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| 24 yrs – cursebreaker – Il Cairo |
PS 331 PC 253 PM 300 EXP 89 Queste parole detonano nel mio petto e deflagrano nella cassa toracica; i frammenti d’ osso, lo sento, si conficcano nel mio cuore.
Avevo già messo in conto, quando ho letto quelle missive tra lui e Cavendish, che poteva esserci ben più di una fredda ed obbligata collaborazione fra loro.
Avevo già supposto che poteva esistere una versione di mio padre ancora peggiore di quanto avessi preventivato nel saperlo a due passi da noi, distante mille vite.
Pensavo già che mio padre sarebbe potuto essere un Mangiamorte.
La provocazione di questo stronzo, perciò, non dovrebbe destare in me nessun tipo di sorpresa né panico.
Eppure entra in risonanza con il nome di mio padre da lui pronunciato con scherno e che ancora rimane nell’aria come pulviscolo: fa tentennare quella minuscola speranza che nascondo ancora in fondo alla mia anima e che io nego con tutto me stesso. Perché sono stanco di sperare, sono stanco di lottare nel buio, proprio come ho ammesso con Sitra.
Quindi forse, quello a farmi vacillare e ad annebbiare per un attimo la mia vista e la mia mente, è sentire quelle parole pronunciate dalla bocca di lei.
La maschera di tuo padre.
Quello sciocco di Osiris.
Non sei più ben visto tra i tuoi amici, padre?
Scoppio a ridere io, questa volta. Non è un’eco alla risata dell’uomo, ma un ringhio.
Mi manca?
No.
No, vorrei rispondere, non mi manca, non più. Ho passato anni a dormire raggomitolato sulla poltrona del suo studio, sperando di sentire ancora quello stesso profumo che sento attorno a mia nonna, nella nostra casa qui, nel tempio di Sekhmet. È diverso dall’odore che c’è a Nekhem, nel tempio di Horo e che dovrebbe essere a me ben più affine.
Eppure è quel profumo a dirmi: ”sei a casa.”
Ho passato anni a correggere chiunque usasse il passato per raccontare o descrivere mio padre.
Ho trascorso ogni attimo della mia vita a convincere me e mia madre che lui sarebbe tornato, anche quando la luce negli occhi di lei ha cominciato a svanire, drenata dal tempo e dal silenzio.
Quindi, cazzo, no. Non mi manca.
Ma… non voglio vedere la sua maschera.
Non voglio avere conferma della mia paura più grande.
« Fottiti, schiavo di merda. » latro, alzando la bacchetta.
Nel mio sangue sento ribollire la rabbia che sto tenendo faticosamente sotto controllo, ma che esula la mia padronanza nelle parole che pronuncio, avvelenate da una frustrazione e da un odio senza pari.
Sto volutamente ignorando Sitra nella stupido tentativo che lui si dimentichi di lei, che si concentri solo su di me e sulle sue provocazioni. Posso sopportarle come posso sopportare il dolore fisico.
Tuttavia sono un ingenuo e ho sottovalutato la meschinità di questo inutile pezzo di carne da macello.
Quando lo vedo puntarsi il fianco capisco cosa sta per succedere.
Non faccio in tempo neppure a scattare e bloccare il braccio di Sitra: la mia mano rimane aperta in sua direzione, le sfioro a malapena la spalla.
È il suo grido a gelarmi l’anima: spalanco gli occhi e un’espressione di sofferenza riverbera sul mio viso come su quello di lei. Ho a malapena il tempo di rendermi conto che quel bastardo è sparito.
« No… » Mormoro.
L’orrido déjà-vu che mi si presenta davanti mi schiaccia a terra, mi stringe alla gola e mi toglie il fiato.
Abbasso lo sguardo sul fianco di Sitra per notare la macchia scura allargarsi sulla stoffa del suo abito. Il mio respiro accelera mentre la sostengo, senza pensare se sia ancora sotto gli effetti di questo incantesimo che, maledizione, ho mal interpretato.
« Ti prego, non parlare ora. » Bisbiglio.
Ciò che dice rimane sospeso a mezz’aria perché sto cercando di concentrarmi solo su di lei, ma non riesco. Il panico sta serpeggiando dentro di me, impazza senza controllo ed è solo perché c’è Sitra che non mi sono lasciato andare alle urla.
Ciò che odierò di più, dopo questa notte, è la capacità di un singolo di aver frammentato totalmente la mia armatura. E di colpire al di sotto, fra le pieghe di metallo, dritto agli organi più importanti: Ra, Sitra, e chi altro?
Emily?
Mi costringo a ritornare alle informazioni che Sitra mi sta dando e provo, col terrore a tenermi la mano, a riacchiappare quei suoni rochi di un inglese pronunciato da un accento aspro. Queste parole uscite dalla sua bocca sono ancora più stonate delle precedenti. Mi sorge il dubbio, visto l’utilizzo della lingua, che possa essere una trappola e che il Mangiamorte possa ancora avere controllo su di lei.
È, però, un timore che scivola via con la sofferenza che percepisco nel suo respiro affannato, nel modo in cui si aggrappa a me, con la sua fronte sul mio petto, il viso coperto dal velo di capelli neri.
Capisco, nell’immediato, a cosa fa riferimento. La pergamena con disegnata l’Ankh che il cubo di legno ha rivelato… è questo che vuole, Voldemort?
Un manufatto… il simbolo della Vita. Una Chiave.
Ora, però, non riesco a pensare lucidamente, non con il sangue di Sitra addosso al mio corpo.
La sento venir meno e mi accascio a terra con lei, inginocchiandomi sul pavimento e guardo terrorizzato la ferita.
Non andartene, ti scongiuro, Sitra, rimani qui. Rimani qui.
Trovo il coraggio di cercare il tuo viso.
Ti metto un braccio sotto la schiena: non voglio che ti sdrai a terra. È come se sul pavimento ci fosse una voragine che potrebbe trascinarti giù in un mondo oscuro e senza ritorno.
O forse, sono solo io che non voglio lasciarti andare.
Questo non è l’Oltretomba e non è il Cielo dove rinascere: siamo sospesi sulla Barca della Vita, immobili.
Dov’è Geb, dov’è Nut?
Dove sono Sekhmet e Horo e Iside?
Dove sei, mio Signore Amon?
Dove siete, tutti?
Sento solo il rimbombare della mia voce, delle mie grida, qui.
Digrigno i denti per l’ira.
Per la seconda volta devo fronteggiarmi con il mio punto debole, ma devo fermare l’emorragia che vedo esondare dalla ferita come il Nilo che rompe gli argini.
Sei pallida, come la luna, ma non hai più quel suo meraviglioso bagliore.
Chiudo gli occhi e stringo la presa sulla tua schiena; il tuo petto si abbassa e si alza troppo veloce.
« Respira piano. Segui me. »
Mi chino ed è solo per te che sto cercando di calmare il tumulto e il panico.
Perché ho una paura fottuta: per Ra è stato più semplice, paradossalmente. Un essere umano è molto più complicato, ma devo farlo. Devo. O morirai, lo so.
Quando sento calmarsi il tuo respiro, allora punto la bacchetta contro la ferita. Traccio flessibile la rotta dell’incanto, effettuo un semicerchio che discende verso il taglio. Come una nenia mi ripeto la formula, mi concentro sulla sutura. Non so quanto in profondità è arrivata la lama, ma è tutto ciò che posso fare per ora. Mia nonna saprà cosa fare, anche se questo significherà dirle tutto.
Ma non ora. Ora ci sei solo tu.
“Medèor Vulneràtio.”
Sospiro di sollievo quando vedo l’energia sprigionarsi e risanare il tuo fianco martoriato, così mi arrischio ad alzarti col busto per farti respirare meglio.
Poi lascio cadere la bacchetta a terra. Il suono ticchettante che ne deriva scandisce i miei movimenti mentre ti prendo il viso fra le mani. Le dita sporche del tuo stesso sangue si insinuano tra i tuoi capelli: stanno tremando come mai prima d’ora.
Ti sto cercando Sitra: sto assicurandomi di rivedere nei tuoi occhi scuri quella notte piena di stelle che ho ammirato solo pochi minuti fa, in un’altra vita.
Le mie iridi vacillano sul tuo viso stanco e febbricitante.
Tu hai lottato, non è così? Perché se pronunci parole in inglese, significa che hai rubato qualcosa a quell’uomo.
Sei tu, sei sempre stata tu la figlia di Sekhmet. Sei tu, la leonessa.
E allora, quando ti vedo, quando sono sicuro che tu sia qui, sei qui con me, ti attiro al petto.
Ti avvicino a me per sentire che sei viva, per percepire il tuo respiro sul mio collo, per assicurarmi che non te ne andrai da nessuna parte.
Non ci sarai anche tu a infestare i miei incubi.
Ti tengo stretta, preziosamente, e appoggio la guancia alla tua tempia.
« Dio… » A malapena trattengo un singulto.
« Pensavo di averti persa. »
Puoi sentirlo il cuore esplodere nel mio petto?
Persino io non mi rendo ancora conto della paura che ho provato e che sto provando al solo pensiero di cosa abbiamo –che ho rischiato.
Ti stringo ancora di più a me, giro la testa e ti bacio i capelli di seta; aspiro il loro profumo.
Lo stesso profumo che mi ricorda dov’è casa.
« Ora sai... sai perché non posso avere legami con nessuno... »
Nemmeno con te.
Soprattutto con te.
Cedo alla disperazione e nascondo su di te il mio viso deformato dal dolore.
Le tue mani si liberano quel tanto che basta per avvinghiarti alla mia schiena e stringere forte.
Mi aggrappo disperatamente a te.
Sopra di noi i volti degli Dei, dispersi nel cosmo, lontani da noi miseri, minuscoli mortali.
– Tell me would you kill to prove you're right –
Abilità – I°, II°, III° no Fattoriam: ✓ – IV°: ✓ Proibiti Colossum – V°: ✓ Proibiti Stupeficium – VI°: ✓ Proibiti Perstringo – I° Chiara: Atlantis Cage – Smaterializzazione; – Abilità Runica; – Animagus Esperto; | Equipaggiamento ▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino) ▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago. ▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. ▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore] ▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura] All'interno:
– Generi di viaggio. – Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC] – Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici. – Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest] – Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2] ▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx] |
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Incantesimo giunto a buon fine su accordo del Master.
Ti amo, Master.