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[Killian] La tecnica del garzone insistente era sempre stata efficace con i clienti più indecisi, ma era evidente che il giovane che Eloise si trovava di fronte non apparteneva alla categoria. E sebbene ritenesse la Caramella dell’Illusione ricca di potenzialità diverse dallo scherzo, preferì arrendersi. «Va bene, va bene, non insisto...» Sorrise, pensando che numerose situazioni sarebbero state diverse se avesse usato la Caramella dell’Illusione. In Messico avrebbe potuto creare un diversivo dai bombardamenti e dagli attacchi spagnoli, sotto le grinfie dell’Acromantula avrebbe potuto confonderla e togliersi il pericolo di dosso. Sì, soppesò alla termine di quel flusso di pensiero, era lei quella che doveva procurarsela. Scoccò uno sguardo al cavaliere di Amber e considerò che aveva l’aria e l’atteggiamento di uno che di storie da raccontare ne aveva parecchie. Provò a mettersi nei panni della bionda e, stringendo leggermente le palpebre, lo osservò di soppiatto: cosa c’era tra loro? Si piacevano? C’era una liaison? Cosa aveva fatto scattare un legame che - almeno per ora - Amber non voleva condividere? Se fosse stato un personaggio di passaggio nella sua vita, o un cugino, o un qualsiasi individuo di poca rilevanza, non sarebbe scattata così. Ma tutto quello che era successo, la loro discussione e il loro successivo riavvicinamento, la convinceva del fatto che il ragazzo che le stava di fronte aveva qualcosa di speciale agli occhi dell’amica. Non voleva fare passi ulteriori, né mettersi in una situazione di difficoltà. Fu per questo che, una volta appurata l’impossibilità di convincerlo ad acquistare altri articoli, la rossa si limitò a svolgere le sue mansioni: imbustare, ritirare il denaro, consegnare le Gelatine d’Oro. Aveva appena preso la scatola delle Orecchie Oblunghe per inserirla nel sacchetto marchiato, quando il giovane pronunciò la domanda. Per un istante la rossa rimase con la scatola a mezz’aria, gli occhi si spalancarono di stupore e lo sguardo corse al volto del suo interlocutore. Non poteva farci niente: l’espressività del suo volto era una caratteristica che non era mai riuscita a mitigare. L’espressione di stupore fu visibile solo per un istante, ma come sempre l’autocensura venne troppo tardi. Eppure, come sempre in casi come quello, la sua faccia tosta venne in suo aiuto, e si rimise a imbustare come se nulla fosse successo. Continuava a guardarlo, chiedendosi da quale intenzione scaturisse la domanda. E se in un primo momento l’aveva trovato disinvolto quanto un cliente qualsiasi che capita ai Tiri Vispi con il solo intento di acquistare dei prodotti, ora si chiedeva se fosse lì con qualche altro fine. Come faceva a conoscerla, a sapere che Eloise Lynch lavorava ai Tiri Vispi Weasley? Amber c’entrava in tutto questo? «Qualsiasi sia la ragione per cui mi cerchi, mi dichiaro innocente.» Eloise ghignò, non riuscendo a resistere alla tentazione di fare l’idiota. Non sapeva nulla di lui, né che fosse un Auror, né che fosse il responsabile della sua monarchia instabile, altrimenti avrebbe pensato più a lungo a come rispondergli. Mise fine all’istante di silenzio che aveva seguito la sua frase con una precisazione. «Sono io, in carne e ossa. Perché mi cerchi?» Se aveva posto quella domanda, voleva dire che aveva una ragione valida per interpellarla. La risposta più immediata era “Amber”, ma quale poteva essere il motivo per cui il misterioso cavaliere della bionda si fosse recato ai Tiri Vispi e avesse chiesto di lei? Le ipotesi si susseguivano nella mente di Eloise: “Amber mi ha detto di te e sono qui per dirti di farti i fatti tuoi” era l’opzione che più la spaventava, ma aveva preso in considerazione anche “la tua amica è in pericolo”, oppure “la tua amica ha fatto una cavolata”. Con l’indice che ticchettava sul bancone, la rossa attendeva una risposta a quell’intera situazione. ▲▽▲ [Daphne] Il tepore accogliente che regnava all’interno dei Tiri Vispi faceva quasi dimenticare il freddo gelido che ormai aveva preso il sopravvento sul mondo esterno. Eppure, ogni volta che la porta veniva aperta all’ingresso di un nuovo cliente, il clima invernale tornava a palesarsi con tutta la sua forza: Eloise rabbrividì, scoccando uno sguardo torvo al cielo nuvoloso. Aveva le braccia piene di Topi Finti, e stava cercando - contro ogni regola fisica esistente - di farli entrare nell’espositore che avrebbe dovuto contenerli. Il migliore risultato che riuscì a ottenere fu di farne entrare alcuni, mentre i loro fratelli rotolavano verso l’esterno e cadevano a terra. Dopo numerosi sforzi riuscì a sistemare i caduti con un equilibrio instabile, e si allontanò dalla scena del delitto con rapidità, sperando con tutta se stessa che resistessero in quella posizione almeno per tutta la durata del suo turno. In quel momento la porta si aprì e una strega alta e dal volto affilato fece il suo ingresso. Vedendola dirigersi con passo deciso verso il bancone, Eloise si mosse velocemente e si fece trovare pronta ad accoglierla. «Certo, te li prendo subito.» Ancora una volta, il suo personale gioco di indovinelli veniva sollecitato: a chi era destinato l’altro Anello dei Gemelli? Scoccò un’occhiata furtiva alla ragazza, e provò a considerare le opzioni: era forse per suo padre, che si preoccupava troppo quando lei era lontana da casa? O forse era una madre estremamente giovane che voleva tenere d’occhio il suo pupillo? O magari voleva chiacchierare con un’amica, o tenere d’occhio il suo fidanzato? Di tutte le ipotesi, quella del figlio precoce era quella che la divertiva di più, e quella dell’amica o fidanzato era quella che riteneva più plausibile. «Sono cinque Galeoni...» Le disse, porgendole la scatolina che conteneva gli Anelli. Ritirato il denaro, appoggiò davanti alla ragazza una piccola pietruzza dalla forma tondeggiante e dal colore dorato. «E per te anche una Gelatina d’Oro!»
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