Il riposo del guerriero, Per Patrick

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Cuore d'inchiostro
view post Posted on 3/5/2013, 23:26





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Il quinto piano, dove si trovava l'ufficio della Preside, ospitava, oltre a numerose aule vuote e stanzette dove i giovani maghi e streghe potessero studiare in pace ed allenarsi in incantesimi e pozioni, anche il nascosto e segreto Bagno dei Prefetti, a cui solo questi e i Caposcuola avevano l'accesso, una sorta di premio ai numerosi oneri che essi dovevano assolvere per mantenere l'ordine nel castello.
La distruzione di Hogwarts, la lotta, la fuga e tutto il resto avevano stremato corpo e mente della giovane ragazza dai lunghi capelli rossi, che dopo il ritorno a casa aveva solo desiderato che tutto tornasse come prima, quando l'unico problema era finire i compiti in tempo e mantenere l'ordine tra gli scalmanati. Ora i problemi parevano insormontabili e grandi e la giovane sentiva tutta la responsabilità caderle sulle spalle.
Mokushi, il cinese che aveva salvato lei e molti altri studenti riuscendo a portarli via da quell'inferno di mostri e mangiamorte, la aveva portata a Londra, al Ministero, dove ad attenderla via era stato non suo padre, come si era aspettata, ma una delle serve.
Suo padre, a detta di Faustine, era...uscito, quella sera, senza dire dove fosse andato.
Dopo le scoperte di quel tardo pomeriggio, nell'oscuro sotterraneo...Come poteva non affacciarsi alla mente che dietro ad una di quelle maschere dorate ci fosse anche il viso di suo padre?
Suo padre era tornato a casa due giorni dopo, e Aryadne notò che aveva sulla mano sinistra una grossa cicatrice ancora arrossata. Tornò a casa molto, molto, molto arrabbiato.
Quella sera la frustò con più cattiveria del solito, tanto che, quando venne chiesto agli studenti di tornare ad Hogwarts, ella aveva ancora i tagli arrossati sulla schiena, alcuni sulle spalle.
Disse la parola d'ordine alla statua a guardia del bagno dei prefetti ed entrò dentro, dando prima un'occhiata generale per controllare che non vi fosse nessuno. Dopotutto, con i tempi che correvano a chi poteva venire in mente di sollazzarsi con un lungo e caldo bagno?
Si spogliò della divisa che lasciò su una delle panche ordinatamente piegata e aprì i numerosi rubinetti insistendo sull'acqua al profumo di violetta. Nuda come un verme, si strinse le braccia al petto tirandosi per un istante la schiena ma una fitta di dolore la costrinse a tornare in posizione normale, il viso che prendeva una rapida espressione contrita. Tenne gli occhi chiusi, mentre sentiva l'acqua scorrere, il piacevole profumo della viola nel naso, il caldo vapore le sfiorava e accaldava il viso. Li riaprì e si avvicinò alla vasca, assaporando col piede il tepore dell'acqua. Aprì anche i rubinetti che davano sapone e vide ben presto la schiuma formarsi sulla superficie dell'acqua, come tante nuvole in cielo. Il vapore aveva appannato i vetri e la sirena luminosa fatta di vetro colorato mosse la lunga coda come a salutarla.
Distolse lo sguardo da lei e andò a chiudere i rubinetti, soddisfatta dell'altezza dell'acqua. Entrò poi nella vasca, il calore dell'acqua che risaliva le nude gambe, il profumo della violetta rilassante e quieto.
Chiuse gli occhi quando l'acqua raggiunse la schiena e la fronte si aggrottò sentendo le ferite alla schiena bruciare dolorosamente. Riaprì però rapida gli occhi quando il ricordo, il flashback di quelle violente sere le tornava di fronte agli occhi in un lampo d'ira. Quella volta non se lo era meritato. No, non se lo era meritato.
Strinse i pugni e si immerse ancora di più, piegando le ginocchia per portare l'acqua proprio sopra il seno, come a coprirlo con la schiuma. Andò a posizionarsi con la schiena contro il bordo che dava le spalle alla porta, mentre il volto guardava dritto in faccia la sirena sul vetro colorato. La osservò che quieta si toccava i capelli e come in risposta lei portò i suoi davanti al petto, per metà immersi nell'acqua come sangue sull'acqua. Appoggiò il collo sul bordo arrotondato della vasca e chiuse gli occhi, rilassando la mente da tutti i problemi che le premevano sulle spalle, allontanando da sé il freddo e irato sguardo di suo padre, insoddisfatto da ciò che era avvenuto, insoddisfatto da sé stesso, insoddisfatto da lei.
 
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view post Posted on 10/5/2013, 01:04
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Camminava lentamente sfiorando con l’indice le ruvide pareti del corridoio, lasciando che esse lo guidassero mentre i suoi occhi erano impegnati a scrutare il cielo e le colline fuori dalle ampie vetrate. Respirava profondamente come se ciò potesse aiutarlo a non sentire più quell’odore di morte, dolore e solitudine. Doveva ammetterlo, si sentiva solo, forse per la prima volta, ed aveva cercato di sentirsi fortunato nell’essere ancora vivo, ma ciò non pareva bastargli. Aveva sempre criticato aspramente i romantici e i sentimentali, tutti coloro che si lasciavano crucciare da ferite, a loro detta, più profonde e dolorose di quelle che il corpo può subire. Doveva ammetterlo, era vero. Era l’insicurezza a farlo vacillare, l’impossibilità di sapere come stessero le persone a lui più care e, in quel momento, più lontane. Il suo corpo, negli ultimi giorni, si comportava proprio come un boccino: più volte aveva letto della memoria tattile di quella sferetta d’oro e allo stesso modo il suo corpo sembrava percepire le braccia di Emy attorno al suo corpo, il profumo dei suoi capelli, le lacrime nei suoi occhi. Ancora più dolorosa era la consapevolezza di amarla, il senso di colpa nell’ammettere che nel suo cuore non v’era posto solo per lei. Quanto subdolo poteva essere? Eppure doveva arrendersi all’evidenza, al pesare dei suoi pensieri, quasi ossessivamente dedicati a Paul. Non lo vedeva da giorni, da quando lo aveva scorto darsi da fare per organizzare l’evacuazione dei suoi compagni, ogni istante gli pareva di avere di nuovo davanti quegli occhi brillanti e pieni di vita, l’entusiasmo di una giovinezza che, per quel che era dato sapere al Corvonero, poteva essere stata spezzata o lasciata intatta. Quante volte da quando gli era stato permesso aveva fatto bollire quel galeone ed era passato per la stanza delle necessità trovandola vuota?tumblr_mg5flxNTZk1qg4gm4o1_500Non poteva rimanere al castello, non poteva lasciare che il tempo continuasse ad alimentare quei pensieri che tanto lo ferivano. La decisione di partire era giunta in maniera naturale ed inaspettata, la necessità di sapere chi fosse il responsabile di tale catastrofe, da dove venisse quel potere, conoscerlo e perché no cercare di farlo suo in piccola parte lo avevano ormai rapito. Arrivato d’innanzi al bagno dei prefetti, pronunciò la parola d’ordine senza nemmeno pensarci, soffermandosi con lo sguardo sulla superficie liscia del suo dito, che pareva essersi consumato contro le pietre dell’antico castello. Aveva deciso di concedersi un ultimo attimo di tranquillità e pace, per rilassare la mente e riordinare le idee, per sperare di rimuovere il macigno che premeva nella sua mente. Si sarebbe così abbandonato in un bagno bollente, quasi sfidando il clima di tensione e paura che dominavano su Hogwarts. Si sentiva quasi in colpa nel concedersi un momento di tranquillità quando molti suoi compagni ancora lottavano per la vita e molte famiglie piangevano i suoi cari. Non prestò attenzione al fatto che il bagno fosse libero o men, chi mai avrebbe avuto il tempo per lasciarsi sedurre da tale privilegio? Si fermò per alcuni istanti a contemplare la sua immagine riflessa sull’ampio specchio: sondava così i suoi lineamenti decisi ma aggraziati, le sue labbra carnose, il suo naso decorato da morbidi lentiggini, i suoi occhi grigi, così vuoti, troppo vuoti. Era tutto sbagliato, nulla sembrava essergli accaduto, il suo viso era ancora perfetto nemmeno graffiato dai rovi che avevano invece causato dolore e sofferenza a chiunque si fosse trovato con lui nel giardino. Era normale provare quella sensazione di ribrezzo? Si tolse il maglione scuro distogliendo il suo sguardo per un solo attimo e poi, senza smettere di guardarsi negli occhi, iniziò a sbottonarsi la camicia lasciandola così cadere per terra. Si liberò poi di scarpe, pantaloni e biancheria senza riporli ordinatamente come il suo solito, abbandonandoli al suolo o su una panchina di pietra. Aveva davvero importanza l’ordine, il rigore, il savoir faire? Dove lo avevano portato? Solo era e solo sarebbe rimasto. Rimase lì, in piedi senza accorgersi di non essere solo, privo di vestiti, privo di ogni emozione. Il vuoto, ormai, cominciava a riempirne la mente, il corpo, le vene, il cuore.


Edited by Patrick Swan - 10/5/2013, 02:31
 
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Cuore d'inchiostro
view post Posted on 12/5/2013, 22:16





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Il bordo della vasca sulla nuca le donava una frescura rilassante e quieta, mentre il calore dell'acqua rendeva tutto lento e mitigato. Da qualche parte, un rubinetto scorreva aperto e il vapore le annebbiava la vista. Chiuse gli occhi mentre sentiva la schiena bruciarle, ogni ferita aveva una parola da rivolgerle, un'offesa, una lacrima, un singhiozzo. Perdevano poco sangue e l'acqua piena di schiuma profumata non si sporcò, ma il sapone sulla schiena faceva urlare la sua pelle, chiedendo perdono, chiedendo pietà.
Chiuse gli occhi mentre la mente le riportava vivida alla vista il ricordo di quella sera della settimana precedente. La cantina, la solita cantina fredda, buia, umida, l'odore di stantio e chiuso le impregnava le narici, le toglieva il respiro. La casa toracica di allargava ritmicamente, il rumore più forte era quello del suo frenetico cuore. Ad ogni frustata i suoi occhi si chiudevano e le labbra si stringevano, mentre i denti solcavano quella pelle perfetta, chiedendo perdono, chiedendo pietà. Nessuna pietà per chi non ubbidisce, per chi non merita.
Ad ogni colpo sobbalzava, ma non fiatava, il respiro le si mozzava in gola, le lacrime le rigavano le gote, le dita stringevano così tanto la sbarra di ferro a cui era attaccata da far venire le nocche livide. Le frustate raggiunsero le spalle quando non riuscì a soffocare un grido basso e dolente. Doveva stare zitta, dopo tutti quegli anni non aveva ancora capito?
Scossa la testa e il ricordo sfuggì, trasportato dal leggero ed etereo vapore dell'acqua. Socchiuse gli occhi e sollevò le mani facendole uscire calde dall'acqua e portandosele al viso. Le tenui lacrime si mischiarono all'acqua calda e in quel modo si persero, i capelli in parte bagnati e in parte asciutti che coprivano parti del volto. Sollevò la schiena allontanandola dal bordo e si portò i capelli dietro la schiena con entrambe le mani, la pesante massa ormai indomabile e si voltò, appoggiando le ascelle al freddo bordo e abbandonando il resto del corpo, stancamente.
Gli occhi socchiusi intravidero una sagoma e per un istante credette che fosse una sua impressione. Un accappatoio, si disse. No aspetta, apri meglio gli occhi, gli accappatoi non hanno una muscolatura sviluppata, e nemmeno le gambe. E nemmeno la testa.
Strabuzzò rapida gli occhi sbattendo le palpebre più volte rischiarando la propria vista e si rese conto che non era sola. A pochi metri da lei, un ragazzo a torso nudo si stava specchiando, osservando la propria immagine come in contemplazione, immerso nei suoi pensieri. Gli occhi spalancati, lo osservò sbottonarsi i pantaloni e toglierseli, la sviluppata muscolatura fine e lunga mostrarsi in tutto il suo splendore, simbolo di duri allenamenti e una vita all'aria aperta. La pelle era chiara e sensibile, i capelli castano scuro in parte scompigliati rendevano selvaggia quella figura. Patrick Swan.
Dannazione. Era davvero bello.
Il panico della situazione annaspò con violenza in lei, facendole dolorosamente battere il cuore. Era nuda, dannazione, completamente nuda. Cercò per un istante un asciugamano e si rese conto che lo aveva lasciato dall'altra parte della stanza, per coprirsi avrebbe dovuto uscire e attraversare tutta la sala nuda come un verme. Tornò con lo sguardo da cerbiatto impaurito su Swan e vide i pantaloni del ragazzo accasciarsi di lato, la biancheria intima sopra quella. Era nudo, completamente nudo. Il cervello? Le esplose. Diverso, quel giovane era molto diverso da Raven, il primo ragazzo che aveva visto completamente nudo. La muscolatura di Patrick era maggiormente sviluppata, le spalle e la schiena larghe e i fianchi molto stretti, ogni muscolo era riconoscibile anche dal peggior anatomista, senza troppi problemi. Aryadne, odiava quella sensazione, smise di pensare, come se le avessero preso in prestito il cervello per darlo in pasto ai cani. Il volto le si inclinò lateralmente mentre lo sguardo indugiava su quel corpo nudo, le labbra socchiuse si inumidirono lievemente mentre il proprio corpo rimaneva immobile.
Incantevole.
Non avrebbe mai immaginato di poterlo pensare, ma trovava quel corpo incantevole.
Certo, lo aveva ritenuto sempre un bel ragazzo, niente da dire, nessuna discussione. La faccia da schiaffi, l'ironia prepotente, il cipiglio irritante, le labbra carnose...Si, caratteristiche attraenti, ma in quella situazione lo trovava...magnifico.
Il lato sinistro della bella bocca si inarcò e il sopracciglio del lato corrispondente di sollevò in uno sguardo malizioso che non osò distogliere da lui. Le venivano solo parole da scaricatore di porto del Sud, quindi si soffermò un attimo a guardarlo prima di rompere il silenzio della sala.
-Spero che ti piaccia il sapone alla violetta...- disse continuando a sorridere, incuriosita dalle reazioni che avrebbe avuto il ragazzo quando si fosse reso conto che non era solo, che era nudo e che lei, la bella rossa dagli occhi di ghiaccio, era nuda.
 
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view post Posted on 17/1/2015, 22:51
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Diede un'ultima occhiata allo specchio, al suo volto e al suo corpo riflessi, guscio puro di anima corrotta, poi il vapore che si alzava alle sue spalle appannò il vetro liscio, trasformando quei lineamenti decisi in un'ombra offuscata. Non si era accorto che i rubinetti erano aperti, il rumore dell'acqua che scorreva arrivò alle sue orecchie solo in quel momento tanto erano assordanti i suoi pensieri. Con l'udito anche l'olfatto sembrò tornare a funzionare, un leggere e delicato profumo di violette gli aprì le narici, mentre l'aria diveniva via via sempre più pesante a causa dell'alta temperatura. All'improvviso la sua mente fu colta dal dubbio: e se non fosse stato solo in quel bagno? Era entrato così di corsa e sovrappensiero da non sprecare nemmeno un istante a tal proposito. Stava per voltarsi, quando la risposta alle sue domande arrivò per opera di terzi tramite la voce maliziosa della donna che giaceva nella vasca. La sua fronte si aggrottò bruscamente e gli occhi furono strabuzzati come primo segno di sorpresa e imbarazzo. Le mani, quelle erano andate direttamente a coprire i gioielli di famiglia; complice l'alta temperatura, le gote del Caposcuola parvero prendere fuoco mentre il resto del corpo, prima irrigidito, si rilassava inconsciamente complice l'adrenalina. In fin dei conti non v'era molto che potesse fare, chiunque fosse la ragazza dietro di lui, ormai ella aveva avuto modo di ammirare il suo lato B: non che gli facesse piacere, ma almeno era lieto che non fosse accaduto di peggio. Dopo aver tirato un sospiro di sollievo il giovane volse il capo verso la vasca dietro di lui, curvano leggermente la schiena per permettere una maggiore rotazione ma senza muovere altro. Ci vollero alcuni istanti prima che potesse mettere qualcosa a fuoco dato il vapore e la posizione scomoda ma quando posò lo sguardo sul pelo dell'acqua riconobbe all'istante gli occhi della sua collega Aryadne.

«Certo che potevate avvisarmi!»

Esordì il Corvonero con un tono sarcastico.

«Dubito che un occhio vigile come il vostro si possa essere fatto fuggire una preda così visibile.»

Proseguì indicando con un cenno del capo il suo corpo sottolineando con un accento saccente l'ultima parola. Sarebbe entrato nella vasca ormai, il sapone che gli impediva di vedere le nudità della Serpeverde avrebbe fatto lo stesso col sottoscritto, non si era spogliato per poi rinunciare al suo bagno. Notando che però la ragazza non sembrava intenta a distogliere la sua attenzione allora Patrick decise che forse era il caso di prendere in mano la situazione.

«Beh, che fate? Vi girate e mi lasciate entrare nella vasca in pace o avete intenzione di lasciarmi qui nudo come un verme?»

Chiese quasi infastidito, cominciando a dubitare che la Caposcuola non disprezzasse poi tanto ciò che si trovava davanti.

 
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