Out of the ordinary

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 20/6/2023, 19:27
Avatar

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

Group:
Caposcuola
Posts:
2,925
Location:
London, UK

Status:



Ero lì, in piedi, pronto ad andarmene. Attesi il tempo necessario per consentirle, educatamente, di salutarmi di rimando nel caso fosse stato suo interesse, ma anche perché se fosse uscita anche lei in quel momento sarebbe stato imbarazzante andare nella stessa direzione fingendo di ignorarci. Non che mi dispiacesse, o che mi desse fastidio l’imbarazzo; sapevo gestire le persone nel momento in cui smettevano di avere una qualche forma di attrattiva. L’indifferenza subentrava di prepotenza e, a quel punto, il mio vero Io emergeva in tutto il suo splendore. Rendeva le cose facili, le rendeva naturali e spontanee. Niente sforzi per la “fidanzata di”, il “caposcuola dei”, ecc… Era solo una persona. Tanto quanto me. Forse messa anche peggio di me, a giudicare dalla lista di cose che le opprimevano la testa. Le enunciò una dopo l’altra, probabilmente notando anche lei che qualsiasi muro di circostanza fosse stato posto in mezzo a noi era crollato come un castello di carte al primo soffio del vento.
Mi aveva ringraziato per qualcosa che lei aveva fatto per me e avevo accolto quelle parole con un semplice cenno del capo; senza ribattere, senza farle notare che quella situazione si era generata a causa mia ed era stata lei quella 'gentile', così disponibile da provare compassione - non gradita, per quanto utile - per qualcuno che, forse, credeva simile a lei. A giudicare dal fatto che odiasse la gente, doveva aver pensato di avere almeno questo in comune. Quella sociofobia, l’ipocondria, l'ansia sociale, l’arroganza… Non erano che residui di una pessima influenza nei miei anni più importanti di crescita. Se fosse stato così anche per lei, so che avrei sperato quantomeno in un buon compenso dal karma per aver aiutato un disagiato. Non era poi così male. Era affascinante, era bella e aveva cervello. Mike se la teneva stretta perché aveva trovato il suo tesoro. Non avrei mai potuto capirlo, se non avessi incontrato Megan; ma avevo anche io il mio tesoro, adesso, e capivo cosa significasse. Non avevo che da dargli ragione.

Consideriamo il debito saldato. La sedia del tavolino era comoda, non l’avrei mai provata se non fosse stato per te. – risposi, infine, distendendo un angolo delle labbra in un sorriso sbieco, con la fossetta sulla guancia che intenerì il mio sguardo. Tutt'altra storia rispetto ai primi minuti di assoluto disagio passati con lei a cercare discorsi campati in aria.
La vidi aggirare il tavolo e dirigersi al bancone, forse con l’intento di prendere quel qualsiasi cosa fosse rimasto per Mike. Avrei voluto che fosse stata diversa, più attenta, che avesse potuto aiutarmi con quella mia ignoranza in fatto di dolci, ma avrei vissuto anche senza tale conoscenza. Prima o poi, avrei semplicemente chiesto a Megan cosa le piacesse e lei, senza sentirsi addosso la pressione di un’aspettativa, mi avrebbe risposto con tranquillità; a quel punto, comprarle un dolce non sarebbe stato solo facile, ma anche piacevole.
Salutai di nuovo la Tassorosso con un cenno del capo, per lasciarla ai suoi acquisti.
Nessun rancore, ma il mio ego manca della giusta dose di empatia per consentirmi di respirare troppo a lungo la stessa aria di una persona con disagi simili ai miei, per cui andare via era il minimo che potessi fare per riprendere a respirare. Quasi che la calca intorno a noi era passata in secondo piano.
Quasi.
Perché quando, finalmente, mi decisi ad accennare un passo per uscire, mi sentii di nuovo male. Il sapore di sangue misto a bile permeò dalla gola. Strinsi i denti, cercando di noncurarmi della vicinanza a quella gente, delle spallate a mo di “permesso”. Con lo sguardo fisso verso la porta che, per un crudele scherzo del mio inconscio, con un effetto ottico del tutto irrazionale, sembrava farsi più lontana a ogni mio passo verso di lei.
Quasi stentai a crederci quando ispirai l’aria fresca della sera. Ero di nuovo libero.
“Oh, no no! Guarda quanta gente c’è, non troveremo più niente!”
“Hai davvero intenzione di presentarti alla festa senza portare nulla?”
“Puntiamo sull’alcool. Qui non troveremo più niente di sicuro, dai! Non perdiamo altro tempo!”

Mi voltai al suono di quelle voci. Due ragazze, poco distanti, intrapresero una discussione che il mio cervello si impose di elaborare come ‘rilevante’.
Ecco, una festa. Di chi o di che tipo non mi era dato saperlo, né avevo interesse a scoprirlo, ma ciò bastava a spiegare l’assalto a Florian.
Inspirai ed espirai una grossa boccata d’aria, poi scambiai l’ossigeno per il benessere effimero che mi concedeva la nicotina accendendomi una sigaretta.
Se in quel frangente, o nel frattempo, fosse uscita anche Thalia, avrei rivolto lo sguardo su di lei espirando una boccata di fumo.

Prendi la passaporta o la metropolvere? Io vado ai confini, dalla passaporta. Assurdamente, mi dà meno noia. – avrei spiegato, indicandole la direzione alla mia sinistra, lì dove attraversando la via principale si giungeva al limitare di Diagon Alley, al lato opposto del villaggio rispetto al Paiolo Magico.
 
Top
view post Posted on 26/6/2023, 19:46
Avatar

You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

Group:
Caposcuola
Posts:
4,398

Status:


out of the ordinary

Uscii dal locale respirando a pieni polmoni l’aria salubre della via principale, senza tuttavia eccedere nella reazione positiva che quell’insperata libertà mi aveva cagionato. Avevo iniziato a capire che quella ressa al bancone e l’incetta di dolciumi e leccornie fosse dovuta ad un evento comune, che avrebbe richiamato decine di persone nello stesso luogo. Con una leggera ironia pensai che avrebbero potuto anticipare la cosa all’interno del locale di Florian: già che c’erano potevano incrementare le vendite del pasticcere più famoso di Diagon Alley, non solo razziando l’espositore, ma animando il luogo in quella che si sarebbe prospettata - al contrario - una serata tranquilla per tutti i garzoni.
Credetti di intercettare lo stesso sollievo nel volto di Draven, la sua figura alta mi affiancava poco oltre l’uscio del locale e lo vidi cercar conforto in un vizio che avevo cercato di far mio, senza riuscirvi davvero. Doveva essere stato stressante tentare la fuga, alla fine, ma avevamo entrambi riguadagnato la libertà e un piccolo premio, supponevo, non gli avrebbe certo fatto male. Le persone, dopotutto, potevano essere più letali del veleno, a volte.
Lasciai che il silenzio dei primi istanti parlasse del nostro reciproco benessere nell’esser sfuggiti all’orda affamata di zuccheri, mentre gli ultimi ritardatari uscivano sconsolati e chi - invece - aveva vinto il proprio dessert in un gioco al massacro e se ne andava con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia. Li guardai uno ad uno, immaginando in quanti si sarebbero ritrovati a offrire lo stesso dolce al padrone di casa, in un tripudio di fantasia e ovvietà. Fu in quel momento che Draven formulò una domanda e interruppe la mia spirale di riflessioni ciniche.
«Non credo che prenderò né l’una né l’altra..» mormorai, abbozzando un sorriso compiaciuto «Non intendo smaterializzarmi, anche se potrei, ma devo fare un salto a casa di mia nonna che vive poco lontano da qui, perciò… partirò da lì usando la Polvere Volante.»
Tirare in ballo Martha era un colpo basso perfino per me, dato che non vedevo l’anziana strega da qualche mese abbondante, così come il resto della famiglia. Tuttavia, era l’unica scusa che il Serpeverde si sarebbe potuto bere con facilità. Del resto, non ci conoscevamo così bene e avrebbe faticato a capire che dietro il bel sorriso affabile si nascondesse una bugia a fin di bene. Ero a Diagon per una ragione precisa e nessuno mi avrebbe impedito di portar a termine il mio compito.
«Però ti posso accompagnare alla Passaporta, se non ti disturba l’idea.» feci spallucce, guardando l’orologio che portavo al polso a considerando i tempi necessari a girare il centro di Diagon.
Dovevo trovarmi nel posto giusto al momento giusto e non era detto che Draven potesse essere un intralcio in questo senso: inoltre, non desideravo restare da sola troppo a lungo. Avrei avuto tempo in seguito per annoiarmi nell’attesa, quindi tanto valeva ammazzare il tempo socializzando un po’.
Così, una volta scoperta la direzione da intraprendere, avrei ceduto il passo al Serpeverde, concedendogli un rarissimo spiraglio di pettegolezzo che lo riguardava.
«Non ti conosco affatto, Draven Shaw, ma devo ammettere che il poco tempo passato insieme ad annoiarci rende giustizia all’opinione positiva che Mike ha di te.» lasciai in sospeso la frase giusto il tempo che questa sedimentasse nell’orgoglio del ragazzo che mi affiancava, assaporando - qualora mi avesse concesso un pizzico del suo imbarazzo - la reazione che quelle parole dovevano avergli suscitato. «Se sapesse che te lo sto dicendo mi ucciderebbe, ma… se togli la Wagner dall’equazione, hai una buona influenza sui Serpeverde e su chi ti circonda.»
Ricordavo benissimo l’episodio della Strillettera nei dormitori verde-argento, l’ira di Mike e quel suo ritardo al ballo dell’anno precedente. Eppure sapevo che l’ironia delle mie parole non avrebbe spostato di un centimetro l’opinione che Draven aveva del Prefetto Grifondoro - né avrebbe mutato la loro amicizia - a dispetto di quanto Mike potesse aver da ridire su di lei. Mi limitavo semplicemente a riportare una confidenza del tutto innocente, un tentativo reso palese dal tono leggero della mia voce e dal sorrisino che mi increspava le labbra. Per quel che sapevo della Wagner - ed era gran poco per esperienza diretta - la ragazza doveva essere un po’ vivace, ma essenzialmente innocua. Draven, forse, aveva trovato il modo di stuzzicarla e ammansirla allo stesso tempo. E questo, in un attimo, mi riportò alla mente il mio rapporto con un’altra Grifondoro. Lei finiva sempre per entrare a gamba tesa in qualsiasi conversazione, pensiero o ricordo, ma decisi di non rabbuiarmi per questo: Nieve aveva fatto le sue scelte ed io le mie.


© Thalia | harrypotter.it

 
Top
view post Posted on 3/7/2023, 16:20
Avatar

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

Group:
Caposcuola
Posts:
2,925
Location:
London, UK

Status:



Il sapore del tabacco, inspirato e assaporato all’aria fresca del tardo pomeriggio, era inebriante. Dopo tutto quel tempo passato al locale, nel disagio e nell’insofferenza, fumare era l’unico modo per riprendere a respirare come si deve, per scaricare la tensione. Senza nessuno intorno, senza le occhiate di traverso, le grida e la pressione della massa che si era accalcata da Florian, ebbi modo di riprendermi in pochi istanti. Bastò la sola idea, di essere di nuovo libero e proseguire per la mia strada senza ulteriori intoppi, a rigenerarmi.
Anche il semplice parlare alla Caposcuola fu decisamente più facile, non più dettato da quelle condizioni di claustrofobia, né dall’obbligo morale che avevo percepito nei primi minuti seduti al tavolo con lei passati a chiedermi come dovessi intrattenerla o se fosse appropriato da parte mia farlo. Era andato tutto in discesa dal momento in cui lei si era persa tra i suoi pensieri, distogliendo l’attenzione che si era –forse– imposta di prestarmi per via di quelle stesse condizioni che avevano messo a disagio me.
Fu più facile voltarmi a guardarla, illuminata dalla luce arancione di un tramonto lento.
Dopo anni passati nel mondo magico, non mi era ancora chiaro se Diagon Alley facesse parte di una Londra magica o se semplicemente fosse magicamente collegata alla metropoli inglese, ma il cielo era diverso lì rispetto a quello che potevo vedere da casa mia, nel South Kensington di quella città. Era più pulito, privo dello smog babbano; per certi versi, più simile a quello che si poteva vedere in prossimità del castello di Hogwarts.
Alzai lo sguardo a osservare quel connubio di colori sopra le nostre teste quando mi giunse la voce della rossa.

Credevo non ci si potesse smaterializzare a Hogwarts. – dissi, osservando quella che mi era stata riferita come una regola ferrea. Anzi, forse era più appropriato definirla come una vera e propria legge vigente nel castello.
Tutte le volte –poche– che Lilien era venuta a trovarmi a Hogwarts, per un motivo o per un altro, mi aveva sempre chiesto di vederci ai confini, quasi sul limitare della strada che portava al villaggio di Hogsmeade. Avevo sentito dire che non era permesso agli ospiti di entrare nella scuola senza previa autorizzazione del Preside Peverell. Doveva essere un qualcosa di offensivo per una personalità così orgogliosa e altezzosa qual era quella di mia nonna, che andava e veniva ovunque, rinomata e rispettata.
Chissà perché, ci pensai. Forse per via di come la Caposcuola aveva accennato alla sua di nonna che viveva lì nei pressi. Qualcuno su cui fare affidamento, presunsi.
Inspirai un’altra boccata di fumo ed espirai pigramente dalle narici.

Ci hai preso gusto a scortarmi? – dissi poi, rispondendo alla sua proposta con ironia. Gli angoli delle labbra sollevati in un sorriso appena accennato, ma sufficiente a mettere in mostra le fossette sulle guance.
Le annuii, sollevando le spalle a fare eco della sua stessa mossa indifferente.
Dopotutto, non mi cambiava davvero nulla proseguire da solo o continuare ad averla intorno. Sentivo di doverle ancora un favore; forse due, considerando il modo in cui era a malapena riuscita a sostenere la mia presenza al tavolo con lei. Uno per avermi schermato da quella morra di gente, uno per aver resistito così a lungo a non-parlare con me.
Presi a camminare, in direzione dei confini del villaggio.
In quel momento, mi chiesi perché non fossi riuscito, sin da subito, a essere semplicemente me stesso con lei. Vuoi per riverenza, vuoi per suggestione, mi ero sentito in dovere di forzare argomenti di conversazione senza capo né coda; con l’ardire, oltretutto, di offendermi quando non era più riuscita a prestarmi attenzione. È che di solito quello che si annoia e ignora gli altri sono io; ricevere lo stesso trattamento era stato come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Il pensiero di quell’istante, avvenuto solo pochi minuti prima, mi fece storcere il naso in una smorfia. Durò pochi secondi, forse nemmeno il tempo necessario affinché la ragazza potesse accorgersene, perché le sue parole seguenti quasi mi fecero scoppiare a ridere. Rimasi, per un lungo istante, senza fiato nel tentativo di trattenermi e prendere in considerazione il discorso appena aperto con la serietà che ci si aspetta da un Prefetto. Arricciai le labbra e le umettai con la punta della lingua a celare l’ombra di un sorriso divertito.
Mi inorgoglì sapere che Mike avesse una buona opinione di me, nonostante la pessima influenza di Alice Wagner nella mia quotidianità, ma trovai sinceramente buffo che all’esterno passassi per… una brava persona?
Tutti i ragazzini che, nell’ultimo anno, si erano ritrovati appesi a testa in giù dalle catene del Barone, nelle loro camere in dormitorio, per la più minima delle marachelle non avevano fatto la spia, né a Mike, né ad altri. Il Caposcuola era consapevole della mia “amicizia”, volendola così definire, con il fantasma dei Serpeverde, ma –date le parole della sua ragazza– immaginai che non avesse idea di quanto quel rapporto avesse influito sul mio sadismo.

D’altronde, sono stato nominato per rendere onore ai dettami di Salazar Serpeverde. Come potrebbe essere altrimenti? – commentai. Divertito, nonostante l’assoluta serietà espressa nel tono di voce.

Non è lo stesso per te e Camille? – chiesi poi, sinceramente curioso a riguardo. La ragazza al mio fianco aveva modi posati e pacati, mentre Camille era… un cazzo di tornado.
 
Top
view post Posted on 11/7/2023, 18:39
Avatar

You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

Group:
Caposcuola
Posts:
4,398

Status:


out of the ordinary

Non mi infastidiva l’odore del fumo di sigaretta, non più di quanto mi nauseassero alcune fragranze e profumi di streghe eccentriche. Avevo imparato a sopportarlo grazie alla convivenza forzata con Drake, seppur questa fosse durata solo poche settimane, e anche se non mi piaceva granché respirarne passivamente gli effluvi cominciavo a capire che la libertà individuale era possibile solo con una passiva e costante accettazione che certe cose non potevano cambiare.
Così, convinta delle mie idee all’avanguardia, avevo cominciato la mia passeggiata con Shaw tenendomi a distanza di sicurezza, confermando che il tentativo di ribellione al ballo scolastico era stato - e sarebbe rimasto negli annali - soltanto un atto inutile, senza capo né coda.

«Ed è così, infatti.» risposi velocemente, facendo spallucce «Ma nessuno ti vieta di comparire qualche metro più in là del confine. Già arrivare ad Hogsmeade senza fuliggine tra i capelli è una conquista, credimi. »
Sorrisi maliziosa, alludendo alla sciocca vanità che non era più soltanto retaggio dell’essere femminile. Qualcosa mi diceva che nemmeno Draven apprezzasse la cenere calda tra il colletto della maglietta e la pelle sensibile della nuca. Peggio ancora sarebbe stato se quella gli fosse finita tra i capelli!
Del resto, una volta appresa la sottile arte della Smaterializzazione, le regole rigide sul suo utilizzo non erano altro che una sciocca costrizione magica da piegare al proprio bisogno all’occorrenza. Non potevo affermare di riuscire a coprire la distanza Hogwarts - Diagon Alley per l’andata ed il ritorno - nessuno avrebbe potuto -, ma valeva la pena sottolineare che esistevano metodi più veloci, efficaci e discreti del piombare nell’alveo di un caminetto nel bel mezzo di una sala da té.
«Se non sbaglio hai quasi diciassette anni, no? Presto imparerai a smaterializzarti e non vorrai più farne a meno.» commentai allegra, forse mostrandogli per la prima volta che anche io sapevo intrattenere una conversazione leggera e spigliata, ben distante dall’idea che volevo attribuire di me stessa. Rigidità e compostezza cominciavano a starmi strette, ma riconoscevo in queste due caratteristiche la qualità straordinaria di garantirmi uno spazio che fosse solo mio; nessuno voleva davvero aver a che fare con me se mi rendevo sgradevole dando l’impressione di essere un po’ snob. Sapevo anche, d’altro canto, di non riuscire troppo bene in questa impresa: esistevano persone capaci di annullare ogni mio sforzo e Mike era una di queste.

«Aspetto che giunga l’ora di incamminarmi altrove, quindi devo pur ammazzare il tempo… non ti pare?» obiettai giocosamente. Forse non avevo ben considerato Shaw quando, nella pasticceria, l’aria tra noi era diventata tesa e imbarazzante. Cominciavo a scoprirlo un po’ di più - seppur con un fondo di incertezza - e mi piaceva la sua compagnia, dopotutto. Essere schivi non era sempre sinonimo di antipatia. Mi chiesi anche, rabbividendo per un istante, che cosa avrebbe pensato Megan di questa accoppiata fortuita a libero sbando per le strade e i vicoli di Diagon. Sicuramente non le sarebbe piaciuta l’idea: non potevo esserne certa, ma per i nostri trascorsi sapevo che la Corvonero avrebbe visto quell’incontro come uno sconfinamento bello e buono. Per un attimo pensai di farne parola al mio accompagnatore, ma decisi di evitare: parlare ancora di lei non mi avrebbe permesso di svicolare sui nostri spiacevoli trascorsi che, per inciso, erano colpa mia al cento per cento.

Continuammo a chiacchierare a botta e risposta per un po’ e lasciai che ironizzasse sulla propria posizione di Prefetto a beneficio della leggerezza della nostra conversazione. In uno spazio aperto, non vessato dalla presenza di troppi individui, Shaw era quasi amabile. Quasi.
«Camille? Oh, lei è poliedrica. Si adatta a quello che deve fare e svolge tutto con estrema precisione. Allo stesso tempo, però, riesce ad essere trasparente come l’acqua di una fonte. Non ci vuole troppo per capire che cosa pensa. Sbaglio?» risposi, certa di aver colto nelle parole e nello sguardo di lui una curiosità sincera e, forse, un briciolo di malizia. La Donovan ed io non condividevamo opinioni precise sulle persone, ma avevo intuito ci fosse della rivalità tra il mio Prefetto e quello che mi camminava accanto.
«Diciamo che solitamente non morde la mano che la nutre.» e alludevo alla mia persona, naturalmente «Sicuramente, però, sa difendersi da sola quando necessario. E Tassorosso sopravvive principalmente in pace e armonia proprio per questo motivo.»
Se mi avessero chiesto una dichiarazione ufficiale che esprimesse la mia opinione più sincera in merito all’operato di Camille non avrei saputo usare parole migliori. Avrei potuto lasciarmi trascinare dal rispetto che provavo per quella ragazzina tutta pepe, con la malizia nelle espressioni e il suo amore - forse un poco esagerato - per la Casa di cui faceva parte. Mi ero trovata spesso a dirle che saltare una ronda, cedendola a me, non sarebbe stato un problema se questo avesse favorito la sua vita sociale e quella accademica, ma la piccina - per me sarebbe sempre stata una figura forte seppur minuta - non voleva sentir ragioni.
Quindi, se il concorso per Miglior Prefetto si fosse mai svolto ero certa che Camille avrebbe dato del filo da torcere a qualunque opponente avesse incontrato. Ora ero curiosa, però, di sapere che cosa ne pensava Shaw.


© Thalia | harrypotter.it

 
Top
view post Posted on 27/7/2023, 11:40
Avatar

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

Group:
Caposcuola
Posts:
2,925
Location:
London, UK

Status:



Un colpo d’indice sulla sigaretta e la cenere si sparpagliò sul terreno per un brevissimo istante, sparendo subito dopo per una folata di vento. Era piacevole passeggiare con quella brezza, ma la mano libera andò a nascondersi nella tasca dalla giacca per trovare riparo; più per riflesso, che per vera esigenza. Sono sempre stato particolarmente caloroso, per cui ho sempre apprezzato temperature più rigide, ma dopo aver trangugiato mezzo litro di gelido milkshake alla menta sentivo più freddo del consueto. Una sensazione anomala alla quale mi ero abituato durante l’inverno, la causa per cui avevo iniziato ad apprezzare qualcosa di così dolce da bere, solo perché rinfrescante e rigenerante. Forse era infantile soffermarsi a pensare che, se non fosse stato per l’intervento della Tassorosso, probabilmente avrei dovuto rinunciarvi o berlo attraversando la calca di gente nel locale, rovinandomi l’esperienza, ma sono un soggetto semplice e abitudinario. Gli imprevisti mi destabilizzano.
Certo era che, dopo quell’esperienza, non presi più sotto gamba l’idea di entrare in un locale per richiedere un semplice ordine. Con immenso piacere della mia psiche, sarcasticamente parlando, avevo sbloccato una nuova fobia.
In compenso, almeno, e nonostante l’esordio traballante, tutto questo aveva portato a una piacevole conversazione.
Non trovavo fastidioso il modo in cui parlava la Tassorosso; il che, già di per sé, mi sembrava una gran cosa rispetto al modo in cui di solito sopporto a fatica il vociare umano. L’indole misantropa mi rende anche parecchio insofferente quando si tratta di dover ascoltare o, peggio, parlare.
Ma, una volta superato il panico del locale, non si era rivelato questo il caso, per mia fortuna.
Mi soffermai a riflettere sulla materializzazione, a seguito delle sue parole a riguardo. Sicuramente lo ritenevo un pregio che non avesse a che fare con cunicoli e fuliggine, motivo per cui la metropolvere non è mai stata tra i miei metodi di spostamento magico preferiti, ma comunque percepii una lieve morsa di panico all’idea di imparare quella magia. Proprio perché prossimo alla maggiore età considerata nel mondo magico, mi ero già informato riguardo i pro e i contro della materializzazione; leggere le statistiche di spaccamento, soprattutto durante le fasi di apprendimento, mi aveva fatto apprezzare il semplice e sopportabile senso di nausea che le passaporte erano solite procurarmi.

Staremo a vedere. – mi limitai a replicare, conscio di non sapere ancora quale sarebbe stato il mio effettivo pensiero a riguardo. Sono comunque nato e cresciuto tra i babbani, il pensiero di trasferire magicamente il mio corpo da un punto A a un punto B aveva del surreale, andava ben oltre le varie peculiarità che il mondo magico ha da offrire.
Presi un ultimo paio di tiri veloci dalla sigaretta e, girato l’angolo al di là della via principale di Diagon Alley, mi fermai un istante per spegnerla sotto una scarpa. La voce di Megan che mi diceva di non buttare a caso le sigarette finite mi si era sedimentata nel cervello così in profondità che, ormai, era diventata un’abitudine quella di spegnerle a terra e conservarne il mozzicone nella borsa scolastica finché non avessi trovato un cestino in cui gettarlo. Così feci e mi riaffancai subito alla Tassorosso, pur continuando a mantenere una rispettosa distanza.
Nell’andirivieni sembravamo aver trovato una gradevole dimensione dialogativa che ci portò, abbastanza comprensibilmente, a discutere di Prefetti, Caposcuola e opinioni varie.
A seguito del suo accenno riguardo il pensiero di Mike su di me, colsi la palla al balzo per chiederle di Camille Donovan. La Prefetto Tassorosso non era propriamente ciò che definirei affine alla mia personalità, tutt’altro; gli scontri con la tassina erano abituali, quasi ridondanti nella loro frequenza. Nulla da dire sul modo in cui gestiva le sue responsabilità, addirittura con zelo eccessivo, a volte, ma i suoi modi di fare, la parlantina, le occhiatacce e il modo in cui tendeva a pregiudicare qualsiasi Serpeverde mi rendevano sempre inquieto in sua presenza. Credo che una piccola, infinitesimale, parte di me –che mai avrei ammesso di avere– fosse terrorizzata da lei, così come lo era in risposta di tutte le personalità che si mostravano più estroverse di quanto la mia indole sia mai stata in grado di gestire.

Poliedrica. – ripetei a mezza bocca, con uno sbuffo ilare. Aveva un che di beffardo definire Camille Donovan semplicemente poliedrica. Era un eufemismo. Qualcuno avrebbe dovuto ideare neologismi per poterla descrivere appropriatamente; ma mi resi conto che, in mancanza, ‘poliedrica’ poteva essere quanto di più completo.

Oh, non saprei. Non ho mai a che fare con Camille tanto a lungo da farla stare in silenzio e chiedermi, se stia pensando, a cosa. – ribattei, arcuando le sopracciglia in un’espressione sorpresa; non tanto per la descrizione di lei che ne fece la sua Caposcuola, quanto per l’ipotesi che fosse davvero in grado di stare zitta ad ascoltare i propri pensieri. Non aveva peli sulla lingua, almeno; le andava riconosciuta come qualità che decisamente apprezzavo di lei, nonostante la mia totale incapacità di darle retta quando iniziava a parlare a raffica.
Immaginai che per la rossa al mio fianco tutte le caratteristiche che rendevano Camille ciò che era, difficilmente sopportabili per me, fossero per lei motivo di fiducia e non mi sentivo di biasimarla, tutt’altro. Non si poteva di certo dire che non fosse efficiente; avrei avuto da ridire sul ‘come’ lo fosse, ma non sarebbe bastata una giornata per lamentarmi di Camille. Trovavo anche divertente farlo, ma trovai alquanto inopportuno farlo in quel contesto.

Grazie del… passaggio? – dissi poi, sul limitare dei confini del villaggio, incerto su come definire quella passeggiata fin lì.
Le norme sociali, credo, avrebbero previsto a quel punto un qualche segno di congedo, tipo una stretta di mano o qualcosa del genere, ma nell’inadeguatezza più totale mi limitai a tenere le mani nelle tasche della giacca. Sollevai le spalle, come a dire “eccoci arrivati, dunque” e arricciai le labbra in un sorriso che sapeva di riconoscenza e disagio al contempo.
 
Top
view post Posted on 30/7/2023, 10:24
Avatar

You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

Group:
Caposcuola
Posts:
4,398

Status:


out of the ordinary

Mentre camminavamo per le strade acciottolate di Diagon Alley, osservando distrattamente le vetrine degli ultimi negozi e ignorando i passanti che ci superavano o incrociavano la nostra direzione, non potevo fare a meno di chiedermi come sarebbe stata la mia vita dopo Hogwarts. Adesso mi sembrava tutto estremamente lento, forse a causa del costante incedere del tempo scandito dalle stesse noiose attività - lezioni, ronde, riunioni - e quelle poche occasioni di svago erano frutto di eventi del tutto casuali; lo stesso incontro con Draven era stato una piacevole sorpresa, dopotutto.
Prima di oggi lo avevo sempre ritenuto una persona schiva, da evitare a mia volta, forse per quello sguardo serio che pareva essersi incollato sul viso; probabilmente non aveva idea dell'aura quasi austera che emanava, come se lo sguardo potesse attraversarti e farti sentire inadeguato pur sapendo di non esserlo davvero; perfino le labbra, strette in una linea sottile - ad eccezione dei rari sorrisi sardonici - davano l'impressione di essere l'espressione più pura di qualcuno che non voglia guai o seccature e, nella loro eventualità, sia pronto a restituire il favore. Lo avevo scoperto per caso al Falò, ma oggi avevo svelato una nuova versione di lui che, mi sembrava dolente ammetterlo, mi piaceva. Non era sgradevole parlare con lui e camminargli accanto, in un certo senso, mi dava un senso di sicurezza. Non che dovessi temere chissà quali eventi catastrofici, ma la sua presenza mi rassicurava. Forse era l'altezza a darmi questa impressione. Onestamente non ne avevo la più pallida idea.

«Vedremo.» gli feci eco con un sorrisetto divertito, provando ad immaginare la ragione di quella risposta vaga e, forse, un po' intimorita. Nemmeno io, l'inarrestabile Moran, ero riuscita a superare indenne l'esame di Smaterializzazione. Non mi sono spaccata, ma ho rinunciato per qualche settimana alla pienezza del sopracciglio sinistro. Un piccolo sfregio a fronte del beneficio di apprendere l'arte di comparire e scomparire; tra l'altro, tre anni più tardi, il sopracciglio era tornato alla sua forma originale con un grande piacere da parte mia, ovviamente. Non c'era bisogno che Shaw lo sapesse, però. Non mi sembrava carino mettergli ansia, specialmente dopo il movimentato pomeriggio appena trascorso.

La nostra marcia, a tratti silenziosa, ci condusse alla fine del nostro percorso. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato - prima o poi - e lo temevo più di un contagio di Vaiolo del Drago. Dovevo sbrigare le mie faccende e Draven doveva far ritorno a scuola. Ci sarei tornata anche io, a tempo debito, ma non avevo intenzione di farlo tanto presto.
«Effettivamente, quella ragazza chiacchiera un sacco.» ammisi sorridendo, sistemando meglio la borsa a tracolla sulla spalla e stringendomi nella mia giacchetta. Se Camille mi avesse sentita probabilmente si sarebbe offesa a morte, ma tenni a mente l'opzione di zittirla chiedendole di questa impensabile querelle tra lei e Shaw. Non dubitavo che il mio Prefetto avrebbe avuto molte cose da dirmi a riguardo.
«Figurati.» risposi allora, facendo un passo indietro quasi a volergli concedere il giusto spazio personale «Mi dispiace che tu debba infilarti in un camino per tornare. La prossima volta ti riporterò indietro, lo giuro.»
Non mi resi conto immediatamente delle implicazioni della mia promessa. L'avevo intesa come una gentilezza, l'ultima di una serie, e mi aspettavo un diniego da parte sua; qualcosa mi diceva che Shaw stava riflettendo sul modo più educato e pacato di dirmi che non ci sarebbe stata una terza volta o che non voleva approcciarsi alla smaterializzazione congiunta. Non con me, in ogni caso.
«Beh...» la consapevolezza di aver esagerato, forse, mi zittì per un momento. Trovai quasi subito, però, la voce per congedarmi in maniera più discreta.
«Ci vediamo, Shaw.»
Un altro passo indietro e mezza piroetta più in là e mi sarei rivolta al prossimo punto della lunga lunga dell'ordine del giorno. Giurai a me stessa che prima o poi avrei smesso di cacciarmi in situazioni scomode. Ovviamente, non era questo il giorno per cambiare le mie abitudini.


© Thalia | harrypotter.it

 
Top
20 replies since 2/4/2023, 19:04   480 views
  Share