TIRI VISPI WEASLEY | IN SUPERVISIONE: ELOISE LYNCH
Con una bella tazza di caffè alla mano, la bacchetta infilata malamente in un disordinato nodo di capelli e la tracolla pinzata tra mento e collo, la Lynch sollevava la serranda dei Tiri Vispi Weasley nel modo più complicato possibile. Sembrava un goblin bitorzoluto che aveva appena scoperto la luce del sole, e in un certo senso lo era, visto che i bagordi della sera precedente gravavano sulla sua testa e sul suo stomaco senza perdonarle l’audacia che aveva dimostrato con il favore delle tenebre. Il resto della via, ancora abbastanza silenziosa, la accompagnava in quel rito mattutino: altre serrande si aprivano, e altri colpi di bacchetta esponevano varietà di prodotti di ogni genere sui marciapiedi minuscoli di Diagon Alley. Un grande sbadiglio la stava per cogliere nell’istante peggiore dell’operazione, ma con un po’ di buona volontà riuscì a ricacciarlo indietro, e si avviò oltre la porta del negozio di scherzi, pronta a un intenso sabato di lavoro.
Aveva appena appeso la borsa all’attaccapanni sul retro quando un tintinnio proveniente dalla porta d’ingresso l’avvisò che qualcuno era entrato.
*Per i mutandoni di Flamel, ma apriamo alle 9!* «Siamo chiu-» Si era sporta oltre la porticina e aveva sbirciato la prima cliente, quando l’improvvisa consapevolezza di chi fosse la colpì in un lampo.
«-ooh» Il viso si deformò in un’epressione di stupore genuino e sincero, e subito la Lynch azzerò le distanze che la separavano dal bancone.
«Benvenuta ai Tiri Vispi, Alice!» Si era sporta in avanti a studiarla senza alcuna inibizione, sondando quell’aspetto tanto affine allo staff dei Tiri Vispi, e indugiando quell’aria gioviale e disinvolta. Un ottimo biglietto da visita, per qualcuno che iniziava a lavorare in un negozio di scherzi.
«Io sono Eloise Lynch, e oggi mi affiancherai nelle mansioni ordinarie per capire come funzionano le cose da noi.» Si era indicata con il pollice, già proiettata nel trilione di informazioni che doveva condividere con lei.
«Se hai qualcosa con te puoi posarlo qua dietro...» Indicò la stanza da cui era sbucata poco prima.
«Oltre quella porticina c’è il laboratorio di Fred e George, se ti capita prova a dare una sbirciata, ogni tanto...» Il ghigno furbesco tipico della Lynch emerse sul viso, tradendo la sua natura curiosa ed esplosiva.
«Bene! Ti spiego com’è organizzato il negozio, vieni con me!»Tra le mansioni ordinarie e la formazione di Alice, la giornata trascorse veloce, e non ci fu molto tempo per grattarsi. I postumi che tanto avevano affaticato Eloise quella mattina erano spariti velocemente, sostituiti dall’energia tipica dell’adolescenza: stare al bancone dei Tiri Vispi era come ritrovarsi al centro di un ciclone. O ti lasciavi trasportare dal vento, o non potevi starci dietro.
Piano piano che la Grifondoro veniva a conoscenza delle modalità e dell’organizzazione della bottega, Eloise vedeva maggiore disinvoltura e decisione. Era un tipo in gamba, decisamente allegro ed entusiasta, ed era certa che le premesse fossero ottime per una collaborazione fruttuosa. Certo, temeva che la ragazza sparisse nell’oblio insieme ai suoi predecessori, ma nel momento in cui avesse smesso di riporre speranze nei nuovi arrivi, avrebbe cessato di chiamarsi Eloise Lynch.
Non lasciò perdere troppo tempo prima di decidere di iniziare a dare ad Alice un po’ di spazio e autonomia; sembrava sveglia e in gamba, e non voleva rischiare che si sedesse sugli allori, o si annoiasse, o tutte e due.
«Secondo me sei pronta per gestirla da sola.» Ancora una volta lo sguardo furbesco tornò a emergere, il mento che alludeva alla vittima prescelta.
«Lei è Jolene White, infermiera di Hogwarts e figura di riferimento per tutti i malandrini della Scuola.» Le mani poggiate sul bancone, si era sporta leggermente verso la sua collega in prova con fare cospiratorio, come se lì, fra le faccende dei Tiri Vispi, si decidessero i destini del mondo.
«Lei sarà la tua prima vittima. Ricorda: devi tenertela buona.» Raddrizzò la schiena e fece un passo indietro, mettendosi a sistemare i Torroni Sanguinolenti nel loro espositore, pronta a usare qualsiasi mezzo, anche le Orecchie Oblunghe, per monitorare la prima prova.
La ragazza se la cavò egregiamente: senza neanche rendersene conto, era stata capace di stabilire un contatto umano con il cliente, di non essere indifferente al suo volto e a ciò che li circondava, di fare leva su una scemenza per farla sentire accolta. Le veniva spontaneo, naturale, e probabilmente non aveva idea di quanto poco fosse scontato, ma la sua indole l’aveva indirizzata nella giusta direzione.
Tornò ad avvicinarsi al bancone con la scusa di preparare un pacchettino per uno dei ragazzini che ronzavano attorno al padre della White, e colse l’occasione per riprendere la faccenda delle Gelatine d’Oro.
«Quattro, direi, se l’Aritmanzia non è un’opinione!» Prelevò una delle colpevoli dal gruppo, riponendola nel loro contenitore.
«Le Gelatine d’Oro consentono di accedere a una selezione di prodotti speciali, ma sul come farlo non possiamo aiutarti. Dovrai annusare in giro e farti guidare dall'istinto, certo non cominciare dai posti più impensabili. Se indagherai da cima a fondo sono certa che lo scoprirai...» Da cima a fondo, dall’alto al basso: la Torre di Astronomia non era un posto così impensabile, per un Negozietto Clandestino. Strizzò l'occhio ad Alice: il fuoco della speranza nel futuro era tornato a risplendere.
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