From Ashes Through Blood, Quest di Background, Draven E. Shaw & Adeline Walker

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view post Posted on 3/1/2024, 22:44
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-Mrs. Walker, sono certa che capirà ancora meglio.-
Adeline aveva allungato nuovamente una mano, rigida come se ogni suo singolo muscolo, la pelle, l’animo stesso si fossero fatti di pietra.
Aveva stretto talmente tanto forte i pugni, che adesso le dolevano i palmi e le dita.
-Non vi farò leggere tutto il contenuto nella scatola ma arriveremo al dunque, per gradi, secondo le mie volontà.-
La lettera tra le sue mani aveva tremato appena mentre Londra si era trattenuta a stento dall’accartocciarla, lanciarla, bruciarla, non importava - il peso di quella verità letteralmente a portata di mano lettera, improvvisamente, era troppo.
Lo sguardo bicromo cadde sul foglio di pergamena, con la stessa gravità di un masso lasciato cadere nell’acqua.
Plumf.
E lì dentro, Adeline annegò.
”…Dovresti conoscere anche Ameliè: è intelligente, gentile e sempre così solare… “
La Medimag si ritrovò a leggere più e più volte quelle poche righe.
All’inizio neanche quasi in grado di comprenderle davvero.
Quella - quella era la testimonianza di una vita vissuta – la testimonianza che Ameliè Walker era esistita davvero – ed era intelligente – e gentile – e solare – lei era e basta, ed era anche come.. come lei?
Adeline era come sua madre?
Ed era allora davvero per questo - questo essere come lei ma non lei, non essere abbastanza sempre, ancora, comunque, non essere e basta - che sua zia Ada la odiava a tal punto?
”…Adeline è uguale a suo padre, non so come fare con lei ma confido che prima o poi le passi.”
Spoiler alert: “No – non le sarebbe passato niente - mai.
Imperversava talmente tanto il caos – una tempesta e mareggiata nel pieno della sua terrificante magnificenza – o magnifico terrore – entro il costato di Londra, che il suono dello stridio tra quell’immagine e al contempo la marmorea immobilità della ex Bronzo Blu, poteva udirsi nell’acquoso silenzio che permeava la stanza.
Adeline, neanche respirava più.
La consapevolezza, quella calda, confortante – di altro arrivò a intiepidirle la muscolatura fredda e irrigidita con quella manciata di attimi di ritardo rispetto a tutto il resto.
E in realtà, anche come consapevolezza, questa fece il giro più lungo dell’intero dannato mondo interno o esterno che fosse prima di colpire con la stessa delicatezza di una accidenti di mazza da troll la al momento davvero poco poco lucida mente della londinese.
..Chi aveva scritto quella lettera.
”.. le mie adorate figlie..” - ”Tua, Lili”.
Esisteva davvero, allora, anche qualcuno al di là - al di là di sua zia Ada, al di là della sua stupida cerchia di criminali d’alto borgo che ancora andava a definire famiglia (?) – esisteva qualcuno - esisteva qualcuno.
Una nonna.
Una seconda zia – lo sguardo saettò su ”..Cecilia - la più giovane delle mie adorate figlie..”
-Chi ha – chi ha scritto, questa Lili e - parlava, Adeline, senza rendersi conto che i suoi ingarbugliati e caotici pensieri stavano prendendo forma tra le labbra, accartocciandosi tra i respiri mozzati e srotolandosi a mezza voce nel freddo spazio che la separava dagli altri presenti -Chi è Cecilia – loro sono.. queste persone, sono – queste persone sono ancora vive?-
L’ultima parola le rimase quasi incastrata in gola – e Londra ingollò un’improvvisa disperazione e tristezza altrimenti traboccanti.
Lo sguardo di mare e di bosco si alzò di scatto da quelle righe vergate d’inchiostro – mentre la mancina si allungava ancora una volta, questa volta in direzione del mago, per far sì che anche lui potesse leggere le stesse parole.
Le pupille si strinsero, seguendo i lineamenti di quel giovane – in un silenzioso e metodico studio.
In tutta quella storia perciò..
lui chi accidenti era?
 
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view post Posted on 13/1/2024, 19:28
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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La ragazza inquietante se la stava prendendo comoda, come una tortura che goccia dopo goccia riversa tutto il suo micidiale potenziale. Draven non aveva avuto una buona impressione dell’intera situazione sin dal principio, per mera diffidenza caratteriale, ma più passavano i minuti, meno si sentiva a suo agio lì. Forse per una commistione di odori e suoni, di attese e aspettative, non desiderava altro che concludere al più presto la faccenda per lasciarsela alle spalle come aveva fatto con tutto il resto che riguardava la disfunzionale famiglia in cui gli era capitato, suo malgrado, di nascere.
Lei ticchettava sulla scatola e lui batteva di rimando quel ritmo con il dorso delle dita contro il profilo del viso.
Oltre all’inesorabile scorrere del tempo c’era solo la consapevolezza di non starci a capire nulla. Ne conseguì una privata presa di coscienza nella propria mente che lo condusse a mettere in discussione quanto, fino a quel momento, si fosse creduto intelligente, sveglio, arguto e acculturato. Al di là di ciò, il nulla cosmico.
Aveva già provato a esporre ipotesi che non avevano trovato risposta e gli fu più che evidente che la ragazza inquietante stesse giocando con lui, con entrambi i suoi ospiti in quella sala; perché nemmeno l’altra donna sembrava aver intuito tanto più di lui.
Lasciati inermi in balia di quel sadico interlocutore, Draven si avvilì.
Si adattò rapidamente al meccanismo di consegna lettera, lettura e passaggio di lettera seguente. Trattenne a stento uno sbadiglio, improvvisamente stanco all’idea di doversi ancora impegnare a essere un umano funzionale solo per portare a compimento la cosa, perché: ormai che era lì, tanto valeva farla finita.
Lesse, dunque, quell’altro stralcio di storia. Ne saltò intere frasi per arrivare velocemente al dunque e, di nuovo, il nulla mentre riappoggiò la pergamena sul tavolo. A differenza sua, però, la donna dagli occhi bicromo stavolta ebbe una qualche reazione che differenziò la situazione, rendendola quantomeno più reale.

Almeno fino a stamattina, sì. Sono, rispettivamente, mia nonna e mia madre. - rispose, annoiato, con lo sguardo di nuovo perso nel vuoto.
Ecco: l’unica cosa che, a quel punto, sentiva di dare per assodato era che tra i presenti ci fosse un qualche tipo di legame famigliare. Di che tipo, non gli era chiaro. Ma soprattutto, aveva perso interesse a saperlo.
 
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view post Posted on 14/2/2024, 17:35
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UDd62IT
Attesa. Madeline si sporse in avanti e lasciò tintinnare la ceramica sul piattino. Rivolse lo sguardo ad Adeline solo quando lei le fece una chiara domanda e annuì ben prima che Draven potesse risponderle. Il passaggio del testimone, la lettera tra le dita del giovane studente - letta frettolosamente - e il fastidio palpabile in ogni ruga d’espressione che macchiava il suo volto spigoloso. Osservò ogni cosa con attenzione.
«Bene, Draven» tese il braccio in avanti e sfilò il foglio tra le sue dita con delicatezza, chiedendogli il permesso con un solo e tagliente sguardo come se lui avesse avuto altra scelta. L’espressione era seria sul suo volto, impassibile come se nulla potesse scalfire la sua pelle diamante. Madeline piegò la vecchia missiva e la rimise nella scatola.
Per esigui istanti il fruscio della carta e lo scoppiettio delle fiamme nel camino divennero protagonisti; le dita affusolate di lei accarezzavano le lettere in cerca di quella giusta, l’ultima.
«Cecilia, Adeline e Ameliè sono sorelle, figlie di Lilien Shaw» continuò con noncuranza, sfilò la lettera che cercava e si alzò l’attimo seguente portando alle labbra l’ennesima Rothmans.
«Lilien ha affidato le sue tre figlie a mio padre, il quale doveva fare loro da padre al posto di Genophilius» la rotellina dell’accendino scintillò nella penombra, «Genophilius era un uomo violento a detta di Lilien. Scatti di rabbia che a volte sfociavano in vere e proprie violenze, non solo verbali (ci sono interi racconti in questa scatola dei suoi comportamenti in famiglia). In alcune lettere Lilien scriveva degli abusi e di come era giunta ad un patto per far sì che lui la smettesse, che non toccasse mai più nessuna delle loro figlie. Così, ha cancellato loro la memoria di quei momenti inventando una storiella, nonostante mio padre fosse completamente in disaccordo» inspirò piano gustandosi il sapore del tabacco nella bocca, poi schiuse le labbra liberando una nuvola di fumo. «Ha lottato molto per mantenerle al sicuro e non si è fermata davanti a niente. Devo dire ammirevole, dopotutto, se non fosse che non l’ha fatto nemmeno davanti alla debolezza di mio padre» ringhiò con voce profonda e scosse il capo. Si muoveva nella stanza, avanti e indietro, come una bestia in gabbia che conosce la libertà e la brama più di qualsiasi altra cosa al mondo. Madeline voleva liberarsi di quel peso facendo affidamento su una verità che avrebbe potuto distruggere la vita di Lilien, così come quest’ultima aveva distrutto quella di Alexander. Draven ed Adeline erano vittime e papabili protagonisti di quella futura vendetta, di un passato che ora veniva piano a galla. Sebbene Madeline non potesse sapere cosa avrebbe acceso in loro quella confessione, nutriva la speranza di aver fatto centro, bramava di stare al fianco di quella donna e vederla distrutta.
«Devozione» disse con sdegno e una smorfia di disgusto le ombrò il volto, l’ennesimo tiro di sigaretta. «Mio padre è stato così devoto a questa donna, tanto da abbandonare mia madre a se stessa, limitandosi solo fornirle cure palliative pagate da vostra nonna» fissò entrambi e si avvicinò, ormai era giusto sottolineare la parentela. «Aveva loro, doveva fargli da “padre” ed io ero il cane che lo aspettava la sera per essere coccolata e amata tanto quanto amava loro… Non sono mai riuscita ad odiarlo, ero troppo ingenua e all’oscuro di tante cose ed ora che le so provo pena per lui: per aver amato una donna tanto egoista» le labbra si incurvarono in segno di disprezzo, ancora una volta. «Sono stati anni difficili ma non per lui. Ameliè, Adeline e Cecilia erano diventate tutto. Amava Lilien più di mia madre, l’ha amata fino alla fine e non riesco a capire perché» portò la sigaretta sul posacenere, lasciando cadere un lungo strato di cenere sul fondo. «Ameliè poi si ammalò, Lilien non è mai stata chiara con mio padre ma io credo che sia stato Genophilius la causa. Era rimasto in contatto con le figlie di nascosto da Lilien, forse una sorta di lavaggio del cervello ad hoc. In una lettera cita testualmente: “Non so come sia possibile ma c’è riuscito”» buttò fuori l’ennesima nuvola di fumo. «È una mia teoria, niente di certo. Fatto sta che lentamente ogni cosa si è sgretolata: Adeline portò con sé sua sorella allontanandola definitivamente dalla vita che fino ad ora avevano vissuto e lasciò Cecilia con la madre perché ancora troppo piccola» un attimo di pausa e riprese: «Mia madre morì qualche mese dopo la morte di Ameliè e questo li unì ancora di più: entrambi condividevano il dolore. Fino a quando Cecilia non uccise qualcuno ad Hogwarts e venne espulsa» tenne tra le labbra la sigaretta e aprì la lettera, dando un'occhiata veloce a Draven. Lo sapeva? Aveva importanza adesso? «Un incidente» aggiunse subito con lieve disprezzo. Non credeva a quella storia, bensì era certa che Genophilius c'entrasse qualcosa per DNA: nascere da un padre violento alza le possibilità di essere violenti.
Infine diede loro la missiva. «Questa è l’ultima lettera che ha scritto a mio padre prima di abbandonarlo di nuovo».

Caro Xander,
Probabilmente sarà l’ultima lettera che riceverai da me. Non credevo che mia figlia potesse arrivare a tanto, uccidere… Voglio credere sia stato un incidente. Ho cercato di proteggere anche lei ma è stato tutto inutile, me lo aveva detto che mi avrebbe portato via tutto. In qualche modo più tenti di sfuggire ai tuoi demoni più loro ti tolgono ogni cosa pezzo dopo pezzo, lentamente.
Ho perso tutto, sono stata obbligata a fingere solo per non vedere crollare ogni cosa, ho fatto cose tremende e non biasimo mia figlia Adeline per avermi portato via Ameliè e non avermi permesso nemmeno di dirle addio, né di conoscere mia nipote. Eppure, tutto sta cadendo a pezzi ed io continuo a lottare affinché non accada. Le scelte hanno un prezzo, io sono pronta a pagare: devo ricominciare e lo farò a modo mio, ho sbagliato la prima volta ed ora non commetterò più lo stesso errore, non lascerò nulla al caso. Mi dispiace molto, continuerò ad aiutarti. Riceverai i soldi che ti servono per andare avanti ma non posso rimanere e saperti in pericolo, sarebbe anche tua figlia a pagarne lo scotto: lui vi troverà e non posso permetterglielo dopo quello che hai fatto per me in questi anni. Farò un modo che smetta, farò in modo che possa esserci un nuovo inizio per tutti.

Addio.

Per sempre Tua

Lili



«Peccato che il “suo Xander” si sia ammalato e non abbiamo più visto un singolo galone» disse a bassa voce. Buttò la sigaretta nel camino e si fermò a fissare le fiamme.


 
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view post Posted on 7/4/2024, 18:12
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-Almeno fino a stamattina, sì. Sono, rispettivamente, mia nonna e mia madre.-
Fu come se una silenziosa bomba atomica – fosse esplosa all’improvviso.
Adeline sgranò gli occhioni chiari – senza neanche sapere più di avere un paio di occhi – ed entrò in apnea, trattenendo il fiato in due polmoni a suo dire altrettanto inesistenti.
Ma esisteva ancora, lei?
Esisteva ancora qualcosa - qualunque, cosa -
Esisteva ancora il mondo – poteva ancora esistere, se, Adeline Walker avrebbe giurato, sotto i suoi piedi il terreno cedeva – ma quale terreno poi – quale corpo – e tutt’attorno le pareti crollavano, il vuoto incombeva, divorava, risputava e ingurgitava masticando ancora –
Esisteva ancora –
Esisteva ancora.

I polmoni in fiamme, lo sguardo di bosco e di mare si era piantato sui lineamenti del mago – se dapprima in metodico e incuriosito studio – ora come le vitree iridi di una statua di marmo, un corpo fossilizzato nel tempo e nello spazio una lapide, allora la cui anima sradicata si faceva e disfaceva e rifaceva continuamente confusa, ingarbugliata, senza perni o punti d’appoggio di sorta.
Gli gravitava attorno, quell’anima, a quel ragazzo – e lo faceva come se dalla sua sola presenza in quella stanza ne dipendesse la sua vita e la sua sopravvivenza stessa.
-Cecilia, Adeline e Ameliè sono sorelle, figlie di Lilien Shaw.-
Quanto tempo era passato?
Un’eternità, probabilmente, le labbra ancora premute in assordante silenzio, i polmoni svuotati – solo al sopraggiungere di ciò che, ordunque, pareva quindi ovvietà - ovvietà - per i più, Londra con un piccolo respiro mozzato e dolorante aveva ripreso a respirare muta – un oceano inquietantemente taciturno e immobile nascosto entro il suo costato, un gorgo oscuro senza confini né orizzonti congelato nello spazio tempo, in una dimensione in cui il più piccolo granello di polvere adesso, cadendo, avrebbe lacerato i timpani.
Un’eternità - prima di rendersi conto che quell’oceano tanto normalmente fragoroso e caotico quanto ora silenzioso e fisso, immobile - chissà poi per quanto? - qualcosa di sé stava a onor del vero cedendo e rivelando al mondo esterno, in silenziosa testimonianza di un cuore che ancora, incredibilmente e persino per Adeline, batteva:
gocce, calde – in realtà – e salate – comunque –
a percorrerle le guance di perla e di marmo senza che null’altro nella Medimag si muovesse, battesse ciglio, desse la sola impressione che fosse viva.
Ma i polmoni immettevano ed emettevano aria come piccoli mantici ancora a lavoro, il muscolo cardiaco, nascosto, batteva, le lacrime scendevano in quel modo che è un modo di pochi - come quando ad un bicchiere già pieno aggiungi ulteriore acqua – acqua che inizia così a strabordare, scivolando silenziosa, quasi penitente, rammaricata e mortificata di questo suo gesto – … e i timpani, i timpani vibravano.
Vibravano al suono di una storia – vibravano rabbrividendo a quei suoni di quella storia.
Londra non riusciva a distogliere lo sguardo dal mago – ma al contempo in realtà ascoltava, tremava e inorridiva – allo sciogliersi e dislegarsi di quei nodi e intrecci, al riempirsi di quei vuoti.
Ascoltava quella storia – una storia pregna di amore e cura quanto di odio e violenza – una storia con talmente tanti personaggi, che ad Adeline quasi girava la testa.
Aveva la nausea.
Era troppo.
Era tutto troppo.

Quando la terza missiva le arrivò tra le mani, Londra faticò a leggerla e ad elaborarne il contenuto.
Quelle righe, quelle ulteriori informazioni, furono memorizzate in un angolo buio del suo metodico cervellino – ma lì sul momento, in questi istanti di ghiaccio, Adeline a malapena percepì il lieve singulto di un battito mancato alla parola “nipote”.
Ne aveva abbastanza.
Era stanca, era esausta.
Aveva la nausea – un’emicrania impellente, le dolevano i muscoli per la rigidità inconsciamente imposta, il suo unico e solo desiderio all’improvviso era quello di smaterializzarsi via, lontana da quella stanza – lontana da quelle persone – lontana da quella storia di violenza ed abbandono a quanto pare marchiati a fuoco nei suoi geni ben più di quanto mai si fosse aspettata.
Dopo vent’anni abbondanti di vita aveva scoperto il suo vaso di Pandora – anzi, glielo avevano più o meno letteralmente gettato in faccia, e tanti cari saluti – e adesso?
Da brava discendente di Pandora, ciò che le aveva rivelato quel gesto l’aveva fondamentalmente ferita - aveva liberato nel suo mondo demoni e mostri degni solo dei suoi incubi più bui – e in ultimo l’aveva lasciata lì, inerme, svuotata, a contemplare ciò che accartocciato rimaneva sempre, in fondo ad ogni vaso.

Trovò a malapena le energie per passare la fragile testimonianza su carta a quel ragazzo - quel ragazzo - che, ne era certa, avrebbe popolato le sue notti insonni, insieme a quei due nuovi e sconosciuti nomi – per la prima volta nella vita di Londra – legati al suo ma diversi.
Lo osservò ancora per qualche interminabile attimo – per poi voltarsi, tornando a far disperdere lo sguardo chiaro oltre la finestra incredibilmente ancora intonsa, in una stanza di fatto ancora intera, in una città inesplosa, in un mondo che ancora viveva, a quanto pare, ancora viveva a dispetto di tutto.
"Basta".
Avrebbe recuperato l’energia necessaria per smaterializzarsi e null’altro – e anzi, sino ad all’ora.. avrebbe fatto esattamente come Pandora:

[lasciata lì, inerme, svuotata, a contemplare ciò che accartocciato rimaneva sempre, in fondo ad ogni vaso.]

Edited by Adeline Walker - 8/4/2024, 09:30
 
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view post Posted on 17/4/2024, 00:40
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In un gioco fatto di sguardi, nei silenzi spezzati dai sospiri, le parole della ragazza avrebbero presto assunto forma.
Dal momento in cui Draven aveva varcato le soglie di quell’appartamento insalubre, nulla aveva avuto molto senso; a partire dalla propria presenza e poi a sciorinare tutto il resto che gli stava di traverso. Lei, con quell’aria arrogante, che bramava una vendetta a lui incomprensibile e l’altra, che continuava a fissarlo come se da un momento all’altro si aspettasse qualcosa da lui. Anche il mobilio dell’appartamento era fastidioso, ma forse era quanto di meno anacronistico e distorto c’era in tutta la situazione. Non aveva più appigli su cui focalizzarsi per estraniarsi dal contesto, non ne aveva più da quando era stato palesato il nome di Cecilia. Sua madre. E, nonostante gli sarebbe stata chiara ogni cosa di lì a poco, ancora avvolto nell’ignoranza assoluta non aveva fatto altro, suo malgrado, che chiedersi quanto di quella situazione avrebbe dovuto riferirle. Quanto, di quella situazione, avrebbe intaccato il loro rapporto già di per sé precario?
Se l’era chiesto costantemente negli ultimi minuti, nonostante l’abitudine all’insofferenza gli fosse andata incontro, assistendolo durante i minuti precedenti, sedando la curiosità abbastanza da restarne disinteressato, ma tenendola viva a sufficienza da non farlo andare via. Un equilibrio instabile, tanto quanto il corpo seduto storto su quella sedia sgangherata. Con il peso del busto riversato sul gomito sinistro, appuntato nella coscia, e il viso sorretto dal pugno chiuso. La rappresentazione della noia.
Che con quelle due avesse un qualche tipo di legame, si disse, non gliene fregava niente. Lo stomaco iniziò a gorgogliare silenziosamente, focalizzando la sua attenzione altrove; ma fu un breve istante. Il tempo di chiedersi di cos’avesse voglia di mangiare, per poi sentirsi pressare da un senso di nausea talmente invadente da occludere qualsiasi pensiero razionale.
Se l’era detto e ripetuto che non gli importava nulla di quella faccenda, eppure, quando finalmente arrivò la chiarezza, sopraggiunsero anche involontarie reazioni a catena.
Dapprima l’esigenza di sputare addosso a quella donna che il fatto che Lilien Shaw fosse una stronza manipolatrice non fosse all’oscuro di nessuno che avesse avuto il dispiacere di starle a contatto per più di poche ore. Poi l’angoscia per sua madre e le verità che le erano state tenute nascoste per quasi trent’anni, sopperita poco dopo da un peculiare senso di soddisfazione nel constatare che la sua freddezza, la sua totale mancanza di istinto materno, nonché l’aggressività, non fossero altro che il marcescente frutto caduto non lontano dall’albero. Il Serpeverde sapeva che era stata espulsa da Hogwarts, ma nessuno mai aveva voluto, o potuto, spiegargli il perché. Cecilia era stata bandita dal mondo magico… per… aver ucciso qualcuno. E… Quanti anni dopo fece lo stesso con il padre di suo figlio? Un incidente. Un altro. Due omicidi accidentali non potevano essere coincidenze e sopraggiunse l'afflizione. La consapevolezza immediata che con un tale albero genealogico la sua vita era segnata sul nascere.
Un’altalena di emozioni, che non lasciò in alcun modo trapelare dall’espressione annoiata che s’era marchiato in viso.
Ma, in tutto ciò, nemmeno per un istante provò alcuna compassione per l’interlocutrice.
Sciolse la posa ineducata e si protese verso di lei per afferrare la sua lettera.
L’ultima conferma la trovò lì, nelle parole di Lilien che accennavano a una nipote. Il collegamento mentale alle parole dette dalla ragazza dagli occhi bicromo fece il resto. Un rapido sguardo e le passò la lettera. La vide gradualmente riversare in uno stato quasi catatonico. Forse scoprire di avere delle zie, un cugino, dei parenti fu peggio per lei di quanto non fosse per Draven. O forse stava male per via di tutta la merda di contorno.

Interessante, certamente. Condividiamo un passato nefasto. Accidenti. - esordì, battendosi le mani sulle cosce con un’enfasi disturbante, dato l’alone di persistente angoscia che aleggiava in quell’appartamento. Si alzò in piedi e, come se nulla fosse, come se non avesse appena letto e ricapitolato ogni singola parola pronunciata dalla donna facendo il punto della pessima condizione in cui riversava la sua famiglia a dir poco disfunzionale, distese le labbra in un mesto sorriso.
Non aveva mai sperimentato prima un tale senso di stupore e quella fu la reazione spontanea al momento: ignorare l'evidenza con sardonica ironia.

Ma, se non c’è altro, io andrei… Ti auguro una buona vendetta. Fammi sapere quando schiatta la vecchia, tanto sai dove contattarmi. - aggiunse subito dopo.
Un cenno con il capo a mo di saluto, le labbra arricciate in quella smorfia derisoria e inappropriata.
Un’occhiata di sbieco a controllare che l’appena ritrovata cugina non fosse morta di stasi, poi si indirizzò verso la porta.
Se nulla, o nessuno, glielo avesse impedito si sarebbe lasciato tutta quella faccenda alle spalle, varcando le soglie d'uscita.
 
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19 replies since 20/4/2023, 00:12   668 views
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