In quel momento ringraziò di non trovarsi in biblioteca, lì, i rumori molesti non erano mai i benvenuti e, di certo, non aveva né la voglia né la forza di sostenere un’altra estenuante discussione con la bibliotecaria sul giusto contegno da tenere in quel luogo, fortunatamente, quella, era semplicemente un’aula vuota.
Non si scompose nemmeno per raccogliere i tomi caduti, erano quelli che aveva etichettato come “non necessari allo scopo”, dunque, potevano anche restare lì dove si trovavano.
Malgrado le buone intenzioni, forse, avrebbe anche potuto decidere di restare in quella posizione e godersi un po’ di relax, ma l’angoscia non gliel’avrebbe permesso, quindi, perchè provare? Una vocina nella sua testa tentava di rispondere “perchè sei stanca e non riusciresti a prendere nessuna decisione sensata” ma, ovviamente, una seconda vocina si opponeva con tutte le sue forze ricordandole che si era obbligata ad uscire da lì con le idee più chiare.
*Oh perfetto, non sai nemmeno decidere se decidere o no, figuriamoci il resto* non si era ancora mossa ma, anche con la testa ancora disperatamente china sul libro, il rumore di alcuni passi appena dietro la porta, la portarono a distogliere la sua attenzione da quei pensieri senza uscita.
Sperava con tutte le sue forze non fosse la Lancaster, quante altre volte poteva deludere la docente prima che si stancasse e la reputasse una causa persa? Anzi, a dire la verità sperava che, chiunque fosse, non varcasse quella soglia, ma la speranza fu vana e lo sapeva, lo sapeva fin dall’inizio, per quanto discreti, poteva sentire i passi farsi più vicini, fino ad arrestarsi appena prima dell’ingresso.
*Avanti su...datti un contegno* ma a nulla servirono quei pensieri, l’unica cosa che trovò la forza di fare, fu voltare leggermente il capo in direzione della porta che si apriva, senza sapere nemmeno lei che volto preferiva trovarsi di fronte.
“Arya…?”
Con lo sguardo un po’ perplesso cercò di riconoscere a chi appartenesse quella voce, ma non le sembrò nessuno di familiare o, forse, non stava prestando abbastanza attenzione *Beh, lei ti conosce* certo, quello sembrava abbastanza chiaro eppure, malgrado avesse l’impressione di averla già vista, le sfuggivano il dove, come, quando, perchè e, soprattutto, il chi.
A questo punto doveva per forza obbligarsi a darsi un contegno, ci mancava solo che qualcuno avesse la brillante idea di mettere in giro voci sulla “povera piccola Arya disperata” *Via, non dovrebbe essere difficile, le tiri un paio di rispostacce, lei si stanca e se ne va o si stanca e vi date ai duelli clandestini, insomma, basta che il risultato finale sia di uscirne con la reputazione intatta*
Sospirò quasi seccata, forse più amareggiata, ma il risultato era lo stesso e cercò di sedersi in modo più composto, abbandonando lo scomodo cuscino di carta, ma qualcosa nel suo piano geniale andò storto.
La fanciulla si era chinata a raccogliere i libri che lei aveva fatto cadere, quel gesto la spiazzò leggermente, non era abituata a simili dimostrazioni di gentilezza e, forse, in circostanze diverse, non l’avrebbe nemmeno scalfita più di tanto, ma, in quel momento, si ritrovò a sorridere, abbandonando l’idea di essere sgarbata.
Forse la maggiore attenzione che ora sembrava mostrare, forse, semplicemente, la vicinanza che le permetteva di osservare meglio la ragazza, in ogni caso, la riconobbe, aveva ragione, un volto noto ma non familiare, Jenifer McLoen, Prefetto Corvonero *Sveglia Arya, per forza ti conosce, sei tu l’unica che si ostina a dimenticare facce e nomi*
Seguiva scrupolosamente i suoi movimenti, malgrado l’apparente gentilezza, la diffidenza che la Serpeverde aveva sviluppato sembrava non abbandonarla quasi mai, imponendole di cercare un doppio fine in ogni azione di qualsivoglia persona.
La vide posare i tomi sul banco “Tutto bene?” ma la sua voce distolse la sua attenzione da quel gesto, portandola involontariamente a voltare leggermente il viso fino a incrociare lo sguardo della fanciulla, contatto che, inaspettatamente, avvenne prima di quanto pensasse.
In un qualche indefinito momento doveva essersi distratta, sì, decisamente, o non avrebbe mai permesso a nessuno di invadere in quel modo i suoi spazi *Al prossimo plenilunio, il giorno dopo, te ne resti segregata in dormitorio, rammollita così in giro non ti ci mando*
Per la seconda volta, nel giro di pochi istanti, era rimasta spiazzata e, a peggiorare la situazione, ora, non aveva nemmeno la risposta pronta *Dai Arya su, una di quelle rispostacce secche, fredde, boh, non so, tipo “se te ne vai sicuramente bene” o cose così insomma* -Io...- *Oh santo Salazar non cominciare così* -...grazie- *e te pareva*
A posteriori si sarebbe autoconvinta di averci provato, di aver fatto il possibile per mantenere un certo contegno, di essersi impegnata a comportarsi come sempre, ma di non esserci riuscita solo ed esclusivamente per colpa di qualche forza esterna, mai avrebbe ammesso di essere stata troppo stanca, troppo demotivata e stranamente a suo agio in quella situazione di disagio totale per preoccuparsi anche delle apparenze *Dunque, alla fine dei conti te la stai cercando, poi non lamentarti*
In realtà non era proprio così, non aveva cercato un bel niente e, per quanto c’avesse provato, forse non proprio con così tanta convinzione, ma c’aveva pur sempre provato, qualcosa le impediva di mandare al diavolo quella ragazza.
Ancora impacciata e arrossendo leggermente per l’imbarazzo della situazione generale, si stava domandando cosa ci fosse di tanto speciale in quella fanciulla da portarla a concederle una sorta di trattamento di favore.
Se non fosse stata alla ricerca di quella risposta, probabilmente, avrebbe distolto lo sguardo molto prima, magari anche allontanandosi e mettendo una certa distanza tra lei e quella disgraziata che si era presa il lusso di coglierla in un momento così inappropriato, invece, si stava ancora specchiando nei suoi occhi cercando in quel viso la soluzione dell’enigma.
*No...no...non lo pensare, non ci pensare nemmeno per un momento* scacciò via l’unico pensiero sensato ma che non doveva assolutamente prender forma per poi capire, finalmente, cosa diamine stesse succedendo.
Quel gesto, quella gentilezza dimostrata, quella domanda sincera, ciò che provava, tutto riportava ad una semplice, quanto sconcertante verità: non sembrava esserci nessun doppio fine.
Malgrado la propensione alla diffidenza, doveva arrendersi a ciò che sentiva *Dannata maledizione...Dannatissimo lupo...Tu e la tua predisposizione a sentire quello che sentono gli altri...non puoi farti gli affaracci tuoi?*
Ecco, quella era una cosa che, per quanto a volte tornasse utile, nella maggior parte delle occasioni odiava, riusciva a condizionarla più di quanto desiderasse, la sua testa le diceva di non fidarsi e le sue emozioni le sussurravano che era sincera, che, sul serio, si stava solo preoccupando per lei *E tu...dannatissima Corvonero, perchè? Perchè diamine ti preoccupi tanto? Non potevi semplicemente ridere delle mie disgrazie?*
Cos’aveva risolto? Assolutamente niente, anzi, quella risposta non aveva fato che metterla ancora più a disagio e, adesso, quel contatto visivo sembrava bruciarle più di prima.
Distolse lo sguardo, tornando a posarlo sul libro ancora aperto sul banco e rispondendo finalmente alla domanda della fanciulla -Stavo...stavo solo cercando di far chiarezza, ma questi- prese in mano un volume a caso -non sembrano collaborare- lo lasciò poi cadere nuovamente sul banco, sorridendo divertita incrociando ancora una volta gli occhi di lei -ma certo...tu sei una Corvonero, cosa te lo dico a fare? Se tutto va bene chiedi e i libri ti rispondono-
Si pentì subito per aver pronunciato quelle parole con un certo astio, la fanciulla non le aveva fatto nulla, anzi -Scusa, non volevo essere sgarbata- *No...no...ce l’avevi fatta, eri sulla strada giusta...e hai rovinato tutto* -Mi faresti un favore?- questa volta il sorriso che le stava rivolgendo era sincero -Potresti parlarci tu e vedere se ti dicono qualcosa?- *Ma fai davvero? Per Salazar Arya, a letto te ne dovevi stare*
Malgrado una parte di lei continuasse ad opporsi e a lottare, l’altra si era ormai arresa, se la collega ci teneva tanto a darle una mano, non avrebbe opposto resistenza, non ne aveva le forze.