| the worst day of my life, but make it sweet.Jay. Grazie a merlino la magia esisteva! Mentre si stava affrettando a servire un tavolo, l’ennesimo – non ce la faceva più ormai – un bambino la spinse da dietro, finendo per farle cadere addosso la tazza di tè ai mirtilli. «Perfetto.» sussurrò tra i denti, mordendosi la lingua per non dire altro. Ovviamente, il rumore della tazza attirò tutta la sala, così come i cupidi che, ai quattro lati del locale, iniziarono a ridacchiare e a riempirla di coriandoli. «Buon San Valentino a tutti!» Bastò eccessivamente poco per far distogliere l’attenzione da lei e dal vassoio per terra, visto quanto tutti fossero presi dalle rispettive relazioni. Con la bacchetta – e grazie a merlino la magia esiste, giusto sempre ricordarlo – Mary spazzò via il casino e si riparò nel retrobottega per prendere un respiro. In occasioni come quelle le andava di prendere una pausa e fumare una sigaretta: non le piaceva né il sapore né la sensazione in bocca, ma era un modo semplice per evadere. «Mary, c’è gente al bancone!» roteò gli occhi con fare eccessivamente drammatico e proseguì borbottando parole tipo Mary, occupatene tu o ancora Mary fai questo, Mary fai quello, blabla. Era evidentemente stressata, nulla da aggiungere. Una sistematina ai capelli, raccolti in uno chignon alto, e di corsa verso il bancone. Vedere Jane la riempì di gioia. Quando era in compagnia di amici non le sembrava neanche di lavorare, si sentiva come quando a casa si offriva un caffè o dei biscotti. Si schiarì la voce: «Signora medimago, salvatrice del San Mungo, quale onore per noi! Cosa possiamo fare per lei?» aveva afferrato una banana al volo e l’aveva portata alla bocca stile microfono. Poi, aveva concluso porgendolo in direzione di Jane, prima di ritirarlo velocemente. Una cosa che si ricordò velocemente dell’ex-corvonero era la sua timidezza e di certo Mary non voleva imbarazzarla. «Solo un vero corvonero riconosce il coraggio di un vero grifondoro.» Le uscì così e non era sicura avesse un senso, ma non era più lei a parlare, lo era la stanchezza. «Sono in piedi per miracolo, ma è bello vedere tutte queste persone felici. Tu stai bene? Il lavoro non ti stressa molto, vero?» le sue sopracciglia si corrucciarono, riportandola a quando aiutava l’infermiere ad Hogwarts: lo stress di cui parlava Mary era più mentale che fisico. Finiti i convenevoli, prese il foglio che Jane le porse e lo ispezionò. «Ah, un romanticone eh? Abbiamo tutto, nel frattempo ti preparo il caffè. E i muffin, oh mia cara non sei pronta per quelli che abbiamo preparato stamattina. Sono subito da te!» scappò via, per poi ritornare poco dopo con il caffè, con il vapore che fuoriusciva sotto forma di scritte romantiche. Poi, vi aggiunse il muffin, che aveva quella volta la panna di color rosso. Poi, scappò per prendere il resto. Vi aggiunse la tazza per la collezione e la scatola di cioccolato al gusto gianduia, sperando rientrasse nelle preferenze dell’amica. «Allora, eccoci qui. Sono quattro galeoni e undici falci. Per te in regalo la scatola di cioccolatini e occhio a ciò che troverai dentro, mi raccomando! Grazie mille Jane, ci vediamo presto, magari fuori di qui.» L’ultima era quasi una supplica. Aiuto! «Ah, Jane!» Un sorriso malizioso e divertito accompagnò i suoi movimenti. Con entrambe le braccia si spinse in avanti per poi stampare un sonoro bacio sulla guancia dell'amica. «Il prossimo è il tuo.» Un occhiolino e l'allusione alle prove che presto avrebbe colto.
*** Olly e Mille «Mi ripete il gusto della torta, per favore?» «Limone.» Aveva sentito bene, allora. Sorrise, allontanandosi dal tavolo. L’idea delle prove dell’amore, misto al fatto che febbraio era davvero il mese dell’affetto, aveva riempito il locale in maniera inaspettata. Madama Piediburro era sempre stato un bar ad Hogsmeade altamente frequentato, ma mai così tanto. Sia lei che i suoi collaboratori non si aspettavano tanta partecipazione, anche se ne era felice. Il locale riusciva a creare un’atmosfera travolgente, gioiosa, romantica. Aiutava molto la temperatura quasi sempre calda e le luci soffuse che creavano un’ambiente tranquillo e rilassato, oltre che intimo. Mary saltellava allegramente da un tavolo all’altro, sorrideva a tutti allegramente, portava le mani dietro la schiena mente ascoltava educatamente le ordinazioni. Nel vederla lì, vestita di rosso, dava l’impressione di essere una suppellettile del locale, di esserne parte integrante, di portare con sé una dolcezza che apparteneva a quel luogo. La grifondoro sapeva che tra i giovani di Hogwarts pochi apprezzavano davvero quel luogo, ma a lei stava bene esservi associata. Stava ritornando con la torta al limone quando, spostando lo sguardo verso la porta di ingresso, notò Oliver. Rimase imbambolata in mezzo alla sala, il vassoio stretto tra le sue mani. «Ehm, signorina?» durò poco, come tutte le cose belle. Si scusò e consegnò tutto poi, con uno sguardo da “sono la più anziana qui, rispettami” ad un suo collega, gli fece cenno di occuparsi del resto dei tavoli mentre lei si dirigeva al bancone. Quando Olive le parlò, coprì subito la sua risata abbassando la testa, poi nel rispondere si assicurò di guardarlo diritto negli occhi. «Le mie frecce sono per pochi.» un sorriso si estese su di un lato della bocca, poi un piccolo rossore sulle guance. Le prove dell’amore. Non era già quella una prova per Mary? riuscire a mantenere un certo contegno di fronte a lui? «Penso non esista prova che tu non possa superare, Olly. Ma sì, c’è di mezzo il cioccolato.» Aggiunse, perdendo le parole in una risata. Ascoltò la sua ordinazione, sicché non poteva perdersi troppo in chiacchiere, sfortunatamente. Abbassò la testa e avendo proprio lì gli ingredienti, procedette con il preparare la sua ordinazione. «Sai, la proprietaria voleva togliere il milk-shake dal menu. Non sono tanti che lo ordinano, oltre te.» iniziò a raccontare, mentre le sue mani si muovevano meccanicamente. «So che ti piace molto, anzi penso sia la tua ordinazione fissa qui.» Lo sapeva per certo, ma continuò alzando per un attimo lo sguardo verso il ragazzo. «Ma sei fortunato, alla fine le abbiamo parlato e siamo riusciti a farle cambiare idea.» quello che mancò di dire era che, per evitare la cancellazione del prodotto, Mary aveva ordinato cento milk-shake a nome di Francisco Deremos, un noto intenditore di dolci spagnolo. All’epoca, per evitare di creare un dispiacere ad Oliver, le sembrò la scelta più logica, una cosa che farebbero gli amici. Sapeva bene non fosse per quello. «Ecco a te, dovrebbe essere tutto. In più, c’è qui la tazza dell’amore.» nel pronunciare l’ultimo termine scambiò uno sguardo imbarazzato con il ragazzo. «E questi sono i cioccolatini per la prova, in omaggio.» aveva scelto una scatola di cioccolatini assortiti, non conoscendo i gusti del caposcuola. Intanto, insieme ad Oliver anche una ragazza aveva fatto ingresso. Era molto piccola rispetto a loro, ma il suo viso trasmetteva una tale dolcezza che Mary ne fu subito assorta, nonostante un occhio andasse sempre a controllare Oliver, dolcemente. «Ciao!» il suo entusiasmo era nuovamente alle stelle. L’ascoltò con educazione, sorridendole sempre. Ricordava l’imbarazzo quando doveva parlare a qualche sconosciuto o quando si ritrovava a dover ordinare qualcosa. «Grazie mille e che bella puffola che hai lì. Come si chiama?» Le chiese cordiale. Ascoltò il suo ordine e procedette a confezionare tutto il necessario. Chiuse tutto in una busta di carta, di quelle di Madama con su scritto “Madam-ami d’amor”, una di quelle buste che riservava ai pochi fortunati o sfortunati, chi lo sa. Vi aveva già aggiunto la tazza dell’amore e la scatola di cioccolatino al latte. «Ecco a te, sono tre galeoni e cinque falci in tutto. Grazie mille per essere passata!» con la mano salutò la puffola. Che adorabili creature.
*** Jo e Ari Basta. Basta San Valentino, basta amore, basta lavorare in quel locale, basta lavorare per quella proprietaria. Ah no, lei era davvero carina. Però basta. Stavano per entrare nella quarta settimana di febbraio e non ce la facevano più, né Mary né i suoi colleghi. Le prime settimane erano state divertenti, gioiose, che bello l’amore, i fiori, il cioccolato, l’odore perpetuo di biscottini. Ora, i camerieri sembravano usciti da un film di paura, i loro sorrisi sghembi e non sempre educati, i loro vestiti sgualciti, le ordinazioni prese con più lentezza. Mary, al pari, era esausta. Cercava di sorridere, di essere cordiale, di non sbattere il vassoio sul tavolo quando qualcuno si ricordava che “no, il caffè lo volevo macchiato, ma forse non gliel’ho detto signorina?” e doveva ritornare a farlo, sorridendo. Sorridendo sempre. Il pensiero che la faceva andare avanti era la consapevolezza che febbraio stava volgendo al termine e che avrebbe ricevuto una settimana di vacanza. O così sperava lei. La sua coda di cavallo sembrava fatta da un bambino per quanto era poco sistemata, ma poteva porvi rimedio velocemente. Erano le occhiaie che la tradivano. Quando Jolene varcò la soglia, divenne subito consapevole del suo aspetto. La cosa più logica fu nascondersi subito nel retrobottega, ovviamente. Forse era anche la cosa più matura, dalla sua ottica. Aveva le spalle tese e i piedi doloranti e appoggiò le mani su di un tavolo mentre prendeva dei respiri. Era stressata: Mary aveva una snervante necessità di apparire agli occhi di tutti sempre al meglio, sempre solare e amichevole. Ma non lo era e non riusciva ad esserlo. Gli occhi le divennero umidi, ma tirò su quando sentì la voce di Maiden. «Torna di là Mary, non ce la facciamo senza te.» Uno, due, tre respiri, le lacrime asciugate con un fazzoletto e fuori di nuovo. Le toccava il bancone, ovviamente. Ma che lavorava da sola lì (ihih, sì cara)? Da lontano notò Jolene accompagnata da un’altra donna e ne notò la vicinanza. Scosse la testa, perché aggiungere una supposizione nella sua mente in quel momento non le era d’aiuto. La conferma, comunque, arrivò quando si avvicinò a loro, al di là del bancone: quando Ariel – la riconobbe – si distaccò dall’altra, ebbe l’impressione di aver capito tutto. Perché allontanarsi davanti a lei? «Jolene.» La sua voce non uscì dolce come al solito e la sua mascella sembrò dotata di vita propria per quanto si stava muovendo. «La tua presenza è sempre ben accetta, Jolene.» Mantenne il tono piuttosto neutro, sul suo volto un sorriso di circostanza. Quando l’infermiera si spostò di nuovo su Ariel, Mary si sentì subito in colpa. In quel momento, la stanchezza e la delusione si erano uniti provocando in lei un misto di rabbia e gelosia. Ma non poteva, non doveva e non ne aveva il diritto, in conclusione. Nascose l’ampio respiro in un sorriso ora aperto mentre i suoi occhi si spostavano sulla bionda. «Certo che mi ricordo di lei. Ciao! Tu sei la giornalista, vero? No, fotografa? Entrambe?» rise, alla fine. Era chiaramente una risata leggermente forzata, atta a distendere la situazione nella sua stessa testa. Spostò l’attenzione di nuovo su Jolene, la stanchezza le impediva di notarne i particolari, quella volta. Ascoltò la sua ordinazione per poi annotare anche quella di Ariel. Tante pizze, eh? Magari una festa? Si presentavano già i rispettivi amici? Le famiglie? Oh, mio Silente, si sposavano? «Basta!» lo disse ad alta voce, purtroppo. «Cosa? Avete aggiunto qualcosa?» Bene, fai la finta tonta che sicuro funziona. Ah, non funziona? «Scusate, ho degli orecchini che mi fanno comunicare con il resto dei cam- sapete cosa? Ariel, ti preparo subito il caffè.» mio dio. Si allontanò da loro, raggiungendo la postazione per preparare il caffè. Intanto, la sua bacchetta aveva già chiamato a sé le pizze così come tutto il resto. «Mi incarti tutto, Max? Grazie.» posò con gentilezza il caffè sul tavolo, la scritta “je t’aime” del vapore che si alzava sempre più dinanzi agli occhi delle tre non era per nulla imbarazzante, amici. Di nuovo, Jolene prese parola. Un regalo. Ma allora Jolene cercava di dirle qualcosa? Forse no? Che esasperazione. «Io non so che dire.» E, insieme a quello, di certo c’erano cose che non poteva dire. Prese la scatola tra le mani, esaminandola. Sorrise subito: i regali fatti a mano erano una delle cose più belle esistenti al mondo. I dolci poi, avevano tutto un altro sapore. «Non ha nulla da invidiare a quelli di Madama, davvero. Grazie mille Jolene, non so che dire. Vorrei averti fatto anche io qualcosa a parte i fio- oh c’è la neve fuori? Fiocchi di neve?» Ma che cosa stava facendo? Spostò subito l’attenzione verso la finestra, senza notare davvero qualcosa. Il ritorno di Max, senza neanche sottolinearlo, era stata la sua salvezza dall’imbarazzo continuo. «Ah, allora. Jo, per te sono quattro galeoni e tre falci.» Il diminutivo le scappò e per tanto non ci fece davvero caso (oh sì, Ariel guardaci mentre ci diamo dei nomignoli carini, ok?). «Per Ariel sono quattr-ah no, tre galeoni.» Niente, non ce la faceva proprio. «Per entrambe ci sono queste tazze in regalo e i cioccolatini per San Valentino in omaggio. Grazie per essere passate e grazie ancora per i biscotti Jo, sono sicura che saranno perfetti, un po’ come le rose arancioni.» Basta, si licenziava.
Non ci credo, ce l'abbiamo fatta, il Perservence è atterrato. Jane: 4 galeoni, 11 falci. Oliver: 4 galeoni. Camille: 3 galeoni, 5 falci. Jolene: 4 galeoni, 3 falci Ariel: 3 galeoni. Tutti avete la tazza dell'amore e la scatola di cioccolatini. Andate in pace. Edited by Héloïse - 20/2/2021, 18:05
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