»Ego., ~Privata.

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view post Posted on 20/9/2013, 19:11
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Horus R. Sekhmeth

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UqZ6FBD
Due occhi, innaturalmente freddi, lo osservavano da dietro lo specchio. Più si soffermava su quelle iridi, più il contatto con la realtà si perdeva, scivolando in una dimensione diversa dove il riflesso dello specchio era una persona reale e lui, quello vero, non era altro che un riverbero.
Il ragazzo scosse la testa, sospirando e scacciando quel pensiero, tuffando poi la testa sotto il getto d'acqua del rubinetto del lavabo per cancellare dal suo viso la stanchezza: rivoli freddi scivolavano giù fino al collo, mentre il giovane borbottava per i brividi.
Alzando poi il capo, gocciolando Horus tornò a guardarsi allo specchio, passandosi una mano sul viso umido d'acqua, seguendo i contorni dei suoi lineamenti, alzando, scettico, un sopracciglio rosso.
Una leggera barba rossa copriva soltanto la linea della mascella, facendolo sembrare appena più grande dei suoi diciassette anni di età. Mosse un passo indietro per poter osservare meglio la figura allo specchio, raddrizzando la schiena e alzando il viso, cercando di assumere un cipiglio meno malinconico e più rude.

*Ma dove diamine vado...*
"Andiamo, Horus! Sei alto e non sei più così esile. Se reciti bene la parte, puoi risultare credibile!" gli aveva detto Lysander, il proprietario della bottega Ars Arcana, dove lui lavorava, appena una settimana prima, quando se n'era uscito con quell'improbabile incarico.
« Come se questo bastasse, maledetto vecchio... » Sibilò allo specchio, la voce arrochita dal freddo.
Con un movimento pieno di stizza, diede le spalle al suo riflesso, allontanandosi e tornando nella sua stanza.

Trenta minuti dopo, una figura ammantata di nero scivolava lungo il sentiero, attraversando il grande cancello di ferro battuto, sormontato da due colonne con in cima i cinghiali alati di Hogwarts.
Horus camminava a passo lento, sfiorando con la mano la bacchetta nascosta dentro la tasca dei pantaloni, lasciando poi che le dita passassero anche sul Pugnale Normanno che teneva infilato nella cintura. Una parte di sé lo faceva sentire incredibilmente scemo per aver preso tutte quelle precauzioni: in fondo, si trattava solo di trattare con una sottospecie di mercenario. E neanche alla luce del sole.
Ma l'altra parte di sé gli ricordava un "piccolissimo" dettaglio: era un mercenario, appunto. Uno di quei tipi brutti e puzzolenti di alcol, la barba grigia sul mento ispido, magari anche con l'occhio guercio. Di quelli avidi, che pensano soltanto al denaro e che vivono senza scrupoli, buttando all'aria tombe e ville antiche, rovistando in antichi bauli e portandosi via tesori e manufatti per poi rivenderli a caro prezzo. La bocca di Horus si storse in una smorfia disgustata a quell'immagine. Dannato lui e al momento in cui aveva ceduto alle parole di Lysander. Alzò lo sguardo verso l'alto, osservando il cielo sempre più cupo: un clima sempre più invitante, perfettamente in tema con il suo compito, si disse, sbuffando ironico.
A poco a poco, giunse finalmente sulla via principale di Hogsmeade. Per essere un sabato di fine settembre, la strada era insolitamente vuota ed Horus non seppe dire se era un fattore positivo o negativo. Un Mago dall'aria frettolosa camminava rapido, scansando un paio di vecchie gobbe Streghe con due cestini al braccio, dal cui bordo uscivano due lunghe e disgustose zampette nere. Un ragazzotto discuteva animatamente con un goblin ad un angolo della strada, tenendo un incarto sospetto tra le braccia mentre, qualche metro più in là, una vecchia megera con un pezzo di stoffa viola arrotolato alla bell'e meglio in testa si guardava a destra e sinistra prima di ficcarsi in un vicoletto oscuro che, Horus l'avrebbe giurato, fino a qualche secondo prima non c'era.

*Dei del cielo, si son messi tutti d'accordo oggi?* E se non era così, constatò, probabilmente era soltanto l'idea di fare qualcosa di sospetto, che lo spingeva a soffermarsi su casi... evidentemente sospetti.
Cercando di non concentrarsi troppo su chi o cosa avesse intorno, Horus svoltò a sinistra raggiunto l'incrocio con I Tre Manici di Scopa, fermandosi poi per un istante davanti ad una vetrina per poter osservare, di nuovo ed in veste diversa rispetto a quella mattina, il suo riflesso. Questa volta, gli occhi grigi lo osservavano appena sotto l'ombra scura del cappuccio del pesante mantello. L'intero viso era in ombra, fatta eccezione per le labbra sottili ed il mento, mentre qualche ciuffo di capelli rossi sbucava ribelle fuori dal manto nero. Una figura alta, misteriosa che rendeva perfettamente l'identità di lupo solitario che Horus aveva voluto ricreare per quel ruolo, lasciandosi alle spalle l'aspetto da studente. Sorrise soddisfatto, scoprendo appena i denti in un ghigno: sì, poteva sembrare benissimo un'altra persona.
Riprese quindi il suo cammino, cercando con lo sguardo il malfamato pub che sarebbe stato il luogo dell'appuntamento. Finalmente, dopo un'altra decina di metri, appesa ad una staffa arrugginita, una consunta insegna di legno raffigurante una brutta testa di cinghiale gocciolante, denotò il punto di arrivo.
Horus si arrestò davanti la porta, allungando una mano verso la maniglia. Prese un bel respiro, chiudendo per un istante gli occhi. La prima volta che era stato alla Testa di Porco l'aveva fatta nelle vesti di Caposcuola, con l'intento di osservare la riunione di un gruppo di studenti che, infine, era sfociata in un nulla di fatto, lasciandogli un agro sapore di delusione in bocca. Ora, doveva abbandonare completamente quella veste e recitare la parte che si era costruito.

*Si va in scena.*
Il ragazzo aprì la porta cigolante e subito un'odore di chiuso e di polvere arrivò a dargli il benvenuto, solleticandogli le narici. Stoicamente, il giovane trattenne uno starnuto —che di certo non l'avrebbe fatto sembrare credibile— e si incamminò, osservando il locale e abituando gli occhi alla penombra del luogo. V'erano un paio di uomini bendati che confabulavano ad un angolo, un omone grande e grosso seduto in fondo al bancone, con davanti un'enorme boccale di un liquido fumante, ma del suo uomo, nessuna traccia. Horus si diresse dall'altro capo del bancone, sedendosi e appoggiando un braccio sul legno consunto del tavolo.
« Del Vino Elfico. » Disse con voce roca e profonda a chiunque fosse al di là del bancone, tenendo il viso basso. Fece attenzione a modulare la voce, in modo tale da assumere un accento vagamente irlandese, cercando di imitare quello degli uomini che lavoravano per suo nonno.
La voglia sull'occhio pizzicò appena, lo stomaco si strinse, forse per l'ansia, forse per l'eccitazione, forse per l'attesa.
Ma, ormai, era tardi per tornare indietro: l'atto si apriva, la recita iniziava.


«There's no art to find the mind's construction in the face



OT: NON voglio essere servito dalla cameriera Jackson. :fru:

Edited by MasterHogwarts - 28/4/2014, 14:09
 
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The Dark Soul
view post Posted on 21/9/2013, 19:02




"I viaggi misticamente simboleggiano la rinascita.
Per molti significa iniziare una nuova vita.
Per molti altri significa lasciarsi alle spalle quella che già hanno."



Hogwarts. Hogsmeade. La Testa di Porco.
Il cielo, le nuvole che vi ballavano; gli alberi, il canto dei suoi abitanti; i vicoli semibui e non; le persone spensierate.
Tutto sembrava essere come prima. Immobile. Immutato.
Neanche il tempo, sovrano del mondo, sembrava aver scalfito quel quadretto dipinto nei suoi ricordi.
Stava passeggiando, per quello si era fermata. Di colpo, o quasi, non faceva molta differenza. Qualcuno forse l'aveva anche urtata, non vi aveva fatto caso.
Immobile, al centro del vialetto. Il vento giocava con i suoi capelli scuri. Se non fosse stato per quell'attimo di dinamicità, avrebbe potuto far parte di quel disegno.
Fu in quel momento, in quel preciso istante che ebbe un tuffo al cuore. Detestava i ricordi, perchè rimanevano maledettamente uguali a ciò che era in passato. L'unica cosa tanto simile alla realtà, da legare l'uomo all'illusione della felicità.
Un tocco leggero, felpato, ed ecco il ricongiungimento con la realtà.
Lì di fronte, sette anni dopo, con un senso di malinconia.
Lasciò cadere la sigaretta a terra, consumata interamente dal vento.
Seccata, allungò un piede per schiacciare il mozzicone a terra.
Accarezzò la testa del suo gatto nero e ne accese un'altra, con inspiegabile lentezza, come se tutto servisse ad assaporare fino in fondo ogni singolo momento.
Proseguì poi lungo il sentiero e si fermò davanti al Pub.

La Testa di Porco, tutto ciò che un ragazzino vuole poter vedere.
Non perchè sia il Pub più consigliabile del mondo, probabilmente per la sola ed unica regola, che coincede con "il non poterlo fare". Non è semplice compredere tutto ciò, quando si è un ragazzino scapestrato. Ma il tutto si chiarisce con un tocco di esperienza: ciò che è proibito, è più bello.
Un tiro lungo, di sigaretta, con la stessa quasi monotona lentezza.
Espirò altrettanto lentamente, passando in rassegna il profilo dell'edificio, con i suoi occhi azzurro cielo.

Entrò nel Pub.
Il locale era semivuoto e, ai tavoli, c'era seduta la solita gente.
Generazioni di feccia. Avevano impregnato il legno del loro odore. Dei loro alcolici bevuti per routine. Delle loro risse. Dei loro segreti.
Avanzò, inspirando l'aria viziata di quel posto. Un mezzo sorriso le mutò il viso, fino a quel momento impassibile.
Era stato, negli anni, il suo rifugio preferito. Vi si recava sapendo che avrebbe potuto spendere tra quelle quattro mura, il suo tempo nel completo anonimato. Nessuno avrebbe fatto domande. Nessuno avrebbe parlato.
I suoi occhi chiari, dolcemente contornati di blu, passarono in rassegna il locale.
Era stranamente felice.
Inspiegabilmente, felice.
Runya saltò giù dalla sua spalla e la giovane si tolse il mantello. Lo adagiò in un angolo e fece il giro del bancone, passando una mano sul legno scuro.

Un omone gigante prese posto ad un angolo del bancone e, dopo aver bofonchiato qualcosa, si ritrovò davanti un enorme boccale fumante. Tutto sembrava essere in proporzione alle sue dimensioni.
Dopo di ciò prese uno straccio, forse il più lercio che avesse mai visto in vita sua, e prese a pulire alcuni boccali, senza riuscire particolarmente nel suo intento.
Fu in quel momento che, il tintinnio della porta la fece ridestare dai suoi pensieri, per poi ricacciarla con turbinosa violenza, nell'antro dei suoi ricordi.

Osservò l'uomo entrare nel Pub e non riuscì a non notare l'unica ciocca rossa che sfuggiva alla presa del mantello. Come un serpente, sentì il dolore sviscerarle le membra. Salire fino al cuore per stringerlo in una morsa.
Bastò quel nano secondo affinchè l'illusione divenisse realtà. Una verità consistente, materiale, visibile. Un paradosso esistenziale immenso, a cui non voleva credere.
Lui era morto. Fine della storia. Era passato troppo tempo per piangersi addosso e, il motivo per cui era lì, era appunto quello di dare una svolta alla sua vita.
Passò, impercettibilmente, una mano sull'anello che portava al collo, accuratamente nascosto sotto la scollatura del vestito, per poi tornare a lucidare inutilmente quello schifo di boccale, che ancora aveva in mano.

Sapeva perfettamente che la clientela non era delle migliori, ma quell'individuo, quello sì che era decisamente buffo.
Non aveva l'aria di una cattiva persona. Tuttavia, nel complesso, sembrava non essere una delle migliori compagnie.
Lasciò che i pensieri riguardo quel tizio le scivolassero addosso e, preso uno dei bicchieri, lo riempì di vino elfico.

Ecco a lei, Signore


Esordì, senza troppi convenevoli. Un mezzo sorriso, più di circostanza che altro, accompagnò le sue parole. Tutto ciò che, di consuetudine, fa una barista. Niente di più, niente di meno.
 
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view post Posted on 22/9/2013, 17:03
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Horus R. Sekhmeth

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UqZ6FBD
Il suono del tintinnio di bicchieri e bottiglie comunicò al ragazzo che il garzone si stava adoperando per fornirgli il suo ordine, recependo al volo il suo ordine senza neanche fare troppe storie per la maleducazione. E di cosa si stupiva poi? Ci mancava solo l'educazione in quel pub. Con lo sguardo fisso sul legno tarlato del bancone, Horus respirava piano, corrugando appena le sopracciglia nel cercare di avvertire i rumori, ringraziando che la Testa di Porco non fosse molto frequentata e che quindi, a parte tintinnii e borbottii, cercare di cogliere rumori esterni era relativamente facile. Ma, si chiese, così bardato come diamine avrebbe fatto a farsi notare dal suo uomo? Ma soprattutto, Lysander non aveva accennato minimamente a come diavolo era fatto l'uomo. "Lo riconoscerai." aveva detto. *Seh.*
Dall'altro lato del bancone, l'omone ruttò sonoramente e, suo malgrado, Horus gli lanciò un'occhiata disgustata, voltando appena il capo in sua direzione.
*Tutta salute, amico.* Pensò, storcendo le labbra in una smorfia. Oh, Lysander avrebbe dovuto pagare il doppio per quel lavoro, altroché., constatò. Sconsolato, sospirò mentre con un tonfo secco il boccale di Vino Elfico veniva poggiato sul tavolo, costringendo il giovane a voltarsi di nuovo, allontanando lo sguardo dall'uomo che era passato dal digerire rumorosamente ad arricciarsi soddisfatto i baffoni sporchi di schiuma.
« Ecco a lei, Signore. » Una voce gentile, una nota intonata in mezzo ad una melodia rude e distorta. Seguendo quel tono, Horus alzò appena il volto, schiudendo le labbra sorpreso, arcuando le sopracciglia. Davanti a lui, oltre il bancone, si era aspettato di vedere il solito barista scorbutico. Aveva avuto modo di vederlo solo una volta, ma non era poi così lontano dall'immaginario che aveva del mercenario. Invece, quella volta, era una fanciulla a presentarsi come barista. Un viso delicato, grandi occhi cerulei e lunghi capelli neri, un sorriso di cortesia sulle labbra rosate. Un fiore tra i rovi, si ritrovò a pensare, sorpreso di ritrovare una donna in quel covo di buzzurri.
Horus borbottò qualche secca parola di ringraziamento, sbrigandosi a chinare il capo e a distogliere fugacemente lo sguardo, concentrandosi sul boccale di vino. Il liquido rosso scuro emanava un particolare e delizioso aroma forte e leggermente fruttato, brillando appena al riflesso delle poche candele del locale ed Horus vi si perse per qualche secondo. A quell'immagine se ne sovrappose un'altra: stesso colore, scarlatto, sulle dita che scivola viscoso, caldo e denso. Distrattamente, la mano libera si mosse verso il petto all'altezza della lunga cicatrice, lì dove appena un anno prima era stato squarciato in due, sfuggendo alla Morte per un soffio. Le dita esili strinsero forte la stoffa prima che il ragazzo, sbattendo veloce le palpebre, allontanasse quel pensiero e si portasse il bicchiere alle labbra. Il vino fresco scivolò piacevole, sopperendo all'arsura, ed il ragazzo lo assaporò con calma, tendendo al contempo le orecchie per captare qualunque entrata nel locale. Ma, osservando fisso davanti a sé, i suoi occhi caddero nel loop creato dalla pulizia della fanciulla di un boccale. Con uno straccio lurido, la giovane donna si stava apprestando a pulire — o meglio, ad insudiciare— un boccale. Horus trattenne un brivido di orrore, lottando contro l'impulso di andare da lei e strapparle lo straccio urlando: "BENEDETTA DONNA, LAVALO QUELLO STRACCIO!"
Senza volerlo, Horus sbuffò divertito, chinando ancora una volta il capo e stringendo la presa sul suo bicchiere. Inevitabilmente, il ragazzo si chiese se anche quel boccale era stato "lucidato" alla stessa maniera e per un attimo soltanto rimase ad osservare la superficie del vino ondeggiare leggermente per il movimento.

*Oh beh, germi per germi, ormai.*
Con un gesto secco si portò il bicchiere alle labbra e lo bevve tutto d'un sorso. Ne aveva bisogno, in fondo.

«There's no art to find the mind's construction in the face

 
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The Dark Soul
view post Posted on 23/9/2013, 14:45




"La paura diventa paranoia.
La paranoia diventa pazzia."



Che spettacolo.
Solo in quel momento realizzò quanto adorava quel posto. E, lavorarvi, sarebbe diventato un hobby. Le quattro mura più anarchiche di tutta Hogsmeade. Nessuna regola, nemmeno quelle dettate dal buon gusto, potevano scalfire i suoi clienti. Lì, ognuno, viveva indipendentemente la sua serata, senza troppo badare agli altri.
Uno rutto sonoro interruppe i borbottii che, dopo un rapido silenzio, ripresero animati.
Nessuno sembrava aver fatto caso all'inciviltà dell'uomo seduto al bancone, eccezion fatta, dal misterioso 'tipo' incappucciato.
Chissà perchè darsi tanta pena per un rutto, quando era il male minore, lì dentro.
Si era sempre chiesta, in fondo, perchè i perfettini entrassero in posti come quello.

*Che sbruffone *
Fugace, il pensiero s'intrufolò nella sua mente.
Si voltò ad osservare i due tizi bendati, un attimo prima di agganciare gli occhi del giovane.
Quel veloce contatto visivo, le permise di osservarlo meglio, anche se per poco.
Aveva una strana voglia che, come un disegno, gli decorava l'occhio sinistro. Un attimo di curiosità si celò dietro il suo sguardo, per essere poi spento dalla particolarità di quel grigio. Era un grigio così chiaro, così quasi inumano, che non aveva mai visto nessuno con tanta freddezza nello sguardo.
Abbassò il capo, quasi contemporanemente al suo curioso cliente, riprendendo momentaneamente a strofinare il boccale. L'aria s'incupì, a causa dei sinistri pensieri che aleggiarono intorno ai due. Fu un attimo, per la verità, in cui l'atto di pulire il boccale divenne quasi spasmodica gestualità, meccanicamente effettuata per liberarsi della rabbia che, come una fulmine, le era piombata addosso.
Si bloccò di colpo, nel momento esatto in cui il ragazzino tornò ad osservarla.
Alzò il sopracciglio sinistro, stizzita. La piccola cicatrice seguì il movimento, rilucendo leggermente sotto quell'illuminazione malsana.
Eccola, la sua mente, pronta a ricostruire sequenzialmente gli avvenimenti avvenuti negli ultimi venti minuti. Smaniosa, insistente, riscostruì un quadretto perfetto nella sua testa e il viso angelico mutò, sotto l'effetto di un ghigno.
Forse aveva compreso.
Non poteva esserne sicura, ma finchè rimaneva tutto nella sua testa, non poteva esser condannata di nulla, se non di fantasticare.
Certo, non era illegale andare in giro con il cappuccio calato fin sotto il naso, ma perchè farlo se non per non esser visti? Tuttavia, quello era decisamente il modo peggiore per passare inosservati. Non che in quel Pub si badasse troppo all'aspetto delle persone, tuttavia solo ora Morgana si rendeva conto, di quanto fosse stata stupida, negli anni in cui aveva frequentato Hogwarts. Solo in quel momento le fu chiaro che, inevitabilmente, solo uno sciocco ragazzino può pensare di essere al sicuro, sotto un mantello.

Osservò lo straccio che aveva tra le mani. Faceva schifo. Quasi come quel boccale su cui non accennava a lasciare la presa.

* Dannazione *
Probabilmente era quello, il motivo della reazione del ragazzo. Cosa che non le importava minimamente, in realtà. Se non gli andava bene l'igiene del locale, poteva andare a bere da qualsiasi altra parte. Il Mondo Magico straripava di Pub ed affini.
Lanciò un'occhiata all'orologio ed, il ghigno, si trasformò in un silenzioso sorriso divertito.
Poggiò il boccale nel lavabo, e, dopo averne riempito un altro di un indefinito liquido fumante, lo sostituì con quello vuoto di fronte all'energumeno.
Posò quello vuoto nel lavabo, di fianco all'altro, ed iniziò mentalmente un conto alla rovescia.

-Ne vuole dell'altro?
Tuttavia, pur non volendo essere invadente, sentendo il suo accento, mi è parso che Lei non sia Londinese.
Nel caso in cui avesse bisogno, è possibile affittare una stanza.


Esordì gentilmente.
Non le interessava essere formale tuttavia, poteva dare un tocco di divertimento in più, se ciò a cui stava pensando si fosse concretizzato.
Attese, nella speranza che ciò che pensava potesse accadere, fosse vero. Se così fosse stato, allora sarebbe successo esattamente in quell'istante, quando, dopo un leggero tintinnio, un uomo dal passo lento varcò la soglia del locale.
Metodico, avanzava lentamente come tutte le sere.
Alla stessa ora apriva la porta di quel Pub e, con monotona lentezza raggiungeva il bancone, sedendosi sempre sullo stesso sgabello.
Quella sera, però, a poco più di un metro, c'era un ragazzo dai capelli rossi.
 
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view post Posted on 25/9/2013, 17:36
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Horus R. Sekhmeth

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Bevendo tutto d'un sorso il forte Vino Elfico, Horus sentì la gola bruciare. Era una sensazione particolare, piacevole e fastidiosa allo stesso tempo a cui ogni volta cercava di abituarsi. Non poteva dire di reggere egregiamente l'alcol, quello no: quelle poche volte in cui si era concesso più di un bicchiere se lo ricordava. Tuttavia, forse con la crescita, la capacità di sopportarlo era migliorata e poteva dire di riuscire ad esercitare ancora un certo controllo su se stesso anche con una buona dose di alcol nel sangue, rispetto a qualche anno prima in cui bastava un bicchierino di Acquaviola a metterlo KO... e a buon ragione, non era che poco più di un ragazzino. Così, senza alzare il viso verso la donna, spinse il bicchiere vuoto verso di lei, annuendo col capo in un cenno positivo alla domanda di lei.
Sì, diamine, si disse. Ne voleva un altro. Per scrollarsi via dalla testa i pensieri e le titubanze, per rinfrescare la gola arsa, per dimenticare di quante malattie si stava prendendo e per calmare l'ansia: aveva bisogno di un altro bicchiere di Vino Elfico.

« Nel caso in cui avesse bisogno, è possibile affittare una stanza. »
Horus tacque, ponderando per un'istante sulla rosa di risposte che avrebbe potuto dare alla fanciulla. Mera cortesia o abile modo per far conoscere ai clienti le specifiche del pub, poco importava: in ogni caso, la barista sembrava essere una persona accorta e se aveva saputo identificare l'accento di Horus per straniero, voleva dire che la sua recita funzionava bene. Tuttavia, una persona così attenta al prossimo, tra l'altro in un pub come la Testa di Porco poteva rivelarsi... ostico?
*Mh... o forse no?*
Lentamente, il ragazzo alzò il capo quel tanto che bastava per mostrare l'unica parte del viso scoperta e sorrise, ironico. Sotto il cappuccio gli occhi, leggermente umidi dall'alcol, studiavano il viso della ragazza. Nel momento in cui, qualche secondo prima, i loro sguardi sorpresi si erano incrociati, Horus era sicuro che lei avesse potuto scorgere una parte del suo volto. Imprecò mentalmente, relegando la preoccupazione in fondo al suo cuore: poco importava. Quanti anni avrebbe potuto avere? Venti? Non più di trenta, di quello era sicuro. Una sottile cicatrice solcava un sopracciglio nero, contrapponendosi in modo curioso al volto altrimenti perfetto. E più la guardava, celato dal cappuccio, più era sicuro di non averla mai vista prima.
« Sì? » Disse semplicemente, appoggiando il gomito sul tavolo e posando il mento sulla mano aperta, sentendo a poco a poco l'alcol fare effetto. Un piacevole calore allo stomaco quietò le dolorose contrazione per l'ansia, mentre paradossalmente la testa si faceva più libera e sgombra, lucida. Sì, si tranquillizzò, non aveva nulla da temere da quel viso angelico. Nonostante la profondità dello sguardo di lei in contrapposizione con il sorriso cortese sulle labbra rosse, nonostante l'attenzione che aveva prestato a quelle poche parole che lui aveva detto.
*Sempre meglio tenerla sott'occhio. Sono i baristi che ti fregano, Ra.*
« Siamo in Scozia, presumo sia normale non essere londinese, Milady. Ma ammetto che avete un buon orecchio, comunque. » sussurrò divertito, scoprendo i denti in un ghigno e chinando la testa. A quel movimento, un ribelle ciuffo di capelli rossi scivolò fuori dal mantello, ma il ragazzo non ci fece caso e lo lasciò lì, sulla guancia.
D'improvviso, lo stonato campanello della porta tintinnò; una fredda ventata entrò nel locale insieme al nuovo cliente. Il rumore di un tuono, in lontananza, si disperse e subito vi fece seguito lo scroscio della pioggia battente. Tintinnio ritmico e ipnotico a cui Horus, quasi con malinconia, avrebbe voluto aggrapparsi, beandosi di una buona tazza di tè e un libro. Chiusa la porta, si potevano distinguere dei passi pesanti sul parquet consunto, che scricchiolava sotto il peso del presunto uomo. Poteva udirli, nonostante il sommesso chiacchiericcio del locale, tendendo le orecchie come aveva fatto fino a quel momento. Horus mosse impercettibilmente il collo, quasi con fare annoiato, spacciandolo per un gesto d'attesa nell'esser servito, esponendo di più l'orecchio alla sorgente del rumore.
A giudicare dai passi, si trattava di un uomo, solo, e con ogni probabilità diretto al bancone. Avrebbe avuto modo di appurare con sicurezza e con più discrezione una volta che fosse giunto, così, per non attirare troppa attenzione, Horus voltò ancora il capo, cingendo con la mano libera il bicchiere. Quella situazione cominciava a diventare sempre più spinosa man a mano che le cose si susseguivano con ritmica lentezza.

« Uh, scorre lento, il tempo. » Si ritrovò a borbottare, rivolto al bicchiere vuoto, seguendo il bordo umido con un dito della mano libera.

«There's no art to find the mind's construction in the face



OT: Perdona il post, ispirazione pessima! Ne farò di migliori, promesso!
Comunque una cosa... Non penso che Morgana possa capire con precisione che Horus sia un ragazzino, almeno al momento. Forse può incrociare il suo sguardo quando lui alza il viso, tuttavia, il suo volto è ancora oscurato dal cappuccio così come le sue fattezze. Inoltre è alto più della maggior parte di suoi coetanei e ha una voce profonda, oltre che ad avere un accenno di barba sulla linea della mascella... Quindi penso che a prescindere, al momento inquadrare la sua età sia complicato... XD
 
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The Dark Soul
view post Posted on 30/9/2013, 01:29




"Ridicolo.
E' tutto dannatamente ridicolo.
Così tanto ridicolo, che mi vien quasi da ridere."



E' normale darsi tanta pena per uno sconosciuto?
Sì, succede.
Quando non hai più nessuno con cui condividere qualcosa, quando non sai cosa fare nella tua vita, proprio lì, in quel preciso istante, inizi a guardare la vita degli altri. Inizi così, per gioco. Poi la situazione ti sfugge di mano, facendoti cadere nel torpido vizio da cui non riuscirai più ad uscire.
Avrai bisogno sempre di più dettagli, e ne avrai bisogno per ogni persona che attirerà la tua attenzione.
A Morgana piaceva smaniosamente rincorrere la vita degli altri. La divertiva, stupidamente, tanto che era sempre alla dannata ricerca di quell'attimo fugace.
Tuttavia non riusciva a rendersi conto che vivere la vita degli altri, nella folle corsa verso il perfezionamento di un qualcosa che non le apparteneva, aveva fatto di lei un inetto. Invece di riempire il vuoto della solitudine, aveva creato una voragine.
Ed eccola lì, ancora una volta, stava dando da mangiare al suo attimo di follia. Incapace di trattenersi, da una parte per indole, dall'altra per cause psicologiche.
Ascoltava. Osservava. Immagazzinava. Creava. La sua mente non si fermava mai.
Miliardi di stimoli, continui, le elettrizzavano il cervello. Uno dopo l'altro, irrefrenabili, creavano una rete di notizie. Una rete di dettagli.
Ogni gesto diventava la risposta di una domanda non verbale.
Ogni dettaglio era fondamentale, sempre. Lei lo osservava, in silenzio, per poi trasformarlo in qualcosa di più grande.
Il fatto che non la guardasse. Il fatto che nascondesse il volto. Il fatto che non era in grado di mantenere lo sguardo, o che per scelta non lo facesse. Il fatto che parlasse poco e di cose futili.
Tutti chiari elementi che l'uomo di fronte a lei non voleva farsi vedere. Cercava di nascondersi ai suoi occhi e a quelli di tutti gli altri presenti. E lei lo sapeva.
A quel punto, come il veleno di un serpente, una curiosità innaturale si stava insinuando dentro di lei. Diramava nel sangue, scatenava nuove sinapsi. Ogni neurone era attento ad ogni singolo movimento. Quel ragazzo sarebbe stata la sua condanna a morte.

- Mi deve perdonare. Davo per scontato che il suo accento non fosse Scozzese,
così ho tirato ad indovinare menzionando l'unico altro accento che so riconoscere bene.


Rispose. Il tono era cambiato leggermente. Più rigido, quasi seccato, seppure velato d'ironia.
I movimenti brevi della testa. Le mani serrate attorno al bicchiere. Una frase, detta al nulla, priva di significato.
Prese la bottiglia del Vino Elfico e, dopo averla stappata, riempì il bicchiere del ragazzo lasciando circa un centimetro dal bordo. Richiuse la bottiglia e la rimise al suo posto. Forse quella sera avrebbe avuto bisogno anche lei di un goccetto.
Rivolse uno sguardo al suo nuovo cliente. Nuovo per modo di dire.
Prese due bicchieri a base quadrata, bassi e stretti. Ideali per sorseggiare un buon superalcolico.
Ne riempì uno dei due per metà, con dell'ottimo Rhum invecchiato e lo posò sul bancone, di fronte all'ultimo arrivato.
Nell'altro, invece, ne mise meno di metà bicchiere.
Dopo aver riposto la bottiglia afferrò il bicchiere con la mano sinistra e lo tirò su, di fronte al suo viso. Attese che l'uomo facesse lo stesso e, dopo un debole sorriso di entrambi, che stava ad indicare che il brindisi silenzioso era stato fatto, bevve un sorso dell'alcolico ambrato. Assaporò il gusto dolciastro e, piacevolmente, lo sentì scendere nel suo stomaco, lasciandosi dietro una scia di calore. Si inumidì appena le labbra con la lingua ed appoggiò il bicchiere quadrato dietro il bancone.
Tornò ad osservare per qualche istante il ragazzo dai capelli rossi. Una ciocca era sfuggita alla presa del mantello. Era una colore particolare, decisamente bello da vedere in contrasto con la stoffa nera. Distolse nuovamente lo sguardo, decisa ad abbandonare l'interesse nei riguardi di quello sconosciuto.
Si sarebbe maledetta, se avesse saputo che il colore dei suoi occhi era spiacevolmente mutato. A causa della pressione costante dei suoi pensieri e dell'avvento dei ricordi, erano diventati più scuri, quasi tendenti al blu. Sicuramente il ragazzo l'avrebbe potuto notare, ma al contempo non avrebbe potuto sapere il significato di quel cambiamento. Tuttavia era un problema inesistente, al momento.
*E' un vizio più grande di te. Riuscirai a smettere prima o poi..*
I suoi pensieri furono interrotti dal calare improvviso del chiacchericcio.
I due esseri bendati, buttati in un angolino del Pub, avevano finalmente concluso le loro chiacchere. Pronti per andare a concludere chissà quali trattative, probabilmente in vicoli molto più anonimi di Nocturn Alley.
Morgana colse l'occasione al volo, un attimo di distrazione da quel pensiero fisso.
Fece il giro del bancone e fu felice di avere nelle orecchie, per qualche istante, unicamente il suono dei suoi passi sul pavimento scricchiolante.
I due avevano lasciato i soldi sul tavolo e, senza guardare la giovane, si diressero goffamente verso la porta. Aprendola, fecero entrare un fredda folata di vento ed il suono tamburellante della pioggia. Inspirò l'odore di pioggia ed un sorriso le illuminò gli occhi scuri.
Prese i boccali ed i soldi e, dopo un fugace sguardo al locale malmesso, tornò dietro al bancone. Posò il vetro nel lavabo e i soldi dentro una saccoccia di pelle.
Sospirò e, senza alzare lo sguardo, si apprestò a lavare i tre boccali.


OT: quella che si deve far perdonare per il post pessimo sono io!
Tuttavia voglio chiederti scusa se ti ho dato l'impressione che Morgana abbia compreso che Horus in realtà sia un ragazzino. Voleva essere più una riflessione personale a livello di Pg. L'unica cosa che le è chiara, per ora, è che Horus si sta nascondendo nell'ombra per un motivo a lei sconosciuto.
Inoltre -cosa che potrebbe invece esserti utile- ho aggiornato la scheda Pg. Ho aggiunto alcuni dettagli che potrebbero essere utili -o forse no- ai fini della Role.


Edited by The Dark Soul - 1/10/2013, 00:04
 
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view post Posted on 11/10/2013, 18:39
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Horus R. Sekhmeth

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Quando il tempo scorre così lentamente che quasi sembra farci un dispetto, ci si aggrappa a qualunque cosa, pur di spingerlo a correre di più. E così, Horus si aggrappava, metaforicamente parlando, alla fanciulla che aveva di fronte, scoccandole ogni tanto curiose occhiate che, in fin dei conti, in altre situazioni sarebbero persino potute risultare irrispettose e fastidiose, ma che per la situazione e per il personaggio che si era creato in quella distorta opera teatrale, andavano pure bene. Annuì a malapena alle parole di lei, studiandone i gesti per qualche istante. A dispetto di ciò che la donna aveva appena affermato, tuttavia, erano i suoi occhi a incuriosire di più il ragazzo. Il bel blu scuro, così simile a quello che aveva lui e a quelli di sua madre, che contornava l'iride della fanciulla, sembrava essersi esteso, come una macchia d'olio su una superficie d'acqua limpida. E anziché rendere lo sguardo torbido, paradossalmente, lo illuminava di una nuova luce, diversa, come un ossimoro: buia. Neanche fece caso al bicchiere che veniva prontamente riempito con altro Vino Elfico. Gli occhi di Horus, seppur nascosti dal cappuccio erano puntati verso la misteriosa barista. Con un gesto meccanico si portò il bicchiere alle labbra, sorseggiando ancora l'alcol, ma seguendo i movimenti della donna, dimentico del suo compito. La seguì mentre svicolava dal bancone a recuperare il denaro di due clienti, la vide ritornare sui suoi pasti, armeggiare con qualche altra bottiglia e bicchieri e sollevò le sopracciglia in un chiaro segno di sorpresa, quando la vide brindare con il misterioso uomo che si era seduto accanto a lui. Solo in quel momento il ragazzo si rese conto di dove si trovasse e, soprattutto, del perché fosse lì. Assorbito, completamente, dal rituale lavorativo di quella fanciulla, si era lasciato trasportare a tal punto dal divenire naufrago in un mare sconosciuto e dalle acque, probabilmente, pericolose, perdendo la vista del faro.
Horus abbassò lo sguardo, apparentemente concentrato su un nodo di legno sul bancone rovinato, osservando, invece, con la coda dell'occhio, ci aveva di fianco. L'omone che beveva quello che sembrava ottimo rhum invecchiato, sembrava il classico tipaccio da manuale, ma niente di più, niente di meno, da chi aveva potuto osservare fino a quel momento alla Testa di Porco. Come sapere se era l'uomo che stava attendendo?
Ancora una volta, Horus si ritrovò a maledire il suo datore di lavoro per la scarsità di informazioni che gli aveva dato: era messo meglio quella volta quando, ad appena dodici anni, quello scriteriato di un vecchio pazzoide l'aveva spedito in un tempio sotterraneo a Luxor a ballare il limbo con fili taglienti come lame e scheletri appesi come palline di Natale. Perlomeno, allora, si disse sconsolato, sapeva che doveva raggiungere l'altare del tempio, per uscirne.
Scacciando quei pensieri, il ragazzo strinse forte la presa sul bicchiere, guardando per un istante la superficie scarlatta ondeggiare seguendo il lento e rotatorio movimento del suo polso. Un metodo, per riuscire a trovare indizi, c'era e guarda un po' se non avrebbe sfruttato anche quella curiosità che era insorta improvvisamente per il suo fine.

*O la va, o la spacca.* Pensò rassegnato, sollevando impercettibilmente le spalle e bevendo l'ennesimo, generoso sorso di Vino.
« Uh, se lo sapete riconoscere bene come accento, Milady, e confondete la parlata da perfettino di un... » Horus si lasciò sfuggire una mirata, quanto visibile, smorfia «... inglese con quella di un irlandese, beh... » Ridacchiò. « Potrei quasi ritenermi offeso. Quasi però. » Ancora una volta, il ragazzo sorrise ironico, scoprendo i denti in un ghigno. Con il mento ancora appoggiato al palmo della mano, il ragazzo alzò appena il capo, pur non scoprendosi il volto, per guardare in direzione della donna, in procinto di lavare —ebbene sì— i boccali dei due tipi.
« Mi stavo giusto chiedendo che fine avesse fatto il caro, vecchio, puzzolente barista. È un po' che non mi aggiro da queste parti, torno qui e incontro al suo posto una bella fanciulla che, però, brinda allegramente al pari di noialtri uomini. E credetemi, anche per me,» *PER TE COSA, RA.* « fa sempre un bell'effetto vedere una donna bere con tanta disinvoltura. » *Dopo Jane e Mya, non ne sarei così sicuro...* « Lavorate qui da poco, Milady? »
Chiese infine, sorseggiando un goccio di vino dal bicchiere, ormai vuoto per la metà, lottando abilmente contro gli effluvi dell'alcol e tendendo, al contempo e con innata discrezione, nervi ed orecchie verso l'uomo al suo fianco. Era ancora presto per gettare un amo, certo, ma quantomeno, si disse, era il caso di prepararlo.

«There's no art to find the mind's construction in the face

 
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The Dark Soul
view post Posted on 27/10/2013, 03:56




Sgranò gli occhi, all'affermazione del ragazzo. Aveva il volto di una persona completamente spaesata, come se fosse stata sorpresa con le mani nel sacco.
Eppure non aveva capito. Certo, non avrebbe potuto farlo.
Era difficile mettere alla prova e superare la psiche contorta della giovane Scozzese. E, fino a quel momento, esclusa la coercizione fisica, in pochi ci erano riusciti.
Tornò alla sua normale espressione, senza riuscire a non cedere alla tentazione di sorridere.
Quell'uomo non aveva preso in considerazione, da principio, che tutto quello potesse essere finalizzato a scoprire qualcosa su di lui.
*ti eri ripromessa di lasciar perdere.
Si ricordò mentalmente, acquistando consapevolezza sul fatto che non l'avrebbe mai fatto. Non ci sarebbe mai riuscita. Da quando il ragazzo aveva varcato la soglia del Locale. Da quando era sfuggita una ciocca rossa dal cappuccio. Da quando aveva preso posto al bancone e, ancora, da quando aveva incrociato il suo sguardo, tutto era iniziato nella sua testa. E, per quanto non potesse essere importante, in linea di massima, per lei lo era. E questo bastava, tanto da spendere energia ed attenzione nei suoi confronti.
Voleva solo capire quanto le sarebbe piaciuto andare avanti con quel teatrino. Detestava passare per stupida. Ma detestava anche farsi sfuggire di mano il massimo del divertimento. Il che si traduceva con un complicato ed interessante dilemma.
Avrebbe tergiversato ancora un po', giusto il tempo di sorridere ancora un paio di volte, poi avrebbe tagliato quella spiacevole quanto intrigante situazione.
Del resto, tutta quella ironica confidenza iniziava ad irritarla. Per non parlare poi del suo tono falsamente cortese, incline unicamente a prendersi gioco di lei.
*soffri anche di manie di persecuzione ora?
Sorrise, tra se e se, alzando istintivamente il sopracciglio sinistro. Era un gesto spontaneo che, il più delle volte, non riusciva a controllare. Una sorta di tic, insomma.

-Troverà il modo di perdonarmi, Signore. E se questo non avverrà, oltre che dispiacermene, non potrà fare null'altro.


Era seria? Oppure, senza farsi troppi problemi, lo stava tranquillamente prendendo in giro? Difficile dirlo, dato che aveva parlato con tanta bontà, che era difficile scorgere o comunque pensare, che dietro le sue parole si potesse celare un totale disinteresse.
Sorrise ancora, benevola, osservandolo appena, da dietro il bancone.
Finalmente qualcuno che non era troppo ubriaco per tenere testa ad una conversazione, pur essendo essa effimera. Finalmente qualcuno con un quoziente intellettivo superiore a quello di un Troll.
Tuttavia, non riteneva necessario che egli fosse interloquitore ed al contempo il centro delle sue attenzioni; o per lo meno, non era necessario darlo a vedere.
Del resto è così comune scambiare quattro parole all'interno di un Pub, senza creare, almeno apparentemente, nessun legame affettivo tra le parti.
Scoccò una breve occhiata al ragazzo. Sentiva che i pensieri, le domande e le supposizioni, iniziavano ad aggrovigliolarsi dentro la sua scatola cranica, come una matassa di fili di colori diversi. Disordinati e caotici, aprivano davanti ai suoi occhi una possibilità infinita di risposte.
Chiuse l'acqua, mise i boccali a testa in giù, in modo che potessero scolare l'acqua e si asciugò le mani con un canovaccio.
Percorse con lo sguardo il profilo del Pub, vedendone ogni sfaccettatura e poi posò gli occhi scuri sull'uomo che aveva di fronte.
Sembrava quasi che, solo in quel preciso istante, ne riconoscesse la presenza fisica. Come se solo a partire da quel momento si fosse resa conto di lui e, le parole uscite dalle sue labbra, fossero approdate nella sua mente e avessero preso una forma ed un significato.

-Non ne vedo il motivo. Stupirsi o meravigliarsi, per una cosa così effimera


Esordì. Aveva lasciato da parte la cortesia, non ce n'era più bisogno ormai. Il tono, pacato, non ammetteva tuttavia repliche. Non era una frase detta a caso ma, ad ogni modo, non lasciava trapelare nient'altro che, una donna qualunque della sua età, potesse pensare.
Mosse qualche passo verso destra, avvicinandosi lentamente alla finestrella consunta e buttò lo sguardo fuori, al lontano e monotono orrizzonte. La pioggia tamburellava con ritmica cadenza sulle tegole, creando un piacevole sottofondo, mentre l'oscurità scendeva per abbracciare gli edifici. Lontano, nel cielo, piccoli puntini luminosi, trapuntavano quell'immensa distesa ormai scura.

-Non saprei dirle molto del mio predecessore, sinceramente. Ma posso dirle che sono qui da abbastanza tempo, per sapere come vanno le cose da queste parti.


Allungò la mano verso il bicchiere quadrato e lo afferrò. Con inspiegabile eleganza, come se fosse seduta ad un nobile tavolo piuttosto che in un lurido Pub, lo portò alle labbra rosse, lo inclinò e assaporò un altro delicato sorso dell'alcolico ambrato. Fece schioccare silenziosamente la lingua, posò nuovamente il bicchiere e rivolse lo sguardo alla sua sinistra. Si ritrovò ad osservare due grandi occhi gialli, spaccati in due da una mezzaluna nera. Sorrise, inspiegabilmente al vuoto e si diede un leggero colpetto sulla coscia.
Un attimo dopo, Runya, la sua bellissima gatta, aveva preso comodamente posto sulla sua spalla. Le accarezzò dolcemente la testolina, un attimo di prima di rivolgersi nuovamente al ragazzo.

-Lei invece? Cosa la spinge in posti poco raccomandabili come questo?


Non si aspettava che le rispondesse e, scavando nel profondo dei suoi sentimenti, probabilmente nemmeno le importava. Tuttavia, almeno a livello cosciente, era così attratta da quello strano personaggio che sperava in una risposta, per quanto fosse convinta che sarebbe coincisa con una bugia.

OT: scusami per l'infinito ritardo.
 
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7 replies since 20/9/2013, 19:11   257 views
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