Monolith, Colloquio di lavoro [M.Jillian Alistair]

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view post Posted on 28/2/2024, 17:26
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Monolith
« Londra - Ministero della Magia - primi di settembre »



Dopo la curiosa visita al negozio di Camillo decisi di avviarmi con calma verso il quartiere di Scotland Yard, smaterializzandomi nei pressi del Lambert Bridge, opportunamente occultata. Una bella giornata velava i cieli di Londra e l'aria aveva il profumo dello smog babbano, il clima ideale per una rinfrancante passeggiata. Avevo ancora del tempo a disposizione e decisi di fare gli ultimi quattro passi a piedi, con l'idea magari di cercare una panchina isolata dove sedermi e rimettere in fila i pensieri prima del colloquio.
Non sentivo dentro quella nota e febbrile sensazione di ansia che precedeva solitamente un incontro importante, sapevo tener bene a bada la mia testa, e soprattutto conoscevo sia i miei limiti che i miei obiettivi. Entrare al Ministero non era certo il sogno della mia vita, più che altro un varco, un passaggio, verso la possibilità di continuare a fare il lavoro che mi appagava. Io, dipendente del Ministero, se me lo avessero detto anche solo cinque anni fa l'avrei presa come un'offesa personale.
Eppure eccomi li, opportunamente vestita per un colloquio importante, con in borsa tutto il bagaglio culturale accumulato in tre anni di studi e ricerche, pronta ad elemosinare un posto di lavoro con le migliori intenzioni. Erano le regole della vita, c'erano dei compromessi da accettare se volevi restare in gioco, scegliere la squadra meno problematica e iniziare la partita. Il Ministero era il mio compromesso.

[3 anni prima, Maniero Alistair]
Due decisi colpi sulla porta mi distolsero dalla mia lettura. Ero sdraiata di pancia sul letto e non avevo nessuna voglia di alzarmi, così chiesi al disturbatore di comunicarmi verbalmente quale che fosse la sua richiesta. «Lord Alistair vorrebbe vederla a tavola per cena questa sera»
«Certamente, più tardi scenderò» risposi sbrigativa alla vocina dietro la porta, continuando a sfogliare le pagine di quel grande tomo che trattava di storia mongola, e dei suoi dominatori della pietra. Gigantesche costruzioni di architettura impossibile si mostravano ai miei occhi, pagina dopo pagina, occupando completamente la mia attenzione. Mi sentivo rapita, come trascinata fuori dal mio stesso corpo, desiderosa di essere altrove e non certo in quel castello.
«Ehm...la cena è in tavola in questo momento Lady Jillian, se mi concede di entrare posso aiutarla con gli indumenti»
Sollevai lo sguardo verso il pavimento della mia stanza completamente ricoperto di libri e pile scomposte di manuali, enciclopedie e vecchi tomi che avevo preso in prestito dalla grande biblioteca del palazzo. Era fuori discussione far mettere piede a qualcuno dentro il mio dungeon per cui mi affrettai a tranquillizzare la domestica sul fatto che sarei scesa a breve.
Nella sala da pranzo, i miei nonni sedevano vicini parlando del più e del meno, mentre io presi una sedia sul lato opposto ad una distanza che ormai era divenuta consuetudine. Gli sguardi inizialmente straniti erano ormai diventate tranquille occhiate e discorsi leggeri, atti a non infastidire questo bulldog con il colletto in pizzo. Mia nonna era una donna piuttosto insignificante, e a volte mi chiedevo come facesse mio nonno a sopportare due ore in sua compagnia, quando l'argomento principale erano le sue rose. Ma una parte di me comprendeva come quella frivolezza celasse un trauma irrisolto, ma nel quale comunque non volevo invischiarmi. Mentre spiluccavo le patate nel mio piatto la voce di mio nonno mi raggiunse dall'altro capo del tavolo.
«Temo che a breve termineranno i libri nella biblioteca, e prima che questo accada vorrei farti conoscere una persona». La sua frase era arrivata di getto e senza preavviso. Effettivamente non aveva opposto alcuna resistenza al fatto che avessi svaligiato l'antica raccolta di libri in favore di un capriccio personale, che poi era il mio modo di mantenermi ancorata a qualcosa. Quel luogo non mi faceva sentire a casa ed Edmund lo sapeva, così mi aveva lasciato carta bianca, sperando che in quella tranquillità io riuscissi a trovare una strada, un modo per restare.
O forse volevo crederlo io, sempre così diffidente e terribilmente prevenuta. Perché farmi conoscere Zoe Ling fu, per me, tutt'altro che una catena.



IkFiC87
Zoe Ling, docente di Antropologia del mondo antico ed esperta di Iconografia Magica, era l'anello di congiunzione tra me e quell'improbabile luogo che era il Ministero. Dopo tre anni trascorsi nelle sue classi di studio nell'Accademia di Petra, e nel suo ufficio per progetti privati cui mi lasciava prender parte, era diventata per me una vera guida. Quasi un'amica avrei azzardato, almeno fino al momento in cui mi aveva proposto di tentare il colloquio per quel posto di lavoro. Conosceva la mia reticenza verso le istituzioni e quanto soffrissi i lavori d'ufficio, eppure aveva ritenuto che potesse essere per me lo stimolo ideale per completare il mio percorso. Dopotutto lei stessa era affiliata al Ministero, anche se ai fini della mia assunzione non avrebbe significato nulla. Per l'ufficio ero solo una novizia fresca fresca di accademia, con giusto qualche esperienza didattica sul campo. Mentre loro per me erano il punto di passaggio per poter accedere a siti di scavo di grande rilevanza storica, ed ero intenzionata a superare la prova.
Per la prima volta nella mia vita sperimentai il sottile timore di poter deludere qualcuno.
Scrollai via dalla testa quel pensiero pusillanime ed attraversai l'atrio del palazzo, cercando sul tabellone l'indicazione dell'ufficio preposto.
Nono Livello, Controllo e Salvaguardia dell'Ambiente Magico.
Un viaggio in ascensore e due corridoi dopo, mi ritrovai alla porta indicatami dal segretario. Mi stavano aspettando? L'orario era corretto, per cui battei due colpi delicati sull'uscio e mi spostai di qualche passo indietro, attendendo che qualcuno accogliesse il mio arrivo.



 
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view post Posted on 7/3/2024, 12:21
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Non è facile accettare di dover scendere a patti con un'istituzione che non si rispetta o che, comunque, ci sembra incompetente. Non dopo l'ultima volta in cui si è varcata la soglia dell'Atrium consapevoli di dover affrontare un compito difficile per la propria anima che è stato preso da un'estranea e archiviato come uno di quei tanti casi che affollano gli archivi del Ministero.
Ma ogni Magiarcheologo (persino quelli del mondo Babbano) deve fare i conti con le Soprintendenze che possono rivelarsi alleate o nemiche. È per questo che è importante, soprattutto per chi è alle prime armi, farsi furbi e cercare una protezione. Può sembrare da deboli
, Jillian, ma ogni tanto bisogna scendere a compromessi.

Oltre la porta pesante, senza targhetta, c'è una donna impegnata in una lettura. I vaporosi capelli ricci sono striati di ciocche grigie. Alza lo sguardo di pece su di te dopo qualche secondo, come se volesse finire di terminare il capitolo del libro che teneva fra le mani.

«Buongiorno. La signorina Alistair presumo.» La sua voce è roca e ti tende una mano. Una mano strana: ha quattro dita, storte e accavallate l'una sull'altra. Sembra più un difetto genetico che una mutilazione. La Strega non vi pone attenzione, te la offre con tranquillità: non ha paura dei giudizi altrui. Noti però una certa rigidità di movimenti mentre posa il libro, chiaramente consunto e antico.
«Sono Irma Grimhaven.» Pronuncia il suo nome in modo piuttosto sbrigativo, poi posa le mani sul piano della scrivania rovinata. Non ci sono molti oggetti e persino il suo ufficio è spoglio, ben diverso da ciò che ti aspetteresti nella stanza di una delle più importanti Magiarcheologhe inglesi. La stanza è abbastanza polverosa, ci sono vari libri ammucchiati in delle librerie, qualche candela consumata e giusto un baule chiuso. Per il resto, è molto spartana.
«Ling mi ha anticipato che saresti arrivata. So dei tuoi studi, del tuo percorso, degli scavi cui hai partecipato. So anche delle scartoffie.» Accenna un sorriso, un po' di circostanza, ma sicuramente ben diverso da quello mellifluo di Elara.
«Perciò non ci perdiamo in inutile chiacchiere.» Irma è spiccia, ma non sbrigativa. È, chiaramente, il suo modo di fare.
«Dimmi, invece, qualcosa che non so.» Enigmatica, la Strega ti passa la Pluffa in una delle domande più rognose di tutti i colloqui.





Ciao Mya, benvenuta a questo colloquio. Perdona il mio ritardo, da ora in poi procederemo in tempi più accettabili.
Buona fortuna.
 
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view post Posted on 8/3/2024, 14:03
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La porta dell'ufficio si aprì lentamente, di poco, come se mi stesse dando il suo benestare per entrare. Oltre l'uscio nessuno ad attendermi, e la cosa in un primo momento mi impensierì, abituata al melenso zelo dei Ministeriali incontrati in passato.
Con un discreto sforzo spostai il pesante battente di legno, tanto quanto bastava per infilarmici con stivali e borse, e lo riaccostai alle mie spalle. L'ufficio riversava in una tremula penombra, poche luci qui e là mi permettevano di mettere a fuoco l'ambiente, che tutto sembrava tranne che un classico ufficio ministeriale. Vecchie scaffalature soccombevano sotto il peso di numerosi volumi e scatole, mentre un manto di polvere si adagiava come neve su ogni superficie, pronta a danzare al minimo soffio di vento. Potevo sentirne la presenza già solo dal suo odore, che mi procurava quel leggero formicolio nelle narici, all'altezza degli occhi. Ma non mi infastidiva, tutt'altro. Quell'ambiente somigliava ad un sito abbandonato, e anziché allontanarmi aveva generato in me un senso di familiarità e calma.
In ultimo lo sguardo arrivò al centro della stanza, dove una donna dai voluminosi capelli continuava ad ignorare la mia presenza, presa da una lettura che ora mi rendeva invidiosa.
Restai qualche secondo in attesa con le braccia portate dietro alla schiena, in ordine ma non rigida, poco incline all'idea di infastidire un possibile superiore ancor prima di presentarmi.
«Buongiorno. La signorina Alistair presumo.»
Al suo richiamo feci un lieve inchino con la testa e mi avvicinai di qualche passo, rispondendo al suo gesto di saluto. Sciolsi la presa delle mani da dietro la schiena e allungai la sinistra verso la donna, il cui viso mi pareva leggermente familiare. Mi incuriosì lo strano uso del braccio sinistro, quando più convenzionalmente veniva utilizzato il destro, ma lo accolsi senza problemi, tanto più che essendo mancina mi tornava più naturale. Mentre le nostre mani si congiungevano il tatto mi restituì qualcosa di inusuale, diverso certo dal solito fastidio che provavo generalmente nel contatto fisico. Una ruvidezza di dita strette si poggiarono alle mie, callose certo ma più esili. Non strinsi eccessivamente temendo di provocare dolore, e lasciai la presa poco dopo senza badare troppo alla curiosità che poteva essersi accesa sul mio viso. Era sempre stata una mia peculiarità, quella di godere dell'errore, della mancanza e dell'imperfezione. Altrimenti non avrei saputo in che altro modo interpretare la mia amicizia accademica con Everett e Sinisa, l'uno privo del braccio destro e l'altra con una malformazione dell'apparato uditivo. Erano due idioti, ma avevo finito per affezionarmi parecchio al nostro trio di difettosi.
La presentazione della donna infine tolse quel velo di nebbia che mi aveva tenuto nel dubbio sulla familiarità che mi induceva. « È un onore fare la sua conoscenza professoressa Grimhaven »
Avevo letto alcune sue pubblicazioni e ricerche, era una delle figure più di spicco nel nostro settore, nonostante mantenesse una riservatezza che ammiravo. Evitai di apparire come una fan esaltata, dopotutto puntavo a diventare una sua "collega" non un leccapiedi da scavo.
« Potrei parlarle dei miei pregi o dei miei punti di forza, ma immagino che altri miei colleghi abbiano saturato i suoi pensieri, in tal senso » Ero ancora in piedi così discostai leggermente la sedia mentre prendevo la parola, lasciando per un momento lo sguardo della donna, che sapevo essere comunque mio. Per quanto spiccia e sbrigativa volesse apparire, aveva tra le mani un difficile compito. Formare una squadra di persone adatte, non solo in competenze, ma anche in intelligenza e pensiero. Il nostro non era un lavoro che poteva essere eseguito in solitaria, e affidarsi ad un team alleggeriva il carico ma raddoppiava le responsabilità. Una testa forte ha necessità di un corpo forte, non poteva essere altrimenti.
« Converrà con me, che ogni essere umano è composto di vestiboli e segrete, eppure molto spesso lascia entrare gli ospiti solo nel cortile. Io non sento il bisogno di offendere il suo intelletto, per cui tra le tante cose che non sa di me, voglio scegliere quella che risiede nel centro»
Presi posto con calma sulla sedia, immaginando dallo sguardo della donna che non sarebbe stato un colloquio-lampo, e conoscendomi ne provai intima soddisfazione. Aveva il sapore di una sfida, e difficilmente mi sarei tirata indietro senza combattere con ogni arma possibile.
« Il mio centro è famelico, è una brama curiosa, una fiaccola sempre accesa verso l'ignoto, verso ciò che non è ancora rivelato. Sono cresciuta assieme a questa fiamma, le ho permesso di acuirsi attraverso lo studio, le esplorazioni, e le domande che mai sono mancate. Perché la conoscenza è evoluzione, la conoscenza è potere. E non parlo di mero potere magico, ma di consapevolezza e di controllo. »
Per usare una metafora, avevo acceso il fuoco nel braciere.
Ora stava alla Grimhaven farmi intendere dove voleva portare la nostra conversazione, se restare nel pronao o avventurarsi fra le mura di questa strana aspirante.



Mi sono permessa di inserire delle informazioni sulla Grimhaven, perché viene descritta come "famosa" e ho quindi supposto che il mio personaggio possa averne sentito parlare. Se dovesse essere un problema provvederò a sistemare.

 
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view post Posted on 16/3/2024, 15:25
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Ad Irma non sfugge la tua precisazione, Jillian. Non lo vedi, perché è appena percettibile, ma la donna sorride al tuo: “tra le tante cose che non sa di me”.
La tua tempra è subito riconoscibile, arriva come un vento gelido che pizzica naso e guance, duro come il ghiaccio delle montagne. Sei sempre stata così? Di certo Irma questo non può saperlo,
per l’appunto. Ti dedica attenzione, ascolta e immagazzina ogni parola, inserendola in un archivio che tuttavia non ha niente a che vedere con quello vecchio e disordinato che riempie la parete del suo ufficio. Quello della sua mente è organizzato, perfetto, come quando si trovano i reperti e si posiziona minuziosamente il metro, la freccia cardinale, la lavagnetta che ne indica i dati del ritrovamento. Ecco, ogni tua parola diventa uno di questi reperti nel momento esatto in cui la pronunci: si fanno passato non appena quella successiva giunge fino al silenzio.
La tua voce si spegne e la magiarcheologa è immobile. Non riesci a comprendere bene cosa stia pensando, ma si sta prendendo qualche secondo prima di risponderti, è evidente.

«L’essere umano è sempre stato guidato dalla voglia di scoprire di più. Su di sé, sulla propria storia, sul suo passato. Ma anche con un occhio verso il futuro.» La Grimhaven abbassa un po’ il capo di lato, ti fissa ancora con quei suoi occhi profondi come l’agata nera. E tuttavia non approfondisce l’incipit del suo discorso, non adesso almeno.
«È la prima volta che sento la parola “potere” associata a “consapevolezza” e “controllo”. Il potere è qualcosa di molto complicato da comprendere, ha molti, troppi significati. Non sono sicura che uno di questi possa essere “consapevolezza”.» Batte le palpebre, unico movimento in un volto granitico. «Potere non ne è sinonimo.» Dichiara. Ancora qualche secondo di silenzio, ancora un reperto aggiunto alla sua collezione: il tuo sguardo. «Potere su cosa, esattamente?» Il nocciolo del discorso vira di nuovo, prende una strada diversa eppur parallela la cui meta finale, però, è ignota.
In fondo, Jillian, è una ricerca anche questa.




Nessun problema, è coerente che Jillian conosca Magiarcheologi rinomati.
 
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view post Posted on 5/4/2024, 10:57
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Sentivo lo sguardo indagatore della Grimhaven, fisso e imperscrutabile sulla mia persona. Era un essere umano insondabile, il suo sguardo tradiva un sentimento di interesse che però faticavo a identificare con chiarezza. Poteva essere curiosità, così come del semplice scetticismo, per quanto appena ascoltato.
Valutava, senza voler essere valutata. Quella donna era come la sua stanza, priva di indizi e punti focali, un foglio ingrigito sul quale chiunque poteva scrivere ciò che voleva, con superficialità. Non io. Non avevo interesse nell'intrufolarmi nella personalità di un altro individuo, solo per poter magari sfruttare a mio vantaggio dei punti favorevoli, amavo giocare su una scacchiera senza regole.
Tutto ciò che mi serviva sapere del mio esaminatore erano i suoi scritti, i suoi studi, la sua conoscenza, che poteva diventare olio per la mia fiaccola.
Ascoltai con attenzione la sua perplessità, temendo di essere stata poco chiara, ma non trovai pecche nella mia esposizione. Si trattava dunque di una semplice discesa in profondità, si cerca sempre un appiglio più sicuro prima di avanzare, e la Grimhaven stava semplicemente scendendo più a fondo in una questione, che le interessava approfondire molto più di quanto desse a vedere. La mia schiena si rilassò sullo schienale, mentre le dita delle mani si incrociavano trovando una posizione più rilassata sulle gambe.
« Non ho mai detto che lo fosse...ritengo siano atti conseguenti, l'uno dell'altro »
Lo sguardo si allontanò per un momento dalla donna, non per incertezza o confusione, ma per valutare con quali parole era meglio esporre il mio pensiero. La sua domanda sembrava voler indagare più a fondo, in stanze che non permettevo a nessuno di visitare, e questo usciva dai limiti che stavo concedendo a quel colloquio. Ero ben conscia di quanto la tentazione del Potere avesse, in un passato nemmeno troppo remoto, dato vita ad esseri avidi e manipolatori, e di quanto il nostro tempo stesso fosse pieno di suoi accoliti. Non volevo che il mio colloquio diventasse un test attitudinale, quindi colmai quel secondo di silenzio con una risposta chiara e sincera.
« La consapevolezza concede il potere di Vedere, di comprendere, di agire e di scegliere. La consapevolezza da un netto valore alle cose, così come un frammento di ceramica resta un semplice insieme di sabbia silicea e ossidi di ferro, fin quando non si può definirne la provenienza, la fattura, la storia. Mi chiede su cosa dovrebbe agire questo Potere, le rispondo che concede il controllo della propria esistenza. E spesso anche su quella degli altri, ma non vorrei finire davanti la corte del Wizengamot per questa affermazione » smorzai la battuta con una smorfietta divertita, per non rischiare di essere seriamente travisata.
« Vede, durante la specializzazione mi inviarono insieme ad una squadra di studenti in Perù, un sito di scavo non troppo impegnativo durante il quale il nostro unico compito fu di interagire con gli autoctoni del vicino villaggio. Perlopiù erano babbani, e qualche mago poco consapevole che operava come guaritore all'interno della comunità. Le autorità magiche in alcune parti del mondo sono davvero poco presenti e l'intera zona riversava in uno stato di malessere. I più anziani del villaggio raccontavano di tempi in cui la terra era fertile e le acque limpide, ma che da due secoli a quella parte la terra si era ammalata. Incolpavano loro stessi per aver deluso gli Dei, e continuavano a vivere di quella misera carità elargita.
Alla fine i magiarcheologi, arrivati lì per cercare un manufatto antico, avevano scoperto una semplice maledizione, lasciata indisturbata in una tomba dalla metà del 1700.
Oltre due secoli di carestia e malcontento, per mancanza di conoscenza, potere e di controllo.
»
Conclusi la mia parentesi, senza bisogno di camuffare il fatto che quel discorso toccava un pò anche me nel profondo. Il mio vissuto era stata un'assoluta mancanza di potere, un vissuto costruito dalle bugie che mi erano state fatte ingurgitare fin da bambina, cresciuta senza avere il controllo di nulla e forse nemmeno di chi ero. Quando avevo visto la verità, un giuramento si era marchiato in me, la promessa che non avrei lasciato che nulla mi impedisse più di guardare la realtà.
«Forse alla fine abbiamo semplicemente sostituito un potere ad un altro, non so dirlo, i deboli son rimasti deboli e in balia del prossimo abuso. Ma so che possiamo fare la nostra parte, per proteggere anche chi non può Vedere, questo è il concetto che ho di Potere »




Mi scuso per l'immenso ritardo, ho avuto un periodo di elettroencefalogramma decisamente piatto. Conto di tornare più rapida, e non dilungare oltremodo il colloquio.

 
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view post Posted on 19/4/2024, 14:46
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Il tuo racconto è molto interessante, Jillian. Irma ti ascolta con solerzia, gli occhi curiosi come solo quelli di uno studioso, o un esploratore come te, sanno essere.
E tuttavia la strega non è convinta al cento percento, lo puoi notare dal tendersi leggermente delle sue labbra carnose.

«Capisco.» Oh, certo, per quanto dubbiosa, la Grimhaven per capire capisce. Non è scema. La mano buona viene portata al viso e la donna si fa pensierosa, carezza il mento fra indice e pollice ma gli occhi sono ancora su di te.
«Più che “potere”, ciò che mi descrive signorina Alistair io la assimilo direttamente alla “conoscenza”. Non credo siano slegati, se capisce ciò che intendo.» La mano non buona sfiora il cuoio che rilega il volume che stava leggendo prima che tu entrassi.
«Vede, il termine potere, al giorno d’oggi, è molto rischioso. Ci sono troppe connotazioni negative, troppi…» Fa un momento di pausa, quasi infinitesimale, ma ti guarda intensamente. «…Maghi a ricercarlo con risvolti sfortunatamente… pericolosi.» Non è ben chiaro se stia alludendo a qualcuno in particolare. Forse, essendo fantasiosi, proprio a Colui-che-non-deve-essere-nominato, un gran tabù a cui di certo nessuno farebbe riferimento.
«Parliamo dunque di “consapevolezza”. Questa apre molte porte e conduce su molte strade. Nel caso di quel villaggio, la vostra consapevolezza sul luogo, le tombe, le maledizioni e via discorrendo, vi hanno portato sulla strada di una risoluzione.» Irma, alla fine, accenna un sorriso, uno dei pochi.
D’un tratto fa scivolare il volume dinanzi a te, spingendotelo proprio sotto gli occhi.
Ciò che hai davanti è un tomo piuttosto voluminoso, dalla copertina rigida e logora e una patina di polvere che stenta ad abbandonare la pelle consumata. Le pagine sono sottili, ingiallite, odorano di umido e muffa; qualora lo aprissi, le sentiresti scricchiolare. Il testo all’interno è in un inglese molto, molto antico e le miniature colorate con foglia d’oro. Sulla costola, sono incise delle rune alcune delle quali così usurate da essere cancellate.

«Che cosa mi sa dire di questo libro, signorina Alistair?»
Così, a bruciapelo.



Perdona anche me per il ritardo, Mya. È stato un periodo intenso anche per il Fato, ma confido riusciremo ad essere più prestanti.
 
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5 replies since 28/2/2024, 17:26   117 views
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