| Perché Aryadne sorrideva a quel modo? Emily se lo chiese più e più volte. La cugina emanava una strana sensazione di calma e pacatezza, sembrava volerla mettere a proprio agio, avvicinarsi a lei col chiaro intento di condividere qualcosa. *Perché adesso?*, quella domanda comparve all’improvviso nella mente di Emily senza affiorare, tuttavia, sulle sue labbra. Colpevolizzare la ragazza non sembrava essere un buon punto di partenza. Infondo, nemmeno lei aveva cercato la sua compagnia, nemmeno una volta e l’unica volta in cui si era chiesta dove Arya fosse finita, fu il giorno in cui le venne consegnata la spilla da Caposcuola appartenuta prima a lei. Hai ragione, sono sparita. Ma per una buona ragione... Ed hai anche una buona ragione per volermi incontrare? La domanda uscì spontanea mentre Emily riportava lo sguardo su quella pelle tanto simile alla sua; uno sguardo accusatore. *Di cosa vorresti colpevolizzarla, Emily? Di aver abbandonato Hogwarts oppure te? Non te ne è mai importato nulla di Lei. E lei non ha alcun dovere nei tuoi confronti*. Sospirò; erano delle perfette sconosciute, tenute lontane da chissà quali futili ragioni. Emily non aveva mai conosciuto la famiglia di sua madre, tanto meno quella di suo padre – i nonni erano deceduti molto tempo prima che iniziasse a dire le prime parole e Jacob Emìl Rose era figlio unico. Quando era piccina aveva visto lo zio John almeno un paio di volte e con lui, il cugino, fratello di Aryadne, ma si parlava di fin troppo tempo addietro per ricordarlo. Quando la giovane Rose giunse ad Hogwarts, sul punto di essere smistata, vagò con lo sguardo su tutta la sala e proprio mentre il Cappello Parlante ricadeva sulla fronte, oscurandole la vista, le sue iridi argentee indugiarono esattamente su cosa, o per meglio dire “chi”, stava cercando: chioma rossa, divisa verde-argento e quel suo calmo e tranquillante sorriso. Ma poi la curiosità aveva ceduto il posto ad altre cose ed Emily non era più entrata in contatto con la cugina. La sua domanda ricevette presto risposta: seguendola nei movimenti, la Caposcuola si ritrovò ben presto a reggere tra le mani qualcosa che non aveva mai creduto di poter vedere. Tua madre, aveva all'incirca otto anni. ... La più piccola delle tue cugine, teneva lo sguardo fisso sul volto dell’altra, incapace di abbassarlo nuovamente su quel pezzo di carta e mettere a fuoco il soggetto della fotografia che, almeno in quel momento, restava soltanto una chiazza di colore rosso vista di sfuggita. Dicono che le cose facciano meno paura se si ha qualcuno a cui stringere la mano, ma ad Emily non sarebbe bastato stringere il palmo di Miss Cavendish per far sì che la sua sinistra smettesse di tremare. L’ansia la di incrociare lo sguardo di sua madre per la prima volta, anche solo in una foto, la stava svuotando e sembrava che qualcosa tentassi di aspirare tutta l’aria che cercava disperatamente di ingoiare. Aveva paura; terrore dell’effetto che quella foto avrebbe potuto procurare ed anche per questo distolse lo sguardo, spaventata, al contempo, che Aryadne potesse leggere la paura nei suoi occhi. Quel momento immortalato in un semplice foglio di carta la stava chiamando, cercando il i suoi occhi. Cercando di sfuggire al giudizio della cugina, Emily non potè fare altro che incontrare il volto di colei che non aveva conosciuto, di colei che aveva dato la vita per quella della figlia. Un groppo in gola anticiparono il bruciore agli occhi. Delle lacrime improvvise, incontrollabili, bagnarono le guance di quel volto perlaceo che si sforzava, tuttavia, di restare impassibile. Le iridi chiare della Serpeverde si muovevano lente su ogni piccolo particolare di quella figura, come a voler stampare per bene quella stessa immagine nella sua mente. Cercava delle differenze, qualsiasi cosa che potesse dirle: “ecco, non è nulla di speciale. Non è nessuno per te. È solo una donna che non hai mai conosciuto”. Eppure, tutto ciò che vide furono similitudini. La tonalità del colore dei suoi capelli era la stessa, gli occhi sembravano più scuri ma avevano il suo stesso taglio, la pelle incredibilmente chiara e le lentiggini – Emily immaginò di contarle e farne corrispondere persino il numero. Tu. Sospirò, rendendosi conto solo in quel momento di avere le guance rigate da due lacrime. Si sentì tremendamente stupida e s’affrettò ad asciugarle con la destra mentre tornava a fissare Aryadne, decidendosi a dare voce a quelle poche parole che le si erano strozzate in gola. Ti hanno mai parlato di lei? Poteva sembrare una domanda sciocca ma Emily non aveva mia ascoltato nessun aneddoto, nessuna storia, nulla di nulla, sulla propria madre. Sapeva che aveva una famiglia numerosa, sapeva di somigliarle – anche se non credeva così tanto, sapeva fosse stata una Corvonero ma … nient’altro. Stralci di parole estrapolate da frasi caotiche pronunciate dal padre quando era furibondo. Non sapeva che profumo avesse la sua pelle. Rideva spesso? La immaginava sorridente, non come lei. La immaginava dolce, premurosa ma forte. Non come lei. Suo padre aveva come distrutto tutte le prove della sua esistenza ma, dentro di lei, Louisa Claire Gordon *esiste in un modo che m’atterrisce*.
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