Closer to the Edge, divieto d'accesso

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view post Posted on 26/7/2012, 21:55
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Era una tranquilla mattina di metà settembre quando tutto ebbe inizio...

Domenica, v'era silenzio e quiete in ogni angolo di Hogwarts. Senza il sole a salutare il giorno, la pigrizia aveva colto in pieno gli abitanti dell'intero castello. Studenti, professori, persino i fantasmi sembravano aver momentaneamente abbandonato i corridoi, mentre sonnacchiosi signorotti si rilassavano all'interno dei quadri. Le cucine del castello al contrario erano piene di vita, là dove i prodighi elfi non rallentavano mai il loro passo, così ligi al dovere e infaticabili.
Ma laggiù, nel buio dei sotterranei, nessuno avrebbe notato il loro impegno.

E come anima solitaria la giovane Mya se ne stava raccolta in un mistico e incontaminato silenzio. Tra le dita affusolate lasciava scorrere le consumate pagine di un tomo, mentre lo sguardo scorreva rapido le poche righe che ne componevano la stesura interna. Voltò alcune pagine e infine richiuse il libro, producendo un piccolo sbuffo d'aria, mista a polvere. Quell'odore stava diventandole familiare, quasi quanto gli odori della cucina di casa o del vecchio camino dall'altro affumicato. Che odore aveva il suo autunno? Fiori di carta e prati di polvere, cieli di pietra e alberi di cuoio e legno.
Di giorno le lezioni, nel pomeriggio gli allenamenti.
Non aveva tempo. Non voleva aspettare ancora.
Quel passato troppo a lungo negatole, giustificato dal forte senso di protezione e di amore supremo. Ma cosa se ne sarebbe fatto lei? Ogni giorno che passava con quel buio nella testa la faceva impazzire. Stava forse facendo un torto al padre? L'avrebbe deluso, demoralizzato, spaventato? Il pensiero le faceva tremare il cuore, ma non poteva più accettare quella condizione di vita. Se c'era un passato che la riguardava, lei l'avrebbe scoperto.

Spostò il libro su un lato del grande tavolo in legno massello e fece uno scarabocchio in china su un foglietto che aveva davanti.
*Un altro buco nell'acqua...o nella polvere* pensò sbuffando e ricontrollando la lista.
Si era preparata un percorso di ricerca, anche se non aveva la minima idea di cosa stesse realmente cercando. Aveva ottenuto degli indizi, piccoli stralci di verità forse ammantati dalla menzogna, ma non aveva trovato altro cui aggrapparsi. Si sollevò, lasciando scivolare la pesante sedia all'indietro e si avvicinò allo scaffale, riponendo il libro consunto tra due copertine marroni, altrettanto logore. Il pezzo di pergamena strappato riportava ancora una lunga lista di nomi, libri, forse autori, alcuni luoghi, persino incantesimi, analogie e racconti. Un mix che di equilibrato aveva ben poco, se non la volontà della ragazzina di trasformarli in qualcosa di tangibile e reale.
Tornò al corridoio principale, seguendo l'appunto sul foglio e cercando un reparto specifico. In fondo al corridoio adocchiò di sfuggita la pensierosa bibliotecaria, che fingendo attenzione dietro i suoi occhiali scuri, probabilmente se la dormiva della grossa. Meglio così, nessun ulteriore distubo.
Svoltò due corridoi più avanti fermandosi all'altezza di un cartellino che riportava la dicitura "Discendenza del sangue, Antologia Dinastica".
*Pensa te... *
Sembrava rappresentare un pensiero fin troppo austero per i suoi gusti, cuor di tassina che in fondo era. Strano come Hogwarts riservasse un simile reparto alla sua libreria, segno che in fondo i maghi purosangue mantenevano una gran percentuale in quella comunità. I vari volumi erano organizzati in ordine alfabetico, visionarli tutti poteva significare soccombere nel tentativo. Le sembrò più intelligente procedere per gradi. Innanzitutto reperire una mappatura dei maggiori casati del Nord della Gran Bretagna, per poi arrivare a stringere il cerchio. Ci avrebbe messo mesi, forse anni, ma quella ricerca avrebbe rappresentato tutto.


Sei settimane dopo era ancora là, sotto l'occhio ormai tranquillo della bibliotecaria, che la vedeva entrare ed uscire di continuo. Era quasi diventata una presenza fissa, abituale, quasi inanimata tanto era silenziosa, persino nei movimenti. Prendeva e riponeva libri senza arrecare disturbo alcuno, camminava sulla pietra proteggendo i suoi passi con un incantesimo. Voleva non esistere nei giorni di scuola, non voleva essere scorta, ne disturbata. Era una semplice precauzione. Dopo aver sfilato l'ennesimo volume dalla scaffalatura di fondo, tornò verso il grande tavolo che ormai da giorni sembrava essere diventato di sua proprietà, tanto era ingombro. Torri di libri sulle sedie, pergamene aperte e tenute ferme utilizzando gli angoli dei libri più piccini, un calamaio ormai vuoto, diverse piume, una più spagliata dell'altra, e ancora una mappa della Gran Bretagna appesa al muro di fianco. Aveva lottato per quella piccola concessione e alla fine la bibliotecaria aveva ceduto, in cambio di un piccolo favore. Ed ora la mappa se ne stava in bella mostra, incorniciata persino come un quadro.
- Così da molto meno nell'occhio non trovi?... - si giustificò sorridendo innocentemente la donna, al che Mya non era riuscita a ribattere che "No, quella mappa in quello stato non si poteva guardare". E la mappa elegantemente riquadrata signoreggiava sulle sue ricerche. Sulla consumata carta ogni tanto si notava la presenza di alcune puntine rossastre, come ad indicare punti precisi, e tutte si raccoglievano per la maggiore nel nord della Scozia. Nessuno aveva fatto ulteriori domande, ne si era dimostrato invadente. La spilla da prefetta risultava spesso il miglior repellente, di questo doveva dargliene atto.
Spostò la sedia e riprese il suo posto, aprendo il nuovo libro e tornando pienamente concentrata.
Non era mai stata tanto lontana dalla verità, ma non poteva cedere.
 
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view post Posted on 26/7/2012, 23:33
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Studiare, studiare, studiare.
Ormai faceva solo e soltanto quello; l'unica cosa che spezzava quella monotonia erano gli allenamenti di Quidditch.
Ma anche lì, oltre che volare fino a perdere cognizione del Tempo e del corpo, non faceva nient'altro. Appena dei cenni ai compagni, due parole, una revisione alle tattiche e nulla più. Poi si tornava in Sala Comune e lì dopo aver, ovviamente, studiato, dormiva.
Per quanto ancora poteva andare avanti in quel modo?
Horus si passò una mano fra i rossi capelli e si guardò allo specchio del bagno. Due freddi occhi d'argento liquido lo fissavano con aria di rimprovero come per dire: "Ehi tu muoviti, che ti sta succedendo?"

Troppe cose gli stavano sfuggendo di mano, a partire dai suoi rapporti umani. Quell'anno era iniziato, aveva creduto in un rinnovo, forse ci credeva ancora. ma questo tardava ad arrivare. Tardava una spinta, tardava Lei, tardavano troppe cose.
E i puzzle, ancora, non erano stati ricomposti. Nuovo anno certo, ma stessi quesiti, stessi binomi, stessa apatia coatta.
Il viso, puerile, ma dai tratti mascolini che pian piano stavano cominciando a delinearsi, che lo fissava dallo specchio assunse una smorfia sofferente, d'ira mista a malinconia. Se avesse potuto, Horus avrebbe sferrato un pugno su quella superficie, su quel viso sfigurato, frantumandolo. Ma si limitò soltanto a voltarsi e a sciacquarsi la faccia con acqua gelida fino a che le sue dita non persero sensibilità.
Era a causa di quell'apatia, di quelle mancate risposte che Horus sentiva dentro una rabbia, una stanchezza che non riusciva a celare, a volte, con la sua amata Maschera di Ghiaccio?
Era per quello? Era vicino ad un Baratro?
Il ragazzo scosse il capo e goccioline d'acqua scivolarono sul suo volto; la testa, nonostante l'acqua ghiacciata, scottava come non mai, come quella dannata voglia rossastra sull'occhio.

*Meglio muoversi*
Il ragazzo si allontanò dal lavandino, afferrando e mettendosi in spalla la borsa, dirigendosi in Sala Comune e cercando di svuotare la mente per esser poi pronto a chinare di nuovo il capo sui libri.
E... a proposito di libri... perché la sua borsa era così leggera? Quella mattina era stato in biblioteca proprio per prendere un volume-mattone, possibile che l'avesse dimenticato? Preso da un dubbio il ragazzo si arrestò e si accucciò a terra, aprendo la borsa e rovistando al suo interno.
Con uno sguardo al cielo e un altro sospiro, Horus si maledì per la sua sbadataggine; come volevasi dimostrare il volume se ne stava bello bello sul tavolo dove l'aveva lasciato quel mattino.

*Certo che sei proprio una volpe, Ra...*
Di nuovo di cattivo umore, Horus si rialzò e girò sui tacchi in direzione della Biblioteca.


Nonostante il suo umore burrascoso, l'ambiente della Biblioteca riusciva sempre, in qualche modo, a fargli dimenticare per qualche attimo i suoi pensieri. L'odore della carta, il grattare della piuma sulla pergamena, il silenzio e la tranquillità di quel luogo, incantavano e calmavano Horus come una ninna nanna. A passo lento, il ragazzo cominciò a sbirciare fra tutti i tavoli presenti, alla ricerca del tomo.
E se la bibliotecaria l'avesse rimesso a posto? Aveva impiegato secoli per trovarlo, non aveva proprio voglia di rimettersi a cercare su scale e scalette.
Mentre proseguiva, dopo aver superato tre larghi scaffali, il suo sguardo fu catturato da un quadretto appeso, probabilmente da poco, raffigurante una mappa della Gran Bretagna.

*Ci siamo!*
L'illuminazione giunse improvvisa: quello strambo quadro era la prima cosa che aveva osservato quando si era seduto al tavolo quella mattina. Il tomo doveva trovarsi proprio su quel... ammasso di roba ammucchiata, pensò con sconforto scorgendo quello che una volta, doveva essere il tavolo dove si era seduto quel mattino.
V'erano pergamene sparse, pile di volumi e volumetti ovunque, libri aperti qui e là e, a capo di quel caos...


- Mya Lockhart... - sibilò Horus in direzione della testolina castana che faceva capolino fra tutto quel disordine; china com'era sui libri, probabilmente aveva perso cognizione del tempo e dello spazio, figuriamoci dell'ordine.
Il ragazzo osservò con un sopracciglio alzato e un'espressione mista a rimprovero e divertimento tutta la catasta su quel povero tavolo.

*Addio libro...*
- Per l'amor del cielo cos'è tutto questo disastro? -
Una piccola parte di lui sghignazzò al pensiero di poter punzecchiare la Prefetta, l'ennesima, piccola vendetta per le battutine che ogni tanto si scambiavano. Qualcosa si era evoluto nel suo rapporto con Mya in quei mesi, ed Horus non sapeva spiegarsi perché. Certo idilliaco non era stato fin dall'inizio, eppure c'era qualcosa, un filo rosso che la legava al ragazzo e che lui, non riusciva a spiegarsi.
Lei era diventata ancora più irraggiungibile, brillante come la spilla che portava appuntata sulla divisa.

*Ed io, cosa sono?*
Un sorrisetto sarcastico illuminò le sue labbra, e Horus decise di abbandonare l'idea di lanciare un'altra frecciatina e quei pensieri arrovellanti.
Del resto, per quanto allettante fosse, non aveva intenzione di disturbare una persona immersa nei libri.
Tuttavia, lì, in mezzo a quel caos, c'era proprio uno dei suoi volumi, che fare?

*Pazienta, Ra, pazienta*
Deciso ciò, il ragazzo afferrò una sedia al lato opposto del tavolo e si lasciò cadere, stranamente sfinito.
Poteva già sentire il borbottio di Mya: "Di tanti posti proprio qui?"

Il sorriso si allargò un po' di più sul suo viso e il ragazzo, nel tentativo di celarlo, voltò il viso verso la Mappa appesa.


*Sì, proprio qui.*

Il perché? Non lo sapeva; certo era che doveva recuperare il suo libro dalla copertina smacchiata e il titolo quasi cancellato. Era pur sempre tornato indietro sui suoi passi ed era arrivato fin lì, ora era anche questione di principio recuperarlo.
Ed era anche una questione di principio capire perché diavolo, in un modo o nell'altro, si ritrovava sempre vicino a Mya, pensò rabbuiato.
 
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view post Posted on 27/7/2012, 23:24
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Sprofondando tra le pagine di quei volumi era venuta a conoscenza di interessanti storie, legate alle maggiori casate del mondo magico. Molti di quei cognomi li aveva sentiti a volte di sfuggita, tra le aule ed i corridoi, quasi invidiando la semplicità con cui alcuni di loro indossavano quel passato, spesso perfino ignorandolo.
CITAZIONE
"Gilbert IV Helroy, erede della tredicesima generazione del baronato Helroy, primo di cinque figli, unico maschio. La sua vita da scettico alchimista lo portò ad isolarsi dal mondo, fino alla sua morte avvenuta attorno ai trentacinque anni (1837 dc) senza aver avuto un erede cui lasciare la discendenza. Il baronato Helroy fu annesso nel 1841 alla casata degli Henmister, sfruttando l'unione tra Lizbeth Helroy, secondogenita dell'ultima generazione, e Camus Henmister."

- Che pessima conclusione - sottolineò scherzosamente la tassorosso, tracciando un nuovo segno orizzontale sulla lista al suo fianco. Era quasi come leggere un romanzo dal finale deludente, ed in quelle settimane ne aveva lette a decine. Incidenti accaduti nella comunità magica, passati come notizie di seconda linea, sfruttando invece la notorietà di famiglie più abbienti. Vi era qualcosa, o qualcuno, che sembrava voler salvare le apparenze..o nascondere la verità per scopi non propriamente chiari. Quello di impicciarsi in fondo non era il suo ruolo, se aveva iniziato quelle ricerche era stato semplicemente per puro e semplice egoismo. E così come tutti sembravano fare da anni ormai, anche lei sarebbe semplicemente andata oltre.
Dopo settimane di analisi finalmente era riuscita a stringere il campo di ricerca attorno alle quaranta casate nobiliari più influenti dell'alta scozia.
*Ed ora ne ho una di meno di cui preoccuparmi...*
Si voltò leggermente verso sinistra, tornando con lo sguardo alla sbiadita mappa, incorniciata come una Gioconda. Per Morgana se era orribile, sarebbe stato divertente vedere un qualche castellano fantasma passarci dentro, tanto per provare l'ebbrezza di sorvolare l'Inghilterra con un solo balzo. Molte puntine rosse offendevano la carta, imprimendosi in essa con forza e disegnando come un percorso sul territorio scozzese. Era lì la verità, doveva essere lì, nascosta tra le righe e coperta da una puntina rossa. Doveva esserci. Si massaggiò gli occhi, sollevando leggermente gli occhiali dal naso, poi si poggiò lateralmente, col volto sul palmo della mano destra. Continuava a fissare la mappa, aspettando forse ingenuamente, che questa in qualche modo rispondesse alle sue aspettative.
Ma fu un'altra la voce che la sorprese, persa nelle sue riflessioni. Una frase quasi irriverente seppure pronunciata con tono educato e pacato, forse più per rispetto del luogo che della persona fisica. Mya piegò la testa da un lato, facendola ruotare appena ed inquadrando la fonte del disturbo.
- Toh! - esclamò con finto e malcelato stupore, mentre gli occhi mettevano a fuoco ogni angolo di quel viso ormai stra-conosciuto - ...Sekhmeth. Iniziavo a preoccuparmi, non vedendoti nei paraggi addirittura dall'inizio dell'anno -
Le espressioni sul suo viso si fecero più accentuate mentre inscenava quella farsa da prima donna, per poi tornare al suo solito cipiglio cinico.
- Comunque la scopa è nell'angolo a destra, se Cenerentola muore dalla voglia di rimboccarsi le maniche -
Il braccio si sollevò indicando un punto alle sue spalle, dietro alla libreria ovviamente. Per ora restava uno scherzo, un modo carino per dire "vattene o finisce peggio". Se per restare sola la soluzione era dare una punizione l'avrebbe fatto.
Ed oltre allo studio, che di per sè le stava rubando l'animo, era quella presenza ossessiva a destabilizzarla. Era come sentirsi braccata, mai libera. La sua maschera era perfetta, i suoi muri rinforzati, i segnali apparivano chiari come l'acqua...eppure l'unico a non capirli sembrava proprio quel moccioso. Che fosse smosso da un qualche istinto suicida? Ignorare i segnali poteva costagli caro, davvero.


Edited by ~mya~ - 28/7/2012, 00:46
 
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view post Posted on 28/7/2012, 13:02
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Ed eccola, immancabile, la pungente ironia e il sarcasmo che avvolgevano la Lockhart neanche fosse una patina opaca sulla sua brillante spilla.
Horus sogghignò a quelle parole, pur restandone, in parte, turbato.
Mya aveva ragione, lui stesso ci stava rimuginando su: l'anno era appena iniziato e lui già si ritrovava in mezzo ai piedi della Tassina. Il ragazzo incrociò le braccia e si limitò a fissare la superficie disordinata del tavolo, osservando, sì, ma non guardando realmente cosa sopra ci fosse, lo sguardo vacuo e annebbiato dai pensieri.
Più ci ragionava su, più sembrava quasi uno scherzo del destino quello di ritrovarsi di fronte a lei più spesso che mai.
Certo, si vedevano agli allenamenti, ma quello non contava. Erano questi incontri totalmente casuali a spiazzarlo, senza contare quelli dell'anno passato, incontri che bene o male avevano aperto ad Horus nuove vie, nuovi pensieri, nuovi spiragli.
Il ragazzo emise un flebile sospiro, mentre la Prefetta prendeva di nuovo parola.


- Comunque la scopa è nell'angolo a destra, se Cenerentola muore dalla voglia di rimboccarsi le maniche -
Horus osservò il volto della giovane con un sopracciglio alzato e un quasi impercettibile tic all'occhio, causa nervosismo.
Diamine, perché solo lei doveva smuovere anche minimamente la sua solida Maschera?

*Figurati se oso toccare questo casino tipico di una ragazza isterica. Cenerentola, poi? Chi diamine è, mi ha preso per il suo Elfo?*
Il ragazzo si limitò a muovere le labbra, quasi come se volesse imitarla, alzando lo sguardo verso l'alto. Possibile che quella ragazza fosse sempre sulle spine qualunque cosa lui facesse?

- Non farti strane idee. Sotto questa valanga di libri e caos c'è un mio libro. - disse accennando con il viso ad un angolo del tavolo.
Ritrovare quel libro poteva rivelarsi quasi più arduo di ritrovare un Boccino in un campo di sette chilometri con pioggia e nebbia.

- Non ho intenzione di venire sbranato da te perché metto mano nel tuo disordine, quindi rimarrò qui finché non hai terminato. Forse quando rimetterai in ordine, il mio libro spunterà fuori e vivremo felici e contenti entrambi. -
La sua voce, bassa, pacata, risuonò sarcastica, forse più del dovuto, con una punta d'amarezza.
Quell'irritazione generale che l'aveva colto in quei giorni stava cominciando a ribollire di nuovo, come un fuoco alimentato dal vento.
Perché? Perché diamine doveva sentirsi così irritato? Perché ogni suo passo doveva venir giudicato in malomodo?
Ma soprattutto, perché la cosa doveva toccarlo in qualche maniera?
Perché lei lo guardava, gli parlava, lo trattava come un bamboccetto qualunque che le ronzava dietro? Una stupida matricola che intaccava la sua bella persona?

Perché diamine Mya doveva apparire, in un modo o nell'altro, sempre superiore a lui?

A quel pensiero, Horus si morse un labbro e si voltò verso la parete, cercando di trovare interessante la mappa appesa.

*In ogni caso, non ti sarò inferiore. Trattami come diamine ti pare, io farò altrettanto.*
 
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view post Posted on 28/7/2012, 18:22
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- Non farti strane idee. Sotto questa valanga di libri e caos c'è un mio libro. -
La tassorosso inarcò un sopracciglio a quella risposta, buttando un occhio a destra, e poi a sinistra. Su quel tavolo c'era un libro che non era il suo? Possibile? Per quanto ne sapeva poteva essere anche una balla colossale, montata per...per...per restare lì e distruggere quel piccolo ritaglio di vita personale, che a fatica lei aveva conquistato.
*No, nessuno è così scemo*
Eppure quando era arrivata nel pomeriggio non aveva notato null'altro che il ruvido legno di quercia del tavolo, il calamaio e le piume che aveva dimenticato il giorno prima. Poteva anche benissimo non averci fatto caso, ma non doveva essere stato un grande libro per essere passato tanto inosservato. I suoi libri al contrario erano voluminosi ed ingombranti, per non parlare delle pergamene aperte completamente sul tavolo.
- Umpf.. finché non ho terminato? - sbuffò divertita spingendosi all'indietro, con le mani sul bordo del tavolo. Il ragazzino sembrava non aver intenzione alcuna di tornare sui suoi passi e lasciarla lavorare tranquillamente.
- Non so quale parte di "sono impegnata" ti sfugga Sekhmeth, comunque quello che tu chiami disordine per me rappresenta una ricerca, ben più importante dello scoprire come decolorare un paio di calzini con un Cangio. Forse, quando rimetterò in ordine e il tuo libro spunterà fuori, avrò la premura di riportartelo, magari prima che faccia troppo tardi. Cos'era? Il brutto anatroccolo o il piccolo principe? Non vorrei che il tuo sonno non sia sereno per mia colpa... -
Forse c'era andata troppo pesante, quel ragazzino non aveva altra colpa se non quella di trovarsi sempre nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. E dal crederlo una coincidenza a rivalutarlo in maledizione il passo era stato fin troppo breve. Poteva passare la casata, perfino il quidditch, ma quando aveva finito per ritrovarselo persino nelle quattro strette mura dell'Ars Arcana aveva iniziato a pensare ad un qualche strano scherzo del destino.
Ma cos'era in realtà che temeva? Da quel lontano giorno in treno in cui aveva perso il controllo, seppur per pochissimi secondi, aveva iniziato a temere la vicinanza di quello strano essere. Lui la irritava, lui la comprometteva, non era saggio ne opportuno approfondire quella conoscenza.
Si alzò dalla seduta sfilandosi gli occhiali da sopra il naso e lasciandoli cadere su un tomo richiuso, alla sua sinistra. Quei pensieri non facevano che distrarla dalla sua ricerca e il casato degli Helroy meritava degna sepoltura culturale. Si avvicinò al quadro-mappa e staccò una delle tante puntine rosse, lasciando nuovamente intravedere il profilo di uno specchio d'acqua.
Un pizzicore le serpeggiava sulla nuca, il sentore di essere ancora osservata.
" Io rimarrò qui... io rimarrò qui...io rimarrò qui..qui...qui"
Continuava a sentire quelle poche parole, e più riecheggiavano nella sua mente più saliva l'irritazione.
- Dimmi Sekhmeth... - fece, voltandosi e tornando con lo sguardo verso di lui, stranamente freddo, quasi avesse perso ogni volontà di offenderlo gratuitamente - ...secondo te esiste un luogo in questo castello in cui io possa stare, avendo la certezza di non incontrarti? I bagni forse? Oppure il cielo... -
In fondo era solamente alla ricerca di una risposta. Così come spulciava libri da settimane alla ricerca di un passato, ora cercava la risposta a quel vincolo maledetto che sembrava aver deciso per loro. Odiava le catene, gli obblighi, i sentieri già tracciati, odiava tutto questo. Voleva reciderlo, sventrarlo, distruggere ogni fibra di quello strano legame, prima ancora che le si avvinghiasse al corpo, ai polsi e al collo, soffocandola.
Solo, non trovava la forbice adatta.
 
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Il ragazzo scoppiò in una piccola risatina alle parole di Mya. Il sorriso si allargò sul suo volto, ma al contrario i suoi occhi non potevano esser più seri.

- Perdono, Vostra Grazia. Forse mi dev'esser sfuggito un "sono impegnata" che le Vostre labbra non han mai pronunciato. Imparerò ad esser veggente. -
*Vattene, Ra, vattene.*
L'irritazione, il tic nervoso all'occhio, il ribollire del sangue, il rombo di tutti questi suoni, l'avrebbero fatto impazzire, ne era certo.
Una pressione, quella, che poteva stroncarlo, un senso di soffocamento che tornava a galla. Ma poteva reggere; poteva reggere ancora.
Era l'Orgoglio: sì era per quel motivo che Horus rimaneva ancora lì, incurante delle parole della giovane e dei suoi espliciti inviti ad andarsene. Era solo perché voleva indietro il libro che gli era costato ricerche su ricerche, ne era sicuro.
... O forse c'era altro?
Di sottecchi Horus osservò Mya; era per quello vero? Solo il libro, solo il libro, non voleva vederla, no. Lei era fastidiosa, pericolosa addirittura.
Acida, scorbutica... lontana.
Il Tassino riabbassò lo sguardo verso il tavolo e sospirò di nuovo, mentre le dita sottili si chiudevano nella stoffa della manica, affondando sulla pelle.
La testa cominciò a dolere, mentre i pensieri iniziarono a vorticare, confusi. Possibile che la sua Mente potesse sfuggirgli così?
Ma... era la Mente o i suoi Sentimenti?

*Sciocchezze*
Un rumore lo richiamò alla realtà; il rumore di una sedia che si scostava, dei passi. Horus alzò la testa ed osservò Mya superarlo, allontanarsi, di nuovo da lui. Che ne avesse abbastanza di lui persino quando si limitava a starsene tranquillo per i fatti suoi?
Perché, perché lei si ostinava a vederlo così? Come una sorta di macchia nera nel suo bel cielo limpido?

Perché faceva male quell'indifferenza? Perché lui stesso non riusciva ad essere indifferente a quegli incontri casuali, a quella ragazza che bene o male si ritrovava sempre in mezzo ai suoi piedi, per quanto lui si sforzasse di girarle al largo?


- Dimmi Sekhmeth ...secondo te esiste un luogo in questo castello in cui io possa stare, avendo la certezza di non incontrarti? I bagni forse? Oppure il cielo... -

*Cosa?* il respiro si fece subito più veloce, gli occhi del giovane spalancati a quelle parole, dardi di ghiaccio che percorrevano i suoi sensi.
*COSA?*
Il rumore di qualcosa che si frantumava risuonò nella mente di Horus, percorrendo ogni angolo di quella Biblioteca, come un'onda che si abbatte sugli scogli, violenta, inesorabile.
Una spaccatura, un'incrinatura su quella maschera non più di ghiaccio, ma di fragile cristallo.
Horus rise di nuovo, ma... era davvero Horus che rideva?
Una risata cupa, amara, adulta.
Una mano si poggiò sul tavolo e, facendovi forza, il ragazzo si alzò, voltandosi verso la giovane; sul viso non c'era più neanche l'ombra di un sorriso, non c'era nient'altro che qualcosa che rasentava il disprezzo.
Dall'alto verso il basso Horus osservava la scintillante Prefetta, colei che definitivamente aveva distrutto la sua bella Maschera. Quegli occhi viola che lo guardavano glaciali, quelle parole che lo percorrevano come una scarica elettrica, quelle accuse! Come poteva permettere una cosa del genere?
Horus mosse un passo, lento, controllato senza distogliere lo sguardo dalla ragazza.


What a shame, what a shame!


- Pensi che mi diverta Lockhart? -
La voce manteneva un tono pacato, educato, eppure sembrava appartenere ad un altro, ad un altro Mondo, ad un altro Ego. Una voce baritona, meno impostata.
Un altro passo.

- Pensi sia divertente ritrovarmi sempre dove sei tu? Sentire sulla mia pelle il tuo sguardo scostante, quasi di disgusto? Sentirmi continuamente giudicato da te? -

What a shame, what a shame,
To judge a life that you can't change



Horus raggiunse, con un altro passo, la ragazza che fu costretta a indietreggiare, mentre lui continuava ad avanzare, il viso leggermente alzato, gli occhi puntati verso di lei.
Una Mya che in quel momento sembrava molto più piccola dinnanzi a lui, e non più solo idealmente.
Cosa diamine stava succedendo? Era davvero lui?
Come quel giorno sul treno, Horus aveva la sensazione di osservare tutto da una posizione diversa, come un effimero spettatore di un'antica Tragedia Greca.

- Qualsiasi passo io faccia, qualsiasi cosa io desideri fare... pensi sia divertente per me, vedere che ci sei sempre tu intorno? Tu a capo di un ridicolo scherzo del Destino? Hogwarts, il Quidditch, l'Ars... TU e soltanto TU davanti al mio cammino?
Pensi che sia gratificante per me? Credi che lo faccia apposta a correre dietro la tua gonnella, come un qualsiasi ragazzino? Hai mai pensato a come dev'essere, dalla mia parte? E' colpa mia, forse? Eh, Lockhart? -


SBAM!


Un rumore, forte, risuonò nel silenzio della sala.
La mano di Horus batté, violenta, sul muro che lentamente avevano raggiunto e a cui la sua avanzata aveva costretto la giovane ad appoggiarsi.
Il braccio teso, il palmo aperto le cui dita sfioravano i capelli castani, il viso a qualche centimetro da quello della ragazza. E davanti, soltanto le sue iridi porpora;
Ametista liquida in grado di affogarlo e su quella pelle il profumo del Cielo.

Fu in quell'attimo, quando tutto si tinse di porpora, che Horus capì.
Non fu il cuore, che martellava furioso contro la cassa toracica, a dirglielo, non fu la Mente, non fu Ra.
Fu quel profumo.

So, won't you give this man his wings?



- Forse... la verità è soltanto che tu sei il Vento, Mya. E io non sono altro che il Falco che, inesorabile, libra le sue ali nel Cielo, guidato dal suo Richiamo, volente o nolente. -
Gli occhi del ragazzo scrutarono quel viso delicato, lontano.
Sì, Mya era il Vento, inafferrabile e indomabile. Ogni passo importante che Horus compiva, ogni volo, era guidato da lei, senza che lei stessa se ne accorgesse.
L'arrivo ad Hogwarts, la ricerca di un luogo che gli appartenesse e una Nuova Vita, il Volo ritrovato nel Quidditch e la Storia, nell'Ars Arcana.

Il Vento che, scostante, formava una via nel Cielo, una strada che solo un Falco... solo Horus sembrava cominciare a comprendere.

What a shame to have to beg you to
See we're not all the same
What a shame



Quanto tempo aveva passato ad osservare quella Volta riflessa in quegli occhi?Quanto tempo ancora avrebbe voluto passare così?

Ma lentamente, la coscienza di aver fatto un passo troppo lungo lo colpì. A pochi centimetri c'era il viso di Mya, non una qualunque, non Sivra, solo Mya.

*E se non ti scansi, tra un po', a pochi centimetri ci sarà anche il suo cazzottone sul tuo naso, Ra*
Horus si allontanò da lei, scostando la mano dal muro e alzandole entrambe in segno di resa. Sapeva di aver esagerato, sapeva che forse quel Vento sarebbe stato ancora più lontano.
Ma se Mya avesse deciso di Maledirlo, di Fatturarlo, di colpirlo, lui non avrebbe opposto resistenza.

Aveva trovato la risposta ad una delle sue domande.
 
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view post Posted on 29/7/2012, 00:50
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Non sapeva che il tempo potesse discostarsi tanto dalla realtà.

Il tempo aveva iniziato a muoversi in modo incostante, già dal momento che l'aveva osservato risollevarsi dalla seduta e ridere del suo scherno. C'era qualcosa di distorto, lo avvertiva, ma non riusciva ancora a dargli una forma ben definita. Vide Horus avanzare verso di lei e avvertì sulla pelle ogni singola pungente parola, attraversarle l'epidermide con inaspettata violenza. Il ragazzino che aveva avuto davanti fino a quel momento, si stava mostrando in una nuova veste, forse ancor più vera di quella che aveva scorto nel giardino di Hogsmeade. O forse era la stessa, solamente osservata da un punto di vista diverso.
E più avanzava , più il ragazzo sembrava cambiare forma, fino a che Mya non si rese conto di quanto il distacco tra loro due si fosse fatto evidente durante l'estate. Ma la tassorosso non abbassò lo sguardo, non temeva i confronti diretti neppure con i giganti, figuriamoci con un marmocchio che beveva fertilizzante a colazione. Però il cerchio stava suonando tamburi di guerra, pulsava tutt'attorno a lei, avvertendo quei passi sulla pietra come una nociva intenzione. D'istinto mosse un passo all'indietro, restando però con la schiena dritta e lo sguardo fiero. Non temeva le sue parole, non era lei a sbagliare, ognuno semplicemente aveva il proprio modo di osservare la vita. Si sentiva oppresso dalla sua figura?
- Se hai problemi di autostima hai sbagliato capro espiatorio – ghignò reagendo alle sue provocazioni, stava forse perdendo il controllo della situazione? Un altro passo indietro e il suo tallone cozzò contro la pietra del muro, confermando ogni suo timore. Il cerchio pulsava frenetico, il sangue le stava andando al cervello, sentiva di essere arrivata sul limite del baratro. Tornare indietro o buttarsi, entrambe le opzioni le sembravano ottime in quel frangente. Gli occhi di lui non l'avevano persa di vista un solo attimo, non avevano ceduto, non avevano mostrato debolezza alcuna su cui fare pressione. E continuavano a fissarla, come in preda ad una furia silenziosa.

Un secondo dopo il braccio di lui schizzò in avanti. Era arrivata davvero tanto in basso da farsi prendere a ceffoni persino da un marmocchio? Strinse gli occhi d'istinto attendendo l'impatto con la pelle, l'offesa non sarebbe stata perdonata, nessuna.
SBAM
Il suono sordo prodotto da qualcosa di morbido su qualcosa di più duro. La guancia non doleva, la pelle non bruciava, ogni cosa sembrava essere ancora allo stato naturale. Lentamente riaprì gli occhi viola, più liquidi che mai e si ritrovò a pochi centimetri dal viso delicato del concasato, storto da un'espressione ancora più incomprensibile. Il braccio che poco prima l'aveva intimorita, si trovava al fianco del suo viso, poggiata sul muro, persa tra i suoi capelli. Era bloccata, sul limitare del precipizio e non poteva tornare indietro, ne buttarsi. Quella mano le aveva tolto ogni via di fuga.
- Forse... la verità è soltanto che tu sei il Vento, Mya. E io non sono altro che il Falco che, inesorabile, libra le sue ali nel Cielo, guidato dal suo Richiamo, volente o nolente. -
L'irritazione che poco prima le formicolava la nuca, prese a muoversi come serpeggiante fastidio giù dal collo fino alla spina dorsale, attraversava le costole, sfiorava i polmoni e si avvicinava come bestia maledetta al suo cuore. Avvertì il formicolio stringersi attorno a qualche vena, chiuderle il respiro, concentrando la maggior parte del calore alla testa. Avvertì una strana sensazione bruciarle le guance e le orecchie, come se un fuoco le fosse stato acceso involontariamente sugli zigomi. Non comprendeva assolutamente il senso di quella sensazione, ma la sua cocciutaggine e l'orgoglio forte non le avevano fatto abbassare lo sguardo, seppur questo si era fatto più liquido del solito.
Aveva il viso imbronciato e lo sguardo di sfida non aveva accennato a calare di tono, le labbra strette in una smorfia quasi adirata, anche se sembravano trattenere altro.
Infine il ragazzo sembrò decidersi a mollare la presa sul muro. Ora che non aveva più niente a bloccarle i capelli la tassina abbassò lo sguardo e si osservò la mano destra, chiusa a riccio dopo l'attimo di smarrimento. Quasi con timore discostò le esili dita, ma prima che potesse osservarne l'interno un rivolo di sangue le scivolò tra l'indice e il pollice.
-Ahi... - mugugnò con tono stranamente arrendevole,inusuale per chi era solito ascoltarla. Infine aprì completamente il palmo e notò la presenza di una puntina rossa, la stessa che fino a pochi secondi prima aveva segnato la posizione degli Helroy sul territorio scozzese. Nell'attimo dell'avvento aveva chiuso gli occhi e serrato i pugni, e la puntina malefica le si era appuntata sul palmo.
Che dovesse segnare anche in quel caso un evento?
*Sì, la tua fine Sekhmeth*
 
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view post Posted on 29/7/2012, 14:53
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Come potevano le cose esser degenerate così?
Sembrava quasi che entrambi, in cima ad una scalinata, avessero saltato gli ultimi gradini, trovandosi in un salto a mezz'aria, incerti sull'esito.
Sarebbero atterrati in piedi o sarebbero ruzzolati a terra?
Solo il tempo di un respiro, di una parola, e le maschere erano cadute.

Il volto di Horus era girato, gli occhi ormai avevano abbandonato quelli di Mya;
senza rendersene conto, accecato da quell'ira muta, Horus aveva oltrepassato ogni confine umano. Confini che non si aspettava neanche minimamente di sfiorare un giorno.
La sua credibilità stava sparendo?
Le palpebre si fecero pesanti e il ragazzo chiuse gli occhi, confuso; le mani ancora alzate verso l'alto.

"Non farò altro, se vuoi insultarmi, ora, fallo."
Era questo che voleva dire? Doveva fermarsi?
No, ormai era andata, era troppo tardi per pentirsi di esser andato sull'orlo del Baratro.
Ora che tutto era tornato al silenzio, Horus non poteva credere che il rombo del suo sangue fosse così assordante e che l'eco di quei pensieri potesse torturarlo così. Sì, ora sapeva, ma sapeva anche che era sbagliato. Che quella consapevolezza non l'avrebbe mandato solo sull'orlo, ma l'avrebbe trascinato giù.

Cosa avrebbe fatto ora, Mya? L'aveva capito? Lo odiava ancora di più?


- Ahi... -

*AHI?*
Horus riaprì gli occhi e osservò la ragazza che aveva pronunciato quella piccola parola, il tono diverso, morbido, arrendevole quasi.
Si stupì quando tornò a quel viso: era davvero rossore quello sulle sue guance?
"E' davvero Mya?" pensò, stranito, osservandola.
La Tassina dal canto suo, si fissava il palmo della mano in cui una puntina si era conficcata, provocando qualche piccola goccia di sangue.


*Cioè, dopo tutto quello che ho detto... DICE AHI?*

Qualcos'altro si mosse dentro Horus, qualcosa che non aveva nulla a che fare con l'ira che poco prima l'aveva animato. Sembrava diverso, addirittura piacevole.

- Pfff... Ahahahahahahahah! -
La risata, più cristallina, fuoriuscì naturale, senza che se ne rendesse conto, e con essa trovò libera uscita anche il suo nervosismo, che velocemente ad ogni suono di quella risata, sfumava nell'aria.
L'insieme di quella scena, così melodrammatica nei suoi pensieri, rielaborata da Mya in quel piccolo, stupido e infantile "ahi" lo faceva ridere dal profondo.
Non rideva per scherno, no, rideva perché in fondo a niente non c'era rimedio.
Mya l'avrebbe odiato? Non importa, lui avrebbe rimediato.
Mya l'avrebbe ignorato? Non importa, lui avrebbe fatto in modo che lei capisse le sue parole.

Ma ora, era troppo occupato a ridere, le mani sulla pancia, leggermente piegato in avanti, incapace di arginare quelle risa.


- No... scherzavo... Mya è Mya! -

Riuscì a dire solo questo, gli occhi appannati, mentre la risata si affievoliva e lui lentamente cominciava a riprendere il controllo.

In quel momento, un'altra immagine gli tornò alla memoria, una situazione non proprio identica, ma che dal nulla galleggiò nella sua testa.
Una risata, quella, molto simile alla risata che trovò vita sulle sue labbra ad Hogsmeade, la primavera precedente, in compagnia di un piccolo Falco. I contesti erano diversi, sì, eppure le due risate si assomigliavano.
Entrambe, davano ad Horus la sensazione di aver lasciato a terra un peso.
 
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view post Posted on 30/7/2012, 00:49
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Prima che la puntina potesse iniziare a farle infezione la sfilò dalla carne, stringendo i denti e arricciando le labbra in una smorfia. Era piccina quella dannata, ma si era inferta fino in fondo nella pelle della mano, toccando punti fin troppo sensibili. Tolto il "tappo" il sangue del rosso più vivo fece capolino dalla ferita, abbandonando senza nessuna remora il suo corpo.
*E ti pareva..* pensò contrariata, lasciando scivolare la puntina a terra. Non era tanto il dolore cui ormai era abituata, piuttosto l'idea di una nuova cicatrice a decorare il suo corpo già mutilato a regola d'arte.
E il ragazzino cosa faceva in tutto ciò? Se la rideva di gusto, piegato su se stesso, quasi dimentico di quale fosse il luogo in cui poggiavano i piedi. Mya roteò gli occhi da una parte all'altra, con sdegno, sperando di non veder comparire l'esile e smunta figura della bibliotecaria. Non erano poche le persone che godevano nel farla sentire un pessimo elemento all'interno dell'organico scolastico. Se poteva evitare di mettersi nei guai, evitava.
Fortunatamente quella risata durò meno del previsto, anche se il solo ricordo la riportava ad un momento preciso, un luogo preciso. Un piccolo anfratto racchiuso nel tempo, in cui aveva sentito quella stessa risata, tanto libera e tanto sincera. Era la seconda volta che la sentiva, forse con orecchio diverso, ma l'essenza era la stessa.
La tassorosso spostò la mano in avanti, mentre il ragazzo si risollevava e riprendeva quel controllo, di cui era solito fare sfoggio. Mya non riusciva a spiegarsi il perchè ma era divertente farlo crollare, distruggere ogni maschera che di volta in volta poggiava sul naso. Era quasi appagante.
- Sai che non si ride del dolore altrui? guarda che mi hai fatto -
Il viso ancora imbronciato, gli occhi sicuri e fissi, le guance forse ancora imporporate. La mano si era frapposta tra i loro due visi, come un segnale di alt o di ostacolo, aveva bisogno di tarare nuovamente le impostazioni del suo cerchio, la cui invasione ormai era cosa certa. Il sangue continuava a sgorgare tranquillo dalla ferita, scivolando sulla pelle e lanciandosi ogni tanto in un impavido salto verso il pavimento. O le sue scarpe.
Non era da lei lamentarsi, figuriamoci per una sciocchezza simile, ma quel piccolo rimbrotto le era uscito spontaneamente.

 
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view post Posted on 30/7/2012, 15:06
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Per la seconda volta in quel pomeriggio, Horus si chiese se la ragazza che aveva di fronte si trattasse realmente di Mya.
Un braccio allungato, un palmo aperto davanti al suo viso e un'espressione quanto mai imbronciata ed infantile, mai vista prima sul volto della ragazza.


- Sai che non si ride del dolore altrui? Guarda che mi hai fatto -

*IO?*

Da quando in qua "il Mastino" Mya dava la colpa a qualcuno e si lamentava di una piccola feritina, come una bimba che è caduta a terra e si è sbucciata il ginocchio? L'imponente Capitano, pronto a prendere Bolidi su Bolidi senza fiatare, "soffriva" per un misero puntino?
Le guance rosse di lei e quella sorta di piccolo muso, evidenziato da quella frase, riscaldarono un angolo da qualche parte, nel petto di Horus che era indeciso se prenderla in giro o sentirsi in colpa.

*Sentirsi in colpa poi, non è colpa mia!*
Senza neanche rendersene conto, il ragazzo prese il polso della mano aperta della giovane e si chinò appena, avvicinando il palmo alle labbra.
Con un piccolissimo e appena udibile "pchu", le sue labbra baciarono, sfiorando, la pelle insanguinata della ragazza, senza però che il sangue potesse sporcarlo.
Prima ancora di capire cosa avesse fatto, il giovane allontanò il viso dalla mano e lasciò andare la presa; ma ora Mya, come avrebbe reagito a quel gesto incredibilmente spontaneo?
Una parte di lui ancora non voleva credere a ciò che il suo corpo, di sua volontà, avesse fatto. Che avesse abbandonato del tutto le sue Maschere? Che un nuovo Horus stesse crescendo dentro di lui, in quel momento?

Il Tassino sorrise alla giovane, gli occhi che brillavano di divertimento.


- Ecco, papà tuo ti ha dato un bacino sulla bua, però ora non piangere! -

Un tono sarcastico, ma leggero e divertito. Sì, era una buona scusa per giustificare quel piccolo bacio.
I suoi occhi, sfuggirono poi allo sguardo di lei, temendo ira o di nuovo disgusto, e si concentrarono sulla linea che il sangue delineava sul palmo della mano dove un piccolo rivo scorreva tranquillo. Ma quanto diamine se l'era conficcata nella carne, quella stupida puntina?
A quanto pare così a fondo che pian piano le gocce scivolavano a terra, macchiando il pavimento e le scarpe della ragazza. Con un sospiro e una teatrale roteata di occhi, Horus tirò fuori la bacchetta dalla tasca e la puntò sul pavimento e sulle scarpe, mormorando un incantesimo e pulendo in un batter d'occhio.

- Ma, Prefetta Lockhart, non insudici il pavimento; si curi, piuttosto! -
Con lo sguardo fisso a terra, dove poco prima le gocce "ravvivavano" la pietra, il ragazzo si chiese se fosse il caso di scusarsi con Mya per quella reazione. Ma una vocina, che poteva ricondurre tranquillamente all'Orgoglio, continuava a dissuaderlo, decisa.
Era colpa di Mya che aveva oltrepassato il Baratro, colpa sua che si ostinava, suo malgrado, a trattarlo come un fastidioso insetto, anche quando se ne stava tranquillo in silenzio.
Sì, sì era tutta colpa di Mya.
...E sua, forse. Da quel momento in poi, Horus non era più certo dell'infallibilità della sua Maschera, almeno con quella Tassina dai modi irriverenti e autoritari.
E poi, in qualche modo, si stava divertendo, pensò mentre un angolo della bocca si incurvava in un sorrisetto ironico.

 
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view post Posted on 30/7/2012, 16:09
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Senza rendersene conto il suo piede aveva già fatto un passo verso il vuoto.
Quel corpo che ormai non rispondeva più, quella mente che sembrava aver deciso per lei, quella vita che le passava davanti nemmeno lei fosse una spettatrice di quart'ordine. Di quelle che arrivavano in ritardo e dovevano anche accontentarsi dei posti peggiori, con le teste davanti e il palcoscenico lontanissimo.
*Io voglio solo essere lasciata in pace*
Nemmeno il tempo di pensarlo ed un nuovo contatto arrivò a distruggere l'ultimo baluardo della sua sicurezza psicologica. La mano di lui che afferrava il suo polso, quel viso che si faceva più vicino, quelle labbra che con innocente irriverenza le sfioravano la pelle offesa.
*Non è ciò che pensi...non è...fuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu*
Un grido mentale trattenuto solo da un autocontrollo allenato negli anni. Il prurito che fino a quel momento aveva avvertito sul palmo della mano, divenne un brivido. E dal braccio al collo il tragitto fu breve. La temperatura corporea di Mya ebbe un'escursione termica pari a quella di un tizzone ardente buttato nel mare artico. Il fuoco che prima aveva avvertito sulle guance sembrava aver attecchito su tutto il corpo, dal naso, alla fronte, persino le orecchie, senza trovare valvola di sfogo. Sentiva di essere giunta allo stadio di supernova, l'implosione era vicina.
E lui? Sorrideva? Solo Mya sentiva il forte desiderio di calciorotolarlo oltre la libreria, in braccio alla vecchia bibliotecaria smunta? Come a sfuggire al suo sguardo minatorio, il ragazzo si concentrò sul pavimento, forse iniziando a comprendere il valore del gesto appena compiuto. Curarsi? Le ferite si richiudevano con una velocità incredibile, la pelle ricopriva ogni cosa. Non era quello ciò di cui preoccuparsi. Si accorse che le sue mani vibravano stranamente, come smosse da un qualche impulso interno e non gestito dal suo cervello. Che le accadeva?
Era come quella volta sul treno, quando la mente aveva confuso il senso della vista e intorpidito il tatto. L'aveva portata in una dimensione che non comprendeva e dalla quale era fuggita appena in tempo. Le mani della giovane scattarono in avanti, prima che il ragazzo potesse tornare a guardarla, scoprendo quel suo lato incerto. Le dita morbide arrivarono a contatto con gli occhi di lui, i palmi premuti sugli zigomi senza fare forza. Non voleva essere guardata in quel momento, come quel pomeriggio nel giardino di Hogsmeade, in cui si era riparata dietro le fronde del ciliegio.
- Tu mi irriti Sekhmeth, davvero... - il tono si era fatto freddo, distaccato, quasi incrinato dal fastidio stesso - ...quando sei nei paraggi avverto la sensazione di non avere controllo sulla mia mente, è una condizione scomoda per me. E non mi piace sentirmi così... -
Le braccia tese di lei ristabilivano le distanze, il cerchio tornava attivo.
Non aveva voglia di discutere più di così. Quel che doveva dire, per quanto duro come messaggio, l'aveva detto.
 
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view post Posted on 30/7/2012, 19:59
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Con lo sguardo ancora verso il basso, il ragazzo cercò di togliersi dalla mente quella Mya piccola e indifesa, dalle guance rosse, ma dallo sguardo fiero, come una piccola tigre.
"Guarda cosa mi hai fatto"
Perché cavolo aveva reagito così, lui? Per quale motivo aveva osato varcare così i confini di quel Baratro, perché diavolo aveva permesso a sé stesso di compiere un gesto che andava al di là della sua concezione di Rapporti Umani, visto il suo terrore?
Horus rialzò il viso, timoroso, ma non fece in tempo neanche a scorgere l'espressione sul viso della Tassina, che il buio calò sui suoi occhi.
Per un istante, alla vista del braccio alzato, Horus aveva creduto che Mya stesse per rifilargli il più sonoro ceffone della sua vita.
Ma era una mano morbida, delicata, quella che si era poggiata sul volto del ragazzo che, di tutta risposta, non potè fare a meno di arrossire leggermente, le labbra dischiuse in segno di stupore.

*Ma...?*

- Tu mi irriti Sekhmeth, davvero ...quando sei nei paraggi avverto la sensazione di non avere controllo sulla mia mente, è una condizione scomoda per me. E non mi piace sentirmi così... -

*Guarda che è lo stesso, Lockhart*
Quanto avrebbe voluto dirlo, eppure non riusciva ad esprimersi, la gola secca.
In un certo modo, nonostante quelle parole fredde, lui era riuscito a smuovere quell'Attrice perfetta.
Nonostante la durezza delle parole, da qualche parte il ragazzo si sentì... felice? Possibile che fosse vera quella sensazione?
Di sicuro di vero c'era ancora il suo status emotivo, terribilmente nervoso; per colpa di Mya lui aveva mandato in frantumi la preziosa Maschera con cui si faceva scudo. E non era sicuro che sarebbe più riuscito ad indossarla davanti a lei.

No, Mya doveva pagarla.

Un sorriso si dipinse sul volto di Horus, un sorriso che lasciava appena scoperti i denti in un ghigno divertito.


- Ed è questo il mio compito, Lockhart. - Con gli occhi ancora coperti dalla mano della giovane, Horus rispose con una nuova consapevolezza nella mente e nella voce. Ora, forse, i suoi gesti avevano trovato un'ottima copertura.
Le mano di Horus scostò quella della ragazza, e il giovane mosse un altro passo, serio in volto.
Le braccia si allungarono ed entrambe le mani del Tassino si avvicinarono al volto della ragazza. Quando le sue dita sfiorarono la pelle delicata, il ghigno sul viso di Horus si allargò di più e gli occhi si strinsero, mentre le dita tirarono appena le guance di Mya.


- Sceeeema! -

L'espressione che poteva assumere la ragazza con le guance tirate, fu, forse, una delle soddisfazioni più grandi degli ultimi anni. Anche se finto, quelle labbra stiracchiate delineavano un sorriso; qualcosa che mai aveva visto dipingersi, spontaneamente, su quel viso troppo serio.
- Se non ci fossi io a smontarti, tu diventeresti una statua di granito e ti monteresti la testa, sicuro. - ghignò. E prima che la ragazza potesse anche solo tentare di ribellarsi, Horus lasciò andare la presa dalle guance e le rivolse un'ultima linguaccia, prima di darle le spalle e riavvicinarsi al tavolo.

Era ora di tornare alla Realtà e di riprendersi dalla caduta.


- Considerala una vendetta... - mormorò, nuovamente serio, e quasi impercettibilmente.
Sì, era un gioco, uno stupido gioco e quella era solo una misera vendetta.
Ora poteva anche finire di torturare Mya.
E di torturare se stesso.


 
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view post Posted on 30/7/2012, 22:52
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Dal momento in cui le distanze erano tornate accettabili il respiro aveva ripreso ad essere più regolare, il calore alla testa era scemato e le pulsioni omicide che l'avevano animata fino a quel momento erano quasi del tutto sparite.
Un altro piccolo accenno, cui il cerchio sembrò non badare, e si ritrovò con le dita di lui strette sulla pelle delle guance.
- Sceeeema! -
Mya si sentì davvero idiota in quella condizione, con un'espressione che non poteva vedere ma che malediceva a priori. La sua ricerca ormai era andata a farsi benedire, il disordine schiacciante del tavolo la fissava con aria di rimprovero. Dall'altro lato della libreria percepì solamente un deciso richiamo al silenzio, al che scansò con decisione le mani del ragazzo con un gesto rapido della mano destra.
Lui dal canto suo girò le spalle e tornò in direzione del tavolo, come se non avvertisse per nulla la pesantezza di tutta quella situazione. Poteva essere davvero così menefreghista?
- Ma tu ascolti mai quando qualcuno ti parla? -
Le mani si poggiarono all'indietro, sulla parete di pietra e le diedero una leggera spinta in avanti, discostandola infine da quella posizione marginale. Girò di qualche grado e si avvicinò alla mappa, cercando di riprendere il corretto contatto con la realtà. Sfiorò appena un gruppo di puntine ravvicinate tra loro, appuntando mentalmente il nome del fiume che vi scorreva nel mezzo, poi strappò un pezzo di carta con scritti diversi nomi e tornò anche lei al tavolo. L'ultimo libro che aveva avuto il piacere di studiare in completo silenzio era ancora là, aperto e affascinante, la richiamava al suo impegno. Ma c'era ancora una cosa da fare, una cosa da dire, un ultima lancia da spezzare.
- Sai, il vento di cui parlavi prima..beh, non è gentile, ne premuroso come forse ti sei convinto...io fossi in te mi toglierei da sotto il suo tiro... - ghignò divertita, mentre risollevava la mano destra e la slanciava con grazia in avanti.
Il palmo si aprì e il piccolo cartoccio che aveva strappato alla mappa volò sopra al tavolo, puntando deciso e preciso alla fronte del concasato. Colpendolo ovviamente, non era battitrice per nulla.
Dopodiché spostò nuovamente la sedia all'indietro per riprendere il suo posto, ma qualcosa sembrò catturare la sua attenzione. Inclinò la testa di lato e la pupilla per un millisecondo si allargò maggiormente, mettendo a fuoco il punto di interesse.
*Uhm...?*
 
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view post Posted on 1/8/2012, 00:04
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- Forse... - La risposta giunse fin troppo enigmatica, alle orecchie di Mya.
Ora che Horus si era finalmente deciso a voltare le spalle alla ragazza, il giovane Tassino si ritrovava a combattere nuovamente con la realtà.
Cosa fosse successo fino a pochi attimi prima, ancora non riusciva a spiegarselo; confuso, abbassò lo sguardo sulle sue mani che ora accennavano un piccolo tremore.
Aveva davvero deciso di abbandonare la sua Maschera? Aveva davvero infranto così il suo ideale di "asetticità", trovandosi in questo modo a interagire direttamente con un altro essere umano?
Horus scosse appena il capo, infastidito dalle sue stesse domande. Ormai ciò che era fatto era andato, non poteva tornare indietro. E Mya sembrava stranamente... stranamente docile?
Possibile? Il giovane alzò lo sguardo verso la ragazza che ora era intenta ad apprestarsi al tavolo.
Il rossore era sparito sulle guance e di quella strana debolezza che aveva mostrato quando gli aveva coperto gli occhi con le mani, quasi vergognandosi di essere guardata da lui, ormai non c'era più traccia. Era la solita Mya, scostante ed inafferrabile.
Scombussolato, Horus si lasciò nuovamente cadere sulla sedia... proprio mentre Mya decideva di giocare al tiro al bersaglio con la sua fronte.
Una pallina di carta colpì in pieno la fronte di Horus, eppure non fu tanto il contatto con quel materiale a sorprenderlo, quanto le parole appena pronunciate dalla ragazza.
Furono quelle che, da qualche parte dentro di sé, lo colpirono più profondamente di quella stupida palletta adibita a Bolide.
Horus rimase in silenzio per qualche secondo, indeciso se ripagare Mya con la stessa moneta o lasciar perdere.

*Lo so che sei più indisciplinata dei Monsoni. Mi credi così debole?*
Già, sapeva benissimo che il Vento non sempre era docile e tranquillo. Poteva decidere di essere piacevole come la brezza primaverile o distruttivo, come un tornado. E quello che le sue ali si apprestavano a solcare aveva ben poco l'aria di essere un tranquillo venticello stagionale.
Tuttavia gli occhi del giovane si assottigliarono e un altro sorriso si aprì sul suo volto.


- E chi ha mai detto che considero quel vento premuroso e gentile? Cos'è Lockhart, non mi credi adeguato? - sghignazzò per poi tornare nuovamente serio in volto e scrutare gli occhi di Mya.
- Te lo dimostrerò. Ti dimostrerò che le mie ali sono forti abbastanza per poter fendere quel vento. Brezza o tornado che sia, non mi farò buttare a terra. -
Era una sfida? Sì, senza alcun dubbio. Era stufo di esser considerato da lei come un marmocchio. Se lui non ascoltava ciò che gli altri dicevano, beh, anche Mya doveva esser della stessa politica. Non era bastata la perdita di controllo che lui aveva avuto, per dimostrarle che non era più lo stesso ragazzino del treno? Era cresciuto e stava crescendo, e pian piano si stava rafforzando.
Certo, senza la Maschera sarebbe stato scoperto, ma non si sarebbe lasciato abbattere.
Lui voleva volare con quel Vento, relazionarsi come solo un uccello poteva fare: alla pari. Non c'erano altre alternative.

Ad un certo punto, Mya sembrò guardare oltre lui, la testa chinata di lato e un'espressione incuriosita.

*Toh, un barbagianni*
Horus seguì il punto dove gli occhi della ragazza si erano fissati, ma, dopo aver dato un'occhiata, si limitò ad alzare un sopracciglio, non scorgendo altro che il solito disordine.
Si voltò verso di lei e la guardò nuovamente, con un immaginario punto interrogativo al posto della faccia.
C'era forse la bibliotecaria in agguato? pensò, irrigidendosi.

*Oddio, no, altrimenti i cazzotti di Mya sembreranno un meraviglioso paradiso terrestre...*

 
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view post Posted on 1/8/2012, 11:11
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Lo credeva inadeguato? Davvero?
No, tu mi sei indifferente. Voleva dirlo, sarebbe bastato anche solamente pensarlo, ma sentiva che non era la risposta giusta. E allora cos'era?
Perchè il ragazzino insisteva tanto? Mya si era mostrata fin dal principio al massimo dell'acidità, non aveva lasciato trapelare il benchè minimo accenno di sensibilità o riguardo. Dal treno, al quidditch, alla bevuta tra tassi, ogni occasione era stata ottima per denigrarlo e sminuirlo. Eppure era ancora là, come se un qualche arbitro esterno avesse stabilito una sorta di silenziosa sfida tra i due.
E più lei desiderava solo non essere avvicinata, più lui sembrava desiderare il contatto. Cosa c'era poi di tanto soddisfacente nella sua approvazione?
- Mah... -
Fu l'ironico commento poco convinto che la tassorosso si lasciò sfuggire. Anche ad Hogsmeade il ragazzino aveva pronunciato un simile intento, il volare libero, via da ogni cosa, quel desiderio tanto forte da averlo coinvolta emotivamente. Eppure credere che quelle due figure del giardino fossero proprio loro era davvero difficile. Lei così sensibile ad ogni sbalzo umorale di lui, lui fin troppo debole e pieno di contrasti interiori. Erano davvero loro? Quale era stata la vera maschera?
La testa formicolava, l'irritazione restava.
- Non puoi pentirti di simili parole lo sai? Io non me ne prenderò nessuna responsabilità, non mi compete... -
Prese un pezzo di carta tra i tanti rimasugli di pergamena e ci appuntò due scritte, poi lo richiuse in due e lo tenne tra le dita. Con la mano destra discostò la sedia al suo fianco e con non poco sforzo sollevò il librone che vi era poggiato. La copertina venne alzata e il piccolo foglietto di carta ci scivolò all'interno, adagiandosi vicino alla linguetta segnalibro.
Voleva volare, voleva dimostrare di essere in grado di tenere il suo passo? L'avrebbe accontentato. Così anche lei avrebbe avuto l'occasione per liberarsi definitivamente di quel passeggero scomodo, che diceva di viaggiare sul suo stesso vento.
- Il tuo libro Sekhmeth -
Le braccia della ragazza si stesero sul tavolo, porgendo in avanti il pesante tomo sbiadito e dal titolo illeggibile.
Appena il ragazzo avesse lasciato la stanza, la tassorosso sarebbe tornata ai suoi studi. Anche se, ogni volta che si voltava verso la mappa e il muro, il ricordo di quel che era successo le faceva pizzicare la nuca e arrossare le guance, come la più stupida delle ragazzine.
*Dannazione*


Tra due giorni, al campo di quidditch.
Ore 16:00
 
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