la parete del palato, mentre si voltò per richiamare da uno dei mobili un vassoio.
Tintinnando, un set di ceramiche bianche arrivò fluttuando verso la scrivania, prendendo posto sulle pile più basse di documenti e registri rilegati.
La teiera più grande venne sollevata e portata a mano su una piccola griglia poggiata ad un lato del camino, molto simile a quelle usate per sostenere i calderoni in peltro, ma più piccola.
«Lo abbiamo arrestato mentre cercava di consumare del tessuto muscolare; negromanzia, immagino, o semplice follia. La magia oscura tocca il suo incantatore più di quanto i civili si possano aspettare.»
Scosse leggermente il capo, facendo danzare contro la schiena e il collo le trecce scure.

«Oh, quindi tu sei un aspirante eroe, Mary?»
Si voltò a guardarla.
Il tono di voce non si sforzò minimamente di mascherare il sarcasmo.
«Gli Antimago ci permettono di concentrarci su una branca precisa di criminali e dare priorità ad una categoria di crimini che richiedono un addestramento specifico. Questo rende molti di noi convinti di stare compiendo un mestiere più grande, grosso e pericoloso, di essere migliori
La bacchetta di legno chiaro venne rigirata fra le dita e poi portata nella mano destra a tamburellare la punta del mento. «Lo pensi anche tu? Per questo non vuoi essere limitata come tutti gli altri? O hai motivazioni più nobili? Solitamente sono i figli delle vittime ad essere i più agguerriti nella loro lotta contro il male, molti miei colleghi hanno perso la propria famiglia da giovani come te, Mary. Pensi forse che questo lavoro sia il più adatto per te per questo? Che ti sia dovuto?»
La calma con cui si esprimeva nel toccare argomenti così delicati e l’accenno quasi di divertimento nel sottolineare la posizione della sua esaminanda potevano mettere a dura prova i nervi di molti interlocutori.
Mary aveva scelto la discrezione, ma l’Ispettore Graham evidentemente preferiva un approccio diverso.


Parlare di Betterson la portò ad annuire lentamente, dando segno alla ragazza di proseguire nel suo discorso. La ascoltò in silenzio, prendendosi qualche attimo prima di rispondere.
Umettò le labbra e poi portò la bacchetta più in alto, insediando il legno fra i ricci e lasciando il catalizzatore incastrato nella chioma.
«Meno di due anni, ipotizzo, ma sì. Sarebbe altamente improbabile che un gruppo di terroristi così attenti ai dettagli riesca e decida di circuire un Auror addestrato e farlo diventare parte dei propri piani d’azione in poco tempo. Eppure, ciò che dici ha un fondo di verità che non possiamo ignorare: Betterson era una falla nel sistema, un neo in un quadro pulito. E’ per questo che rischia la condanna al Bacio. La pena ultima e il segno distintivo di come il tradimento non venga preso alla leggera. Il minimo riscatto che possiamo dare alle famiglie. Concordi?»

Il discorso stava toccando non solo opinioni politiche, ma anche sociali: da tempo la società era divisa fra chi sosteneva il valore della pena di morte tramite intervento dei Dissennatori e chi la descriveva come una barbarie; la Gazzeta del Profeta tentò di porre luce sull’argomento pochi anni addietro, attirando lo scontento generale dei giuristi più impegnati nel settore al Ministero.
Moira d’altra parte sembrava aver reso chiara la sua opinione.
«Quindi ad ora hai detto di trovare il sistema fallimentare e il danno causato da Gli Artigiani la sua conferma. Eppure, sei qui. Hai chiesto di diventare recluta di un sistema con dei difetti. Come mai? Mancanza di alternative? Un sogno che coltivi dall’infanzia che vuoi realizzare comunque? Pensi di poter fare la differenza?»
Inclinò il capo di lato, squadrandola dall’alto. Era evidentemente incuriosita.


 
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Faith is my business.f7601e5662e37b1ebea99a873f863c05Il sorriso dell’altra le provocò un istantaneo calore all’altezza dello stomaco, una piccola soddisfazione nell’aver resa l’altra sorridente, almeno per un attimo. «Puabi» ripeté a voce bassa, un sussurro per sé stessa. L’irritazione dell’altra, in un primo momento, non era passata inosservata. Per tale motivo, nonostante la forte curiosità che stava già producendo in Mary molteplici domande – antico quanto, cosa significa, chi lo ha scelto – la ex-grifondoro lasciò perdere. Lasciò che un «trovo sia molto elegante» ponesse fine a quella fetta di conversazione. Rifletté che la curiosità è un pregio, solitamente, ma va anche tenuta a bada in certi casi. Dev’essere chiaro quando può essere usata a proprio vantaggio, quando fa piacere subirla e quando invece è meglio lasciar correre.

Le figure sulla bacheca si muovevano, producevano smorfie paurose, occhiolini inquietanti. Uno aveva mimato l’atto di un morso. I suoi occhi fissi in quelli di Mary non tentavano neppure di celare l’orribile cattiveria, il male che contenevano. Se l’azione l’aveva spaventata, non lo aveva dato a vedere. L’atto in sé non la portò ad indietreggiare, nonostante avesse percepito un sussulto al cuore per l’evento inaspettato.
«Quindi usava le parti del corpo solo per cibarsene?» chiese all’altra, ora seduta e poi con gli occhi a seguire per un breve lasso di tempo il movimento della teiera sul camino, sentire il particolare rumore scoppiettante della legna. «Non aveva altri intenti?» lo sguardo su Moira sembrava attento, quando in verità Mary stava scavando nella sua mente per un ricordo, un nome. «Non poteva creare gli Inferius con quelle parti o il corpo va lasciato intatto per quel tipo di incanto?» sentiva di sapere in parte la risposta, ma non si permetteva di proferir parola su cose di cui non era sicura al cento per cento.

«Oh, quindi tu sei un aspirante eroe, Mary?» notare il sarcasmo nella voce dell’altra era facile, anche semplicemente per il fatto che Moira non lo stava affatto nascondendo. Al contrario, voleva che Mary sapesse dell’assurdità di quel pensiero. Avesse avuto ancora quindici anni, si fosse trovata ancora nei corridoi di Hogwarts, avrebbe ribattuto con veemenza, avrebbe lasciato che i sentimenti offuscassero i suoi pensieri. Lasciò invece che l’ispettore ponesse le sue domande, rivangasse la morte dei suoi genitori come se stesse scegliendo il gusto del tè, come se stessero dibattendo su quanto zucchero mettere nel caffè. Rimase immobile nella sedia, le gambe accavallate, le spalle leggermente tese. Le mani, congiunte in grembo, mostravano l’unico segno emozionale: strette tra loro, quasi nascoste dalla gamba destra.
Fece uno sforzo per capire il punto di vista dell’altra, per comprendere le motivazioni per la quale si stava ponendo in tal maniera nei suoi confronti. D’altronde, era chiaro che successivamente a quanto successo con Betterson, i colloqui sarebbero sempre stati così tesi, così accusatori. Cosa differenziava Mary da Ford, poi? Entrambi grifondoro, entrambi giovanissimi, entrambi aspiranti combattenti per il bene.
Eppure, rimase irritata da quelle provocazioni, dalle accuse. Per il tipo di persona ch’era sempre stata, per quello che voleva diventare, per gli ideali che coltivava, sentirsi accusare così poteva farle rivalutare tutto.
Ma con sicurezza lasciò che l’irritazione fosse l’unico sentimento a poterla toccare e scacciò via il dubbio di non essere abbastanza, il dubbio di farlo per motivazioni sbagliate. «Che la morte dei miei genitori sia un incentivo alla mia domanda per questo lavoro beh, non posso negarlo.» iniziò con calma, dando peso e attenzione alle parole che stava pronunciando. «Sa quante volte ho sognato di uccidere io stessa quei mangiamorte? No, di più. Volevo soffrissero come ho sofferto io.» il tono leggero, come se stessero ancora parlando di quale bevanda scegliere. «E poi, un giorno, ho smesso.» lasciò che la gamba destra affiancasse nuovamente la sinistra, i piedi saldamente al suolo. «Ed è proprio quando ho smesso di avere pensieri vendicativi che ho capito di voler fare l’Auror. Quando ho smesso di pensare che al male si reagisce con altro male, quando ho realizzato che il passato non può essere cambiato ma che possiamo sforzarci di migliorare il futuro. Io non penso di essere un eroe, Ispettore.» le mani allentarono la presa tra loro e Mary si assicurò di mantenere il contatto visivo con l’altra per tutto il suo intervento. «e di certo non penso mi sia dovuto. Se io fossi ancora la ragazza che vuole uccidere quei mangiamorte le direi che no, questo lavoro non fa assolutamente per me. Ma non sono più quella persona e non mi ci rivedo più da tempo.»

Seguì la punta della bacchetta dell’ispettore scomparirle tra i capelli, le guardò le labbra umide. Ritornò ai suoi occhi per concentrarsi su ciò che le stava dicendo.
Era difficile porsi con lucidità sull’argomento. Il Bacio dei Dissennatori era qualcosa che da sempre la turbava profondamente. Era un dibattito a cui preferiva non prendere parte, ma piuttosto assorbire i punti di vista degli altri e tentare di capirli. La verità è che lei non era d’accordo e il dibattito nella sua testa non era tanto sulla sua posizione, ma su quella dell’altra. L’ispettore, le pareva chiaro, era d’accordo con quella barbara pena di morte. Mary no.
Ed era in momenti come quelli che doveva capire che tipo di persona era. Una persona che pur di farsi assumere sarebbe stata accondiscendente, o una persona che preferiva restare fedele a sé stessa e rischiare di non mettere mai più piede al ministero se non per venire a trovare degli amici? «è un argomento così delicato che mi è impossibile concordare a pieno.» iniziò con cautela ma mai con timore. Si era detta prima di entrare al Ministero che da lì sarebbe uscita la stessa persona, non sarebbe andata via con pezzi mancanti. «Vede, io non credo che il Bacio sia necessariamente la soluzione. Dubito che alcuni di loro possano essere rieducati e rimessi in società, sia chiaro. Ma l’idea di una vita tolta mi turba molto. E lo so cosa potrebbe dirmi lei-» si fermò, un leggero sorriso a dipingerle il volto. «Cos’è una vita rispetto alle quaranta già tolte?» lasciò che la domanda rimanesse lì, nello spazio tra i loro corpi. «Ma il Bacio non riporterà in vita i morti. Io non ne trarrei alcuna gioia se le persone che hanno ucciso i miei genitori lo ricevessero. Mi ritroverei solo a pensare alla sofferenza che altri proverebbero per questa azione.» a quel punto, lasciò che le emozioni salissero in superficie. Esalò un respiro un po’ più lungo che le scosse con delicatezza il corpo. Era una leggera frustrazione. «Io non voglio vivere in un mondo di violenza e sofferenza. Ed è per questo che voglio fare l’Auror.» esordì poi con una ritrovata sicurezza. Le spalle le si irrigidirono, lo sguardo assunse una sfumatura ora più seria. «Non perché ho capacità che gli altri non hanno, non perché penso di essere un eroe o perché mi sia dovuto. Non penso di poter fare la differenza per la mia nobiltà d’animo, ispettore, questa è comune a tutti gli Auror, posso immaginare.» si fermò solo un secondo, riprese il respiro. «Penso di poter fare la differenza perché io ci credo in un mondo migliore, perché credo nelle mie capacità di mettermi a disposizione delle persone, nelle mie abilità. E perché io lavoro seriamente, ispettore. Non ho l’illusione di essere assunta e finire in due giorni a combattere maghi oscuri come se avessi quel livello di esperienza. Io guardo, eseguo gli ordini, assorbo i consigli e mi metto al lavoro per fare la mia parte nel creare un mondo in cui andare ad Hogsmeade non significa morire.»
La gamba destra tornò al suo posto sulla sinistra, le mani tornarono in grembo, la voce, che per un attimo aveva lasciato trasparire troppo orgoglio, troppa passione, ritornò alla sua neutralità. «Per questo motivo sto facendo richiesta per entrare in un sistema che io trovo difettoso, Ispettore. Non perché penso da sola di poter fare la differenza, si figuri. È che io voglio essere parte del gruppo che si impegnerà a farla.» La persona che sarebbe diventata.

 
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view post Posted on 16/1/2023, 13:57
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«Sì e no.» La mano sinistra venne scossa in un accennato oscillare a destra e a sinistra, mentre ancora china sul set da tè, estraeva una bustina da un contenitore ermetico per poggiarla sulla sua tazzina. Eseguiva ogni movimento con grande cura, raddrizzando l’etichetta di cartone e il filo di cotone. Mary non avrebbe avuto affatto fatica a riconoscere i colori e il logo di Madama Piediburro per cui aveva lavorato per anni.
«Era possibile la creazione di Inferius: anche un corpo parzialmente decomposto può muoversi se animato dalla magia; non è una gamba spezzata a fermare l’intenzione di uccidere. Ma no, puntava ad altro.»
Non disse altro, limitandosi a scivolare oltre la scrivania in favore del camino. Si fermò con la schiena contro lo stipite della finestra incantata, estraendo dall'intreccio dei capelli la bacchetta per richiamare la teiera di ceramica e condurla fluttuando sopra la sua tazza, versando una generosa quantità di acqua calda.

Moira studiò Mary dall'alto della sua posizione, braccia conserte nella sua posizione di vantaggio. Per qualche secondo solo il rumore dell’acqua e il tonfo della ceramica riposta riempirono l’ufficio.
Quando le parole cominciarono a lasciare la bocca dell’esaminanda, la sua unica reazione fu quella di riporre nuovamente fra le trecce il catalizzatore e osservarla.
Fredda, distaccata e attenta, apriva e chiudeva a malapena gli occhi, non volendo perdere un dettaglio di quell'interazione.
«Perché.» Il tono autoritario aveva smussato l’interrogativo della domanda, portandola poco dopo ad aggiungere una specifica. «Perché hai smesso?»
Una leggera ruga d’espressione aveva fatto capolino fra le sopracciglia, al centro della fronte, in un cipiglio interdetto che lasciava trapelare curiosità.
«Quindi non vorresti ucciderne nemmeno uno?» Sembrava non crederle. Strinse le labbra l’una contro l’altra. Inclinò il capo di lato, allentando la presa delle braccia conserte contro il petto.
«Come si reagisce al male, Mary? Se dovessi scontrarti con un mago oscuro pronto a scatenare maledizioni senza-perdono, anatemi ignobili, come pensi di ribattere? Tattica, strategia e tempra a volte non sono abbastanza. Pensi basteranno gli incantesimi che hai imparato al Club dei Duellanti ad Hogwarts?» Umettò lentamente le labbra, pronta ad aggiungere altro.


Avrebbe atteso che la donna di fronte a lei finisse il suo discorso prima di decidere di incalzare ancora, lasciando che le proprie parole venissero colte e assaporate dall'ex-Grifondoro.
Al sorriso reagì con un sopracciglio sollevato. Non sembrava arrabbiata, quanto compiaciuta: è probabile che Mary avesse perfettamente predetto cosa stava per dire. Cos'è una vita rispetto alle quaranta già tolte?
«La carriera dell'Auror è violenta. Causa dolore a te e alle persone con cui ti interfacci: nessun lavoro in questo livello può venire mandato avanti senza che qualcuno ne soffra.» Si sarebbe finalmente mossa, ritornando alla scrivania e stavolta scostando la sua poltrona per prendere posto.
L’acqua nella tazza di ceramica aveva assunto un particolare colore blu cobalto. Avvicinò per il piattino il bicchiere, aggiungendo a questo un piccolo pungiglione zuccherato estratto con un cucchiaino dalla zuccheriera del vassoio.
«Sei consapevole seppur alla lontana della pesantezza del mestiere? A volte uccidere potrebbe essere inevitabile, Mary: se non privando un uomo del respiro, lo farai privandolo della libertà. Azkaban ti consuma. Se non sarà la tua bacchetta direttamente a farlo fuori, sarà la pena che gli verrà inflitta con o senza il Bacio dei Dissennatori. In un modo o nell’altro è difficile che tu incontri un Auror che non è stato complice della morte di qualcuno. Ti andrebbe bene comunque?»


 
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view post Posted on 20/1/2023, 17:26
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Faith is my business.f7601e5662e37b1ebea99a873f863c05Madama Piediburro.
Sul suo volto le labbra si schiusero e, difatti, produssero un piccolo sorriso. I ricordi che la legavano a quel locale erano molteplici e per lo più felici. Ed erano, quasi tutti, legati ad Oliver Brior e ai suoi sentimenti verso l’uomo.
Ciò nonostante, il sorriso si trattenne sul suo viso per un tempo molto breve, così come il suo vagare nei ricordi. L’attenzione era tutta per Moira: ne seguì i passi, l’andamento del corpo, la vide appoggiarsi alla finestra, far volare la teiera fino alla tazza. L’ascoltò attentamente, anche quella volta a valutare se fosse stato il caso di insistere, chiedere di più, o semplicemente fermarsi lì.
Le venne spontaneo domandarsi quanto di quel colloquio stesse seguendo i piani dell’ispettore. Tutte le interazioni che avevano avuto, tutte le domande che Mary aveva posto, erano già state previste dall’altra? Stava davvero avendo una conversazione con Moira o questa stava solo seguendo uno schema già deciso?
Lasciò che la conversazione proseguisse, che si spostasse su altro. Sarebbe tornata sull’argomento degli Inferius alla fine del colloquio per una genuina curiosità e non perché ci teneva a mostrarsi tale. Mary non era intenzionata a mostrare nulla, benché meno un’adulatrice per un posto al Ministero.

Di certo, l’ispettore era brava in quel gioco di ruolo. Mai, neanche per una volta, si era sentita in qualche modo alla pari – figuriamoci superiore – all’altra in quel confronto, sotto qualsiasi punto di vista. Mai, neanche per una volta, aveva percepito la loro come una conversazione, come uno scambio di idee. Sapeva che ogni suo ragionamento era meticolosamente analizzato, che ogni sua parola era scrutinata con cautela. Le capitò di pensare anche che Moira volesse che la cosa le fosse estremamente chiara. Il modo in cui si muoveva lentamente, il modo in cui la studiava e osservava, ribatteva con veemenza a ciò che Mary diceva. I ruoli erano chiari e andavano rispettati.
«Non vorrei ucciderne nessuno, Ispettore. No.» aspettò che l’altra finisse di parlare prima di ribattere, con calma. Il collo girato verso la sinistra, le mani ancora incrociate in grembo, il viso leggermente alzato per raggiungere lo sguardo dell’altra. «Perché non voglio che sia la mia motivazione, non per questo lavoro.» si fermò un attimo, allora, dando peso alle sue parole, valorizzandole. Voleva continuare ad essere chiara come lo era stata prima, voleva far capire fino in fondo a Moira che persona fosse. «Ma il fatto che io non voglia non significa che non lo farò. Se sarà necessario, se non avrò altro modo di difendere chi mi starà vicino, di difendere la mia persona, allora lo farò. Ma vede, non è solo una scelta etica, la mia…» continuò, la lingua che veloce raggiunse le sue labbra, deglutì appena per buttar giù la saliva. «Un criminale, un mangiamorte, non ci è più utile vivo? Non sono più importanti le informazioni che può fornirci?» fornire, a noi. Noi, auror. «Un mangiamorte ad Azkaban disperato e collaborativo non è forse meglio di un mangiamorte – perdoni il gioco di parole – morto?»

Ancora una volta, lasciò che i movimenti di Moira intervallassero la loro conversazione e, approfittando di quegli attimi, Mary si occupò di prendere aria. Stava parlando molto, come si era aspettata o forse anche di più. Seguì la poltrona spostarsi, ne registrò il suono. Osservò il quantitativo di zucchero scomparire nella tazza dell’altro e ne approfittò per cambiare nuovamente posizione sulla poltrona: con calma accavallò la sinistra sulla destra. Giocò con l’anello girandolo di tanto in tanto tra indice e pollice.
Con quella domanda le parve che l’aria fosse cambiata, che forse Moira avesse già quasi completamente preso una decisione, che da quella sua risposta poteva uscir fuori il risultato del colloquio.
Poteva dire di tutto ed essere credibile, ma ancora una volta scelse la sincerità.
«No.» ammise, elaborando subito dopo. «Dubito di esserne pienamente consapevole. Penso sia qualcosa che realizzerò se e quando lasciò che un leggero sorriso le raggiungesse gli occhi, mentre lo sguardo si focalizzava su Moira. «-diventerò Auror. Penso sia difficile essere davvero consapevoli dell’enormità della cosa.» Per un attimo lasciò che gli occhi vagassero per la scrivania: tra le scartoffie, la teiera, la tazza e il fumo che ne usciva leggiadro. «Io non ho paura di soffrire. Vede, lei avrà letto della mia vita, di ciò che ho perso.» gli occhi raggiunsero la cartellina ancora chiusa sulla scrivania, quasi dimenticata ma mai del tutto. Poi, tornarono su Moira. «Ma ho paura della sofferenza degli altri. Mi devasta, vede, l’idea che qualcuno possa star male. Ma è la ragione stessa per cui sono qui, questa: per aiutare a porvi rimedio.» Le spalle le si alzarono per via dell’ampio respiro che stava prendendo, che era di consapevolezza, di assunzione di responsabilità nella scelta che stava per prendere. Nelle scelte che da lì in poi avrebbe preso, per sempre.
«Mi andrebbe bene, sì. Perché alla fine, Ispettore, cos’è una vita rispetto a quaranta?»



Risposta più scarsa delle altre vostro onore ma a mia discolpa: postumi della febbre, sì.
 
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view post Posted on 23/1/2023, 01:09
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Lo sguardo di Moira vagava lungo le pareti del proprio ufficio.
Scrutò i voti urlanti dei ricercati, soffermandosi sulle increspature dell’inchiostro dove la luce era riuscita a filtrare sul collo di un detenuto e una ragnatela di cicatrici in rilievo. Poi scivolò oltre con lentezza, senza accennare nel volto un’espressione degna dello spettacolo macabro esposto sulla sua bacheca.
Era distaccata, immobile, apparentemente indifferente davanti a quella sofferenza.
O almeno così sarebbe apparso per i primi secondi. Più Mary parlava, più qualcosa cambiava.
Prima furono le dita: sfuggirono alla costrizione imposta dalle braccia conserte, cercando libertà contro le vesti, distendendole in movimenti netti e lenti, volendo dare l’illusione all’esaminanda che quello fosse un gesto limitato alla necessità di apparire perfetta, impeccabile, costruita.
Sì, costruita era un termine degno per riassumere l’immagine che aveva mostrato di sé fino a quel momento, sottolineando la sua capacità di esprimere solo ciò che era dovuto e necessaria.
La bacchetta venne estratta di nuovo e con una torsione fluida del polso, incantò il cucchiaino immerso nel tè cobalto, subito di fianco ai residui solidi del pungiglione zuccherato.
L’incantesimo Manina le offrì l’ennesima scusa per non degnare Mary del suo sguardo.
La lasciò sola a combattere demoni che l’Ispettore Graham aveva liberato nell’ufficio.
Demoni del passato, del presente e del futuro.
Gli stessi demoni che sostavano innocui nell’inchiostro della pergamena sotto il suo naso, nascosta fra i cartigli nella sua cartella - la stessa con cui si era presentata per accogliere l’esaminanda.

Si sporse proprio verso questa, avendo cura di scostare la prima pagina per poter osservare alcuni campi e lentamente annuire - non a Mary, ma a ciò che leggeva.
«Dunque.»
Finalmente spezzò il silenzio, quello appena caduto nella stanza dopo l’intenso monologo ricevuto.
Schioccò la lingua contro il palato, lasciando che un sonoro “pop” scandisse la pausa.
Poi, finalmente, la guardò in volto.
Era uno sguardo intenso, immobile che cercava in quelli di Mary Grenger un dettaglio: parole non dette, o sfumature di tutte quelle emozioni che l’ex Grifondoro aveva messo a nudo in quello scambio?
Non era chiaro.
Prese nella mano sinistra la tazza di tè, portandone il bordo contro le labbra piene.
Uno, due, tre sorsi e poi si distanziò dalla scrivania, tornando con la schiena premuta contro il vetro incantato.
Dunque. Non aveva continuato a parlare.

Prese un altro sorso di tè, proprio mentre la magia di quest ultimo si sarebbe manifestata nell’ufficio.
Mentre parlava, l’Ispettore Moira Graham avrebbe lasciato il terreno di qualche centimetro, levitando ad un pollice dal parquet, mentre continuava a parlare e bere il Tè di Merlino nella sua calma controllata.
«Durante questo colloquio ho cercato di costringerti a dare opinioni senza filtri su argomenti delicati, senza far suonare la conversazione artefatta.»
Il linguaggio del corpo era leggermente cambiato.
Le mani avevano trovato distrazione nella tazza di ceramica, ma il volto si increspava in più accennate rughe d’espressione: era un sorriso quello che aveva represso alla fine delle sue parole?
Improvvisamente parlava di più.
«Ti ho dato l’impressione che quello che stessi esponendo fosse un dato di fatto, una verità assoluta nella carriera di un Auror e darti la falsa riga di un’etica limitata, perché era mio interesse capire fin dove questa - l’etica - aveva importanza per te. La morale di un uomo è alla base di questa carriera, ben più delle sue prodezze in campo magico.»
Prese un altro sorso.
«Se possibile alcuni Mangiamorte non vengono uccisi, è vero e non solo per il profitto delle informazioni che ci possono fornire. No. E’ perché noi, Grenger, non siamo loro. La vita ha un valore inestimabile che la magia oscura ha spezzato senza batter ciglio per troppo tempo. Anatemi oscuri, negromanti amanti della carne e del sangue, lotte di supremazia espresse nel sangue … queste e altre fatalità sono espressioni di mancanza di umanità – ed è questa quella che noi proteggiamo.
Hai detto “non vorresti ucciderne nessuno”, pur sapendo che loro non batterebbero ciglio nell’uccidere te.»


L’effetto magico del Tè di Merlino perse gradualmente il suo effetto, riportando l’Ispettore con i piedi per terra.
Inclinò il capo di lato, lasciando che la cascata di trecce oscillasse oltre la spalla e il fianco destro.
«Questo mi fa capire che vuoi combattere, che sei pronta a rischiare, ma non vuoi farlo perdendo la tua umanità. E su questo ho un altro quesito.»

Con un tonfo sordo, la tazzina venne poggiata sul piattino del servizio.
«Maledizioni Senza Perdono.»
Puntellò il dito sinistro contro una delle pergamene sotto il suo sguardo; possibile si fosse segnata una tabella di marcia per quell’incontro?
«Opinioni a riguardo. Parla.»


In bocca al lupo con la febbre e con questa risposta, allora!
 
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view post Posted on 26/1/2023, 18:28
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Faith is my business.f7601e5662e37b1ebea99a873f863c05Ma chi era davvero Moira, alla fine? Era l’ispettore tanto distaccato che stava tenendo il colloquio – e le redini del futuro di Mary – o era anche altro? Chissà, magari era anche capace di ridere. Il suono della risata di Moira non riusciva neanche ad immaginarlo, Mary.
Si chiese, la grifondoro, se Moira fosse diventata così seria e composta dopo essere diventata Auror o se quello fosse il suo naturale modo di essere. Si chiese, la grifondoro, se la sofferenza che quel lavoro portava con sé l’avesse in qualche modo trasformata.

Seguì in silenzio il movimento del cucchiaino nella tazza, ascoltò il suono della ceramica riempire la stanza. Era immobile, com’era immobile il tempo in quel frangente.
I movimenti delle mani di Moira le fecero sporgere di poco il corpo in avanti, curiosa: la cartellina, protagonista dei pensieri di Mary per troppo tempo, finalmente rientrava in scena. Gli occhi della grifondoro scattarono all’insù abbastanza velocemente per vedere l’ispettore annuire. A Mary? A sé stessa? Alla vita? Solo lei poteva saperlo.
Dunque. Dunque cosa, Moira?
Continuò a muovere l’anello tra le mani, allora. Attese. Attese in silenzio, come quando al San Mungo devi aspettare il tuo turno per essere visitato. Come al ristorante quando, da solo, aspetti che ti arrivi il pranzo. Attese come quando inforni un dolce e devi aspettare che sia pronto.
Attese positive, pensò: attese che portano con sé finali sperati.
Quando Moira tornò a considerarla, Mary reagì con uno sguardo che traspariva una leggera sorpresa: era stata così assopita da quel silenzio, per un momento, che quasi non era più pronta a ricevere l’attenzione dell’ispettore.
Osservò le sue labbra appoggiarsi alla tazzina e un piccolo sorriso comparì a dipingerle il volto. Era un test psicologico, quello? Il silenzio, l’attesa, una parola lasciata vagare per l’aria: era tutto parte del colloquio?
Il suo volto si illuminò ancor di più nel vedere l’altra distaccarsi di poco dalla sedia, il suo corpo nell’aria. Tè di Merlino – pensò – lo vendono ancora.
Il viso le tornò serio, ascoltò con attenzione le parole dell’ispettore e un piccolo grido di vittoria – piccolino, minuscolo, insignificante, non si può neanche considerare un grido, piuttosto un sussurro – si fece spazio nella sua testa. Non ebbe modo di capire se Moira l’avesse davvero sorrisa, era stata così brava a nasconderlo, reprimerlo che Mary non aveva avuto tempo di notarlo ed esultare anche per quello.
«È proprio come dice lei, ispettore. Non siamo loro e perciò uccidere è l’ultima delle risorse a cui farei riferimento.»
Non siamo loro, ha detto. Siamo.

La vide riscendere sulla sedia, il leggero rumore dei suoi stivali sul pavimento. Seguì l’inclinazione della sua testa, i capelli a sporgersi sul lato destro.
La tazzina scandì il quesito successivo.
Una domanda difficile, l’ennesima. Una domanda che portava con sé il peso dell’esito di quel colloquio, come quelle prima. Un’altra domanda a cui dare la giusta attenzione.
Il movimento delle mani di Mary si fermò di scatto.
Poi, con calma, l’anello venne estratto dal dito e la ragazza tornò a giocarci passandolo da una mano all’altra, pesandolo sul palmo. I suoi occhi si allontanarono da Moira, si abbassarono al suo grembo giusto un attimo per poi salire di nuovo su con convinzione.
«Sono Senza Perdono per un motivo, Ispettore, perché sono imperdonabili i maghi e le streghe che ne fanno uso.» iniziò, consapevole che, in una certa misura, stava mettendo in cattiva luce la categoria degli Auror, che ne poteva fare ricorso. «Ma è anche vero, penso, che è l’intenzione del mago quella che conta davvero. La ragione per cui utilizziamo certi incantesimi piuttosto che altri.» il ragionamento fila, pensò. E pensò, ugualmente, di essere lei stessa confusa su dove volesse andare a parare. Lo era, perché semplicemente «Io non ne farei ricorso, penso. La magia di cui facciamo uso è un’estensione stessa delle persone che siamo. Utilizzare certi incantesimi richiede una oscura inclinazione mentale che potrebbe portare con sé ripercussioni a lungo termine.» la magia, per chi la vive ogni giorno, non è solo uno scuotere la bacchetta e pronunciare parole a caso. La magia ti assorbe completamente, travolge e si fa travolgere da te. Ti cambia. «Farne uso non è una mia priorità, comunque. E in verità, per la persona che sono, non so neanche se ne sarei capace. Se la mia mente fosse capace di assistermi adeguatamente nell’eseguire certi incantesimi.» le mani ferme, l’anello infilato nuovamente al dito, lo sguardo serio seppur disteso. Non avrebbe lasciato andar via la sua umanità.

 
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view post Posted on 27/1/2023, 11:03
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Per un attimo lo sguardo indugiò sull'anello rigirato fra le dita dell’esaminanda, prima di risalire e soffermarsi oltre la silhouette della ragazza.
Fra le increspature del legno, le spine di pelle di libri e registri, faceva capolino l’angolo di un cartone di ciambelle che ancora non aveva avuto il piacere di assaggiare.
Per qualcuno che serviva sotto Rhaegar Wilde da anni non consumare certe prelibatezze col tè era alla stregua della blasfemia babbana.
Protese braccio e bacchetta in quella direzione, avendo cura di tenere l’arto sollevato abbastanza da impedire alla scatola di raggiungerla scontrandosi con la testa dell’ex-Grifondoro.

Era quasi surreale vedere un’Ispettore recuperare dei dessert mentre un aspirante recluta cercava di strutturare una risposta degna ad un argomento delicato come le maledizioni-senza-perdono.
Eppure, quella era la tragicomica realtà della situazione.
Con un tonfo leggero il cartone impattò contro il palmo e le dita pronte della mano libera che si chiuse di scatto attorno l'angolo rigido del contenitore, poggiato poco dopo su uno dei pochi angoli sgombri della scrivania.


«Hm.» Mugugnò e basta, facendo cenno col capo a Mary di proseguire nel suo ragionamento.
«Venire contattati per un colloquio per questo ufficio definisce l’aver superato precedentemente un processo di scrematura. Ti era stato chiesto di rispondere a delle domande.»
Chinò il busto verso la sua cartella dei documenti, sfogliando alcune pergamene fino a soffermarsi su una in particolare.
«Riguardo la possibilità di un Auror che faccia uso di queste Maledizioni, non hai mostrato disapprovazione. Ora, mi sembra di comprendere che personalmente sei contraria al loro uso, ma… pensi che un Auror possa essere giustificato ad arrivare a certi mezzi. Corretto?»
La domanda non sembrava preannunciare la conclusione della domanda.
La bacchetta ancora chiusa attorno alla mano sinistra venne portata verso i manifesti dei ricercati, sempiterni nella loro aggressività.
«E’ l’intenzione, come dici tu, a rendere possibile l’uso di certi incantesimi. L’inclinazione oscura al voler piegare la volontà del prossimo, l’inclinazione a trasmettere l’odio e il dolore, a voler vedere la sofferenza, l’inclinazione a voler uccidere
Rigirò le parole usate stesse da Mary in quell'analisi, cercando quindi non solo di accompagnarla nel suo ragionamento, ma anche di muovere una critica evidente alla contraddizione fra scritto e parlato.
«Può l’uomo arrivare arrivare a provare e osare tanto? Sì. Posso supportare colleghi che hanno un approccio simile alla magia e alla vita?»
Picchiettò la pergamena ingiallita con il catalizzatore, prima di ritrarre la mano e riportare la bacchetta nella sua fondina da braccio.
«Ti sentiresti tutelata nel sapere che fra gli Auror militano persone del genere, Mary?»
Con uno scatto del pollice destro, picchiettò l’apertura della scatola dei dessert, sollevandone il coperchio e mostrando una fila di donut intonse decorate con glasse dai toni neutri tipicamente autunnali.


 
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view post Posted on 28/1/2023, 16:25
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Faith is my business.f7601e5662e37b1ebea99a873f863c05Il braccio a distendersi, la bacchetta puntata verso qualcosa alle sue spalle. Mary si inclinò di poco verso il lato opposto dando spazio a Moira di richiamare a sé il cartone delle ciambelle. Lo vide arrivare trasversalmente, raggiungere il palmo della mano dell’ispettore, appoggiarsi con decisione sulla scrivania.
In quel momento, nel suo primo attimo di distensione mentale, si accorse di non aver mai ricevuto il suo caffè, di non aver toccato cibo. Aveva un po’ fame, lo percepì in quel frangente. Non diede peso allo stimolo del suo corpo, avrebbe risolto la cosa dopo.
Pensò, però, che avere fame significasse non essere attanagliata dall’ansia, non più.
Seguì lo sguardo dell’ispettore fino alla cartellina ma non tentò di sbirciare. Mary restò concentrata sul volto di Moira, cercò di decifrare la sua espressione, le smorfie e i movimenti delle labbra. A quel punto del colloquio poteva aver appreso anche lei qualcosa dell’altra o almeno così pensò. Nulla, comunque, le fu possibile capire.
«Non proprio corretto.» la voce ad interrompere il pensiero dell’altra. Non aveva capito che Moira volesse aggiungere altro e di conseguenza si era gettata a rispondere alla domanda. Come sempre, voleva che il suo punto di vista, la sua etica, fossero chiari. La sua voce, comunque, era delicata, poco più di un sussurro, quasi a scusarsi per averla interrotta. «Ho risposto alla domanda pensando alle leggi in uso al Ministero. Per legge – mi corregga se sbaglio – gli auror possono far ricorso alle maledizioni senza perdono.» era abbastanza sicura della cosa, ma un piccolo accenno di timore fu possibile scorgerlo nel movimento delle sue mani, come si strinsero tra loro, nascoste.
La domanda, che proseguì, era quindi più spinosa, sotto un certo punto di vista. Qual era la sua opinione non sull’utilizzo personale di quegli incanti, ma su come si ponesse rispetto all’uso da parte degli auror.
L’inclinazione, dicevano. «Prima mi diceva che la morale di un uomo è alla base di questa carriera.» ragionò, portando la mano destra a riprendere una ciocca di capelli che le era finita sul volto. Parlò mentre l’accompagnava dietro il suo orecchio. «Di che morale sono dotati i maghi e le streghe che fanno uso di tale magia?» si ritrovò a dire, il tono leggermente più duro di quanto avesse programmato, non una domanda ma una risposta. Era un indizio, quello, di quanto odiasse tutto ciò che avesse a che fare con la magia oscura, con i mangiamorte, con il Male.
Vide la bacchetta di Moira allontanarsi e nel seguire il movimento, parlò nuovamente. «No, non mi sentirei tutelata. Anzi, avrei l’impressione di dovermi coprire le spalle anche da loro. Come potrei-» si fermò, gli occhi ora puntati su Moira, cercando nel suo volto la risposta. «Lei potrebbe fidarsi di qualcuno che vuole piegare la volontà altrui, che vuole far soffrire qualcuno?» una pausa, l’attesa che sul volto dell’altra una risposta vi si dipingesse. «è tutto ciò che vogliamo combattere, come possiamo accettare di ritrovarcelo al fianco?»
Era la risposta giusta? Era la risposta finale?

 
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view post Posted on 31/1/2023, 12:35
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Il Fato

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«Il Capo Auror Wilde ha stabilito una regola interna: se qualcuno anche solo provasse a fare uso di incantesimi simili, dovrà personalmente rispondere a lui. E Grenger, credimi, non vuoi rispondere a Rhaegar Wilde.»
La mano sinistra venne portata verso la scatola di ciambelle, sfilandone una dalla glassa arancione e portandola alla labbra. Ne prese un morso, affondando gli incisivi nel pandispagna morbido. Ci si soffermò per qualche secondo, distratta dalle parole dell’esaminanda che continuava a scrutare, attenta.
Era un’impressione o Moira stava sorridendo? Fu un movimento fugace delle labbra, un’accennata smorfia nascosta dietro il dessert, prima di vederla voltarsi e allontanarsi nuovamente dalla scrivania, donando per un attimo le spalle alla ragazza.
Mandò giù il boccone prima di riprendere a parlare mantenendo una flemma di freddo distacco che cozzava pienamente con l’immagine dell’Ispettore intento a consumare una donut alla zucca.
«Il Wizengamot può condannare ogni atto che rompe la legge, ma Rhaegar Wilde condanna ogni atto che rompe la morale. Quindi no, non mi fiderei di persone del genere, mi occuperei di fermarle – se hai anche solo l’intenzione di far soffrire e sottomettere il prossimo, allora ai miei occhi sei parte del problema.»
A quel punto avrebbe preso un altro momento per sé, consumando in due bocconi ciò che rimaneva del dolce.
Continuava a dare le spalle a Mary.
«Ho concluso il test.»
Osservò, portando il capo verso l’alto, osservando un punto impreciso della stanza fra una scaffalatura e l’altra di oggetti di sicurezza e libri antichi. Sembrava parlare più a se stessa che a Mary.


Le mani ora vuote si incrociarono alla base della schiena.
Sotto lo sguardo di Moira l’acqua del Tamigi scorreva placida, mossa dalla brezza che la magia aveva trasmesso con infallibile realismo contro il vetro, rendendolo gelido al contatto.
«Otto e trenta.»
Riprese a parlare qualche attimo dopo, voltandosi finalmente verso la giovane ex-Grifondoro.
L’espressione dura del volto si increspò appena, quando il sopracciglio destro si sollevò lentamente.
«Sarà il tuo orario per la giornata di domani: se vieni prima è probabile che non abbiano sistemato ancora l’ufficio.»
La mano destra si portò contro uno dei cassetti alla destra della scrivania, aprendolo ed estraendo rapidamente dal suo interno un altro oggetto.
«Passa dall’Atrium con questo prima di uscire per completare la registrazione. Non perderlo, o ne risponderai a me. Segui gli ordini. Impara. Ascolta. Non perdere la tua morale, o perderai la tua bacchetta.»
Con un leggero tonfo metallico un Distintivo venne poggiato di fronte a Mary.
La scritta incisa “Auror” spiccava in caratteri scuri sotto il simbolo del Ministero britannico.
Solo a quel punto si sarebbe finalmente permessa di sorridere: era un’espressione che mancava di grazia e leggerezza, sembrava più un ghigno – era accennato e sghembo, ma carico comunque di energia; soddisfazione, intrigo e beffardia davanti alla tensione della ragazza si mescolavano perfettamente su un volto che trasudava sicurezza e consapevolezza di sé.
«Benvenuta in squadra, Grenger. Non dimenticare la ciambella prima di uscire. »
Le allungò la mano sinistra, offrendo una stretta di mano salda.
Il volto era già tornato una maschera di serietà e distacco, ma una cosa era sicura: qualunque fosse l’impressione che Moira Graham aveva di Mary Grenger, era alta abbastanza da permetterle di avverare il suo sogno.
Il Quartier Generale aveva una nuova recluta.


Eccoci alla fine. E' stato davvero un piacere seguirti in questo colloquio lampo!
Con la carica di Auror Mary ottiene automaticamente +10 punti stats e +3 Exp
Questa è la lista incantesimi che puoi inserire nella tua scheda come appresi, a seguito del tuo addestramento Auror:
-Stupeficium
-Expecto Patronum (specifica la forma) (Facendo parte dell'OdF sarai in grado di utilizzare il Patronum per comunicare)
-Rompisigillo
-Nego Negligetiam
-Homenum Revelio
-Deletrius

Ed infine aggiungi nel tuo inventario questo importantissimo oggetto:
Distintivo Auror: oltre ad un simbolo di riconoscimento, il Distintivo consente, se stretto tra le dita, di comunicare la propria posizione al Capo Auror, con un funzionamento molto simile a quello dei Galeoni ES. Utilizzabile una volta a quest per chiamare rinforzi solo in caso di reale pericolo.
[NB: Usando il Distintivo il compenso finale potrebbe esser leggermente minore.]

Hai diritto, ma non sei vincolata a farlo, di rispondere a questo mio masteraggio, tenendo conto che non ne seguirà un altro.
Congratulazioni!
 
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13 replies since 5/1/2023, 17:26   342 views
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