| Che stupida. Finisce sempre così. Non so stare accanto a qualcuno – senza che questo ne resti turbato, si ferisca – ancora meglio, gli procuri tanto più o meno generico disagio, che io stessa infine, sia costretta ad allontanarmi. Nieve mi circonda il polso – ed io tanto annebbiata dai miei sensi di colpa, a malapena me ne rendo conto. Tutt’a un tratto, quasi mi scoccio con me stessa – e metto su un broncio degno di essere chiamato infantile tale. Dovrei imparare a starmene al mio cazzo di posto – al posto di saltellare qua e là, cucinare valanghe di calorie richieste proprio da nessuno - perché nessuno alla fine me lo chiede mai, di cucinare per lui o lei – ma dai - sono io che prendo stupide iniziative, io che non imparo le lezioni mai - meraviglioso, detto da una docente - io che vedo cose che non ci sono, le inseguo pensando di far piaceri e favori qua e là in giro per il mondo ”Piaceri e favori che nessuno ti chiede, Adelineee” - - - Sono talmente arrabbiata, ora – talmente tanto che quando lo sguardo bicromo dal polso risale a quello della Rosso Oro.. Complice la furia autodiretta già ben rimescolata entro arterie, vene e capillari – nel momento in cui mi scontro con ben altro (?) nello sguardo, nel respiro (?) – nel tutto (?) di Nieve Rigos – le mie guance avvampano, colorandosi di un rosso acceso che infiamma la pelle normalmente chiara, sino alla punta delle mie piccole orecchie. -Prof, non ha nulla di cui scusarsi.- ”Non credo proprio – mhmh.” Riesco comunque a rispondere quantomeno a tono, anche se solo nella mia testa. -E, poi, io sono un disastro. Che colpa può avere lei?!- In barba a distanze chiamiamole così, incazzature e - beh varie altre.. vibes? per qualche caotico secondo spingo e sospingo a gran forza i miei oceani in tempesta e rispondo sì a tono sul serio – il tono di chi da mamma cerbiatta si impunta persino sulle sue posizioni, con tanto di naso all’insù – e persino a voce alta adesso: -Oh, non sono affatto d’accordo Nieve Rigos – un disastro proprio no.- Strizzo gli occhi sicura e faccio anche per scuotere la testolina dorata – talmente convinta delle mie parole, da dimenticare in quei rapidi istanti il quadro generale che sta andando delineandosi – una pennellata dopo l’altra. E’ quel gesto però – il sistemarmi con delicatezza una ciocca di capelli dietro l’orecchio – è quel gesto che torna a farmi spalancare lo sguardo di bosco e di mare sul mondo, sui lineamenti della mia studentessa – e beh, ira a parte, posizioni da mamma-cerbiatta pure.. quello rimane. Così palese anche per me - ineluttabilmente reale e impossibile da ignorare anche per me - strega sufficientemente famosa per le acrobazie mentali e più di una volta per i chili di prosciutto sugli occhi. Quel gesto mi fa aprire lo sguardo, letteralmente, metaforicamente -mente in generale, e in contemporanea alla Grifondoro.. mi faccio, di scatto, indietro. Razionalizzo finalmente un po' il tutto – il che tra le altre cose, mi permette momentaneamente anche di sopire quella rabbia calda e accecante, di pochi istanti fa – e il mio primo pensiero, in realtà, non va a Camillo: non subito almeno, a lui penserò tra pochissimi istanti - ma in effetti, in primissima battuta.. penso ad Alice. Che una vita fa, con la stessa delicatezza, si era mossa specularmente a Nieve – e poi le uscite, i disastri, la scuola, i tentativi, i fallimenti – il dolore – la distanza – il vuoto ancora, sempre. Non conosco i pensieri di questa mia Rosso Oro, non ne conosco lo stato d’animo attuale, le intenzioni, i bisogni e desideri – ma quando mi lascia il polso, ed un nebuloso quanto quieto nulla di chè inizia a riempire gli spazi tra noi, io non posso sapere come anche a lei quel momento abbia ricordato un altro qualcuno, un altro quando, un altro dove – ma ne sono intimamente sollevata. Per lei, in primis. Si può concludere che frequentarmi, agli atti, non porti nulla di buono ad oggi, anzi – e se il tribunale non sbaglia e non sbaglia mai le uniche eccezioni alla regola.. usufruiscono di sostanze stupefacenti in svariati momenti della giornata vita. A parte Rocky.
Ehm. -Anche lei ha fame?- La voce di Nieve mi trae in salvo – ad un secondo dal crudele battere del martelletto. -Oh, un sacco..- sorrido, a dispetto delle mie intime attuali difficoltà, scrollo la testolina dorata come se così facendo mi liberassi da chissà quali pesi pensieri, e aggiungo: -Di cosa hai voglia?- Un attimo di silenziosa apnea – e poi, dal nulla, scoppio a ridere: -Per le mutande di Merlino- inizio, anche se il solo esprimere ad alta voce il concetto che mi è balzato in testa mi fa ridere sempre di più -ti ho costretta metà pomeriggio con una docente, ti ho buttata qui ai fornelli con me, a cucinare, a sentirmi raccontare ricette persino e..- mi copro il volto con una mano e scuoto lenta la testa, ancora ridendo -E adesso ti chiedo di cosa hai voglia!?!- Torno a guardare la Grifondoro mentre le braccia si alzano per un attimo per poi ricadere sui fianchi, con fare molto da “ma ti pare davvero possibile?!” – io rido ed Abith mi ignora – persin troppo abituata a me, ormai. E ridacchio ancora, preda di una ridarella che mi costringe attimi dopo a cercare di regolarizzare il respiro con ampi sbuffi a guance gonfie per placarla – anche se cerco lo sguardo di Nieve con un guizzo di serietà, seppur ugualmente luminosa, in più dietro le iridi chiare: -Io.. chiedimi quello che vuoi. Te ne prego, quasi – accidenti, quasi.. quasi te lo devo.- E solo adesso, riesco a dar pace alle risa, alle guance. Forse, una punta di triste verità - tale la percepisco io - vena sullo sfondo del mio subconscio le ultime parole - ma il sorriso dolce rimane, tanto quanto la luce nello sguardo: è proprio il minimo, dopo questo.. disastro (?).
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