Ad un duello avrebbe assistito volentieri, senza ombra di dubbio, ma una reminiscenza vaga gli sfiorò i pensieri. Per quanto Ramissa fosse stata insopportabile ed inopportuna – per quanto lui si fosse reso complice della folla – quel linciaggio pubblico non gli aveva lasciato nulla addosso se non una patina di disagio. Aveva rotto oltremodo le palle, questo era vero, ma il suo personale verdetto rimaneva invariato anche dal senno di poi: la reazione del branco non era stata affatto commisurata alla sua uscita infelice. Piú per il fatto che l'avessero spolpata viva in gruppo che per altro. Le mazzate per uno sproloquio tanto putrescente, s'era detto, sarebbero state un'opzione migliore, a patto che fossero elargite da un singolo e non dalla calca che le si era formata intorno. Accartocciò quel ricordo e lo gettò nel cestino, ormai erano fatti vecchi e poco gli importava.
Apprezzava, però, l'entusiasmo di Alice, la confidenza con cui era certa sarebbe riuscita a saccagnarla. Ultimamente sentiva che ai suoi compagni di scuola mancava l'audacia, il brio, la chiamata all'azione; era tutto troppo tranquillo.
«Rosse, bionde o more, nella mia personale esperienza, fanno egualmente dannare. Ma se non lo facessero, non penso riuscirei ad amarle». Scelse di continuare quel gioco, celando un pizzico di verità dietro la sua burla. Non c'era amore senza il brivido della follia, nella routine. In quel contesto, la sua personalissima rossa, Eloise, era stata immediatamente etichettata come quella che piú di chiunque altro gli dava grattacapi, e lui doveva fingere fosse cosí.
In realtà erano anime affini, in un certo senso viaggiavano sulla stessa lunghezza d'onda, ma per una serie di ragioni che non aveva compreso fino in fondo non erano destinati per esistere come coppia. S'era detto fosse perché lei era uno spirito libero come l'aria, quella pura e che ti leniva i polmoni quando ne prendevi una boccata. Lui era piú uno che s'accozzava, partiva come un dragster e bruciava tutta la benzina del rapporto senza la minima parsimonia, finché la fiamma dell'amore non si spegneva in uno sbuffo di fumo nero – ed il pilota non moriva tra le lamiere ed il fuoco chimico. Era un po' come voler mettere delle catene, un anello al dito, ad un soffio di vento. Funzionava come burla, ma non nella vita reale. O magari era tutto molto piú semplice, meno poetico e con meno figure retoriche. Lui non le piaceva, punto e basta. Se n'era fatto una ragione negli anni ed era passato oltre.
Nulla – nessun pensiero melancolico – gli impedì di sghignazzare divertito, vedendo il Prefetto Grifondoro partire in quarta, illuminarsi, nel momento in cui le era stata data carta bianca per spendere la somma di monetine tintinnanti a suo piacimento.
A lei piaceva, per i motivi sbagliati, di certo per scherzo, ma questa volta era lui a non essere interessato. Il cuore e il cervello non erano mai andati d'accordo, men che meno con… *Niente pensieri vietati ai minori!*.
Aveva ricambiato l'occhiolino e la promessa di rispettare i cosiddetti obblighi coniugali, osservando Alice con uno sguardo svagato e un pizzico distratto, che era andato immancabilmente a scavalcare la montatura degli occhiali da sole.
«Non mi pento mai di nulla, fai pure con comodo». Aveva quindi spiegato, sospendendo le sue parole in quel limbo di sciocchezza e serietà. Forse a conti fatti, fu totalmente sincero.
Lasciò che Alice stendesse la lista della spesa, notando solo in quel momento l'arrivo di Eloise in negozio.
Se avesse dovuto paragonare quell'entrata in scena allo stile di un autore, avrebbe optato per King. Era proprio il tipo di scrittore capace di uscirsene con frasi tipo "Le sue chiappe entrarono nella stanza, il suo corpo le seguí". Gamberesco, a detta sua, ma vendeva libri a palate, quindi chi era lui per giudicarlo? Sarebbe stato l'ennesimo sasso lanciato nel laghetto.
Ad ogni modo, dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere quando sentì il commento su Filibuster. Se davvero incantava gli scatoloni, forse in negozio avevano bisogno di investire in un muletto. Nove personal trainer su dieci avrebbero sconsigliato di trascinare qualcosa in quel modo il decimo insegnava crossfit.
Quando la signora Breendbergh arrivò tutta intera a salutarlo, Camillo l'accolse con gioia, fino a quell'abbraccio inaspettato. Colto un po' alla sprovvista, non seppe subito come reagire, abbandonandosi ad un'esitazione che per poco non tradì l'intera messinscena. Non che non gli avesse fatto piacere tutto quel calore, sia chiaro, ma da quando la relazione con Casey era finita, il contatto umano – principalmente in un contesto affettuoso – aveva iniziato di colpo ad infastidirlo.
Per spiegarla in termini semplici, la prese tra le braccia con la delicatezza e la disperazione di un povero stronzo ricoperto di pece e dato vivo in pasto alle fiamme. Un povero stronzo che doveva maneggiare un preziosissimo ed intricato origami di carta sottile. La Lynch non era certo delicata, aveva visto come giocava sul campo di Quidditch, ed in generale l'aveva sempre considerata una tosta.
Si dovette ripetere un milione di volte al secondo che andava tutto bene, che era sua moglie(??), prima di riassestarsi. E si riassestò piú o meno immediatamente, mentre ancora lei gli era rimasta appesa alla spalla liberandolo solo a metà da quella morsa.
«Buongiorno, mia dolce». Mia dolce cosa? Coniuge? Amata? Stella? Barbabietola? S'arrestò come Windows Vista, cosí, de botto, con un punto alla fine della frase. Nessuna sospensione. Nessun Airbag. Il Dragster si guidava con la consapevolezza di morire, altrimenti non ci sarebbe stato alcun gusto.
Quando la sua collega introdusse i primi cenni della burla e le spiegò cosa stava succedendo in negozio, ed Eloise tornò nuovamente a guardarlo, si sbloccò.
«Mentre Alice stilava la lista del materiale, stavo giusto per annoiarla con il racconto delle nostre nozze in Croazia, ora che abbiamo deciso di renderlo pubblico». S'abbassò gli occhiali con un cenno affermativo della testa e sorrise ebete, piantandole uno sguardo d'intesa negli occhi, neanche avesse avuto un picchetto ed il martello a portata di mano. Quello era il momento giusto per ammazzarlo, se non avesse voluto stare al gioco, perché da lì in poi il surrealismo avrebbe iniziato a prendere piede sul palcoscencio della demenza tipica di Camillo.
«Del rito della cravatta- Esisteva? Le avevano inventate loro. -mi andava proprio di parlarne, ma l'altra cosa… non saprei, magari è di stomaco debole. Lo lascio decidere a te, visto che la conosci meglio».
Fece il grugnito, poi con la mano libera dall'abbraccio mimò un segno di morte strisciandosi il pollice sul collo, prima di sistemarle una ciocca sbarazzina di capelli rossi con l'accenno di una carezza. Era intenzionato a scoprirle completamente il viso e poterla guardare meglio, se lei glielo avesse permesso. Gli sembrava una cosa che un innamorato avrebbe fatto alla sua bella, in effetti non pensò alle conseguenze.
«Mi servono quarantatre gelatine e una scacchiera, come già accennato, il resto della merce è tutta vostra se avete grandi progetti… di distruzione di massa, a quanto pare». Continuò, quasi del tutto a proprio agio, prima di concludere in bellezza. Spensierato.
«Comunque ti sei dimenticata la fede sul comodino, te l'ho riportata». E qui si finse scocciato, ma non troppo. Un po' come se gli avesse dato fastidio per davvero, senza però farne un dramma, visto che ancora bisognava prenderci l'abitudine. S'erano sposati da poco, in fin dei conti.
Consideratemi completamente al condizionale ed Eloise ha il permesso di assassinarmi quando le pare