"Skin to Bone,,, Missione lavorativa ~ Horus Sekhmeth

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view post Posted on 26/2/2024, 19:53
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Il Fato

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S k i n to B o n e
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Non c’è pace per lei a Cruce dos Aguadas, non si potrebbe dire altrimenti. E non può certo conoscere la verità che stiamo per rivelarle, ma il suo collega — gli occhi e le orecchie di Mooneye — ha affrontato sfide simili alle sue. Non che lei sia stato più fortunato di quella povera anima, signor Sekhmeth. Lo dimostra il presente, del resto, con le sue crude azioni.
La pelle spessa di maiale che si stringe su di lei, aumentando poco alla volta l’allaccio tra le vostre membra, non cede. E brucia (- 5PS, - 4PC, - 4 PM), brucia come se una miriade di spilli stessero giocando a pungerle la pelle per impedire un tentativo di distacco.
È normale che lei sia sconvolto. La donna conosceva per caso la sua debolezza? Ha visto qualcosa con il suo unico occhio e da qui la sua scelta, il suo regalo? Forse sì, forse no. Funziona un po’ così con la divinazione, che sia esercitata tramite le viscere di una povera bestia (nel migliore dei casi) o attraverso le rune. Ha intuito perché sono state buone con lei a proposito, signor Sekhmeth? Ha azzardato delle ipotesi?
La sua disperazione intossica l’aria, mescolandosi al puzzo del sangue e dei cadaveri in aperta putrefazione. Così, il suo istinto fa la sola cosa che gli riesca di mettere in atto prima di cedere all’oblio dei ricordi. La casupola prende fuoco in ossequio al suo imperativo. Alte, terribili fiamme la lambiscono, alzandosi verso il cielo, e un urlo straziato la raggiunge. È la guercia che lei ha deciso di sacrificare con tanta leggerezza. Pare che lei abbia fatto i conti con la sua coscienza, Sekhmeth, e che non abbia ripudiato la scoperta di questa sua natura. È un assassino. Ne va forse fiero?
La pelle, però, non accenna a liberarla da quell’abbraccio disgustoso. A tratti, sembra quasi di poter sentire il maiale grugnire in una sorta di macabro divertimento. Perché non sappiamo se l’ha notato, ma questa pelle conserva la testa dell’animale e quella sta poggiata sui suoi capelli rossi più del fuoco che le sta davanti.
Non abbiamo neppure compreso che grado di consapevolezza ci sia in lei quando si abbatte contro il tronco dove la linfa scivola, parsimoniosa; se lo abbia fatto con la speranza blanda che sortisse un effetto o se le sia adesso chiaro che quello è un regalo prezioso che l’impietosa giungla le sta facendo. Sta di fatto che un grugnito finisce per assordarla — vicino, troppo vicino; e reale, troppo reale —, mentre la pelle si distacca da lei sulle note di quel grido che ancora stenta ad abbandonarsi al suo destino.
È libero adesso e, se è vero che la luna continua ad essere una costante di questo viaggio, le consiglierei di ascoltare l’istinto che sembra aver bene intuito. Stia attento a dove mette i piedi e a ciò che si lascia alle spalle, ci raccomandiamo e intanto ci congediamo.

A Crude dos Aguadas la sera non ha l’aspetto malinconico che altrove le attribuiscono. C’è una fierezza indomita in quel perimetro fatto di poche casupole diroccate; nella floridezza delle piante, degli arbusti, delle liane. Soprattutto, quella fierezza trova il suo culmine nell’edificio che torreggia sul sito. In un certo senso, si potrebbe dire che quell’orgoglio emana proprio da lì, dal centro di ogni cosa.
Non sappiamo dove sia in questo momento, quali scelte abbia fatto, ma i misteri si infittiscono nel fazzoletto di terra in cui è stato inviato. L’odore acre della legna e dei corpi bruciati dal suo Incendio permea l’aria, serpeggiando nei pochi vicoli del villaggio, al cui limitare stanno le tende degli americani con i loro incuranti schiamazzi. Presso il sito, invece, alcuni energumeni sono di guardia attorno al perimetro del sito. Non tutti mantengono troppo alta l’attenzione. C’è chi vorrebbe sonnecchiare, chi fa schioccare la lingua sul palato per noia, chi sta masticando rumorosamente un hot dog alla buona. In prossimità dell’entrata, però, sta ritta ritta in piedi una donna dall’aria dura: è Eleanor Keller. Su questo non residuano dubbi.


Horus Ra Sekhmeth
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view post Posted on 1/4/2024, 18:16
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Horus Ra Sekhmeth
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Cerco di aggrapparmi alle grida della donna per non sentire il verso terrifico che mi assorda le orecchie. C’è chi potrebbe pensare che sentire quelle urla straziate sia tremendo ben più del grugnito di un maiale, ma, per quel che mi riguarda, preferisco molto di più sentire l’origine dei miei attuali mali sparire in un mucchio di cenere, fra le fiamme di un fuoco purificatore.
Se lei muore, questo schifo sparisce, vero?
E invece no, non è vero manco per il cazzo.
Lei urla mentre io ringhio nel rannicchiarmi su me stesso, le dita conficcate nel cuoio capelluto. Sto disperatamente scacciando via i ricordi che emergono come cadaveri da un fiume, pregando qualsiasi dio del mio pantheon affinché termini questo supplizio.
Mi sono addossato lungo il tronco volontariamente, in un barlume di lucidità che mi ha fatto credere follemente che la linfa bianca e pura potesse aiutarmi a ripulirmi. Nel delirio di cui sono preda, capisco che ha funzionato e che la mia intuizione è stata giusta. E mentre odo il verso trapanarmi i timpani, io stringo i denti nascosto tra l’oscurità delle mie ginocchia.
Sento scivolare via la bestia dalle mie spalle e io rabbrividisco, spostandomi in gran fretta in modo da mettere spazio tra me e quello schifo. Il cuore mi batte così forte nel petto che è un miracolo non sia uscito dalle costole. Indietreggio disgustato, tirando un calcio alla pelle grottescamente appallottolata su sé stessa. Lo sguardo vacuo dell’animale mi fa sudare freddo ed io, in preda ad un tremito rabbioso per le condizioni in cui mi ha costretto quella grandissima figlia di puttana dell’aruspice, mi sfilo la maglia imbrattata di sangue e la lancio sulla cotenna afflosciata. Col petto ansante, ma con la lucidità che torna giusto in tempo per spingere sotto l’acqua torbida della mia mente i ricordi su Eugene, con un movimento secco della bacchetta scaglio la veste umana e quella animale nell’incendio che sta ormai mangiando i resti della casupola. Il suo calore mi sfiora il viso, le urla della donna, ormai terminate, permangono ancora nell’aria sotto forma di echi. Rimango un istante così, gli occhi fissi ipnotizzati dalle fiamme, finché il mio respiro non si calma.
Mi rialzo passandomi una mano sul viso e respirando con le labbra schiuse.
Cazzo.
Poteva capitarmi di tutto, ma questo è andato al di là delle mie più assurde congetture.
Mi rendo conto che ad occhi esterni questa è la più grande delle cagate, soprattutto se ho appena ucciso a sangue freddo (… più o meno) un’anziana, ma onestamente non mi pento di nulla.
Ho fatto i conti con la mia natura di assassino anni e anni fa e ho tratto le fila di una morale forse dubbia per il resto del mondo, ma non per me. Mettimi in pericolo, in qualsiasi modo, e ti meriti di morire. Fine dei rammarichi e dei rimorsi.
Ignorando l’odore di bruciato che pizzica le narici, chiudo gli occhi. Mi concentro sulla borsa che ho nella casa che mi ospita, visualizzando una maglietta– una a caso, una pulita. Non mi avvedo del movimento della bacchetta che si muove in automatico davanti a me. Nel cerchio antiorario che disegno, focalizzo l’abito e nel piegare il gomito all’indietro benedico la magia perché altrimenti sarei uscito di testa.
*Indumèntum*
Evocata la maglia, anche solo il suo profumo –il mio– sarà in grado di riafferrare quell’ultima parte di me che è ancora intrappolata addosso al tronco, impietrita dalla gabbia di carne che l’ha costretta.
Indossandola, sarò di nuovo padrone del mio corpo e quello che è successo non sarà altro che l’ennesimo incubo che si sommerà alla pila di quelli che mi tormentano la notte.
E guardando l’incendio salire verso l’alto, il cui fumo tinge d’arancio la notte incombente, mi dirò che la vecchia è morta e con lei tutto il putridume di questa terra del cazzo.
Allora, solo allora tornerò ad essere falco, tenendomi a ben distanza dalle chiome degli alberi finché, fra di esse, non vedrò scorgere la punta della piramide.
È ora che ‘sta storia finisca e che quel teschio di giada venga fuori, prima che io faccia una strage.

– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Principiante;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [tramutato in orecchino] [1xQuest]
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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view post Posted on 8/4/2024, 13:31
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Il Fato

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Fa caldo. Un caldo umido di quelli che si attaccano alla pelle e prostrano il fisico. Ma lei è un falco, Sekhmeth, e trova il conforto dell’aria nel volo, e la protezione delle piume capaci di regolare la temperatura corporea. Adesso, la maglietta che è riuscito a evocare qualche ora prima non le serve perché il cielo la accoglie e le fa dono della leggerezza di cui gli eventi delle ultime ore l’hanno privata. Finalmente, sembra afferrabile un po’ di sollievo.
Il sito la aspetta, illuminato dai raggi della luna. Quando lo raggiunge, non c’è molto che accada nei dintorni. Tutto sembra seguire uno schema ben rodato. Gli americani sanno quello che fanno. Ci tengono a non far mettere le mani agli inglesi su ciò che ritengono appartenergli. Eppure, dopo un po’, qualcosa cambia. Può percepirlo nella densità dell’aria — dalla quale la sua forma animale la protegge — come se una cappa di arcana magia fosse calata su quell’angolo di terra per chissà quale sconosciuta ragione. Allora sì che li vede i mutamenti.
La prima cosa che potrà notare è l’irrigidimento delle persone presenti sul sito. Danno l’impressione di essere stati colpiti da una fattura che li rende duri come stoccafissi. Persino la Keller, posta a gambe larghe davanti all’ingresso, perde la sua aura di fierezza e ostinazione. Non sappiamo se sia abbastanza vicino da notarlo, ma se così fosse vedrebbe una vacuità impenetrabile negli occhi di lei, quasi che fosse altrove da Cruce dos Aguadas.
L’aspetto più sorprendente della faccenda è che, presto, un figurino noto fa capolino dal folto della foresta. Riconosce il completino blu navy con la maglietta a strisce? Ricorda i tic che, adesso, sembrano del tutto guariti? Il bambino di questa storia avanza. Procede con passo sicuro, la sclera rossa come se i capillari fossero esplosi cancellando per sempre il bianco naturale. Non ha fretta, ma la destinazione è chiara. Si avvicina all’ingresso della piramide senza incontrare ostacoli. Pare che nessuno lo noti, che in quello stato di pietrificazione non sia percepibile la sua presenza. C’è una certa familiarità nei gesti del piccino, non crede? Dà l’impressione di conoscere il sito e di sapere esattamente cosa fare e come.
Allora, raggiunge la Keller, alza il viso scolpito verso la donna e, infine, la prende per mano. Quella non si oppone. Non lo fa nemmeno quando viene condotta oltre l’ingresso della piramide e sparisce nel suo ventre di pietra. Attorno a lei, simboli di una lingua che perfino gli esperti faticano a comprendere e fiaccole disposte per indicare la strada da seguire. Non che ce ne sia bisogno, eh. Il bambino non ha alcun dubbio nel muovere i suoi passi. Non si cura — e con lui la donna che lo segue — dell’odore acre che aleggia all’interno della costruzione. Non se ne cura e procede.
Se dovesse riuscire a infiltrarsi nella piramide dopo un lungo camminare, lo vedrebbe lasciare un attimo la mano della Keller e chinarsi su pavimento; dopodiché sfiorare con il piccolo indice i margini di alcune incisioni. Nulla accade, finche il piccolo non torna a concentrare la propria attenzione sulla Keller, estrae da una fenditura nella parete un lungo ago appuntito di metallo e, senza pietà, lo conficca a più riprese nel fianco della Keller. Ancora una volta, lei rimane immobile mentre il sangue sgorga delle ferite. Il bambino la strattona, affonda ne mani nel liquido rosso che fa presto a tingergli la manina finché non ritiene di averne abbastanza. Torna a tracciare il contorno di quegli stessi simboli di complessa interpretazione. Ed è allora che la pietra del pavimento affonda, rivelando una scalinata che conduce in una zona della piramide che nessuno ha mai notato ed esplorato. Spariscono proprio nell’oscurità del passaggio, inghiottiti dalle tenebre che gli sono amiche — almeno, al figurino inglese caduto in un pozzo.


Horus Ra Sekhmeth
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