Per colpa di Circe, Concorso a Tema: Maggio 2015

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view post Posted on 23/5/2015, 19:54
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Oliver Brior

Cantami, o Magia, del tuo Sogno di Passione





Qualche giorno prima



Caro signor Florian Fortebraccio,
sono Oliver Brior, uno studente del primo anno della
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
La civetta che è appena arrivata nel suo locale è di mia proprietà e si chiama Lady. E' stata inviata con una richiesta da parte mia: potrei avere tre fette delle seguenti torte? Torta del Sognatore, Torta della Vendetta e Torta della Passione. Non si preoccupi, non intendo sfruttare i poteri magici di queste delizie per scopi negativi: in poche parole, non mi vendicherò né ucciderò nessuno, non temete. Credo che Lady possa trasportare tutto fino al castello, magari potete confezionare le tre fette in un pacchetto? Così per la mia civetta sarà più facile adempiere a questo compito. Nel sacchetto rosso ci sono i sei falci che le devo. La ringrazio per l'attenzione e chiedo scusa per non essere potuto venire di persona.
Oliver Brior





Presente: Sabato 23 Maggio, Biblioteca di Hogwarts

Era tardo pomeriggio inoltrato quando Oliver Brior decise di abbandonare il libro di Storia della Magia di Bathilda Bath per fare una passeggiata in qualche punto imprecisato del castello. Era arrivato relativamente da poco ad Hogwarts, forse più di qualche mese, ma ancora non conosceva perfettamente tutti i luoghi presenti in quella grande scuola di magia. Le scale, d'altronde, non aiutavano affatto ad elaborare una mappa mentale, considerando che cambiassero direzione un istante sì e un altro no. Lo studente ormai ci aveva fatto l'abitudine, sebbene non mancassero le occasioni in cui imprecava tra sé e sé anche ad alta voce, stanco di vedersi spostato da un piano all'altro senza volerlo. Il giorno prima, tanto per citarne una, era in procinto di andare a seguire la lezione di Pozioni, ma raggiungere i sotterranei era stata una vera e propria impresa: arrivato al primo piano, le scale gli avevano giocato un brutto scherzo, cambiando direzione e puntando di nuovo verso i livelli superiori, cosicché Oliver aveva dovuto percorrere di nuovo parte del percorso in maniera abbastanza affrettata, onde evitare di raggiungere la classe in ritardo e di ricevere una partaccia e magari qualche punto in meno alla sua stessa Casata, cosa che non si sarebbe mai perdonato. Per fortuna ce l'aveva fatta soltanto per un pelo, ma da quel momento si era ripromesso di portare spesso con sé la Mappa del Passaggio, che aveva acquistato di persona da Tiri Vispi Weasley, a Diagon Alley. Ricordava ancora le risate trattenute con il suo migliore amico Fred all'interno del negozio in questione, quando avevano scorto insieme una ragazzina che centrava in pieno uno scaffale di Puffole Pigmee, forse distratta da qualche filtro d'Amore o magari solo perché maldestra; la bimba non poteva avere più di sei anni e si era ritrovata con tante palle di pelo di diverse sfumature di rosa che le rimbalzavano su tutto il corpo, tirandole i capelli. Oliver e Fred erano usciti velocemente, dopo aver pagato, così da raggiungere nuovamente lo zio del primo ragazzo, che li aveva accompagnati in giro per volontà del nipote che il giorno dopo avrebbe compiuto dodici anni. Il Grifondoro, in effetti, non riusciva ancora a capacitarsi di aver avuto modo di festeggiare il suo compleanno ad Hogwarts, ricevendo il permesso dai Capi Supremi quali Caposcuola e Prefetti e organizzando un semplice party proprio nella Sala Comune di appartenenza. Se ritornava con la mente all'attimo in cui Fred gli chiedeva di suonare e cantare davanti a tutti i partecipanti, Oliver scoppiava a ridere e assumeva un intenso colorito rossastro, dovuto all'imbarazzo. Che si fosse ubriacato con una Burrobirra era ormai una cosa che sapevano tutti, quindi meglio non rifletterci troppo. Quella mattina, comunque, Oliver aveva ricevuto finalmente le tre fette di dolce che aveva ordinato alla pasticceria e gelateria di Florian Fortebraccio, dove era stato in occasione della Festa di Primavera di qualche settimana prima. Lady, la sua candida civetta delle nevi, era volata direttamente sulla sua testa in modo per niente aggraziato; non aveva alcuna eleganza neanche nei movimenti! Fortunatamente, il pacchetto contenente le tre fette di torta non si era disfatto né aperto improvvisamente: Oliver non avrebbe voluto ritrovarsi la faccia o i capelli impiastricciati di panna e zucchero a volontà. Con l'intento di assaporare in perfetta tranquillità quelle prelibatezze, essendo molto goloso, il Grifondoro concluse velocemente il suo pranzo in Sala Grande e poi raggiunse il proprio dormitorio per completare la storia di Ulisse che doveva consegnare la settimana successiva al docente di Storia della Magia. Rileggendo il testo scritto sulla pergamena, lo studente si accorse si aver mancato un pezzo sulla maga Circe, un personaggio che Odisseo, l'eroe greco di cui avrebbe dovuto parlare, aveva incontrato su un'isola dell'Antica Grecia; il ragazzo non ricordava molto della sua figura, così con rammarico fu costretto ad andare in Biblioteca. Infilò il suo lavoro non finito nella borsa a tracolla di pelle di manifattura Babbana che suo padre gli aveva spedito ad inizio anno, quindi recuperò una penna con una boccetta d'inchiostro e mise tutto lì dentro. Prima di uscire dalla Sala Comune, Oliver afferrò anche la Mappa del Passaggio e il pacchetto contenente i dolci, cercando di far entrare ogni cosa nella borsa, che adesso sembrava sul punto di scoppiare come una bomba. Soddisfatto, varcò il quadro della Signora Grassa, che salutò cordialmente con un acuto musicale: già, lui e il ritratto erano diventati veri e propri amici e ormai si scambiavano note come se fossero frasi. Oliver non pronunciava la parola d'ordine per accedere al passaggio segreto che portava alla Sala Comune di Grifondoro, ma la cantava per la gioia della Signora Grassa, essendo anche lei amante della musica in tutte le sue forme, soprattutto quella lirica. Non fu un caso, in effetti, che la donna nel dipinto dicesse: "A più tardi, mio diletto, che la luna sia al tuo cospetto!". Oliver riconobbe la citazione del musical scritto e prodotto dalla sua cantante preferita, Celestina Warbeck, che aveva anche avuto modo di intervistare per la Gazzetta del Profeta, lavorando per la redazione come un giovane giornalista. Così, rispose per le rime, ricordando la battuta successiva della scena VII di "Non ti scordar di me, Violé".
"Le prometto, mia immortal sposa, che pronto di me sarà orgogliosa"
Entusiasta per aver sentito il continuo corretto del pezzo teatrale e del fatto che fosse stato cantato, la Signora Grassa batté le mani nella cornice e poi mandò un bacio volante in direzione del suo Grifondoro. Con un sorriso stampato in viso, Oliver pensò a quanto fosse bello essere ad Hogwarts: non c'era luogo più elettrizzante, ne era sicuro. Estrasse la Mappa del Passaggio e seguì le indicazioni per raggiungere la scorciatoia che portava alla Biblioteca. Infatti, dopo soli cinque minuti, Oliver si era allontanato dalla Torre d'Astronomia ed era giunto al quarto piano. Con un colpo leggero della bacchetta magica sulla Mappa, il ragazzo rese quest'ultima soltanto una comune pergamena, grazie alla magia di cui era intrisa. Nascose il foglio nella borsa ed entrò in Biblioteca, percependo immediatamente due cose: la prima era il silenzio che regnava sovrano in quel posto; la seconda, il profumo della carta, antica o nuova che fosse non importava: era un odore talmente intenso e sorprendente che Oliver restò fermo sulla soglia d'ingresso, gli occhi socchiusi mentre si inebriava di quel sapore olfattivo spettacolare. Un colpo di tosse lo riscosse dalla sua gioia e il Grifondoro si accorse dell'occhiataccia della biliotecaria, una donna magrissima e con un naso aquilino che si sposava al meglio con l'espressione accigliata che aveva riservato ad Oliver. Annuendo con un rapido cenno del capo, quest'ultimo si richiuse il portone di legno alle spalle e si avviò lentamente, quasi come se fosse in un luogo sacro, verso il reparto contenente testi storici. Lontano dall'attenzione della bibliotecaria, si sentì più libero e si ritrovò a pensare alle possibili conseguenze della scoperta di aver portato con sé dei dolci in Biblioteca. La donna dietro la scrivania all'ingresso lo avrebbe maledetto e cacciato fuori lì su due piedi. Scacciando quelle immagini poco positive, il dodicenne fece scorrere le dita su volumi polverosi incastonati come tante gemme nei vari scaffali della libreria. Finalmente, dopo qualche istante, trovò il testo che faceva al suo caso e lo estrasse delicatamente dalla sua posizione. Con il libro sottobraccio, percorse quasi l'intero corridoio e raggiunse un tavolo con delle sedie dall'aria non molto comoda; almeno era un punto lontanissimo dall'ingresso, quindi Oliver sarebbe potuto stare da solo senza ricevere occhiate indiscrete. Si lasciò cadere su una sedia di legno e posò la borsa sul tavolo: attorno a sé c'erano pile di volumi su volumi di qualsiasi genere si potesse pensare. Era come una barriera di cultura e il ragazzo si sentì protetto da quelle mura di carta ed inchiostro. Prima di aprire il testo che aveva recuperato, Oliver cacciò dalla borsa la confezione di dolci e la scartò lentamente, anche se nessuno avrebbe potuto percepire quel lieve rumore. Aperta, i suoi occhi si posarono su tre fettine di torta dall'aspetto meraviglioso e molto invitante. "Maledizione, e come faccio a capire quale sia l'una e quale l'altra?" si chiese mentalmente, pensando che Florian Fortebraccio avrebbe potuto aggiungere un fogliettino di spiegazioni insieme al pacchetto inviato. Oliver aveva ordinato una fetta di torta della Vendetta, una della Passione e un'altra del Sognatore, giusto per provarle, essendo stato colpito dalla magia della Torta Poliglotta assaggiata alla Festa di Primavera, che gli aveva permesso di dialogare in Finlandese per almeno un quarto d'ora. "Chissà quali altri gusti e incanti ci sono" si era domandato, quindi aveva deciso di ordinarne qualcuno, spinto dalla sua innata curiosità. Senza pensarci due volte, Oliver decise di prendere un pezzettino soltanto di ogni fetta: almeno, le conseguenze magiche non sarebbero state disastrose se ne avesse mangiato così poco. Dimentico di recuperare una forchetta o magari un cucchiaino, lo studente intinse un dito nel primo dolce, che sembrava di un profondo color azzurro misto ad un blu e ad un indaco simile ai petali delle orchidee che aveva regalato alla professoressa Argentea la settimana prima. Il gusto era un misto di menta con qualche sfumatura di vaniglia, ingredienti che Oliver adorava alla follia. La seconda fetta era rossa e con cuoricini di panna sparsi ovunque, tanto che il ragazzo pensò si trattasse della Torta della Passione; comunque, ne ingoiò un altro morso e sentì il cuore aumentare di battiti in un istante, mentre la fronte gli si imperlava di sudore. Forse era meglio calmarsi prima di assaggiare l'ultimo dolce di uno strano violetto con strisce di zucchero nero. Lasciando intatta quest'ultima fetta, Oliver si passò una mano tra i capelli e aprì il volume intitolato "L'influenza di Circe su Ulisse e gli Antichi Dei" di un certo Maledis Males, che purtroppo lo studente non conosceva. Rapidamente, il Grifondoro consultò l'indice nella pagina iniziale e trovò il paragrafo che parlava dell'arrivo di Ulisse all'isola di Eea, sede della maga citata.
Giunto a pagina 276, il dodicenne si dedicò alla lettura.


"E il pelago tutto d'intorno la stringe e ghirlanda"
Omero, Odissea, canto X
L'isola di Eea (o Aeaea) viene nominata nell'Odissea come dimora della maga Circe e prendeva il nome da Eos, l'aurora. Secondo gli antichi cantori greci, la strega in questione era figlia di Ecate, la dea della magia nonché fattucchiera con una grande padronanza degli Incanti Illusori. Altre fonti, al contrario, affermano che Circe sia figlia di Elio e della ninfa Perseide, benedetta però dalla divinità precedentemente nominata. Ulisse - chiamato anche Odisseo per i Greci - dopo aver visitato l'isola dei Lestrigoni, uomini carnivori di cui non abbiamo testimonianze dirette, naufragò a causa di una tempesta sulle rive dell'incantevole dimora di Circe, la quale accolse l'eroe e la sua truppa di marinai e soldati con profonda gentilezza...


Oliver si stava appisolando, in realtà.
Lasciò perdere tutta la parte introduttiva del capitolo, che già conosceva perché ascoltata alla lezione del docente di Storia della Magia di Hogwarts. Fece scorrere lo sguardo verso il basso, mentre stranamente la testa si annebbiava come se volesse spingerlo a dormire, anzi a riposarsi. Il ragazzo percepiva un richiamo al sonno che non riusciva a giustificare, mentre la testa gli pulsava in modo sempre più violento, facendolo sudare nonostante l'aria rarefatta ma almeno fredda della Biblioteca. Distrattamente, Oliver intinse il dito nella terza fetta di dolce e assaporò la torta viola e nera con grande gioia, poiché per un attimo la sua gola esplose a causa del gusto piccante di quella pietanza. Almeno non sarebbe crollato sul libro. Riprese la lettura da un punto più basso del primo, muovendo la mano per creare un soffio di vento e allontanare il caldo che lo stava avvolgendo nelle sue spire.


"E su l'isola Eea sorgemmo,
dove Circe, diva terribile.
dal crespo crine e dal dolce canto,
avea soggiorno"

Omero cita la strega come se fosse una diva terribile, quasi una divinità potente. Molti studiosi affermano che Circe abbia avuto una grande predisposizione per la preparazione di Pozioni d'Amore come l'attuale Amortentia, che a quel tempo non aveva gli stessi effetti piacevoli di oggi; in effetti, sembra che Circe abbia somministrato questo tipo di decotto ad Ulisse, dopo aver trasformato i suoi marinai in tanti maialini, grazie ad un incanto di Trasfigurazione Complessa. Di seguito, una citazione narrativa dell'incontro fra Circe e Ulisse.


Oliver ricordava la storia a linee generali: Circe stregava la ciurma di Odisseo, mettendo tutti fuori gioco, poi si concentrava completamente sull'eroe greco, che voleva conquistare per rendere suo sposo per l'eternità. Gli propose gentilmente di restare con lei sull'isola, diventando regnante di quello splendido angolo di Paradiso terrestre, cosa che Ulisse rifiutò per l'amore che nutriva nei confronti di Penelope, sua moglie, che aspettava il suo rientro ad Itaca con il figlioletto di nome Telemaco. Il ragazzo ricordava anche l'ira di Circe che voleva possedere Odisseo a qualsiasi costo, tanto da attuare una vendetta nei suoi confronti per l'oltraggio subito. La strega avrebbe voluto...
No, Oliver avrebbe voluto....

Il mondo si capovolse in un istante. Era accaduto qualcosa che lo studente non riusciva a comprendere, essendo stremato per un motivo sconosciuto. Si sentiva appesantito, come se si fosse allenato al Campo di Quidditch per ore ed ore, senza mai fermarsi. La fronte esplodeva e ormai era completamente coperta da gocce di sudore. Il Grifondoro strizzò gli occhi per continuare la lettura, rimpiangendo di non aver portato il volume fuori, così da consultarlo all'aria aperta, magari sotto una quercia secolare accanto le rive del Lago Nero, uno dei suoi posti preferiti. Cercò di non perdere la concentrazione e per un attimo sembrò riuscirsi, sebbene non fosse realmente così. La biblioteca scomparve dalla sua vista e Oliver percepì diversi profumi in un solo istante: cannella, menta, salsedine, addirittura quello del Cespuglio Farfallino! Alzò lo sguardo dal libro e per poco non gettò un urlo. Non si trovava più in libreria. O meglio, non era più ad Hogwarts. Ovunque scorgeva soltanto un'immensa e splendida distesa di spiaggia dalla sabbia chiara come la neve, mentre lo scroscio delle onde che si infrangevano contro gli scogli arrivava fin alle sue orecchie. Oliver si chiese se in qualche modo si fosse Materializzato, poi la parte razionale ancora attiva della sua mente gli ricordò la regola di Hogwarts per cui Materializzarsi e Smaterializzarsi dentro i confini della scuola non fosse possibile. E allora dove si trovava? Ma, soprattutto, come c'era arrivato?
Fece qualche passo in avanti e gridò quando si accorse che i suoi piedi fossero nudi e toccassero veramente la sabbia. Corse verso il mare e si specchiò sulla sua superficie.
Non era lui. Non era lui quella persona che il riflesso dell'acqua gli rimandava.
Spalancò gli occhi, quando capì di essere diventato nientedimeno che Circe. Il suo corpo era molto più basso e formoso, aveva delle curve sinuose ai fianchi e lunghi capelli scuri, intrecciati con delle conchiglie e pietre colorate.
"Cosa diamine... mi sento male, mi sento male" esclamò ad alta voce, osservando il suo volto da vicino nel mare: occhi scuri come il petrolio, viso dolce con un naso affusolato e gote rosse. Era una donna. Era Circe! Ma quale stregoneria era mai quella?
Indossava anche un lungo abito bianco, come se fosse un'antica divinità greca, cosa che lo fece rabbrividire. Oliver, o quello che un tempo era Oliver, urlò la sua rabbia e la sua perplessità con un verso stridulo, del tutto
femminile. L'odore della salsedine gli invase le narici e il ragazzo/la ragazza ebbe un violento giramento. Stava per cadere a terra, quando due braccia possenti riuscirono ad afferrare il suo corpo al volo. Ci fu un istante di silenzio interrotto solo dallo sciabordio delle onde, durante il quale la finta maga Circe si volse di scatto verso la persona che l'aveva salvata dall'impatto.
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"Dolce è il tuo sorriso, caldo è il tuo abbraccio" disse l'uomo che stava stringendo Oliver. Cosa? Non era possibile.
Quello era proprio...

"Ulisse!" esclamò, sentendo la razionalità salutarlo con un biglietto di sola andata verso un luogo lontano, quale il Nulla. "Pronunci il mio nome, mia Amata, con le labbra intrise di parole di miele" rispose l'eroe greco, lo sguardo luccicante e il tono di voce profondo.
Quello che pochi istanti prima era uno studente Grifondoro della scuola di Hogwarts adesso non era altri se non la meravigliosa maga Circe. Con un rapido collegamento mentale, Oliver capì di trovarsi sull'isola Eea. Forse era un sogno! Forse era dovuto all'effetto della Torta del Sognatore che aveva ingerito in parte prima. Rassicurato, si sciolse dall'abbraccio di Ulisse, senza però provare disgusto. Stava per riflettere proprio su questo dettaglio, quando il suo sguardo incrociò quello azzurro mare degli occhi di Odisseo. Il suo cuore reagì in secondo, cominciando a battere all'impazzata come se volesse uscirgli dal petto. Non c'era più una minima parvenza di lucidità nella mente dello studente, perché Circe provava sentimenti troppo forti per l'uomo che le stava davanti. Una mano sottile e pallida, appartenente al dodicenne del sogno, si alzò di qualche centimetro per accarezzare il volto ispido di Ulisse, coperto da un sottile strato di barba. Le dita si posarono sulla guancia, sul suo naso e sul capo dell'eroe, intrecciandosi con i ricci scuri dei suoi capelli. Niente valeva più di quel momento per Circe; la strega si avvicinò di un passo al corpo di Odisseo e gli prese le braccia, avvolgendosele al suo stesso bacino. Le fece scendere giù fino ai fianchi, mentre i suoi occhi si inebriavano della potenza del mare presente nello sguardo di Ulisse. Restarono così, entrambi, per qualche istante, senza che Oliver capisse di preciso cosa stesse accadendo. Era trasportato in tutto e per tutto verso l'altro; non aveva mai sperimentato una passione tanto ardente da fargli perdere i sensi e il controllo del suo cervello, ma non poteva chiedere di meglio. Ignaro di qualsiasi altra cosa, lo studente, nei panni di Circe, posò alcune dita sul petto dell'eroe greco, allontanando i due lembi della camicia bianca che questi indossava, mentre con la mano libera gli accostava il viso al suo, in un lento e infinito movimento verso il basso.
"Mia diletta, rendimi tuo schiavo, rendimi l'oggetto della tua intensa passione. Divorami con il fuoco che divampa nel tuo spirito" dichiarò Ulisse, vinto anche lui da un istinto primario e da un desiderio quasi carnale che si poteva leggere nei suoi occhi.
"Sarai accontentato, mio prode guerriero" concluse la Maga del sogno.
Circe osservò le labbra di Odisseo fremere di impazienza e di eccitazione, quindi lo avvolse nelle sue braccia con una stretta capace di mozzare il respiro, forse perché dovuta alla forza di Oliver; con un sorriso malandrino, la sua bocca si dispose esattamente su quella del suo uomo, trovandosi come due tasselli mancanti di un puzzle. Il loro fu un bacio lungo e appassionato, pieno di emozione e di brividi che percorrevano l'intero corpo della strega di Eea. Ulisse cinse i fianchi di Circe e sfiorò le sue natiche in un lento movimento, mentre la donna del sogno sentiva il battito del cuore accelerare sempre di più, vinto da una sete di amore davvero insaziabile.
Una lucina apparve nella mente di Oliver quando le sue labbra si staccarono da quelle dell'eroe possente che continuava a tenerlo stretto, convinto che fosse la sua amata Circe, che lo aveva ammaliato con la sua magia. Forse l'effetto della Torta del Sognatore stava svanendo, perché una voce risuonò nella mente dello studente.

"Uccidilo, uccidilo, uccidilo!"
Man mano quelle parole furono quasi urlate nella sua testa, tanto da farlo ritornare con i piedi per terra. Disgustato da quella vicinanza e dal fatto che Ulisse gli stesse toccando letteralmente il sedere, palpeggiando punti del suo corpo ancora femminile, il Grifondoro provò un istinto omicida nei confronti dell'altro. Come osava trattarlo come la sua sguattera? Altri pensieri vorticarono dentro di lui, uno dei quali gli diceva che ben presto Ulisse sarebbe andato via dall'isola di Eea, la sua isola, lasciando il vuoto al suo posto, solo perché l'amore per la misera Penelope era più forte di qualsiasi incanto. Non poteva permetterlo, ne andava della sua dignità. O di quella di Circe?
Confuso ma meno accecato dalla passione, Oliver parlò ancora con la voce della strega:

"Mi abbandonerai, mio sposo?" chiese, provando a lottare contro il desiderio di essere stretto dalle braccia vigorose di Odisseo. Non era lui, dannazione!
L'eroe greco scosse il capo e sollevò le mani fino al seno di Circe.
"Godiamo il momento che il Fato sembra concederci" furono le sue uniche parole, la sua stupida e insulsa giustificazione. Allora sarebbe partito! Sarebbe andato via e l'isola di Eea sarebbe stata nuovamente priva del suo re! Oliver pensò a tutte le volte in cui i suoi compagni di stanza gli dicevano che l'Incanto di Librazione fosse ormai il suo marchio di fabbrica, poiché faceva volteggiare qualsiasi oggetto per il dormitorio e l'intera Sala Comune. Bene, l'avrebbe usato in quel momento, sebbene non avesse molto senso. La sua mente era ancora in subbuglio, in realtà: i pensieri erano confusi e il sentimento di passione che provava per Odisseo era stato sostituito dall'idea della vendetta. Così, sorrise per ingannare il povero greco e lo baciò di nuovo, mordendogli il labbro inferiore con forza, quasi per farlo sanguinare. Ulisse strinse il corpo a quello di Circe, facendo scendere le mani ancora sui suoi fianchi. Il momento era arrivato! La strega scostò la mano dal torace dell'uomo, attuando un rapido movimento circolare mentre pronunciava in un sussurro: "Wingardium Leviosa". Le leggi della magia non furono rispettate in quell'occasione: Circe, o meglio Oliver, non aveva una bacchetta magica con sé, ma allo stesso tempo non aveva evocato il pugnale che adesso stringeva tra le dita della mano destra. Del resto, forse era un sogno.
"Voglio possederti, mia amata" esclamò ad un tratto Ulisse, spingendo le braccia in basso per poter alzare da terra il corpo della donna. Una risata prolungata e poco femminile, anzi quasi simile ad un verso di pazzia, scaturì dalla gola di Circe mentre un attimo dopo la lama del pugnale entrava nel petto di Odisseo come una lama nel burro. Lo sguardo del re di Itaca incrociò ancora quello scuro della sua diletta, mentre le forze lo abbandonavano e lui ricadeva sulla spiaggia dell'isola. La vita si allontanò presto dal suo cuore e la sua anima si spense in un ultimo respiro.
"Penelope non vedrà mai il suo dolce sposo" disse la Maga con una vocina stridula. Le onde si infransero con un rumore particolarmente fragoroso contro gli scogli della costa e il cielo si tinse di scuro, come se gli Dei stessero piangendo la morte del loro protetto. Circe perse la sua bellezza e il suo carattere femmineo, ritornando ad essere Oliver. Spinto da un ultimo desiderio incontrastabile, lo studente si inginocchiò accanto al corpo di Ulisse e poi gli si distese sopra. Posò le labbra sulla ferita eterna presente sul suo petto e rise in maniera estrema. Poi, passò la lingua sul sangue e stampò un ultimo bacio su quel punto. Quando si rialzò, il suo viso era macchiato di un intenso rosso scuro e...
"NOOOOOOO!"
Successe tutto in un secondo: la spiaggia scomparve, l'odore di salsedine e di sabbia lasciarono posto a quello inebriante della carta e inchiostro, mentre la Biblioteca di Hogwarts appariva di fronte lo sguardo spalancato del dodicenne. Era finita. Aveva smesso di sognare, finalmente.
Si tastò i capelli per vedere se avesse residui di conchiglie, poi fece scorrere le dita di entrambe le mani sul viso, felice che non fosse intriso di sangue; ancora, si toccò le labbra e trattenne per un pelo un conato di vomito.
Doveva ritornare in Sala Comune, al diavolo Circe e i compiti che doveva fare!
Si guardò intorno rapidamente, certo che il suo urlo avesse attirato l'attenzione della bibliotecaria o di qualche studente, ma la scelta dell'ultima postazione della Biblioteca fu vantaggiosa perché gli aveva permesso di essere lasciato completamente in pace, anche in quel momento. Oliver si alzò dalla sedia scricchiolante e fece diversi lunghi respiri. Era finita. Si ripeté quel mantra numerose volte mentalmente, mentre correva a posare il libro di storia nel suo scaffale. Lo infilò nel suo reparto senza guardarlo neanche, quindi tornò al tavolo e gettò tutte le sue cose, tra cui la bacchetta magica, nella borsa a tracolla. Prese la confezione delle tre torte e le osservò un'ultima volta: a quanto pareva, aveva assaggiato prima la Torta del Sognatore, che aveva scaturito tutto quell'incubo; poi aveva provato la Torta della Passione che gli aveva inibito completamente i sensi, provocando un desiderio impellente nei confronti di Ulisse. Il solo pensiero di averlo baciato, toccato, tastato...
"Basta!" disse ad alta voce, valutando se non stesse uscendo matto. La terza fetta, viola e nera, era quella della Torta della Vendetta, altrimenti non si spiegava il suo strano comportamento macabro: aveva anche baciato la ferita di Odisseo, cospargendo le gote e le labbra di sangue per puro divertimento! Un altro conato salì su per la gola del Grifondoro, ma Oliver lo ricacciò indietro e scosse la testa, come a scacciare quelle sue strampalate riflessioni. Afferrò la confezione con le tre fettine di dolce ancora intatte ad eccezione di qualche morso e la gettò senza problemi nel cassetto nero presente nella sezione in cui si trovava. Poi, pallido e ancora tremante, percorse rapidamente il corridoio che portava all'uscita e, senza badare all'occhiataccia severa della donna arcigna dietro la cattedra di legno, abbandonò la Biblioteca e sfrecciò, libero, verso la Sala Comune dei Grifondoro alla Torre d'Astronomia. Per quella sera non avrebbe concluso il suo compito di Storia della Magia: era troppo scosso per poter anche solo immaginare di scrivere qualche riga su Circe e Ulisse. Arrivato al cospetto della Signora Grassa, il dipinto lo salutò con un'altra battuta del musical di Celestina, ma Oliver sussurrò la parola d'ordine e basta, entrando nel passaggio segreto senza neanche rispondere alla donna del quadro. Una volta giunto in dormitorio, si gettò sul letto, ancora vestito. Di una cosa era certo: le torte Babbane di sua zia Adeline gli mancavano da morire; più di un'indigestione, almeno, non avrebbe corso altri pericoli magici.

Edited by David J. Potter - 29/5/2015, 20:02
 
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