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view post Posted on 18/11/2023, 13:36
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Il Fato

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London Magic Aquarium ☞ Sgabuzzino


Che dire, non c'è mai fine alla delusione. Ti sei ritrovato a cercare qualcuno che non c'è per poi scoprire che proprio questi si è macchiato di un orrido delitto. Tra l'altro, chi diamine vive qui dentro? Non è detto che sia proprio Bellamy. Ma tu sei un ragazzo speranzoso, Oliver, sebbene ultimamente la cupezza si sia inoltrata nella tua vita come il veleno di una vipera che ti ha morso inaspettatamente. Quel che ti doveva aiutare, la Divinazione, ora è un fardello, un cruccio che ti vede nell'oneroso ruolo di figlio del Fato. Un figlio minore, s'intende.
Nonostante la tua buona volontà e quell'istinto che ti solletica la nuca, nulla accade a seguito del tuo accorato richiamo. Nessun incantesimo di occultamento, nessuna traccia di vita al di fuori della prova fornita da quel povero panino sbocconcellato in fretta e furia. Le sue briciole sono ancora su quegli articoli di giornale che ti hanno scombussolato tanto.
No, Bellamy a quanto pare non è qui o, perlomeno, non è molto intenzionato ad accorrere come un Crup all'udire il suo nome.
Eppure... sei sicuro che non ci sia alcun indizio in questo bugigattolo nascosto?
Hai davvero indagato a fondo?
A volte non basta solo l'istinto, Oliver Brior. A volte bisogna essere pratici. E guarda caso, una leggera aria fredda ti fa venire la pelle d'oca. Da dove viene, se le finestre non sono presenti? Forse dalla tua destra. E alla sinistra cosa puoi vedere? Secchi di pesce, fresco stavola: niente lische, niente teste vuote. Gli occhi presentano ancora quella lucidità tipica di quando sono appena pescati.
 
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view post Posted on 19/11/2023, 11:53
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Diventa un tremito, un brivido che s'innerva lungo le palpebre. Mi ricorda il passo d'aracnide, una tela sospesa a mezz'aria, finché si trasforma in nebbia. Queste e più sensazioni sono familiari, una dietro l'altra. Manca, però, il guizzo dell'Oltre — il petto in arresto, il respiro spento. Comprendo la beffa dell'Occhio prima del tempo, e sorrido un po' curiosamente (forse in modo pure sciocco). Non c'è nulla, nulla di più. I confini si mescolano così caoticamente, mi lasciano l'amaro in bocca. Non è la prima volta, mi dico. Né sarà l'ultima, poco ma sicuro. Tuttavia, sento d'aver raggiunto un fallimento singolare — dov'è la strada, dov'è che sono diretto? Non ho più carte da giocare, penso. Ho tentato... tutto. Così è stato? L'ho fatto davvero? Mi accorgo di come, ultimamente, scoraggiarmi diventi molto più facile del solito, di certo molto più di una volta. Credere che tutto sia finito, che non vi sia altra soluzione, è un'identità verso cui continuo ad imbattermi e che, drasticamente, percepisco più affine del voluto. Non posso immaginare che vi sia un punto fermo, ora. Non posso, non voglio. Gli occhi, liberi dal turbamento futuro, spezzano i cardini del momento, e indugiano ovunque — in alto, in basso, in ogni direzione. La stanza muta in sacrilegio, spogliata in ogni dettaglio possibile: io, che sono immobile, cristallizzo il senso perduto delle cose. Non c'è finestra, non c'è Passaporta. Non c'è impronta di sortilegio. Nulla, almeno, che io possa catturare subito. Il brivido sulla nuca si disperde rapidamente, è come un sospiro di passaggio. Ho l'impulso di grattare la pelle, di scorticarla. Istintivamente, piego il capo di lato: il secchio dei pesci, l'olezzo della morte in salsedine, è il traguardo. Così è stato all'inizio, con un guizzo di curiosità malsana; eppure, non è identico: le teste mozze, gli occhi spenti, le squame opache, tutto è in metamorfosi. Tutto è... cambiato. I pesci, ora, trattengono il velo della vita recisa da poco; il respiro, infine, mi si ferma solo di sfuggita, e d'istinto sollevo la bacchetta magica. L'estensione cui coinvolgo il braccio dominante è una diagonale, dall'alto verso il basso pur di comprendere quanto più spazio possibile intorno e di fronte a me. Non ho bisogno di grandi movimenti, è un punto indefinito — mi affido ad un pizzico di fortuna e, soprattutto, all'esperienza magica.
«Finite Incantatem» Scelgo la variante verbale, affinché... possa sentirmi. L'istinto, infatti, mi suggerisce di non essere solo, non più. Forse, di non esserlo mai stato. Ho la percezione del movimento, la fiducia che vi sia un'altra presenza in stanza.
«Ti prego, mostrati. Mi chiamo Oliver.» Sono in agguato, ma la mia voce trabocca gentilezza pur in sussurro. «Ho bisogno di parlarti.»
Non al vuoto. Non più.

 
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view post Posted on 22/11/2023, 16:46
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Ti sei chiesto se quegli articoli che hai letto siano veritieri? Se davvero colui che si nasconde in questo angusto e maleodorante stanzino sia proprio Bellamy? C'è da dire che chiunque ci sia, non è molto ben disposto a venir fuori. Per questo i tuoi tentativi sono stati vani, almeno fino ad ora.
Il tuo Finite Incantatem, purtroppo, non fa effetto. Ci sono magie illusorie in grado di nascondere persone o villaggi interi; l'esempio più lampante è proprio il Ministero della Magia, nascosto agli indiscreti occhi Babbani sotto le vesti di un vecchio centro commerciale dimesso.
Lo sgabuzzino, però, non rientra fra questi. Ne hai violato il segreto nel momento stesso in cui hai potuto vedere al di là delle pareti ammuffite, ma nessun altro sortilegio sembra aleggiare qui intorno.
Forse sei da solo; forse non hai indagato abbastanza. O, forse, sei talmente coinvolto in tutto questo da non renderti conto di non possedere più molta lucidità. Non sei da biasimare: questo compleanno non si sta svolgendo come avevi previsto. Qualunque sia la tua lucidità, in ogni caso, non importa. Perché non è lo sventolio di una bacchetta ad aiutarti, Oliver. È la tua voce ed è proprio questa a richiamarne un'altra.
«Chi sei? Cosa vuoi? Come mi hai trovato?» Il sospetto che si cela nel pressante incalzare è palese, così come lo è il graffiare del timbro appartenente di certo ad un uomo adulto. È chiaro anche senza vederlo che è proprio Patrick Bellamy, ex vice direttore del Magic Aquarium. Il punto, però, è che non lo vedi proprio. La sua voce sembra provenire dalla tua destra ma, apparentemente, qui dentro ci sei solo tu.
 
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I sogni, almeno per me, confondono la mente. Importanti o meno che siano, di valore o di poco conto, hanno l'innata capacità di annebbiare ogni parvenza di lucidità; è facile, per me, tracciarne le mancanze: il battito di cuore in crescendo, il tremito atipico delle mani, la folle, curiosa vertigine che a stento mi ha lasciato in pace fino ad ora. Non sono in me, non del tutto. Mi sono gettato a capofitto in quest'avventura, quasi come a pretendere mi fosse dovuta: è il giorno del mio compleanno, merito un regalo. Oppure: ho sofferto a sufficienza, merito una pausa. Con un pizzico d'imbarazzo, mi accorgo di come sia caduto io stesso in errore, di come — a conti fatti — abbia cercato un sentiero alla rinfusa. Ho creduto che l'istinto, la fiducia, perfino la speranza, ecco, potessero favorire ogni singola azione; eppure... sono molto più in gamba di oggi, lo sono. Pecco di concentrazione, annullo il prestigio di sortilegi che ben conosco, che ho sperimentato fino a pochi attimi prima perfino sulla mia pelle. Non mi sorprende, affatto, del fallimento del Finite Incantatem. In atto, molto probabilmente, vi è una disillusione che mi è familiare e che, sciocco come sono stato, ho ritenuto stemperare in un colpo di bacchetta. Alla fine... è questo, che resta. Nulla di più di un sospiro, di un volto che gira, e gira, e gira. Cerco l'origine della voce, un po' distratto, un po' abbattuto. Sono cambiato, è certo: i miei movimenti si affrettano, le mie decisioni si consumano d'impazienza. Devo tornare all'origine di una cortesia che mi è vicina e che, difatti, non ho perduto in modo irreversibile. In cuor mio coltivo tuttora l'idea di essere ad un punto di svolta, e l'antico sognatore che sono stato — e che tutto sommato vorrei essere ancora una volta — finalmente fa capolino. Raccolgo il momento, impongo al corpo più equilibrio. La tensione delle braccia si affievolisce, rivolgo la bacchetta verso il basso. Vengo in pace.
«Mi chiamo Oliver» riprendo, in sussurro. Concretizza il sogno.
Non l'ho ancora pronunciato, a voce. Non l'ho ancora detto, neanche una volta. Sollevo gli occhi, un po' ovunque: destra, sinistra, nel vuoto che la magia protegge. Il mio tono è emozionato, pari all'espressione. Il mio volto conosce dolore, ma trattiene gentilezza.
«Fin da bambino ho desiderato un Ippocampo.» In visione, ora, il mare infinito, un cielo di perla e un'onda che travolge il tempo. Sento che il cuore stia per scoppiare.
Ippocampo. Sulla bocca ha il suono della tempesta, il profumo della salsedine stessa.
«Cerco Mr Bellamy, tempo fa ho seguito il suo intervento per la schiusa, ne sono stato innamorato fin da allora. Io...» Non perderti, vai. «Mi manda Aurelia. La prego, mi aiuti: è un sogno per me e, ecco, oggi è il mio compleanno.» Déjà-vu.
 
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view post Posted on 28/11/2023, 18:53
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Eh, Oliver, la carta del compleanno è sempre un'astuta mossa, non è così? È stato proprio questo dettaglio ad aver convinto la ligia Aurelia ad aiutarti anche se, ad esser sinceri, poi così ligia non è. Più che il sapere del tuo compleanno, infatti, è proprio il nome della dipendente a risuonare sulla bocca della voce sconosciuta.
«Aurelia?» Lo senti domandare e finalmente comprendi la sua direzione: proviene dalla tua destra. Così, ecco, vedi sollevarsi il materasso di paglia e due brillanti occhi e un naso spuntano direttamente dal pavimento dove, comprendi, c'è una botola. Una zaffata d'umido e di pesce raggiunge le tue narici quando l'uomo sposta il pagliericcio e risale delle scale che non vedi. Quando si arrampica sul pavimento, riconosci proprio Patrick Bellamy. È più o meno come te lo ricordavi, con un gran paio di baffi, l'aspetto distinto e il vestito elegante. Solo che è più sporco, i baffi sono spettinati e il vestito è sgualcito; ciononostante mantiene ancora una certa dignità mentre si spolvera la giacca e ti guarda con sospetto.
«Aurelia ti ha mandato fin qui perché vuoi un Ippocampo?» Solleva un sopracciglio cespuglioso, ma rimane a debita distanza da te. Noti che nella mano destra tiene la bacchetta che, per il momento, punta a terra. Ma Bellamy è guardingo e accenna con il mento alla scrivania. «Di' un po' ragazzino, cosa ti fa pensare che io possa aiutarti? Non leggi i giornali?» Prorompe burbero, ma nel tono della sua voce percepisci una certa contrarietà. Ci vuole coraggio a domandare ad un presunto assassino di creature magiche proprio un esemplare di quelli che ha fatto fuori. Non è così?
 
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view post Posted on 3/12/2023, 16:07
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Dovrei provare qualcosa. Sorpresa, prima di tutto: difatti, l'uomo che appare — violando la propria barriera magica — mi conferma di essere alla presenza di qualcun altro. Paura, subito dopo: Patrick Bellamy è lì di fronte, al traguardo di una ricerca che mi ha tenuto impegnato fino ad ora, e tanto tempo addietro pure. Le parole velate di Aurelia e, soprattutto, le accuse lapidarie dei ritagli di giornale sulla scrivania... ecco, non lasciano adito a dubbi: l'ex Direttore del London Aquarium è un latitante, così ricordo d'aver letto. Dovrei scappare, correre via, mettermi al sicuro — è un assassino, dunque, che mi si svela all'attenzione? Potrei riconoscerlo in un battito di ciglia. Bellamy non ha idea di quanto sia stato prezioso, per me. Di come il discorso tenuto alla schiusa degli Ippocampi, in passato, abbia saputo instillare in me una passione più grande del previsto, benché affatto sconosciuta. Dovrei sentirmi a disagio, perché potrei essere appena incappato nella tana del drago. Se ha ucciso dei cuccioli, cos'è che potrebbe fermarlo dall'uccidere anche me? Eppure. Eppure non provo nulla.
O meglio, nulla del genere. Ogni istinto — perfino l'Occhio, in visibilio — convergono al momento. C'è un ché di sicuro, finalmente. Ho come l'impressione di essere in una svolta, una decisiva, che non lascerò fuggire tanto banalmente. C'è troppo, in ballo. Soprattutto, una parte di me è convintissima di essere alla mercé di un terribile, madornale errore: forse è per l'indole da giornalista, forse per l'innata fiducia che nutro per il prossimo; forse è perché manca un tassello d'insieme.
Il mio è più di un desiderio nel cassetto, è una ricerca di vita. Dovrei ripetergli di essere destinato al Canto dei Mari, di essere uno dei pochi, rarissimi parlanti Maridesi in giro per il paese; dovrei ripetergli di essere un esperto delle creature magiche, di aver donato tempo — ogni mio tempo — ad altri mondi, ad altre vite. Ripetermi non aiuterà.
«Per lei Il Cavillo è un giornale?» rispondo, nitidamente. La bacchetta volge in basso, gli occhi tuttavia stringono la figura dell'altro: Bellamy detiene l'impronta di rispetto che ho già percepito in lui e che, di nuovo, mi attira terribilmente.
«Mi corregga, Dottor Bellamy. Lei sembra essere ricercato, eppure resta nel luogo in cui ha perpetrato il delitto.» Sollevo le sopracciglia, un cenno di sola confusione.
«Ero presente alla schiusa degli Ippocampi, ricordo il modo in cui abbia presentato l'evento. L'ha soprannominato "meraviglia", ricordo i sacrifici e l'impegno di cui noi, alla Gazzetta del Profeta, abbiamo raccontato. Io non sono un ragazzino.» Veloce. «Sono Vice-Redattore del Profeta. Mi aiuti con la mia ricerca e io darò voce alla vera storia, la riscatterò.» Lo sguardo torna ai ritagli di giornale della scrivania, e poi in alto, verso il mago di fronte.
 
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view post Posted on 12/12/2023, 17:09
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Sei un formidabile connubio di istinti, Oliver Brior. Ingenuamente si pensa che nell'uomo ne esista solo uno e che vada di pari passo con la cosiddetta "ragione". Non è così, o almeno non lo è per tutti.
Tu rientri in quelle poche persone che racchiudono nella loro anima molteplici volti, un baule prezioso per la Vita. Non solo la tua, ormai questo è chiaro. Nel tuo cuore c'è posto per molto, anche se puoi sentirti spezzato. Se Bellamy potesse vedere il colore della tua aura non vedrebbe un bianco abbacinante, ma uno splendido bianco opalescente, come la spuma del mare da cui rinasci ogni volta che ne emergi.
C'è qualcosa nel tuo sguardo che fa sorridere, sotto i baffi, l'ex direttore; un sorriso che si apre di più e diventa visibile anche a te quando precisi la natura del Cavillo. Forse è bastato anche solo questo a convincerlo che non sei un pericolo. O forse è stata la tua voce limpida.
«Sei arguto, ragazzo. Capisco perché mia figlia ti ha portato fin qui, allora. » Rinfodera la bacchetta, si spolvera il completo logoro e ti si avvicina. Noti che è leggermente claudicante. «Ma non c'è nulla che puoi fare per riabilitarmi.» Ti dice con scetticismo. «E nemmeno lo voglio, forse.» Contrae le sopracciglia, abbassa lo sguardo a terra. Probabilmente è una bugia che sta dicendo più a se stesso che a te.
Senza dire altro, ti volta le spalle e torna verso il pagliericcio. Lo sposta con le mani e ti fa cenno di avvicinarti. Lì dove dovrebbe esserci la struttura di un letto vedi, invece, delle scale che scendono nell'oscurità. L'odore del mare, adesso, è più forte. Voltandosi verso di te, ti scocca un'occhiata penetrante. Sembra indeciso, ma solo per un attimo.
«Vieni.» Scavalca faticosamente il bordo e scende dabbasso. Lo segui, cos'altro puoi fare? Ad ogni gradino l'umidità è più intensa, il freddo si fa più pungente, ma Bellamy sembra esserci abituato; a te scende un brivido, ma non è abbastanza per fermarti, giusto?
E fai bene. Perché quando i tuoi occhi si abituano alla luce bluastra, li vedi.
Una grande vasca, non poi così diversa da quelle del piano di sopra aperte al pubblico, copre gran parte di una parete che si rivela piuttosto profonda. Abbastanza da ospitare una grotta scura, pietre, anemoni e alghe.
Ci sono tre ippocampi e la loro giovinezza è evidente. C'è, però, qualcosa di strano in loro.
«I cuccioli sono qui. Al sicuro.» Bellamy parla duramente, posa un palmo sul vetro e allora, nel riverbero azzurrino, noti un bagliore di dolcezza nei suoi occhi vergati da rughe profonde.
«Li volevano ammazzare. Perché sono diversi.» E te ne rendi conto subito, appena uno di loro si avvicina.
È bianco, come la neve, gli occhi viola.
Sono albini.
L'ippocampo sfiora con il naso il vetro dietro cui c'è Bellamy che gli sorride con immensa tenerezza. La sua criniera ondeggia nella corrente e presto anche gli altri due si avvicinano.
«Quello nuovo...» L'uomo si riferisce chiaramente al nuovo direttore e lo fa con una smorfia sprezzante. «Non li riteneva abbastanza per la sua collezione. Non erano abbastanza grandi, abbastanza belli da reggere il confronto con gli altri acquari. Difettosi.» L'ultima parola la sputa con rabbia. Eppure la bellezza di queste creature toglie il fiato. Le loro criniere ondeggiano nell'acqua come fiocchi di neve nel cielo, le squame corrono lungo il corpo come tante perle preziose. Come si può anche solo pensare che siano orridi? Forse è semplicemente il loro sguardo gelido a spaventare l'ignoranza umana.
Gli ippocampi con un guizzo nuotano via, giocano a rincorrersi fra le alghe. Solo uno rimane indietro, più lento dei due fratelli. Ha una metà della pinna caudale più piccola dell'altra, atrofizzata.
«Soprattutto lui...» Mormora il Mago guardandolo tristemente.
 
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view post Posted on 11/1/2024, 13:31
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Resto sbalordito, un po' scioccamente. In parte perché scopro la parentela tra l'uomo che mi è di fronte e Aurelia, che ho incontrato poco prima; in parte... o forse soprattutto, perché ricevere un complimento (pur velato dalla curiosa circostanza in cui ci troviamo) dal Dr. Bellamy è, per me, un colpo dritto al cuore. Mi manda in brodo di plimpi, investendomi d'un tratto di un'energia differente. Mi ha definito arguto. Non dovrebbe entusiasmarmi, ancor più perché pronunciato da un galeotto in carne ed ossa, all'opinione pubblica. Eppure, è per me tutto. Dr. Patrick Bellamy è stato un punto di riferimento per lungo, lunghissimo tempo per me. Non gli dirò di avere un ritaglio di giornale con il suo volto in primo piano, nel taccuino che porto tuttora con me.
«Non si pentirà.» La mia frase è un po' dispersiva, s'incastona leggiadra all'intera cornice. Non mi faccio pregare neanche un istante di più, seguendo l'altro verso il passaggio segreto. Sostengo il peso della rivelazione, nascondo a mia volta la bacchetta magica nella manica della giacca e lascio che la mano destra, poi, s'accosti al cuore. Risulta un gesto semplice, ma carico di significato per me. In silenzio, come un adepto in sacerdozio, seguo Dr. Bellamy lungo il pagliericcio, giù per le scale. I miei occhi mutano in segugio, tempestati di frenesia. Volgono ovunque, in lungo e in largo. Sviscerano il buio, il brivido, il bagliore imminente; è come un labirinto che dovrebbe incutermi paura (per molti il Dr. Bellamy è un assassino), ma che, in realtà, mi fa sentire completamente fuori di me.
«I cuccioli?» La mia domanda è bizzarra. Sono così inebetito dall'aspettativa da ripetere parte delle parole dell'altro. La vasca è un dardo che mi ferisce, in bellezza. Svela la tragedia del cuore, che si fa piccolo, così piccolo, all'incantesimo che lo governa. Mi accorgo d'essere fermo, immobile. Di avere trattenuto il respiro per poco. Mi accorgo di aver accantonato la rivelazione dello stregone — li volevano ammazzare... — lontano, oltre me stesso. Tutto, in me, è in divenire. Mi sembra di trasportarmi via, via dal momento. Avanzo, il passo incerto, gli occhi sgranati; ho il petto dolente per il battito in crescendo, le mani tremanti. Tu, Ippocampo, ti presenti in manto di costellazione; tu, ora, appelli il sortilegio che mi ha condotto per mesi, forse per anni, alla tua vicinanza. Ho l'istinto di procedere, se l'altro lo permette. Di poggiare le mani sul vetro, viverne il contatto. Torno bambino, al giorno in cui — grazie al lavoro di mio padre — ho potuto solleticare il vetro di una vasca con un Tritone, il primo Maride che io abbia mai visto per davvero. Ma è altro, è un confine che è più grande di me. Ho il volto che trabocca di sensazioni uniche, di sorrisi e di nostalgia. C'è un tempo in dissolvenza, in me. Qualcosa che l'altro, il Dr. Bellamy, può scorgere, e riconoscere come parte di un destino che non è per tutti. Sono genuinamente, profondamente connesso all'incontro.
«Io... io non ho parole.» Per tutto. Per gli occhi brillanti di viola, per le criniere come vesti di ninfa, perfino per la pinna minuta di uno dei cuccioli in vasca. Torno al Dr. Bellamy, ponendomi di lato. Ho bisogno di continuare a vedere gli Ippocampi.
«Com'è possibile che nessuno abbia fatto qualcosa?» Mi fermo, correggendomi.
«Nessuno, oltre lei.» C'è gratitudine, in me. «Dr. Bellamy, io... voglio aiutare.»
Torno alla vasca, tentando di poggiarvi nuovamente le mani. Tutto, in me, è un richiamo. Voglio carezzarli, voglio sfiorarli. Voglio avvicinarmi, oltre il vetro.
 
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view post Posted on 23/1/2024, 18:41
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Bellamy lo vede, Oliver, la meraviglia specchiarsi nei tuoi occhi quando premi i palmi sul vetro. Lo vede il bagliore bluastro dell'acqua dipingersi tra le iridi screziate di smeraldo. Non dice niente, in religioso silenzio: ora è lui l'adepto al sacerdozio del tuo stupore. Quando parla, la sua voce è sempre roca, ma percepisci una morbidezza rinnovata.
«Tu mi ricordi me stesso, da ragazzino.» Ti dice, ignorando l'impatto che questa frase potrebbe avere su di te che porti una sua foto nel taccuino che tieni ben stretto come un tesoro prezioso. Ti raggiunge, posa anche lui le mani sul vetro e guarda nostalgico gli ippocampi che giocano a rincorrersi a colpi di pinne.
Nota come quello più piccolo si volti a guardare te. Poi si distrae, nei turbini d'acqua generati dai fratelli. Bellamy è silenzioso, pensieroso e per un po' nessuno osa parlare. A farvi da contorno solamente il rumore dell'acqua e qualche passo sopra di voi. Chissà dove si posiziona questo luogo in cui vi trovate.
«Gli ippocampi verranno trasferiti tra una settimana. Lo faremo di nascosto, ho preso accordi con alcuni uomini di fiducia. Saranno liberati nei pressi dell'isola di Skye, dapprima in una riserva, poi in mare aperto, il luogo che spetta loro.» Te lo dice senza distogliere lo sguardo. Se tu lo osservassi, vedresti malinconia ma anche affetto; un affetto smisurato. Poi, però, si volta e ti mette una mano sulla spalla. È morbida, calda. Così da vicino vedi che il suo volto è stanco e scavato, ma il brillio negli occhi sottolinea la sua determinazione. Lui li vuole salvare davvero.
«Vuoi aiutare, Oliver?» È una domanda retorica: il tuo viso non mente, la tua sincerità e la tua voglia di giustizia è percepibile in te, t'ammanta come un'aura dorata, ormai chiunque ti conosca (e non) lo sa e lo vede.
«Fai luce su questa faccenda. Fa' che il Mondo Magico sappia cosa Taddeus Everglen voleva fare a queste creature.» Le sue dita premono nella stoffa della tua giacca. «Non farlo per me.» Si volta verso gli ippocampi in tempo per vedere il più piccolo nuotare verso di voi. La creatura si ferma, la criniera morbida nel flusso dell'acqua. I suoi occhi ti fissano, ti inchiodano al tuo posto, Oliver. In un qualche modo, ti ricordano la tua amata Khàla.
«Ma per loro.» Sussurra Bellamy.
 
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Non credevo che il tempo potesse abitare luoghi tanto stretti. Non credevo potesse scivolare in uno sgabuzzino, districarsi in futuro, sogni e promesse.
Mi rimanda l'idea che qui, ora, si stia cristallizzando un punto fisso, e io ne sono parte vivente. Catturo l'intensità delle trame delineate, l'approdo dell'Oltre. Diventa una carezza sulla pelle, ancor più della stretta delicata dell'altro uomo che è con me. Forse... forse è questa, mi dico, la verità della mia identità. Forse è questa l'unica dolcezza concessa a chi come me, e in effetti mi rende altri. Mi trasforma in una tela d'estasi che omaggia il mio volto. Ora sorrido, e non potrei fare diversamente. Sorrido a me stesso, al traguardo che ho raggiunto. Sorrido agli Ippocampi, all'incantesimo d'onda della loro danza; e sorrido all'uomo che mi è vicino, alle intemperie causate dalle sue scelte. Se solo sapesse il peso delle sue parole, per me. Se solo sapesse il valore dell'esempio che ha inseguito, il prezzo della battaglia di cui mi ha raccontato. L'orrore della situazione delle Creature è una cornice che mal s'addice alla loro armonia, è evidente. Ma... c'è altro, per me. Sento vi sia una connessione singolare, qualcosa che mi accomuna — almeno mi piace immaginarlo — all'ex Direttore dell'Acquario. Vorrei comunicargli tutto, tessergli a cuore sereno e aperto ogni lode. Lui, che ha protetto la bellezza ad ogni costo, a suo rischio e pericolo. Dr. Bellamy conquista di nuovo il mio omaggio, in ogni forma. E mi riprometto di non dimenticare — né lui, né la promessa che gli ho fatto. Voglio aiutare. Devo aiutare.
Si ripercuote, in me, come una scossa. Mi manda in visibilio, mi fa rabbrividire. C'è così tanto, in ballo. Basterebbe un battito di ciglia per consumare il tempo, diventerebbe facile — fin troppo, penso — mandare tutto in pasto all'ingiustizia. La confessione, la visita segreta alla vasca, la stessa presenza in questo angolo sotterraneo... ogni cosa è un dono d'inestimabile valore, per me. E intimamente, lo ammetto, rimpiango di non aver modo — sopraffatto dall'emozione — di esprimerlo meglio. La gratitudine che stilla il mio viso, tuttavia, è genuina; affido agli occhi, soltanto loro, l'importanza di tale condivisione. Le mani solleticano il vetro della struttura, ticchettano dolcemente. Quasi vorrei stregare la superficie, spezzarla e rimuoverla in definitiva. E vorrei tuffarmi a mia volta, cadere in acqua e rincorrere i cuccioli in gioco. Eppure, c'è di più. C'è qualcosa in sospeso.
«Lo prometto, Dr. Bellamy. Ha la mia parola.» Muoverò il mondo, vorrei dirgli. Farò tremare le fondamenta del paese, farò leva su ogni potere, conoscenza e possibilità che mi è familiare. Lo prometto, e lo faccio soprattutto a me stesso. Lo faccio per un atto di verità, per un riscatto che non potrà attendere oltre. Vorrei aggiungere qualcosa, ma c'è un unico, pressante pensiero che mi turbina in mente e in cuore.
«Vorrei esserci, all'Isola di Skye.» Lo dico così, tutto d'un fiato.
«La prego, Dr. Bellamy. Lasci che tra una settimana io sia con voi, che possa assistere ed aiutare in prima persona. E subito dopo prometto che scatenerò la stampa e l'intero mondo magico. Mi lasci un ultimo regalo di compleanno.» Parlo con cortesia, un sorriso accennato. Quasi è un cerchio che si chiude.

 
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view post Posted on 5/2/2024, 13:04
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London Magic Aquarium ☞ Acquario sotterraneo


Non è facile avere sulle spalle il peso di un'accusa ingiusta; dedicare un'intera vita all'Acquario di Londra e alle sue creature, alcune delle quali salvate personalmente, per poi vedersi frantumare il tutto dalle mire egoistiche di un singolo collega è qualcosa di incredibilmente spiacevole e doloroso.
Pur riuscendo a salvare gli Ippocampi e pur contando sul tuo aiuto di Vice Redattore della Gazzetta del Profeta, Oliver, il professor Bellamy non si riprenderà più. Lo dicono i suoi occhi tristi mentre tu ti prodighi ad assicurargli una rivalsa. Oh, non dubita della tua sincerità: la tua passione è ormai evidente e lui non è uno stolto. Sa che farai grandi cose, glielo dice il suo istinto. Perciò ti sorride debolmente, ma non dice nulla. Si volta verso la vasca con un'enigmatica espressione dipinta sul volto rugoso. Rimugina su qualcosa, probabilmente proprio sulla tua richiesta.
Un trasporto clandestino di creature magiche è un gran rischio già di per sé; coinvolgerti rappresenta una difficoltà ancora più grande. Per quanto in gamba tu possa sembrare, rimani pur sempre un giovane con poca esperienza e, forse, anche con ben poca assennatezza visto come ti sei intrufolato fin lì.
Il ragionamento sembra richiedergli un'infinità di tempo.
«Va bene, ragazzo.» Capitola infine con un grande e rumoroso sospiro. «Sai il fatto tuo.» Ridacchia, consapevole che ad averlo fregato è proprio la storia del compleanno: è pur sempre un padre!
«Fatti trovare a Waterstein Head alle quattro del pomeriggio. In punto, mi raccomando. Troverai una bandiera scozzese sulla più bassa delle scogliere. È una Passaporta.» Non aggiunge nient'altro, anche se per un attimo lo vedi indugiare. Alla fine ti fa cenno di seguirlo verso una parete ammuffita. C'è un poster celebrativo dei primi cinquant'anni dell'acquario. Ha i bordi arricciati da un uso evidentemente frequente; Bellamy ne prende un lembo e lo tira su, mostrandoti un piccolo, umido tunnel che, come scoprirai, porta all'esterno.
«Dovrò fare quattro chiacchiere con mia figlia.» Dice severo, ma sotto i baffi sorride.
«Arrivederci, ragazzo e...» Ti scruta e ti fa l'occhiolino. «Buon compleanno.» Con un cenno del mento ti indica la vasca: gli Ippocampi sono tutti lì a scrutarvi curiosi. Anche loro, forse, vogliono augurarti qualcosa... o ringraziarti.





Bene, Oliver, puoi effettuare il post di chiusura. Quando vuoi, apri pure la seconda parte della tua quest. Descrivi il tuo arrivo sull'isola, ma fermati quando giungerai alla bandiera scozzese.
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view post Posted on 7/2/2024, 19:42
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opalescence
reflecting iridescence from the surface
london aquarium
May, 15th birthday
Il tempo è in sospeso, è un'onda che s'infrange lungo i confini — opalescente. Diventa un punto fisso, in perpetuo: riavvolge il sentiero, per intero, che mi ha condotto fino al London Aquarium, fino al Dottor Bellamy. Tra le rughe, le intemperie dell'età avanzata e la gravità celata dalla situazione vissuta, l'uomo che mi è di fronte diventa a sua volta presente. Catturo il peso della sua scelta, il prezzo delle sue decisioni. Catturo il disegno che ha realizzato anche per me, forse involontariamente, forse in modi più grandi di me. Ho creduto che in lui s'estinguesse il mio traguardo, un epilogo che ha avuto giusto evolversi. Alla fine... ho potuto incontrarlo, ho potuto parlargli. Ho potuto vedere gli Ippocampi, condividerne — pure per poco — l'incantesimo della loro natura, e l'orrore della loro storia. Eppure. Eppure, mi dico, non mi basta.
Di fronte, ora, c'è un percorso che si dipana in altri, infiniti altri luoghi, e tempi. Se chiudessi gli occhi — di scatto, con ferocia inaudita — potrei afferrare il caotico respiro del futuro. Lo sento sottopelle, un arcano che sospinge l'altro. Risulta una processione, di continuo. Non è mai stato tanto facile gettarmi a capofitto verso l'indefinito, e forse... forse una parte di me è in tentazione. Vorrei farlo. Vorrei vedere il mondo che mi attende; vorrei percorrere il viaggio che mi è stato donato in tesoro. Intimamente, in profondo, mi accorgo tuttavia di essere finalmente curioso alla meraviglia, all'inatteso.
Magari è questo, il senso dei miei passi. Tornare a sorprendere, tornare ad innamorarmi della vita stessa. In effetti, potrà apparire come una banalità, ma non credo di aver mai ricevuto un regalo di compleanno più bello, e più sperato. Non ho idea di come possa procedere, di cosa possa esservi oltre i giorni mancanti all'appuntamento; potrei saperlo, potrei rapire il tempo in panoramica. In verità, desidero non farlo. Allora è una sfida, una tutta personale — scoprire e scoprirmi. Con ogni pregio, con ogni difetto, con ogni rischio. Il futuro, per me, è per la prima volta trasparente. Si svela in visioni che somigliano a promesse, a sogni nel cassetto che diventano terribilmente, gioiosamente concreti. Lascio che la sensazione dell'Imprevisto — con lettera maiuscola — condizioni pure me, e traggo un sospiro che ha in sé il valore di sollievo, di miraggio veritiero.
«Non mancherò per nessun motivo al mondo.» Lo dico veloce, tutto d'un fiato. Quasi sembra che abbia paura di poter svegliarmi dal momento, di poter cancellare quanto accaduto fino ad ora. I miei occhi brillano al riverbero delle onde della vasca, s'ingentiliscono di gratitudine e di armonia verso gli Ippocampi e verso lo stregone. Il mio è un sorriso timido, di genuina partecipazione; increspa il volto, e trabocca in estasi e in riconoscenza in largo. Reclino leggermente la testa come in rispetto, per le creature, per l'uomo. Finché mi allontano verso il passaggio segreto che mi si prospetta.
«Grazie, Dr. Bellamy. Grazie, con tutto il mio cuore.» Vorrei restare, poggiare le mani di nuovo sul vetro e delineare i profili degli Ippocampi con le dita. C'è così tanta bellezza, in questa stanza. Ed è un segreto che mi invade, in modo assoluto. Mi giro indietro ancora una volta, come in sospeso. Infine, seguo il sentiero, il tempo, il futuro.

Grazie di cuore ♥
 
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