Whole World is Watching, » Chris Alide Lovecraft «

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view post Posted on 5/2/2014, 01:39
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~ Continua da: There is nothing to save from what I've become.



Horus R. Sekhmeth

~
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Nessuna parola andò a sostituirsi al silenzio che scese nel corridoio una volta riappacificati i due litiganti, nessun rumore al di fuori dei passi degli stivali di Horus che camminava lento, con Chris trotterellante al fianco.
La mente del Tassino, d'altro canto, era troppo occupata e non faceva altro che sovrapporre immagini, indizi e parole finché non si delineò un puzzle dove tutti i tasselli sembravano appartenere al medesimo disegno, ma i cui pezzi erano ancora troppo scollegati tra loro, come se ne mancasse solo uno a unirli, il più importante che, tuttavia, il Caposcuola non riusciva a recuperare in alcun modo.
Fu per poterlo afferrare e appagare più la sua curiosità personale che per mettere davvero la parola "fine" a quella storia, che Horus aveva deciso di trattenere il Serpino ancora per qualche istante, conducendolo con sé. Gli occhi del ragazzo, i continuarono a scorrere le varie porte, tra aule e sgabuzzini, finché non incontrarono quella familiare in legno massello su cui una targhetta in oro recitava: "Ufficio dei Caposcuola". Horus aprì la maniglia, voltandosi giusto per controllare che Chris lo stesse ancora seguendo e spalancò l'uscio, facendo entrare prima il fanciullo per poi entrare lui stesso e richiudersi piano la porta alle spalle. La stanza non era molto ampia e Incantata affinché ogni volta che un Caposcuola diverso aprisse la porta, si ritrovasse all'interno del proprio Ufficio, come quattro luoghi nascosti dietro la medesima porta. Una lunga finestra illuminava il locale di una luce aranciata, segno che il Sole aveva cominciato oramai a tramontare, incendiando i mobili all'interno dell'Ufficio.

« Accomodati. » Invitò Horus il ragazzino, accompagnando la voce con un gesto della mano indicante una delle due poltrone poste davanti alla scrivania dietro la quale lo stendardo di Tassorosso era appeso alla parete. Seguendo il Serpeverde con lo sguardo, Horus attese che egli si sedesse, concentrandosi sulle sue movenze e studiando ogni minimo tentennamento. Raggiunse poi anch'egli la scrivania, ma anziché sedersi dietro di essa, vi si appoggiò soltanto, ponendosi frontalmente al fanciullo. Su quella grande poltrona, Chris sembrava ancora più piccino, quasi una bambolina di porcellana adagiata con delicatezza. Quell'immagine, ancora una volta tuttavia, cozzò con la divisa che egli portava, a dispetto del suo femmineo aspetto ed Horus la cacciò ostinatamente dalla testa.
Prima di parlare, il Tassino attese qualche istante che occupò studiando ancora la figura di Chris, come se fino a quel momento non l'avesse mai visto prima d'ora.
Chris aveva pianto, ma nessuna lacrima, né rossore, avevano riempito i suoi occhi quando aveva rivolto sguardi d'odio a Melody;
Chris aveva paura di Melody, tanto da stringersi vicino ad uno sconosciuto come Horus, ma non si era disdegnato dal lanciarle più volte frecciatine, con tanto di sonetto finale, dimostrando un astio che andava ben oltre il timore.
Chris era stato ferito da Melody, ma la Corvonero possedeva unghie così corte da non poter strappare via carne alcuna.
Il Caposcuola corrugò le sopracciglia, rimuginando, portandosi una mano sulle labbra e appoggiandosi meglio al mordo della scrivania, ingombra di pergamene e scartoffie varie.
E poi, si disse il giovane, non andava dimenticata quella strana roba sulle dita che aveva portato via dal viso di Chris quando l'aveva sfiorato, come pittura fresca rimossa da una tela altrimenti immacolata. Le pallide iridi del ragazzo si posarono su quelle azzurrine del fanciullo, incorniciate da lunghe ciglia bionde, così in contrasto con i capelli castani.
Tutto di Chris sembrava urlare una fragile anormalità che stonava e al tempo stesso risuonava melodica, quasi disperata, all'interno di un motivetto conosciuto, quasi a volersi far notare, eleggendo quella banalità in qualcosa di più particolare, unico.

« So che sei stato tu. » Esordì infine, incrociando le braccia e mantenendo lo sguardo fisso sul giovane.
« Intendo, a ferirti. So che sei stato tu, Chris. Melody non poteva averlo fatto, era troppo sconvolta, tanto da non riuscire ad articolare, talvolta, gli avvenimenti durante il suo racconto, come se neanche lei stessa potesse spiegarsi cosa fosse accaduto. » Concluse con tranquillità. Per quanto la situazione sembrasse assurda, Horus non si sentiva irato con il Serpeverde, né tantomeno si sentiva preso in giro da lui. Da una parte comprendeva la necessità di mentire; chi mai avrebbe detto con tanto candore: "Mi sono ferito da solo per incolpare 'sta qui?"
*Nessuno.*
Ciò che tuttavia gli sfuggiva era un'altra cosa, una domanda che premeva sulle sue labbra, desiderosa di uscire e che solo in quel momento poteva infine trovare uno sfogo, ora che erano soli.
« Perché? Perché ti sei ferito da solo? Fino a questo punto solo per poter colpire Melody che aveva avuto l'ardire di porre un'ipotesi sulla tua bisnonna? » *E sebbene poi abbia sbarellato di brutto anche lei, eh* Il tono usato da Horus assunse una punta di incredulità nella domanda finale, forse pronunciata con fin troppa innocente sorpresa, assolutamente fuori luogo da parte di un Caposcuola, una figura che avrebbe dovuto punire un atteggiamento come quello di Chris, o quantomeno avrebbe dovuto assumere un tono di rimprovero, senza lasciarsi andare a certe manifestazioni, per quanto curiose.
Horus, invece, non aggiunse altro, trovando impossibile distogliere la propria attenzione da Lovecraft.

*Fino a quanto può spingersi un ragazzino così piccolo e all'apparenza così fragile? Fino a che punto menti, Chris Alide?*

« The whole world is watching when you rise. Your whole life is flashing before your eyes. It's all in this moment that changes all



Edited by Ârwen - 7/4/2016, 15:17
 
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Gothique
view post Posted on 6/2/2014, 17:37




Che si fosse tradita se ne rese conto solo dopo aver cantato quella canzoncina. Chrisalide strinse i pugni dandosi della stupida, fissando il caposcuola dirle di seguirlo. Eh, altro che discutere su Howard, ora probabilmente lui l'avrebbe conciata per le feste. Si incamminò dietro di lui, annuendo senza fare nemmeno un rumore, obbediente e pronta ad eseguire gli ordini come al solito. I mattoni si susseguivano ai due lati del corridoio, i ritratti e dipinti ospitati sulle mura la guardavan seguire Horus, chi la salutava, chi la benediva, chi sospirava "povero ragazzino" , chi invece pareva felice che un serpeverde finisse nei guai. Non le importava più di tanto, o almeno Chris, non pareva tanto preoccupato dall'esser nei guai.
Chrisalide, dall'altro lato avvertiva un leggero affanno, come se l'ansia l'aspettasse dietro ogni angolo. Le bende premevano, ecco cosa era.

I was looking for a breath of a life
For a little touch of heavenly light
But all the choirs in my head sang no .

I sentimenti continuavano ad accavallarsi e sebbene reggesse un'espressione impassibile sentiva un'oppressione sul petto, che la mano destra tentava di andare ad alleviare, in uno e più tentativi di allargare le fasce che le costringevano il petto cercando al contempo, di non attirare l'attenzione su di sè .
Quando finalmente si fermarono, erano dinanzi all'ufficio dei caposcuola, la serpina arricciò appena le labbra, mentre Ra si voltava verso di lei e le faceva segno di entrare. Lui le disse di accomodarsi e Chrisalide non se lo fece dire due volte, avanzò verso le poltrone che fronteggiavano la scrivania , scegliendo quella di sinistra, sedendosi e rendendosi conto che era talmente piccola che i suoi piedi non toccavano il pavimento. Il suo volto si adombrò per un istante, brevi flashback nella mente, immagini che si susseguivano, suo padre a sbraitarle contro di assumere una postura dritta, austera, maschile. E lei che voleva solo tornare ai suoi peluches nella propria stanza...
Scosse appena il capo per cacciare via quei pensieri, mentre il dito medio e indice della mano sinistra cercavano di pizzicare le bende e tirarle un po' in avanti per darle l'agio di respirare meglio.

And the fever began to spread
From my heart down to my legs
But the room is so quiet...

Sollevò lo sguardo sul caposcuola che ora aggirava la scrivania, sovrastandola con la sua figura alta e slanciata, per un momento si sentì intimorita, e lo fissò con occhi ridotti a due fessure, sapeva cosa egli stesse per dire e quando Ra finalmente espose la propria tesi, Chrisalide non poté fare a meno di chiudere gli occhi del tutto e coprirli con la mano destra.
Colpita e affondata.
Che fare a quel punto? Chris le diceva di ammettere il proprio errore, assumersi le proprie responsabilità e dimostrarsi maturi. Chrisalide si sarebbe volentieri gettata ai piedi di Horus, in ginocchio, chiedendo perdono ed implorandolo di non dirlo a suo padre.
Emise un sospiro sofferto mentre la mano tornava sul bracciolo della poltrona.


« Ho cantato troppo presto immagino...»

Cercò di sorridere per smorzare la tensione che sentiva su di sè.

« Mi spiace, ho perso il controllo della situazione, lo ammetto.»

Il tono di voce era sincero, così come i suoi limpidi occhi.

« Ho decisamente esagerato, me ne rammarico, non so cosa stessi cercando di ottenere graffiandomi la guancia.»

Un altro sospiro.

« Sono desolato sir, non avrei dovuto reagire a tal modo, ma non negherò che l'ottusagine della Jackson mi ha totalmente costretto a perder il senno. Probabilmente ho fatto rivoltar mio nonno nella tomba con il mio infantile atteggiamento. Ne sono pienamente responsabile e accetterò qualsiasi punizione lei voglia darmi... »

Stava andando bene, aveva il controllo sui propri sentimenti, ma non poté far a meno di aggiungere: « La pregherei però di non far parola a mio padre... Lui...Mh, lui non sarebbe tollerante in materia... »

Deglutì impercettibilmente al solo pensiero, andando a passare la mano sul braccio sinistro come a nascondere mentalmente il segno dell'ultimo livido lasciatole dal caro genitore.
Maxwell Lovecraft credeva profondamente nelle punizioni corporali.

It's a harder way and it's come to claim her, and I always say, we should be together.
And I can see below, 'cause there's something in here: and if you are gone, I will not belong here.

In quel momento, Chrisalide desiderò essere libera come mai prima d'ora,oppressa da un padre violento e psicotico, che le aveva causato una scissione della propria personalità. Chrisalide voleva le ali, ma Chris ne reggeva le catene. Chrisalide voleva sbocciare, ma Chris allontanava la luce. Se Chrisalide fosse uscita fuori, Chris non sarebbe più esistito.
 
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view post Posted on 17/2/2014, 00:57
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Horus R. Sekhmeth

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Semmai Horus avesse avuto dubbi sulla sua ipotesi, le parole di Chris bastarono per farli svanire come neve al sole. Al gioco di parole del Serpino, Horus sorrise divertito, alzando un sopracciglio, divertito.
*"Cantato" è la parola giusta.*
Rimase tuttavia in silenzio, incuriosito dalla spiegazione del giovane; l'accenno di sorriso sparì poco dopo mentre questa giungeva, confusa e decisamente meno allettante di quanto Horus stesso aveva fiutato inizialmente. Il Caposcuola scrutò il volto del ragazzino, studiandone le espressioni, sentendo i sospiri che scivolavano via da quelle labbra rosee, in ripetizione, come se ammettere il suo gesto gli costasse evidentemente molta fatica. Se da una parte il Tassino era convinto che Chris fosse sincero, che quello fosse soltanto un gesto insano per mettere in cattiva luce Jackson, dall'altra il tarlo che qualcosa non quadrasse lo rodeva. Insomma, quel ragazzino aveva o non aveva appena mentito ad arte? Quel suo fare dispiaciuto poteva esser benissimo un'altra balla, magari per ingraziarsi un rapido perdono e potersela svignare da lì. E poi, c'era quell'ingiusto senso di insoddisfazione che Horus sentiva premergli in gola: era davvero tutto lì?
« Ahimé, non posso dire di aver conosciuto tuo nonno, ma temo che in ogni caso avrebbe avuto da ridire, a prescindere. Un gentiluomo non dovrebbe mai giungere a questi livelli, per quanto insensibile sia il suo interlocutore. Ed è assurdo arrivare a ferirsi da soli, per incolpare l'altro, abbassandosi così al livello di chi mal sopportiamo. » Dichiarò, passandosi una mano tra i capelli con fare distratto. Il Caposcuola tacque, in attesa di altre parole, ma a quanto pare il discorso era finito. Tuttavia, mentre Horus fu lì lì per riprendere la parola, ricacciando indietro la meschina delusione, la voce di Chris lo interruppe e il ragazzino aggiunse una richiesta —o quasi una supplica, notò Horus— che il Tassorosso non si era aspettato. Horus piegò il capo di lato, aggrottando le sopracciglia e guardando il piccoletto stringersi in una morsa il braccio, con un'aria sofferta.
*Perché diamine dovrei dirlo a tuo padre?* Decisamente, non ci voleva un genio per capire come stavano le cose, soprattutto dopo quell'ultima affermazioni: era evidente che il ragazzino avesse disturbi vari a causa di un padre troppo severo, situazione complicata a casa, "non fare quello", "mo t'accoppo" e via discorrendo. Chris Alide Lovecraft si stava rivelando facile da "leggere" proprio come i libri scritti da suo nonno, di cui Horus conosceva a memoria ormai ogni pagina. Eppure, c'era ancora qualcosa che non quadrava, come se mancasse sempre quel dannatissimo tassello che, frugando tra i mille altri, proprio non riusciva a trovare.
« Non preoccuparti, Chris... » Esordì, scrollando le spalle. « Non ho intenzione di punirti ulteriormente. » Al pronunciare quelle parole, la spilla appuntata sul petto sembrò pesare incommensurabilmente troppo rispetto alla realtà fisica. Era sbagliato non punirlo? No, convenne Horus: Chris e Melody erano stati punti entrambi per il chiasso e fine della storia. Era stato ingiusto? Niente affatto, si rispose, era stato fin troppo clemente, piuttosto. Se Gazza avesse saputo che marasma avevano tirato giù, si sarebbe alleato con la Bibliotecaria e avrebbe dato vita ad un'Inquisizione investendo di sputacchi i due studenti con la sola scusa del "avete fatto chiasso, luridi sorci, ai miei tempi vi si appendeva per gli alluci!"
« Tuttavia... » Le iridi del ragazzo saettarono verso la guancia di Chris, osservando ancora il leggero contrasto tra la carne viva del graffio, lo strano candore attorno e il resto dell'incarnato, più scuro. Horus si morse un labbro, stringendo le dita attorno alla stoffa del cardigan, indispettito. Qualcosa gli diceva che la chiave di tutto era quella differenza di colore e di quel fondotinta che aveva trovato sulle sue dita, ma come esordire senza risultare ambiguo? Ormai era più per una mera crociata personale, più per curiosità, che per scrupolo verso Chris. E del resto, sarebbe stato anche giustificato, il Serpeverde, a indispettirsi se Horus gli avesse chiesto: "Scusa, ti trucchi?"
*Ma poi che diamine me ne frega a me, accidenti. Ognuno può fare quello che vuole.*
Horus sospirò, alzando per un istante lo sguardo verso il soffitto, esausto da tutto quel ragionarci su. Era come un cozzare di elementi contrastanti, menefreghismo e curiosità, educazione e maleducazione. A lungo andare, pensò il Tassino, si sarebbe creato un buco nero e l'avrebbe risucchiato, ecco qual era la vera risposta e lui non ne avrebbe cavato un bel niente. *O forse sì. La valanga di compiti che non sto facendo e che mi ritroverò stasera.* Con una piccola spinta, Horus si allontanò dalla scrivania, avvicinandosi di un passo alla poltrona dove Chris era seduto e vi si inginocchiò innanzi.
« Piuttosto, vediamo di rimediare al danno che ti sei combinato... » <i>Borbottò, estraendo la bacchetta dalla tasca con la sinistra e allungando la destra verso il viso di Chris. Con un movimento brusco e al contempo paradossalmente delicato, Horus voltò il viso del fanciullo, osservando con occhio critico il piccolo solco.
« Uhm... » Una volta puntata la bacchetta verso il graffio, Horus effettuò con il polso una fluida rotazione semicircolare, partendo dal basso e terminando verso l'alto, in senso orario. Con un piccolo movimento secco simile ad una sorta di stoccata, puntò la bacchetta nuovamente sulla ferita, stando ben attento a evitare di sfiorarla.
*Medéor Vulneràtio* Pensò al contempo durante l'esecuzione. Pochi attimi dopo un piccolo bagliore dorato illuminò il graffio e quando la luce svanì, della ferita non rimaneva che un chiaro alone che spiccava leggermente sullo strato del fondotinta.
« Là. » Disse infilando nuovamente la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni. Alzò poi gli occhi verso Chris, provando ad accennare un sorriso.
« Così tuo padre non saprà niente di tutto ciò. Io di certo non ho motivo di dirglielo e non vedo perché dovrei farlo. Ad Hogwarts non avvertiamo certo i genitori per qualche bisticcio tra primini. » Scherzò, socchiudendo appena lo sguardo posato sul giovane.
*Vediamo se abbocchi.

«It's too late: you're fading away.»

 
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Gothique
view post Posted on 5/3/2014, 16:39




Chrisalide era rimasta a fissare il terreno per un po' dopo aver chiesto ad Horus di non parlare a suo padre. Si sentiva confusa, solitamente Chris non aveva problemi a mentire e reggere il gioco, come mai, dunque, era crollata come un castello di carte davanti al caposcuola tassorosso? Non riusciva a capacitarsene, la sua faccia tosta si era lasciata riconoscere per falsa, e non solo! Lei stessa aveva chiesto scusa e vuotato il sacco davanti al ragazzo. Assurdo. Non era mai capitato prima d'ora. Cosa diamine le era stato fatto? Era quello l'effetto che Ra le faceva? Aveva fatto uscire fuori la delicatezza femminile che pensava di non avere affatto perché seppellita da Maxwell quando aveva quattro anni? Assurdo.
Chrisalide sollevò di poco il viso, le iridi indaco a cercare gli occhi grigi di lui ascoltando la sua voce soave e calma rassicurarla che non avrebbe fatto parola con nessun altro. Lei annuì appena, sospirando subito dopo, sollevata. Si perse una volta di più nei propri pensieri però, le mani posate sulle ginocchia, per la prima volta quei panni la infastidivano e sentiva la tintura per capelli stranamente scomoda che le dava prurito. Suggestione? Forse.
La mano destra andò dietro al collo, massaggiando il principio della nuca ad occhi chiusi per qualche secondo per poi andare a sbottonare un paio di bottoni della camicia, le bende erano diventate improvvisamente insopportabili, e lei non si rese conto che Horus ora avrebbe potuto notar la fasciatura sul suo petto. Aveva sbottonato un po' troppo. Quando riaprì gli occhi non aveva seguito il discorso e non sapeva come e perché Horus era inginocchiato davanti a lei, guardandola dritto negli occhi e muovendo ora la mano con fare veloce a prenderle il viso.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

*Se mai un giorno dovessi morire voglio morire così.*

Essendo albina, il suo rossore sulle guance è sempre stato difficile da nascondere anche se con fondotinta a coprirlo. Un rosso quasi inusuale si impossessò di quelle guance candide, contrastando con il colore del fondotinta, facendolo apparire non naturale. Specialmente quando anche mento e fronte divennero rosse, cosa non propriamente comune. Costrinse se stessa a guardare per terra, terrorizzata dal fatto che lui fosse così vicino; spaventata a tal punto che le sue mani tremavano così tanto da far scivolare per terra l'anello degli Hyde, che atterrò ai piedi del tassorosso ancora inginocchiato.
Nel momento in cui lui le guarì la guancia, lei fissò gli occhi del tassorosso, con un'immensa tristezza. Di sicuro non per l'anello ma per tutto quello che doveva nascondere e portare dentro; la soppressione del desiderio di essere se stessa, era diventato incredibilmente pesante.
Non sapeva cosa dire, nè tantomeno cosa fare, non poteva raggiungere l'anello o avrebbe avuto maggiore contatto con lui. Sussurrò qualcosa, in completo imbarazzo.



«Mi...mi spiace... »


Novità del giorno, adesso balbettava pure.
L'unica cosa certa era che avrebbe dato via tutta la sua eredità pur di poter terminar quella sceneggiata e scoprire cosa volesse dire essere una ragazza ed esser libera di essere se stessa.
 
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view post Posted on 11/3/2014, 11:48
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Di nuovo una consegna da parte del caporedattore della Gazzetta del Profeta, sempre da recapitare ad Hogwarts. Ormai conosceva quel luogo quasi quanto l’Ufficio Postale e la Redazione, passava più tempo a portare posta lì che da qualsiasi altra parte. Ma se la volta precedente, la consegna era stata per un professore (anzi, una professoressa), e si era rivelata relativamente semplice, stavolta l’interessato era uno studente. E non uno studente qualsiasi, ma il Caposcuola Tassorosso, attuale viceredattore dello stesso giornale di cui stava proprio in quel momento, per ricevere una copia. Se il gufo fosse stato umano si sarebbe chiesto perché, dato che passava alla Redazione la maggior parte del suo tempo, Horus non avesse potuto prenderne direttamente una copia da lì, senza costringerlo ad un’ulteriore consegna. Ma il gufo era, per definizione, un animale, un volatile, impossibilitato a produrre pensieri così articolati, addestrato ad eseguire gli ordini. Per cui si trovava di nuovo in volo verso Hogwarts, la Gazzetta tra gli artigli, il borsellino attaccato alla zampa. Non ci mise molto a individuare il castello. Più difficile fu trovare il destinatario della copia. Alla fine, da una finestra del quarto piano, fece capolino inconfondibile chioma rossa e il gufo sfrecciò dentro l’ufficio dei Caposcuola, lasciando sopra la scrivania del tasso, la copia della Gazzetta.

Articolo per Horus Ra Sekhmeth.

Un trionfo atteso: Grifondoro vince la Coppa delle Case dopo anni
Per quanto la sconfitta bruci, proverò a scrivere questo articolo nel modo più obiettivo possibile...Grifondoro si porta nuovamente, dopo anni di assenza, in cima al gradino più alto del podio, lasciando tutti basiti.
Ripercorrendo velocemente la storia delle ultime edizioni della Coppa delle Case si può notare un’indiscutibile inversione di rotta, era ben undici edizioni che i rosso-oro, pur a volte andandoci così vicini, quasi da sfiorarla, si lasciavano sfuggire il tanto ambito premio, undici edizioni che hanno sempre visto come protagonisti indiscussi Corvonero e Tassorosso che, questa volta, sono precipitati in fondo alla classifica.
Secondi classificati i Serpeverde, anche loro mancano la vittoria da un tempo quasi indicibile, ben quindici edizioni ahimè, mi auguro che si rimettano presto in corsa, ovviamente sono di parte, ma devo dire che per un attimo quest’anno c’avevamo creduto, mollando poi la presa nel momento in cui c’era da stringere i denti.
Terzi classificati i Tassorosso, ex campioni in carica, quest’anno hanno faticato a tenere il passo pur dimostrandosi comunque combattivi e poco inclini a cedere il secondo posto ai colleghi verde-argento, anche se...i loro sforzi sono risultati vani.
Ultimi classificati i Corvonero, per loro deve essere stata una tremenda sconfitta, infatti non vedevano il gradino più basso da ben tredici edizioni, chissà, forse questo li porterà a cercare una rivincita per mantenere alto il loro onore e non recar vergogna alla fondatrice.
Questo stravolgimento della classifica può dunque far ben sperare che la competizione nei prossimi anni sia più accesa che in passato, ai rosso-oro il merito di aver spezzato la monotonia, vedremo cosa ci riserva il futuro.
Per quanto mi piacerebbe dire che questa vittoria è stata rubata, purtroppo mi tocca ammettere che i Grifondoro se la sono meritata, non solo per i loro eccellenti risultati in ambito scolastico, quelli si possono constatare dal punteggio da loro ottenuto, ma soprattutto perché sono riusciti ad ottenerli malgrado qualche falla all’interno della loro organizzazione, sappiamo che nel corso di questa edizione c’è stato un cambio della guardia per quanto riguarda i prefetti, avvenimento che può non sempre portare un immediato miglioramento, inoltre siamo a conoscenza della latitanza del caposcuola, attualmente impegnato nei GUFO, approfitto, anzi, per fargli un “imbocca al lupo”, in questo modo il compito di mantenere vivo l’interesse degli studenti è gravato in particolar modo sulla figura del giovane prefetto Zoey Lesnicky che si è dimostrata all’altezza della spilla che indossa.
Per quanto mi riguarda vorrei spezzare una lancia in favore dei verde-argento che si sono visti rivoluzionare completamente lo staff di casata, nuovi prefetti, nuovo caposcuola, nuovo capocasa che hanno fatto il possibile per risollevare le sorti della loro casata, da un pezzo abbandonata a se stessa.
Anche i Corvonero hanno avuto qualche cambio della guardia, speriamo in meglio, nuovo prefetto e nuova capocasa, riusciranno a ribaltare le sorti nella prossima Coppa delle Case?
Unici usciti quasi illesi da questa rivoluzione dello staff sono i Tassorosso che, eccezion fatta per il capocasa, mantengono la loro stabilità, anche se forse una leggera scossa non farebbe male.
A questo punto, dopo questo quadro generale della situazione, direi che le congratulazioni ai vincitori sono d’obbligo,
i miei complimenti a Grifondoro,
anche se, per ovvi motivi non gli augurerò di vincere la prossima edizione.
Credo che tutti i rosso-oro possano ritenersi orgogliosi dei risultati raggiunti, ma forse è il caso di cedere la parola a chi in prima persona ha vissuto questa vittoria e può ora gioirne, incrociando per i corridoi il prefetto Zoey Lesnicky qualche giorno fa, ho pensato di rubarle qualche parola in proposito "Siamo molto soddisfatti di questa vittoria, soprattutto perché Grifondoro non vinceva la Coppa delle Case da molto, troppo tempo; senza dubbio adesso siamo ancora più motivati di prima, e continueremo sulla strada intrapresa, cercando di fare sempre meglio." la soddisfazione nei suoi occhi era ben leggibile e la determinazione delle sue parole mi lascia intuire che non saranno propensi a cedere il titolo troppo facilmente, sono finalmente tornati in gara e non si lasceranno mettere in panchina senza lottare.
Ma la soddisfazione non è solo degli studenti, la stessa Preside Bennet, nonchè capocasa Grifondoro afferma “La Preside è orgogliosa della Casata Grifondoro. Dopo anni di attesa, finalmente è giunta meritata ricompensa per tutti gli studenti Rosso-Oro che sempre si sono impegnati per portare alla gloria la Casata.” non sono riuscita ad estorcerle di più, il tempo era poco, giusto pochi minuti al termine della lezione, inoltre come tutti sappiamo la Bennet cerca di mantenersi il più imparziale possibile, ma sicuramente lei meglio di tutti conosce le potenzialità dei suoi studenti e finalmente può gioire costatando che queste sono ora emerse portando i loro frutti.
Un in bocca al lupo a tutti gli studenti e che vinca la casata migliore.

 
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view post Posted on 10/4/2014, 19:35
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Horus R. Sekhmeth

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Fin da piccino, Horus non era mai riuscito ad amare completamente ciò che lo specchio rifletteva. Un bambino fragile, delicato come una bambola di porcellana, con quella voglia rossa che spiccava sulla pelle candida, raffinato certo, forse fino allo stremo. Diverso dai bambini delle altre famiglie, così scarmigliati, sudati, ma, semplicemente, liberi di essere quello che erano: bambini.
Lui no, cresciuto prima del tempo, lui sembrava dover essere sempre avvolto da sbarre di cristallo per evitare che si sporcasse, che si ferisse, protetto fino all'inverosimile dall'attaccamento morboso di sua madre. Una volta a scuola, quando confrontarsi con gli altri divenne inevitabile, l'odio verso se stesso, fino a quel momento tenuto a bada quasi inconsapevolmente, divampò come le fiamme di un incendio e fu difficile guardarsi allo specchio ogni mattino e vedere una maschera immobile ed effimera al posto del proprio volto. Poi, semplicemente, si era risvegliato, come da un sonno profondo, e aveva scoperto che le sue mani, una volta così piccole, erano diventate abbastanza grandi e forti da spezzare le sbarre di cristallo attorno a sé, nonostante le schegge si conficcassero nei palmi. E scoprì, inoltre, che graffiare quella maschera non era poi così male: in fondo, era più bella, venata di scheggiature, piuttosto che immutabile come appena uscita dalle mani di un artigiano; era vissuta. Da quel momento, l'odio verso se stesso si era leggermente affievolito e ora, ora che stava diventando un uomo, che il viso da bambino aveva lasciato il posto ad un volto più adulto, quando la voce cristallina era mutata in una voce più profonda, quando il suo corpo era cresciuto, innalzandolo, le spalle più larghe, Horus era riuscito a guardare quel volto riflesso senza paura, riuscendo quasi ad apprezzare ciò lo specchio rifletteva. E ad amare quella chioma rossa tanto disprezzata dagli altri, quella voglia sull'occhio che contrastava con le pallide iridi.
Osservando il piccolo Chris, questi pensieri emersero con incredibile facilità e chiarezza, forse più che in passato. Fu per questo, probabilmente, che Horus non notò l'evidente agitazione che prese corpo man a mano nel Serpino. Certo, era impossibile non notare che il ragazzino fosse turbato e che avesse un occhio... particolare per Horus, tuttavia il Caposcuola relegò quell'atteggiamento ad una sorta di innato servilismo che Chris poteva adottare verso le figure di spicco, come aveva mostrato del resto l'atteggiamento spaventato al sol nominare suo padre.
Distogliendo lo sguardo dal giovane, Horus allungò una mano per raccogliere l'anello caduto, stringendolo delicatamente tra le dita.

*E io che speravo in un proseguo più interessante* Pensò, indispettito, rialzandosi. Eppure, quasi a voler accontentare quell'egoistico pensiero, mentre il ragazzo si sollevava da terra, i suoi occhi notarono un particolare decisamente fuori luogo nella figura del Serpeverde che prima non c'era: la camicia di Chris, fino a quel momento abbottonata perfettamente, forse per l'ansia, forse per un improvvisa botta di calore, era stata sbottonata talmente tanto da lasciar intravedere una fitta fasciatura all'altezza del petto. Horus aggrottò la fronte, lo sguardo che saettava dalla fasciatura al viso rosso del ragazzo. Dire rosso, poi, era un eufemismo: Chris era diventato inspiegabilmente bordeaux. Sulle prime, Horus pensò che il ragazzo potesse sentirsi male, che quelle fasciature non fossero altro che la conseguenza di un trauma subito, eppure, c'era qualcosa che continuava a non quadrare. "Stai bene?" avrebbe voluto dirgli, eppure, qualcosa lo frenava. In piedi, il ragazzo strinse involontariamente l'anello nella mano, indietreggiando di un passo finché la schiena non cozzò contro il bordo della scrivania.
Il fondotinta, le ciglia chiare, il viso e la corporatura minuta e quello sguardo, quello sguardo delicato e profondamente triste, quasi gli occhi di Chris avessero voluto urlare qualcosa a chiunque lo osservasse.
Senza volerlo, Horus si portò una mano libera alla bocca, mentre prendeva piede in lui una consapevolezza inaspettata.
Come aveva detto di chiamarsi, Chris?

« Chris...Alide...Chrisalide...?» Domandò più a se stesso che al giovane, senza smettere di guardare la figurina seduta su una sedia troppo grande.
« Sei... una ragazza? » Gli chiese, stupito, sgranando gli occhi, mentre la mano scivolava via dalla bocca e stringeva il bordo del tavolo. *Perché...?*
Quel quesito, non appena venne pronunciato, fu soltanto l'apoteosi di una serie di domande che rapide confluirono nella mente del Tassino confondendolo. Ipotesi, teorie che si sovrapponevano l'una sull'altra finché, il buon senso non ebbe la meglio. Era strano certo, persino curioso, ma...
« Scusami, non sono affari miei. Ma se vuoi tenerlo segreto ti consiglio di non sbottonarti così tanto la camicia. » Tagliò corto, stupidamente, distogliendo lo sguardo per non mettere ulteriormente in imbarazzo il ragazzo, e voltandosi verso la finestra, dove la sagoma di un gufo si era appena appollaiata sul davanzale. Dirigendosi verso di esso, ed approfittando così per allontanarsi da Chris e mitigare il disagio che egli stesso aveva provato nell'intrufolarsi così nell'intimità altrui, Horus si ritrovò a fare congetture pur ammonendosi che del resto non erano davvero cose che lo riguardavano. E se si fosse sbagliato? Se Chris si fosse fatto solamente male? Beh, si sarebbe fatto una risata e si sarebbe scusato. Ma se avesse avuto ragione... Chi è che si fasciava il petto a quella maniera? La sua teoria, d'altronde, spiegava il perché di tutti quei piccoli indizi e quell'impressione di osservare qualcosa di stonato ogni volta che guardava Chris. E non perché egli si travestisse da ragazzo quando in teoria era una fanciulla —quelli potevano essere affari suoi, poteva persino vestirsi da canguro se ciò l'aggradava—, quanto più perché quello sguardo esprimeva una sofferenza inimmaginabile che contrastava nettamente col viso immobile e forzato del giovane. Uno sguardo che, inevitabilmente, portò alla mente del ragazzo gli occhi di un'altra persona, conosciuta tanto tempo prima e ora scomparsa, perduta. Grandi occhi azzurri, tristi come mai ne aveva visti, malinconici, che tuttavia si illuminavano quando la ragazza disegnava o quando anche solo guardava lui. Horus aprì la finestra, lasciando che il vecchio Gufo della Gazzetta del Profeta volasse all'interno della stanza e facesse il proprio dovere, lasciando il giornale sul piano della scrivania, per poi andarsene. Osservando il cielo rosato, per un attimo Horus fu strappato a quella situazione, ed il suo pensiero corse a Sivra, colei che, del resto, aveva contribuito a rendere Horus la persona forte che era, ora, nonostante tutto. Il ragazzo scosse il capo, preferendo dimenticare e tornare presente. Tornando alla scrivania, il Caposcuola lanciò una fugace —quanto disgustata— occhiata all'articolo, decidendo di lasciarlo lì. Erano passati mesi dalla Coppa delle Case e ancora si ostinavano a scrivere della vittoria di Grifondoro, pensò, innervosito.
*E fortuna che il Vice Redattore sono io* Sospirò. D'un tratto, il ragazzo si rese conto di star ancora stringendo tra le dita l'anello caduto.
« Questo ti appartiene. » Si rivolse a Chris, abbozzando un sorriso e porgendo l'anello. Horus aprì la bocca, poi la richiuse, fermato da un improvviso impeto, posando le iridi argentee su quelle indaco di Chris. Che dire? Cosa fare? Indagare? Approfondire? Avvisare la Preside, nel caso in cui non lo sapesse?
« Puoi andare, se lo desideri. » Disse, solamente.

«It's too late: you're fading away.»

 
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Gothique
view post Posted on 18/4/2014, 12:27




Quella gabbia di cristallo che fino a quel momento l'aveva rinchiusa andò sonoramente in frantumi nel primo istante in cui Ra pronunziò il suo nome. Chrisalide avvertì profondi capogiri e per un attimo dovette reggersi il capo con le piccole mani.

Nessuno la chiamava così da almeno otto anni.
Nessuno.

Chrisalide boccheggiò come in cerca d'aria, il panico le si inniettò nelle vene come fosse un letale ed istantaneo veleno che prendeva possesso del suo corpo. La mano sinistra raggiunse il petto, rendendosi conto che le bende, galeotte, eran ciò che aveva aiutato il caposcuola a trarre le proprie conclusioni.
Il cuore le batteva freneticamente nel petto, sentì come un vento freddo farla rabbrividire sotto lo shock della constatazione del tassorosso.
Ancora una volta, cercò di parlare ma la paura prese il sopravvento, Chris non era più lì a difenderla. Il Serpeverde dalla lingua lunga era sparito come per magia, lasciandola sola per la prima volta.
La minuta Serpeverde si strinse nelle braccia, mentre una coppia di lacrime scendevano dai suoi occhi a screziarle le guance come piccole perle. Si sentiva scoperta, vulnerabile ma allo stesso tempo incredibilmente viva.
Lo sguardo di Horus era puntato su di lei a tempo pieno, e quando egli sussurrò ciò che oramai era il vero Chrisalide ebbe una fortissima fitta alle tempie.
Come una principessa in una torre rinchiusa che viene destata dal bacio del suo impavido principe, così il prezioso incanto di disillusione che castava su di sè ogni mattina veniva spezzato. Una folata di vento aprì improvvisamente le imposte della finestra dietro la scrivania, mentre una piccola cascata di luce ricadeva sulla giovane Lovecraft, sciogliendo e portando via con sè tutti quei colori posticci. La tintura castana scivolò via, macchiando la divisa, allo stesso modo tutto quel make up che le copriva il viso. Nell'arco di due minuti, ovvero il tempo che il caposcuola diresse la propria attenzione al gufo, per poi voltarsi verso di lei, Chris non esisteva più. La persona che ora Horus aveva davanti aveva tratti totalmente differenti. Anche le bende si erano autonomamente allentate, lasciando che la camicia maschile, divenisse troppo stretta.
Chrisalide tremava, gli occhi chiusi, spaventata di aprirli.




Ma non poteva rimaner così per sempre, era in guai sempre peggiori. Non sapeva se ancora possedesse un paio di corde vocali, si limitò ad aprire gli occhi, cercando quelli grigi ed intensi del ragazzo, sperando le infondessero calma.
Dischiuse le labbra, cercando di dir qualcosa, ma nessun suono ne venne fuori, e si coprì le labbra rosee e piene con entrambe le mani, che prive della finta colorazione, erano candide come il latte. Tutta la sua figura nel contesto sembrava esser stata in una vasca da bagno piena di latte per troppo tempo. Il suo albinismo ora era in piena mostra, rivelando tratti del viso ancor più delicati grazie a quel pallore candido ed innocente. Chrisalide appariva esattamente come una bambola di porcellana dal viso triste. Un piccolo fiore ibernato da troppo tempo.


After all this has passed
I still will remain
After I've cried my last
There'll be beauty from pain
Though it won't be today
Someday I'll hope again
And there'll be beauty from pain
You will bring beauty from my pain
 
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view post Posted on 24/4/2014, 23:29
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Il Caposcuola avrebbe potuto dire di essersi aspettato di tutto, come possibile reazione del Serpeverde alla sua insinuazione precedente: nella testa del Tassino, del resto, si erano dipinti pittoreschi scenari degni di una rappresentazione teatrale.
V'era un Chris colpito in pieno dalla verità, che divenuto irato e rissoso, era pronto a minacciare Horus che se avesse spifferato la cosa in giro, gliel'avrebbe fatta pagare, come non si sapeva, ma intanto era qualcosa;
v'era un Chris offeso, le guance rosse per l'indignazione, pronto a fargli notare che no, quelle fasce erano lì per la correzione del busto e che non era carino fargli notare quanto poco virile fosse;
v'era poi un Chris disperato e ululante, storia strappa-lacrime pronta ad essere sciorinata come giustificazione a quel travestimento che avrebbe fatto rompere un paio di costole ad Horus per lo sforzo di non sbottargli a ridere in faccia;
ed infine, l'immagine che gli aveva strappato un impercettibile sorriso, proprio mentre si voltava per dar le spalle alla finestra, v'era un Chris melodrammatico che si alzava in piedi indignato e urlava un criptico "Uno come te non potrà mai capire!" scappando con il vento tra i capelli proveniente da chissà dove, le braccine ondeggianti dietro di sé e la porta che si spalancava per lasciarlo passare.
Tutti questi Chris si affollavano nella mente del Tassorosso e, sebbene rappresentassero vari scenari possibili, avevano tutti una cosa in comune: il loro protagonista era sempre lo stesso, il Serpeverde che Horus aveva visto e conosciuto, colui (o era il caso di dire colei?) che fino a quel momento il ragazzo aveva avuto sotto gli occhi: un fanciullo un po' pallido, certo, ma tutto sommato caratterizzato da una carnagione ordinaria, dai capelli castani forse un po' troppo lunghi per un giovanotto di quell'epoca, e dal il fisico palesemente maschile.
Ma quando Horus aveva raggiunto la scrivania e vi si era appoggiato, mormorando un invito al ragazzo e alzando gli occhi su di lui, beh... quel Chris era improvvisamente sparito, lasciando il posto a qualcun altro, simile e al tempo stesso dannatamente, nel verso senso del termine, diverso al ragazzino.
Seduta sulla poltrona, eterea come un fantasma e delicata come un giglio bianco, v'era indiscutibilmente la fanciulla più particolare che Horus avesse mai visto. Capelli bianchi, rilucevano alla luce rosata del tramonto che penetrava dalle finestre e, se non fosse stato per quei particolari giochi aranciati che si formavano sulla sua chioma colpita dai raggi, il Caposcuola avrebbe fatto fatica a distinguerli dalla pelle candida, bianca esattamente come la sua. Ma la sua, di pelle, era maledetta da un'entità quasi inumana: Horus portava con sé le ferite di una battaglia e il pigmento, mancante, della sua epidermide era bianco ed artefatto, così come del resto lo erano i suoi occhi.
Eppure quella della ragazzina davanti a sé sembrava più naturale che mai, gioco di genetica con ogni probabilità, e spiccava ancor di più a causa dell'uniforme —maschile e su quello almeno non c'era dubbio— nera, la camicia e il maglioncino sporchi di una strana sostanza marroncina simile a pittura disciolta.

« Per gli Dei... » *Notevole.* Mormorò Horus, alzando un sopracciglio per lo stupore e portandosi una mano al mento, grattandoselo pensieroso. Indubbiamente, dovette ammettere il Tassorosso, la sua intuizione era stata giusta, ma c'era qualcosa che non riusciva a spiegarsi: cosa diamine era successo al ragazzino con cui aveva avuto a che fare fino a qualche attimo prima? Com'era possibile che tutta la maschera che egli portava crollasse così, di punto in bianco, nel giro di un battito di ciglia? Che fosse stato tutto opera di un incantesimo di disillusione, spezzatosi una volta che la verità era stata rivelata, magari, pronunciando il vero nome?
Mentre Chrisalide teneva ostinatamente gli occhi chiusi, forse incapace di accettare quella realtà, forse timorosa i ciò che sarebbe potuto accadere o esser già accaduto, Horus studiò i suoi abiti, sporchi di tintura e quello che indubbiamente era fondotinta, incastrando a dovere l'ennesimo tassello di un puzzle assai più complesso del previsto. Il ragazzo corrugò le sopracciglia, non riuscendo a trovare una soluzione logica e si limitò a sospirare flebilmente, rimanendo in silenzio, gli occhi fissi sul viso leggermente increspato dalla paura della fanciulla.
A poco a poco, Chrisalide sollevò le palpebre, le lunghe ciglia bianche simili ad un piccolo sipario, quasi in risposta a quel tacito sguardo, cercando, poi, con un'ombra di disperazione, le iridi argentee del giovane.
Cosa vide Horus in quegli occhi, non poté dirlo certezza: l'insieme di emozioni celate in quelle sfumature indaco erano così tante, che il ragazzo avrebbe potuto tranquillamente affermare di sentirsi un naufrago con una zattera al centro dell'oceano senza null'altro intorno. Ma allo stesso tempo, ne fu affascinato, perso, e notò solo di sfuggita le labbra della fanciulla schiudersi, forse per dire qualcosa, prontamente soffocate dalle mani che vi si chiudevano davanti, come a contenere qualsivoglia rivelazione.
Fu dunque silenzio e al contempo rumore creato dalle menti e dagli sguardi, a calare fra di loro; Horus rilassò i muscoli del viso, incrociando le braccia al petto. Tacque ancora per qualche istante, senza abbandonare il viso della ragazza, mentre da sotto la finestra giungeva, lontano, l'eco di qualche schiamazzo degli studenti che avevano deciso di passare le ultime ore di luce rotolandosi in giardino. Per un istante, Horus avrebbe voluto essere anche lui, di fuori, nel parco, a saltellare come un'alpaca (poco) felice: a poco a poco, infatti, stava maturando in lui l'idea di essersi intrufolato in qualcosa di estremamente personale per Lovecraft, di aver, suo malgrado, aver sfondato una porta che, forse, era meglio che fosse rimasta sigillata ancora a lungo. Nonostante chi vi fosse al di là urlasse disperatamente affinché qualcuno lo liberasse.
Quando Horus aprì le labbra per parlare, le scoprì incredibilmente secche e le inumidì leggermente, mordendosele appena.

« Quanti conoscono il tuo vero volto, qui al Castello? » Chiese. Le domande erano tante, ma, similmente a com'era successo poco prima, ciò che giungeva alla sua bocca era assai diverso da ciò che frullava per la sua testa, come se vi fosse una sorta di filtro tra testa e voce.
Per un istante, il giovane distolse lo sguardo, abbassandolo sulla figurina di fronte a sé, notando la camicia tirare all'altezza del petto, lì dove le bende avevano evidentemente ceduto. Quando rialzò gli occhi, tornando sul volto di lei, l'urlo che Horus sentiva si fece improvvisamente più forte, da qualche parte, nelle sue orecchie.
« Perché sei costretta a farlo? » Aggiunse, con voce lievemente roca.
Forse c'era qualcosa che poteva quadrare con gli scenari precedentemente descritti: la storia strappalacrime. E probabilmente, non sarebbe stata divertente come pronosticato. Anche su quello, Horus poteva giurarci.


« The whole world is watching when you rise. Your whole life is flashing before your eyes. It's all in this moment that changes all

 
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Gothique
view post Posted on 18/6/2014, 17:26




You live your life.
You go day by day
like nothing can go wrong.

Chrisalide aveva seriamente sempre pensato che la sua maschera non venisse mai scoperta, neppure ad Hogwarts. Chris, l'ultimo erede maschio dei Lovecraft, era felice di render fiero suo padre. Voleva essere l'orgoglio di Maxwell, ed era per questo motivo che era riuscito a tenere a bada reclusa e segregata la delicata fanciulla albina fino a quel momento.

Those colors are made,
they're changing the game.
You learn to play it hard.

Invece dovette ricredersi. Nulla stava andando più secondo i piani. La maschera si era sciolta esattamente come aveva fatto il suo makeup, di fronte ad un caposcuola; persona estranea che lei aveva appena incontrato, di cui non sapeva nulla ( se non che la facesse arrossire e sentire i pipistrelli nello stomaco) e che avrebbe potuto tranquillamente avvisare chiunque e peggio che vada, chiamare suo padre all'appello.
No, non lo avrebbe permesso.
Si sarebbe buttata piuttosto inginocchio, offrirsi come schiava personale di Ra, ma non voleva in nessun modo che suo padre venisse interpellato.

And I know you wish for more,
and I know you try.
And I hope you realize,
you know the time is right.

La giovane serpeverde prese un profondo respiro. Che senso aveva accampare delle scuse ? In fondo nel suo cuore sapeva bene che esser scoperta era tutto quello che volesse; se solo fosse servito a poter scappare dalle grinfie di suo padre.
Finalmente i suoi occhi di indaco si posaron sul volto catalizzatore di Horus, mentre le mani andavano a posarsi sulle ginocchia.



«N-nessuno...n-non...non era mai successo prima d'ora... »


Era ancora sotto shock, intimorita da quanto facile fosse stato sciogliere l'incantesimo con il solo pronunciare il suo vero nome di battesimo. Qualcosa di assurdo di cui non riusciva a capacitarsi.
I suoi occhi scrutarono il pavimento dell'ufficio, si vergognava di se stessa, da morire.
Poi, improvvisamente, si gettò in ginocchio ai piedi di Horus, in un gesto colmo di disperazione, che probabilmente il caposcuola non aveva previsto, ma che era colmo di sincera e triste realtà.



« Se mio padre... Se lui lo viene a sapere... M-mi ucciderà... O p-peggio, mi chiuderà di nuovo nel castello di famiglia... L-la prego, la supplico, non riveli niente a nessuno. »


Gli occhi di indaco eran costellati di lacrime, le quali scesero a screziarle le guance come piccole perle preziose. Era sincera: non voleva tornar a far la prigioniera di casa Lovecraft, non ne poteva più dell'oppressione di suo padre.


« L-la prego...»


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view post Posted on 5/7/2014, 00:10
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Così piccola, così fragile; un essere umano poteva sembrare tanto effimero, al pari di un petalo trasportato dal vento? Non era soltanto per la sua figura, ma per i suoi atteggiamenti, che Horus si chiese se Chrisalide fosse effettivamente umana e non una bambola, artificiale e, in quel caso, più rassicurante. Il cuore batté un po' più forte del solito, quando la vide chinare il capo, il petto che si alzava e si abbassava mentre prendeva un profondo respiro, un'azione —all'apparenza banale— che sembrò sconquassare l'intero minuto corpicino. Per un istante i capelli bianchi della giovane Serpina divennero neri, poi viola, poi azzurri; morbidi, fluenti. L'immagine della Sivra dei ricordi di Horus si sovrappose prepotentemente a quella di Chrisalide ed il Caposcuola rafforzò la presa sui bordi della scrivania, costringendosi a scacciarla. Sivra era sparita, non faceva più parte della sua vita, si ricordò con durezza. Eppure, tutto, in quella fragilità che Chris mostrava sembrò ricordargli lei e fu per questo, forse, che si accese in lui la minuscola fiammella dell'empatia per quell'anomalo, delicato fiore. Horus annuì semplicemente alle parole tremanti della ragazza, ma nulla lo preparò a quello che successe qualche istante dopo, sconvolgendolo più di quanto egli stesso avrebbe osato ammettere. Chrisalide, nel colmo della disperazione, si gettò ai suoi piedi, accasciandosi a terra, gli occhi costellati di lacrime che sembravano piccole perle. Per la sorpresa, Horus indietreggiò, spaventato, sbattendo la schiena contro la scrivania; uno strano senso di ira si mischiava a quel marasma di sentimenti che provava in quei momenti. Perché? Perché qualcuno doveva arrivare a tanto per delle sciocche costrizioni? Perché ostinarsi a voler rimaner rinchiusi in quella gabbia? E perché diamine quella dannata Serpeverde doveva scuoterlo a quel modo.
Istintivamente, il ragazzo si inginocchiò davanti Chrisalide, alzandole il viso con delicatezza, ma afferrandola con decisione, costringendo la giovane a guardarlo dritto negli occhi e a non abbassare lo sguardo.

« Ascoltami. Non dirò a nessuno di te, men che meno a tuo padre. » Le disse, serio. Avrebbe voluto abbozzare un sorriso per tranquillizzarla, ma scoprì di avere i muscoli pietrificati. Più la guardava più il ricordo di Sivra continuava a mescolarsi con i suoi tratti, come un acquerello sfuma e si perde in una goccia d'acqua. « Sii forte, Chris. Non sono nessuno per dirtelo, ma fallo per te. Non inginocchiarti davanti a qualcuno,mai. Neanche davanti tuo padre, per quanto sia difficile. Non pregare mai nessuno, perché l'essere umano è profondamente egoista e crudele nel profondo. E soprattutto, nessuno è eterno. Soltanto tu vivrai per sempre al tuo fianco e per questo non rendere conto a nessuno. Vivi, Chrisalide, smettila di sopravvivere. Spezza le catene delle tue ali. » *E tu, ora, le hai spezzate, le tue catene, Sivra?* La sua voce si spense, nonostante i suoi occhi non riuscissero ad abbandonare quelli di Chris, guardando corrucciato la giovane. Senza rendersene conto, la presa sul mento di lei si rafforzò e quando Horus se ne accorse, abbandonò in fretta il contatto, rialzandosi. Si sentiva turbato, in particolar modo per quell'empatia, per quei ricordi che ora, dopo anni di distanza, tornavano a tormentarlo. Non aveva amato Sivra, non come aveva amato Mya, *Come la amo... * eppure per lei aveva sempre provato il bocciolo di un sentimento sicuramente diverso dalla semplice amicizia. Quel tenero bacio sulle labbra, quell'euforia che aveva provato quando lei lo stringeva, come se lui fosse già stato forte abbastanza forte per proteggerla; ed ora, ora non era ancora in grado di proteggere se stesso, pensò, lasciando che la mano scivolasse alla base del collo, dove partiva la lunga cicatrice. E, d'altronde, non era stata la stessa Sivra ad abbandonarlo, per proteggerlo?
*Al diavolo, sono sopravvissuto. E ho vinto.*
Il Tassorosso si morse l'interno della guancia, finché il sapore ferroso del sangue non gli riempì la bocca. E ancora una volta il dolore lo riportò alla realtà, strappandolo dall'abisso dei pensieri prima che annegasse. Allungò il braccio, porgendo una mano a Chris e obbligandosi a sorridere, le labbra che si incurvavano leggermente in un angolo, formando una piccola fossetta sulla guancia.
« Avanti, Chrisalide, alzati. »

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view post Posted on 4/8/2014, 21:20




Quella scena oramai, nella testolina della Serperde non appariva più reale. Sembrava il ricordo di un sogno, tra il sonno e la veglia ; quel luogo dove ogni cosa appare ivattata, delicatamente fluttuante ed innocua.
Gli occhi di Horus le infondevano serenità e fiducia che mai prima d'ora aveva incontrato in altri.
Le ginocchia bruciavano ma non vi era importanza... i gesti delicati di Ra e le parole gentili eran tutto ciò che importava. Nient'altro.
Il ragazzo le parló con calma, dicendole di combattere. Lui avrebbe custodito il suo segreto ma le voleva far comprendere che quella non era la strada giusta ds seguire per niente al mondo.
Chrisalide era spaventata ma al contempo, voleva veder realizzati i suoi sogni di libertà.


《Ho paura...ma... voglio che tutto questo finisca...V-vorrei tanto essere me...》

Chrisalide sospiró avvilita: suo padre non ci avrebbe pensato due volte a incatenarla nei sotterranei della loro abitazione.
Gli occhi ancor colmi di lacrime mentre Chris nella sua testa, combatteva per tornare in controllo. Chrisalide portò una mano alla tempia, mentre gli occhi roteavano appena ed ecco che le uniche parole che poteva pronunciare per mettere in fila un discorso, eran quelle di suo nonno.


《 Infelice chi dell'infanzia ha soltanto memorie di paura e tristezza. Sventurato chi, volgendosi indietro, non vede che ore solitarie trascorse in sale vaste e malinconiche, tappezzate di lugubri tendaggi e file esasperanti di libri antichi, o in desolate veglie in boschi crepuscolari fitti di immensi alberi grotteschi coperti da erbe, che agitano silenziosi in alto i rami contorti. 》

Avrebbe urlato se avesse potuto, ma lo snob ed obbediente erede di Maxwell le impediva il controllo del suo stesso corpo, e Chrisalide si ritrovò a guardare il caposcuola con un'espressione rassegnata mentre quell'altra parte di lei le dettava passi dell'Estraneo di Howard. Come a volerle dire che lui era d casa ma non la sua parte femminile.

《 Così, tra crepuscoli infiniti, sognavo ed aspettavo, senza neppure sapere che cosa aspettassi. Finché, in quella solitudine fatta di ombre, la mia brama di luce divenne così intensa da non darmi più pace, e sollevavo le mani supplicanti verso la nera torre in rovina che, sola, valicava la foresta innalzandosi nel cielo sconosciuto. 》

Horus le aveva detto di alzarsi, probabilmente sottointentendo di darsi un contegno in quanto di sicuro quel piccolo sipario poteva esser visto come un'autentica umiliazione. Chrisalide si strinse nelle braccia. Con gambe tremanti si mise in piedi. Ella stessa, con molta probabilità era infestata da molti più demoni che il protagonista del nonno. Era lei che correva con gli spiriti erranti, lei che non trovava pace, lei povera anima senza uno spiraglio di luce. Avrebbe voluto essere diversa non più la schiava di Maxwell e Chris. Voleva essere Chrisalide.

《Smettila Chris...S-smettila, ora basta... 》

E come a voler dargliela per vinta, per una volta ed una soltanto, il piccolo velenoso Serpeverde si volatilizzó lasciandole lo spazio che ella voleva, giusto per farla soffrire di più.
Chrisalide fissó Ra negli occhi per un'ultima volta, rassegnata e triste, l'autostima sotto le scarpe.


《 Credo...sia meglio che io vada...prima che Lui torni indietro... 》

Si asciugó l'ultima lacrima raggiungendo la porta con piccoli passi. Si sentiva cosí stanca...
Avrebbe aspettato che lui le desse il permesso di andare, mentre si sistemava il cappuccio sulla testa, tentando di nascondere la candida chioma. Se lui avesse accettato di lasciarla uscirex lei sarebbe semplicemente tornata in camera propria, nascondendosi da tutto e da tutti.
 
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view post Posted on 20/11/2014, 19:56
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「 Il disturbo borderline di personalità è definito oggi come disturbo caratterizzato da vissuto emozionale eccessivo e variabile, e da instabilità riguardanti l'identità dell'individuo.
Uno dei sintomi più tipici di questo disturbo è la paura dell'abbandono.」


Era... bizzarro pensare che, fino a poco prima, era in biblioteca, cercando di decifrare circa mezzo metro di pergamena di un testo in Rune Antiche, mentre ora si trovava nell'Ufficio dei Caposcuola, di fronte una fanciulla praticamente comparsa dal nulla; dopo quello che era successo quel pomeriggio, Horus poteva tranquillamente affermare che comprendere l'accaduto e quella piccola ragazzina era assai più arduo di qualsiasi lingua arcaica. Perché, per le lingue morte, c'erano le grammatiche, i libri, gli esercizi; ma per la mente umana, decisamente, non v'era nessun aiuto se non l'esperienza e l'empatia. Il nome di un disturbo, che qualche tempo addietro gli era capitato di leggere in un trafiletto di una rivista scientifica Babbana, gli balzò nella memoria: Borderline. Un disordine psicologico che si rifletteva in molti modi, ma di cui Chrisalide sembrava essere rispecchiarne la maggior parte. Horus sospirò, osservando la fanciulla alzarsi con gambe tremanti, mentre le parole che lei aveva recitato fino a pochi istanti prima, ancora rimbombavano nella sua mente. Aveva ben presente il racconto che lei aveva rievocato, non a caso, del suo bisnonno: "L'Estraneo". Horus lo ricordava bene: il libro che lo conteneva lo aveva tenuto praticamente incollato alle pagine (come molti racconti di Lovecraft, del resto) mentre camminava per i corridoi —facendolo quasi schiantare contro questo o quell'altro studente che incrociava.
Inutile dire che quando era giunto alla insolita conclusione, il ragazzo ne rimase deliziato, un finale che, decisamente, rispecchiava i propri gusti, ma che applicata alla situazione del momento suonava decisamente tragica.
*Troppo... e ingiusta.*
Vinto da un improvviso moto di quella stessa empatia di cui spesso si vantava di non possedere, il Caposcuola mosse un passo avanti in direzione della fanciulla e le prese il suo il volto fra le mani. Sentì un pizzico di nervoso nell'osservare quegli occhi acquosi, depressi e arrendevoli, e una parte di lui si chiese come si potesse essere così remissivi, e non ambire la libertà lottando con le proprie forze fino all'ultimo. Ma del resto, si rimbrottò, non erano gli stessi occhi che, talvolta, da piccolo aveva avuto? La differenza era che lui aveva imparato a rialzarsi, mentre la Serpeverde ancora no.
« C'è una differenza fra te e il Mostro di quel racconto, Chrisalide. » Affermò, serio, tacendo per un secondo la risposta e soffermandosi sulle lacrime che, umide, erano rimaste impigliate fra le lunghe ciglia bianche della giovane. Come poteva essere, lei, quella creatura disgustosa, dalla pelle corrotta e in decomposizione, che Lovecraft narrava?
Come poteva in un corpo tanto piccolo celare tanti più segreti di quanti ne potesse effettivamente custodire? E come poteva, un padre, sconvolgere la vita della propria figlia, deviandola non solo agli altri, ma negandole anche se stessa?

« È che tu non sei l'orrido essere che si specchiò in quella Sala. Nessuno fuggirà da te urlando, nessuno vedrà in te il Mostro che tu, invece, ti ostini a vedere. E che non esisterà mai. »
Horus pose un'enfasi particolare nell'ultima parola pronunciata: c'erano tanti esseri umani assai più mostruosi di qualsiasi belva dei racconti, era vero. Eppure, era impossibile credere che Chrisalide potesse distruggersi a tal punto.
« Sai perché ne sono sicuro? » Senza volerlo, un angolo della bocca di Horus si incurvò in un sorriso abbozzato, mentre con il pollice, delicatamente, raccoglieva una lacrima dalla guancia della giovane.
« Per queste. » Asserì, con semplicità.
« Finché riesci a prevalere, ad emergere dallo specchio d'acqua in cui ... uhm... Lui ti confina, allora vuol dire che sarai sempre più forte. A poco a poco, riuscirai a prendere sempre più aria, finché i tuoi polmoni saranno abbastanza pieni, per uscir fuori. Non dimenticare chi sei, Chrisalide, perché Lui non lo farà. E giocherà su questo.
La vita è la tua. Non di tuo padre.
E lo stesso vale per il tuo corpo. Tu e Chris siete una la metà dell'altro, e vi completate. Dovete solo... trovare un equilibrio. »

Horus abbandonò la presa sul viso della Serpina, indietreggiando. Ora che quel contatto era stato interrotto, il Tassino sentì l'irrefrenabile desiderio di prendere uno dei pesanti volumoni pieni di scartoffie contenuti negli archivi della stanza, e suonarselo rumorosamente sul naso. Chi era lui per poter dire con tanta sicurezza certe cose? Ma soprattutto, da quando gli importava qualcosa di qualcuno conosciuto neanche un'ora prima? E ancora, ma perché diamine si andava ad impelagare con certe assurde storie?
La colpa era tutta di quella ragazzina fragile, si giustificò Horus con se stesso, scacciando dalla mente l'immagine di Sivra. O forse delle riminiscenze del passato e di vecchie cicatrici che no, non dolevano e sì, erano rimarginate da tempo, ma che comunque restano e, a contatto con le dita, rievocano il ricordo di quando son state procurate.

« Puoi andare, se vuoi, Chrisalide. Sarai stanca. » Le disse, voltandosi verso la finestra, le braccia conserte. Il sole era ormai tramontato e una leggera tinta rosata si dipingeva nel cielo, sfumando dapprima in un azzurro ceruleo e poi in blu sempre più cupo man a mano che si saliva con lo sguardo. L'unico punto luminoso, nel vespro, era Venere, brillante, falsa stella.
« E... » Horus scoccò una rapida occhiata alla figurina di Chrisalide, il cui viso era celato dallo scuro cappuccio della divisa. « Sai dove trovarmi, qualora avessi bisogno di... uhm... qualcuno amico. » *Bravo, Ra. Sei un idiota.*
Non appena la Serpina avesse lasciato la stanza, Horus avrebbe fatto l'unica cosa appagante per concludere quel pesante pomeriggio: mettersi a mollo in ventordici litri di acqua bollente, nel bagno dei Prefetti.
Dopotutto, aveva bisogno di affogare anche i ricordi.
*Anche se per affogare quelli, sarebbero preferibili ventordici litri di Whisky Incendiario.*

« The whole world is watching when you rise. Your whole life is flashing before your eyes. It's all in this moment that changes all

 
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Gothique
view post Posted on 14/6/2015, 10:09




Quando il tassorosso la raggiunse, bloccandole la fuga ancora una volta, Chrisalide raggelo', trattenendo il fiato come se si preparasse ad immergersi in una vasca piena d'acqua.
Il ragazzo le prese il viso tra le mani, e Chrisalide boccheggio' un paio di volte, senza poter reagire. I suoi occhi viaggiarono ancora una volta alla ricerca di quelli di lui, perdendosi nel suo sguardo chiaro e misterioso. Le aveva detto che non era il mostro di cui Chris aveva parlato, le aveva detto che nessuno sarebbe fuggito alla vista del suo vero io.

Chrisalide voleva crederci, voleva farlo fortemente. Quando poi lui le chiese se sapesse perche' egli fosse tanto sicuro, lei non aveva una risposta, non sapeva cosa poter dire, non sapeva cosa pensare. Semplicemente si chiedeva come fosse possibile che quel ragazzo appena conosciuto, quello stesso giorno, potesse esser talmente certo che lei non era cio' che era convinta di essere.

Le dita del tassorosso le causarono un ulteriore fremito quando lentamente andarono a passare sulle sue guance, asciugando quelle piccole lacrime che poco prima le avean screziate.
Chrisalide si morse appena il labbro inferiore, mentre lui le spiegava nuovamente che poteva farcela, poteva riuscirci, avrebbe potuto prendere il sopravvento su quel maledetto ometto ben educato con il quale condivideva il corpo. Morse piu' forte, quando lui le disse che la vita era la sua, e soltanto lei avrebbe dovuto decidere cosa fare. La serpeverde pote' sentire il sapore ferroso del sangue all'interno della bocca, aveva morso troppo, e la pelle delicata delle sue labbra aveva ceduto, dando loro un colore carminio che stonava con il resto del suo pallore.

Quando finalmente(o forse no) lui la lascio' andare, Chrisalide si lecco' via il sangue dalle labbra, nervosamente, come preoccupata che se lui si impensierisse ulteriormente. Il ragazzo le diede le spalle, e Chrisalide pote' vederlo incrociare le braccia sul petto, mentre osservava fuori della finestra.
La ragazzina si ritrovo' ad annuire alle parole del tassorosso, non sicura che lui potesse vederla.
Mosse qualche passo verso la porta, e la dischiuse per un quarto.

Prima di uscire, si volse un'ultima volta, guardando le spalle del caposcuola per poi sussurrare un flebile 《Grazie...》 e sparire via dalla soglia, fiondandosi nel corridoio con il cappuccio a coprirle il volto.
 
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