London Magic Aquarium ☞ Sgabuzzino
Sei un formidabile connubio di istinti, Oliver Brior. Ingenuamente si pensa che nell'uomo ne esista solo uno e che vada di pari passo con la cosiddetta "ragione". Non è così, o almeno non lo è per tutti.
Tu rientri in quelle poche persone che racchiudono nella loro anima molteplici volti, un baule prezioso per la Vita. Non solo la tua, ormai questo è chiaro. Nel tuo cuore c'è posto per molto, anche se puoi sentirti spezzato. Se Bellamy potesse vedere il colore della tua aura non vedrebbe un bianco abbacinante, ma uno splendido bianco
opalescente, come la spuma del mare da cui rinasci ogni volta che ne emergi.
C'è qualcosa nel tuo sguardo che fa sorridere, sotto i baffi, l'ex direttore; un sorriso che si apre di più e diventa visibile anche a te quando precisi la natura del Cavillo. Forse è bastato anche solo questo a convincerlo che non sei un pericolo. O forse è stata la tua voce limpida.
«Sei arguto, ragazzo. Capisco perché mia figlia ti ha portato fin qui, allora. » Rinfodera la bacchetta, si spolvera il completo logoro e ti si avvicina. Noti che è leggermente claudicante.
«Ma non c'è nulla che puoi fare per riabilitarmi.» Ti dice con scetticismo.
«E nemmeno lo voglio, forse.» Contrae le sopracciglia, abbassa lo sguardo a terra. Probabilmente è una bugia che sta dicendo più a se stesso che a te.
Senza dire altro, ti volta le spalle e torna verso il pagliericcio. Lo sposta con le mani e ti fa cenno di avvicinarti. Lì dove dovrebbe esserci la struttura di un letto vedi, invece, delle scale che scendono nell'oscurità. L'odore del mare, adesso, è più forte. Voltandosi verso di te, ti scocca un'occhiata penetrante. Sembra indeciso, ma solo per un attimo.
«Vieni.» Scavalca faticosamente il bordo e scende dabbasso. Lo segui, cos'altro puoi fare? Ad ogni gradino l'umidità è più intensa, il freddo si fa più pungente, ma Bellamy sembra esserci abituato; a te scende un brivido, ma non è abbastanza per fermarti, giusto?
E fai bene. Perché quando i tuoi occhi si abituano alla luce bluastra,
li vedi.
Una grande vasca, non poi così diversa da quelle del piano di sopra aperte al pubblico, copre gran parte di una parete che si rivela piuttosto profonda. Abbastanza da ospitare una grotta scura, pietre, anemoni e alghe.
Ci sono tre ippocampi e la loro giovinezza è evidente. C'è, però, qualcosa di strano in loro.
«I cuccioli sono qui. Al sicuro.» Bellamy parla duramente, posa un palmo sul vetro e allora, nel riverbero azzurrino, noti un bagliore di dolcezza nei suoi occhi vergati da rughe profonde.
«Li volevano ammazzare. Perché sono diversi.» E te ne rendi conto subito, appena uno di loro si avvicina.
È bianco, come la neve, gli occhi viola.
Sono albini.
L'ippocampo sfiora con il naso il vetro dietro cui c'è Bellamy che gli sorride con immensa tenerezza. La sua criniera ondeggia nella corrente e presto anche gli altri due si avvicinano.
«Quello nuovo...» L'uomo si riferisce chiaramente al nuovo direttore e lo fa con una smorfia sprezzante.
«Non li riteneva abbastanza per la sua collezione. Non erano abbastanza grandi, abbastanza belli da reggere il confronto con gli altri acquari. Difettosi.» L'ultima parola la sputa con rabbia. Eppure la bellezza di queste creature toglie il fiato. Le loro criniere ondeggiano nell'acqua come fiocchi di neve nel cielo, le squame corrono lungo il corpo come tante perle preziose. Come si può anche solo pensare che siano orridi? Forse è semplicemente il loro sguardo gelido a spaventare l'ignoranza umana.
Gli ippocampi con un guizzo nuotano via, giocano a rincorrersi fra le alghe. Solo uno rimane indietro, più lento dei due fratelli. Ha una metà della pinna caudale più piccola dell'altra, atrofizzata.
«Soprattutto lui...» Mormora il Mago guardandolo tristemente.