Quel giorno in negozio era un delirio.
Per ogni cliente che usciva, tre ne entravano e diventava impossibile stare dietro a ciascuno. Lei e Lex si stavano alternando tra cassa e scaffali, ma c'era da uscirci pazzi perché il lavoro sembrava moltiplicarsi. Niahndra avrebbe giurato che fosse già la terza volta che riposizionava i grossi menichini: a quanto pareva, qualche cliente si divertiva a posizionarne le braccia ad angolazioni che rimandavano sospettosamente a degli orientamenti politici disapprovati, ma che stavano raccogliendo i fondi per un ritorno col botto. Anche se i sequel, si sa, non reggono mai il confronto con l'originale.
Poi era stata placcata da una vecchina ricurva sul bastone che spiccava come una verruca sul naso, con quel suo orribile abito a pois rossi e gialli al neon. Aveva la faccia strana, i lineamenti un po' confusi, anche se il fatto che fosse tutta ripiegata su sé stessa come un origami non le aveva permesso di vederla bene.
Le aveva scassato i boccini perché cercava dello stabilizzante verdemuschio "ma quello da un litro aromatizzato al limone come lo ha comprato la mia amica Bernadette". Dopo dieci minuti Niahndra era riuscita a farle capire che "purtroppo, signora, qui non vendiamo niente del genere" e a reindirizzarla a Mondomago.
Era tornata al bancone a smaltire la fila quando una cliente attirò la sua attenzione chiedendo in particolare di "suo fratello Camillo" [
Lyvie].
Breendbergh aveva una sorella? Niahndra si bloccò a metà del movimento —stava battendo i prezzi degli articoli in cassa— per squadrare meglio la ragazza in questione, in cerca di una qualche somiglianza. Aveva un bel viso, pulito e fanciullesco, che provò a sovrapporre a quello più furbo e da schiaffi del vecchio Tassorosso. Era allibita, ma si guardò bene dal mettere in dubbio l'informazione.
Piuttosto, recuperò la voce e, mentre già un primo timido rossore si diffondeva sulla gobba del nasco coprendo le lentiggini, Niahndra sorrise per scusarsi dei secondi persi a squadrarla. «
Oh». Fu il commento intelligente che riuscì a produrre. I due avevano due accenti completamente differenti, ma —decise— non veniva pagata abbastanza perché diventasse un suo problema. «
Benvenuta, allora. Purtroppo in questo momento lui non c'è, ma gli dirò sicuramente che sei passata...mmh?» Lasciò in sospeso la frase, con quel tono vagamente ascendente mentre decideva se chiedere esplicitamente il suo nome o lasciar stare. Optò per un'espressione interrogativa come via di mezzo.
Poi fece scivolare sul ripiano la busta con gli articoli venduti, ma prima di lasciarla completamente andare si sporse un po' —gomiti puntati sul bancone, un guizzo di divertimento a danzarle negli occhi— verso la ragazza. «
Okay, scusa, devo chiedertelo», capitolò con aria complice e trattenendo a stento la smorfia obliqua e beffarda. «
Ma da piccolo lo tiravano su col leviosa e poi lo lasciavano cadere, vero?»
Le venne anche una mezza idea di chiedere eventuali foto di Camillo da bambino, ma poi pensò che l'altra ragazza, che fosse sua sorella per davvero o meno, potesse risentirsi. Troppo tardi.
«
Ah, prima che mi dimentichi— Un minichino venne appellato dallo scaffale e infilato nella busta con gli acquisti. —
Un omaggio della casa», spiegò con un sorriso obliquo.
Quel negozio conteneva tutto ciò che Niahndra detestava: luci intense, colori sgargianti, gadget molesti, musica fastidiosa e... Camillo. Ciò nonostante, checché ne dicesse, ogni volta che individuava l'espressione rapita e meravigliata dei neo-clienti, Alistine non poteva fare a meno di sentirsi orgogliosa dell'impresa dell'amico. In pochi a scuola gli avrebbero dato due spicci al tempo e, di certo, il suo era stato un percorso poco convenzionale; eppure, si era fatto il mazzo quadrato per mettere e tenere in piedi quella baracca e tutti i suoi sforzi stavano ripagando.
Niahndra non si illudeva che fosse stato facile. Ancora adesso, Breendbergh spariva di tanto in tanto brontolando per qualche affare andato male o per qualche permesso revocato, ma poi la ricompensa arrivava sottoforma di clienti soddisfatti e complimenti sentiti.
«
Già, lo è stato», confermò solenne in risposta alle parole del caposcuola [
Megan] che si era fatto strada fino al bancone. Per una volta tanto, nessuna traccia di ironia aveva macchiato le sue parole. Era orgogliosa e basta.
«
Uno di tutto, pacco regalo per lo skyteboard», ripeté l'ordine annuendo e appellò a sé una copia di ciascun articolo. «
Il minichino lo offre Camillo», precisò. Alla fine si era semplicemente arresa a quella politica aziendale.
Intanto, carta e nastri incantati andavano ad avvolgere la sagoma oblunga della tavola.
«
Grazie mille, speriamo di rivederti presto qui!»
Faceva male la schiena. Buttò giù un sorso del tè nero che Lex le aveva portato e si ributtò nella mischia.
«
Ayumo, ciao». Sorrise caldamente alla concasata quando questa ebbe raggiunto il bancone. Viveva sempre con una certa ambivalenza incontrare facce note fuori da Hogwarts, ma quando si trovava in negozio di solito le cose filavano lisce perché si concentrava sul compito che doveva portare a termine, più che sulle chiacchiere di circostanza.
«
Grazie mille! Breendbergh si è impegnato come non gli ho mai visto fare, onesta».
Se il ragazzo avesse messo metà di quell'impegno negli studi, Tassorosso avrebbe vinto grazie a lui tutte le coppe dal suo primo anno a Hogwarts invece che solo l'ultima.
Nel frattempo gli articoli vennero appellati uno ad uno e infilati nelle fantastiche buste biodegradabili che riportavano il logo del negozio. Quando mise le mani sul minichino, Niahndra lo indicò ad Ayumo. «
Questo è offerto dalla casa». Valeva a dire da Camillo.
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Camillo compra tre minichini e li regala a Lyvie, Megan e Ayumo