The Heirs, Evento straordinario | Emily & Horus

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view post Posted on 27/1/2024, 09:32
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Il Fato

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tempio di sekmeth

Il muso del leone riverbera di una luce fioca, in questo stallo che vi vede scontrarvi silenti. Mantenere un pensiero felice è un'impresa ardua in questo momento. Nessuna delle leonesse può sapere quanto tra voi ci sia stato, né John può comprendere - ma solo intuire - dalla sua distanza.
Tuttavia, la tensione all'ingresso del tempio non è mai di buon auspicio. Pertanto, quando Emily accetta le convenzioni del tempio, sono le mani di Neferet a raccogliere la bacchetta ed il pugnale. Lo fa con garbo, in modo che Emily stessa possa vedere il cuscino su cui vengono posati e poi ritirati ai lati del tempio, tra le alte colonne.

Meresankh prende la guida. Riservando ad entrambi lo stesso sguardo di mite approvazione, ma severo giudizio, vi fa strada. Non è una scelta quella che avete davanti, non vi sono stanze a cui dedicarsi, solo una piccola anticamera in cui ferma la sua avanzata. Ad Horus accenna uno sguardo severo. Non di rimprovero, non ha nulla da ridire sul modo in cui si è comportato. Ma è lo sguardo di chi ha bisogno di sapere che il Maahes farà ciò che deve fare. Altrimenti interverrà lei.

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Ad Emily, però, si rivolge con rigida dolcezza, invita prima lei con la mano ad entrare nella stanza.
E ovviamente, ciò che entrambi vedete, è che a nessun altro è consentito l'accesso. Sitra ha dovuto fermarsi poco prima dell'ingresso, fuori dall'area d'ascolto. La ragazza ha solo ricambiato lo sguardo di Emily, con l'espressione sicura che continua a mantenere tutt'ora. Lascia un'occhiata ad Horus non dissimile da quella di nonna, è il sussurro di un "credo in te" perenne.

Ciò che Emily ed Horus però possono anche sentire, è il rumore dei passi di John poco dietro di loro. Il ragazzo è stato richiamato dentro dalla leonesse che si stanno prodigando ad erigere barriere perché niente possa entrare o "attaccarli" in questo momento. Anche lui ha consegnato la bacchetta, tuttavia gli è concesso restare fuori dall'area, al lato opposto di Sitra. John nasconde il suo disagio solo per guardare Emily e rinnovarle tutto ciò che si sono detti, con un solo sguardo.

Lontano da voi - o forse fin troppo vicino - una clessidra è stata rivoltata, e la sabbia ha ripreso a scorrere. Le ombre fremono, fameliche.

Dunque, questo intervento solo per marcare un punto importante a cui siete arrivati.
La stanza in cui vi trovate è piccolina ma vi concede la giusta privacy, al netto di Meresankh che resta a tiro di udito e che, vi premetto, non si muoverà da lì fino a che non avrete finito. Non vi sono porte, ma una pesante tenda vi separa ed attutisce le voci, affinché leonesse e png non vi sentano (oltre alla nonna).

Emily: al momento sei quindi disarmata, perciò fino a nuovo ordinamento, nel tuo inventario non figurano più la bacchetta ed il pugnale. (Di deafult ti verranno restituiti non appena uscirai dal perimetro del tempio)

Horus: Meresankh ha preferito tenere dentro anche John, ed al momento solo lei è lì con voi. Il turno è tuo.

Entrambi: qui siete al sicuro, il Tempio ha un alto livello di protezione, al momento è inespugnabile. Alcuni orologi temporali si sono attivati dal momento che avete iniziato a parlare, questi prenderanno delle direzioni che vi verranno rivelate a tempo debito. Sappiate solo che, come vi dicevo, il mondo si muove anche quando voi state fermi.

Ora potete proseguire senza di me, fino al prossimo intervento.
 
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view post Posted on 27/1/2024, 18:32
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– Maahes –
|| Menfi || Tempio della Dea Sekhmet

PS: 456 PC: 378 PM: 445 EXP: 107
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« Grazie. » Ti rispondo, gentile, incurvando la bocca in un fugace mezzo sorriso. Sono ben lontano da colui che ti ha guardato a quel lontano ballo, desideroso solo del tuo odio per poter andare egoisticamente avanti.
Vedi, Emily, per quanto possa sembrarti assurdo e, in effetti, improbabile, io riconosco il valore degli altri e i loro sforzi, i loro atti di coraggio. Per quanto possa sembrarti incredibile, so quando ricredermi, so quando mettere in dubbio le mie teorie. Proprio perché ho deciso di fidarmi di te, capisco quanto difficile deve essere entrare in un luogo che vi è ostile. Nessuno parla, nessuno sguardo giudica, ma la durezza negli occhi delle Leonesse, di mia nonna e di Sitra –che non ha ricambiato il tuo saluto– si riflette nei miei. È la mia Casa, del resto: è qui che ti appresti ad entrare. Perciò, sì, comprendo quanto questo ti costi.
È perché io sono coerente con me stesso: vado avanti a spada tratta per la mia strada ad ogni costo; a volte semino dietro di me la sofferenza, altre volte vuoto. In entrambi i casi lasciano sempre impronte nella mia anima. Mi chiedo quanto peserà il mio cuore dinanzi Osiri e Anubi quando sarà il mio momento.
Sospiro nel voltarmi; al mio fianco, Sitra s’incammina con me. Scocco una veloce occhiata alle mie spalle, verso il cane al tuo guinzaglio. Escludo ancora una volta che tu sia soggiogata da lui, costretta o ricattata: lo vedo da come ti guarda che dipende da te, che, forse, prova qualcosa per te. Questo non fa che rimescolare il mio stomaco, ma scuoto il capo, alzando il mento mentre entriamo nel tempio.
Vaffanculo, Cavendish.
Sono andato avanti.

Ci fermiamo ad aspettarti ed il mio Patronus ti sfiora la veste bianca, illumina il tuo profilo quando consegni a Neferet la tua bacchetta ed un pugnale. In automatico io sfioro il mio, agganciato alla cintura. Tendo le labbra ricordando con un brivido il sangue di Sitra sporcarmi le mani, ma mi costringo a pensare che lei è qui, sana e salva, e mi aggrappo a questo pensiero. Non dimentico la sua tacita rabbia per essere stata lasciata indietro. Non sei l’unica: l’avresti mai detto che non ho mai fatto sconti a nessuno? Te l’ho detto, Emily: sono coerente.
È che Sitra ha reagito in maniera diversa ed inaspettata: si è incazzata con me e so che se non fossi stato così mal ridotto, mi avrebbe dato un ceffone così forte da farmi rimpiangere la Maledizione Cruciatus.
In effetti, ricordandomi che non sono solo e che ho un branco perciò devo smetterla di fare tutto da solo, è come se me ne avesse dati due di schiaffi.
È in questo momento che lo noto: per un attimo penso di essermelo immaginato, ma i miei occhi s’agganciano a quel bagliore che s’accende d’azzurro quando il leone ci supera.
Lo riconosco: quello è l’anello che ti ho regalato. Così il mio sguardo saetta sul tuo viso e questa volta non riesco a mascherare la sorpresa e la perplessità che si rincorrono fra le mie iridi.
Io ho un motivo per cui indosso ancora ciò che mi hai regalato: ha mutato forma, non è più al posto che gli spettava, al mio anulare sinistro, ora vuoto. Ma è lì per ricordarmi il fardello che mi sono apprestato a caricarmi sulle spalle e la promessa che mi sono fatto di non avere più legami perché quello che avevo tranciato brutalmente faceva ancora male, troppo male per essere dimenticato.
Mando giù un groppo che s’appiglia alla gola, ma distolgo in fretta la mia attenzione su di te, entrando nel tempio. Tra il dromos dove s’alternano le statue di Sekhmet e delle sfingi, dove, tra le colonne, sono raffigurate le scene del viaggio di Hathor per conto di suo padre Ra, mi trovo a percorrere la strada inversa che ci ha visto passare solo poco fa. Mi sembra ancora di percepire i nostri fantasmi mentre sfilavamo sotto lo sguardo fiero delle Leonesse.
Dietro di noi sento i portoni del tempio serrarsi: siamo al sicuro, forse più che in qualsiasi altro luogo al mondo. Ti avevo promesso che non ti sarebbe accaduto niente e così farò; così farà mia nonna che ha accettato con rigida mitezza il tuo arrivo qui.
Eppure la mia calma continua ad essere messa a dura prova da ciò che ho visto; da quell’anello che avresti dovuto gettare lontano. Mille e più ipotesi si arrovellano nella mia mente, ma devo concentrarmi sul mantenere vivo il Patronus. Ed è in questo che mi rendo conto quanto sia importante che il leone rimanga al mio fianco: per non perdermi. È la luce che mi conduce a casa, quella che, tra le sabbie sciolte nel deserto, lascia per me le impronte da seguire.
L’odore dell’incenso torna a riempire l’aria quando siamo all’interno. Io e Sitra, così come mia nonna, chiniamo rispettosamente il capo a Sekhmet: il nostro saluto lo abbiamo già fatto, ma quando si entra nella casa della Dea, è sempre opportuno rimettersi al suo Volere.
Non mi aspetto che tu lo faccia, Emily: non sono questi i tuoi Dei. So che tu non ne hai.
Mi sono domandato tante volte quante cose ancora non sapessi di te; quanto ancora avevamo da dirci e raccontarci, da vivere.
Sono stanco, però, di tutti questi ricordi, dei rimorsi che per anni ho cercato di mettere a tacere fino al punto da credere sul serio d’averlo fatto. Adesso che sei comparsa di nuovo nella mia vita, ed in modo tanto crudele peraltro, tutto ciò che ero riuscito a tenere a bada riemerge ancora e ancora. Come i cadaveri di un esercito sconfitto in battaglia, penso, cupo.
In alto, lì dove l’ho lasciato solo pochi minuti fa, c’è ancora Ra. Sorrido in sua direzione, ma il suo sguardo offeso mi accompagna per questi ultimi pochi passi.
Scusa, i semr, ma non posso rischiare. Non posso più mettere a repentaglio le vostre vite.
Riconosco infine la sala che mia nonna ci concede e quando incrocio i suoi occhi severi, annuisco, piano: ho accettato il mio ruolo di Maahes, sta’ tranquilla. Lo riporterò indietro.
Mi fermo sulla soglia solo per guardare Sitra un’ultima volta. Il suo viso risoluto ricambia lo stesso orgoglio che le ho visto sulla terrazza di casa sua, prima che tutto si disfacesse.
Tu non ti arrendi a nessuna tenebra e nessuna ombra. E non perché tu debba essere il Sole, ma perché lo sei.
Le sorrido con dolcezza.
« Farò quel che devo, che sia sotto la sabbia oppure no. »
Tu, Emily, non sai cos’ho appena detto; non puoi capire la nostra lingua anche se, in un tempo remoto, te l’ho fatta sentire. Tuttavia se anche avessi parlato in inglese, non avresti potuto cogliere il riferimento di quest’affermazione la cui entità grava su di me come una sentenza.
Preceduto dal Patronus, illuminato ora da nuovo vigore per i ricordi di questa mattina, entro nella stanza, sfiorando con il dorso della mano quella di Sitra mentre le passo di fianco.
Andrà bene”.
Lo spero, mi dico prendendo un gran respiro. Mi fermo, in attesa di te. Il leone si siede, paziente, ed io continuo ad affidarmi a lui, ai ricordi che mi riscaldano il cuore e che allontanano la paura e la disperazione che provo dentro di me.
Ci sono tante cose che potrei dire per iniziare e metter fine al silenzio; un’infinità di frasi. Molte sono banali, molte false, molte troppo accorate.
Chi ti ha spinto a incontrarmi di nuovo? Sai davvero dov’è Lui? E perché vieni a dirmelo, nonostante tutto?
Perché indossi l’anello?
Stai bene?
Perché indossi l’anello?
Ti ricordi quando ti raccontavo di questi luoghi, immaginando di portartici un giorno? Immaginando di stringerti per mano e mostrarti, entusiasta, tutto ciò che avremmo visto.
Perché indossi l’anello?

« Dimmi. » È tutto ciò che, invece, mi esce dalle labbra quando infine sei di fronte a me. Il mio cuore, adesso, pulsa più forte.

|| You can't live without the fire 'cause you're born to live and fight it all the way ||

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. [indossato mano dx]
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Agganciato alla cintura]
▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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view post Posted on 29/1/2024, 20:16
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23 yrs – Head of DMLE – Il Cairo

PS 470 PC 400 PM 422 EXP 106
Mi ringrazi e la tua voce è morbida, al pari del cuscino che accetta il mio pegno.
Non alzo lo sguardo sulla donna che accoglie le mie difese, gli occhi non riescono a staccarsi dall’elsa dello stiletto fin tanto che mi è concesso; e nel lasciare indietro il Salice, il vuoto avanza con me a ogni passo.
I tuoi modi sono così in contrasto con quello che credevo m’avresti riservato che… Mi confondi, Horus.
Potresti biasimarmi se pensassi che la mia presenza ha valore fin tanto che ho da riferirti qualcosa d’importante?
Spero tu possa trovare Osiris ancora vivo, che possa riunire la tua famiglia; nel frattempo, il mio cuore duole incessantemente per lo sterminio della mia.
Il Leone sfiora la veste e diviene per me impossibile non aprire il palmo verso la sua impalpabile criniera. Non lo tocco - non oserei, adesso - ma i muscoli si tendono in sua direzione e un sorriso arriccia le labbra. Conosco questo gesto felino, la tenerezza colora le mie iridi ma la sua luce non è in grado di sovrastare il mio supplizio.
A quante cose ho dovuto rinunciare per questa guerra? A quanti ho dovuto dire addio?
Ho lasciato Hisa a riposare nella radura del Guardacaccia, sperando che, con Agape a farle da silente guardia, la terra possa esserle più lieve. Anche la sua vita si è spezzata per colpa mia. Getto un ultimo sguardo all’indietro, lì dove ho visto sparire J; non permetterò che accada anche a lui, benché sia impensabile che possa trovare un posto in questo Mondo. Proprio come me.

Non sei cattivo, J, ti avevo sussurrato passando una mano tra i capelli, poggiando la mia guancia sul cuscino. Hai chiuso gli occhi e per un attimo mi è sembrato che…

Il Patronus è troppo lontano e il suo riverbero, che avrebbe potuto scaldarmi, viene celato dalla tua figura. Seguendo le tracce che ha lasciato, risalgo lungo il tuo viso ed incontro l’esatto momento in cui mi cogli in fallo; vedo l’espressione mutare quando passi dalla mano che avevo teso verso la luce cerulea… Ai miei occhi.
Trattengo il respiro come se, con esso, potessi frenare l’umiliazione. Non ho portato l’anello con me soltanto come prova della mia presenza, lo porto con me da sempre. Avrei dovuto toglierlo.
Avrei dovuto?
Stringo il palmo e distolgo lo sguardo perché non riesco a interpretare la sorpresa che leggo nel tuo, non voglio fraintendere la ragione per cui il dubbio ha preso a offuscare i tuoi pensieri.
Non sono qui per questo.
Non sono qui per Noi.
Non c’è più alcun ‘noi’.

Seguo la mia Guida e non mi volto quando le porte si chiudono alle nostre spalle con il tonfo di una condanna. Socchiudo solo gli occhi e stringo le mani al grembo.
Ti ricordi quando mi dicesti che saremmo venuti qui, un giorno?
Rimembro tutti i nomi delle cose che avresti voluto mostrarmi. E forse, allora, i miei occhi si sarebbero alzati, curiosi, sui simboli di questo Tempio e, stringendoti il polso, ti avrei condotto davanti a Sekhmeth implorandoti di parlarmene.
Ora le passo accanto, fingo che tutto mi sia indifferente e cheto il brivido di un universo estraneo che s’incrocia con la nostra realtà, che è spenta, ha meno colori. È così buia.
Forse è come dicono, altri universi si sfiorano col nostro, con un’impalpabile carezza; esistono intorno a noi ma non abbiamo la possibilità di esperirli.
In quel mondo però, lo so, siamo felici e stiamo accogliendo le stelle mentre s’affacciano sulle acque del Nilo.

Il rumore dei passi di John richiama l’attenzione e mi volto, per la prima volta con il terrore che la sua presenza sia un’illusione e, al contempo, con la paura che sia veramente qui. Anche se il dubbio mi ha sfiorata e la tentazione ha rallentato il mio passo, nessun Dio infernale lo ha richiamato a sé quando incrocio il suo sguardo. Nemmeno Ade oserebbe riprenderti ora che sei qui con me, penso amaramente. Non so se gioirne o se temere per la sua vita.
E quando tu, Horus, ti fermi davanti alla donna con cui mi hai accolto, siamo uno davanti l’altro. Tu hai la precedenza in casa tua, mi dai la schiena, guardi lei, e io insisto su John, in lontananza.
Anche quando le dedichi frasi per me incomprensibili e la loro dolcezza sfiora i miei pensieri attingendo all’eco di un dolore sepolto, io guardo John.
Però… Le tue parole sono familiari. Non le comprendo ma mi giungono, infine, come una stilettata al centro del petto.

Siamo all’ombra del nostro albero, ti prego di dirmi qualcosa nella tua lingua. Esiti, ma non per molto, prima di cedere alla richiesta.
Il mio sguardo incerto davanti alla tua risata… Lo ricordi?
Col broncio ti chiedo di spiegarmi il significato. “Hai una foglia sulla testa e la cosa mi fa molto ridere” ma a me non basta come risposta. “È troppo lunga come frase! Cos’altro hai detto?”, incalzo sedendo sulle ginocchia, le mani sull’erba umida, lo sguardo torvo su di te. Nascondo il divertimento, la curiosità è più forte. Sarei in grado di insistere fino al mattino. Tu lo sai, mi conosci ma potresti comunque darmi filo da torcere. “Horus Ra Sekhmeth, parla oppure io…”, “Sei bellissima”.
“Ah sì?”, con il labbro tra i denti a celare un sorriso, mi avvicino a te, “Sei bellissima e ti amo tanto”.


Ecco cosa avevi sussurrato a me e pronunciarlo con i tuoi Dei ad ascoltarti, mi è sembrata la cosa più vera che potessi dirmi.
Ti avevo baciato poi. O tu avevi baciato me?
Ti avevo detto che ti amavo anche io, vero?
Come è potuto finire tutto questo?
Uso John, la mia àncora, come punto focale per non perdermi, ora che il mio intercedere tentenna.
« Ti ho dato tutto il tempo che ho potuto »
E io non lo sprecherò. Non ci sono sorrisi tra noi, i miei occhi riflettono le nostre ultime notti, quel che hai dovuto fare, le cose che ci siamo detti.

Il passo s’arresta, la mano della Guida mi fa strada nell’anticamera e benché austera, riconosco un’inclemente dolcezza che in qualche modo mi dona calma. Come se sapesse, infondo, che son qui per loro, per suo nipote e per suo figlio, e non per me stessa.
Stringo la cinghia della piccola borsa che giace sul petto; l’UAS vi riposa, calmo, per ora.
Mamma, farò ciò che devo, l’ho promesso a Lilian. Ho solo bisogno di più tempo.
Per fare cosa, esattamente?
Perché io davvero non so quale sia il prossimo passo ma so che devo fare questo prima di adempiere al patto del mio Sangue.
Mi rivolgo a alla Donna del Tempio, mi volto a guardarla prima di entrare.
« Il Tempio. È il prossimo punto che vogliono colpire. »
Lo sussurro, non è una cosa che tu puoi sentire Horus perché devi ascoltare altro, devi fare altro. Perché, nel caso contrario, quello che ci siamo detti anni fa, tutta la sofferenza che ho provato, sarà stata inutile.
E non sarai mai libero, non davvero.

La luce soffusa mi accoglie. Mi avvicino alla cera che rischiara il pavimento di pietra, le caviglie nude nei pressi delle fiamme che tremolano al mio cospetto. Non sono così inerme, dopotutto.
Le urla della morte, l’odore delle ossa schiave dei lapilli infestano ancora le mie notti… Stringo il palmo.
È nell’incendio che ho perso per la prima volta l’anello.

Tendendo il braccio sulle lenzuola fresche, le dita carezzano l’incurvatura del cuscino su cui posso ancora percepire il profumo del Tassino. Noto la mancanza all'anulare e nel tentativo fallimentare di mettere a soqquadro la stanza per trovarlo, soffoco le mie grida nelle coperte. Sono in pezzi, in una casa troppo grande e vuota per sperare di poterli nuovamente mettere insieme. Eppure mi reco al limitare della dimora, scosto i resti dell’incendio, scruto per la prima volta le conseguenze di quell’ira ormai legata indissolubilmente alla mia anima per osare controllarla. E dalle ceneri che lo richiamo, intatto. So che in parte è sbagliato ma lo indosso comunque. Per ricordarmi il valore della Luce nell’Oscurità, quello che tu mi avevi insegnato, molto prima di lasciarmi.

Potrei raccontartelo, scrollandoti di dosso tutte le perplessità. Potrei chiederti perché non sei venuto a cercarmi, chi ti ha ridotto così, chi è quella donna.
Chiederti perché guardi John in quel modo.
Perché ti sei tenuto lontano da me anche quando lo scettro e l’Ankh si sono cercati con un’intensità che, a Noi, non appartiene forse più.
« Dimmi. »
Tutto qui?
Mi volto, nascondo a stento l’indignazione che, anzi, offusca il mio volto quando stringo lo sguardo su di te.
Non so qui per questo, un monito il mio, mentre avanzo cautamente verso di te, senza distogliere lo sguardo. A ogni passo, la dolcezza rassicura i miei tratti. A ogni passo, temo che il respiro mi tradisca e di non riuscire a fare ciò che mi sono imposto.
Sono andata avanti
« L’UAS e l’Ankh non sono gli unici a cercarsi. Non ho visto solo loro o… Te, l’altro giorno », il cuore pulsa nel petto, si tende verso il Primo Scettro che preme sulla gabbia toracica, « Ho visto anche Lui » e non oso chiamarlo con il suo nome, non qui ma tu saprai a chi mi riferisco. Ti guardo, devo accertarmi che stia ascoltando, tento di decifrarti oltre la maschera con cui vuoi accogliermi e che, lo vedo, sta cedendo in qualche modo.
« Mi ha mostrato la forma dello Djed, del terzo elemento, quello mancante » e io, Horus, non so se tu sappia dove si trova tuo padre e mi rendo conto del rischio che sto correndo per una cosa di cui potresti già essere a conoscenza. Potresti già sapere dove si trova, vivo ed inerme. O morto e sepolto.
« Non sa ancora che tu hai una metà dell’Ankh, ma ha visto l’UAS e lo vuole. Crede che glielo stia portando ma quando scoprirà che sono un traditore, che lo sono da anni, Lui… » distolgo lo sguardo, vago alla ricerca del Leone. Per la prima volta da quando ho ricevuto l’ordine dell’Oscuro, un fremito percorre il corpo e ho di nuovo freddo.
« Stanno recuperando l’altra metà e non so se abbiano lo Djed. Credono che il pezzo di Ankh trovato da un seguace, Sahid, sia tuttora protetto da Sheiva, un altro fedele. Non sanno cosa è successo qui, non ancora. »
Non lo so nemmeno io. Cosa è successo qui?
Il tuo volto tra le mani di lei…
Non oso guardarti ora perché temo che, se lo facessi, potrei crollare.
« Sono un passo indietro. Ma… »
Perché lo dico con il tono di chi non crede che questo valga qualcosa?
« Ho delle lettere indirizzate a John Senior, vengono da casa sua » e allora trovo il coraggio di tornare a te, « Tuo padre viene citato nel tentativo di recuperare lo Djed. Pare fosse stato impossibile ‘disallineare’ l’elemento… » scuoto appena il capo, perché è difficile interpretare cose che non capisco, « La lettera è di sedici anni fa. Per colpa di questo fallimentare recupero, Osiris viene definito “perduto” ».
Ma non morto. Perduto.
Mi riservo di non fare questa supposizione però, non voglio darti false speranze. Se mia madre fosse ancora in vita, io vorrei saperlo così come voglio conoscere a fondo i motivi perché è morta o perché debba morire io.
« Ra» ti chiamo col dolcezza, inclino il capo sotto al tuo sguardo. La mano ha un fremito, si stende alla luce delle candele, ma non osa poggiarsi sul tuo volto, non osa carezzarti la ferita sul labbro perché non sta più a me. Non sono io ad averti sorretto, ma lei, la stessa a cui ti sei rivolto prima di entrare qui. Il braccio si abbassa, colpevole di aver anche solo provato la tentazione di avvicinarsi.
« Devi fidarti di me. Io credo che Osiris sia ancora qui e che… Lui sappia come trovarlo »
Concludo.
E con quest’affermazione, mi giunge l’amara consapevolezza che Voldemort sia l’unico a sapere non solo di Osiris, ma anche di me, della mia famiglia e, persino, del Patto che dovrei o meno rispettare.
Il marchio sul polso, ormai indelebile, è una sentenza; aveva segnato anche la nostra fine, prima dei tempi, a Ceann Mhálainne.

– Will we burn inside the fires of a thousand suns?
For the sins of our hand
The sins of our tongue
The sins of our Fathers –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium, Plutonis
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ()
– Banshee esperta
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ UAS riposto in una piccola borsa con incantesimo estensibile; una volta per quest puoi annullare l'azione di un avversario (a tua scelta) o tornare indietro di un turno d'azione in duello.
▸ BORSA con incantesimo estensibile protetta da sigillo persona. Oltre ad Emily, nessuno può aprirla (appartenuta a John Senior prima)
▸ DOCUMENTI secretati - all’interno della borsa sopracitata
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco;
▸ ANELLO VITTORIANO: Base in argento lavorato, presenta una rosa acquamarina, nessun effetto;
▸ ANELLO DEL CORAGGIO: Attacco e difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario;
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate;
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon;
▸ AMULETO PROTETTIVO: occhio di Ra.


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|| Menfi || Tempio della Dea Sekhmet

PS: 456 PC: 378 PM: 445 EXP: 107
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Sei indignata, lo vedo.
Quell’ultima volta, sotto al nostro faggio, avevi la stessa identica espressione ad incupire il tuo bel viso.
Cosa ti aspettavi? Vorresti che io ti accogliessi abbracciandoti, con un bacio sulle labbra promettendoti di non lasciarti mai più?
No. Tu non sei così. Non lo vorresti mai, hai troppo amor proprio… no?
Ed è comprensibile dopo tutto ciò che è accaduto, dopo gli sguardi gelidi che ti ho rivolto pur di spingerti via da me.
Sei indignata ed io non ti biasimo, eppure non posso fare a meno di aggrapparmi con ogni forza all’appiglio di una decisione che porto avanti con così tanta ostinazione.
Ti ascolto immobile, le braccia lungo i fianchi a sfiorare la veste di lino che indosso. Stringo i pugni, imprimo la runa contro il palmo, le unghie conficcate nella carne.
Sentirti pronunciare i nomi dei Mangiamorte con un’apparente familiarità spinge il mio viso a fremere e mi mordo la guancia per non lasciar trapelare niente. So già che sarà un tentativo vano, perché sono stanco, perché sono debole.
Non mi rendo conto di star trattenendo il fiato, pendendo dalle tue labbra, ma rimango in parte deluso nell’apprendere cose che so già. Credo rimarresti delusa se sapessi che mio padre –il cui nome pronunciato da te mi procura un lungo brivido– mi ha già confermato che il Signore Oscuro fosse il burattinaio di questa grottesca opera. Assottiglio lo sguardo che torna ad essere lama: John Senior. Mi trattengo dall’arricciare il naso per il disgusto che provo per quel nome e associare l’appellativo “Junior” alla copia sputata e più giovane che ti ha seguito finora.
Non solo l’aspetto: anche il nome.
Un Cavendish buono è un Cavendish morto, mi ripeto.
Impedirmi di mostrarmi schifato mi richiede grande impegno e questa volta serro la mascella per la quantità di informazioni che esce dalla tua bocca. Pur non rappresentando grandi novità –disallineamento a parte– continuo ad essere turbato dall’averti qui davanti a me. Il tuo profilo illuminato dalla luce delle fiaccole, con le incisioni delle storie degli Dei a farti da contorno.
Non credere che io non ricordi le volte in cui ti ho promesso di portarti qui, una vita fa.
Sono sempre stato geloso della mia terra: non ho mai detto granché a chi mi chiedeva informazioni, nemmeno –in illo tempore– a Mya. Ma per te nulla aveva segreti; certo, non ti ho parlato dei sacrifici, né dei riti nel loro dettaglio e non mi hai mai sentito pregare, non mi hai mai visto nei giorni dell’Heb-Sed, quando sfiliamo in uniforme e diamo inizio ai giochi del giubileo. Tuttavia ricordo le tue domande curiose, i miei racconti, il sogno di vivere con te qui, un giorno, quando tutto sarebbe finito.
Ci ho creduto davvero nel nostro piccolo mondo di adolescenti innamorati.
Questo eravamo, dietro tutto quanto: solo dei ragazzi che volevano stare insieme, vivere e fare progetti. Ragazzini come tanti ad Hogwarts.
Tutto questo ha fatto male per anni e anche ora che ho anestetizzato tutto, una parte del mio cuore si atrofizza sempre di più per non cedere alla sofferenza della nostalgia.
Il movimento del tuo braccio, però, mi coglie in fallo: riconosco l’eco di un gesto che hai fatto mille volte, quando la tua mano si adagiava sul mio viso. Allora mi irrigidisco, finché il tuo arto si ferma per un attimo e lo vedo. È così che il mio, di braccio, esula dal controllo forzato cui ho sottoposto il mio corpo: scatta a sua volta, le dita cingono il tuo polso con una delicatezza impressa nella memoria dei movimenti. Guardo il marchio impresso a fuoco tra le vene sottili, sulla pelle di vetro: è rosso quanto l’Udjat sul mio occhio e che, da quando sono stato attaccato, spicca vivido sul viso abbronzato.
« Così era davvero l’Uas… » Dico soprappensiero, ricordando quando cercavamo di indagare su quale fosse il simbolo apparso a Ceann Mhálainne.
Lo sguardo però si sposta sull’anello al tuo dito e d’un tratto mi rendo conto di ciò che ho appena fatto. La mia presa ti libera con uno scatto improvviso, scottato dalla consapevolezza.
« Scusa. » Ti dico in un sussurro, innervosito. Incrocio le braccia per impedirmi di perdere ancora il mio proposito e mi avvicino alla parete incisa. Non rispondo subito e mentre ora la mia mano segue i contorni dei geroglifici che narrano il viaggio di Hator, la Vacca Celeste, penso a mio padre. Se serro le palpebre, posso vedere il suo viso ancora adesso impresso nelle retine. Sospiro, passandomi stancamente l’altra mano gelida sugli occhi chiusi.
« Voldemort–– non temo di pronunciare il suo nome nella dimora degli Dei che gli sono superiori––lo sa già. Non sono un passo indietro, forse sono anche avanti. » Dico ad un tratto con voce roca. Torno a guardarti, ma il palmo rimane appoggiato alla pietra; non sembra, ma mi sto sostenendo.
« Sheiva è morto, l’ho ucciso io. Il sangue che hai visto su di me era in parte suo. » Pronuncio la sentenza cui ho condannato il Mangiamorte con ira repressa, non ancora appagata.
« Sahid lo sarà presto. » Scocco una rapida occhiata a mia nonna, ma arriccio un labbro perché so che lei non mi permetterà mai di ammazzare un testimone importante. Tu, però, non lo sai, perciò bluffo. Di una cosa sono certo: la Leonessa permetterà al suo cucciolo di giocare con l’animale ed io fremo.
« Ho attaccato il loro accampamento due giorni fa, ma mi hanno quasi catturato, torturato e… » Mi interrompo bruscamente mentre l’ennesimo brivido mi scuote la spina dorsale e le gambe si indeboliscono. Premo più forte la mano sulla parete, distolgo lo sguardo dal tuo viso e deglutisco, a disagio. Il ricordo del dolore provato mi fa arrancare nel racconto perché i miei muscoli, il mio corpo ancora ne soffre gli strascichi. Mi sforzo di pensare a Sitra: ai suoi occhi complici di poco fa, al suo tocco gentile quella sera, quando ha lavato via il sangue e la sabbia dalle mie ferite, quando mi ha stretto mentre io piangevo fra le sue braccia dopo aver visto mio padre.
« Due di loro sono riusciti a scappare. Marco e Celsius: i nomi ti dicono niente? » Come se niente fosse proseguo, torno su di te. « Non credo siano totalmente… umani. » Questa volta mi ritorna alla mente quando Marco ha stretto nella sua morsa il mio cuore in un modo che non ritengo nemmeno possibile. Il terrore che come una goccia gelata mi è sceso lungo il collo, la sofferenza patita come se mi avesse sfondato la cassa toracica… Dio, lo sento ancora adesso.
« Questa me l’ha fatta Marco e non guarirà. » Lascio la pietra per indicarti rapidamente lo squarcio sulle labbra che tendo con palese disgusto. Non voglio mostrare debolezza: il Maahes non lo è, mai. È il figlio di Sekhmet. E così faccio, non vedrai debolezza nel mio viso perché, del resto, tutto ciò che ho vissuto vale la pena per aver anche solo visto papà vivo. Ed è a lui ora che penso con tutto me stesso così mi volto verso il Patronus che alza il muso verso di me. Lo guardo con tenerezza, faccio passare le dita fra la trasparenza della criniera come se lo potessi accarezzare davvero.
« Mio padre è vivo. L’ho visto. Gli ho parlato. » Rivelo con orgoglio e pronunciarlo ad alta voce mi rincuora, ravvivando la perlacea lucentezza del leone. Capirai, allora, che è per questo che il mio Patronus –che tu sai essere un falco– è cambiato.
« È, credo, all’interno dello Djed stesso, in un luogo … lontano. » Aggrotto le sopracciglia, cercando di capire dove sia quel campo di grano bruciato, ma non so collocarlo e la cosa mi frustra, mi fa sentire come se non avessi nulla tra le mani. « Solo che… lui non era… il suo occhio, i suoi capelli, la sua voce erano… » La voce mi si spegne e io chiudo gli occhi, riprendendo aria. La cicatrice sotto un’iride innaturale, le ciocche bianche che ne screziavano i capelli rossi, le rughe sul viso che ricordo liscio, giovane, lo sfinimento nella sua voce e la stanchezza nell’appoggiare anche solo la fronte contro il sottile strato d’aria che ci divideva: tutto, ora, mi procura un dolore immenso nel saperlo così. Così da diciotto anni. Una parte remota della mia testa pensa: “sta morendo”, ma io la scaccio via, mi appello ad Amon perché, sono certo, lo salverò.
Prima di ogni cosa, prima di chiunque: anche di me stesso.
« Devo trovarlo in fretta. Tuttavia… » Esito un secondo, guardandoti, studiando la tua espressione non più ferita, ma preoccupata. Non capisco perché tu sia qui, perché stai rischiando la tua vita solo per avvertirmi che Voldemort sa che io possiedo la prima metà di ciò che cerca. La risposta la so: tu non hai mai voluto il mio male così come in anche io; l’odio che ti ho riservato nel vederti con il figlio di John è sfumato, ma provo comunque una rabbia che mi scalpita dentro perché di tutti quelli con cui potevi allearti, l’idea che sia proprio un Cavendish continua a rimescolarmi le viscere. Mi sfiora solo per un secondo il pensiero che tu possa essere qui per prendere l’Ankh, ma è così assurdo che nemmeno ne valuto la fattibilità.
« So quanto ti costi essere qui a sua insaputa e quanto sia grande il pericolo che corri. » Le iridi scorrono da una parte all’altra del tuo volto.
Perché sei qui?
« Per questo ti ho chiesto di entrare nel tempio, dopo l’attacco, non è sicuro stare fuori. Non risolve le cose ed è temporaneo, ma… » Torno su mia nonna e questa volta mi domando cosa possa pensare di tutto questo. Le ho raccontato qualsiasi cosa sia accaduta, perciò non dovrebbe essere sorpresa. « … potrai contare sulla protezione delle Leonesse, finché sei qui dentro. » Provo a sorridere, ma è fugace e quel sorriso sfiorisce subito. Sarebbe sciocco credere che questo possa fermare il mago più potente della nostra epoca. Per quanto non sia un Dio, sarebbe stupido sottovalutare l’enorme pericolo che rappresenta, anche per delle guerriere come le sacerdotesse di questo luogo sacro. Se lui, però, è già sulle nostre tracce, dubito saremo tutti davvero al sicuro. Se questo tempio venisse distrutto, io…
« L’allineamento potrebbe essere fra quelle che papà ha chiamato reliquie: Ankh, Djed, Uas. » Continuo e con un cenno del mento indico il tuo polso. Quel polso che solo pochi istanti fa mi ha tradito. « Mi chiedo perché le voglia. »
Vorrei chiederti anche perché hai tu uno strumento sacro alla mia religione; perché tu, una straniera, possiedi lo scettro degli Dei? Come ci sei arrivata? Mi mordo un labbro ma lo rilascio subito per l’ennesima stilettata della ferita. Cazzo, come lo odio quello stronzo di un italiano.
Ti guardo, ora in silenzio, ripensando a quanto ci siamo detti finora. Non è possibile sia tutto qui, cercando di capire a quali delle mie centinaia di domande dare priorità. Mi stringo nelle braccia e cerco di fare mente locale ripercorrendo tutto ciò che mi hai rivelato. Guardo la borsa che tieni a tracolla e, automaticamente, ripenso alle lettere che custodisco in camera mia.
È ancora instabile
Che cosa è instabile, papà? Lo Djed? Tu? C’è qualcosa che mi sfugge, qualcosa che ho visto ma che non riesco ad afferrare concretamente.
Mi esplode la testa.
« Posso vedere le lettere? » Lo chiedo con forzata gentilezza, perché mi rendo conto che a procurartele può essere stato solo il figlio del Cavendish.

|| You can't live without the fire 'cause you're born to live and fight it all the way ||

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. [indossato mano dx]
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Agganciato alla cintura]
▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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Edited by Horus Sekhmeth - 1/2/2024, 22:53
 
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view post Posted on 4/2/2024, 19:48
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Ti guardo, ad ogni parola che pronuncio. Non mi accorgo di farlo, tanto è il desiderio di notare una qualche crepa nella forza che t’imponi.
Perché continui a fingere che nulla di questo ti scalfisca? Non posso credere che sia veramente così e ne prendo consapevolezza man mano che le mie parole attecchiscono, quando la tua voce rompe il silenzio; persino quando mi sfiori per poi stringere la presa.
Perché mi hai serrata tra le tue mani Horus, e lo hai fatto con una spontaneità che non puoi permetterti; con il fare di chi pensa che tutto gli sia dovuto.
Chiedi scusa, ma quando io premo il polso contro al fianco, ora che il braccio è ricaduto lungo il corpo, stringo la punta delle dita nell’incavo del palmo fino a farmi male.
Allontani lo sguardo, incroci le braccia, cerchi il sostegno della parete. La mia presenza non ti urta, ti urta il pensiero di quel che siamo stati, vero?
Inclino la testa; potessi davvero leggere i tratti del tuo viso come anni addietro, saprei esattamente cosa stai provando. Il tempo, però, ci ha cambiati e il dolore che mi hai provocato è una ferita aperta che tento di nascondere sotto milioni di strati di bende intaccati dal sangue che, ora è ovvio, continua a seviziarmi. E, per ogni volta in cui ho ignorato tutto questo, il cuore si è stretto in una morsa perdendo sempre più il contatto con ciò che avrebbe potuto donarvi luce.
Non ti odio, ma come cazzo faccio a perdonarti?
Il pensiero, in realtà, non mi sfiora nemmeno perché non ti ho cercato per avere delle risposte, altrimenti avrei già chiesto perché non mi hai contattata, nemmeno dopo ciò che abbiamo entrambi visto. Era così illogico rivedermi?
Era inevitabile che accadesse, non ci hai pensato? Abbiamo entrambi ciò che Voldemort desidera e, vivi o morti, eravamo destinati a incontrarci, a guardarci per più tempo di quanto le nostre reliquie ci hanno concesso giorni fa.
« Non importa. »
Chiedimi scusa per avermi voltato le spalle, per il dolore che mi hai causato, non aver trattenuto il mio braccio nella mano. La tua pelle calda ancora scotta attorno al marchio, con una sofferenza di cui vorrei non fare a meno perché, almeno, reagisci.
Il tuo sussurro permane nell’aere, scandisce il fluire di pensieri incerti e si dissolve quando scosti lo sguardo dall’anello.
Sono io che smetto di guardarti quando pronunci il nome di Voldemort. Arriccio le labbra ma proprio non riesco a mordermi la lingua.
« La tua presunzione non ti rende cauto, Ra », ti ammonisco a labbra strette, un sussurro che ti giunge con voce morbida, eco di quel che avrei potuto dirti tempo fa, se non avessi studiato abbastanza per un esame o pensassi di infrangere la regola del Coprifuoco del Castello. Ma, al di là del disagio che provo nel riprenderti, dovresti sapere anche tu che, nominarlo, potrebbe rivelarsi un vero e proprio richiamo alle armi.
L’assenza della bacchetta inizia a pesarmi, soprattutto dopo ciò che ho detto alla Guida del Tempio.
Parli e la tua voce nasconde ogni tua incertezza ma la mano che cerca la pietra attira il mio sguardo prima che tu possa voltare lo sguardo verso l’entrata e quel gesto improvviso mi fa risalire il braccio, fino al collo, al tuo profilo. Vengo attratta dalla pietra acquamarina che sfiora il lobo. È familiare ma… Non può essere.
Non abbasso lo sguardo, ho capito che non vuoi che colga il tuo disagio ma ho preso a pensare a quanto sia stupido e inutile da parte tua continuare a comportarti come se io non potessi interpretare i tuoi movimenti.
Non vedo il brivido che ti scuote, né la mano che spinge contro la pietra ma la tua voce s’interrompe e mi rendo conto di trattenere il respiro.
« Ho attaccato il loro accampamento due giorni fa, ma mi hanno quasi catturato, torturato e… »
« E sei qui ».
La mia voce rotta è una sentenza, gli occhi si stringono sul taglio eterno che macchia il labbro. L’anello che ti avevo regalato passa in secondo piano. Il dolore che devi aver provato, posso sentirlo aggrapparsi alla pelle, mescolarsi al sangue, salire alla gola. Trattengo l’ira ma lo sguardo si assottiglia.
Quel che ti hanno fatto ti ha scalfito e vorrei parlare, risponderti ma incalzi e io ti lascio fare perché, man mano che la stanchezza avanza, potremmo entrambi cedere e lo capisco che non vuoi. Non eri tenuto a dirmi della cicatrice, né che del male che t’hanno inflitto ma lo fai. Le dita sfiorano il Patronus, la dolcezza colora il tuo sguardo e, nel un mero istante che racchiude gli anni che ci hanno separato - e che ci separeranno di nuovo, io ti riconosco.
Non mi serve altro se non la luce del leone per comprendere cosa tu possa provare, ora che mi sveli la verità in cui ho posto fiducia. A me, una tale speranza, non è concessa e mi convinco che la gioia che irradia per un minuto istante i miei occhi sia solo il riflesso di qualcosa che vorrei per me. Vorrei che mia madre fosse viva.
No, ho desiderato che tuo padre lo fosse, ma per te, perché tu possa dirti che ne è valsa la pena, per dirti libero. Abbasso il capo, volgo lo sguardo a terra come una preghiera verso gli Dei in cui non credo e espiro profondamente le bugie che continuo a raccontarmi.
Le labbra si schiudono in un sorriso amaro quando mi rinnovi la protezione delle Leonesse. È la terza volta che me lo sento ripetere ma questo non mi fa sentire più al sicuro di prima, onestamente.
« Marco e Celsius. Quel che rimane di loro non è altro che il risultato di un esperimento » la voce è sprezzante, lo sguardo si posa sui cuscini che giacciono sul pavimento, una tentazione a cui sarebbe stupido e inutile cedere, « Sono morti prima di diventare degli ibridi di Lethifold. Aspetta, c’è il simbolo di Seth sul loro fascicolo ».
La mano sparisce nella borsa, le dita si chiudono intorno alle lettere, sfiora l’Uas, riconosce i documenti, due di tre fascicoli.
Il primo è al sicuro altrove. ‘Non è necessario portarlo’ avevo detto trattenendo John per il polso prima che s’allontanasse; la tracolla riversava sul bordo del letto, aperta.
La mano si sporge verso di te, supera la distanza che abbiamo tacitamente concordato.
« Non so se voglia solo le reliquie » ti rispondo senza pensare ma scuoto appena la testa, stringo la cinghia della borsa, pugni che spingono verso la cassa toracica.
« Io posso usare l’Uas » ho il coraggio di continuare, ora che non puoi guardare, perché so che continuo a non essere onesta con me stessa, « Io devo usare l’Uas » .
Deve sembrarti confuso tutto questo ma non conosco nemmeno io il motivo per cui dovrei farlo, né il perché lo scettro si sia abbattuto sulla mia famiglia con un peso tale da ridurla in cenere.
« Se il Guardiano non sigillerà l'ingresso, non adempierà al patto, non prenderà una decisione: non esisterà più alcun sangue del suo sangue. Sarà la caduta dei Gordon. » recito come un mantra, lo sguardo che vaga sulle incisioni senza comprenderle, con la rassegnazione come velo d’argento che avvolge le iridi, « Salvare o condannare, purché il Guardiano si sacrifichi » sorrido io ora, tristemente, ma per poco perché mi volgo verso l’entrata, a voler inutilmente scorgere la figura di John oltre la tenda
‘Mi assicurerò che non accada’, sento la sua mano sfiorare il collo anche se non è qui con me. La solennità della sua voce riecheggia forte nella mia testa, ha il potere di calmare i sensi - almeno per un altro po’.
« Cosa sai dell’Uas? » ti chiedo. Sono io che incalzo adesso, continuando ad intromettermi tra i tuoi pensieri. Seguo i contorni della spessa tenda, come se la mente si fosse spinta altrove. Il primo scettro non mi ha ancora svelato ciò che aveva promesso quando ho deciso di non oppormi al suo ordine; confido nella tua risposta perché, altrimenti, c’è solo qualcun altro che potrebbe dirmi come mai sia in mano mia o perché sono tutti morti.
Il cielo d’Egitto era pieno di stelle quando ho visto una figura, dai lunghi capelli castani piegata su di te. Sullo sfondo c’erano altre due donne che muovevano un corpo legato da bende.
’Sahid lo sarà presto’, rimembro e torno su di te; forse Voldemort non è l’unico a poter dare ad entrambi le risposte di cui abbiamo bisogno.
« Sahid. Lo avete voi, vero? Sheiva ha scritto quando hanno trovato la metà dell’Ankh, quella che non hai tu. Avrebbero mandato un fedele a recuperarlo mentre… » è difficile ricordare con precisione ogni informazione, nonostante abbia passato le ultime notti a rileggerle più e più volte. Rimetto però a fuoco ogni parola. « … teniamo il resto al sicuro. Se loro due erano insieme, allora può sapere sia dove si trova tuo padre, sia… »
Cosa fare con l’Uas? Per cosa - o chi - debba sacrificarmi?
Sahid sapeva di Lilian Gordon, continuo a chiedermi perché non abbiano agito da tempo. Possibile che Jacob non sapesse? Possibile che mio padre non abbia usato qualsiasi informazione al riguardo per tirarsi fuori dal buco in cui si trova ad Azkaban?
Scuoto appena la testa, porto il peso del corpo sulla sinistra, la schiena è scossa da un brivido.
« Questa è la lettera in cui si parla di Osiris », te la porgo; la tengo tra le dita con la stessa attenzione che le ho donato quando ho visto a quanti anni prima facesse riferimento. Guardo te, sperando tu possa rispondere e, se non a tutto, almeno alle domande che riesco a formulare.
Perché non mi hai cercata?
È il mio anello quello che indossi?
Non potevamo stare insieme, non è nostra quella realtà di cui parlavamo quando eravamo insieme. Tuttavia, forse una piccola parte di me ha sempre creduto che, dinanzi alla fine ineluttabile del nostro Mondo, tu mi avresti trovata.
E ora lo capisco, anche se troppo tardi, anche se questo potrebbe essere il nostro addio.
Ma tu cosa puoi saperne del legame che ancora ci lega? Ho provato a spezzarlo, sai?
Ci ho provato, a distruggere ogni atomo che spingeva in tua direzione, oltre il tempo, oltre lo spazio.
Una dannazione, per me che non sono stata in grado di odiarti; nonostante l’immensa cazzata e la tua inspiegabile codardia, mi sono rifiutata di cedere all'unico momento in cui avrei potuto farlo.
Il momento in cui, dandomi la schiena, sei andato via come se non valessimo nulla.

– Will we burn inside the fires of a thousand suns?
For the sins of our hand
The sins of our tongue
The sins of our Fathers –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium, Plutonis
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ()
– Banshee esperta
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ UAS riposto in una piccola borsa con incantesimo estensibile; una volta per quest puoi annullare l'azione di un avversario (a tua scelta) o tornare indietro di un turno d'azione in duello.
▸ BORSA con incantesimo estensibile protetta da sigillo persona. Oltre ad Emily, nessuno può aprirla (appartenuta a John Senior prima)
▸ DOCUMENTI secretati - all’interno della borsa sopracitata
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco;
▸ ANELLO VITTORIANO: Base in argento lavorato, presenta una rosa acquamarina, nessun effetto;
▸ ANELLO DEL CORAGGIO: Attacco e difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario;
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate;
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon;
▸ AMULETO PROTETTIVO: occhio di Ra.


Code © HorusDON'T copy



Consegna a Horus i fascicoli su Marcus e Celsius - già aperti alle ultime pagine - e una delle lettere di Vesper.
* Emily consegna una delle lettere da parte di Vesper che fanno riferimento ad Osiris Sekhmeth, quella di 16 anni prima. C'è scritto che non è possibile disallineate lo Djed (affiancato dal disegno dello Djed) e che Osiris è perduto.

** Prima ancora prende in mano il fascicolo di Marcus e Celsius. Vengono datati i giorni degli esperimenti, con varie pozioni numerate e identificate come "sieri". L'ultima data per Marco è dell' anno in corso, per Celsius è di due anni fa. I soggetti sono morti prima di diventare ibridi di Lethifold.
Emily apre facilmente la pagina infondo ai fascicoli, dove oltre al "successo" degli esperimenti viene riportato anche il simbolo di Seth.
 
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view post Posted on 7/2/2024, 19:32
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– Maahes –
|| Menfi || Tempio della Dea Sekhmet

PS: 456 PC: 378 PM: 445 EXP: 107
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Prendo le lettere che mi porgi e gli occhi scorrono veloci su ogni lettera ivi impressa. Ti ascolto, Emily, ma non posso fare a meno di stringere con forza la pergamena man a mano che vado avanti. I pezzi di un puzzle si spargono disordinati davanti a noi, si fondono in un’immagine incompleta, parziale, disallineata.
Mi soffermo sul nome di mio padre, per un attimo mi isolo dalla tua voce, da questa stanza, dagli occhi di Sekhmet. Socchiudo i miei come se potessi sondare le parole e vedervi attraverso il viso di mio padre o un silente indizio sfuggito al tuo e al mio studio.
È solo un’illusione, una reminiscenza di ciò che feci anni fa, quando ero seduto nello studio di casa mia con delle missive simili sparse sulla scrivania di mio padre.
Ritornano alla mente parole già lette un’infinita quantità di volte: “Non piace a te e non piace a me, John, siamo schietti.”; “Ci sono quasi, ma non è stabile. Mancano pezzi di un quadro più grande di noi.”: quei pezzi sono forse le reliquie?
« “E’ Natale, puoi comprendere l'apprensione di un padre.” »
Non mi accorgo di aver sussurrato le parole che mi hanno cullato per notti intere; parole che hanno nutrito una speranza che, tuttavia, si è affievolita con l’avanzare fetido del terrore.
L’ho mormorato nella mia lingua, senza quasi emettere un suono ed il mio cuore ha tremato nel farlo.
Che sciocco sono stato. Come posso aver anche solo pensato che Lui potesse aver tradito me e mia madre? Come posso aver anche solo sfiorato col pensiero che Lui non ci amasse?
Non il mio It-y.
Serro la mascella mentre esco dalla trance indotta dai ricordi e tengo a bada la rabbia che s’alterna in me come una marea ingovernabile. Compio un passo verso mia nonna, le tendo le lettere per mostrarle quel puzzle la cui immagine ci sta sfuggendo via come briciole. Lo faccio guardandola solo per un istante in volto, perché il mio sguardo torna su di te. Ti osservo in silenzio, faccio ordine nelle informazioni che mi hai appena rivelato. C’è in effetti qualcosa che torna, in mezzo a questo castello di sabbia: ci sono punti in comune con ciò che ci stiamo raccontando.
« *Velo Vivente*. » Non potrei dimenticare questo termine nemmeno se volessi. « È il termine italiano per dire lethifold. Ho visto il ricordo della sorella di Marco, parlava con John. » Mi porto le dita alle tempie, le massaggio cercando di recuperare altri dettagli di quel giorno maledetto. « Io ho… ho ancora difficoltà a ricordare alcune cose. Da quella notte mi sono svegliato solo questa mattina, non ho avuto molto tempo… » Mormoro contraendo le sopracciglia per l’emicrania che torna a martellarmi dietro gli occhi. Rivedo la Vespa, la mia stretta attorno al polso di Anna e risento la risata di John Senior che mi procura un moto di nausea. Qualcosa mi sfugge e arriccio il naso nello sforzo di collegare i punti impazziti che rimbalzano da una parte all’altra del mio cranio.
« Ho trovato delle lettere anche io, anni fa. Mio padre stava cercando di stabilizzare qualcosa, temeva per la sua vita. Forse è proprio quello che chiamano: “disallineamento”. » Abbasso le braccia, prendendo un gran respiro. Seguo il tuo viso, cercando di cogliere ogni spasmo della tua bocca. Decido volontariamente di non aggiungere altro su Sahid: se sa qualcosa –e lo sa– verrà fuori. In tal caso, se sarai ancora qui, te lo dirò. Mi rendo ormai conto che tutto ciò che ho fatto per scappare da te è stato veramente inutile e, quando avrò la mente abbastanza sgombra per pensare a ciò che ho fatto negli anni, proverò un’ira inesauribile. Ora, però, continuo ad aggrapparmi al momento, alle tue informazioni. Cerco di dimenticare tutto il resto, compreso il figlio di John in attesa qui fuori nel nostro tempio.
« Cavendish ha detto alla ragazzina che se lei non avesse fatto qualcosa, suo fratello sarebbe rimasto oltre il velo per sempre. » Aggiungo incrociando le braccia, pensieroso. Prendo a camminare senza rendermene conto, la veste di lino fruscia attorno alle caviglie. Questa è un altro mio tratto che tu non faticherai a riconoscere: me l’hai visto fare così tante volte quando mi mettevo a ragionare e camminavo, camminavo. Lo facevo anche quando escogitavamo creative punizioni da appioppare agli incauti che beccavamo ad infrangere le regole del Castello. A volte esclamavo platealmente: “Aha!”; altre volte mi fermavo e ti guardavo con un ghigno che tu ricambiavi ridendo.
Mi maledico per l’ennesima volta e maledico te, perché da quando sei qui continui a far riemergere dal fango tutto questo, in una cascata inarrestabile che minaccia continuamente la mia lucidità.
Scuoto impercettibilmente il capo, come se volessi fisicamente spingere via i ricordi.
« Forse c’è qualcos’altro oltre questo… velo. Forse non è solo il lethifold, c’è una parte di questi ragazzi che è lì, che li tiene collegati a questo mondo? Del resto erano già morti quando sono stati “fusi” e questa sarebbe negromanzia… » Mi fermo all’improvviso, punto gli occhi nei tuoi, ricercandoli avidamente. Questa volta, però, non ghigno e non esclamo nulla; questa volta sussurro.
« La vita oltre la morte… la vita eterna. » Mi passo una mano sulla bocca, sfioro con i polpastrelli la cicatrice. Ricordo la mano d’ombra che ha cercato di afferrarmi nel deserto e la ricollego facilmente alla natura della creatura con cui sono stati ibridati Marco e Celsius. E poi… c’è il glifo di Seth che ho visto sul polso di quest’ultimo. Non può essere un caso.
« Mi hai chiesto cosa so dell’Uas. » Quando me lo hai domandato un angolo delle mie labbra si è incurvato, ironico. Estraggo la bacchetta e compio un passo indietro; l’altra mano è alzata, il palmo verso di te. Non voglio spaventarti, perciò ti avviso prima di disegnare a mezz’aria.
« L’Ankh, la vita, Amon… » Traccio la croce, termino con l’ansa e poi passo a disegnare il simbolo che mi sta ossessionando da quando l’ho visto circondare mio padre.
« Lo Djed, il pilastro della stabilità, la colonna vertebrale di Osiri… » Mi soffermo solo un’istante sul glifo poi termino con ciò che è impresso a fuoco su di te. « L’Uas, il compasso del cielo, ipostasi di Seth… »
Traccio il bastone di cui tu, a quanto pare, sei guardiana; i tre simboli galleggiano davanti a noi in sequenza; il Patronus li guarda curioso, sembra un gatto ammaliato da degli uccellini. Poi, con un movimento fluido del braccio, li unisco tra loro. O per meglio dire, li allineo.
« Lo scettro di Ptah, il Creatore. Marito di Sekhmet. » Davanti a noi l’oggetto libra impalpabile libra. Posso quasi sentirlo come una lama sui nostri colli e mi chiedo se hai capito cosa sto cercando di intendere. Con un ultimo movimento del braccio, lo scettro svanisce in una voluta di fumo ed io rinfodero la bacchetta. Poi mi avvicino al muro e ti chiedo di avvicinarti a me con un gesto del capo. Non lo so se mi seguirai, ma ti indico una figura sull’incisione che ormai non faticherai a riconoscere.
« Seth è il Dio del Caos, ma non dei morti. Tuttavia la testa dell’Uas, quello che tu vedi come un uncino, è il suo volto. Ma l’Uas può essere usata da molte divinità, non è sua prerogativa… » Ti fisso, eloquente. Il mio dito passa gentilmente su un’altra figura: è un uomo dalla pelle blu, avvolto in una veste stretta, bianca come il papiro. Vi sosto con il polpastrello, quasi accarezzandolo.
« Può usarlo anche Osiri, il dio dell’oltretomba... come può usare lo scettro di Ptah. » Ti mostro allora, più in là, vicino all'iconografia di Sekhmet, un altro uomo che, nella mano, stringe l'oggetto che ho disegnato qualche secondo fa.
Il braccio ricade lungo il fianco, osservo ancora la parete, ma poi mi volto piano verso di te.
« Non comprendo perché proprio tu possieda un oggetto appartenente agli Dei, cosa devi salvare o condannare, chi… » Ripenso a quella sorta di profezia che mi hai raccontato poco fa. Lentamente, con gli occhi risalgo il tuo polso, ammanettato, il tuo collo, avvolto da un cappio, il tuo viso, mortalmente pallido.
Un bagliore di comprensione anima l’argento delle mie iridi.
« Ly… cosa devi sigillare? » La voce mi muore in gola.
Sei tu a dover scegliere se salvarti o condannarti. 
Non è così?

|| You can't live without the fire 'cause you're born to live and fight it all the way ||

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. [indossato mano dx]
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Agganciato alla cintura]
▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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23 yrs – Head of DMLE – Il Cairo

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Mormori e la lingua arcana culla i miei pensieri, tessendo la trama intricata dei miei ricordi. Immagini e visioni si intrecciano a metà strada, carezzati dal velo sottile che separa la realtà da ciò che ho visto, dall'eco spaventoso che i miei occhi, i miei sensi, hanno percepito in tutti questi lunghi anni. Sto cercando di mettere insieme frammenti incomprensibili, come, d’altronde, stai facendo anche tu, Horus. Chi l’avrebbe mai detto che, proprio ciò che un tempo ha visto la nostra fine, sarebbe stato il filo sottile che ci avrebbe riuniti?
*Velo vivente* non capisco cosa voglia dire ma so qual è l’altro modo in cui i Lethifold sono conosciuti nella nostra lingua. La mia mente viene rapita, allora, da quel mondo infuocato che si dipanava oltre l’arco a Ceann Mhálainne.
« […] Sarebbe rimasto oltre al velo per sempre »
Ti sento, mentre la verità cerca di farsi strada e… Tremo. Mi stringo nelle braccia, cercando un sostegno che quasi tradisce la mia ansia quando inizi a muoverti. Il tuo passo non è così inquieto, ma riesce comunque a scuotermi in profondità.
Ti sento agitarti al mio fianco, oltre le mie spalle poi ma questa volta evito di seguirti con lo sguardo. Non attendo altre risposte perché quelle che sto tentando di affrontare ora, sono colme di un timore così opprimente che preferirei tu non le percepissi. Nulla è come prima; nei miei ricordi, attraversavi lo spazio con leggerezza, arrestavi il passo con un sorriso e io ricambiavo la tua complicità. Ora siamo entrambi in pezzi, confusi, stremati. Ma non per questo cederemo alla resa, vero?
Piego il volto su di te e ritrovo i tuoi occhi nei miei. Schiudo le labbra, in procinto di dar voce al terrore che scalda il petto, lascia la sua scia mentre risale la gola e puntella la strada con tutta la sua atroce realtà. Mi concentro sul tuo viso, sulla carezza sinuosa alla cicatrice e ti ascolto, ti ascolto perché, se solo osassi parlare, allora ciò che temo sarebbe inevitabile.

’Traditore!’
L’urlo di Lilian risuona nella mia testa, stringo gli occhi, i polsi contro la petto e piego il capo.
’Appena Milly sarà nata, tornerò da te’
’Lo vedo come ti tratta!’
Eri stanca, e triste, mamma. Lui ti stava togliendo tutto e tu lo lasciavi fare. Credevi che ti amasse. Lasciavi che andasse avanti, per me. Lilian non ha adempito al suo patto… Per me.

Non mi muovo quando prendi la bacchetta, non sono in grado di fare alcunché in questo momento. Le mie iridi si colorano delle tracce della tua magia fin quando i tre simboli non giungono all’allineamento e io lo seguo, come una falena attratta dalla luce e allo stesso modo, mi avvicino a te; le braccia perdono un po’ la presa sul mio corpo, i gomiti piegati sfiorano la veste candida.
Siamo incredibilmente vicini, per mia scelta questa volta perché, man mano che la mente si fa strada nella consapevolezza, mi rendo conto che non vorrei altro che starti accanto per un ultimo istante, ora che non ho più tempo.
Sarà che stiamo arrivando al culmine di tutto, la nostalgia che sto scacciando inutilmente via o il fatto che, l’improvvisa calma che mi regali, mette a tacere il buio che imperversa nel mio cuore, nel mio sangue.
Le tue dita sostano sul Dio del Caos e io resto a fissarlo; cerco di capire e, al tempo stesso, è la mia mano ad avvicinarsi al muro, sfiora quasi la tua quando lasci cadere il braccio. L’UAS si avvicina ad Osiri. Creo un ostacolo tra i nostri corpi ora che ti volti verso di me e le iridi scivolano sulla mia pelle nuda fino al viso, afflitto mentre si concentra sulla pietra.
« Ly… cosa devi sigillare? »
Socchiudo gli occhi e sorrido; sì, come in passato, sei arrivato alla conclusione e io ti osservo, soddisfatta, mentre la mano abbandona lentamente le figure silenti e ricade lungo il fianco.

« Sahid voleva notizie su Lilian, mia zia. Io l’ho vista… » chino il capo, la mano stringe il polso opposto, il simbolo della mia dannazione, « Li ho visti tutti. La mia famiglia. »
Stringo, stringo, stringo.
« Ora capisco tutto » mormoro appena, con dolente gioia, come una bambina che finalmente trova l’ultimo pezzo nascosto nelle sue piccole tasche e può, ora, completare il quadro.
« Mia mamma, cercava solo un modo per tenermi in vita, credo. È mio padre… Lilian, diceva che era un traditore. Ma lei l’aveva rassicurata, dicendole che sarebbe tornata a casa una volta che fossi nata », uno sbuffo abbandona le mie labbra quando alzo il capo verso l’alto, quasi potessi vederle le stelle che esplodono nella volta.
« Ha pregato mia madre di non farmi nascere. Ha pregato me, pensando fossi lei. Li ha visti morire tutti, i suoi fratelli. È poi è morta lei, divorata dalla pazzia, portandosi dietro il senso di colpa. Era il guardiano prima di me e non ha adempito al patto »
Alzo lo sguardo su di te, non sono pronta a darmi per vinta, « Credo fosse proprio il Velo, quello che doveva sigillare »
Mi allontano, non posso starti così vicina, non adesso che la consapevolezza arde al pari dei ricordi.
« A Ceann Mhálainne ho visto il velo. Il suo arco s’apriva su un mondo inesplorato, brillava come il corallo vivo. E in quel mondo, è sbocciato un narciso che ha proteso i petali verso di me. Ha oltrepassato quella porta. Ricordi la visione di Zoey? »
Ti sto dando le spalle, guardo davanti a me, fiera, inarco la schiena ai brividi che risalgono fino al collo. Mi hai tenuta al sicuro quella volta, ‘ Non avere paura... Sono qui. Troveremo delle risposte. Non avere paura ’. Ricordi anche tutte le tue promesse infrante?
« Non credo che Lui voglia che il Velo venga chiuso. Vuole impossessarsene e, per farlo, ha bisogno dello scettro di Ptah. Ha bisogno di tutti e tre gli elementi »
Resto immobile, non posso guardarti. Più volte ho pensato che tu potessi avere ragione, che dovevi per forza abbandonarmi per andare avanti, cercando un modo per proteggermi. Se così fosse… Deve far male sapere che è stato inutile, perché non è mai stato in tuo potere.
« Forse i Lethifold dovevano essere il modo per interagire con ciò che è al di là, dove nessuno può spingersi. Nessuno, tranne loro. E me? »
Una domanda che ha già una risposta e che non voglio leggere nel tuo sguardo, perché immagino ci sia arrivato anche tu.
Il silenzio intercorre tra noi, come un abisso che prende a sovrastarci. E in questo buio, la mia mente avanza sull’orlo della consapevolezza, alimentata dalla paura di ciò che potrebbe celare. È un terrore, il mio, che si insinua nel profondo, un'ombra che avvolge i pensieri. L'assenza di risposte utili, la sovrapposizione con altre domande, si trasforma in una presenza ossessiva: Salvarmi o condannarmi?
« L’Ankh e l’Usa si sono cercati ma io ho sentito la mancanza di un terzo elemento ed in quell’istante ho avvertito una sorta di- connessione. Ed è stato il momento in cui ho smesso di provare dolore, in cui ho visto Lui. »
Mi volto verso di te, cerco il tuo sguardo, tentata di avvicinarmi. Avverto ancora il dolore puntellare la mente, l’eco delle urla che ho trattenuto tra le braccia di John che mi spingeva ad andare avanti e provava a lenire le ferite di mille lame invisibili contro le tempie.

« L’Uas si è connesso con lo Djed. Credo che Lui ne sia già in possesso. »

– Will we burn inside the fires of a thousand suns?
For the sins of our hand
The sins of our tongue
The sins of our Fathers –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium, Plutonis
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ()
– Banshee esperta
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ UAS riposto in una piccola borsa con incantesimo estensibile; una volta per quest puoi annullare l'azione di un avversario (a tua scelta) o tornare indietro di un turno d'azione in duello.
▸ BORSA con incantesimo estensibile protetta da sigillo persona. Oltre ad Emily, nessuno può aprirla (appartenuta a John Senior prima)
▸ DOCUMENTI secretati - all’interno della borsa sopracitata
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco;
▸ ANELLO VITTORIANO: Base in argento lavorato, presenta una rosa acquamarina, nessun effetto;
▸ ANELLO DEL CORAGGIO: Attacco e difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario;
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate;
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon;
▸ AMULETO PROTETTIVO: occhio di Ra.


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Edited by Emily Rose. - 12/2/2024, 16:53
 
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|| Menfi || Tempio della Dea Sekhmet

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Mi fa strano averti di nuovo così vicina, tanto da percepire la fragranza della plumeria che a lungo ha tormentato i miei sogni come se non fosse nella sola aria, ma in forma solida. Era un peso che premeva nel petto e, spesso, si sostituiva agli odori che sentivo nella vita di tutti i giorni.
L’avevo dimenticato o almeno così mi piaceva pensare. Socchiudo gli occhi, mi concentro, trovo, in questa stanza il profumo della mirra, dell’incenso e mi ci aggrappo per non lasciare che la malinconia torni a distrarmi dal perché entrambi siamo qui.
Ti ascolto, ma non posso fare a meno di allarmarmi quando ti sento nominare Sahid: mi inquieta la familiarità che sembra tu abbia con i Mangiamorte. Di questo non ho mai saputo, non ho mai avuto coraggio di chiederti. In realtà, la pena capitale che ora ti pende sul capo era stata già decisa quando il Signore Oscuro ha allungato le sue mani verso di te; noi, però, non ne abbiamo mai parlato, fingendo che non esistesse quella catena che ti teneva legata a lui, che tu lo avessi voluto o meno. Perciò ora –come prima– mi chiedo: tu li hai mai visti? Si dice che vivano e si riuniscano in una specie di castello in chissà quale luogo del mondo. Tu ci sei mai stata?
Per un momento perdo il filo del tuo discorso mentre ti guardo e così mi costringo ancora a scacciare la nebbia dei ricordi e di vecchi timori ormai avvizziti.
Sei tormentata, Emily, e lo vedo; ancor prima delle tue parole, sono i tuoi gesti ad esprimersi per te. Sei sempre stata così e a me è sempre piaciuto guardarti ed interpretarti. Ora è molto più difficile e scopro che non sono più così bravo a farlo. Mi lascio quindi travolgere dalla tua storia: benché sapessi di tua madre e della maledizione che sembrava aver colpito i membri della tua famiglia, trovo agghiacciante ciò che mi racconti. Non ti scruto con pietà, perché non è ciò che meriti, ma il mio sguardo vuole darti sostegno o, almeno, è quel che mi piace crede di riuscire a comunicarti.
È che sono così stanco e comincio a sentire addosso la debolezza e la pesantezza di quanto accaduto.
”Tu non ti arrendi a nessuna tenebra e nessuna ombra. E non perché tu debba essere il Sole, ma perché lo sei.”
Quando ancora tutto questo sembrava un’assurda ipotesi Sitra mi ha detto questo, in cima al tetto di casa sua. Me l’ha detto con una tale convinzione che se potessi, se non mi sentissi così schiacciato, ne sorriderei.
È incredibile come abbia una tale fiducia in me, nonostante il fallimento di due giorni fa.”
È perché mi ama?
Rabbrividisco, cerco di non pensarci perché fa male al cuore.
Lo pensi ancora, Sitra? Che io non possa arrendermi a nessuna tenebra?
E tu, Emily? Tu lo credi? Che tu non possa più arrenderti a nessuna ombra?
Nonostante la paura che leggo tra le ciglia rosse che adombrano i tuoi occhi, lo vedo. Qualcosa è diverso in te.
« Mi dispiace. » È ciò che riesco a dirti in un soffio, con voce roca, dopo aver tentato di schiarirmi la voce. Mi dispiace per ciò che hai dovuto passare, questo sì.
E tuttavia, mi rifiuto di credere che sia solo colpa mia. Il mondo non gira mica intorno a me, no? Perciò, sì, mi dispiace.
In fondo, io un padre e una madre li ho avuti, anche se il primo mi è stato tolto troppo presto.
Mi rendo conto di aver mosso un passo in tua direzione, ma mi arresto, col piede ancora in avanti. È un bene che tu sia girata, perché per un momento avrei voluto posare la mano sulla tua spalla.
Quando hai nominato Ceann Mhálainne è stata come una doccia gelida: sono tornato lì, più volte, come falco e con Ra. Contando come ho evitato tutto ciò che ti riguardava –che ci ha riguardato– è strano che io abbia continuato ad andarci. È che quel luogo è un tempio, un santuario: per quanto tu lo tema, ti richiama, come ha richiamato me.
E così le ho sentite ogni volta, fra le urla del vento, le promesse che ti ho fatto.
”Andrà tutto bene”. È questo che vorrei ripeterti, come allora, se solo le dita si fossero chiuse attorno alla tua spalla. Adesso, però, non potrei più dirti “ci sono io”. Quindi mi trattengo, mi massaggio il petto laddove mi sembra ancora di sentire la mano di Marco.
« Io non credo che il Velo sia qualcosa da sigillare. » Esordisco dopo essermi preso un lungo momento di silenzio, metabolizzando il tuo racconto, percependo il timore e l’angoscia di un compito –il tuo– che sconquassa anche me nel profondo. Come se tu non fossi già abbastanza circondata dalla Morte, ora grava su di te anche questo compito. Tuttavia, non sono convinto della tua ipotesi. C’è qualcosa che mi sfugge e mi sforzo di ricordare la Visione di Zoey Lesnicky.
« Io credo che il Velo sia il Lethifold stesso. Intendo dire che non credo sia un luogo. » Potrei sbagliarmi, ma perché chiamarlo ”Vivente” se fosse un passaggio, un cancello per una specie di mondo dei Morti?
« Dalle lettere, quel… Vesper scrive che Marco e Celsius vengono “stabilizzati” –faccio il segno delle virgolette con le dita– da dei sieri o delle pozioni. Sono già morti, il che significa che vanno controllati o bilanciati. Mi sembra anche solo assurdo dirlo. » Sbuffo agitato, tornando ad incrociare le braccia. I morti non tornano in vita, non così almeno. Conosco gli Inferi, conosco la Negromanzia a livello teorico: fa parte del mio lavoro. Qualcosa del genere però è impossibile. O almeno, così credevo.
Non per Voldemort, evidentemente.
«… Eppure… nel ricordo, la sorella di Marco parlava di “fondere il suo corpo”. Ed in effetti loro… era come se una parte di questo si separasse, come se fossero fossero due cose distinte, l’uomo e la creatura. Sia Marco che Celsius avevano come degli arti d’ombra, qualcosa che usciva dai corpi. Non so spiegarmi. Non erano fisici, ma… reali. Riguardo Celsius era molto più palese e visibile. Marco invece… » Dio, mi scoppia la testa, e il cuore mi sembra dolere come se quello stronzo ci avesse lasciato le dita conficcate come pugnali abbandonati. « A loro manca qualcosa che li renda completi e controllabili, qualcosa che sia migliore dei sieri. Per questo mio padre diceva che quel qualcosa era ancora instabile. »
Ricordare la sua presenza in Villa Cavendish, lo scambio epistolare con John mi procura ancora dolore, molto più di quello lasciato dalle ferite. Quelle, almeno, sono state curate con gli incantesimi di Sitra, anche se, come la cicatrice sul labbro, alcune di esse rimarranno radicate dentro di me.
« Mio padre è perduto nello Djed. Quantomeno, è in un luogo dove la reliquia lo sta trattenendo. Vanno riunite, questo è certo. Forse sì, ognuno di noi ha un pezzo anche se… il mio è parziale. Ne manca una metà. »
Guardo mia nonna: ciò che ho tolto dai resti di Sheiva è custodito dalla Dea in questo stesso tempio. Ma l’altro dove cazzo è? Un frammento di visione con un baule non è abbastanza, non ora, non con il tempo che stringe e lui, con i suoi capelli bianchi…
Mi torturo le labbra, incurante del fastidio perché osservo con sguardo concentrato il muro scolpito.
« Non so cosa devi sigillare, ma dubito siano i Lethifold. Forse è lo stesso luogo dove lo Djed è… » Chiudo la bocca di scatto, mentre il pensiero prende forma. Ti guardo col cuore in gola, le iridi che saettano sul tuo viso. Non ho il coraggio di formulare l’ipotesi che mi sta facendo girare la testa, al punto che devo appoggiarmi con la spalla al muro e massaggiarmi gli occhi per non cadere.
« Posso vederlo? » Dico improvvisamente. Alzando nuovamente il viso, accarezzo con lo sguardo il profilo dei tuoi capelli rossi incendiati dal fuoco, l’orlo delle labbra inquietate e scivolo sul collo, sulla tracolla che tieni attraverso il busto. Do per scontato che lo scettro sia con te perché se sei in fuga, se Voldemort ti cerca, non puoi averlo lasciato da qualche parte. Altrimenti saresti al sicuro laggiù… col figlio di Cavendish?
« L’Uas intendo. » Chiarisco, nel dubbio. « Posso… vederlo? » Ripeto, cauto. I polpastrelli premono sulla roccia gelida, le unghie si conficcano nella scanalatura in cui è inciso il glifo di Seth.

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Edited by Horus Sekhmeth - 22/2/2024, 19:51
 
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view post Posted on 27/2/2024, 19:56
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Socchiudo gli occhi su di te, inclino di poco il capo. Puoi percepire il sorriso forzato, l’ombra d’imbarazzo che traccia un breve dolce sulle labbra tormentate. È così che accolgo il tuo dispiacere, la tua voce roca che, in realtà, manca della forza che cerchi di trasmettere.
Ti osservo massaggiarti il petto e non comprendo se sia per la fatica nel pronunciare quelle poche parole o perché sei in balia di chissà quali pensieri. Le iridi però ti scrutano, stanche ma, non per questo, meno avide di comprendere ciò che ti è accaduto
Chi sei diventato.
Quanto - e se - sei cambiato davvero.
Perché io lo capisco, Horus, il tuo desiderio di non mostrarti a me, di rappresentare l’infallibile eroe in questa storia, relegando il mio ruolo a un semplice incidente della trama.
Ma non è così, vero?
Il sorriso svanisce, ti ascolto e lo sguardo non cede più, non devia verso le pareti o il tappeto che abbraccia la pietra nuda. Resisto alla stanchezza, provo a concentrarmi e sì, a tratti socchiudo gli occhi con forza e mi mordo le labbra per restare qui con te.
Non cedo nemmeno ai ricordi o al dolore nel petto che tenta di richiamare la mia attenzione.
Forse domani… Forse saprò quanto mi costa stare qui, qui con te.
Non so se ci stiamo avvicinando alla verità o quanto lontana sia da ciò che ha colpito la mia famiglia ma quasi sento di potercela fare, mentre ne parliamo. Non che abbia bisogno di supporto o aiuto in qualsiasi forma, non che mi senta sola, ma... Sospiro, forzo le dita tremanti sulle tempie, rifugio lo sguardo nel buio della mia mente.
Sì, forse domani sarò pronta a sopportare tutto questo.
Sento le gambe cedere ma quando il tuo cuore ferma un battito, quando il timore che sentivo nascere prende forma nel tuo improvviso silenzio, lascio cadere le braccia lungo i fianchi e riapro gli occhi nei tuoi.
« Forse è lo stesso luogo dove lo Djed è… »
« Tu credi che mi sbagli col dirti che Lui è già in possesso dello Djed » e, dannazione, spero che non sia così « Ma se avessi ragione, se tu avessi ragione, temo anche io che possa trattarsi di questo ma, Ra, io… »
Cosa? Non lo farei mai? É questo che voglio dirti?
Stringo forte i palmi, non c’è bisogno che io parli perché, alcune cose, è meglio non esplicitarle ad alta voce. Non ti permetterò di “proteggermI” ancora una volta. Adesso la decisione spetta a me, e a me soltanto.
Per fortuna incalzi quasi immediatamente, le tue parole sembrano sovrastare le mie e, con esse, l’orrore che incombe.
Ho freddo, adesso, mi stringo nelle braccia, chiudendo la cinghia della borsa tra i polsi e il petto, lì dove si posa il tuo sguardo mentre io torno su di te.
Sei poggiato contro al muro contro il quale ti ho visto, alla fine, cedere. Scivolo sulla tua spalla, sui muscoli tesi della tua presa sulla parete. L’attenzione cade sulla panca che costeggia tutta la parete, sui cuscini posati in maniera apparentemente scomposta.
Non ti rispondo, non subito, mi avvicino con cautela.
I tuoi Dei, se esistono, lo sanno quanto mi costa raggiungerti. Le divinità stesse scruterebbero il tormento nella forza con cui stringo i palmi. La presa al petto si scioglie con una lentezza dolorosa. Torno a guardarti, con l'inconsapevole speranza che tu non arretri, che la mia sofferenza non sia meticolosamente scolpita sul tuo volto. Avvicinandoti, quasi tanto da sfiorare le tue vesti, nascondo il viso tra i capelli che cadono, imprigionati dalla forza implacabile della gravità. La mia anima si dimena nel tentativo di allontanare l'abisso dei ricordi, di non affidarsi a tutti quei gesti che anni fa avrei compiuto con semplicità.
Come la mia guancia che vorrebbe quasi poggiare sul tuo petto quando, con una fatica visibile, allungo il braccio per afferrare l'angolo di un cuscino. Se tu fossi ancora qui, immobile, potresti osservarmi mentre mi rialzo con estrema lentezza. Potrei percepire il tuo profumo, socchiudere gli occhi e fare un passo più vicino, solo per vedere se— Ma il mio volto si muove prima del resto del corpo, la testa si gira lateralmente, e la mano destra segue la stessa direzione, lasciando cadere il cuscino sul pavimento con un suono ovattato che echeggia nel silenzio pesante.
« Devi sederti con me, però » dico, senza guardarti, che ti sia allontanato o meno. Non fa differenza. Sto forse provando a impedirti di crollare davanti ai miei occhi?
Lo so, infondo, che non vuoi. Va bene così.
Mi lascio cadere con leggerezza sul pavimento. Le gambe si rilassano, un lieve calore m’avvolge.

Senza difficoltà, arrivo a stringere l’Uas. Le lacrime affiorano, restano ad ammantare gli occhi e nel dubbio di non riuscire a controllarle, chino la testa sullo scettro che non posso consegnarti ma che è qui, come lo sono io.
Da questo momento, non oso più guardarti.

Eccola, tra le mani, la mia salvezza o la mia condanna.
« Qualsiasi cosa sia, Lui non vuole che venga chiuso perché potrebbe far fallire ogni suo piano. Potrebbe fermare i Lethifold, potrebbe togliergli la speranza di averne il controllo. Forse tuo padre ha provato a fermarlo, non credi? »
Eccola, la fiducia che, scioccamente, ti mostro come se fosse la cosa più facile del mondo, come se non avessi mai smesso di...
Come se non avessi mai smesso.

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▸ BORSA con incantesimo estensibile protetta da sigillo persona. Oltre ad Emily, nessuno può aprirla (appartenuta a John Senior prima)
▸ DOCUMENTI secretati - all’interno della borsa sopracitata
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco;
▸ ANELLO VITTORIANO: Base in argento lavorato, presenta una rosa acquamarina, nessun effetto;
▸ ANELLO DEL CORAGGIO: Attacco e difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario;
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate;
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon;
▸ AMULETO PROTETTIVO: occhio di Ra.


Arredamento fornito(?) dal Master.


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view post Posted on 3/3/2024, 15:59
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Il Fato

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tempio di sekmeth

Questo è ciò a cui le reliquie vi hanno chiamati. Una comunione di dolore e speranza, di crudeltà e distruzione. Niente di ciò che acclamate ha l'accoglimento della vita nelle sue brame e, tuttavia, in qualcosa errate.
Figli degli uomini, seppur consacrati agli Dei, siete laddove i vostri avi non avrebbero mai giurato o sperato.
Meresankh vi osserva, immota ma con un palpito in petto. E' anche la vita di suo figlio quella che avete tra le mani e per la quale cercate di tessere i districati fili della trama.
La pazienza di tua nonna, Horus, non è contemplata in questo avvicendarsi di sensazioni, e per quanto lei sappia che alcuni argomenti necessitino di uno studio per più lungo ed approfondito, la speranza donatale dal respiro di Osiris sormonta tutto.
Lei crede non vi sia molto tempo a vostra disposizione e, nell'adagiarsi a terra di Emily, rivede un punto verso troppo immoto.
Compie un passo avanti non appena l'UAS ti viene mostrato, Horus, e tu - Emily - puoi vederla con la coda dell'occhio. Non è solo l'a curiosità a spingerla, né la più ceca devozione, è forse la credenza che quell'oggetto non ti possa appartenere.
Ma nello spiraglio di libertà che, per un solo istante, il mondo ha un fermo lugubre e solenne. Tu, Horus, riesci a vederlo quell'oggetto, non nel suo intero sia chiaro ma la figura ti è palese e non v'è dubbio che sia lo scettro a cui stavi pensando. Ma tu, invece, Emily, senti fermento dell'UAS, quasi il suo timore ad esporsi, il suo eterno rifuggire la luce. Anche solo un tentativo di estrarlo lo porterebbe a cerlarsi più a fondo in quel borsone incantato.
D'altronde tu sai dove l'hai trovato, laggiù non v'era la luce calda di qui.

«FERME! FERME!»
«NO! N-no io non lo so! NON LO SO

Le grida di John sono un ringhio che scuote il tempio, la sua sagoma si contorce a terra, mentre le lance delle leonesse scattano. Potete sentire, in primis, il rumore delle lame metalliche imprimersi a terra, e poi i patronus accendersi.
Meresankh fa un solo cenno a Sitra, ma non si muove dalla stanza, e la giovane leonessa si incammina con più cautela verso John, bacchetta sguainata. SE uscite, potete vedere quanto segue:

5mtQebG
John è rannicchiato contro il muro, i suoi occhi sono di un azzurro glaciale. Nessuno di voi li ha mai visti così. La sua sagoma sembra frastagliata, quasi composta d'ombra ed ogni volta che una leonessa-patronus gli si avvicina, lui sussulta come bruciato ed emette un ringhio infastidito. Ha gli occhi chiusi, ha il capo stretto tra le mani, il viso graffiato dalle sue stesse unghie.

5mtQebG
«Piano, sorelle. E' nella sua testa» Al suo primo comando, le leonesse retrocedono ma sempre stringendo John in quel suo angolo di dolore. Sitra indica le tempie di John, ed un rivolo di sangue rosso scuro scorre lento dai padiglione auricolari, rigandogli il collo. Lui sembra non percepire nulla di ciò che gli accade, se non per il bruciore datogli dalla vicinanza dei patronus. «Ce l'ha lui! Io non so dov'è, lo giuro, non so dove sono-» stringe i denti, insiste mentre una voce risuona solo nella sua testa. «Di cosa parla?»


Intervengo per assestare gli orologi temporali che avete smosso con i vostri post.

La situazione che dovrete affrontare ora, è - nell'immediato - il movimento di uno di essi. Lascio a voi il ragionarvi.

State andando molto bene, siamo quasi ad una prima resa dei conti collettiva.

nota a margine: Sitra si rivolge a chiunque di voi reagisca per primo.

 
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view post Posted on 3/3/2024, 21:57
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– Maahes –
|| Menfi || Tempio della Dea Sekhmet

PS: 456 PC: 378 PM: 445 EXP: 107
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Xq3Xktx
Ma Ra, io…
Tu cosa, Ly?
Tu non lo faresti mai?
Sì, so che è così non ho ragione di dubitarlo e di non crederti.
Eppure mi fa così incazzare. Mi fa così incazzare pensare che tutto questo sia stato inutile, sciocco. Se non fossi così stanco e non mi trovassi in questo tempio, sferrerei un pugno contro il muro per la rabbia che sento montarmi dentro. Non nei tuoi confronti, Emily, ma nei miei. Più il tempo, così prezioso, scivola via dalle nostre mani, più mi rendo conto che l’averti lasciata indietro solo per permettere a me di andare avanti più capisco quanto ridicolo sia stato a pensare che potessimo scamparla così.
La Lesnicky lo aveva visto: gli artigli del falco su una schiena bianca, le spine che nascevano dalla pelle nivea: non potevamo evitarlo. I destini che avevo cercato di spezzare, alla fine, sono sempre stati lì, in fondo ai cocci che avevo lasciato dietro di me: radicati.
Tu davvero lasceresti aperto quel luogo, se davvero le mie supposizioni fossero giuste?
Tu saresti davvero pronta a morire per permettermi di ricongiungermi con mio padre?
Ti guardo affondando così forte le unghie nel glifo di Seth da farmi male; la polvere scende a piccoli granelli giù dalla parete, sbriciola sul pavimento. Tu, invece, ti stringi nelle braccia, non so se per timore o paura.
Mi rispondo di no, non lo faresti.
Io non mi sacrificherei mai per te e lo sai. Ora, dopo tutto quello che è successo, dubito che faresti altrettanto per me e faresti bene. Allora il labbro ha un impercettibile spasmo che tuttavia non si tramuta in un sorriso: forse, tutto questo, è servito in fondo.
Non a te, probabilmente, ma a me, per capire che, sì, sbagliavo.
Ho sbagliato tutto.
Ma non su una cosa.
« Non ti ho mai detto che non ti credo. » Rispondo stanco, staccandomi dal sostegno della parete. « Sono sicuro che il Signore Oscuro abbia lo Djed. Non ci avrebbe mandato mio padre, altrimenti. » Mandato come un agnello al macello. Arriccio il naso con sdegno, ricordando la tua espressione di rimprovero quando ho pronunciato il nome di Voldemort. Te lo risparmio, ma vorrei in realtà sputarlo fuori con tutta la furia che provo.
Sono irrequieto e il mio sguardo, quando ti avvicini, saetta su mia nonna; i suoi occhi d’ardesia seguono ogni nostro più piccolo gesto e così fanno quelli perlacei del mio leone.
Sdraiato a terra, il Patronus si rialza, improvvisamente nervoso, entrando in risonanza con la mia agitazione. Ogni parte di me, infatti, si paralizza ad ogni tuo passo, rendendomi impossibile muovermi. Solo le dita si protendono a cercare la criniera dell’animale che posso a malapena percepire nella consistenza di uno sbuffo di luce. Non sono ancora abituato a saperlo così e quasi prego gli Dei affinché lo rendano tangibile, anche solo per permettermi di crederci davvero.
Perché il Suo era così.
Trattengo il respiro quando ce n’è a malapena un paio a separarci.
Oltre il dispiacere che leggo nell’incrinarsi del tuo volto, rivedo gli stessi fantasmi che infestano la mia testa: sono i ricordi di ciò che siamo stati e le loro impronte rimangono qui, nelle nostre mani, nei nostri muscoli, nelle nostre anime.
Una volta ti avrei presa per un braccio e ti avrei attirata a me.
Una volta ti avrei stretta forte, ti avrei accarezzato i capelli appoggiando una guancia sulla tua testa.
Una volta ti avrei promesso che nessuno si sarebbe sacrificato, che noi ce l’avremmo fatta.
Una volta ti avrei detto che non esistevamo altro che noi.

Una volta.

Una volta, io non sapevo che Lui fosse vivo.
Una volta, io non avevo sentito la Sua voce.
Una volta, io non avevo visto il Suo dolore.
Una volta, Lui non veniva prima di te. 

Ora sì.

L’ossigeno ritrova la strada per i miei polmoni, ma lo fa in modo doloroso, come un pugno in pieno petto, quando l’aria si sposta per il tuo movimento. Afferri così un cuscino e per un folle, sciocco momento ho pensato avresti afferrato la mia manica. Ti ho visto fare questo gesto così tante volte, in passato, che ho percepito l’ombra del tuo tocco adagiarsi sul mio braccio.
Quasi sospiro, perché mi chiedo cosa avrei fatto se tu avessi davvero cercato il contatto con me. Cosa avrei provato? Anche tu ti saresti pentita come mi sono pentito io nel cingerti il polso così improvvisamente, con così tanta assopita naturalezza?
Quando però tu ti siedi, io non seguo il tuo movimento; il Patronus, invece, lo fa. Si siede al mio fianco con il muso in tua direzione, come fosse il prolungamento di una volontà che sto tenendo a freno.
Vorrei seguire il suo e il tuo esempio: riposare, finalmente, accogliendo il tuo invito. In fondo capisco che sei stanca anche tu, lo so. Sei braccata, con le spalle al muro tanto quanto me. Forse di più.
« Perdonami, ma non riesco a stare fermo… » Sussurro e quasi me ne vergognassi, distolgo imbarazzato lo sguardo da te.
È che il cuore subisce impennate così forti da drenarmi di ogni stilla di pazienza. Lo hai visto, del resto, il mio muovermi agitato, il passo costante, lo sguardo che saetta dal tuo viso, ai geroglifici incisi sul muro, al Patronus, a mia nonna.
Ogni granello di sabbia che scivola via in questa gigantesca clessidra, è un minuto perso; è un minuto in più che mio padre passa rinchiuso in quel posto che gli sta togliendo la vita. Così in questo cruciale istante, non posso semplicemente fermarmi. Se ho dormito, l’ho fatto solo perché non sarei potuto andare da nessuna parte, conciato com’ero. Ma se avessi potuto, non avrei esitato un istante .
Quando vedo emergere la testa dell’Uas, un’espressione di stupore si anima sul mio volto pallido.
Vederlo reale e tangibile mi fa scorrere un brivido lungo la spina dorsale. Non è paura, questa, ma è devozione e… indignazione.
« Lo hanno rubato. » Lo dico improvvisamente, percependo mia nonna tesa come me. Non la guardo direttamente, ma sto fissando il profilo dello scettro. So che non lo hai rubato tu, Emily, forse nemmeno la tua famiglia.
Ma non vi appartiene.
Non è vostro.
È nostro.
Tutto questo appartiene a noi. Anzi, mi correggo biasimandomi per la mia bestemmia: appartiene a Loro. Appartiene agli Dei.
Vedendo l’Uas, tutto ciò di cui abbiamo parlato assume consistenza, si fa ancora più reale e fa male come uno schiaffo tirato in piena faccia.
Come l’urlo che udiamo.
È il mio corpo a muoversi prima ancora che la mia testa possa identificare a chi possa appartenere la voce.
Dopo quello che è successo all’accampamento, qualsiasi suono, rumore, movimento improvviso mi fa scattare. La mano corre immediatamente alla bacchetta, la sfilo dalla cintura e il cuore mi balza in gola quando sento in lontananza il metallo stridere sulla pietra. Il leone balza in piedi e si fionda in avanti, precedendomi, sfiorando la veste di mia nonna. Io faccio lo stesso, l’agitazione che mi squassa i polmoni.
« Sitra?! »
Esco dalla stanza cercando, immediatamente, la sua figura; la paura che possa essere successo qualcosa di simile all’agguato sul terrazzo mi prende e mi rivolta le viscere. Ma la scena che mi trovo davanti gli occhi è, forse, più inquietante.
Le schiene delle Leonesse non riescono a coprire il bagliore glaciale degli occhi del Cavendish che viene riflesso dai bordi delle lance acuminate delle sacerdotesse. Ogni fibra dei miei muscoli si contrae per il ricordo del dolore che li hanno attraversati. La presa sulla bacchetta si fa convulsa mentre io muovo un passo alla volta, gli occhi fissi sull’uomo che giace a terra, costretto contro un muro dalle leonesse.
Sitra si avvicina piano e così faccio anch’io, con la stessa circospezione. So già, però, cos’ho davanti.
E allora la paura mi assale, legandosi indissolubilmente ad una furia cieca che rischia di farmi perdere il contatto col Patronus. Stringo i denti mentre guardo il volto di Sekhmet davanti a me: solo un secondo, un attimo soltanto, in cui mi appello a tutta la sua forza per non perdere il controllo dentro la Sua casa. Ed è il fatto di trovarmi qui, sotto gli occhi degli Dei, nel mio branco, a non permettere all’Odio di fluire e prendere possesso del mio spirito. È quel sangue che macchia le mie mani a ricordarmi chi sono e cosa sono.
"Adesso puoi essere ciò che sei nato per essere.”
"Sei tu il Maahes, adesso."
.
« Il Lethifold. È un ibrido anche lui. » Dichiaro e la mia voce si fa di piombo, gli occhi ora fissi su John. L’ombra che esala il suo corpo e quelle iridi non lasciano alcun dubbio. Stendo il braccio in avanti, la bacchetta contro di lui.
Eppure non eseguo nessun incantesimo, per quanto l’anima scalpiti e la furia faccia tremare il sangue nelle mie vene. Amon solo sa cosa farei se perdessi il controllo, se mi permettessi di disobbedire alla Nostra Signora.
Lo faccio per guidare il Patronus in avanti, verso di lui, e raggiungere così le sue leonesse; lui scopre le zanne in un ringhio basso, ma si avvicina piano, in difesa.
È chiaro che qualsiasi cosa questo stronzo sia, è sensibile alla loro luce.
« Tu lo sapevi. » La mia voce, ora, risuona sulle stesse corde di quella del leone.
Sai che mi sto rivolgendo a te, Emily, quando mi giro per un istante a cercare il tuo viso. Forse ti aspetteresti di vedere il volto trasfigurato dalla stessa rabbia che ti ho riservato nel momento in cui le reliquie ci hanno posto uno davanti all’altra e io ti avevo vista proprio con lui, avvelenato dal sospetto del tradimento.
Quello sguardo addolcito che ti ha osservato finora, non c’è più. È svanito, sostituito dal granito e dal gelo tagliente della mia voce.
Il mio viso è pietra, come i mille volti di Colei che ti osserva, ma lo senti, come lo sento io.
Io lo sento il dolore che si fa strada e brucia ciò che incontra, ciò che era cresciuto tra i ricordi.
Li incendia.
« Tu lo sapevi e hai taciuto. Tu lo sapevi e lo hai portato qui. »
Non ho bisogno di gridare perché ogni lettera è permeata dalla delusione che rimbomba tra queste sacre pareti.
Vorrei poter dire che non hai tradito la nostra fiducia e forse è così, ma il tuo silenzio ha giocato un ruolo troppo importante. Questo silenzio almeno: tutto ciò che importava.
Lui è come Marco, come Celsius: lui è uno di quegli esperimenti di cui soli pochi, maledetti minuti fa abbiamo parlato.
Perché non puoi non aver saputo: così come avevi quei documenti, così come vi siete guardati, così come tu hai… garantito per lui. Dio, che stupido.
Che coglione che sei, Horus.
Cavendish si accartoccia su se stesso, le sue unghie scavano la carne del viso e rivoli di sangue scorrono sul collo. Potrei godere di questa visione, se non provassi l’allarme di una consapevolezza che giunge sulle vibrazioni della sua voce disperata.
E qui il mio cuore si ferma.
« E lo sa… lo sa lui. » Sussurro, sbarrando gli occhi.
So che John non sta rispondendo a nessuna domanda che noi gli abbiamo posto.
So che quel che è nella sua testa non è il Lethifold. Solo una persona può varcare le protezioni di questo luogo…
Cerco gli occhi di Sitra mentre un brivido mi mozza il respiro.
”Lui ce l’ha!”
Lui, chi? Chi?
« … L’Ankh. »

|| You can't live without the fire 'cause you're born to live and fight it all the way ||

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. [indossato mano dx]
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Agganciato alla cintura]
▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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view post Posted on 5/3/2024, 21:05
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– The Heirs –
23 yrs – Head of DMLE – Il Cairo

PS 470 PC 400 PM 422 EXP 106
« Perdonami, ma non riesco a stare fermo… »
Le parole sfiorano l'aria, sospese tra il riverbero del Patronus e l’oscurità imminente. Gli occhi si perdono nella luce del tuo Leone, seduto accanto a me, come se mi accettasse per la prima volta. La mia mano si tende verso di lui ma, presto tutto si dissolve, vittima del Buio che s’insinua.
Avrei dovuto comprendere prima che le urla penetrassero nella pelle come lame, quando il legno dello scettro sembrava ritrarsi al mio tocco, rispondendo al richiamo del vuoto in cui era rilegato.
«FERME! FERME!»
«NO! N-no io non lo so! NON LO SO!»

Ferme. No. Ferme.
Le grida risuonano nella mente, come estensione di una mia personale supplica.
L’Uas scivola al suo rifugio nel buio, e mentre si dissolve nel nulla, mi sollevo in piedi. Arresto il passo per evitare collisioni con te, Horus, che mi sorpassi con una velocità che sconfigge la stanchezza. Ti seguo, ma il tuo richiamare il nome di Sitra sembra ignorare l'esistenza di ogni altra persona in questo luogo. Un nome che non conoscevo, ora reso palpabile dalla paura con cui lo pronunci; potrei facilmente associarlo alla donna con la quale mi hai accolto. Ma nulla di tutto ciò ha importanza ora; non è lei a gridare e percorro altri passi che mi separano da John senza curarmi di chi potrei incontrare sul mio cammino.
Non mi preoccupo del rumore delle lance o del riverbero dei Patronus, né posso aspettare il permesso di varcare le soglie della stanza in cui sono stata condotta. Le mie iridi tracciano sentenze sulle armi che si ergono tra John e me, ma il mio sguardo, nonostante l’incoerenza delle regole che ci sono state imposte ma che non vedo rispettate, si attacca a lui.
Lo cerco tra sagome insignificanti; il cuore in gola, il petto dolente.

Rannicchiato contro al muro, mi vedo costretta ad arrestare il mio avanzare alle spalle delle leonesse.
«J…», un richiamo dolce il mio, che non potrà raggiungerlo. Anche io sono stata dov’è lui adesso, ma non ho mai visto quello sguardo rivolto al vuoto, freddo come so non appartenergli. Nonostante questa visione mi disturbi nel profondo, sento ancora la forza che mi attrae a lui.
Come un cucciolo ferito, reagisce alle provocazioni delle luci che gli vorticano intorno. Stringo le mani, sentendo l'istinto di allontanare tutti da lui, priorità assoluta, al costo di bruciar-… NO.
« Allontanatevi, così è peggio! », la voce rotta, trattenuta, ti cerca, Horus, ma quando incontro il tuo volto qualcosa, infine… Si rompe.
« Il Lethifold. È un ibrido anche lui. »
Hai gli occhi fissi su John, la bacchetta puntata. Un gesto improvviso mi pone tra te e lui.
« Lui non è come loro » rispondo, con la rabbia che prende ad ardere e scandisce la verità insita in ogni parola. Sostengo il tuo sguardo perché no, proprio non puoi permetterti di fare supposizioni dettate dalla tua cieca voglia di farla pagare a qualcuno. Non permetterò che riversi la tua ira su di lui o su di me. Hai già fatto abbastanza, e credimi, non ho più la forza di provare a giustificarti.
Non mi porterete via anche lui.
« È stato torturato da suo padre. Usato. Si è rifiutato, l’hanno buttato via come se non valesse nulla perché non è diventato come loro. »
Le parole sibillano, veloci, incomprensione e rabbia intrecciate.
« Ce l'ha lui! Io non so dov'è, lo giuro, non so dove sono- »
« Sta letteralmente rischiando la sua vita per noi! Per favore, allontanate i Patronus! »
Non voglio risposte, non ti devo giustificazioni. La tua fiducia in me è così flebile che provo amarezza e, insieme, rancore. Non m'importa che tu lo veda, perché qualcosa è caduto in pezzi. Di nuovo.
Perché non sopporto il modo in cui mi guardi.
Anche se non avessi la forza di odiarti, potrei bruciare la tua arma, lasciare andare parte dell'ira e della sofferenza che mi avvolge ogni volta che John ringhia alla luce, resistendo all’ennesima sofferenza che gli viene imposta.
« Lui non è come loro. Non è cattivo. »
Mormoro, fuggendo al tuo sguardo, afflitta dall'immediata consapevolezza che non mi rimane nessun altro che lui.
Colpiscimi, impediscimi di avanzare tra le donne del tuo Tempio.
Odiami, rifugiati nell'orgoglio, nell'egoismo. Non m'importa.
Non m’importa perché sai, forse hai ragione e non dovevamo venire qui. Lui non merita tutto questo solo nel vano tentativo di proteggere me e, di conseguenza, la tua personale missione.
Forse ci sarà modo di dirtelo un giorno, di farti capire che non serve fare terra bruciata per perseguire i tuoi obiettivi. Quando ritroverai tuo padre, Horus, riuscirai davvero a perdonarti per tutta la sofferenza che hai seminato? O sarai assalito dai sensi di colpa?
Perché è inevitabile e lo capirai che, dopotutto, avresti potuto evitare molta della pena che hai causato agli altri e riuscire comunque nel tuo intento.
Perché, nel momento in cui la tua delusione mi giunge come eco che riverbera in questo luogo a te sacro, puoi vedere il dolore che avvampa, per un’ultima volta, come scintilla nel buio dietro ai miei occhi prima che mi volti. ***Un'ultima volta prima che io possa avanzare verso John cercando avidamente spazio tra le lance, ignorando i Patronus ancora troppo vicini a lui. Cautamente mi inginocchio al suo fianco, la mano sospesa quasi a sfiorare l'ombra che si dipana dal suo corpo. Il viso graffiato, il rivolo di sangue scuro che segue la linea del collo…
« Andrà tutto bene, ma devi sopportare ancora un po’. »
Sussurro parole che già conosce, perché è stato lui a pronunciarle prima che potessi udire la voce di mia madre non molte ore fa.
Le mani si stringono intorno ai suoi polsi senza paura, accorciando la distanza che ci separa, piegando la schiena su di lui, ginocchia che premono sicure contro la pietra.
« Non ascoltarlo. Resta stretto a me »

– Will we burn inside the fires of a thousand suns?
For the sins of our hand
The sins of our tongue
The sins of our Fathers –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium, Plutonis
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ()
– Banshee esperta
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ UAS riposto in una piccola borsa con incantesimo estensibile; una volta per quest puoi annullare l'azione di un avversario (a tua scelta) o tornare indietro di un turno d'azione in duello.
▸ BORSA con incantesimo estensibile protetta da sigillo persona. Oltre ad Emily, nessuno può aprirla (appartenuta a John Senior prima)
▸ DOCUMENTI secretati - all’interno della borsa sopracitata
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco;
▸ ANELLO VITTORIANO: Base in argento lavorato, presenta una rosa acquamarina, nessun effetto;
▸ ANELLO DEL CORAGGIO: Attacco e difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario;
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate;
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon;
▸ AMULETO PROTETTIVO: occhio di Ra.


*** Ipotetico, a piacimento del Master


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view post Posted on 18/3/2024, 15:59
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tempio di sekmeth


5mtQebG
«Ankh» Sitra ti guarda, Horus. I suoi occhi si fermano un istante più a lungo nei tuoi. Certo che sa di cosa stai parlando, ma ancora non riesce ad unire tutti i punti, benché ne abbiate parlato approfonditamente.
Le vostre ricerche vi hanno portati qui, no? Tuttavia ancora non ti ha detto cosa ha fatto lei quando tu non eri cosciente, quelle ventiquattro ore di infinita angoscia e rabbia. Quei momenti che hanno allarmato il Tempio tanto da portare le leonesse ad essere ciò che ora sono: cacciatrici.
La tua mossa, il movimento del Leone, esalta le leonesse, e tuttavia l'imposizione di Sitra di farsi più indietro, mantiene i patronus ad una distanza che permetta un minimo di fiato a John. Meresankh snuda i denti, stringe una morsa e si fa al tuo fianco. Lei alla tua destra, mentre Sitra a sinistra, almeno per oggi. Un giorno sarà l'unica alla tua destra, e quando ci sarà bisogno sarai tu alla sua. Sitra ti affianca, respira lentamente, ancora in tensione, preoccupata dall'invisibile, la sua spalla si poggia piano alla tua. Anche lei vede quello che vedi tu: John, Emily, il sangue che cola caldo lungo il collo del ragazzo, le sue forme frammentarsi in ombre, il suo fisico ritrarsi ogni volta che l'aura di un Patronus lo tocca.
Gli occhi azzurro ghiaccio sono chiusi adesso, vinti dal dolore.

5mtQebG
«Non lo so...» Oh, Emily. John continua la sua nenia, resiste ad una tortura indicibile. Ma tu hai ragione, lui non è come loro. Non è come Marco e Celsius, poiché loro sono stati perfezionati ed "aggiustati" in quei punti critici che, invece, in John prendono vita.
Il suo è un ringhio quando tu ti avvicini, è involontario ma non appena la sua ombra ti lambisce il fianco, senti il corpo - in quel punto - ustionarsi dal gelo che innesca. (-10PC) Contro le tue fiamme, quasi arde. Contro il fuoco che lampeggia nei tuoi occhi, lui non può altro che difendersi. Non riesce a fare entrambe le cose: tenerti al sicuro e resistere alla tortura di colui che non va mai nominato. «Ti prego, basta!» mormora.

Ma, Emily, i tuoi occhi incontrano anche quelli di Sitra. Un'altra forma di ghiaccio e fuoco, inverse e stabili, le anime si scontrano. Sitra annuisce alla tua richiesta, sebbene ancora a fianco ad Horus, e dà un leggero cenno perché al tuo JJ sia lasciato un poco di respiro in più. E' un'armistizio temporaneo, lo vedi da te che questa è la bontà che Sitra ricalca, ma non è la sciocca credenza a spingere fiducia nei tuoi confronti, non ne ha, vi state solo facendo un favore - più o meno. In te forse rivede lo stesso slancio che compirebbe per Horus se ci fosse la necessità di difenderlo anche da se stesso. Siete tutti esausti, ma nessuno può davvero abbassare la guardia.
Almeno però avete spazio ora, e JJ ti stringe appena ti sente, nasconde il volto lungo il tuo collo, anche se questo ti bagna di sangue la veste. Gli senti i muscoli rigidi, i nervi testi, il ronzio nella testa. «Ha mio padre» ti sussurra non appena la mente gli viene liberata. Il suo corpo quasi crolla tra le tue braccia mentre lui riprende a fatica il controllo del respiro. Ritira l'ombra in un risucchio, ma gli occhi restano dello stesso colore del ghiaccio fluorescente. «Lo ucciderà, che-... che lo faccia, io non gli ho detto niente. »

John si rivolge anche a te, Horus, adesso. Non riesce ad alzarsi ma fa presa come può per stare sulle gambe. Forse capace di reggersi solo per via dell'aiuto di Emily. Mette una mano avanti, il sangue ha smesso di colare lungo il collo ma la sua mano ne è macchiata. «Non siete al sicuro neanche qui, Lui ci troverà.. ha-ha mio padre ma non importa, non è un ricatto che funziona con me. Non gli ho detto niente, non sa niente ma questo lo...» deglutisce, vigliacco e debole - magari - ai tuoi occhi. «... questo lo fa impazzire, d-dovete stare pronti, perché lui ne ha altri.»


Quanto segue può sentirlo solo Emily:
Emily. Loro parlano, ma anche la voce di John si fa ovattata, debole e lontana. Si apre una connessione nella tua testa, batte un colpo alla tempia destra, come un chiodo, prima di risuonare docile. Ti raggiunge una voce maschile. «Emily? Emily Gordon...» nella tua testa non c'è la voce del Tuo Signore, non lui che sta tormentando JJ con ogni fibra. Quando tocchi il ragazzo, quando lo conforti nel modo che conosci, quando intimi agli altri di farsi da parte e non trattarlo come un nemico, nella tua testa giunge una sensazione di strana - impossibile - pace. Giuri di percepire «Dio... ecco dov'eri» il suono delle gocce di pioggia nel mezzo di una foresta dalle ampie foglie. L'aura del Tempio, algida e solenne, calda e combattiva, viene meno. Nel tuo cuore si stanzia un sentore familiare, dolce.
«Temevo fossi- beh, comunque... non so cosa stia succedendo, ma so cosa hai portato via da Casa Gordon. » Sinceramente colpito, l'uomo che ti parla ti accoglie nella sua mente come un padre. Non puoi vederlo, non puoi tracciarne i confini precisi, non sai ancora chi sia, ma di informazioni su di te ne ha parecchie. «Immagino che Lui ti stia cercando, e che tu abbia bisogno di un posto dove stare» parla più velocemente, fuggiasco nella tua testa. «Un posto che non esista»

Quanto segue può sentirlo solo Horus:
Non ti accorgi sul momento, dopo che John ti ha parlato, dell'assenza mentale di Emily, perché qualcosa ti sfiora la tempia. La confusione si spegne e tu percepisci il netto ringhio divertito di qualcuno che conosci. Oh, che tu rabbrividisca o meno, lo sai meglio di noi chi hai nella testa. Dopo il "crucio" che ti ha spinto contro le ossa, con cui ha cercato di piegare il tuo cuore, Sahid ti perfora le tempie, lugubre.
«Carina la tua ragazza a lasciarmi aperta una porta» lascivo, ne percepisci la stanchezza attraverso il tono trascinato con cui sospinge ad intermittenza il pensiero. Non è in forze come prima, ma la sua risata riecheggia per te. «Ti credevo più sveglio, figlio di Osiris. Non te l'abbiamo lasciato abbastanza perché ti insegnasse qualcosa di utile, ah? C-he peccato...» le sue parole scivolano via, torni in te.



Vi suggerisco, essendo agli sgoccioli, di far fronte comune laddove possibile nel prossimo turno, prendetevi il tempo necessario per elaborare una strategia che possiate ritenere efficace.

Esiste un motivo per cui queste persone comunicano in questo modo con voi, ne verrete a capo, ma non ignorate questo dettaglio.

Per qualunque dubbio, sapete dove trovarmi.
 
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view post Posted on 23/3/2024, 12:41
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– Maahes –
|| Menfi || Tempio della Dea Sekhmet

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Vorrei ridere.
Vorrei ridere per la grottesca situazione in cui ci troviamo in questo momento.
Vorrei domandarti in cosa cazzo può aiutarci uno come lui. Lo guardo con un disprezzo che, in fondo, non meriterebbe.
Il punto è che io credo a ciò che dici, l’ho pensato e lo ribadisco perché l’ho sempre fatto. Nonostante la mia fiducia si sia macchiata per la paura di un tradimento che tanto ho –stupidamente– cercato di sostituire all’amore che hai –che abbiamo– provato.
L’ho fatto per giustificarmi, per ripetermi, nella più idiota delle convinzioni, che tu non soffrissi semplicemente odiandomi; che solo così tu potessi andare avanti e dimenticarmi.
Ho sempre saputo dell’inefficacia di questa infantile strategia in grado di offendere la tua e la mia intelligenza. Un po’ come mi sono convinto che rifugiarmi in relazioni superficiali con altre donne fosse in grado di cancellare il ricordo di te e acquietare il mio senso di colpa.
Tutte scuse.
Mi chiedo solo se tu abbia mai pensato che per me non è stata una scelta facile e rimanere saldo anche quando tu mi hai chiesto, sofferente, di non rinunciare a noi.
Quel “noi” che ora tiri fuori per giustificare come quest’uomo possa aiutarci a recuperare le reliquie.
Una creatura del genere può introdurci a Voldemort? Può recuperare la metà dell’Ankh?
Ne dubito, Ly. Ne dubito parecchio. È solo uno che ti striscia dietro, una cavia spremuta fino all’osso.
Assisto impotente al tuo sfidare le lance delle sacerdotesse, ma non mi importa se lui è o meno come Celsius e Marco. Non mi importa se presumibilmente può esserci utile.
« Avresti dovuto dirmelo. » Ripeto e faccio appello a tutto me stesso per non lasciare ancora che la delusione sfugga le mie labbra.
Sebbene io senta la tua disperazione nel chiederci di allontanare i Patronus, l’avanzare del mio porta gli altri a muoversi.
Solo che vederti cadere al fianco di Cavendish, mi spinge ad arrestare il leone e la bacchetta abbassarsi. Eppure non mi sento tranquillo abbastanza da non puntarla più verso di lui, anche quando Sitra mi si affianca e fa allontanare definitivamente le leonesse di luce; nemmeno quando sento mio nonna avvicinarsi a me. E nemmeno quando il mio Patronus torna indietro e fa avanti e indietro, nervoso, davanti a noi, a protezione dall’oscurità di Cavendish.
Siete soli, tu e lui: finalmente capisco perché e provo pietà.
Non per te e non perché non meriti comprensione, ma per lui.
Mi rendo conto d’un tratto dell’enorme sollievo che ho provato, nel comprendere che nessuna maschera da Mangiamorte abbia mai coperto il viso di papà. Nel capire, finalmente, che ci ha sempre amato per tutti questi infiniti diciotto anni. Così mi è inevitabile fare il paragone fra me e lui; fra te e me.
Nei tuoi occhi che mi cercano, vedi il mio braccio scendere lungo il fianco poco prima che il mio piede scatti in avanti giacché l’ombra nera che mi ha devastato dentro comincia ad allungarsi verso di te. L’istinto di raggiungerti in fretta e portarti via è stato più forte, ma non abbastanza da farmi compiere un altro passo.
È un continuo gioco, questo. Avanziamo, indietreggiamo, indietreggiamo e avanziamo.
Ci dimentichiamo e ricordiamo in un turbinio di cui siamo soltanto preda, deboli foglie fra le volontà degli Dei.
Trattengo il respiro e stringo gli occhi per un’improvvisa stilettata al cuore.
Nel velo ambrato che giunge sotto le ciglia, la tua immagine stretta a lui si imprime a fuoco.
È solo un attimo, un momento in cui le mie priorità tentennano: non dovrei lasciarmi andare a dei sentimenti che continuano ad emergere come cadaveri nel Nilo.
Tutto questo, le reliquie, mio padre, il pericolo di cui John ci sta avvertendo –un avviso inutile, retorico– è molto, molto più importante di ciò che c’è stato fra noi.
È che da quando sei qui, non riesco più a comandare un cazzo di me. La tua improvvisa venuta ha destabilizzato tutto… tutto. E vedere con i miei occhi ciò che, in fondo, ho sempre temuto, è dunque la conferma di cui forse avevo bisogno.
Sei andata avanti, vero?
Lo ami?
Quando riprendo a vedere, espiro l’aria che ho trattenuto e li lascio andare quei cadaveri; ficco loro il capo sotto la fottuta sabbia e cancello i pensieri, ritorno alla mia vera priorità.
“Una volta, Lui non veniva prima di te. Ora sì.”
Ora posso farlo.
Mi abbandono e mi concentro nel punto di contatto con la spalla di Sitra; non lo faccio per fare di lei una tua sostituta, ma riconoscere e cercare quasi disperatamente il supporto che è stata per me in questi tre giorni d’inferno. Ho compreso l’immensità della sua forza, la sofferenza che io, tanto per cambiare, le ho causato. Nonostante tutto è qui, ha lavato il sangue dalla mia pelle, si è presa cura delle mie ferite, ho sentito la sua presenza nel dormiveglia.
È qui, al di là di tutto, quando io non sono riuscito ad esserlo.
« Non sa niente di cosa, esattamente? »
Mi costringo a rispondere a Cavendish e fatico a tenere a freno l’ostilità che mi anima lo sguardo tagliente.
« Sa già di Emily, sa già di me e sa già che siamo qui: non è una novità. Perciò… »
Mi interrompo bruscamente al contrarsi dei polmoni, alla fitta alla tempia che mi fa rabbrividire e spalancare gli occhi verso il vuoto quando un’espressione di dolore mi deforma il volto. Mi giro di scatto: il corpo riconosce il pericolo e, allarmato, agisce senza che io possa fare niente per fermarlo.
Quando riconosco la voce di Sahid, la mia mano scatta al polso di Sitra, le dita lo cingono con forza. Una furia senza pari nell’udire il nome di mio padre pronunciato da quelle labbra lorde mi monta dentro ed il leone, già indebolito dalla torbidezza dei miei sentimenti, svanisce in uno sbuffo di fumo.
« Cazzo. » Ringhio.
« Sahid… è… un Legilimens. » Con orrore mi volto lentamente, guardo prima Meresankh e poi, con panico crescente, Sitra. Il cuore mi balza nel petto quando incrocio i suoi occhi neri, il braccio scatta sulla sua spalla.
« Nella tua testa… » Mi avvedo all’ultimo di star parlando inglese perciò viro in fretta in lingua antica. « È nella tua testa…? » La mano stringe la stoffa della veste, sfiora i capelli che vi ricadono morbidi.
Non è qui: lo so che lui non è presente in questo momento. Malgrado la forza e l’asprezza della sua risata, la sua voce è debole e fiacca. Nessuno sfugge alle prigioni del tempio, ma per poter comunicare con me deve aver usato un ponte, una porta.
Carina la tua ragazza a lasciarmi aperta una porta…
Non ancora, non ancora lei, imploro.
« Guardami Sitra. Guarda me. »
Dimmi che mi sbaglio, dimmi che ora sei al sicuro, almeno nella tua mente; anche se è impossibile –“la tua ragazza”– preferisco pensare abbia usato qualcun altro, una qualsiasi delle sacerdotesse, ma non te.
Voldemort mi ha preso tutto ciò che avevo di importante: papà, Emily...
Non anche te.

|| You can't live without the fire 'cause you're born to live and fight it all the way ||

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. [indossato mano dx]
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Agganciato alla cintura]
▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


code ©Horus.

 
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view post Posted on 2/4/2024, 20:02
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– The Heirs –
23 yrs – Head of DMLE – Il Cairo

PS 470 PC 380 PM 422 EXP 106
Non so più cosa pensare, Horus, inizio persino a dubitare che sia stata una mossa saggia giungere fino a qui. Di una cosa sono, però, ormai certa: ora non c'è modo per comprendere gli inganni del destino. Non possiamo permetterci di cedere al confronto, non ora. Il tempo è un lusso che non possediamo, forse un capriccio del Caos che ci avvolge. Siamo destinati a perderci, a danzare sull'orlo dell’Abisso, e il nostro continuo cercarci, spingerci l'uno verso l'altra solo per poi ritrarre, avvinti da incertezze e rimorsi, è una dannazione. Non conduce a nulla, non appartiene a noi, o almeno, non a me, non più.
Cerco il tuo sguardo un'ultima volta, quando è ormai troppo tardi per cederti l'ultima parola.
« Avrei potuto dirti molte cose, se solo ne avessi avuto il tempo », proclamo così la nostra rovina - se è ancora nostra.
I Patronus si stagliano nell'aria, un'armata di luce che segue l’avanzare del tuo leone, e io stringo i pugni, sperando che la mia richiesta venga ascoltata.
L'ombra, spregevole e insidiosa, si avvicina, cogliendomi impreparata. Quando ti vedo muoverti, comprendo il pericolo, ma è troppo tardi. Un dolore acuto mi attraversa all'improvviso, costringendomi a trattenere un ringhio che muore soffocato tra le labbra serrate.
Nel buio dei recessi della mia mente, dove il tormento nasce senza preavviso, non saprò mai cosa abbia inflitto il dolore più profondo: se la bruciatura improvvisa del ghiaccio al contatto con le mie fiamme, o il fatto che tu abbia arrestato il passo prima d'essere colpita.
Ma l’incomprensione si dissolve quando sento J mormorare accanto a me e, con essa, svanisce anche il dispiacere che non posso concedermi.

«Ti prego, basta!», un sussurro il tuo, al quale mi avvicino, nonostante il dolore appena sopito sul fianco. Non avevi intenzione di ferirmi, non è colpa tua e stringo i denti all’ennesima fitta a cui mi costringi standoti accanto.
Alzo lo sguardo ancora verso Sitra, in attesa e mi lascio andare a un sospiro quando annuisce in mia direzione, come se potessi respirare al posto di JJ.
Non oso guardare in direzione di Horus, così vicino a lei che gli occhi cedono appena, le palpebre s’aprono e chiudono rapidamente ma con uno spasmo forzato costringo il viso su di te, J. Mi stringi, t’accolgo contro la pelle accaldata, potessi davvero smorzare la rigidità del tuo corpo. Le mani scivolano lungo le braccia, ora che hanno perso tutta la dolcezza con la quale ti ricordo avvolgermi.
Chiudo gli occhi quando ricordo l’errore che ho commesso una notte fa e sento il cappio stringersi intorno al collo. Hai già sofferto così tanto, non avrei dovuto cedere, io…
« Ha mio padre », accetto il tuo peso, aiutandoti mentre ti rivolgi a Horus. È per me che stai patendo tutto questo, lo fai per me. Hai capito ormai quanto lui sia importante, anche se io stessa continuo a respingere questa verità.
Non voglio ricordare il passato, non mi lascerò consumare dalla nostalgia di quel che eravamo; persisto nella convinzione che sia solo l'amore che ci ha uniti a guidarmi fin qui.
È solo questo, vero?
Dimmi che è solo questo perché non posso accettare una risposta diversa.

Aiuto John a reggersi in piedi, sentirlo parlare di suo padre indurisce il mio volto, lo sguardo preoccupato si colora di un odio implacabile. L’idea che Voldemort possa uccidere John Cavendish Senior al mio posto mi irrita al punto tale che, sapendo dove poterlo trovare, l’istinto mi spinge a raggiungerlo prima che l’Oscuro possa agire. Chino il capo, la voce di J è ovattata, uno scatto mi costringe a guardare la pietra nuda del Tempio prima d’essere privata anche della vista.
Sento il calore irradiare le membra, l’ira chetarsi solo per un istante, sufficiente per percepire una voce sconosciuta penetrare la mente. Avverto ancora John ancorato a me ma mi spingo verso l’uomo, mossa dal modo in cui mi ha chiamata.
Emily Gordon. Non Rose. Gordon.
È come se mi stessi lasciando andare a una carezza invisibile, che giunge con l’umido conforto di gocce di pioggia estiva. Il sollievo di una foresta arsa dal sole che accoglie il fresco dell’acqua è il mio sollievo, e non posso non fare altro che farmi cullare da parole, per certi versi, familiari.
« Chi sei? », pronuncio stringendo lo sguardo, ignara di quanto stia ora accadendo nel Tempio, completamente devota alla fonte che addolcisce il mio dolore.
« Perché aiutarci? Di che posto parli? »
Respiro profondamente, cercando di mantenere la connessione.

– Will we burn inside the fires of a thousand suns?
For the sins of our hand
The sins of our tongue
The sins of our Fathers –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium, Plutonis
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ()
– Banshee esperta
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ UAS riposto in una piccola borsa con incantesimo estensibile; una volta per quest puoi annullare l'azione di un avversario (a tua scelta) o tornare indietro di un turno d'azione in duello.
▸ BORSA con incantesimo estensibile protetta da sigillo persona. Oltre ad Emily, nessuno può aprirla (appartenuta a John Senior prima)
▸ DOCUMENTI secretati - all’interno della borsa sopracitata
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco;
▸ ANELLO VITTORIANO: Base in argento lavorato, presenta una rosa acquamarina, nessun effetto;
▸ ANELLO DEL CORAGGIO: Attacco e difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario;
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate;
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon;
▸ AMULETO PROTETTIVO: occhio di Ra.


*** Ipotetico, a piacimento del Master


Code © HorusDON'T copy

 
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