Courage doesn't always roar, Privata per Camillo

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 7/1/2016, 15:20
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:



Hd43nlg


Elhena Attwater/Prefetto Tassorosso/V Anno

Mattina, Sala Comune, Bagno femminile

Si era guardata allo specchio quella mattina. Si era sciacquata il viso, nella speranza che il sapone cancellasse le persistenti occhiaie, e aveva fissato la propria immagine riflessa fino a non riconoscersi più. I capelli formavano una criniera disordinata, non ancora domata dalla spazzola; le labbra arricciate in una smorfia erano più eloquenti di un discorso del professor Peverell; le pupille parlavano di dubbi che a loro volta si impilavano su altri dubbi. Era stanca, Elhena. Il nuovo anno era da poco cominciato e già lei si sentiva stanca. Oh, così non andava, non andava proprio. Se desiderava arrivare viva ai GUFO, se non nel pieno possesso delle sue facoltà fisiche e mentali, almeno al 90% delle capacità, allora doveva darsi una regolata.
* Coraggio *
Tuttavia, nel darsi un pizzicotto su entrambe le guance, non erano i compiti o le lezioni a preoccuparla; con quelli non aveva mai avuto problemi, la sua media si manteneva alta e non dubitava che sarebbe stata in grado di ottenere almeno qualche GUFO. Al contrario, ad angustiarla era un pensiero, persistente in sordina, che da qualche settimana era tornato a richiedere con prepotenza le dovute attenzioni, scivolando nei sonno della ragazza e distorcendolo in incubi. Credeva di averlo superato, ma la realtà pareva voler riabdire quanto fosse stata sciocca, vana, la sua illusione. Dopotutto, non bastava certo bendare una ferita perché la cancrena sottostante scomparisse. Al contrario, si rischiava di peggiorare la situazione.
* E tu hai un taglio che andrebbe curato *

Sulla pelle quanto accaduto a Nocturn Alley non aveva lasciato cicatrici. Swan era stato impeccabile nel porre rimedio alle ferite della giovane e sulle gambe della ragazza lievissimi tratti perlacei apparivano solo quando si abbronzava. Quasi come se nulla fosse mai accaduto. Eppure il segno impresso nella sua psiche parlava di un esito ben diverso. Elhena aveva creduto che col tempo avrebbe dimenticato, come con ogni brutta esperienza; trascorso il periodo di lutto, se così lo si voleva chiamare, ella avrebbe proseguito per la propria strada, fortificata. Se davvero quanto non uccideva forticava, la sua corazza ne avrebbe beneficiato. Solo che gli anni erano trascorsi, lei era cresciuta, ma ancora faticava a superare certe paure, certi brividi nati un gelido pomeriggio di febbraio di cinque anni prima.
Oh, da allora non aveva più messo piede a Nocturn Alley. Ci aveva provato una volta, come chi salga in bicicletta dopo una brutta caduta, nell’estate di quell’anno fatidico, convinta che il sole di luglio l’aiutasse nell’impresa, ma non era riuscita a compiere più di cinque passi, prima che la nausea infettasse lo stomaco e lei si ritrovasse piegata in due, scossa dai conati e pallida come un cencio. Non aveva più voluto ripetere l’esperienza.


* Ma adesso non sei più una bambina! *

Permettere all’oscurità di bloccarla andava contro tutto quanto le avessero sempre insegnato. Sua madre aveva abbandonato casa non ancora diciottenne, suo nonno non aveva esitato a fare il report in zone di guerra, sua nonna era diventata infermiera nonostante la povertà e l’assenza di un padre. In confronto, le sue paure si rattrappivano in vergognose fisime.
Per un’ultima volta si era guardata allo specchio, prima di lasciare il bagno, covando nell’animo una risoluzione.

Pomeriggio, Nocturn Alley, Magie Sinister

Stille di sudore freddo e malato bagnavano i palmi, che a tratti la Tassa andava ad asciugare sui jeans. Ancora non avevano osato allungarsi a stringere il pomello della porta dell’infame negozio. Rimanevano lì, sospese a mezz’aria, quasi incuranti che qualcun altro potesse giungere.
Nonostante i prognostici, fu in grado di attraversare il tratto che separava l’ingresso a Nocturn Alley da Magie Sinister senza inciampare, vomitare, avere un attacco cardiaco. Non dubitava che il suo aspetto non fosse dei migliori, ma perlomeno si reggeva ancora sulle proprie gambe e … sì, era ancora lucida, per quanto avvertisse un lieve ronzio alla testa.
* Ancora uno sforzo *

Soprattutto, la tormentava il dubbio di cosa avrebbe fatto se lui, quell’essere spregevole, fosse stato dietro al bancone, ad occuparsi delle sue losche, crudeli faccende e macchinazioni. L’avrebbe riconosciuta? Se sì, l’avrebbe attaccata, ottenendo una vendetta sottrattagli all’epoca da un Auror, oppure l’avrebbe ignorata, come il gatto con la preda? E lei, che rifiutava la vendetta, da par suo, cosa avrebbe fatto?
Di sicuro, non poteva rimanere lì, immobile in eterno, a congelarsi le ossa. Altrimenti tanto valeva essere rimasta al castello.
Inspirò, espirò, inspirò, espirò e, infine, aprì l’uscio. In questi casi era meglio essere veloci, come togliersi un dente da latte o strappare un cerotto.
Nei suoi ricordi, il negozio non era mutato.

Courage is being scared to death... and saddling up anyway.
 
Top
view post Posted on 10/1/2016, 12:27
Avatar

Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

Group:
Negoziante
Posts:
878
Location:
Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

Status:


Vivere è come inciampare da fermi
HJEk4Ge
- Te l’ho mai detto che sembri negro? -
*Per la barba di Gesù! È il complimento più bello che tu mi abbia mai fatto. Sono onorato!*
- E non capiterà di nuovo, quindi fanne tesoro. -
Magie Sinister tutta per sé, senza proprietario né clienti. Sinister, per l’appunto, aveva avvisato i suoi dipendenti che per un paio di giorni non ci sarebbe stato a causa di impegni personali e che riteneva opportuno, in via eccezionale, chiudere bottega fino al suo ritorno. In quei tre anni e mezzo mai gli era capitato di assistere a una cosa simile, era impensabile che l’uomo potesse fermare gli affari di sua spontanea volontà, senza un’arma puntata alla tempia. Ma era successo, l’aveva fatto veramente, lasciando perplesso il giovane olandese, che si era imbattuto in delle ferie inaspettate. Indeciso se trascorrere il suo tempo al castello o approfittarne della situazione per sfruttare un ambiente privato ed insonorizzato, quindi, aveva domandato al suo capo il permesso di far pratica con lo strumento nel negozio, assicurandolo che avrebbe fatto la guardia alla merce e non avrebbe fatto danni; l’uomo, inizialmente titubante, si lasciò convincere dalle parole giovane, sulla base della stima che era riuscito a guadagnarsi con i suoi servizi, non avendogli mai dato motivo di dubitare. Se però era riuscito ad ottenere il consenso, lo aveva fatto a caro prezzo, il padrone infatti gli aveva giurato che se avesse fatto danni o qualcosa fosse sparito dal negozio, l’avrebbe pagata cara.
Preparato quindi ad un’eventualità simile, il marmocchio gli aveva lasciato una copia dei quaderni con l’inventario, di cui personalmente si occupava, come prova ulteriore delle sue buone intenzioni, ma anche come avvertimento: non si sarebbe lasciato ingannare facilmente.
E così quel pomeriggio si era rintanato fra le mura della bottega, portando con sé il suo amato sassofono. Al suo ingresso il locale lo aveva avvolto con il piacevole odore di muffa, che ad ogni respiro accarezzava dolcemente le sua narici, donandogli un sollievo distensivo, come quello che si provava quando si rincasava dopo una lunga giornata stressante. Le assi del pavimento cantavano sotto i suoi passi pesanti, accompagnandolo senza sosta ovunque mettesse piede, da quando la campanella d’entrata aveva preannunciato il suo ingresso, fino a quando aveva trovato posto sullo sgabello in angolo, abbracciato dalla penombra. Le maschere lo fissavano, con i loro occhi avidi e i loro sorrisi critici, come un pubblico ansioso di assistere allo spettacolo. Anche lui trepidante, in pochi secondi aveva montato il suo strumento, estraendo con cura i pezzi dalla valigetta, finendo con le dita tremolanti a premere le chiavi a vuoto per prendere confidenza e ripassare le posizioni. Senza spartiti, perché lui la musica non la sapeva leggere, o anche se con un po’ di difficoltà alla fine capiva dove mettere mano, non era abbastanza veloce per stare a passo con il tempo. I suoi fogli avevano un aspetto bizzarro, pieni di appunti che invadevano addirittura il pentagramma, utili per i suoi studi, ma impossibili da tradurre in una melodia omogenea, come se fossero stati i pezzi di un puzzle impossibili da far combaciare, poiché i collegamenti esistevano solo all’interno della sua mente.
Quando si sentì pronto, appoggiò finalmente le labbra sull’imboccatura del sax e fece vibrare nell’aria le note di una delle canzoni che più gli piacevano. La conosceva bene, l’aveva ascoltata così tante volte da quando si era avvicinato al mondo della musica Jazz che ormai se la sentiva in testa anche quando non voleva, in tutte le versioni possibili e immaginabili: quella di Armstrong, quella di Coltrane, …; ed aveva tanto desiderato impararla che quando aveva capito di averne le possibilità aveva accantonato ogni altro progetto avesse in cantiere, che si trattasse di musica, di sport, di studio. Tutto era passato in secondo piano. E dire che il testo non lo sfiorava nemmeno, ma era lo strumento ad appassionarlo.
Dopo tutte le ore trascorse a memorizzare le note, ad esercitarsi fino all’esaurimento, l’aveva imparata tutta, dall’inizio alla fine. Gli restava solo da perfezionare la tecnica, ma quella era la parte più divertente: prendere un suono sporco, incerto, come era il suo e lavorarlo come argilla per definire la sua forma gli avrebbe ben presto dato una grande soddisfazione. Ma fino ad allora non gli rimaneva altro che un diamante grezzo nel suo repertorio.



Così preso dalla sua musica, ad immaginarsi pure l’accompagnamento, non si era reso conto che una ragazza aveva appena aperto la porta del negozio, arrivando ad ignorare completamente il suono del campanello, che avrebbe dovuto destare la sua attenzione, e non se ne sarebbe accorto, almeno fino a quando non avesse alzato la testa o non fosse stato interrotto, così convinto di aver chiuso a chiave la bottega.

Code © Aika



CITAZIONE
• Sassofono Infatuante: si tratta di un Sassofono in grado di far infatuare, chi ne sente le note, del musicista che le sta suonando. L’effetto persiste durante tutta la performance e svanisce molto rapidamente una volta che questa cessa.
 
Top
view post Posted on 10/1/2016, 13:56
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:



Hd43nlg


Elhena Attwater/Prefetto Tassorosso/V Anno

Nel negozio qualcuno stava suonando. Proprio suonando. Per quanto assurdo potesse apparire il pensiero, la musica che giungeva alle orecchie della ragazza non lasciava adito a dubbi; se poi, per eccesso di zelo, avesse dubitato del proprio udito, la presenza del musicista avrebbe contribuito a dissipare ogni incertezza sulla veridicità del fatto. Stranamente, nemmeno per un istante la sfiorò l’ipotesi che si trattasse nel complesso di un’illusione, di una finzione partorita da chissà quale diavoleria fosse smerciata in quella bottega.
Era persino una musica piacevole – per quanto suonasse strano associare l’aggettivo “piacevole” a “Magie Sinister” - un poco acerba e tentennate, ma non fastidiosa.

Dolce, pastosa, degna di una serenata al chiaro di luna in una calda sera d’Oltre Oceano, sul palco di un locale fumoso e clandestino, dove i meno fortunati ricercavano qualche minuto di svago. Tali erano le immagini che la musica trasmetteva al cervello della Tassa, scatenando associazioni mentali delle quali solo in parte riusciva ad afferrare il senso logico, catene che affondavano le proprie radici in vecchi documentari sugli Anni Venti, in pomeriggi d’infanzia seduta fuori da una cabina di registrazione – quando sua madre la portava con sé – e in vecchi racconti di parenti giramondo.
Oh, superata l’apparenza, la musica non era soltanto bella… era sublime. Come avesse fatto poco prima a definirla acerba, non era dato saperlo, ma ora considerava il passato giudizio come un insulto per una canzone che cancellava di colpo, in un istante, ogni altra performance la Tassa avesse mai ascoltato. Una musica così bella doveva di sicuro appartenere ad una persona altrettanto bella e talentuosa, buona e coraggiosa, e un’altra serie di aggettivi positivi elencanti dallo spirito di Elhena per descrivere l’artista, ancora sconosciuto.

Con cautela osò avvicinarsi al musicista, fino ad allora semi-nascosto nella penombra del locale – Magie Sinister ai suoi occhi continuava a non brillare, letteralmente e metaforicamente, per pulizia e illuminazione – spinta dal desiderio di scoprire a chi appartenesse la melodia. In essa resisteva un non sapeva cosa di familiare, legame con un ricordo che l’Io aveva da tempo scordato, ma che portava ad affermare “L’ho già sentita, da qualche parte. Non mi è nuova.”
Impossibile però sapere se fosse stata il sottofondo di un film, o un brano trasmesso dalla radio durante un lungo viaggio in macchina, quando si viaggiava di notte per evitare il traffico e l’alba filtrava dai finestrini, o ancora una melodia canticchiata a mezza voce da qualcuno.
Certo era, invece, che il suono del sassofono fosse una benedizione, sufficiente per eliminare parte della patina di orrore associata al negozio.

La giovane si accostò di qualche altro passo al bancone, con la cautela del domatore con un cavallo selvatico, senza lasciare che lo sguardo spiazzasse a destra e a sinistra, nel timore di incappare nuovamente in un oggetto di Magia Nera. Temeva anche di rompere l’incanto con la propria presenza e più ascoltava, più l’idea che la musica si interrompesse diventava insostenibile. D’improvviso la vita perdeva di significato se privata di quel suono soave, i colori prima vivaci viravano al più banale dei grigi, unico scopo dell’esistenza diventava legare indissolubilmente la propria vita a quella del ragazzo, perché di un ragazzo si trattava, intento a suonare il sassofono.
Poco importava l’aspetto del giovane, che sarebbe potuto anche essere la creatura più mostruosa nell’universo, diventava un particolare insignificante se messo a confronto con la cascata di note.

In completa trance, assolutamente non nel pieno possesso della sue facoltà fisiche e mentali, Elhena si sarebbe presto inginocchiata a pronunciare la più classica delle proposte di matrimonio, incurante d’età, sesso, religione, buon senso, e altri elementi che andrebbero considerati prima di infilare un anello all’anulare di chicchessia. Stava per mettere in atto un simile piano, quando la musica - oh suono di trombe, pardon sassofoni, celesti – si interruppe. L’incantesimo si infranse, come cristallo e di tutte le rosee fantasticherie rimase solo una domanda: “Cosa è successo?”
La ragazza scosse con vigore la testa, per liberarla dall’ovattata nebbia entrata nelle orecchie quale compagna della melodia, e corrugò le sopracciglia nello studiare il giovane di fronte a lei, non più distorto da filtri amorosi. Lo conosceva di vista, compagno di Casata incrociato un paio di volte in Sala Comune, senza mai fermarsi a dialogare. Se sforzava la memoria, riusciva persino a pescare il suo nome, pronunciato con esasperata irritazione dalla Alistine, una mattina a colazione. Breendbergh, Camillo Breenbergh.
“Quel sassofono non è normale! Camillo Breendbergh, giusto?” aggiunse, a voler quasi addolcire l’esclamazione nata dall’irritazione di essere stata manipolata e di essere cascata testa, corpo e tutto il resto, nell’inganno come un’allocca.

* Non hai imparato proprio nulla, eh? *
Unico punto a favore, il fatto che perdersi per la musica pareva una prospettiva più dolce ed allettante dell’essere controllati dalla Maledizione Imperius. Forse si trattava solo di un’innocua, temporanea facezia.

Courage is being scared to death... and saddling up anyway.


Edited by - Gwen - - 16/6/2019, 11:15
 
Top
view post Posted on 21/1/2016, 12:33
Avatar

Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

Group:
Negoziante
Posts:
878
Location:
Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

Status:


Vivere è come inciampare da fermi
HJEk4Ge
- Sì, ma perché ti immagini il piano in sottofondo? -
*Perché è uno strumento figo!*
- Ah. Beh, mi sembra giusto... -
Un difetto del marmocchio era quello di non riuscire ad accorgersi di quanto gli accadeva intorno se si vedeva impegnato nello svolgere un’azione che richiedeva il massimo della concentrazione, come in quel caso. Anche se la melodia gli lasciava la possibilità di una libera interpretazione, e di conseguenza l’opportunità di improvvisare ove sentiva di poter modificare la struttura della canzone, uscire dalle linee prestabilite non era affatto facile. Si ricordava bene di tutte quelle volte che, seguendo un’intuizione, era finito per devastare irrimediabilmente un pezzo altrimenti incantevole ed al contempo sapeva bene che la filosofia “Massì, tanto è jazz, stonare qualche nota dà alla musica un tocco di classe” era completamente sbagliata. A volte premere una chiave al posto di un’altra era un buon modo per guastare un’opera d’arte curata nei minimi particolari; come del resto accadeva quando ci si limitava a leggere gli spartiti, senza osare oltre. Insomma, ve lo immaginate cosa sarebbe successo se Michelangelo avesse scolpito il David in maniera approssimativa? O se avesse deciso di mantenere le proporzioni canoniche anche per le mani e la testa?
Trovare il giusto equilibrio fra la rigidità ortodossa comunicatagli dal pentagramma durante i suoi studi e la propria capacità espressiva era il punto cruciale sui cui aveva basato i suoi esercizi. Ragion per cui era finito con l’immergersi completamente nel suo strumento e non stato in grado di rendersi conto della presenza di un secondo individuo nel negozio, almeno fino a quando non se l’era trovato a pochi passi dal muso.
Il suo cuore saltò un battito quando lo sguardo si volse sulla figura della ragazza, accarezzata dai riflessi proiettati dalle vetrine della bottega. Magie Sinister aveva la peculiare caratteristica di rendere tutto incredibilmente affascinante, anche nel più fitto degrado, ma allo stesso tempo incredibilmente inquietante. La sagoma di una fanciulla contornata da un barlume verdastro che la faceva stagliare in un mantello di polvere sollevata dai suoi cauti movimenti; la osservava curioso, con lieve timore, domandandosi chi fosse e soprattutto come avesse fatto ad entrare. Era così certo di aver chiuso la porta a chiave che non pensava qualcuno potesse irrompere, sconvolgendo l’angosciante tranquillità che fino ad allora si poteva percepire fra le mura del negozio.
La sua voce gli era familiare, ma non avrebbe saputo dire con certezza in che occasione l’avesse sentita prima, anche se, con molta probabilità, se non era una cliente abituale poteva solamente essere una studentessa di Hogwarts, considerato il fatto che conosceva il suo nome. Sembrava irritata e le motivazioni non erano nemmeno tanto difficili da comprendere, doveva essere rimasta vittima delle sue note ed il marmocchio poteva solo immaginare quanto dissestante potesse essere. Inoltre aveva capito che si trattava dello strumento.
«Chi lo sa? Magari sono io a non essere normale.» Cercò di riprendersi dallo shock e con un ghigno poco rassicurante sul volto azzardò una mossa per metterle pressione addosso, non volendo necessariamente minacciarla, quanto più destabilizzarla, insinuando qualche dubbio nella sua mente. Non se la sarebbe bevuta, ne era certo, ma sperava di creare una crepa nell’evidenza.
«Ebbene sì, hai indovinato. Con chi ho l’onore di parlare?» Si sollevò in piedi dopo aver appoggiato il sax sulla sua valigetta, ancora da richiudere. «Oggi siamo chiusi, ma visto che sei qui come posso esserti utile?»
Camillo studiava attentamente le mosse della ragazza, desideroso di scoprire quali fossero le sue intenzioni. Nel migliore dei casi tutto si sarebbe risolto in un acquisto, anche se ormai era abituato ad aspettarsi il peggio. Purtroppo Sinister non era presente, avrebbe dovuto cavarsela da solo.

Code © Aika

 
Top
view post Posted on 21/1/2016, 22:56
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:



Hd43nlg


Elhena Attwater/Prefetto Tassorosso/V Anno

“Sì, Niahandra mi aveva avvertito sul tuo conto. Breendbergh non ha tutti i venerdì … o qualcosa del genere.”

La Tassa abbozzò un sorriso, che ben si addiceva al tono ironico assunto dalla sua voce, e gli occhi si persero un momento nel ricordo di una cena di qualche settimana prima. Allora, davanti a un piatto di zuppa di carote, la ragazza aveva ascoltato i sospiri esasperati della sua collega e concasata a proposito di un giovane Tassino pescato a “volare” – letteralmente – per i corridoi. Elhena aveva soffiato nella propria minestra, si era stretta nelle spalle e aveva commentato con un: “È lo spirito della cara Tosca, dopotutto. Finché non si fa male”, prima di cogliere l’occasione per chiedere all’amica dei suggerimenti su come portare meglio la scopa che, complice un nervosismo sempre presente quando si sollevava in aria, tendeva a sfuggire un poco al suo controllo.
“Comunque mi chiamo Elhena. Elhena Attwater, piacere” si presentò, tendendo infine la mano verso il ragazzo in segno di amicizia. “Prefetto di Tassorosso”, aggiunse dopo un momento di indecisione. Non era solita fare sfoggio del suo titolo, eppure in quella circostanza le parve il giusto tocco per completare la propria presentazione. Doveva ammettere che trovare Camillo da Magie Sinister – trovare un proprio compagno di Casata – le aveva fatto piacere. A quanto pareva la vita aveva deciso di premiarla con una sorpresa inaspettata.
“Ma fuori da Hogwarts non ho alcun potere, quindi puoi stare tranquillo” concluse, sorridendo. Fu tuttavia un sorriso breve. L’atmosfera tetra del negozio – come si faceva a lavorare lì dentro? Oh, lo avrebbe chiesto a Camillo – era perfetta per rovinare un umore già incrinato. Per contrasto la Tassina pensò a dove ella prestava da anni servizio come garzone, la pasticceria Fortebraccio, che l’aveva sempre accolta con allegria e calore. La più celebre di Diagon Alley trionfava di colori pastello, profumi deliziosi, e un ambiente davvero accogliente, spesso rallegrata dal vocione del proprietario della bottega, un uomo generoso che non esitava a posare una fetta di torta più grande del solito sul piatto di un cliente triste.
In confronto, Magie Sinister pareva un luogo dove l’unico scopo era il profitto – nemmeno troppo legale – e null’altro. Elhena nel proprio intimo sapeva di partire prevenuta nei confronti del negozio, ma per il momento non riusciva a cambiare idea su di esso. Già per lei era stata una conquista superare la soglia della bottega … mutare opinione su di essa – da totalmente negativa ad almeno neutra – avrebbe richiesto più tempo. Più tempo e più pazienza.

“Credevo fosse aperto … la porta era aperta comunque” si giustificò, in risposta a Camillo, voltandosi d’istinto ad indicare l’uscio col braccio teso. Lo stesso braccio andò ad incrociarsi al compagno sul petto della giovane, non appena il suo compito fu terminato. Aveva freddo.
“Ma non voglio comprare nulla. Non comprerei nulla qui. Volevo solo … fare pace col passato, per così dire.”
Pronunciare quelle poche, tristi parole, ebbero il medesimo effetto di alleggerire un peso dall’animo. Mosse qualche passo in giro per il negozio, poco interessata alla merce.

“Suoni bene … anche senza incantesimo. Perché proprio il sassofono?”
Lei aveva cominciato a suonare il violino, tra alti e bassi, anni prima, dopo che alla lotteria di Casata di un lontano Natale aveva vinto un violino ronzante, un peculiare strumento che riproduceva il ronzio di un’ape, perfetto per quando ella desiderava trascorrere del tempo in completa solitudine. Gli impegni scolastici le impedivano di approfondire davvero lo studio della musica, ma almeno era in grado di passare l’archetto sulle corde senza che il suono sembrasse il lamento di un gatto impazzito preso in una tagliola e di terminare un brano di medio livello senza eccessiva difficoltà.

Courage is being scared to death... and saddling up anyway.
 
Top
view post Posted on 28/2/2016, 22:52
Avatar

Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

Group:
Negoziante
Posts:
878
Location:
Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

Status:


Vivere è come inciampare da fermi
HJEk4Ge
*Niahndra l’ha cosa?*
- Secondo me è una trappola, è troppo sospetta. -
*Per la barba di Gandalf! E se fosse un sicario inviato per farmela pagare per la faccenda poliposa?*
- In quel caso saresti spacciato. -
Camillo entrò in uno stato d’allerta, sentendosi minacciato dalla figura della ragazza, che ormai era certo lo avrebbe soppresso come si fa con un suino malato. Sì, non poteva essere altrimenti, Niahndra non mandava novellini a dargli la caccia. - Ma smettila! -
Ok, no, magari non lo avrebbe veramente ucciso, ma se la ragazza si era presa la briga di entrare nella sua riserva di spaccio le alternative non erano molte e da una prima occhiata non gli sembrava avesse troppa voglia di fare shopping. Non dopo la storia del Sax, che doveva averla fatta infuriare parecchio, perché di solito funzionava così. Inoltre quella frase non prometteva nulla di buono: era stata avvertita sul suo conto. Quindi - e su questo ci avrebbe potuto scommettere i gomiti - era sicuramente al corrente delle sue malefatte, il che non gli dava molte possibilità di riscattarsi e acquisire un’aria autorevole come avrebbe invece desiderato. Si sentiva un po’ come un cacciatore che si trova davanti ad un ghepardo e tenta di aprire la giacca per risultare più grosso e spaventoso, ma quando tenta di afferrarne i lembi si ricorda di averla lasciata a casa perché, diciamocelo, dove ci sono quei felini non è che ci sia tutto ‘sto freddo.
- La devi finire. -
*Hai ragione, mi sto preoccupando per nulla.*
Il marmocchio prese un respiro sommesso ma al contempo estremamente profondo, facendo il possibile per darsi una calmata, assaporando lentamente il gusto della muffa e delle polveri che impregnavano l’aria non solo con il loro gradevole odore. O sgradevole, se proprio non li si sopportava, ma per lui ormai erano diventati parte della sua vita, tanto che la consapevolezza di essere in un ambiente familiare lo aveva aiutato a non dare segni di cedimento e risultare a sua volta sospetto. Camillo aveva questa caratteristica, andava facilmente in paranoia per colpa dei suoi viaggi mentali e, quando ciò accadeva, riusciva a risultare ancora più strano di quanto non fosse realmente. E ce ne voleva.
Per tutto il tempo aveva teso le orecchie alle parole della fanciulla, che ora aveva un nome: Elhena. Il suono riaccese nella mente i suoi ricordi della vita di casata, facendolo vergognare per essere stato così stupido da non intuire prima quale fosse la sua identità. Come ribadisco spesso, Camillo stava ben attento quando era ora di avere a che fare con le autorità scolastiche e per questo si teneva sempre aggiornato sulle sentinelle che si aggiravano per il castello, per quanto fosse possibile. Aveva già sentito parlare della Attwater, ovviamente, l’aveva anche già vista altre volte. Quella conferma annientò ogni timore, estirpandolo dalla testa del marmocchio.
Annuì, dandole cenno di avere compreso e le strinse la mano a sua volta.
«Piacere di conoscerti allora. Ho avuto modo di intendere che sai già chi sono, quindi un’ulteriore presentazione mi sembra superflua.»
Avrebbe voluto aggiungere un commento sul fatto che lei non avesse potere in quel luogo, ricreando un po’ la scena de “Le Due Torri”, quando Re Theoden elude il controllo mentale di Gandalf, ma era abbastanza certo che non conoscesse il Signore degli Anelli e quindi si evitò eventuali domande imbarazzanti. Si domandava però se avesse mai condotto la vita babbana o se da sempre se ne fosse tenuta distante, come troppo spesso accadeva nel mondo della magia. Tendeva a dare per scontato che i maghi fossero solo maghi e raramente si ricordava che alcuni conducessero anche la stessa vita che faceva lui prima di innestarsi ad Hogwarts, a metà fra le due parti.
«Non preoccuparti, è colpa mia, mi sono dimenticato di chiudere la porta.» Avanzò fino a raggiungere l’ingresso, girando poi il cartello che ora indicava la chiusura della bottega. Tornò poi al suo posto, accennando un sorriso alla ragazza.
«Mi va bene così, so che girano delle voci sul conto di Magie Sinister, sulla nostra clientela e sulla merce che vendiamo, non posso biasimarti.» Camillo ripensò a quanto si fossero impegnati lui e la sua collega per fare una pubblicità positiva al negozio, soprattutto con la festa di Halloween che aveva esposto la bottega ad un pubblico di giovanotti, per dimostrare che oltre a spaventare erano anche in grado di far divertire la gente, che il negozio non era frequentato e gestito solo da mostri, ma anche da essere umani. Le dicerie però erano insistenti, proprio come il velo di polvere che giaceva sulle superfici della bottega o come la patina d’unto sui ganci appesi al soffitto: quando provavano a ripulirla ritornava nel giro di poche ore. E forse era meglio così, quello era un meandro per poche persone, anche se si sarebbe sorpresa nello scoprire quanto alcune le fossero vicine.
«In ogni caso rinnovo l’invito: per qualunque cosa farò il possibile per aiutarti.» E ciò si estendeva ben oltre l’atto dell’acquisto di chissà quale diavoleria, escluso a prescindere dato che non era minimamente interessata alla merce. In effetti non sapeva esattamente cosa Elhena volesse dire, ma era abbastanza sicuro non si trattasse di qualcosa di piacevole: se le era andata bene si era beccata qualche fobia sbocciata proprio in quel postaccio. In effetti Magie Sinister tendeva a non creare ricordi felici.
«E ti ringrazio per il complimento, ma ti posso assicurare che l’unica magia è quella della musica.» La sua voce assunse un tono solenne e innaturale, mentre tentava di trattenere quelle risate che, dopo pochi istanti, sfuggirono dalle sue corde, in modo non troppo eccessivo. Era facile intuire che non fosse serio.
«Il sax è un bello strumento, almeno secondo me, per questo meritava una chance. E poi in famiglia sono un po’ tutti musicisti, almeno in questo non mi andava di fare la pecora nera. Ovviamente ancora non mi hanno sentito suonare e nemmeno sanno che ce l’ho, per ovvie ragioni.» Spiegò, gettando un’occhiata al suo amato e scintillante rottame d’ottone. «Un giorno, quando mi deciderò a disincantare quel pezzo di ferraglia, voglio lasciare tutti a bocca aperta» E se qualcuno gli avesse chiesto: “Dove hai imparato?” avrebbe risposto: “È stato merito di Satana. Se così non fosse come potrei fare questo?” sfoggiando qualche virtuosismo. Già si immaginava l’orda di preti pronta ad entrargli in scivolata sul malleolo.
«Ho due domande per te. La prima: tu suoni?»
L’altra l’avrebbe riservata per dopo, anche perché era ancora un po’ imbarazzato.

Code © Aika

 
Top
view post Posted on 5/4/2016, 22:15
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:



Hd43nlg(IMG:[URL=[/URL])


Elhena Attwater/Prefetto Tassorosso/V Anno

Quando si era infine decisa ad aprire la porta di Magie Sinister e a varcarne la soglia, Elhena non era stata tanto a riflettere sul cosa avrebbe trovato all’interno del negozio. Non che non ci avesse proprio assolutamente pensato – sarebbe stata una sciocca incosciente a non mettere in conto una serie di possibilità – ma quando il momento critico era giunto, il suo cervello era stato più impegnato a convincere il corpo a muoversi che non a contemplare possibili bivi della vita. Probabilmente sperava – o immaginava – di trovare la bottega vuota (o col garzone troppo impegnato in losche faccende per accorgersi di lei), constatare di non essere morta, farsi i complimenti per il coraggio e andarsene.
Di certo, fra tutto, non si aspettava di trovare un ragazzino, per di più un concasato. Di nuovo ripensò a quanto le aveva detto Niahndra e sul resoconto di come avesse baccato il giovane Camillo a svolazzare per i corridoi come un bolide impazzito. In un’altra occasione – doveva essere stato durante una delle ronde notturne in cui erano state di turno insieme - le aveva parlato della volta in cui era rimasta bloccata sempre con Breendbergh a pulire l’ufficio di un Gazza scomparso chissà dove. Elhena, da par suo, non aveva ancora deciso cosa pensare davvero del ragazzo, al di là di un’opinione parzialmente già formata per i racconti altrui. Non negava che la presenza di un sax “infatuante” l’avesse lasciata basita, in un miscuglio di divertimento e offesa, confusa; soprattutto se si considerava che era stata proprio Magie Sinister e quanto accaduto lì, a una persona che era lei e allo stesso tempo non lo era più, a causare – o forse a inasprire – il rifiuto già latente per ogni contatto con l’altro sesso che non fosse di semplice, innocua amicizia. L’amore carnale, la perdita del controllo di sé, erano cose che la Tassina aborriva.
Comunque, Camillo sembrava più a disagio di lei. Rifletté forse di essere stata troppo dura – Camillo, ai suoi occhi, stava assumendo l’espressione dei primini beccati fuori dal letto e fuori dalla sala comune a notte fonda, ritrascinati dove di dovere da lei che dopo un certo orario faticava a mantenere calma e gentilezza. Cercò allora di assumere un’espressione facciale più tranquilla, nel caso in cui a sua insaputa il suo viso avesse adottato tratti omicidi.

“Magari delle presentazioni più consone sarebbero state utili, ma va bene così” acconsentì all’idea di accantonare del tutto quel passaggio e di proseguire oltre. Com’era il detto? Già che siamo in ballo, balliamo. Camillo pareva intenzionato a coinvolgerla in una conversazione più approfondita e lei – oltre al fatto che sarebbe stata maleducazione andarsene di punto in bianco – credeva che ciò le avrebbe potuto fare solo bene.
“Non è tanto la merce, cioè non solo …” si affrettò a spiegare, pur già sull’orlo di un intortamento coi fiocchi. “Diciamo che ho lei mie ragioni per non amare questo posto” cercò di concludere, rimanendo volutamente sul vago. Non solo era un argomento di cui preferiva non parlare – non ne aveva parlato direttamente con nessuno, fatta eccezione per Swan e, ovviamente, i suoi genitori – dall’altro era meglio non traumatizzare l’altro. Per ora era filato tutto fin troppo bene. Chissà, magari Magie Sinister era davvero cambiata nei cinque anni trascorsi. O piuttosto continuava a mantere una doppia faccia, come un Giano bifronte. C’era una faccia mostrata ai clienti, di presunta innocuità, e una nascosta, nelle viscere del negozio stesso, ammantata di mistero e magia oscura.
“Grazie, sei molto gentile. In effetti, se non ti dispiace, vorrei rimanere qui ancora un po’” rispose. Considerato lo sforzo compiuto per arrivare fin lì, tanto valeva restare abbastanza per vedere se il senso di nausea che ancora minacciava di salire dallo stomaco in bocca, col sapore amaro della bile, scompariva. Mosse qualche passo fino a trovarsi nel punto esatto dove una se stessa bambina, con la cautela di chi si aspetta che una Voragine possa aprirsi da un istante all’altro per inghiottire l’incosciente visitatore.
Non accadde nulla.
Si voltò di nuovo verso Camillo.
“Immagino sia bello crescere in una famiglia di musicisti. Se posso chiedere, perché i tuoi non sanno che suoni? Non approvano il sax?”
Chissà, magari era una famiglia fissata con la musica classica, tutta violino e pianoforte, che aborriva ogni strumento nato dopo il diciottesimo secolo. “Sapevi che il sax è stato inventato da un belga?” buttò lì, come informazione a random, una curiosità carina che le aveva attraversato la mente, da chissà quale fonte.
“In effetti, sì. Suono il violino. Cioè, ci provo. Non ho molto tempo per la musica.”

Courage is being scared to death... and saddling up anyway.


Perdona il post corto, ma non volevo farti aspettare oltre
 
Top
view post Posted on 3/9/2016, 17:37
Avatar

Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

Group:
Negoziante
Posts:
878
Location:
Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

Status:


Vivere è come inciampare da fermi
l1Hdjln
Camillo non era riuscito a capire cosa Elhena si fosse aspettata di trovare in un posto tanto malfamato quanto lo era la bottega in cui stava avvenendo quella conversazione. Fra tutti gli scenari possibili, quello in cui era piombata probabilmente era l’unico nel quale aveva una possibilità di sentirsi a suo agio, nonostante un tiro mancino iniziale voluto dalla sorte; in confronto tutte le altre opzioni avrebbero avuto un effetto ben diverso su di lei, negativo senza ombra di dubbio. Eppure sembrava ancora turbata. La mente del tassorosso vagava senza meta in uno spazio di se e forse, in cui le probabilità erano una burla e le certezze vuoto, tirando ad indovinare quale sventura firmata Sinister potesse esserle capitata in passato, senza mai delineare qualcosa di concreto. Inoltre i suoi pensieri spaziavano ben lontano dalla realtà.
Anche l’olandese si sentiva fuori luogo, vagamente intimorito dall’intrusione ed al contempo terrorizzato dall’idea poter peggiorare la situazione di Elhena. Il dialogo, per come si era avviato, risultava di difficile pilotaggio: fino ad allora il marmocchio aveva calibrato ogni parola per evitare di introdursi a capofitto in una turbolenza e le manovre di entrambi avevano permesso all’apparecchio di virare su una rotta dove il tragitto si prospettava meno disturbato.
Il fulcro della conversazione era diventato la musica. Il primino non era molto ferrato sull’argomento, qualche nozione per forza di cose aveva dovuto apprenderla, ma si era sempre concentrato più sul suo strumento che sul resto, in quell’ambito. Non conosceva le note, non conosceva i grandi maestri, non era nemmeno sicuro di aver capito nella sua interezza come funzionasse l’arnese che aveva comprato dopo tutto il tempo trascorso a soffiarci dentro. Insomma, era una capra.
La domanda dell’Attwater gli mandò in tilt il cervello. La famiglia Breendbergh era strana, troppo strana ed in tutto ciò che faceva c’era un bel quantitativo di no-sense. Camillo stava rapidamente processando le informazioni contenute nel suo disco rigido, così da non doverle dare una risposta imbarazzante. Dopo un silenzio sospetto, dopo essersi preso il tempo necessario per incastrare le stringhe della sua replica, si pronunciò.
«Oh sì, crescere in una famiglia di musicisti è una delle cose più divertenti. I miei non hanno più molto tempo per suonare, ma quando capita non perdono l’occasione. Mia mamma adora i pianoforti pubblici, quelli che si trovano per strada o nelle stazioni; penso che la parte più bella per lei sia quando la gente arresta la sua frenetica passeggiata solo per ascoltarla suonare.» L’aveva vista farlo un paio di volte, ma quegli affari non c’erano dappertutto, purtroppo.
«Per mio padre è più o meno la stessa cosa, ma lui non suona il piano. Pensa che una volta ha pagato un artista di strada perché gli facesse provare la sua chitarra e poi gli ha suonato una serenata. Riesci ad immaginarti l’imbarazzo?» Per Camillo era stato traumatico. Ogni tanto si svegliava di soprassalto la notte, ripensando al povero malcapitato che cercava di rompere quella chitarra sulla schiena di suo padre. «Abbiamo ancora gli strumenti in casa, ma restano lì a far la polvere.» L’alternativa era che, ora che non avevano più figli che scorrazzavano in giro per la casa a cui badare, avessero trovato nuovamente il tempo per dedicarsi alle loro passioni.
«Comunque, per rispondere alla tua domanda, sto aspettando il momento giusto per dirglielo. Questo rottame Indicò il Sax fa innamorare la gente, penso tu l’abbia già capito quando sei entrata. Me lo voglio godere ancora un po’ prima di disincantarlo, sai, per qualche burla. Solo quando l’avrò demilitarizzato renderò nota la sua esistenza alla famiglia, per evitare situazioni spiacevoli o di dover dare delle spiegazioni ai miei genitori.»
E quello era pacifico. Nessuno avrebbe voluto lanciare un incantesimo per far innamorare di sé chi l’ha messo al mondo.
Il diavolo dei sotterranei aveva mantenuto lo sguardo fisso sulla ragazza per tutto il tempo, comprendendo così che il suo problema era ben più grave di quanto avesse immaginato, persistente come una possessione demoniaca. Così, abbandonando la sua postazione dietro il bancone, mosse qualche passo verso una delle vetrinette del negozio, dove tenevano l’oggettistica, prelevando un cofanetto dalla superficie vellutata con l’articolo che gli interessava.
«Figo! Non lo sapevo, ma ero abbastanza certo avesse origini europee.» Il sassofono era uno strumento con una storia particolare, avrebbe dovuto indagare per saperne di più. Alcune curiosità però le aveva già imparate.« E tu lo sapevi che è inserito nella famiglia dei legni anche se è fatto di ottone? Come i flauti. Un giorno penso che comprerò uno dei primi prototipi di questo strumento per inserirlo in una futura collezione.» Il marmocchio si era pronunciato mentre era ancora indaffarato a trafficare con la vetrina. Concluso il discorso sul sassofono si avvicinò alla ragazza, a passo lento e con un sorriso rasserenante stampato in faccia. Aveva pensato a qualcosa per risolvere il problema dell’ansia, doveva solo avanzare la proposta.
«Mi piacerebbe sentirti suonare, ho sempre apprezzato lo stridere delle corde di violino. Se è una cosa che ti piace dovresti dedicare alla musica una parte più ampia del tuo tempo, magari potrebbero migliorare anche le tue prestazioni scolastiche. Con me non ha funzionato, ma sono pigro per natura.» Doveva essere un po’ come la storiella dell’operaio in fabbrica, che se lavora solo metà giornata è più produttivo e non ne esce pazzo a distanza di anni. Ironia della sorte, queste cose su Camillo non avevano effetto, perché gli pesava troppo il sedere.
«Scusa se marcio ancora sulla faccenda, ma ti vedo poco a tuo agio. Immagino che Niahndra ti abbia messa in guardia e che tu non abbia troppa voglia di fidarti di me, ma ti invito a mettere da parte i pregiudizi e darmi una possibilità.» Il primino aveva rivolto lo sguardo verso gli occhi del prefetto, immaginando che con un contatto visivo avesse avuto meno probabilità di inciampare nella sua diffidenza. Nella mano destra teneva un ciondolo di giada per la catenina, un oggetto di fine fattura, lavorato da fate sottopagate che si spaccavano la schiena ben di più che mezza giornata.
*Ma esistono davvero?*
- Boh. -
Camillo aveva sollevato l’oggetto, così che esso potesse essere osservato dalla fanciulla in tutta la sua bellezza.
«Se ti va, finché resti qui dentro, puoi indossarlo, o comunque tenerlo in mano. Ti farà stare meglio.»
Non aveva aggiunto altro, ma si era limitato a porgerlo ad Elhena, sperando che quell’affare avesse potuto aiutarla a raccogliere tutto il coraggio necessario per sentirsi padrona di sé stessa dentro la bottega.

CITAZIONE
Ciondolo "Giada delle Fate": Ciondolo creato dalle Fate con le loro magiche mani, dona forza e sicurezza in sé.

Code © Aika

 
Top
view post Posted on 21/10/2016, 21:59
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:



Hd43nlg


Elhena Attwater/Prefetto Tassorosso/V Anno

* Solo quando l’avrò demilitarizzato renderò nota la sua esistenza alla famiglia *

Tra le tante cose interessanti dette da Camillo – quello che raccontava pareva essersi materializzato direttamente da uno di quei libri dove la realtà camminava sempre sull’orlo del fantastico – furono queste parole a far sollevare la testa della ragazza, come se la sua attenzione fosse stata catturata da qualcosa.
* Nato Babbano *
Si trovò a pensare, senza però dare voce alla propria curiosità. Non aveva voglia infatti di ripetere la solita solfa circa le proprie origini e quanti vantaggi e svantaggi ci fossero a usare la magia sulla tecnologia o viceversa. Si era recata da Magie Sinister con il preciso obiettivo di non essere assalita dalla nausea al solo pensiero di quel luogo. Magari la presenza di una persona – come dire … eccentrica quale Breendbergh – l’avrebbe aiutata. La Tassina si accorse infatti che il tremito alle mani si andava calmando.
* È come quando ti parlano durante un prelievo, così che tu non senta l’ago *
“No, non lo sapevo. Devi essere proprio appassionato, ma del resto con la tua famiglia immagino che tu abbia appreso molte nozioni ascoltando i tuoi genitori.”
Poi pensò al suo violino – ai suoi violini – accuratamente riposti nella loro custodia a far polvere … ehm, a riposare nel suo baule a Hogwarts. Suonare uno strumento che non fosse il flauto dolce delle scuole elementari non era mai stato davvero nei progetti di Elhena. Né tantomeno a undici anni aveva in mente di scegliere proprio il violino. Tuttavia il caso aveva voluto che durante una lotteria di Natale, il primo Natale trascorso con i Tassorosso, il premio a lei assegnato fosse stato un violino.
Lo raccontò a Camillo.

“Vedi, tra l’essere un Prefetto e il dover mantenere una media alta, purtroppo non rimane molto tempo per la musica. Quando torno a casa, d’estate, prendo qualche lezione con un maestro ma è comunque poco. Tuttavia per ora mi basta.”
Era sul punto di rendere partecipe il ragazzo sulla malsana idea che più volte le era passata per la testa di portare con sé il violino ronzante come una specie di arma aggiuntiva, ma già nel formulare la frase si rese conto non solo dell’idiozia del progetto, ma soprattutto di quanto fosse difficile parlare di missioni senza rompere qualche segreto.
“Oh, no no. Non sono a disagio perché ci sei tu. Anzi, è stata una piacevole sorpresa” si affrettò ad assicurare. Era sincera. Né voleva che Camillo scambiasse il fastidio che Elhena provava per Magie Sinister per antipatia nei suoi confronti.
“Certo, la faccenda del sax mi ha sorpreso, ma solo perché l’amore … queste cose qui … non fanno per me.”
Si zittì di nuovo. Raccontare le proprie preferenze romantiche e sessuali a un ragazzo appena conosciuto non sembrava un buon piano. Si guardò attorno. Dopotutto parte della sua identità la doveva a quel luogo. La bocca le divenne secca mentre frammenti dell’umiliazioni subita sfrecciavano dietro ai suoi occhi.

* Basta pensarci! *
Si accorse in quel momento del gesto di Camillo di porgerle qualcosa. Si avvicinò, allungando la mano con una certa circospezione – c’era una parte di lei che aveva abbandonato tempo prima il lusso di abbassare del tutto la guardia – per ricevere il dono. Anzi il prestito.
“È molto bello” constatò, notando come una senso di sicurezza cominciasse a calmare i suoi nervi tesi. Forse anche in Magie Sinister c’era qualcosa di buono. Fece un paio di calcoli a mente, prima di chiedere.
“Non ho mai avuto una passione per gli oggetti magici. Cioè, per quegli oggetti che dovrebbero darti delle capacità in più. Tuttavia non avrei mai pensato di trovare a Nocturn Alley un oggetto che non fosse prettamente oscuro. Quanto costa?”
Non sapeva se Magie Sinister seguisse la stessa politica in vigore a Diagon o Hogsmeade dove i garzoni ricevevano una percentuale sulle vendite, ma sperava di sì.

Courage is being scared to death... and saddling up anyway.
 
Top
view post Posted on 5/12/2016, 18:35
Avatar

Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

Group:
Negoziante
Posts:
878
Location:
Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

Status:


Vivere è come inciampare da fermi
l1Hdjln

“Certo, la faccenda del sax mi ha sorpreso, ma solo perché l’amore … queste cose qui … non fanno per me.”



Il marmocchio rifletté sulle parole della ragazza, identificandosi un po’ attraverso il concetto da lei espresso. Era giovane, aveva tempo per pensarci, ma fino a quel momento era sempre stato così. In principio era la sua mentalità che gli impediva di trovare fascino in un’emozione che riteneva ordinaria, scontata; non si era mai curato di dar peso all’amore ed ogni volta che lo sentiva menzionare diventava tutto uno scherzo. Dovette trattenersi dal aggiungere una di quelle frasi di circostanza che spesso venivano associate all’argomento, preferendo invece restare zitto. In fin dei conti, che ne poteva sapere lui?
Nonostante l’imbarazzo provato nel rimuginare su quanto appena detto, riuscì a concentrarsi su ciò che stava facendo. Mettere il ciondolo di giada nelle mani della ragazza era un buon modo per farle prendere confidenza, con l’ambiente e con sé stessa. Probabilmente in bottega aveva di meglio, ma quel piccolo artefatto era il più adatto alla situazione. A Elhena. L’immagine di quell’affare era sempre stata ben impressa nella sua mente e non era stato difficile associarla a quella che allora era una dei prefetti della sua casata: era grazioso ed aveva un fascino semplice, non serviva altro per collegarli. Avrebbe potuto scommetterci, era fatto per stare al suo collo. L’idea di smerciarlo sfrecciò per qualche secondo attraverso la sua mente, ma dovette sopprimerla prima che si impadronisse di lui. Il proprietario della bottega era stato tanto gentile da affidargliela per qualche ora, facendosi promettere di non esercitare alcuna attività. Non poteva tradire la sua fiducia.
«Hai ragione, è una piccola opera d’arte. Dovresti vederlo illuminato dai raggi del sole per capire di cosa parlo.» Il garzone aveva osservato con interesse l’espressione dell’Attwater, mentre lei a sua volta studiava l’articolo con sguardo attento. Se fosse stata una normale giornata di lavoro avrebbe concluso così la presentazione della merce, per insinuare nel cliente l’idea di portarsela via con sé. In quell’occasione preferì aggiungere un’ultima precisazione, ma solo dopo aver risposto alla domanda della ragazza. «Costa 15 Galeoni, ma non posso vendertelo, non oggi. Siamo chiusi.» Cercò di essere chiaro, così da non doversi ripetere. Lui ci teneva al suo lavoro ed ancor di più alla sua vita, un’iniziativa simile non sarebbe stata tollerata. «Però finché siamo qui dentro puoi tenerla tutto il tempo che vuoi.» Ribadì.
Il ragazzo mise a posto ciò che aveva spostato durante la ricerca del ciondolo, ricapitolando la conversazione. Mentre le mani si muovevano rapide per ricollocare tutto nella stessa identica posizione precedentemente assunta gli venne in mente qualche domanda per rendere la conversazione più stimolante. Poco prima aveva annunciato alla ragazza che doveva chiederle due cose, ma preferì limitarsi alla prima e cambiare rotta.
«Credo che questi “prodotti artigianali” siano la cosa che mi piace di più del mondo magico.» Breendbergh aveva volto il suo sguardo verso la vetrinetta nella quale esponevano l’oggettistica. Si era reso conto di non essersi immedesimato troppo nella figura del giovanotto immerso nella magia sin dalla nascita, ma ormai era certo che la ragazza avesse ben compreso quali fossero le sue origini. «Non saprei dirti di preciso perché, ma mi affascinano a tal punto che mi piacerebbe scoprire come vengono creati, quanto peso ha la magia sul processo e quali altri componenti abbiano influenzato il risultato finale. Appunto perché sono conscio del fatto che non siano fatti interamente di magia, ma che ci sia qualcosa che ne è privo alla base… che ne so, una pietra preziosa viene incantata et voilà, abbiamo un ametista degli gnomi; rimuoviamo le scaglie da una testuggine, le tessiamo insieme al cuoio di drago o trinoceronte ed abbiamo subito pronta una bellissima e resistentissima cappa. Non so se mi spiego e sto certamente divagando.» Il giallo-nero prese un respiro profondo, prima di spolpare il discorso. «Taglio corto. Queste meraviglie spesso sono esattamente ciò che sta nel mezzo. Qui siamo ben forniti e non è certo tutto magia nera, ti stupiresti a scoprire quanta bellezza puoi trovare tra questi scaffali impolverati.» Lui era un mezzosangue, sempre vissuto a metà tra le due realtà. In un certo senso era stato prodotto con lo stesso identico principio, anche per quello li apprezzava. «È anche per questo motivo che provo amore per queste creazioni. Ma penso sia soprattutto colpa del mio lavoro.» Concluse così quella lunga confidenza, riuscendo finalmente a formulare la domanda che gli era appena balzata in testa.
«Poco fa hai detto di non esserne appassionata, è una richiesta un po’ banale e so che non sono affari miei, ma posso sapere il perché?» La curiosità lo stava uccidendo, anche se supponeva fosse sempre stata troppo impegnata a fare altro per interessarsi

Code © Aika

 
Top
view post Posted on 25/2/2017, 15:25
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:



Hd43nlg


Elhena Attwater/Prefetto Tassorosso/V Anno

Sollevò il ciondolo prendendolo per la catenina a cui era attaccato e lo portò davanti agli occhi per studiarlo. Pur nella penombra polverosa del negozio, nella bassa luce pomeridiana di fine autunno, non poteva negare che il gioiello avesse una fattura squisita. Un delicato filo di metallo color rame sosteneva a più fili una liscia pietra verde pallido, le cui sfumature di giada si infrangevano in pozze smeraldine sul pavimento e sulle pareti. Fece scivolare la catenina fino a tenere la pietra tra pollice e indice, sempre tesa davanti al viso.
Faticava a credere che Magie Sinister potesse vendere un oggetto di simile bellezza e grazia.
“Hai ragione, è pregevole” concordò con Camillo, sempre spostando l’oggetto perché catturasse il massimo della poca luce dell’ambiente. Lo riabbassò poi quando il ragazzo le disse che, almeno per quel giorno, il ciondolo non era in vendita.
Lo tenne tuttavia stretto nel pugno, lasciando che la superficie della giada – liscia e ora tiepida per il calore della pelle – la calmasse. Ne studiò il profilo smussato col polpastrello del pollice.
“È un peccato, ma forse può essere un’occasione per tornare” buttò lì.

Si guardò ancora una volta attorno, sforzandosi di vedere le cose con occhi nuovi, senza essere accecata dalla paura o dal pregiudizio. Era impossibile negare che Magie Sinister fosse pieno di aggeggi di dubbia fattura e di dubbia provenienza, sagome mostruose e profili che somigliavano fino troppo ad ossa umane. Eppure, in mezzo a simili orrori, comparivano anche memorabilia di pregio e interesse.


“Con prodotto artigianale immagino tu intenda un qualcosa che non si può creare con la magia. Non solo con la magia, almeno” domandò poi. “Il processo che hai descritto ha un enorme fascino, il fascino della creazione, oserei dire. Prendere la materia grezza e farne qualcosa di nuovo, che non solo unisca i materiali di partenza, ma li migliori in un inaspettato unicum” rifletté a sua volta ad alta voce, senza smettere di far saettare lo sguardo per gli scaffali, quasi alla ricerca di quella “bellezza” di cui Camillo aveva parlato.

La domanda sul perché non amasse quel luogo – non amare era quasi un eufemismo – non giunse del tutto inaspettata, ma la colse ugualmente alla sprovvista. Quello che era successo anni prima faceva parte di quelle memorie di cui pochi erano a conoscenza, tanti che si contavano sulle dita di una mano. Qualcuno avrebbe persino potuto congedare l’intera faccenda come qualcosa senza troppa importanza e lei stessa comprendeva come ci fosse di peggio. Lo sapeva, eppure quel giorno lontano era stato il suo primo incontro con la realtà e la crudeltà del mondo.
Deglutì.

Sollevò gli occhi verso Camillo, col sudore del palmo che suo malgrado andava a macchiare la giada, e si chiese se fosse disposta a raccontare. Se e quanto.

“Ho avuto una brutta esperienza quando avevo tredici anni, qui. Un … un garzone che lavorava qui ha … cercato di uccidermi”<i> concluse in fretta prima di inciampare sulle parole. Non c’era altro modo di dirlo. Quell’essere spregevole aveva avuto intenzione di eliminarla e non ne aveva fatto mistero. Le fiamme di quel pomeriggio avevano avuto lo scopo sì di sfigurarla, se Amos non fosse intervenuto, ma anche di toglierle la vita nella migliore delle ipotesi.
Per il garzone, si intende.

Courage is being scared to death... and saddling up anyway.
 
Top
view post Posted on 25/6/2017, 11:23
Avatar

Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

Group:
Negoziante
Posts:
878
Location:
Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

Status:


Vivere è come inciampare da fermi
l1Hdjln

*Il fascino della creazione*
Camillo ripetè nella sua mente quelle parole, cercando di costruire attorno ad esse un concetto su cui, mai prima di allora, si era soffermato. Secondo l’Attwater era quello che rendeva speciali i numerosi manufatti presenti nella bottega. Pezzi di nulla alterati per diventare qualcosa di nuovo, mai esistito fino al suo completamento. Il processo. Ciò che veniva prima della forma finale. Lì erano confinati stupore e meraviglia.
Ma non era solo quello, ci rifletté. Per l’olandese l’elemento più importante, indispensabile, era la perfetta armonia, espressa dall’equilibrio tra magia e lavoro manuale, nella creazione di ogni singolo articolo. Quando essa mancava, il prodotto risultava incompleto. Lo aveva già affermato, ma fu quando ripercorse le parole del prefetto che comprese una ragione più profonda: quel particolare tipo di merce rispecchiava a pieno il futuro che sognava. La sua personale utopia vedeva la magia mescolarsi a ciò che ne era privo, in un mondo senza discriminazioni, dove la diversità veniva vista come una ricchezza e non uno sfregio sul volto immacolato della società. Fantasticò per qualche istante.
La conversazione era stata indubbiamente stimolante, tanto da rapire completamente i pensieri del ragazzino e sbloccare una concezione del tutto nuova dei suoi desideri e delle sue speranze, per questo fu grato ad Elhena. Quando l’aveva vista entrare e divenire vittima del diabolico sassofono, non si sarebbe immaginato uno sviluppo così costruttivo; era soprattutto per questo motivo che aveva iniziato ad apprezzare la sua compagnia. Forse, pensò, quella era la prima volta che parlava seriamente con qualcuno, per quanto banale fosse stato il tema della chiacchierata, per quanto debole la spinta bastata a fargli raggiungere la consapevolezza di cui aveva bisogno.
Ma quella parentesi si chiuse in fretta. Il motivo che aveva spinto la bionda a presentarsi da Magie Sinister era un altro, un problema che andava affrontato. Il tassorosso poteva percepire l’ansia, avvinghiata attorno alla ragazza come un serpente costrittore. Non ci voleva un Auror per capire fosse successo qualcosa che andava oltre le normali attività esercitate dalla bottega. Forse era un ricordo che risaliva all’infanzia, forse una vicenda accaduta in età più adulta. O forse, semplicemente, la ragazza aveva sempre preso per vere le voci che alimentavano l’oscura fama del negozio. Camillo provò ad immaginare tutti gli scenari possibili, ma quando lei si pronunciò, le parole gli piombarono addosso come un macigno. Voleva crederle, ma non poteva. Andava contro i suoi principi dare per verità assoluta il rintocco di un’unica campana. Eppure, per una volta, cercò di fare uno sforzo. Fu difficile soffocare quella vocina che gli intimava di non fidarsi ed il fastidio che quel gesto gli procurava andava ben oltre il malessere psicologico; si sentiva come se qualcosa continuasse a martellargli ripetutamente tempie ed esofago. O quello era solo il battito del suo cuore, in gola, in testa? Cercò di non pensarci, ma fece un respiro profondo ed indagò oltre.
«Immagino non sia facile per te parlarne.»
Il primo passo per andarle incontro era quello di mostrarsi comprensivo. Ponendo come condizione di base che la sua affermazione fosse vera, aveva cercato di comprendere quale potesse essere il suo stato d’animo. Era spaventata, o quella che provava era rabbia?
Camillo la osservò, inserendo una piccola pausa in quel discorso. Era anche attraverso i segnali del corpo che si poteva comprendere lo stato d’animo di una persona. Lui, dal canto suo, non era in grado di decifrarli con precisione, eppure non era difficile riconoscere le emozioni, se queste affioravano con intensità.
«Ma dicono che sia una buona terapia, quindi se te la sentissi mi rendo disponibile per ascoltare la tua storia.»
L’olandese si sistemò stabilmente sul suo sgabello, con i gomiti fissati sul tavolo ed il palmo di ogni mano appoggiato al rispettivo lato del collo, per acquisire maggiore equilibrio. Intanto lo sguardo rimaneva fisso sul volto dell’amica, a caccia di quei dettagli che avrebbero potuto arricchire di informazioni, negazioni e conferme, quell’esperienza.
«Ti devo però mettere in guardia, ho la possibilità di verificare ciò che dici e siccome sono una persona curiosa c’è il rischio che risalga al singolo responsabile.»
Dal modo in cui pronunciò quella frase era facile intuire non si trattasse di un avvertimento motivato dalla sua naturale diffidenza. Bisognava leggere tra le righe: “Elhena, posso indagare e se scopro che hai ragione ti servo la testa dell’infame su un piatto d’argento. Dono di scuse da parte dell’azienda.”
Che poi avesse la reale possibilità di raccogliere indizi sulla vicenda non era ancora stato stabilito, ma era certo che Mr. Sinister sarebbe stato ben disposto a cantare. Dietro compenso, da mercante a mercenario.
Sempre se il Garzone fosse stato ancora in circolazione. Per un caro estinto non si sarebbe certo scomodato.

Code © Aika

 
Top
view post Posted on 11/2/2018, 21:20
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:



Hd43nlg


Elhena Attwater/Prefetto Tassorosso/V Anno



Ascoltare la sua storia.

Elhena tracciò ancora una volta il profilo del ciondolo, concentrandosi sul modo in cui la gemma perfettamente levigata sfiorava i polpastrelli, la pietra ormai riscaldata dal calore corporeo. Forse raccontare era quello che le serviva, riportare alla luce i fatti senza trascurare nessun dettaglio per poterli finalmente superare.
Solo che, se non ne aveva mai parlato con nessuno, perché farlo ora, con una persona che non conosceva nemmeno troppo bene.
Per la Barba di Merlino, la Tassina non era scesa nei particolari nemmeno con sua padre. La persona che aveva avuto il quadro più completo della situazione era stata Swan, per quanto poco gli fosse interessato.

* Avevo tredici anni *

Forse quella bambina aveva bisogno di dire la sua, vomitare la rabbia e la vergogna di quel pomeriggio che era rimasto attaccato a lei come una catena. Forse avrebbe avuto bisogno che Swan o Amos la consolassero invece di darle qualche direttiva e sparire di nuovo.

"D'accordo," concesse alla fine, stritolando ora il ciondolo. Ma, ricordandosi che avrebbe dovuto restituirlo, si costrinse a rilassare la presa .
"È successo tanti anni fa. Prima che tu lavorassi qui."
Forse Camillo non era nemmeno ad Hogwarts all'"epoca.
"Ero venuta qui per cercare delle informazioni su un medaglione. Mentre il garzone di allora era nel retrobottega, uno specchio magico mi ha reso una ladra contro la mia volontà. Non so come, ma mi è bastato guardarci dentro e avevo le tasche piene di merce.”
Si portò una mano alla bocca con l'orrore della prima volta.
"Il garzone non ha voluto sentire ragioni. Ha messo sotto il suo controllo con un incantesimo un altro ragazzo che era presente ..."
Che fine aveva fatto quel giovane? Essere manovrati come un burattino, usato come un'arma doveva pur lasciato delle cicatrici. Eppure era parso normale l'unica volta che lo aveva incrociato, da Florian.
Be', la vita andava avanti. Ora che ricordava, era stato anche lui un Tassorosso.

"Ha fatto a brandelli i miei vestiti. Mi avrebbe uccisa col fuoco se un Auror non fosse intervenuto. Alla fine non era nemmeno interessato alla merce.“

Ecco, lo aveva detto.
Si era rimproverata tante volte di non aver avuto più spirito di iniziativa, un incantesimo detto senza sbagliare, la prontezza di correre a chiamare aiuto.

"Avevo tredici anni,” ripeté ancora, forse perché aveva bisogno di sottolineare meglio il concetto. E nemmeno un’ora dopo era stata arruolata nell’ES. Non avrebbe cambiato la sua scelta, mai, ma in retrospettiva l’ES arruolava bambini. Soldati-bambini.

Contrariamente a quanto dicevano, non fu come levarsi un peso dallo stomaco. Forse era troppo tardi per quello. Ma almeno una parte del rancore se ne stava andando. Guardò ancora il ciondolo e quindi il resto del negozio. Magari c'era davvero della bellezza in tutto quello.

Courage is being scared to death... and saddling up anyway.
 
Top
view post Posted on 14/6/2019, 23:11
Avatar

Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

Group:
Negoziante
Posts:
878
Location:
Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

Status:


Vivere è come inciampare da fermi
l1Hdjln
Elhena era pronta a parlare. Per come il discorso era stato introdotto, nulla lasciava presagire che potesse seguire uno svolgimento rasserenante, tantomeno un lieto fine. Ciò a prescindere, Camillo si era detto deciso a farsi carico della sua responsabilità di ascoltatore, giurando di prestare la massima attenzione e la dovuta serietà alle parole dell’amica. Le rivolse uno sguardo interessato, manifestazione di una curiosità vorace, impossibile da placare. Voleva sapere. Esigeva un resoconto dettagliato dei fatti, affinché la fantasia non lo trascinasse con sé in un viaggio mentale tutt'altro che consono per la sua giovane mente.
Il prefetto racimolò il coraggio necessario e, senza indugiare, si avviò in un'esposizione cristallina. A giudicare dall’impostazione tormentata della voce, dalla spontaneità dei suoi gesti, fu facile intuire che il dramma vissuto dalla ragazza fosse qualcosa di reale, vivo. Pulsava d’angoscia a lenti battiti, seguendo il ritmo del suo cuore esausto. Ritrovandosi la cruda verità spiattellata in viso, l'olandese si era reso conto di quanto fosse stato cieco a non darle credito sin dal principio. La signorina Attwater non aveva mai avuto motivo di mentire. La considerava una ragazza sveglia; era certo sapesse che una lamentela, imbastita per celare un tornaconto, non le avrebbe portato nulla in tasca. Al contrario, secondo la sua logica, parlare dell'affronto subito era quello di cui aveva bisogno per liberarsi dalla sua condizione. Sperava fosse davvero così. Era già stata una vittima in passato, non poteva esserlo per sempre. Sapeva che quello era solo il primo passo di un lungo percorso, ma apprezzò di avere un ruolo, per quanto di rilievo, nel suo progresso psicologico. Sarebbe stato lieto di vederla realizzarsi, libera da quell'assillo. Se fosse riuscita ad ottenere giustizia, tanto meglio!
Camillo, un po' ingobbito sul bancone, riallineò la colonna vertebrale, cercando di migliorare la propria postura. Non sarebbe stata in grado di prenderlo sul serio se l'avesse visto ricurvo come un lombrico per tutto il tempo. Iniziava ad assomigliare al suo capo.
«Mi dispiace». Riuscì ad esprimersi dopo una breve pausa, in cui fece il possibile per riorganizzare le idee. Non sapeva esattamente come ribattere, né se fosse il caso di dire la sua, ma non se la sentì di rimanere in silenzio. Condividere parte di quel dolore era del tutto legittimo, non sopportava l'idea che qualcuno potesse macchiarsi di un crimine simile, specialmente se si trattava di una persona che aveva ricoperto la sua stessa posizione in azienda. Ancora peggio se aveva perseguitato una sua amica.
«Non riesco nemmeno ad immaginare come tu possa esserti sentita o come ti senta ora» continuò, abbassando lo sguardo per interrompere il contatto visivo. Se gli fosse stato d'aiuto per comprendere meglio la sua situazione, avrebbe fatto lo sforzo di calarsi nei suoi panni. Purtroppo, ciò sarebbe servito solo a grattare la superficie, l'anima di quel supplizio si trovava ben oltre la portata delle sue unghie.
«Se capitasse a me, l'unica cosa in grado di darmi pace sarebbe prendermi la vita del mio aguzzino. È questo che vuoi?». Nel tentativo di scottarla, Breendbergh espresse una considerazione personale. Non aveva mai ucciso nessuno, ma parlava con il senno di chi su questioni simili ci aveva ragionato a lungo. Ogni volta che subiva delle serie minacce, l'istinto di sopravvivenza prendeva il sopravvento. Aveva imparato, a suo beneficio, che ferire chi si dimostrava ostile nei suoi confronti era il metodo più efficace per negargli la possibilità di nuocergli ancora. Disdegnava la violenza, ma a volte era necessaria come deterrente. Era così anche quando l'unica certezza di non trovarsi faccia a faccia con il nemico veniva sancita dal suo decesso. Sempre che già tutto non si fosse concluso con la sua scomparsa; da quando aveva menzionato l'intervento dell'Auror, le opzioni si erano ridotte a tre: detenzione, latitanza o morte.
Il senso di inquietudine che gli provocava affrontare un tema così controverso, gli faceva accapponare la pelle; ciò nonostante, lo spunto di riflessione intavolato pareva perfetto per comprendere le meccaniche del pensiero di chi una situazione tanto critica l'aveva vissuta davvero e non solo ipotizzata. La testimonianza di Elhena, a tale scopo, valeva più dell'oro. Da lì, avrebbero potuto architettare un piano d'azione, che fosse all'insegna della pace o della vendetta. In fin dei conti il fascino della creazione era stato il fulcro del loro dialogo, per par condicio quello della distruzione non poteva essere ignorato.

Code © Aika

 
Top
view post Posted on 15/6/2019, 23:45
Avatar

Group:
Tassorosso
Posts:
5,525
Location:
a far away land...

Status:


HgWWO55
Courage is being scared to death

Here comes a thought.



Pur con le sue molto superficiali conoscenze di psicologia, tutte da terze fonti e vari sentito dire, la Tassina ricordava come tutti nel settore fossero d'accordo su un punto: trasformare il passato traumatico in parole e racconto era il primo passo verso la chiarezza e la guarigione.

Peccato che la cura rischiava di essere peggiore del male stesso.

That may alarm you


La paura del dolore blocca la voce. Meglio che i ricordi spiacevoli se ne stiano nascosti sottoterra, aggiungendo strati su strati, toppe su toppe per evitare fuoriuscite. Poco importava che il tutto rischiasse di esplodere al momento meno opportuno.

What someone said,


Raccontare fu come spurgare una ferita. Incidere un bubbone. Faceva un male cane, si imprecava contro il mondo, ma alla fine avere una ferita pulita e pronta a guarire era la ricompensa.

And how it harmed you


Elhena vide i fantasmi nel descrivere le scene, in una sequenza che non avrebbe mai potuto cambiare. Parte del problema stava in quello, nel vedere i suoi errori di bambina con gli occhi di una nuova esperienza. Avrebbe voluto avere una Giratempo per afferrare per il polso quella ragazzina, trascinarla via prima che la situazione precipitasse.

Si chiese come sarebbe evoluta la sua vita se quel giorno non fosse andata a Nocturn Alley. Forse ora non sarebbe stata un soldato di un esercito di studenti chiamati a combattere il male quando l'unica cosa a cui avrebbero dovuto pensare erano le cotte e i compiti.
Forse avrebbe potuto togliere un trauma a quelli già vissuti; ma c'era anche la possibilità che l'episodio a Nocturn Alley e quanto ne era derivato l'avesse salvata da un destino peggiore. Se ogni scelta determinava il futuro, era impossibile prevedere le conseguenze di ogni singolo cambiamento.

La ragazza poteva però concentrarsi sul presente, in un negozio che un tempo le aveva fatto tremare le ginocchia e che ora, di minuto in minuto, diventava un po' meno buio e faceva un po' meno paura. Almeno poteva tentare. Più raccontava, più le immagini sbiadivano, infine liberate dalla sua memoria. L'emozione che un tempo era stata violentemente associata ad esse trovava una nuova pace.

Seguì con lo sguardo l’ombra della se stessa tredicenne uscire dalla porta. Non era però ancora il tempo perché se ne andasse del tutto, c’erano ancora delle domande in sospeso, dei fili da ri-allacciare. Tempo e luogo non erano tuttavia ancora pronti.

Elhena era di fatto ancora lontana dall'aver accettato l'accaduto - probabilmente ci sarebbero voluti altri anni - ma quando giunse alla fine del racconto, si accorse di una cosa molto semplice, eppure di grandissima importanza. Era ancora viva. Quella bambina era ancora viva, era sopravvissuta per diventare una giovane forse con qualche ansia, ma forte di nuove esperienze. Aveva imparato molto, vissuto nuove avventure, sperimentato abbastanza da collezionare qualche cicatrice in più. Ora osava immaginare che sarebbe stata in grado di contrastare quel vecchio garzone.

Le venne quasi da sorridere nel vedere Camillo raddrizzare la postura, un piccolo gesto che poteva significare tanto.


“Grazie.” Le servirono un paio di colpi di tosse per ritrovare la voce. Parlare tanto le aveva reso la gola secca. Poi, sorrise, un sorriso un po’ triste, il genere che si riserva alle condoglianze ai funerali. Era comunque un inizio.

“Non importa. Avere qualcuno a cui raccontare è già stato utile” continuò per rassicurare il ragazzo. Come si era sentita? Spaventata. Impotente. Terrorizzata. Inutile. Ogni tentativo che aveva compiuto per tirarsi fuori dai guai, ogni accenno di voler combattere, era stato prontamente distrutto sul nascere. Del resto, in retrospettiva, non aveva avuto speranze fin dall’inizio; lei, una debole studentessa del secondo anno, contro un mago che probabilmente maneggiava la magia oscura da anni.

“Ora mi sento meglio. E non solo grazie a questo ciondolo.”

Per quanto il monile la stesse aiutando non poco a tenere a bada il panico, la scoperta che non ci fosse alcun “mostro nell’armadio” nascosto nel retrobottega pronto a saltarle addosso, unita alla nuova chiarezza che l’elaborazione del trauma aveva portato, stava già facendo miracoli. A voler usare un aggettivo, Elhena si sentiva svuotata, un po’ tremolante come avviene dopo un lungo pianto.

Aveva pianto tanto quel giorno. Sentì qualche nuova lacrima solleticarle le ciglia.

Per testare la sua ipotesi sul non temere più il negozio come prima, si costrinse ad allentare la presa sul gioiello, per finire col depositarlo sul bancone. Il risultato fu l’unico possibile in quel frangente: un duro scontro con la realtà. Metà del coraggio che aveva creduto di possedere si dissolse nell’istante in cui le sue dita abbandonarono la gemma. Di nuovo lo stomaco si torse d’ansia e la gola si fece un po’ più stretta.
Eppure, nessuna nausea sorse a riempirle la bocca dell’amaro gusto dell’acido, né la sua vista si appannò. Le gambe tremolavano un poco, ma era lungi dal violento sussultare che le aveva colte anni prima.
La Tassina si costrinse a respirare, dove ogni respiro le permetteva di tenere la schiena un po’ più dritta e la posa un po’ più salda.
Fatica e dolore si superavano anche senza aiutini.

Si irrigidì quando Camillo le chiese se voleva vendetta, se desiderava uccidere quell’uomo. Gli stessi ricordi fugaci di una cucina invasa dal sole di agosto e del discorso di sua madre che le avevano attraversato la mente quel pomeriggio di Febbraio da Magie Sinister, tornarono a fare capolino, quasi in uno strano gioco di scatole cinesi, un flashback contenuto in un altro flashback.
Era l’ombra di un ricordo, una frase ormai priva di immagini, mantenuta in vita più dai resoconti esterni che da una vera e intima memoria. Sette anni erodevano non poco i ricordi.
Il nucleo rimaneva pur sempre lo stesso: la promessa di non uccidere.


“No” rispose, in un monosillabo malinconico. “All’epoca volevo solo andare a casa tutta intera e dopo c’è stato altro a cui pensare.”
Aveva passato la notte dopo il suo arruolamento a fissare il soffitto finché il cervello non si era scollegato da solo, spingendo via i ricordi ancora così freschi da farla piangere di paura, e se non voleva pensare a quell’uomo, allora non c’era spazio nemmeno per immaginare una vendetta. A ripensarci, era assurda la velocità con cui si era re-inserita nel flusso delle cose e della vita quotidiana.

“Non lo vorrei nemmeno ora” aggiunse, tamburellando distrattamente sul bancone. Non sono io. Non voglio uccidere.”
La voce si fece appena più veloce, l’accenno a un altro tormento, la paura di trovarsi a doversi scontrare per la vita con persone che aveva considerato amici. Guardò Camillo, ben consapevole che, per quanto la stesse aiutando, lei non poteva essere sicura di nulla.

Per quanto l’immagine di Breendbergh tra i seguaci di Voldemort fosse troppo assurda per essere pensabile.

“Non servirebbe a nulla. Non mi restituirebbe il tempo perso.”

E se si parlava di una punizione per il male fatto, allora non era compito suo eseguire la sentenza. Non ne aveva né l’esperienza, né il diritto. Era il suo personale egoismo. Le avevano tolto la neutralità, non ancora la volontà di non togliere una vita, per quanto malvagia fosse.
Esistevano i tribunali e, per quanto un po' traballante, esisteva ancora una giustizia. Anche i Mangiamorte avevano diritto a un processo.



and saddling up anyway


Edited by - Gwen - - 3/7/2019, 14:01
 
Top
14 replies since 7/1/2016, 15:20   329 views
  Share