| Ayumo Vanille
ps: 188/188 PC: 110/110 PM: 117/117 EXP: 25 Potevano essere la Sala Comune o la sua Casa Natale considerati un posto sicuro dove rifugiarsi? Ayumo non li amava, non trovava in Hogwarts o nelle mura che la costituivano un posto dove si sentiva pienamente accolta e dopo la morte di Richard, neppure casa sua sembrava aver più quella funzione. Era andata all’albero durante l’estate passata, quello dove lei e sue fratello si rifugiavano fuggendo dalle pressioni del mondo, forse quello era l’unico posto dove si sentiva protetta; dove poteva lasciarsi andare e piangere disperatamente per le scelte fatte. Tutto rimaneva lì, quelle gocce amare che andavano a impregnare il terreno e la sua sofferenza.
« Non li considererei dei rifugi, non hanno quel significato. Sono stati posti dove stare in stasi, non per scelta mia. Difficile da spiegare come concetto, in entrambi i casi erano semplicemente quattro mura e non riuscivano in alcun modo ad alleviare la mia anima. In certi casi avrei voluto fuggire via, d’altra parte non volevo aprirmi ad un mondo così crudele. »
Rifugio erano state le braccia dei suoi genitori durante il funerale del fratello, quelle erano state le uniche in grado di darle la giusta sensazione di protezione. Erano un mondo caldo e accogliente, dove nessuno si permetteva di giudicare la sua debolezza e forse in tal senso – come era successo precedentemente – solo alla radura della sua infanzia riusciva ad attribuire quelle stesse caratteristiche. Tutto il resto era freddo, distante e distaccato. Ayumo ascoltò attentamente quello che lui aveva da attribuire alla notte, una visione diversa dalla sua eppure molto affascinante. Le stava dando della sciocca sognatrice, in cerca di un mondo fantastico. Era vero che ammirava ciò che la notte era in grado di suscitare, vi erano stati poeti e sommi scrittori che ne avevano decantato le innumerevoli doti. Forse ci aveva preso nel dire che andava ricercando il Silenzio, ma non vi era il motivo corretto dietro. La Tassorosso era diventata schiava dell’insonnia e col tempo aveva iniziato a provare sentimenti contrastanti nei confronti della notte, la andava cercando sperando di tornare a dormire e non svegliarsi in preda ad urla disperate; dall’altra parte odiava la quiete che era in grado di portare negli altri, mentre in lei non faceva altro che lasciare spazio ai suoi demoni per torturarla. Poi vi era la voglia di autoinfliggersi una punizione. Di confrontarsi costantemente, senza alcuna possibilità di perdonarsi, con quello che aveva fatto. Prima della scomparsa di Richard ne amava ogni dettaglio, ora poteva dire che la trovava causa di un suo malessere eppure vedeva sempre in essa la cura di tutti i suoi mali.
« Io nella notte vedo incubi e sensi di colpa, vorrei tornare a quel mondo onirico in cui tutto sembra possibile. Vorrei trovare in essa la pace che vado cercando, eppure mi ritrovo solo a non dormire per paura di dover affrontare tutte quelle parti di me con cui non riesco a far pace. Nel silenzio trovano spazio le mie ansie e paure, i miei tormenti. La notte è divenuta compagna e causa di questo strazio interiore. Sono cosciente di non essere in grado di dare una direzione alla mia vita e il buio attorno a me non fa altro che ricordarmelo. Vi è del masochismo nella mia ricerca della notte, una dualità che anche in questo caso è difficile da analizzare. Però mi piace il tuo modo di vedere le cose, vorrei essere quella sciocca sognatrice. »
Sapeva che avrebbe suscitato tante domande nell’altro, perché doveva esserci così tanto tormento in lei? Non vi avrebbe mai dato risposta, non in quel caso o in quel momento. Sarebbe dovuto trascorrere altro tempo e si sarebbe dovuta costruire una salda fiducia, ora non vi era altro che un accenno di conoscenza, certamente sembravano due anime affini; ma la Tassorosso non poteva vedere altro che quello. Si stupì di sé stessa, era stata in grado di ammettere di essere in una fase di disperazione pura, era la prima volta che ne parlava ad alta voce che metteva in frase le sensazioni. Forse, sempre il tempo, sarebbe arrivata anche a parlare nello specifico di quelle emozioni, sviscerandole. Poggiò le mani sulla ringhiera della torre. Il sole riluceva dei colori dell’oro e del rame, mischiandosi assieme a colorando ogni cosa che stava al di sotto. Decise di dare la schiena a quel panorama, preferendo nuovamente trovare il contatto con il volto del Caposcuola. In questo caso, favorita dalla luce stessa, poteva coglierne i dettagli più significativi e osservare anche i più piccoli cambiamenti. Ascoltò l’ultima parola che gli uscì dalla bocca rapita, decise di cedere anche a lei al gioco della sovrainterpretazione, di scavare a fondo ad un significato di una parola – soprattutto in questo caso – che era già complessa di suo. Il vuoto era un concetto difficile in partenza, vi era sicuramente una voglia di fuggire di fondo che anche lei condivideva eppure si andava oltre al semplice distaccarsi dagli altri e non farsi notare. Lei detestava le attenzioni, ma le piaceva rimanere sullo sfondo delle cose e osservare gli altri. Il Grifondoro sembrava non condividere lo stesso.
« Se ricerchi il vuoto perché non decidi di abbracciarne la forma ultima? La morte è esemplificazione di tale concetto. Non vi è niente dopo di essa, sempre che non si voglia mettere di mezzo la religione e in quel caso me ne tiro fuori. »
Parole gelide in questo caso, indelicate sicuramente. Erano scivolate dai suoi pensieri, non si era fermata a riflettere su quali emozioni avrebbero suscitato nell’altro. Accompagnò le ultime parole facendo spallucce, lei non sapeva ancora bene in che modo affrontare determinate situazioni. Si era sempre identificata come credente, aveva sempre venerato le divinità che sua madre le aveva fatto conoscere. Eppure vi era qualcosa che non combaciava più, non riusciva ad avere fede. Non riusciva più nemmeno a credere a concetti come la reincarnazione a cui da più giovane era stata tanto affezionata. Sapeva esservi qualcosa, ma non riusciva ad affidarsi completamente e nella sua riluttanza aveva incominciato a non cercare più quel tipo di contatto. Tornò al presente, schiarendosi le idee. Non era giusto nei confronti del Grifondoro, era stata crudele. Da quale pulpito poteva venire una domanda del genere? Chi era lei per arrogarsi un tale diritto? Si mise una mano davanti alla faccia, a nascondere un evidente imbarazzo e vergogna.
« Lascia stare le ultime parole. Non so come mi sia saltato in mente e ho lasciato uscire la frase prima di processarla adeguatamente. Scusa. »
Le avrebbe accettate? La Morte è la Curva della Strada, Morire è solo Non Essere Visto.
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