Don't you feel powerless living in
other people's worlds?
Non ho idea di cosa accada dopo, a malincuore non seguo le dinamiche tra Nieve e Casey. C'è qualcosa, in me, che mi rende d'un tratto distante: forse è il desiderio di godere i festeggiamenti, pur atipici come risultino dopo la sconfitta; forse è la decisione di lasciare loro tempo, e modo di confrontarsi o di parlare. In me, lo ammetto, germoglia una stilla di egoismo che mi spinge a non chiedere, a non indugiare ulteriormente in tali circostanze. La pelle, tuttavia, cattura il brivido dell'inatteso, e l'orma di un pericolo che fingo di aver superato (e dimenticato). Le voci di Casey e di Nieve non mi raggiungono, non più. Scorgere le loro figure allontanarsi, purtroppo, è in me un finto atto di generosità; è quasi come un'antica, sinistra apatia. Ho bisogno di pensare al lieto fine, ho bisogno di convincere almeno me stesso che tutto possa ripristinarsi, che possa tornare una patina serena. Che sia o meno così, non è oggi che potrò scoprirlo. E, chissà, il tempo mi sarà misericordioso. Interrompo il futuro, l'Occhio è in attesa – le palpebre tremano, un singulto s'infiamma in petto. Potrei mutare aspetto, ora, in silenzio. Diventare un segugio, percuotere le trame in sospeso – e intrecciare il mio passo al passo di Casey, e di Nieve. Invece, lascio andare. Loro, me, perfino l'ultimo zampillo di fuoco. Il sortilegio, infatti, si spegne nel movimento della bacchetta, è una corona brillante – arancio, carminio, oro – che sgretola il cielo in colore e sbuffi di cenere. Il fuoco, oramai, ha attecchito; è famelico, raggiunge il fantoccio, consuma le tessiture, le ramificazioni e le caratteristiche che lo governano. Presto non resterà che un lampo luminescente, vestigia di un arbitro che ha lasciato un brutto segno in noi. Forse, mi dico, è giusto così: abbandonarsi, perdersi.
«Nulla che il tempo non possa sistemare, Viv.» Ho come un déja vu, qualcosa di simile. Mi sembra d'essere circondato dal vento zuccherino, una nota dolce di cioccolato, di miele e di lacrime. Le mani, spettrali, carezzano il bancone, e polvere di buiopesto, e il volto di Vivienne. Torno in me, in un istante. Mi accorgo di sorridere, un po' distratto, di certo sovrappensiero. Cerco il contatto dell'altra, stringendole delicatamente l'avambraccio come in gesto d'affetto. Non comprendo bene, in effetti, il peso della rivelazione di Casey, le conseguenze che potrà avere anche per me. Ho paura di perdere Nieve, ho paura... ho paura. Quand'è che sono diventato così poco coraggioso? Per fortuna, ad ogni modo, la voce di Alice mi riporta al presente; mi piace, mi piace moltissimo: è un rituale piuttosto particolare, più simile ad un gioco vero e proprio. Ho come l'impressione che stia imitando qualcuno che conosca, perfino la cadenza, la modulazione delle sillabe e del corpo. Non smetto di guardare Alice, benché mi rivolga in sussurro verso Vivienne, che spero trovare ancora accanto.
«Non ti ricorda forse qualcuno?» Ho la mente troppo annebbiata, tuttavia, per collegare la parodia in atto. E, d'altronde, va bene così, rende tutto giocoso. I complimenti verso i giocatori, l'uno dopo l'altro, mi spingono curiosamente a sorridere. Stringo la medaglietta di cartapesta, appena tocca il mio turno: Alice, forse, non saprà mai quanto per me questo semplice oggetto decorativo possa valere. Sarà l'unico simbolo che porterò con me, dopo aver abbandonato la spilla da Capitano di Quidditch. Un ricordo, mi dico, che è prezioso.
«E, ancora, Alice Tenente Wagner.» Sollevo le mani, grido anch'io a gran voce. Alice ha nominato ciascuno di noi, ma... manca lei. Ha fatto la differenza in campionato, e le sconfitte non cancellano, affatto, l'estro creativo e l'impegno dell'altra. Spetta a me, mi dico, l'ultimo omaggio: perché Capitano, ancora per poco; ma soprattutto perché le voglio bene, e come potrebbe essere diversamente?
«Cacciatrice di spicco, che infiamma il cielo!» Guido le fiamme, ora, in una spirale che volge verso l'alto, e ancora, ancora di più. Lingue di fuoco, queste, che quasi sembrano voler avvinghiarsi all'altra, alla scopa stessa. Finché le si accostano in forme brillanti, un reticolo che somiglia ad un fuoco d'artificio, un'esplosione presto già consumata. Il tempo, dopo, è indefinito: è una successione di ritrovi, di saluti, di chiacchiere, e promesse, e spuntini di carne alla brace, e carezze sulla criniera di Ira. Finché anche per me sarà il momento di andare, di volare via. Forse un po' più in anticipo, forse con il cuore appena più leggero di prima. In sella, l'Alato mi porterà via.
Alla prossima, grazie anche da parte mia ♥
code • ion