Dismantled, Evento straordinario | Emily

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view post Posted on 7/11/2023, 09:40
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Il Fato

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dimora dei gordon - contea di devon

7RrDdf5

Ogni tuo senso è attutito dal ritorno alla realtà, perfino la tua stessa voce appare distante, distratta dagli eventi.
Eppure sai che sei qui, nella concretezza di un abbraccio, di un contatto che John non intende scindere - a meno che tu non lo voglia.
Nel suo modo di fare puoi leggere la stanca fierezza di chi sapeva che ce l'avresti fatta, ed anche di chi sapeva che eri l'unica a poter scavare così a fondo nella storia dei Gordon.

L'albero raggrinzisce davanti ai tuoi occhi, scuote le fronde con riluttanza, essiccato da tutto quanto poteva esservi estratto, colto.


«Mancano da morire anche a me» John quasi ti precede, in un sussurro che si fa gentile, ma sempre addolorato.
Stai parlando comunque con il figlio di una madre morta. Una madre che stava solo facendo il suo lavoro, che sarebbe presto tornata a casa a rendere lieve la presenza di Cavendish Senior. Neanche lei ha potuto salvarlo, ed ora il palmo della sua mano non è che lo specchio della sua anima. Lascia che tu lo prenda, quasi appoggia la fronte alla tua per qualche secondo, come se il tuo tocco anziché bruciare, lenisse.

Ma è davvero la morte il tuo fato? Glielo chiedi, e lui ti guarda.

5mtQebG
Non si tratta più di cosa sia giusto o sbagliato, o di quel concetto infantile che divide i buoni dai cattivi. Si tratta di scelte, e di conseguenze, e questo John lo sa bene. Il suo sguardo si fa presente: lui non ti sta per mentire, né indorerà la pillola poiché le sue conoscenze su ciò che troverete, finiscono qui. «Mi assicurerò che questo non accada»
Parla così, solenne, sfiorandoti delicatamente il collo con la mano sana.
«Sapevo che il vostro albero avrebbe cercato di respingerti, era scritto negli ultimi appunti di mio padre, per questo ho-» si guarda il palmo bruciato. A ben notarlo, ora sotto una luce diversa, il rossore marcisce, si fa quasi scuro, di un blu violaceo, rimarca alcune vene che si stabilizzano come tatuaggi. Il marchio dell'albero.
John si schiarisce la voce. «- per questo ti ho dato tutto il tempo che ho potuto» torna a guardarti. Non puoi sapere quanto abbia visto, ma è chiaro che sappia che ci sarà probabilmente un altro pegno da pagare.

Sfila piano dalla tasca dai pantaloni un foglio accartocciato, per far questo recide il contatto con te. E' la prima volta che non ti tocca o non ti sfiora da quando siete in questa casa.
Distende il foglio per mostrartelo, è una bozza, un segno marcato con il carboncino. E' la porta che hai visto, quella col narciso. «E' lei?»

Il tuo marchio torna a disegnarsi sulla pelle

E nel momento in cui chiede, la casa si scuote. Piccole scosse di assestamento che non vi fanno perdere l'equilibrio ma che cambiano ciò che avete davanti agli occhi. L'albero muta, si stira, si tende, i nomi scompaiono (li ricorderai tutti?), e con loro il mobile si infossa oltre il pavimento. Come se le mura stesse avessero assunto la pozione polisucco, quella stessa porta compare davanti a te, e casa si ferma.

EMILY C. ROSE
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J.J. Cavendish
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view post Posted on 9/11/2023, 18:52
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É il dolore a legarmi a te. La consapevolezza di essere entrambi martiri di un’immatura perdita. La rabbia unisce indissolubilmente il nostro respiro, quello verso un padre che non ci ha mai voluto davvero, forse non per ciò che siamo.
Ma tu cosa sei, John?
Mi sfiora il ricordo, fin troppo recente, del villaggio forzato al silenzio ma prima che l’ombra della riluttanza possa macchiare il nostro contatto, nemmeno te ne fossi reso conto e temessi la mia reazione, il tuo sussurro mi precede, carico della sofferenza che sto provando.
Non so quanto hai visto ma l’intuisco dai tuoi occhi, la cenere di un cuore un tempo devi aver posseduto, ora richiamato dall’eco di colei che era tua madre.
Stringo ogni lembo degli abiti con cui le mie dita riescono ad entrare in contatto perché, per la prima volta, percepisco di non esser sola davanti a tutto il mio male.
Tu provi lo stesso.
Tu soffri lo stesso.
Ma i tuoi tocchi sono leggeri, come se avessi timore che possa rompermi, serbandomi una gentilezza che non credevo più di meritare.
« Mi assicurerò che questo non accada »
Sorrido amaramente alla tua affermazione e non per la fatica provata nel crederci, ma perché, come altri prima di te, potresti scappare e decidi semplicemente di non farlo.
Resti poiché, se anche la fierezza intacchi i tuoi occhi mentre mi guardi, non vuoi comunque che l’affronti da sola.
E questo basta per far sì che un piccolo lapillo di fiducia s’istilli all’altezza del mio petto.
Ma resta una cosa che non capisco…
« Perché? »
Perché lo fai?
La domanda giace sospesa nell’aere, interrotta dallo sguardo che dedico alla tua mano; ti sono grata.
Vorrei incalzare ma è la distanza a cui attingi che ora mi sconcerta, come se potessi arrogarmi ili diritto di pretenderla.
La verità è che, nel momento in cui i centimetri dividono i nostri corpi, il tepore m’abbandona e non riesco a sentire nient’altro che il calore freddo del corpo di mia madre.
La maledizione si ripete allo sfinimento, musica sgradita che qualcuno ha messo come sottofondo.
Mio malgrado, mi rendo conto che qualcosa non è cambiato: ricaccio indietro il dolore, tiro un respiro, mi concentro sull’andare avanti. Fino alla prossima implosione, alla prossima Supernova.
Le domande senza risposta non mi danno tregua, mi spingono a continuare la ricerca e, a questo punto, non m’importa più quanto sofferente possa rivelarsi. Ho lasciato ciò che restava di me nella casa dei Gordon, in quella lucente e accalorata dall’estetica presenza di coloro che l’abitavano.
Non ho più niente. Non mi rimane nulla.
Risalgo il simbolo che ora permea la tua pelle e ancora una volta, mi chiedo di quale materia tu possa esser fatto, cosa permei i tuoi pensieri o detti le tue azioni.
« E' lei? »
Mi desti da pensieri intrusivi e guardo te prima del foglio che mi porgi. Mi soffermo sul simbolo che va intaccare il polso nudo, prima del tratto a carboncino.
Annuisco, le iridi dilatate dal timore, dall’adrenalina che acuisce i battiti nel petto e dal respiro trattenuto quando il pavimento infragilisce sotto ai miei piedi.
Con la coda dell’occhio noto l’albero della mia famiglia prendere vita, mutare, distorcersi come se una tortura invisibile ne tendesse i rami fino a vederlo spezzarsi.
La porta, richiamata da non so quale antica magia o consapevolezza, assume sembianze reali. Il narciso torna a sovrastare il mio capo, per la terza volta ma, a differenza delle precedenti, è reale.
Con un passo ti dono le spalle, la sinistra s’alza con lentezza, il ciondolo col fiore riluce dinanzi alla poca luce che c’illumina. Le dita, frementi, cercano il contatto col fiore, a dimostrare che è vero e, con il coraggio di chi esiste solo per adempiere ad un unico, ultimo scopo, cerco la maniglia per spingerla via.

– Spend the rest of my lifetime trying to unlearn your lies
Only one of us is built to survive. –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ();
– Banshee
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco.
▸ CIONDOLO PREZIOSO RICORDO: Legato alla catena di Ashwinder. Si può conservare un ricordo dentro il ciondolo.
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon.
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.


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Edited by Emily Rose. - 9/11/2023, 20:45
 
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7RrDdf5

Questa casa ha scricchiolato dal primo passo che hai compiuto al suo interno. Ha accolto la tua presenza come un servo stanco ricorda a malapena il padrone. Ha lasciato che passassi come eco di tempi andati, come se avesse voluto fare di più per metterti a tuo agio ma non ci fosse riuscita.
E' un vecchio carillon che risuona in lontananza, lungo mura che non puoi toccare, in cui non dovresti entrare.
Ci prova, si sforza, ma tutto ciò che ti accoglie è il decadimento di una dinastia di cui sei - forse - l'ultima erede. I nomi su quell'albero sono quasi tutti cancellati, lo erano prima che tu ti presentassi.
La casa ricorda quando ha dovuto incidere una linea orizzontale sul nome di Lilian: tutto ha ululato, è stata un'onda d'urto che ha fatto tremare la cittadina.
Certo prima che John la svuotasse per te, prima che si immolasse a guida e guardiano, a compagno non scelto.
Prima che ti avvisasse che il tempo a tua disposizione stava già finendo, come è agli sgoccioli tutt'ora.

Tanto che quando la porta si mostra, ai primi scricchiolii John si guarda attorno, incerto se tacere o parlare. Ha un sospetto, ma non ti aprirà il cuore al punto da renderlo palese ora.
Non quando la tua domanda gli addolcisce l'espressione.

5mtQebG
«So che può sembrare azzardato, ma-» Strappa un lembo della sua maglia, la stoffa si lacera dolcemente, e lui l'avvolge veloce intorno al palmo, stringe i denti ma è tutto sopportabile, ancora. «- ma io ho bisogno di questa occasione, Milly» In fondo non è questo? Non è un fine che giustifica i mezzi? Non è corretto essersi utili fino a questo punto? «Ho bisogno di fare questo con te. Non per lui, per me!»
Certo se fosse solo questo... ma non è così, lo leggi nei suoi occhi, un calore oscuro che raggela prendendo il sangue fino alla schiena.
«Ho bisogno di te» e questa, la più brutale delle ammissioni, gli esce come un ringhio. Come se esistesse una parte di John Cavendish Junior incapace di accettare di non bastarsi da solo, di aver scelto una compagnia che possa essere per lui anche fonte di speranza.
Quella che suo padre ha provato a togliergli con ogni forma di magia umanamente possibile. C'è un motivo, Emily, per cui non ricordi così tanto questo ragazzo. Perché suo padre non è stato un bravo padre.

Ma la porta compare, si forma docile davanti a voi. Ti aspetta, e tu non la fai aspettare.
La tocchi, sfiori il Narciso che vibra al passaggio del tuo tocco, come fosse un gatto pronto a farti le fusa. Tuttavia...

Tuttavia qualcosa non va.
Puoi notarlo, puoi vederlo quando ti basta spingere il legno - John ha già sfoderato la bacchetta in cipresso - perché questo scricchioli aprendosi. Nonostante la maniglia, la porta neanche era chiusa, lo spiraglio sottile si apre fino a concedere l'ingresso ad entrambi.
A guardare la serratura, questa appare decaduta, sgretolata, distrutta da una corruzione naturale, spontanea. Non sembra scassinata, solo tanto vecchia e per niente tenuta. «Non può essere così facile» Forse è un pensiero comune, ma è anche la realtà dei fatti.
E' tutto facile, Emily. E' facile compiere qualche passo all'interno della prima caverna che vi ritrovate davanti, come se fosse un cunicolo, una catacomba scavata nella casa e come se la casa fosse poi una montagna.
Ma si apre presto, e la prima cosa che senti è acqua. Acqua di una pozza cristallina che ti bagna i piedi, si muove solo se ti muovi tu, non arriva oltre la caviglia.
Alzando lo sguardo allora puoi vedere tutto nella sua interessa: la caverna è alta come una cava, qualcosa che la casa certo non avrebbe potuto contenere. Non senza una magia antica che ne permei gli anfratti.

Nella sua immensità è illuminata da un foro in fondo alla stanza da cui filtrano raggi di luna. Direzionano la luce su di un altare in pietra. C'è qualcosa appoggiato lì sopra, ma per arrivarci devi attraversare una distesa d'acqua che inizia a farsi più profonda. Nessuna zattera, e se scegliessi la via delle rocce che costeggiano questo piccolo lago, scivoleresti per il loro assottigliarsi. L'ampiezza non è esagerata, ma a puro nuoto ci vorrà qualche minuto per attraversarlo da riva a riva.

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Quando mi hai dato alla vita, mamma, immagino d’aver pianto un casino. Chissà se per la prima aria che bruciava i polmoni o perché fossi, in qualche modo, consapevole che ogni mio battito non sarebbe più stato in sincronia con il tuo.
Ché a ogni mio forte respiro, mi ricambiavi con la debolezza dei tuoi.
Mi hai tenuta stretta almeno per un po’? Mi hai vista?
Mentre la tua pelle diveniva sempre più fredda, hai avuto il tempo di pensare che ti somigliassi?
Mi stringo con forza le braccia ma è così difficile, ora, cacciare il dolore. Ero lì, ero te e ti ho persa senza averti mai realmente avuta. Questa casa serbava per me solo un tuo eco, il ricordo dell’istante in cui il mio corpo si fondeva per un’ultima volta col tuo e potevo dirmi ancora al sicuro.
Eppure, è stato più reale di tutto ciò che abbia mai potuto avere.
Ora che scivoli via dalla mia mente, coi pensieri ad appartenermi nella loro interezza, acquisisco consapevolezza di ciò che è accaduto, di quanto io ti sia stata vicina; al contempo, il fatto che tu non sia mai stata realmente lì con me, mi dilania.
Ti ho vissuta, ma tu non hai visto me; ed è questo lo strazio più grande, ciò che mi divide da tutti gli altri membri della mia famiglia ancora in vita. Il motivo per cui io e John, in vero, non piangiamo la stessa desolazione.
Tu non mi hai mai avuta. Il nostro tempo insieme dev’esser durato qualche minuto e in quei secondi, per quanto preziosi, mi hai donato tutto e niente: una vita, certo, ma colma della tua assenza.
Le urla che hanno accompagnato la recisione del filo della tua esistenza mi perseguita, come se il bruciore all’altezza della gola non fossero lacrime che tento di nascondere a John bensì l’inizio di grida perpetue che il sangue pretende ma alle quali non mi sono mai abbandonata.
Perché non m’era dato soffrire prima. Non ti avevo mai conosciuta, come potevi mancarmi? Poteva mancarmi la figura di una madre quando quella d’un padre era più logica e tangibile?
Non m’era concesso eppure…
Io la tua morte l’ho sentita a ogni passo, a ogni caduta. E tutte le volte in cui mi sono rialzata.

Sto quasi per cedere quando mi parli, John; il capo curvo, i capelli che cadono lungo le guance e la mano poggiata sulla maniglia come se potessi reggervi tutto il mio peso.
« Ho bisogno di te »
Il mormorio delle tue parole mi giunge e io accetto la disfatta rigarmi il viso, nascosta a te.
Io ho bisogno di mia madre… Vorrei dirti ma una parte di me ancora non si concede questo dolore. La casa, Darren… L’affetto che provo per lui, anch’esso è solo un’impronta di ciò che provavi tu? Tutto quest’amore, tutto questo dolore, io non voglio sentirlo.
Ed è per questo che spingo via la porta, accetto il suo cigolare come fosse il rumore delle crepe che sto formando tra le costole nello sforzo di non abbracciare tutto questa pena.
Ed è facile portare il polso agli occhi, cibando il marchio con le lacrime di cui, esso stesso, fin dal principio, ne è la causa. Ed è facile oltrepassare l’uscio perché ormai non v’è altra scelta. Mi addentro nella caverna e la penombra iniziale cede il passo a un ambiente più ampio. La roccia, dapprima compatta e confinante come un cunicolo, si apre improvvisamente, rivelando un vasto spazio sotterraneo. La sensazione di un'antica magia permea l’aria; il suono familiare dei miei passi incerti risuona nella caverna, presto sovrastato da un suono più preoccupante, quello dell’acqua che risponde al mio movimento con dolci, temibili ondulazioni. La presenza di questo elemento, a contatto col mio Fuoco, non è per niente rassicurante e l’armoniosa sinfonia che detta con l’ambiente circostante fa di me l'unica nota stridente.
Alzo lo sguardo, le mani ancora strette ad abbracciarmi, e per qualche secondo mi perdo nella vastità del luogo. Le iridi arrossate ricadono sulla dolcezza dei raggi argentati che carezzano, gelosamente, qualcosa su una pietra in rilievo.
Muovo con cautela qualche altro passo, misuro le distanze e la profondità che mi separa da quel che devo raggiungere pur consapevole che vi possano essere mille e più ostacoli lungo la via.
Mi interessa?

M’appello al salice sciogliendo la presa accalorata. Ti lascio indietro John, non perché io lo desideri ma perché in questo preciso istante, dal momento in cui ho iniziato a sentire il male rinascere al punto da non poterlo chetare, sono finita sulla difensiva. I tuoi motivi, le ragioni per cui continui a chiamarmi con quel ridicolo nome, il gelido torpore delle tue mani e il tuo sguardo - il modo in cui mi guardi - hanno smesso di esistere quando anche il semplice fatto di respirare inizia a costarmi un’infinita fatica.
« Proiècto »; l’arma è rivolta verso di me, il gomito è alto per slanciare il braccio verso l’esterno, verso la direzione che voglio raggiungere, in prossimità dell’altare.
Le ginocchia sono già leggermente piegate, le caviglie non allineate per permettere al mio corpo di giungere in perfetto equilibrio. La mente procede per inerzia, il mio corpo la segue perché nulla può la stanchezza contro la volontà che mi spinge a voler raggiungere la consapevolezza ultima. Ho bisogno di capire se la morte della mia famiglia e l’espiazione della colpa abbiano avuto un senso.
Se il dono di mia madre e il modo in cui Jacob ha tentato di piegarmi abbiano un significato.

Ho bisogno di credere che tutto questo sangue versato nasconda uno scopo talmente grande da poter dire che ne è valsa la pena.

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dimora dei gordon - mausoleo dell'uas

7RrDdf5

Non è il momento - ti dici - per ciò che davvero John può volere da te.
Non è il momento delle sue mani, raffreddate dalla tua lontananza, non è il momento di svelare l'oscurità di un segreto che gli incatena il cuore.
Molte cose non ti sono ancora note di lui, ma la maschera del crudele senza cuore viene piano piano dismessa, in favore del cattivo la cui storia non è mai stata raccontata per bene.
E te ne parlerebbe, ma certo non lo farebbe adesso. Ci sarà modo.

Nel mettere piede con te in questo specchio d'acqua illusoria, John arresta i respiri. Perlustra solo per tenersi pronto, la bacchetta estratta è ferma in attesa di una tua mossa, o - in questo caso - di un tuo salto.
Seppur ti segua pochi istanti dopo, producendo lo stesso incanto, egli non emette più alcun fiato, affinché tu possa respirare. Resta qualche passo distante da te, e forse perché non può davvero muoversi.

Ti accorgi presto che nel tuo avvicinarti all'altare, si marchia un cerchio di rune sul terreno. Vibra di un azzurro lugubre, e - tuttavia - non frena te, solo lui. Solo chi non possiede il marchio, quello che sulla pelle ti si incide nuovamente con forza, come se ogni movimento verso la reliquia non fosse altro che una lama di pugnale che consacra la tua cerimonia. Ma tu puoi. Tu riesci.

5mtQebG
Il dolore è tollerabile, e nulla sa fermarti. Ti chiederai perché non vi siano blocchi a infrangere i tuoi sogni, già distrutti dal dolore. E, a ben guardarlo, questo posto è decadente. Una grotta tanto antica che non può esistere ancora in piedi. Tant'è che nel momento in cui sei ad un passo dallo sfiorare la reliquia, la grotta trema. Qualche roccia aguzza cade qui e lì, alcune impattano fino a distruggere il suolo, altre piombano in acqua sollevandone i moti. Resti in piedi a fatica tra gli scossoni.

Non lasciarmi qui

Una voce antica penetra dolcemente nella tua testa, non puoi opporti al suo sentire, eppure averla con te spezza d'un tratto ogni malessere. La forza vitale che attraversa la reliquia è potente, intoccata. Hai davanti a te l'UAS, il primo scettro. E' in legno rivestito da una patina scura che ne sigilla le schegge, è lungo un metro e mezzo e sebbene vi sia la biforcazione ad un'estremità, l'altra acuisce la forma di un canide, forse uno sciacallo? E' completamente nero, eppure vi legge venature traslucide di quell'azzurro che hai appena attraversato.

Adempi al tuo dovere, Guardiano

Carezzevole, ti ordina di portare a termine quella che è - ed è stata - la missione vitale per la tua famiglia, forse il motivo per cui sono tutti morti. Promette risposte a domande che non hai posto

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Lo so che mi segui. E che comprendi perché io ti abbia improvvisamente lasciato indietro.
Questa cosa è solo mia, il mio dolore non ti appartiene, né le mie decisioni verranno influenzate dalle tue parole.
Mi segui. Comunque. È ci sarebbe del conforto in questo, se solo ne fossi pienamente consapevole.
I mie respiri sono lenti, pesati, non come le azioni, così avventate, così spregiudicate che sembrano seguire un copione già provato un’infinità di volte, pur non essendo mai arrivata al termine.
Cosa succede alla fine? Non me ne preoccupo, non ora che risposte e nuove domande affollano i miei pensieri, e qualcosa di etereo, rassicurante come l’abbraccio d’una madre, mi spinge in avanti e permette al cuore l’ennesimo affranto battito.
Eppur batte.
Quando mi avvicino all’altare e il cerchio di rune mi separa da te, quasi penso di averti perso, nell’istante che serve per accorgermi che non sei più così vicino. Non mi volto, pur sapendo che troverei il tuo sguardo a spingermi nel proseguire. Non ti cerco, nemmeno quando le fitte scarnano il polso e il marchio mi ricorda che la mia intera esistenza è votato a questo momento, piegata a una responsabilità che non comprendo appieno ma che, solo nel compiersi, troverà il significato di cui ho disperatamente bisogno.

Questa grotta è lo specchio di ciò che ancora la tiene in piedi. La pietra fragile, la sua stanca, inesistente opposizione al mio passaggio, indicano un cedimento a cui il luogo si è abbandonato, quasi consapevole. É lo specchio della casa che mi ha condotta qui, dei pilastri che ancora la tengono in piedi, prolungamenti di fondamenta marcite, andate per sempre. Il riflesso di ciò che siamo noi… Tu, io, Aryadne la cui mente urla tra le labbra dei Dissennatori e Hope, che da tempo deve averla persa davvero ogni speranza.
Lo sguardo vacilla verso il terreno, si piega nell’angolo del timore, come tentato di cercarti ma la mano già sfiora la reliquia e la pietra trema.

Non lasciarmi qui.

La voce lenisce, fa socchiudere gli occhi, emettere un sollievo che forza le labbra e si perde nell’aria. Ritrovo l’equilibrio e la rassicuro di non avere comunque altra scelta, con le iridi ferme, lo sguardo fiero posato sull’oggetto come se lo vedessi per la prima volta pur riconoscendolo. Intatto, in attesa, riflette la luce che ancora adombra il mio profilo, accalora il mio palmo, quello adornato dal simbolo inciso a forza sulla pelle, più visibile che mai.

Adempi al tuo dovere, Guardiano.

E se non lo facessi? Se mi rifiutassi?
Il pensiero fa capolino tra l’ode melliflua che penetra la mente indifesa, percettibilmente infastidita che qualcuno le ordini cosa debba o non debba fare.

Ma hai altra scelta, Emily? Non puoi davvero voltargli le spalle, scendere con un saltello dall’altare e accontentarti delle povere risposte che hai ottenuto. Perché le domande, di contro, pesano molto di più e non vi troverai risposta. Persino John, alle tue spalle, non sa andare oltre. E lo hai percepito, nei suoi gesti, nel modo incrollabile in cui ti guarda, che anche lui ha da salvarsi. E lo sai, che se non ti decidi a stringere l’UAS a te, condannerai gli ultimi superstiti di questa dinastia votata forse alla rovina nonostante il tuo coraggio.
Devi almeno conoscerlo - ti dici - il motivo per cui sono tutti morti, quel dovere a cui dovevano rispondere e che ha permesso a te di vivere anche se, fosse stata una tua decisione, avresti optato di fare altrimenti.
Allora perché? Perché ti forzi così tanto di respirare? Perché t’aggrappi all'esistenza con ogni fibra del tuo essere?
Perché forse è la cosa più vera, e pura che conosci. È lì che risiede la tua forza: l’attaccamento stesso alla vita. A quella che ti è stata donata, a quella che è riuscita a far brillare di vergogna persino la morte da cui sei stata generata.
È per Louisa.
Per i momenti d’amore che ti hanno salvata quando l’odio di tuo padre ti aveva già destinata alla perdizione.
Per l'amore di lei che ti ha permesso di scoprire che ne esistono altri, anche quando son persi, quando cessano di esistere. Per Horus che, nonostante tu non sia in grado di perdonare, ti ha abbandonata perché, seppur ferita, almeno avresti continuato a volgere i tuoi occhi alla volta celeste. Lo capisci, vero? Ora che la colpa di essere sopravvissuta a tua madre ti ha abbandonata, nel momento in cui stringi il pugno intorno alla reliquia e la sua volontà ti scuote il corpo... Comprendi quanto sia grande il dono che ti hanno fatto? Amarti così tanto da voler che tu non incontrassi mai la morte, perché la loro, quella del Suo cuore, erano preferibili alla tua.

Acconsenti al tuo dovere.
Stringi il legno come se da esso dipendesse la tua vita, e in effetti così.
Ti aggrappi con forza sovrumana, incapace di capire chi dei due, a questo punto, sia la reliquia in essere.


Lo stringo e mi volto verso di te, perché ci sono riuscita. Perché pur non sapendone ancora il motivo, questa cosa ti riguarda e spero che, in qualche modo, almeno tu possa trovare la salvezza che cerchi, John.

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▸ CIONDOLO PREZIOSO RICORDO: Legato alla catena di Ashwinder. Si può conservare un ricordo dentro il ciondolo.
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon.
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.


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view post Posted on 16/11/2023, 20:13
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Il Fato

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dimora dei gordon - mausoleo dell'uas

7RrDdf5

La colpa di un sopravvissuto è la più cruda delle sentenze, non smuove altro che un nido d'odio che fa gola. Fa moltissima gola, Emily. E tu puoi sapere anche a chi.
Eppure non è una fame viscerale quella che leggi nello sguardo speranzoso di John. Lui ti incoraggia con durezza a fare ciò che devi, in sostanza è il motivo per cui ti ha protetta fin qui.

Ma la tua mano raggiunge l'UAS. Per la vita, e per la morte.

Stringi la sua solidità tra le dita ed il mondo davanti a te cambia. Tutto scompare, sei in piedi, cammini lungo una lastra umida che smuove acqua quando ti sposti. All'inizio ogni direzione è buia, poi un angolo si allumina, una nube riflette immagini di luoghi sconosciuti.

Vedi un accampamento con tende bruciate, cammelli esagitati ed il cielo d'Egitto che si riempie di stelle. Vedi due donne che muovono con loro il corpo legato da bende di un altro uomo. Non hai mai visto nessuno di loro. Vedi chiazze di sangue farsi sempre più imponenti, finché non noti un corpo strappato in due. Tagliato di netto all'altezza delle ginocchia. Noti i capelli, si, di uno strano argento, ma noti soprattutto la maschera del mangiamorte sotto il corpo martoriato.
Poi, Emily, vedi lui. Horus a terra, imbrattato di sangue, ansante per una fatica che non comprendi, e troppo vicino al corpo spezzato. Lui non ti vede, ma accanto a lui scorgi una figura.
Non l'hai mai vista. E' una ragazza dai lunghi capelli castani, ha occhi penetranti e si piega su Horus per controllare che sia tutto intero. Eppure l'occhio cade su quanto il ragazzo sta stringendo. E' L'ANKH, lo sai pur non conoscendolo, è una verità che ti si imprime nel cervello, e l'UAS lo vuole, lo brama a sé.

L'immagine cambia, gli occhi si chiudono, ma nel riaprirsi ti trovi in un baule. Davanti a te, a portata di mano ma intoccabile c'è il pezzo mancante dell'ANKH che hai visto, ma dove diavolo sei finita? Lo scettro tra le tue mani, vibra, i due si cercano senza trovarsi.

Ma ancora, di nuovo, tutto cambia. Ora per una frazione che toglie il fiato, tu ed Horus siete faccia a faccia. Lui ti guarda, tu lo guardi, e tutto cambia di nuovo

Questo turbinio è al pari di un viaggio senza controllo, un puzzle che lentamente cerca di unire i propri pezzi davanti a te, ma sta sempre a te capire come questi finiranno ad incastrarsi. Ovunque sia, Horus ha qualcosa che ti serve, lo senti all'altezza dello stomaco, poi passa lungo il cuore e ti esplode nelle tempie. ANKH ed UAS si chiamano, ma percepisci la presenza di un pezzo mancante, ti si figura in testa un trittico. Lo scettro, si ce l'hai tu. L'Ankh, spezzato e diviso, ed uno strano obelisco sezionato. La tua mente lo chiama prima che tu lo percepisca, ma con la sua voce, un manto d'ombre ti accoglie.

5mtQebG
Conosci le pareti di Villa Malfoy. La loro oscura incombenza a prenderti casa in petto. Ti strappano il fiato, lacerano in cerca di quanto hai trovato. Questa stessa casa vorrebbe chiudersi su di te come un'ampolla indistruttibile.
Eppure la sensazione è carezzevole, tiepida, quasi un punto di sollievo che fa cessare ogni male. Niente emicrania qui, niente dolore o stanchezza. Cammini, volendo o meno, cammini perché qualcuno ti chiama a sé.

Voldemort nel suo scranno. Lui condivide con te la forma dello DJED. Si chiama così il terzo elemento mancante. Le labbra inesistenti tirate in un ghigno di accoglienza e obbligo. Il tuo Signore vuole ciò che hai in mano, allunga le dita gelide - non può toccarti ancora - e t ifa cenno di donargli il tuo straordinario raccolto. «Avanti» sibila, mellifluo.
Sai quanto può essere drammatico il tono dolce che usa, quanta crudeltà nasconda nel rivoltarsi come una vera serpe. E, tuttavia, ti chiama perché tu obbedisca.

«Portalo. Da. Me» ordina il tuo Signore, colui che dà e toglie la vita dei suoi servi. Gli occhi glaciali puntati nei tuoi con sadico godimento. Lo sai che non ama ripetersi.
Riemergi dal tuo caos, John vicino a te, la caverna al limite del suo crollo. Non ci pensa due volte a portarti via da lì, con o senza il tuo consenso, ti prende per la vita - la tua presa ancora salda sull'UAS - ed in un veloce strappo siete nella cittadina fantasma. Lì dove ti ha accolto.

EMILY C. ROSE
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view post Posted on 24/11/2023, 18:38
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Ciò che offusca la tua vista non è il fuoco che ammanta l’accampamento ma la volta celeste. Lo sguardo rivolto verso l’alto, il cielo plumbeo decorato da punti di luce che, nella caverna in cui hai accettato la sentenza, non puoi di certo permetterti.
E’ il più bello che tu abbia mai visto, saresti pronta a dire, se non fosse per il fatto che il fumo ne nasconde la visuale o perché, infondo, questa meraviglia, non può raccontarti proprio nulla del suo splendore. Non percepisci nient’altro che desolazione; nelle profondità delle tue viscere, sai che il dolore non ha ancora raggiunto il suo culmine. E che, ancora una volta, non potrai esimerti, nonostante le promesse di John e la bellezza degli astri.
Una morsa al petto, lieve e familiare, ti costringe a chinare lo sguardo sull’ammasso di bende che viene trascinato via ma non hai ancora il coraggio di accettare la realtà, non riesci proprio a soffermarti sugli indizi che possano narrarti dove l’UAS ti abbia condotto. Forse non sei forte abbastanza in questo momento per affrontarlo, ma non lo eri nemmeno quando ti sei coperta della salma illusoria di tua madre, facendo inconsapevolmente attenzione a non sfidare il riflesso degli specchi, affinché tu non cedessi qualora le iridi avessero carezzato il volto di Louisa per la prima volta.
Segui le linee di sangue come hai fatto con i rami contorti del tuo albero, distingui il corpo mutilato nei dettagli. Ignori l’ennesimo particolare, cammini oltre come stessi ancora muovendoti sulla lastra lucente per avvicinarti alla nube che t’accoglie indisturbata dalla tua presenza. La maschera da Mangiamorte si staglia contro al cruore fresco e il cuore non può fare a meno di torcersi dinanzi al timore spontaneo. Ma i capelli di lui sono di un argento vivido, e il corpo lo hai già visto. Non è nessuno di coloro di cui tanto ti curi e ciò basta per proseguire nella tua visita non richiesta.
Il sangue ti porta infine da Lui, così vicino ai pezzi del seguace, che per un attimo di puro orrore non riesci a comprendere dove termini la vita spezzata e inizi la fatica della persona ancora in vita. La paura t’assale prima della comprensione perché, quando la confusione che hai negl’occhi si scioglie per circondare il capo vermiglio di Horus, lo riconosci; e tutti i pezzi che hai ignorato vanno al loro posto.
E quasi ti senti sollevata della figura che si staglia troppo vicina a lui, perché vuol dire che non è solo, che si stanno prendendo cura di lui. Eppure vorresti correre, spingerti in avanti. E ci provi solo che…
Ra, un soffio sfugge le labbra e gli occhi tornano a riempirsi dello stesso timore che t’ha assalito quando hai preso consapevolezza di Darren e del suo destino.
Eccola, pensi improvvisamente quando una forza più grande, una volontà che non t’appartiene ma ti permea, ti costringe a cercare - e trovare - l’ANKH spezzata che Lui tiene tra le mani.

Chiudi gli occhi, come se lo scettro in tuo possesso comandasse ogni tuo respiro, ogni sforzo di ricordare qualcosa che non hai mai conosciuto. Lo senti, l’UAS che ti trascina in avanti, quasi potessi davvero toccare l’altra reliquia e nel riaprire gli occhi, convinta di esservi vicino, ti viene mostrato il frammento mancante, di cui non puoi entrare in possesso. La frustrazione del legno che reggi con fare possessivo diventa un po’ anche la tua e la rabbia offusca i contorni del volto mentre vieni strappata nuovamente via.

Basta, arranchi nella mente stringendo gli occhi, quasi infastidita da quel che potrà rivelare la prossima scena perché non riesci a stare al passo coi pensieri. E forse non hai tutti i torti perché quando ti costringi a volgere lo sguardo verso l’ignoto, è l’ira di Horus che incontri.
E fa male.
Più delle innumerevoli fitte che t’assalgono senza sosta; incrementa la sofferenza, l’ingiustizia che pulsa nelle vene. Riscalda i palmi, invocando urla che mai strazieranno l’aere perché, così vicino al suo viso da poterlo quasi sfiorare, non osi muoverti.
Scettro e chiave si cercano, risuonano nel medesimo istante in cui i vostri occhi s’incrociano ma non come la sua anima che rinnega la tua e l’allontana. Stringi il labbro tra i denti con una forza tale che in un attimo una stilla di sangue macchia la pelle bianca, come nel tentativo di rispecchiare ciò che hai davanti. La rabbia contornata dal sangue, che è la tua rabbia.
Ma non il tuo odio.
Non quello che ti sembra leggere sui suoi tratti mentre gl'occhi si annebbiano dinanzi alla luce di un torto familiare.

Il tuo volto m’appartiene ma solo per momento eterno che si stabilisce in un fragile attimo; e tanto basta per sapere che, al di là del tuo rancore, dovrò cercarti.
La consapevolezza di ciò s’imprime sotto pelle e comprendo la tendenza vitale della reliquia in mio possesso, come se la conservazione della sua essenza dipendesse unicamente dall’esistenza dell’altra.
Chiudo gli occhi nell’istante in cui serri i tuoi perché non riesco più a sopportare il modo in cui mi guardi, non riesco a pensare che da quel giorno in cui hai deciso di “salvarmi”, tu mi abbia solo donato frustrazione e risentimento. Come ci si sente? A sapere di aver fallito?


A sapere che, alla fine, nel falso tentativo di proteggermi, sei stato l’unico a farmi effettivamente del male?

Ma non sarai la ragione che porrà fine alla mia esistenza, e forse non lo sarà nemmeno la decisione che ho preso quando ho accettato il simbolo che marchia il polso. Perché era inevitabile che l’Oscuro fosse coinvolto in tutto questo, persino prima che John lo rivelasse.
Mi muovo con calma tra le pareti di una dimora che casa non lo è mai stata, che ha visto il mio sudore, sangue e disperazione macchiare il marmo intatto. E le mie preghiere, Dio!, le mie preghiere al Vuoto che si cela tra le costole di queste mura e nel cuore di colui che le abita.
La pietra m’avvolge con il sollievo con cui nemmeno le tue mani, John, hanno potuto e cammino facendomi forza sulla calma che s’irradia nel corpo, e cancella ogni dolore.
Cammino verso la mia sentenza, la sento avvicinarsi a ogni passo e la testa lavora, frenetica, ora che le fitte sono un ricordo lontano e la lucidità permea i pensieri.
Cammino perché, ora che sono qui, non ho altra scelta e prima ancora di scrutare lo sguardo sovrumano che mi desidera, è lo DJED che vedo e dinanzi al quale sento lo scettro tendersi ancora una volta.
Le dita affusolate di Voldemort mi cercano e, anche se non possono toccarmi, chino lo sguardo, abituata al gelo delle sue carezze sul volto quando ero ancora una bambina.
Perché sono anni che lo evito ogni volta che la sua commiserazione me lo concede; perché sono passati anni da quando ho compreso quanto abbia giocato con le mie disgrazie per provare ad oscurare il mio cuore. È forse è questa la cosa migliore che io abbia fatto nella mia breve, screziata vita: non gliel’ho permesso; e così facendo, sono riuscita a ritagliare un angolino che nemmeno la
sua ombra, potente e tetra, ha potuto intaccare.

E mi ci rifugerò, con ogni fibra della libertà a cui anelo da tempo, perché so che lì, viva o morta, non potrà raggiungermi.

Il suo cenno, però, è ancora un ordine a cui non mi sottraggo perché so che avrò bisogno di tempo e che preferirei morire qualche ora più tardi per mano dell’UAS che per sua vendetta.
Perché siamo solo cadaveri che s’agitano tra le mura di questa Villa e a cui permette di danzare su note stonate fin tanto che è lui a dettarne i movimenti. E quando taglierò i nastri che mi legano a lui, ho bisogno che la sua vista sia offuscata dalla mia artefatta fedeltà per non accorgersene.

Non sei infallibile, Voldemort.
E al suo comando io annuisco, un lieve sorriso a increspare la bocca quando vedo il freddo piacere riverso nei miei occhi e, insieme ad esso, il mondo che può offrirmi.
Ed è il mio godimento che percepisce perché, nell’annunciarmi un’ineluttabile sentenza di morte semplicemente guardandomi, gli do esattamente la reazione che s’aspetta da me.


Non v’è distinzione, infondo, tra la gioia di poter sedere alla sua destra donandogli l’oggetto e la felicità di sognarsi liberi dalle sue mani.

Non chino il capo per congedarmi, non l’ho mai fatto e lo facessi ora, potrebbe risultargli strano. Dopotutto, son poche le cose che mi ha concesso, consapevole della grandezze di quelle che avrebbe potuto avere in cambio.

Non chino il capo perché nel tempo che intercorre nel battito di ciglia volto a nascondere l’orgoglio, mi strappi via, John, e il tuo palmo che si posa sull’addome ha la stessa intensità del dolore fisico che torna ad invadermi.
Le ginocchia cedono quando è la desolazione del villaggio ad accogliermi e il pensiero delle vite che hai cancellato è nulla in confronto a ciò che ho avvertito tra le mura di Villa Malfoy. Cado a terra, la testa tra le mani ma il corpo non trema e il mio volto non si contorce per la sofferenza.

« Devo andare in Egitto » la consapevolezza viene mormorata a denti stretti perché mi costa davvero molto rivedere il viso di Horus, perché anche io avrei voluto che le sue scelte fossero servite a qualcosa. E ci avevo creduto, mentre abbandonavo per sempre Didi e mi dicevo che avrei fatto di tutto per salvarlo.
« L’Oscuro vuole che gli porti l’UAS », sentenzio con la freddezza della lama palpabile posta al centro del mio capo, « Credo di aver guadagnato qualche giorno », ed è in questo momento che alzo il viso verso di te. Intatto, etereo, come se nessun turbamento l’avesse deturpato se non l’incoscienza di chi si crede troppo furbo da poter sconfiggere non uno, ma ben due decreti di morte.
E tu puoi vederlo, puoi andare oltre il velo sbiadito che spegne il mio sguardo, e capire che non sono mai stata sua e che l’unica cosa che tra poco mi terrà nuovamente in piedi non è altro che la volontà di non esserlo mai.
E te lo suggerisco, poggiando un palmo sul ginocchio ora piegato e facendomi forza, spontaneamente, sullo scettro che ho nella destra,
Non sarò più sua.
Sarò libera, anche vivessi solo per poco.

– And I won't fight in vain.
And this blood, this blood, this blood, it drains from my skin, it does. –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ();
– Banshee
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco.
▸ CIONDOLO PREZIOSO RICORDO: Legato alla catena di Ashwinder. Si può conservare un ricordo dentro il ciondolo.
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon.
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.


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Edited by Emily Rose. - 24/11/2023, 21:10
 
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view post Posted on 11/12/2023, 10:05
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Il Fato

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infracombe, contea di devon - notte

7RrDdf5

E quando tutto scompare, per te lo strappo è netto. L'umidità entra dentro i muscoli, sfila tra vene ed arterie, soffoca la gola. Il tuo ritrovarti in ginocchio mette John in allerta. Eppure lui si erge stabile, una roccia su cui aggrapparti, uno scoglio da scalare per trovare tregua in un mare in tempesta. Spigoloso, si, perché l'hai visto, lo sai già quali traumi albergano nella sua testa.
E con te si è aperto, sembra non avere un freno nel dirti ciò che sente, forse stanco di quelle catene che la famiglia Cavendish gli ha stretto addosso. Non è questa, forse, una cosa che avete in comune?
John non sa quello che hai visto, ma immagina che l'UAS nasconda parte del suo potere in bella mostra, in fondo suo padre aveva molte ragioni per entrarne in possesso, una delle quali sfiorerà le tue labbra tra pochissimi e cruciali istanti. Lo senti? Non vola fiato nell'Infracombe.

Puoi ancora percepire il richiamo oscuro riverberare lungo le ossa. Hai guadagnato qualche giorno, Emily, si. Ma quale prezzo pagherai allo scadere del tuo tempo? Quanto a lungo ti verrà concesso di tirare la corda stretta tra le dita pallide del tuo Signore? Sei agli sgoccioli.

Sei un bravo cane, Emily Rose? Sei fedele al tuo solo Dio? Lo veneri?

Questo è ciò che dovrai chiederti, mentre il suo viscido volere ti avvolge lentamente la gola, scende fino al cuore e morde affondando canini velenosi. Il tuo non è più l'unico volere che conta: sarai in grado di valere più del suo desiderato UAS? I minuti passano in fretta.

5mtQebG
«Qualche giorno basterà a tenere a distanza mio padre-...» John riflette senza pensare di escludersi dall'equazione. Non andrai da sola e questo ci tiene a renderlo noto. Oh, non perché tu non possa fare ciò che vuoi anche da sola, ma perché lui - tradendo - non avrà più una casa. «- devo solo depistarlo, poi potremo partire» ragiona con te, ma il viso si contrae in un'espressione rassegnata. Lo sa già ciò che deve fare, ed è sul punti di aggiungere altro, quando si fa più vicino. «Ti trovo io, dopo»
Chiude gli occhi, solo un secondo, come se dovesse respirare la tua stessa fatica e farla propria. «E' un primo passo per qualcosa di più grande, mio padre l'ha sempre definito così» sussurra, ti sfiora il collo dolcemente, nessuna pressione adesso: siete entrambi troppo stanchi.


EMILY C. ROSE
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Stanchezza mentale diffusa.
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Emily, le mie congratulazioni!
Siamo giunti alla conclusione di questo importante passaggio della tua storia.

Voglio farti i miei complimenti per essere arrivata fin qui con coerenza e costanza a discapito dei molti anni che abbiamo impiegato per raggiungere questo obiettivo.

A fronte del tuo impegno, e delle tappe affrontate:

Shattered
Dismantled


Ho deciso di conferirti:

8 punti per ogni statistica
3.5 punti esperienza

In aggiunta sei in possesso dell'UAS che puoi inserire in inventario:
CITAZIONE
Una volta per quest puoi annullare l'azione di un avversario (a tua scelta) o tornare indieto di un turno d'azione in duello

Fintanto che rimarrà in tuo possesso, potrai farne uso. Tuttavia ti sconsiglio di rendere troppo palese il tuo possesso dell'oggetto in sé - soprattutto in role - potrebbero derivarne conseguenze.

Inoltre adesso puoi considerarti una Banshee esperta, hai sbloccato tutte le abilità appartenenti alla tua razza e sai padroneggiarle.

Invece, per tutto ciò che concerne le derive della trama per te e chi è coinvolto, ci sentiremo nell'apposita sede.

Ancora grazie per il meraviglioso role.
 
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