| << Sono il vuoto, non sono diverso dal vuoto, né il vuoto è diverso da me; in realtà il vuoto sono io. >>
Non aveva bisogno di allontanarsi da quel luogo, immaginare una meta e decidersi a raggiungerla. Emily stava bene lì e finché il freddo non l’avrebbe spinta a bramare il calore del suo dormitorio, non se ne sarebbe certo andata. Aveva trovato un attimo di pace e serenità. L’agitazione che imperversava nel suo animo si era calmata, messa a tacere da quel semplice sguardo nell’abisso sotto di lei. Era come sottostare ad un perenne stato d’ansia e sensazione di vuoto causato, forse, dal suo continuo pensare a come le cose erano e come, invece, voleva che fossero. Un divario continuo tra ciò che la realtà le offriva e ciò che era irreale ma desiderato. Eppure, in fin dei conti, non sapeva nemmeno lei di cose era alla ricerca. Pensava di aver raggiunto qualcosa di importante settimane prima, per poi capire quanto, invece, questo non le bastasse. Era troppo avida, ambiziosa e questa sua personalità, orma spinta al limite dell’umano, non era un vero e proprio toccasana. Anzi, era folle. Qualsiasi cosa riusciva a stringere tra le mani, per quanto voluta in precedenza, si rivelava non essere abbastanza e portava con sé l’ennesimo desidero da soddisfare. Una lotta continua. Una lotta che dominava, da sempre, l’umano ma che la giovane Serpeverde sentiva ardere con maggiore enfasi dentro di lei. Forse era soltanto un modo per reagire all’infelicità che colmava le sue giornate, quel continuo tendere a qualcosa che, una volta raggiunto, portava con sé altre tentazioni. La stessa cosa era accaduta quando Emily si era vista arrivare una lettera, da parte della Preside di Hogwarts, presso la Dimora Rose. La missiva le annunciava che le era stata appena affidata la carica da Prefetto. Dopo una prima gioia iniziale, nel mentre rigirava nella destra la spilla dorata, la ragazza già pensava a come migliorarsi per giungere alla nomina di Caposcuola. Quella spilla con una nobile “P” incisa, a cui aveva tanto aspirato, era già divenuta, nel giro di pochi secondi, nulla per cui valesse gioire più di tanto: non rappresentava il massimo. Ma ora, in quel momento, la spilla da Caposcuola luceva, di poco, alla flebile luce del Castello “disabitato”, appuntata come conveniva sul suo petto: a cos’altro poteva mirare? Era solo al secondo anno ma Hogwarts non sembrava darle più gli stimoli di tempo prima. Forse il rendersi conto di cosa c’era fuori da quella Scuola aveva fatto la sua parte, spingendola a pensare che ciò che desiderava non era affatto sepolto tra quelle mura. Emily sospirò, socchiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dai ricordi dei giorni antecedenti. Quel piccolo excursus nel passato più recente venne però interrotto nel giro di pochi istanti. Psss … ; nel silenzio di quel luogo, quel flebile richiamò non poté non distrarla, mettendola all’erta. Un’elegante e giovanissima dama sembrava aver passato gran parte del tempo in cui la Serpina si era soffermata sulle rampe, a fissarla e, avendo intravisto un’ombra seguire il suo cammino, l’aveva richiamata per avvertirla di una seconda presenza umana. Con la coda dell’occhio, Emily guardò in giù: non più verso l’abisso, ma in direzione delle scale che conducevano al piano inferiore. L’ombra si muoveva svelta, prediligendo le zone di buio, nel chiaro intento di coglierla di sorpresa. Mostrando, al “nemico”, il fianco destro, Emily pensò che, forse, Egli non si sarebbe accorto della mano sinistra che, in un movimento fluido e nascosto, cercava e stringeva tra le esili dita il legnetto di Salice. Poteva benissimo essere un Prefetto od un altro Caposcuola che, non avendola riconosciuta, si preparava a coglierla con le mani nel sacco. Ma agire nell’ombra, prendendola alle spalle, non era una cosa che Emily amava e se lo sconosciuto voleva sorprenderla, lei l’avrebbe ricambiato nel medesimo modo. Le iridi argentee della Serpina tornarono a scrutare il vuoto, come se nulla fosse cambiato, ma ogni minimo muscolo del suo esile corpo era all’erta, pronto a scattare al minimo, ravvicinato rumore. Non ti girare e non urlare. Passando la mano sinistra al di sotto del braccio destro, la giovane Rose si ritrovò a puntare la bacchetta contro la pancia del suo “aggressore”. Dalla voce non poteva che trattarsi di un ragazzo, abbastanza maturo in effetti. Escludendo Fenix, prefetto della sua Casata, Emily iniziò a chiedersi di chi potesse trattarsi. Un membro di spicco di una delle tre casate restanti o, semplicemente, uno studente più grande che aveva scelto il modo sbagliato in cui divertirsi quella notte? *Un po’ di punti in meno a Grifondoro o Corvonero non fanno mai male*, pensò la fanciulla, lievemente divertita, prima di avvisare lo sconosciuto, con un lieve sorriso disegnato sulle labbra rosse. Ho la bacchetta puntata contro il retto del tuo addome. Faresti meglio ad allontanarti di qualche passo ed abbassare la tua arma.
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