Ora buca

Aveva avuto un attimo di respiro dalle lezioni, era appena uscita dall’aula di Difesa contro le arti oscure e doveva andare a pozioni, certo, però aveva un’ora in cui non aveva assolutamente nulla da fare. Quella poteva soltanto essere l’occasione migliore per poterne approfittare e andare a studiare qualcosa, portarsi avanti. Arrivò davanti alla Sala grande e rimase ferma ad osservare i primini che correvano all’impazzata, come criceti inferociti perché si erano persi, perché non riuscivano a trovare la strada per la lezione successiva. Violet si trovò a sorridere piuttosto mesta perché con la memoria tornò a quando anche lei era al primo anno, a quando, il precedente anno, insieme a Sophi, Mary, Cath e Flam, correva per quei corridoi esattamente come i ragazzini nuovi perché non riuscivano a trovare le classi giuste. Chissà se in mezzo a quella folla c’era anche qualche piccolo Corvonero.
Violet indossava la divisa scolastica composta da una camicia bianca a maniche lunghe per poter nascondere le ferite che erano ancora piuttosto evidenti, la cravatta con lo stemma della sua casata, un paio di collant nere, una gonna grigia e mocassini; i capelli erano lasciati sciolti sulle spalle e scendevano in morbide onde mentre il volto era ancora terribilmente devastato, una riga rossa in via di guarigione attraversava a sua guancia, la sua carnagione era pallida e sciupata e gli occhi erano contornati da cerchi neri, tipici di coloro che non riuscivano a dormire molto bene.

Era ancora ferma a fissare tutti quanti quando sentì una voce vicino a lei e, questa volta, non stava nella sua testa, non era Lucy, era reale, davvero reale. Voltò lentamente il capo sondando il terreno e, alla fine, incrociò lo sguardo di un giovane corvonero che era fermo a fissarla con due fari color del mare che spiccavano su quel volto incorniciato da riccioli rossi. Violet non era molto brava con i nomi ma difficilmente dimenticava un volto quando se lo trovava davanti. Sorrise quindi, in maniera molto tirata, e fece qualche passo verso di lui.

«Mitchell….si, mi ricordo di te. Credo di averti conosciuto in sala comune prima dell’estate. Come stai? Come vanno le lezioni? Sei riuscito ad ambientarti un po’? Hai bisogno di una mano per raggiungere la lezione successiva?»

Chiese alla fine, fermandosi proprio davanti a lui e incrociando le braccia dietro la schiena. In fondo non aveva nulla da fare e se poteva essere utile ad un suo giovane concasato ci avrebbe solo guadagnato.

Mentre parlava si era accorta dello strano sguardo che Mitchell le lanciava e stava anche iniziando a sentirsi in imbarazzo. Per caso anche lei era così il primo anno? Pure lei guardava quelli più grandi con sguardo assorto? Effettivamente si era ritrovata più e più volte a fissare sia Patrick che Derk con occhi piuttosto trasognanti ma lo aveva fatto anche con Jenifer e Alice…ma in fondo lei era pazza, era normale vederla in simili circostanze. Che fosse pazzo anche lui? Alla fine però parlò e la giovane sorrise appena. Incantesimi. Ancora una volta si ritrovò a pensare quanta gioia aveva provato nel cominciare le lezioni l’anno precedente mentre, questa volta, l’unica gioia era di essere ad Hogwarts, lontana da casa. Poi ovvio, anche le lezioni lei le adorava, quali di più quali di meno, però niente era paragonabile all’essere lì, con i suoi amici e i suoi compagni di casata.

«Ma certo, ti accompagno volentieri. Dobbiamo raggiungere il terzo piano. Ti hanno già detto delle scale? A loro piace cambiare, sono meravigliose non trovi? Certo, quando si va di fretta un po’ meno ma in generale io lo trovo davvero divertente.»

Disse con un sorriso dolce iniziando a camminare in direzione della scala. Dopo un paio di passi la giovane sentì uno strano miagolio alle sue spalle e vide la sua piccola Coraline arrivare di gran carriera con un gatto tutto nero alle calcagna.

«Hey piccola, che succede?»

Chiese la ragazzina. Nel vedere la sua gatta spiccare un salto, aprì le braccia per prenderla al volo e fissare il micio nero accovacciato a terra davanti a lei che continuava a soffiare in direzione di Coraline miagolando piuttosto minaccioso e guardandola con occhi di fuoco. Decisamente doveva essere successo qualcosa di strano.

«Mitchell….che,per caso ti serve un gatto?»

Chiese Violet ridacchiando piuttosto nervosa e cercando di tenere ferma la sua micia che continuava a muoversi e ad agitarsi come se volesse riprendere quella folle fuga, come se non si sentisse al sicuro.

I gatti sembravano decisamente agguerriti e Violet cercava in tutti i modi di tenere ferma la piccola Coraline per farla stare buona quando sentì le parole di Mitchell. Allergico ai gatti? Era la prima volta che sentiva una cosa del genere in quella scuola. Le venne quasi da ridere al pensiero che, purtroppo per lui, la loro sala comune era un allevamento di quelle piccole bestiole pelose.

«Oh cavolo Mitchell mi spiace…insomma non lo sapevo. Inoltre come riesci a stare in sala comune? Praticamente abbiamo un gatto per ogni corvonero praticamente.»

Disse, scoppiando letteralmente a ridere e continuando a tenere stretta la sua micia che cercava di divincolarsi in continuazione per potersi liberare dalla presa della sua padroncina.

«Aspetta allora, adesso ci penso io.»

Ridacchiò, mettendosi la sua gatta sotto braccio e cercando la bacchetta che era finita in fondo alla tasca della sua gonna. La estrasse e guardò il gatto nero che era seduto, davanti a lei e continuava a soffiare in direzione della piccola Coraline.
Violet allungò la bacchetta davanti a sé ruotando il polso in senso antiorario e dirigendone poi la punta verso il gatto che continuava a soffiare come un indemoniato, flettendo appena le gambe per avvicinare la sua bacchetta all’animale inferocito stando attenta a non toccarlo; intanto nella sua mente disegnò l’immagine di un bellissimo calice, tutto nero e con delle piccole decorazione di gatti sul bordo.

«Fèravèrto.»

Pronunciò con voce calma e pacata e stando bene attenta ad accentare entrambe le “e” presenti nella parole. Davanti a lei il gatto trasfigurò completamente la sua forma e, al suo posto, rimase un semplice calice vuoto, tutto nero, sembrava quasi fatto di onice, e il bordo raffigurava dei piccoli gattini intenti a fare le fusa o ad inseguire qualcosa. L’incantesimo sembrava essere riuscito e finalmente sia la ragazzina che Coraline poteva tirare un sospiro di sollievo. Violet lasciò ndare il suo animale inchinandosi poi a terra per prendere il calice.

«Fai la brava Coraline, ci vediamo in sala comune.»

Disse con un sorriso guardando poi la sua micia sparire oltre i portoni per tornare all’aria aperta e godersi quegli ultimi raggi di sole prima di vedere l’estate scolorire nell’autunno. Si rialzò poi, con il calice in mano, e lanciò uno sguardo colmo di scuse verso il suo compagno, riponendo anche la bacchetta nella tasca della gonna.

«Penso proprio che lo ritrasfigurerò più tardi, magari quando non sei nei dintorni, non vorrei mica farti stare male e poi averti sulla coscienza.»

Ridacchiò di nuovo rimanendo ferma in piedi come un broccolo davanti al giovane. Lentamente tornarono alla sua memoria tante cose, tra cui anche la gita ad Hogsmeade dove pure mitchell era presente. E una domanda le sorse spontanea.

«Come mai sia tu che Aurora siete voluti venire con me? Voi del primo anno non fate combriccola quest’anno? Mi ricordo che io mi ero affiatata molto ai corvi del mio anno. Come ti trovi qui a scuola? Stai avendo difficoltà a fare amicizie?»

Chiese alla fine con aria dolce, portando le braccia dietro la schiena e intrecciando le dita delle mani fra di loro tenendo in mezzo il calice tutto nero che aveva creato con la sua magia. Adesso lo voleva capire se davvero la gente pensava tutte le brutte cose che le dicevano sia sua nonna che Lucy. Adesso voleva capire se davvero era cattiva e odiosa e lo voleva sapere dagli occhi di un primino e di una persona che non la conosceva bene, voleva saperlo da qualcuno che poteva giudicarla solo dalla vista. Solo poi avrebbe chiesto a Sophì, solo una volta trovato il coraggio.

Beh lo trovava decisamente un tipo simpatico, soprattutto quando lanciò un altro starnuto e parlò dei suoi antistaminici non riuscì a non farsi sfuggire un piccolo sorriso. Certo, continuava a sentirsi un pochino a disagio, soprattutto per le lunghe occhiate che il giovane le lanciava, però da un certo punto di vista si sentiva anche terribilmente lusingata, insomma aveva sempre fatto fatica a parlare con il genere maschile mentre ora, ormai, non ci faceva nemmeno più caso.
Lasciò però da parte qualsiasi altri pensiero rimanendo in attesa di quella risposta che tanto stava aspettando, forse anche per capire con quali occhi gli altri la vedevano, ma quello che ne uscì non era esattamente come si aspettava.
Strabuzzò gli occhi e perse anche la presa dal calice che cadde a terra emettendo un suono piuttosto roco. Per fortuna non si ruppe ma Violet non ci fece nemmeno caso, tenendo i suoi piccoli smeraldi incastonati sul volto proprio sul giovane che aveva di fronte: Mitch.

«Che? Io….cosa sarei scusa?»

Sussurrò appena senza capire bene cosa il ragazzo intendesse. Di certo non la stava apostrofando “carina” come si intende quando i ragazzi guardano quelle come Jen e Alice che sono in grado di farti fare qualsiasi tipo di sogno tanto che erano desiderabili, lei sicuramente poteva essere carina come una bambina che porta sulla testa una coroncina di cartapesta che ha fatto per la festa di Halloween….di certo lui intendeva in quella maniera.

«Sono carina come se avessi una coroncina di cartapesta in testa?»

Chiese alla fine, diventando tutta rossa in volto a abbassando lo sguardo fino a fissarsi la punta dei piedi che stava muovendo in maniera piuttosto nervosa. Certo si trovava in difficoltà, era la prima volta che si trovava in una situazione del genere, in vita sua non era mai accaduta anche perché aveva passato i tre quarti della sua vita in prigione quindi, forse, era normale avere paura di qualcosa di nuovo.
Il calice rotolò per terra, per un lungo istante, fino a sbattere contro il piede destro della ragazzina e fermarsi, impossibilitato a continuare a vagare a vuoto. Violet si abbassò, quindi, allungando la mano destra per poterlo raccogliere e tenerlo in mano, lasciando il suo sguardo su quel piccolo oggetto, tutta rossa, tutta paonzza…si sentiva terribilmente febbricitante, stava forse male?

La situazione stava diventando seriamente ridicola a suo parere. Il fato si stava senz’altro prendendo gioco di lei. In un solo istante le tornarono in mente tutte le situazioni imbarazzanti a cui aveva costretto i suoi amici, quella volta alla festa in cui aveva fatto diventare rossi d’imbarazzo sia Jen che Niko, la volta in cui stava quasi obbligando Oliver a baciare Karen….insomma era stata crudeli sotto certi aspetti e adesso le si stava rivoltando tutto contro.

Dentro di lei Lucy ridacchiò come non mai ma Violet era rimasta ferma a fissare Mitchell e a guardarlo mentre questo abbassava il capo tutto rosso in volto. Beh, si, anche lei lo trovava carino ma in quel momento aveva in mente tutt’altro che i ragazzi. Non solo perché non si riteneva pronta o all’altezza ma anche perché c’era l’altra. Non intendeva proprio fare una cosa a tre tenendo anche conto che avrebbe potuto terrorizzare il giovincello a tal punto da farlo fuggire a gambe levate.
Cercò di scuotersi e mosse le labbra senza proferire parole, rimanendo imbambolata a guardarlo e, alla fine, ridacchiando come una stupida. Si portò quindi la mano destra dietro la schiena per grattarsi la nuca e lasciò ciondoloni la sinistra che reggeva ancora la coppa nera.

«Io..beh, ecco….ehm…grazie. Non so bene cosa dovrei dire o fare in queste situazioni.»

Disse alla fine, ridacchiando tutta rossa in volto e continuando a grattarsi la nuca fissando il giovane imbarazzata.

Ferma, immobile, con i suoi occhi verde smeraldo fissi su quel giovane di cui ormai non stava capendo niente. Prima di tutto qualcuno doveva spiegarle come poteva trovarla carina e in secondo luogo che cavolo significava farsi un giro? Era un eufemismo per intendere qualcos’altro? No, decisamente lei non era adatta a quel genere di intrattenimenti al pensiero che fino al precedente anno non poteva avvicinarsi ad un ragazzo senza diventare tutta rossa e avere la tentazione di svenire mentre ora, certo ci parlava tranquillamente, ma erano bastate le poche parole di Mitchell per rimandarla nella stessa confusione che aveva provato nei primi mesi in cui era stata in quella scuola. E ora cosa poteva rispondergli? Lei sapeva bene che non era pronta a fantasticare sui ragazzi, non era il momento giusto. Aveva un compito molto importante da portare a termine e trascinarsi dietro qualcuno in tutti quei casini sarebbe stato sbagliato, questo lo sapeva bene.

La voce maliziosa di Lucy si fece sentire nella sua testa ma, nonostante tutto, Violet doveva ammettere che però aveva ragione. Certo, aveva tante cose a cui pensare, tanti casini da sistemare ma in fondo Mitchell mica le stava chiedendo di sposarlo ma solo di passare un po’ di tempo insieme. Che male poteva mai esserci?
Dal canto suo, almeno esteticamente, anche Violet lo trovava carino. Certo non poteva dire di essere pazza di lui, doveva conoscerlo, doveva capire cosa pensava e come vedeva il mondo. Lei era convinta che innamorarsi di qualcuno fosse qualcosa di decisamente più profondo del semplice aspetto fisico. Chissà, magari avrebbe potuto scoprire che lui piaceva anche lei.
Cercò di sorridere tranquilla anche se si vedeva che era molto forzato ma, alla fine, prese un grosso respiro.

«Ma si dai, si può fare….perchè no? Basta che questo non interferisca con lo studio, mi rifiuto di lasciare i compiti a metà!»

Disse con fare deciso e sicuramente più spigliato rispetto a qualche minuto prima. Doveva darsi una calmata. Poteva anche essere nipote di un mangiamorte con un ameba dentro di lei però era pur sempre una ragazzina di dodici anni che stava andando a scuola e che doveva vivere tutte le cose belle e brutte della sua età. Amicizie, amori, nemici, conflitti….non doveva ritrarsi da nulla e, soprattutto, non doveva permettere a sua nonna di rovinale tutto. Le aveva già rovinato l’estate, non le avrebbe permesso di fare altro.

Aveva accettato, si faceva così in quelle situazioni? Non sapeva ancora il guaio in cui si stava cacciando, alla sua età si dovrebbe solo pensare a studiare e non ai ragazzi.

Lucy aveva ragione, la sua non era certo una vita normale per una ragazzina della sua età ma in quel momento non voleva ascoltare le sue parole. Alzò la mano destra, sventolandosela sulla testa con aria seria, quasi come se stesse scacciando via un fastidioso moscerino e alla fine tornò a sorridere un po’ più rilassata di prima. Già, quando potevano incontrarsi? L’anno era appena iniziato ma come al solito lei voleva cercare di essere la migliore e la mole di studio era davvero tanta.

«Facciamo che se non ci sono gli allenamenti di Quidditch possiamo vederci una domenica, ti faccio sapere io quando? Almeno prima vedo come sono messa con i compiti…e anche tu. Non voglio che i voti di nessuno dei due ne risentano e, alla stessa maniera, nemmeno i punteggi delle nostre case.»

Annuì con aria buffa incrociando le braccia sul petto quasi con fare da maestrina.

«Però non escludo che potremmo anche studiare insieme….tu cosa vorresti fare? Non so bene come comportarmi in queste situazioni…»

Disse tutto rossa in volto a portandosi la mano destra dietro la testa per grattarsi la nuca con fare imabarazzata.