Isola di Hirta Ho partecipato a tanti eventi, nel corso degli anni. In parte come studente, in parte come spettatore curioso, credo di aver visto volti, mondi e confini che la magia ha coniugato in modi sempre più sorprendenti. Ricordo il Ballo delle Orme, il Ballo delle Fate, forse i miei preferiti in assoluto. Ricordo altri incontri, in giro per il paese. Ed è piacevole, mi accorgo sottilmente, scoprire che in ognuno di tali eventi ci sia stata la tua impronta. Credo con tutta sincerità che il Ballo dei Draghi sia stato sorprendente, di certo più del previsto. La sola idea che non fosse in programma, per me, mi destabilizza; per molto tempo ho immaginato di non prendervi parte, di relegarmi alla solitudine com'è accaduto — a malincuore — negli ultimi mesi. Inaspettatamente, il tuo Gufo mi ha riportato indietro. Qui, a te.
Al presente. Stento a crederci.
«Io sono arrivato al galoppo del mio Cavallo Alato. Voglio che tu conosca Ira, ti piacerà!» Cerco di fare mente locale, di capire se ti abbia già raccontato dell'Alato. Intimamente giurerei di sì, perché... con chi altri avrei voluto condividere un'emozione tanto grande? Ma c'è anche da dire che sia stato lontanissimo, perfino da me stesso. D'istinto, infatti, vorrei trascinarti via di nuovo, stringerti le mani e portarti oltre i tendoni, là dove Ira con tutta probabilità sta riposando. Ad essere sincero, c'è un'idea folle — in me, repentina — che mi invita a proporti di volare con me, di tornare al Castello di Hogwarts in sella ad una creatura tanto magnifica.
Mi fermo, quasi mordendo la lingua, soltanto perché lucidamente so bene quanto Ira sia stanca: volare oltremanica, dalle coste iberiche fino alle britanniche, non è stato facile; per di più ancora non ho certezza di rientrare a Scuola a mia volta. Trattengo per me la consapevolezza, un po' amara, di non avere un luogo in cui lasciarmi andare, una casa che possa dirsi tale. Certo, c'è la mia stanza in dormitorio: il mio letto a baldacchino, il mio bagno, il mio comodino. Ci sono tutte le mie cose, ad Hogwarts.
E c'è il mio Passato, in agguato.
Farò in modo che tu non ti perda.
«Hai la mia parola che la conoscerai presto, io... io non sparirò di nuovo nel nulla, Camille.» Forse è un sussurro, mi dico. Forse non sono riuscito a pronunciare tali parole per davvero. Oppure, ecco, l'ho fatto in un modo che pecca di stabilità, almeno per me. Io, abituato alla sincerità, divento ombra delle mie paure ancestrali. Il fascino della serata, per opera tua, già assopisce l'effetto anestetizzante che ha avuto fino ad ora.
Sento, però, di aver detto la verità. Ho il desiderio di fare rientro: cosa mi attenderà è un mistero anche per me, per la prima volta non ho alcun interesse ad anticipare i tempi né a svelare il futuro. Ti seguo verso il prossimo traguardo, e cerco di cancellare l'espressione titubante sul mio volto. C'è un velo spettrale, su di me. Lo stesso velo che mi ha condotto via e che, curiosamente, neanche i miei occhi di fuoco potranno spegnere.
Accade tutto in un battito di ciglia, un frammento che ricorda una stella cadente. Mi vedo lontano,
catturo il momento — il tendone dai colori dell'oro e dello smeraldo, il "pass" che esibisco prontamente, l'espressione confusa e il turbinio di emozione che mi spinge a sorridere come un bimbo. Credo di cogliere soltanto la metà delle parole di Eliza, di non aver compreso per bene la portata del
regalo — il migliore, da moltissimo tempo — che tu mi abbia fatto stasera. Mi omaggi del futuro, Camille.
Draghi che si uniscono in simbologia, viaggi in organizzazione, occasioni e traguardi che ho soltanto sognato fino ad oggi. O che, forse, non ho mai neanche lontanamente immaginato. Una parte di me si chiede, con imbarazzo, quanto a lungo tu abbia lavorato a tutto questo; quanto impegno tu abbia dedicato per me, che in risposta ho solo regalato un bracciale di scaglie stregate. Eppure... eppure c'è molto, in questa serata. C'è un messaggio, una conferma.
C'è resistenza.
Di te, che non sei scappata. Non mi hai abbandonato. Ti accorgi di come io tenti, invano, di ringraziarti. Di come il mio volto risplenda, finalmente. E di come — ancora una volta — io sia profondamente affascinato da ogni singola tua sorpresa. Vorrei dirti tante altre cose, vorrei aver modo di dimostrare il bene che io provi per te — ieri, oggi,
domani. Tu, che sei diventata parte di me, della mia vita. Tu che sei
nel mio tempo.
«Non potrò mai ringraziarti abbastanza.» Neanche io, Veggente, ho il potere di arrestare i mondi; e mi sento piccolo, in difetto, alla sola idea. Ti abbraccio, di nuovo. Che tu lo permetta o meno, il mio è un gesto spontaneo, che vorrei durasse in eterno. Ti stringo a me, io che divento stella, costellazione e notte. Ho scaglie di Drago sul polso, ho Confini di luce sul collo — i tuoi doni, negli anni. E tu, che sei qui. Di fronte a me.
La voce di Peverell è ovunque. Trionfa di una gioia che coinvolge rapidamente anche me, mentre annuncia tonante la classifica della Coppa delle Case. Sento Eliza farsi da parte e presentarsi disponibile, per ogni ulteriore domanda sul Lungocorno Rumeno (ho appena modo di precisare di avere già adottato perché, difatti, sono innamorato di questa tipologia di Drago); la folla si fa caotica, i primi studenti escono di corsa dal tendone. Mi accorgo di come stiano gridando in festa i nomi di Helena Whisperwind e Min Haru, e penso si tratti proprio della vittoria come Reali dei Draghi. Sono curioso, ingenuamente, di vedere il loro aspetto, i loro abiti. Sono felice per persone che non conosco in prima linea, non perfettamente; perché questo, mi dico, non è il Ballo delle Rose e delle Spine. Non c'è corona tumefatta di sangue, cenere e futuro. Mi piace, paradossalmente.
«Congratulazioni, Tassina.» Ti lascio un bacio sulla guancia, se lo permetti. Veloce, con dolcezza, finché Tassorosso esplode d'armonia alla consacrazione della vittoria. Non ho rimostranza: né per l'amara scoperta che la mia Casata sia arrivata ultima (duro colpo, lo ammetto) né per altro. Ti lascio andare, presto ti chiameranno. Sei Prefetto di Tosca, e sei vincitrice. La bacchetta scivola oltre la manica, l'afferro rapidamente; mi basta poco — un disegno, un soffio sottile — affinché riesca ad evocare un mazzo di fiori. Somigliano a brillanti, rose color dell'oro e dell'inchiostro. Richiamano Tassorosso e presto, penso, parteciperò ai festeggiamenti. Forse da lontano, forse già in volo. Che sia stasera o domani.
«Ci vediamo presto, Cami. Te lo prometto.»Io, che non prometto mai.
Perché il tempo mi è beffardo, e non lo sottovaluto.
Io, che ti ringrazio. Il Ballo dei Draghi mi riporta a casa.