People show their true colors unintentionally. Pay attention.
Sebbene Niahndra fosse una creatura razionale, la fiducia che riponeva nel proprio istinto – soprattutto riguardo le prime impressioni – era molta, forse addirittura troppa perché in seguito si mostrava restia a cambiare idea. E raramente ne aveva bisogno.
Ciò nonostante, quando per la prima volta aveva avuto modo di incrociare la vecchia signora che abitava nell'appartamento di fianco, pur ricavandone generalmente una buona impressione, mai avrebbe pensato di poter sviluppare con lei un rapporto così profondo.
Hameeda era una donna d'altri mondi, le rughe sul suo volto raccontavano una storia antica e i suoi occhi racchiudevano una saggezza perduta. Solo ascoltare la sua voce rilassava Niahndra, la quale era in grado di lasciarsi cullare dalle storie della vecchia per ore intere; le piaceva osservare la donna intagliare il legno, decorare mani e piedi delle donne che venivano a trovarla con elaborati disegni fatti con l'henné, o ancora castare le linee di demarcazione intorno alla casa, a scopo difensivo. Si trattava di un rituale che ripeteva ogni notte, incurante delle stanche membra.
"Sarebbe molto più semplice con una bacchetta di sorbo,
tayir saghir, ma devi imparare a farlo anche senza".
La Alistine non avrebbe saputo dire se funzionasse o meno, così come non aveva mai osato indagare sulla vicina di casa; non le importava se fosse babbana o meno, era convinta di aver appreso cose più preziose da lei che ad Hogwarts, almeno in certe occasioni.
La libreria che faceva mostra di sé in salotto raccoglieva decine e decine di libri, molti dei quali Niahndra non aveva mai neanche notato, figurarsi toccato. Provava una sorta di timore reverenziale nei confronti della donna e mai si sarebbe permessa di lasciar vagare le dita sulle coste ordinate, sui titoli ondeggianti ed impreziositi da polvere d'oro, sebbene la tentazione di lasciar fluire la propria energia sui polpastrelli ed usare "i pizzichi delle dita" fosse irresistibile. Si trattava di una tecnica che Hameeda stessa le aveva insegnato; la donna era convinta che in momenti diversi della vita per ogni persona esistesse il libro adatto, il libro che ti ispira e che sembra parlare proprio a te, tra tutti. Con
i pizzichi delle dita – se eri abbastanza bravo – non potevi sbagliare.
«
L'hai trovato, bimba? Dovresti vederlo all'altezza degli occhi.» Niahndra fece scorrere le iridi da una mensola all'altra mormorando sottovoce i vari titoli prima di scovare il libro giusto e prenderlo con delicatezza. «
Trovato.»
Fu allora che il suo sguardo venne catturato da un disco vitreo grande quanto il palmo della sua mano che poggiava in bilico, al suo interno si intravedevano fiori essiccati. I petali rosati l'attraevano e respingevano al tempo stesso; prima di potersene rendere conto la ragazza aveva allungato la mano, ma non appena la pelle sfiorò il sottile medaglione una scossa improvvisa le saettò lungo il braccio, fin su la spalla, e si diramò per tutto il corpo.
La Alistine si ritrasse spaventata ed il vetro si infranse in mille pezzi mentre ancora quell'orrenda sensazione di malessere fisico le intorpidiva i muscoli.
«
Che succede, ragazza?» La voce di Hameeda le giunse lontana e solo dopo qualche secondo si rese conto che la donna l'aveva raggiunta.
«
Io... mi dispiace, l'ho fatto cadere.» Mortificata si accucciò a terra per raccogliere le schegge, ma si bloccò a metà del movimento: i petali vellutati sembravano ora piccole ferite violacee sul pavimento e per una qualche oscura ragione il magnetismo avvertito poc'anzi era sparito lasciando completo spazio alla repulsione.
«
Non toccare.» Sorpresa dal tono stentoreo Niahndra alzò gli occhi sull'anziana signora, colpevole. Hameeda non vi badò e storse il naso. «
Senti quest'odore? Niente di buono.» L'aria in effetti aveva assunto una nota asprigna e sgradevole, ma la giovane ancora non sembrava capire.
Aiutandosi con un panno per evitare di toccare i fiori e le foglie lanceolate, la vicina raccolse i pezzi e li portò vicino alle narici prima di sputare una mezza parola che la Tassina non comprese ma che aveva tutta l'aria di essere un'imprecazione.
«
Ciliegie del diavolo. Come facevi a saperlo?» Sapere cosa? L'espressione che la giovane le restituì lasciava intendere quanto poco stesse seguendo il filo del discorso.
«
Io non... non volevo farlo cadere, ho solo sentito---» Che cosa? Stava forse impazzendo? Forse le sciocche credenze di Hameeda la stavano condizionando? In mancanza di una parola adatta tacque, a disagio mentre l'altra la scrutava sovrappensiero.
«
Arrah.»
«
Arrah?» L'altra annuì come se questo potesse chiarire le cose; non era la prima volta che le sue parole rimanevano criptiche, in attesa di una specifica che non sempre giungeva.
«
Sembra che tu sia stata più brava di me a percepirlo. Gli oggetti non sono mai malvagi in sé, ma assorbono l'energia dell'ambiente o della persona che li produce e questo li cambia, lascia una sorta di marchio, come un alone. Dev'essere quello che hai percepito. Arrah.»
«
Oh.» Non sapeva che pensarne. Discorsi del genere potevano sembrare così assurdi per la maggior parte delle persone, troppo rapide a gridare al ciarlatano; eppure la Alistine conosceva una storia diversa e con quale coraggio avrebbe potuto affermare che
Arrah fosse una sciocchezza e forgiare le rune invece no? Il principio era il medesimo.
«
Vale anche per le persone, L'arrah ci circonda, ci contraddistingue, e rivela più cose di quel che vorremmo condividere. Una corrente luminosa, pulsante e mutevole, un continuo flusso di energia. L'aura non mente, ed i suoi colori neanche.»
«
Tu riesci a vederla?» Nel momento stesso in cui pose la domanda, seppe la risposta; ciò nonostante non ebbe il coraggio di chiedere ciò che veramente desiderava sapere.
Nei giorni successivi quella parola dal suono arcano continuò a pulsarle nella testa, lei si divertiva a farla rotolare sulla lingua e sentire come solleticasse le labbra al pari di spine gentili. Una settimana dopo si presentò a casa di Hameeda.
«
C'è qualcosa che ti blocca.» Erano ormai due ore che Niahndra si sforzava di concentrarsi e focalizzarsi sull'aura luminosa che avrebbe dovuto circondare la pianta grassa che stava davanti a lei. La silhouette smeraldina si stagliava contro la parete neutra, ma tutto ciò che lei era in grado di vedere era un alone biancastro. Di certo non si illudeva di poterci riuscire al primo colpo, né al secondo, né al terzo e Hameeda l'aveva avvertita sulle difficoltà, ma non poteva nascondere una certa frustrazione.
La sua mente funzionava per immagini, giocava coi simboli e con le metafore, e soprattutto coi colori; intimamente aveva sperato che riuscire a scorgere le sottili trame dell'aura potesse aiutarla a comprendere meglio se stessa e risolversi come un puzzle. Ma qualcosa la frenava.
«
Hai un muro nella testa, devi aggirarlo per poter percepire le vibrazioni dell'animo. So che puoi farlo, tayir saghir.»
Alla fine le aveva bendato gli occhi. «
Concentrati sul piano di vibrazione, non su quello che vedi. Voglio che ti dimentichi dei colori così come li conosci.» Improvvisamente cieca, Niah si era lasciata guidare – dapprima un po' restia – fin fuori casa, nel profumato giardino della donna; sotto le sue indicazioni si era inginocchiata e aveva lasciato che l'altra le prendesse le mani.
Senza preavviso, le sue dita affondarono nel terriccio. «
Marrone. La terra sotto i piedi, il suolo ricco di nutrimento, ma anche il colore delle piante morenti.» I polpastrelli si graffiarono al contatto con la corteccia ruvida. «
Il verde, al contrario, è vita. Il succo dissetante della mela, il solletico dell'erba, il sapore amaro dei broccoli; verde è l'odore rinfrescante della menta, della salute e della guarigione; il suono del vento tra gli alberi e il cinguettio degli uccellini tra i rami. Verde è equilibrio.» Verde era Elhena nella sua calma rassicurante.
Hameeda la guidò per qualche altro passo prima di farla distendere sotto il sole. «
Arancione sono i raggi sulla pelle, la sensazione di sazietà dopo un pasto, arancione è ciò di cui ha bisogno la vita per crescere rigogliosa; arancione è generosità, abnegazione, compassione ed amore verso il prossimo.» Arancione era Leah, tiepida come una giornata primaverile.
«
Ora prendi l'arancione e portalo all'estremo, questo è il rosso. Il rosso è prepotente, aggressivo, reclama la tua attenzione; rosso è le sirene dell'ambulanza...» La voce della donna si perse nel vento perché Niahndra conosceva già il rosso e aveva imparato a temerlo. Rosso era il pomeriggio al campo di quidditch passato con Kevin; era il tramonto, le fiamme vive e divampanti, i papaveri, il sangue; era il pericolo, la passione, ed i cartelli di divieto babbani. Era la collera e l'aggressività. Era il timore scaturito da qualcosa che non si è in grado di controllare.
A quel punto fu come un torrente in piena; il fuoco vermiglio s'attenuò, senza perdere del tutto il suo dinamismo; un giallo in continuo movimento, energico, guizzante lo sostituì: Eloise. Giallo come il sole e come l'energia, come l'elettricità che percorreva costantemente i muscoli della ragazza.
Poi giunse la calma e pacifica bolla del blu, le placide acque del mare, il lapislazzulo che impreziosisce la tela, l'espressione stanca ma sornione di Horus al termine della ronda.
E poi il grigio la colpì come una sferzata di vento. Il grigio sapeva di neve e freddo metallico, aveva la consistenza dura della pietra e la silhouette scheletrica di un albero intirizzito dall'inverno; grigio era nebbia, confusione, spaesamento; grigio era la cenere che rimaneva dopo il rosso di fiamma.
Grigio era un nome che Niahndra si tenne ben stretto.
«
Riesci a vederli adesso?»
«
Sì.»
Quel nuovo, sinestetico flusso di informazioni sommerse la sua mente che faticava a tener testa a tutti quegli stimoli, i cinque sensi collaboravano strenuamente e la loro unione formava qualcosa di più della semplice somma dei singoli; era una sensazione che Niahndra non avrebbe saputo descrivere, era come se i suoi orizzonti si fossero allargati ma al tempo stesso ancora non era in grado di esplorarli.
La frustrazione crebbe perché adesso
sapeva che ci fosse molto di più, ma tentare di setacciare tutte quelle nuove ed infinite possibilità era come cercare di afferrare l'acqua con le mani: inutile e sfiancante. Come quando sotto il flusso rassicurante dell'acqua della doccia il segreto del mondo si svela all'animo solo per un istante, prima di sgattaiolare via perfidamente e lasciare solo il vuoto amaro di un'occasione mancata, il rimpianto di un "quasi".
L'alone della pianta grassa rimaneva biancastro, quello scorcio sui colori del mondo, sulla sua intrinseca bellezza, si era nuovamente chiuso escludendola definitivamente; solo che adesso lei sapeva, sapeva e per questo sbatteva i pugni contro la porta, sapeva e per questo gridava così forte da grattarsi la gola che sì, lei voleva esserne partecipe, testimone di quel "di più" che le era stato sottratto così malignamente.
Allora provava a chiudere gli occhi e dispiegare le dita sottili della mente, provava a pensare al sollievo del verde, al calore dell'arancione, alla determinazione del rosso ed alla pace del blu; ma tutto ciò che il mondo riusciva a restituirle era il verde del veleno e dell'invidia, il giallo della gelosia, il rosso della rabbia e della violenza; più di tutti, le restituiva la gelida fissità del nero.
Allora la stessa sensazione di malessere fisico che l'aveva colta toccando quel disco vitreo si impossessava nuovamente di lei, ghermiva i polmoni, accecava la mente, graffiava l'inconscio; la paura faceva ritrarre le sensibili antenne e la sua coscienza tornava a nascondersi dietro quel muro difensivo che la rendeva
cieca. Cieca e protetta.
I found that I could say things with colors and shapes that I couldn't say any other way. Things I had no words for.